a cura di Felice Moretti |
L'elefante nel Bestiario manoscritto Bodley 764 (metà del XIII sec.)
Nella fantastica geografia faunistica de1 portale centrale della cattedrale bitontina è evidenziata 1'intenzione dell'anonimo artista o del committente o di tutti e due, di far uso nella scultura, di una fauna messa in relazione diretta con testi coevi o antecedenti, con Bestiari, dove gli animali reali o fantastici, familiari od esotici, si mescolano e si intrecciano in un'orgia fantasmagorica in cui riesce difficile cogliere o delimitare i confini del peccato e quelli della virtù.
Se riesce difficile per il visitatore moderno cogliere in quelle strane e meno strane fattezze nessi e corrispondenze, per 1'ideologia dominante del secolo XII, la scelta dello spazio - la facciata principale - condensa il fascino e la potenza dei temi didascalici insiti in ogni figura, libro aperto alla coscienza dell'uomo di quel tempo. Non staremo qui a chiederci adesso perché Dio si sarebbe divertito a creare esseri tanto insoliti e se è vero poi che li avesse creati. Certamente, all'immaginario collettivo di quell'età, la rappresentazione scultorea di certi animali, come 1'elefante, poneva una serie di problemi, ma vi pensarono i mercanti e i crociati a dipanare i dubbi quando, di ritorno dalla Terrasanta, portarono notizie certe intorno a cammelli, scimmie, coccodrilli ed elefanti che arricchiscono il portale bitontino, la sedia vescovile nella cattedrale di Bari, quella di Canosa o la finestra absidale della stessa cattedrale barese.
L'elefante nel Bestiario del mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto
Per quanto riguarda 1'elefante che era giunto in Europa già alla fine dell'VIII secolo (a parte la parentesi annibalica), non v'e dubbio che gli scultori lo abbiano iconograficamente rappresentato tenendo presenti dei modelli come tessuti, avori, miniature orientali ed anche testi che si sono prestati ad errori di interpretazione. Per Isidoro di Siviglia, ad esempio, gli elefanti sono dei buoi enormi senza giunture nelle ginocchia che dormono in piedi appoggiati ad un albero; alti di statura, il loro corpo poggia su zampe troppo magre le cui estremità hanno artigli di leone o zoccoli di bue. Le orecchie sono troppo piccole e la coda molto lunga. Ma 1'elefante delle nostre cattedrali, se non ha avuto solo un senso decorativo (non bisogna concludere che la fauna decorativa abbia avuto sempre un senso simbolico, di vedere in essa sempre e ovunque dei simboli, anche se con 1'elefante ci troviamo dinanzi ad un animale simbolo per eccellenza), quale simbologia ha voluto esprimere? Dovremmo dedurre senza forzature che 1'artista e il committente conoscessero il Fisiologo per sentito dire o forse per averlo letto in traduzione latina o in un manoscritto greco o copia di esso, dal momento che il Physiologus greco circolava in area pugliese già nel secolo XI.
In esso si legge che nell'elefante «non c'è brama di congiungimento carnale: quando vuol generare dei figli, si reca in oriente, vicino al paradiso. Ivi si trova un albero detto mandragora: vi vanno dunque la femmina e il maschio, e la femmina coglie per prima il frutto dell'albero, e ne porge anche al maschio e lo alletta, finché anche questi ne prenda, e dopo aver mangiato, il maschio si avvicina alla femmina e si congiunge con essa, ed essa subito concepisce nel ventre. Quando giunge l'epoca in cui deve partorire, se ne va in uno stagno d'acqua e vi entra finché l'acqua non le giunga fino alle mammelle, e poi in tal modo partorisce il suo figlio sull'acqua, e quest'ultimo sale sulle sue ginocchia e le succhia il seno. Mentre partorisce, l'elefante la protegge dal serpente, poiché il serpente è nemico dell'elefante, e quando l'elefante lo trova, lo calpesta e lo uccide... L'elefante e la sua femmina sono dunque immagini di Adamo ed Eva: quando erano nelle delizie del paradiso prima della trasgressione, non conoscevano l'unione carnale e non pensavano all'accoppiamento. Ma quando la donna ha mangiato il frutto dell'albero, cioè della spirituale mandragora, e ne ha dato all'uomo, allora Adamo ha conosciuto la donna, e ha generato Caino sopra le acque malefiche...».
L'elefante in un manoscritto dell'Historia Plantarum di Teofrasto
Dal momento che 1'elefante, cioè 1'uomo, è caduto e a nulla sono valsi gli sforzi dei dodici elefanti, cioè dei profeti, per sollevarlo, il Fisiologo conclude che solo con 1'arrivo dell'elefante spirituale, cioè Cristo, 1'uomo è stato sollevato da terra. L'elefante quindi simboleggia il Battesimo perché la femmina s'immerge nell'acqua per partorire e schiaccia il serpente, simbolo del male; è anche simbolo della castità perché, di temperamento frigido, non può generare se non dopo aver ingerito, come afrodisiaco, una radice di mandragora, simbolo della Temperanza e della Benignità. Il simbolismo dell'elefante varcò le soglie del Medioevo fino al secolo XVII, tanto da essere considerato "il più religioso di tutti gli animali". I dati naturalistici di cui si arricchisce tale simbologia, sono stati liberamente adattati secondo le necessità dell'interpretazione allegorica mutuata in modo particolare da Plinio secondo il quale 1'elefante adora il sole e le stelle, e quando nel cielo appare la luna nuova, va a lavarsi nello stagno più vicino, e dopo essersi purificato, sembra che invochi il soccorso del cielo.
Da leggere:
F. Zambon (a cura di), Il Fisiologo, Milano 1975.
G.
Cavallo,
Manoscritti italo-greci e cultura benedettina (sec. X-XII), in L'esperienza monastica benedettina e la
Puglia, a cura di C. D. Fonseca, I, Galatina 1983.
F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995.
L. Morini (a cura di), Bestiari, Torino 1997.
M. P. Ciccarese (a cura di), Animali simbolici alle origini del Bestiario cristiano, Bologna 2002.
©200
3 Felice Moretti