LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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Madre Celeste Crostarosa, fondatrice dell'Ordine.
Maria
Elia Spinelli nacque ad Orta di Capitanata, il 18 gennaio 1815, da Giovanni ed
Angiola Fiore
[1].
Il padre, proveniente dal Casale di S. Michele da Bari, si trasferì nel nuovo
villaggio dei cinque Reali Siti verso la fine del Settecento con i fratelli in
cerca di fortuna, divenendo in seguito un ricco proprietario terriero.
Maria
Elia era la nona di dieci figli; rimasta orfana di padre quando aveva quattro
anni, nel 1822 fu avviata all’educandato nel Monastero del SS. Salvatore di
Foggia, che accoglieva tutte le fanciulle borghesi di Foggia e
provincia.
Durante
l’infanzia e l’adolescenza, ebbe modo di conoscere ed approfondire i
principi dettati dall’Ordine Religioso del quale era entrata a far parte; seguì
l’esempio della Venerabile Madre Celeste Crostarosa facendo propri gli
insegnamenti di virtù e di carità e a 19 anni chiese di essere ammessa alla
professione religiosa.
Era
talmente forte in lei il desiderio di pronunciare i solenni voti e di
consacrarsi per sempre, che l’11 febbraio 1833 scrisse a monsignor
Antonio Monforte, vescovo di Troia, affinché fosse accolta la sua richiesta di
noviziato per «[…] Voler sempre più amare e servire Iddio […]».
Così,
il 3 ottobre 1833, dopo l’approvazione del vescovo, la priora suor Maria
Serafina Lacci convocò il Capitolo
delle monache per proporre loro l’intenzione di Maria Elia di voler
pronunciare i voti. La comunità, avendola sempre considerata virtuosa e di
santi costumi religiosi e morali capace di grandi opere, all’unanimità
decise di accogliere la richiesta della ragazza dispensandola dal noviziato per
sei mesi. Il giuramento solenne avvenne il 23 ottobre 1833 e due giorni dopo
ella recitò l’Atto di Professione che l’accoglieva nella comunità
religiosa come suora.
Dopo
aver pronunciato i voti ed aver assunto il nome di suor Teresa, così come
imponeva la Regola, nel 1836 ella destinò al monastero la sua dote, consistente
in un capitale di 500 ducati in monete d’argento ed un vitalizio di 80 ducati
annui con atto rogato dal notaio Ferrara di Foggia nel quale il fratello Abramo
si impegnava a versare la somma promessa [2].
Durante
la sua clausura, furono molte le ragazza della borghesia ortese che entrarono
come educande nel monastero; tra queste figurano Lucia Boffa, originaria di
Ascoli Satriano, che testimoniò in favore della causa di canonizzazione di Celeste Crostarosa; Diomira Di Dedda, e le nipoti Filomena ed
Angiolina Spinelli. Quest’ultima scelse di divenire suora come la zia
[3]
ed
il 3 ottobre 1835 ottenne dal vescovo di Troia il permesso di cominciare il
noviziato.
Nel
corso della vita monastica, suor Teresa ricoprì numerosi incarichi tra i quali
quello di depositaria, maestra delle novizie, madre vicaria e priora; a tale
riguardo una suora del monastero testimoniò che in occasione dell’elezione
della nuova priora aveva sognato la fondatrice che le diceva:
«[…]
Fu verso l’anno 1854. Allora in questa Comunità vi era la discordia per la
elezione della Priora. Vidi in sogno la stessa Fondatrice, che mi disse: "La
Spinelli Maria Teresa sarà vostra superiora, non la farete voi, la farà Iddio".
La Comunità veramente era contraria alla elezione della Spinelli, ed il vescovo
era pure contrario; la Spinelli era fuori di comunità per cause di salute.
Raccontai
la visione a tutte le monache, che risposero: ciò non è possibile, perché
contraria è la Comunità, contrario è il vescovo, e la Spinelli sta fuori
della Comunità. Poco dopo quel vescovo Monforte moriva, presenziò all’elezione il vicario capitolare fu D. Giovanni Prudenzio Savino e riuscì a pieni voti priora la suor Maria Teresa Spinelli
[…]»
Suor
Teresa negli
ultimi vent’anni della sua vita, mantenne quest’ultimo incarico alternandolo
a quello di presidente del monastero.
Fu una donna dal temperamento molto
forte; caratterialmente infatti era
simile alla madre Angiola Fiore, e la sua personalità nonostante l’osservanza
delle Regole, emergeva di continuo attraverso la vita quotidiana all’interno
della comunità religiosa.
Da
ragazzina aveva conosciuto suor Maria Geltrude La Cecilia che aveva vissuto nel
monastero foggiano con la fondatrice dell’Ordine. Questa suora le
aveva sempre raccontato le proprie esperienze di vita con la Madre, tanto da
inculcarle il desiderio di uniformarsi a lei sia nello spirito sia nel corpo.
La
figura di suor Teresa emerge attraverso i documenti contenuti nei quattro volumi
relativi agli atti del processo di beatificazione della Venerabile Madre, nei
quali si riscontrano le testimonianze della sua santità
[5].
