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MARCO BRANDO

 

Calze, burro, perfino castagne...

  

Uno spaccato del secondo Dopoguerra nel Mezzogiorno

  

   

   

«Moltissimi furono i danni che provocarono nei costumi di questo popolo i soldati di ogni razza che dimorarono per parecchi anni nella città e nei paesi vicini». Lo scrisse monsignor Marcello Mimmi, arcivescovo di Bari, nel 1946, presentando al Vaticano il quadro della situazione creatasi nella Diocesi, dopo l'8 settembre 1943 e durante tutta l'occupazione della truppe alleate in Puglia.

I MALI. L'alto prelato disegnò con crudezza la profonda crisi morale, oltre che materiale. «Ne conseguirono i seguenti mali», scrisse. Eccoli: 

«a) Prostituzione, che corrompe la gioventù; 

b) infedeltà delle mogli, delle quali non poche abbandonarono la casa e la famiglia, specialmente quelli i cui mariti erano in guerra o prigionieri;

c) dissoluzione delle famiglie, i cui uomini, per infedeltà delle mogli, desiderano chiedono il divorzio;

d) lenocinio (attività di chi, per ricavare lucro o altro vantaggio, favorisce la prostituzione, ndr) anche da parte di ragazzi; 

e) furti e mercato nero».

Poi: «Sono da aggiungere le fazioni politiche che hanno diviso il popolo e hanno reso difficile il ministero ecclesiastico». Un quadro che riassume bene la realtà della guerra e dell'immediato dopoguerra, vista attraverso gli occhi di un arcivescovo conservatore con simpatie monarchiche.

IL LAICO. Tuttavia non bisogna ritenere che la situazione fosse vista in maniera meno drammatica anche da occhi laici: quelli del sindaco di Bari, Natale Lojacono, antifascista, democristiano e favorevole alla Repubblica, nominato primo cittadino dal Comitato di liberazione nazionale. In una relazione intitolata L'amministrazione di Bari dal 1944 al 1946 Lojacono scrisse: «Amministrazioni di ogni specie, i gangli più vitali dell'apparato statale, erano praticamente acefali, retti da funzionari spauriti e timorosi di fronte al nuovo clima di libertà, o privati dei responsabili del passato... Polizia, carabinieri e comandi militari alleati, se in un certo senso ci aiutavano notevolmente, d'altro canto interferivano nelle competenze delle nostre autorità, spesso con spirito di conquistatori».

Poi: «Le scuole occupate dai profughi e dai senza tetto, i meravigliosi giardini pubblici tramutati in boschi da far legna, bombardamenti in serie, requisite dagli alleati numerose abitazioni, frequenti le controversie e i litigi tra cittadini e truppe occupanti».

GLI AMERICANI. D'altra parte l'atteggiamento dei militari dell'Oss (l'«Office of Strategic Service», progenitore della Cia) nei confronti degli italiani traspare da anche da un memorandum inviato il 10 gennaio 1945 al presidente degli Stati Uniti si legge, a proposito della situazione nel Mezzogiorno: «... La gente cerca di rubare un paio di calze qui, un po' di burro là, perfino castagne, qualcosa che dia un po' di caldo o un po' di cibo almeno per un giorno... Gli stranieri sono continuamente assaliti da italiani che cercano di procurarsi qualcosa, cibo o favori. Ciò fa sì che il personale alleato sia spesso irritabile o cinico, se non duro, nel modo di trattare con la popolazione locale». Uno spaccato del Dopoguerra nel Sud che non ha bisogno di commenti.

     

Marco Brando

         

 

 

da "Corriere della Sera-Corriere del Mezzogiorno", 4/12/2001

 

  

 

 

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