TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI GORIZIA
in sintesi
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«...Sull'attuale colle di San Giorgio esisteva dunque a quel tempo un castello, che certamente durante il periodo longobardo era inserito nell'organizzazione militare. Nel 1093 il Patriarca Vodalrico cedeva la Pieve di Brazzano con le cappelle e le chiese filiali e inoltre le decime, quartesi e altri diritti a quella spettanti compresa la chiesa di San Giovanni, al monastero di Rosazzo segnando così anche l'inizio di una divisione da Cormòns che ritroveremo sancita ancora in un trattato tra Venezia e l'Austria nel settecento. Il castello di Brazzano fu abitato nel XII e XIII secolo dai signori Jonama, una famiglia estintasi nel 1292, e venne fatto distruggere da Mainardo, conte di Gorizia per mai più risorgere. A distanza di molti decenni dalla sua violenta demolizione nel 1313, infatti, i Cividalesi ribadivano la loro inibizione alla riedificazione del castello chiesta dal sig. Francesco del fù Nicolò. L'attuale chiesetta di San Giorgio, con il suo pregevole altre ligneo del Ridolfi, deriva quindi con ogni probabilità dall'antica cappella del castello. Costruita la parrocchiale di San Lorenzo anche il cimitero si trasferì attorno a quest'ultima».
http://www.comune.cormons.go.it/index.php?id=7943
Castellazzo (resti del castelliere)
«Le più antiche tracce di insediamenti umani nel territorio di Doberdò sono i "castellieri" disseminati sulle quote più alte del Carso. Soltanto tra il III-II secolo a.C. la popolazione divenne più consistente: a questi secoli viene fatta risalire l'origine di una fortificazione romana in località Castellazzo. Nell'Alto Medioevo vi si insediarono popolazioni di origine slava, a questo periodo risale il toponimo: probabilmente dall'aggettivo "dober", buono e "dob" quercia. Nel Basso Medioevo le zone di Vallone e Jamiano appartenevano ai Signori di Duino, mentre la zona di Doberdò apparteneva, oltre che a questi, a diversi altri feudatari. Giurisdizionalmente Doberdò era soggetta alla Contea di Gorizia, ma la bassa giurisdizione fu esercitata prima dai Signori d'Attems, poi dai Coronini. L'esistenza delle singole comunità è documentata per Jamiano da un documento del 1325, per Doberdò nel 1494. Per quanto riguarda l'amministrazione civile, la prima notizia è del 1524 e ci indica Doberdò come Comune formato secondo antiche consuetudini slovene. Nel 1811, quando furono organizzate le Provincie Illiriche, Doberdò fu unito a Miren nel Cantone di Gorizia e il resto del suo territorio a quello di Duino. Nel 1814 passò al Comune di Sagrado e vi rimase aggregato fino al 1850, quando divenne Comune a sè. Dal 1811 al 1825 tutto il territorio rimase aggregato alla provincia e poi al Circolo dell'Istria. In seguito fu annesso alla Contea di Gorizia. Durante la prima guerra mondiale tutti i villaggi del Comune andarono distrutti in quanto si trovavano nelle immediate vicinanze del fronte; fino al 10 agosto 1916 il fronte correva lungo il confine occidentale del Comune, immediatamente dopo lungo quello orientale. Soltanto la frazione di Jamiano fu occupata dall'esercito italiano appena il 12 maggio 1917: venne definitivamente annessa al Regno d'Italia nel 1918. Dal 1923 al 1947 fece parte della Provincia di Trieste. Nel corso della seconda guerra mondiale la sede municipale e l'archivio, furono completamente distrutti per eventi bellici».
http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=9056
«La torre della Casa Neuhaus è una delle tracce più significative della struttura difensiva medioevale di Cormòns, costituita dal castello ma anche da diverse cente, cioè recinti formati da agglomerati di edifici raccolti per lo più attorno a una chiesa. La Casa Neuhaus, risalente al XIII secolo, è un caso a sé: non è parte di una centa ma una casa-forte eretta a protezione di un solo nucleo familiare, e, nello stesso tempo è un simbolo dell'autorità e del rilievo che quella casata deteneva nel villaggio.