Ella
fu ispirata ad un secolo dalla morte della fondatrice a promuovere la causa
della sua canonizzazione. Il 14 settembre 1855, furono dedicate a suor Celeste
Crostarosa le celebrazioni religiose per ricordarla nel primo centenario della
morte. Più tardi, il 28 ottobre 1855, quando suor Teresa era priora nel
monastero foggiano, ricevette una lettera da suor Alfonsa, superiora nel
monastero del SS. Salvatore di Scala, con la quale le furono richieste notizie
sulla fondatrice durante la sua permanenza a Foggia.
Da
quel momento ebbe inizio la ricerca di suor Teresa che il 10 novembre dello
stesso anno rispose alla superiora di Scala esaudendo le sue richieste,
sottolineando che molto di ciò che sapeva sulla figura della Madre, era dovuto
al fatto che lei da educanda aveva vissuto con suor Geltrude ed attraverso i
suoi racconti aveva conosciuto anche le figure di sant'Alfonso Maria de’ Liguori
e di san Gerardo, amici di suor Celeste; inoltre nella risposta suor Teresa
evidenziò il fatto che pur essendo andati smarriti molti documenti
nell’archivio del monastero, ella era riuscita a ricostruire la storia grazie
ai ricordi tratti da questi racconti.
Ciò
le aveva permesso di conoscere la figura della fondatrice vissuta in odore di
santità, di amarla e fare suoi gli insegnamenti e le Regole a lei pervenute dal
Signore. Suor Teresa concludeva la propria lettera ponendo un quesito alla superiora: le domandò come mai solo dopo cento anni il
monastero di Scala
chiedeva notizie sulla fondatrice [6].
In seguito la superiora di Scala le rispose che le notizie servivano per
riordinare le registrazioni e gli elenchi nominativi delle monache nei quali la
fondatrice «[…] Colle altre sue compagne la memoria delle quali presso di noi in
benedizione est […]».
Così,
fino a quando ebbe vita, suor Teresa spese tutte le sue energie affinché la
causa di canonizzazione della fondatrice potesse andare avanti ed avere buon
esito. Testimoniò nei processi e portò altre testimonianze di educande e di
suore. Nel primo volume degli atti del processo di canonizzazione parlando della
Madre ella affermò:
«Non
la conosco; né potevo conoscerla personalmente a cagione della mia età, ma ho
parlato con persona che la conosceva personalmente, cioè con una religiosa di
questo mio monastero chiamata Maria Geltrude La Cecilia, morta nel mese di
gennaio del 1833. Ed ho anche notizie di lei dai manoscritti, e vita stessa che
per ordine del suo confessore fu scritta da lei stessa […]».
Probabilmente,
suor Teresa da sempre aveva compreso la santità della Madre, e in lei era
evidente la spiritualità dettata dalle Regole della fondatrice.
Fu
completamente rapita dalla sua figura tanto da sembrare la personificazione
della venerabile Madre. Così veniva vista anche da chi la circondava nella vita
quotidiana. In una lettera del 27 marzo 1858, scritta dal sacerdote don Antonio
Rubino suo compare, che si interessò alla causa della Fondatrice, egli le
scrisse:
«Colgo la presente occasione, per esternarvi il mio voto pasquale, che è di vedervi benedetta dal cielo, come la vostra Fondatrice, di cui, se avete ad un dì preso le forme del corpo, spero che ne avrete pur anco quelle dell’anima» [7].
Questo
pensiero fu esternato anche dal pittore Giuseppe Rubino, parente di don Antonio,
che nell’eseguire il ritratto della fondatrice la raffigurò come suor Teresa,
perché vide in lei la figura della venerabile Madre.
Fu
capace di grandi opere, ma attraversò anche periodi difficili, perché non
sempre la Comunità delle suore condivideva le sue scelte; come tutte le grandi
donne, fu amata e contrastata, ma sempre e con ogni mezzo lottò affinché
fossero rispettate le Regole della venerabile Madre.
Affranta dalla salute cagionevole, suor Teresa spirò il 12 dicembre 1897 [8] nello stesso monastero che l’aveva accolta in tenera età.
ARCHIVIO
PRIVATO DEL MONASTERO DEL SS. SALVATORE DI FOGGIA:
ATTO DI PROFESSIONE PRONUNCIATO DA SUOR TERESA
SPINELLI
Foggia SS.mo Salvatore li 25 8bre. 1833.
Io M. Teresa Spinelli confirmo come
sopra».
1 L. LOPRIORE, Orta Nova tra ‘700 e ‘900 – Storia, Urbanistica ed Architettura, Foggia 1999, pp. 106 e ss., e p. 371.
4ARCHIVIO
PRIVATO DEL MONASTERO DEL SS. SALVATOTRE DI FOGGIA Processi
©2004 Lucia Lopriore, da L. LOPRIORE, Orta Nova tra ‘700 e ‘900 – Storia, urbanistica ed architettura, Bastogi, Foggia 1999.