Ormai
da decenni la Puglia è sospesa nel limbo.
Di
essa nel mondo e in Italia si alternano due
immagini,
quella
ottimistica e speranzosa della «California
del
sud» e quella opposta, di una Puglia
risucchiata
dalle
sue deficienze e patologie. E questa continua
oscillazione
tiene in sospeso una terra che sembra
sempre
sul punto di decollare e di accentuare la sua
differenza
rispetto al Mezzogiorno, ma è costretta,
dopo
qualche ebbrezza, ad accorgersi che le sue ali
sono
fragili o bruciate; e sente ritornare il peso di
vecchi
incubi,
la disoccupazione, l’esodo dei giovani più
capaci,
il peso crescente della malavita, eccetera.
Questo
continuo stop
and go sembra
un destino invalicabile,
un
limbo nel quale la Puglia è condannata a
rimanere
per sempre, rifluendo nel ruolo di eterna
incompiuta:
da un lato essa è troppo diversa dallo
stereotipo
dominante
di un Sud fermo e addormentato,
dall’altro
il suo dinamismo è pieno di false partenze, e
ogni
volta dopo uno scatto bruciante, arriva
l’affanno.
Quest’alternanza
continua non è solo una successione
nel
tempo di euforie e delusioni, ma, come
testimonia
il
libro di viaggio di Marco Brando, è una
dissonanza
che
si incontra anche nello spazio, perché capita
di ritrovare entrambe le facce a pochi metri o
chilometri
di distanza l’una dall’altra. Il cemento
bracca
continuamente la bellezza, e non appena la
decenza
e la legge guardano altrove (e capita troppo
spesso),
la degrada e la deturpa: le cabine sulla spiaggia
diventano case, avviando quella spirale dei
condoni
che
ha saldato piccoli e grandi interessi, società
«incivile»
e politica in un blocco sociale tanto vorace
quanto
resistente. Ma
accanto all’affollamento distruttivo
esistono
ancora «bellezze da sogno ignorate»;
oppure
capita di scoprire che la tutela del Gargano, la
sua sottrazione alla ferocia cementizia, la si deve
non
solo
a un ente preposto alla tutela dell’ambiente,
ma
moltissimo
all’Eni, che a prima vista sembrerebbe il
suo
peggior nemico.
E
il libro è pieno di scoperte
come
queste, di accostamenti sorprendenti.
Brando
viene dal Nord ed è arrivato in Puglia per
ragioni
di lavoro. Questo viaggio nasce dal desiderio
di
conoscere un territorio sconosciuto, di guardare
da
vicino
i luoghi e le persone di cui ogni giorno si
parla
sulle
colonne del giornale. I suoi resoconti
ripropongono, nelle
descrizioni e negli stati d’animo del
viaggiatore,
questa
alternanza continua tra le promesse e
le
delusioni, la scoperta della ricchezza
insospettata
delle
storie, della bellezza dei luoghi,
dell’intraprendenza delle
persone e la delusione per le diserzioni
dello
spirito pubblico, per un assalto alle coste e al
mare,
che diventa l’inquietante metafora del
rapporto
con
il bene pubblico e dell’assalto
particolaristico alle istituzioni.
Nel
libro, che volutamente trascura le grandi città
per
attraversare la Puglia minore, questo alternarsi
di
emozioni
e di scoperte non fa che accentuare la rabbia.
Non
si è di fronte a una stasi che uccide lo
spirito,
recidendo
la speranza, ma neanche a un dinamismo
stabile,
che permette di distogliere lo sguardo,
sicuri
che poi tutto continui a funzionare per il
meglio.
La Puglia che Brando attraversa, in questi
anni
diventata nota nel mondo, è la Puglia del
Salento,
della
Valle d’Itria, del Gargano oppure è la Puglia
più
riposta
della Murgia e dell’Appennino. Ma anche in
questa
nuova immagine, che, tramite i nuovi strumenti
di
comunicazione, rende noti nel mondo i nostri
luoghi
e attira i turisti, torna a riproporsi, come una
condanna,
l’oscillazione. La riscoperta dei luoghi, del
territorio
e della tradizione è un nuovo punto di partenza
oppure
una ritirata, la ricerca di un piccolo
lucro
alle spalle di un mondo che ci sorpassa e ci
sfugge?
È
l’inizio di un nuovo equilibrio tra modernità
e
tradizione
oppure è un chiudersi nel piccolo cabotaggio,
nello
sfruttamento feroce del territorio, una vendita
all’incanto
senza pudore e misura?
Ovviamente
Brando non si propone di rispondere
a
questa domanda, e il suo libro, molto
saggiamente,
si
fa prendere dal ritmo della scoperta, della
meraviglia,
della
cronaca, delle osservazioni di chi è solo di
passaggio,
e per questo è più sereno sia nei
riconoscimenti
che
nelle critiche. Ma sembra anch’esso alla
fine
suggerire una morale ai pugliesi: possedete una
terra
bella e varia, ricca di caratteri e di lingue,
di
chiese
e di mari diversi, in una posizione di
collegamento
che
si respira anche soltanto ripercorrendone
la
storia. Non
fatevela sfuggire dalle mani, sfruttatela,
ma
con saggezza e gentilezza, non ripiegate sul
piccolo cabotaggio,
che vi fa rimanere sotto costa, osate un
po’
di più. Lo scetticismo non è realismo o
prudenza,
ma
solo mediocrità e paura di volare. Se
rinunzierete
a
rischiare, rimarrete sempre a metà strada,
eterni
incompiuti,
che continuano a oscillare tra grandi racconti
ed
epiloghi di terz’ordine.
Franco
Cassano
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