http://cormonslibri.files.wordpress.com/2012/10/itinerario_italiano.pdf
Cormons (castello del Monte Quarin)
a cura di Luca Baradello
Cormons (palazzi, centro storico)
«Iniziamo la visita di Cormòns cominciando dal cuore della città. Il centro storico si può agevolmente percorrere a piedi partendo da piazza Libertà, dalla quale si diramano le principali vie cittadine. Al centro della piazza troneggia la famosa statua bronzea - opera del viennese Hofmann inaugurata nel 1903 - che ritrae l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo (1459-1519), il quale nel 1518 esentò la città dalle tasse per ben sette anni, per permettere ai Cormonesi di rifarsi dalle miserie che le guerre contro Venezia avevano procurato (ricordiamo infatti che Cormòns all'epoca era territorio asburgico). La statua è uno dei pochi monumenti in Italia dedicati a un sovrano straniero. ... La centralissima via Matteotti. All'inizio della via, nell'edificio basso adiacente la chiesa di Rosa Mistica, ha sede l'Ufficio Informazioni della Pro Loco. Risalendo la strada, incontriamo una biforcazione che sulla destra porta in via Nazario Sauro verso il Teatro Comunale. Proseguendo invece a sinistra lungo la via Matteotti, più avanti si può ammirare una settecentesca dimora nobiliare (privata): il Palazzo Del Mestri con la sua elaborata facciata. Procedendo ancora si giunge alla monumentale piazza XXIV Maggio. L'intera piazza può considerarsi a buon diritto una pregevolissima opera d'arte architettonica. Progettata dal celebre architetto viennese Podrecca, è realizzata per intero in pietra bianca del Carso e contiene alcuni originali elementi estetici, come la grande fontana ricavata da un unico blocco discoidale di marmo rosso, alcune bizzarre colonne mozze od oblique, strani paracarri sferici ecc. Su un apposito supporto presso la fontana è collocata la scultura bronzea del Lanciasassi, opera dello scultore cormonese Alfonso Canciani. Lungo il lato maggiore vi è il settecentesco Palazzo Locatelli, oggi sede del Municipio. Nell'interno sono conservati alcuni affreschi del Picco, che illustrano momenti di vita quotidiana dell'epoca, mentre nei giardini ha sede il Museo Civico, contenente numerose opere scultoree del Canciani. ... Inoltrandosi soltanto pochi metri dalla piazza verso via Dante, si vede sulla destra il Palazzo Taccò-Àita, famoso per gli stucchi settecenteschi del goriziano Pacassi che abbelliscono il salone centrale - dove sono anche collocate due colossali tele, lunghe una decina di metri, che l'artista Lichtenreit dipinse appositamente per questo salone nel 1747 (privato). Volgendoci ora in direzione opposta, vediamo in fondo alla piazza la mole sopraelevata del Duomo, che domina la scena con il suo elegante campanile. Dietro l'abside, s'insinua la strettissima Riva della Torre, che ci invita a visitare un caratteristico scorcio del centro storico: la Centa di Sant'Adalberto. Si tratta di un antico complesso di muri e di edifici che circondano e proteggono il Duomo di Cormòns, percorsi da un dèdalo di vecchie strade (alcune pedonali) attorno alla grande chiesa. Passando da Riva della Torre a Piazzetta Patriarchi fino in via Duomo, si percorre il cuore del centro storico che conserva ancora l'impianto urbanistico medievale. Nelle vicinanze, in via Cancelleria Vecchia, si trova poi la restaurata Casa Neuhaus con il suo torrione trecentesco».
http://www.cormons.info/citta/centro.htm
Gorizia (case Dornberg e Tasso)
«Casa Tasso fu costruita nel Cinquecento da Simone Tasso così come testimonia l’iscrizione posta sulla cornice marcapiano: SIMON TASSUS PRAE: SORUM CAE: IN LIBERO SOLO e l’altra che sovrasta l’ingresso: SIBI CARISQ, che rispettivamente significano: Simone Tasso, sovrintendente dei corrieri imperiali, costruì questa casa su un terreno libero da gravami e Per se e per i propri cari. L’edificio, di impianto rinascimentale, fu terminata a fine XVI secolo. Poco tempo dopo fu acquistato da Vito di Dornberg, la cui famiglia si era distinta nel Cinquecento per aver raggiunto posizioni di prestigio. Nel 1802 la struttura ospitò l’Istituto delle Orfanelle il quale, ampliandosi progressivamente, incorporò un ulteriore edificio di proprietà della famiglia Dornberg. I due edifici furono resi compatti dalla costruzione della chiesa dell’Istituto voluta nel 1874 da Matilde Coronini e che, di fatto, li unì. Acquistati negli anni Ottanta del Novecento dalla Provincia di Gorizia, furono adibiti a Museo».
http://www3.comune.gorizia.it/turismo/it/case-dornberg-e-tasso
Gorizia (castello Pentagonale)
a cura di Luca Baradello
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Edificato attorno al 1350 presso la porta orientale della città, il palazzo costituiva la foresteria dei conti di Gorizia, nella quale soggiornavano gli ospiti che partecipavano alle battute di caccia ed ai tornei cavallereschi. Il castelletto era fornito da un corpo di guardia situato in prossimità della torre, provvista di ponte levatoio, detta del ‘sobborgo delle strade Regie’ e più tardi Porta di Schönhaus, citata per la prima volta nel 1387, che costituiva la porta d’ingresso della città verso sud-est, verso il Carso. Le mura di difesa, ancora visibili nel parco di Palazzo Lantieri, erano rafforzate da un fosso non molto largo nel quale era stato immesso il torrente Vertoibizza. Le mura racchiudevano così piazza Sant’Antonio, cioè la piazza del mercato, chiamata anche piazza Schönhaus, nella quale, secondo la leggenda, Sant’Antonio avrebbe ricevuto in dono nel 1225 un terreno da parte del conte di Gorizia Alberto I. Accanto alla vecchia chiesetta egli avrebbe poi edificato un modesto convento, divenendone il primo guardiano, costruendo anche una cappella dedicata a Santa Caterina. Proprio nel convento, il 21 ottobre 1505, venne stipulato il contratto di compravendita fra i Lantieri ed Antonio Pozzo, il medico di corte che nel 1499 aveva ricevuto in dono il feudo di Schönhaus dall’ultimo conte di Gorizia, Leonardo. Nel 1513, i Lantieri ricevettero dall’imperatore Massimiliano I l’investitura del feudo di Schönhaus, iniziando la costruzione dell’ala cinquecentesca del palazzo. Ultimati i lavori nel 1524, il palazzo assunse un aspetto “venezieggiante”, di matrice tardo-rinascimentale, spiegabile con i quattordici mesi di dominazione veneta a cavallo fra 1508 e 1509. Il palazzo fu arricchito internamente da preziosi cicli di affreschi tra i quali quello attribuito a Marcello Fogolino, scoperto nel 1910 in seguito a dei lavori di restauro che interessarono una sala al pianterreno dell’ala antica. Il ciclo, raffigurante scene a soggetto storico ed idillico, fu eseguito attorno al 1550 durante il soggiorno dell’artista ad Aquileia. Una di queste scene rappresenta molto probabilmente l’assedio di Vienna del 1529, come indicano i vessilli di CarloV e le schiere di Turchi all’attacco comandati dal Sultano Solimano in sella ad un cavallo bianco. è presente, inoltre, una scena che potrebbe rappresentare la visita che Dante Alighieri fece ai Lantieri nel castello di Paratico presso Brescia. Tracce di affreschi sono presenti anche ai piani superiori del palazzo, risalenti anche ad epoche posteriori. Particolarmente curiosa è la serie di ‘grottesche’ databili alla metà del XVIII secolo e realizzate sulle volte di un porticato dell’ala inferiore. Nella seconda metà del XVI secolo si iniziò la costruzione dell’ala grande del palazzo, completata circa nel 1600, e del cortile inferiore con l’ingresso da piazza Sant’Antonio. Risale al 1600 anche una graziosa loggetta con affreschi. Alla fine del Settecento risale, invece, il corpo tra l’edificio con loggetta e l’edificio cinquecentesco. Il palazzo accolse ospiti illustri nel corso del XVIII e XIX secolo, tra i quali Carlo Goldoni, Rosalba Carriera, Papa Pio VI, il Metastasio, Giacomo Casanova e gli eredi al trono di Francia. Inoltre alcuni pittori di grande fama, eseguirono dei quadri per conto dei Lantieri: il Pavona, il Piazzetta ed il Paroli. Gravemente danneggiato durante la Prima Guerra Mondiale, il palazzo fu restaurato nel secondo dopoguerra dai proprietari Levetow-Lantieri e, negli anni Settanta, fu aperta una galleria d’arte nel porticato con le ‘grottesche’».
http://www3.comune.gorizia.it/turismo/it/palazzo-lantieri-0
Gorizia (palazzo Strassoldo Grafenberg-Coronini)
«La sua costruzione si può collocare nell’ultimo decennio del XVI secolo, tra il 1593 e il 1598; committente dell’opera fu Carlo Zengraf, che aveva lavorato come Segretario degli Stati Provinciali di Gorizia per conto della casa d’Austria e che da questa, nel 1593, aveva acquistato alcuni terreni vicino al torrente Corno e dalla medesima autorità aveva ricevuto, cinque anni dopo, poteri giurisdizionali civili e penali su tutta una vasta area che comprendeva ampi territori a nord di Gorizia. Il palazzo che Zengraf fece costruire venne a trovarsi nell’immediata periferia cittadina, sulla strada che uscendo dal nucleo storico della città bassa passava per la piazza grande detta “Traunik” e la porta nord, attraversando un modesto borgo denominato “Piazzutta”, per arrivare, infine, al Ponte del Torrione sul fiume Isonzo. Furono quindi considerazioni di natura difensiva a consigliare la costruzione di un edificio caratterizzato dai toni austeri e rigidi propri di una casa-forte, circondata da alti muri, con poche concessioni al superfluo, piuttosto che dalle linee eleganti delle ville e palazzi che l’architettura cinquecentesca aveva già espresso. A seguito delle recenti ristrutturazioni (2002-2006) sono venute alla luce alcune testimonianze nelle murature che fanno pensare che il palazzo sia sorto in corrispondenza di una preesistente struttura a torre, con una pianta di circa 8,5x10 metri, forse costruita in quel luogo allo scopo di controllare l’ingresso a nord della città o come collegamento tra la fortificazione del Ponte del Torrione ed il Castello con i quali poteva essere in comunicazione visiva. Sembra di poter far risalire la paternità del progetto all’architetto miliare Giulio Baldigara, in questi anni presente a Gorizia dove rivestiva la carica di architetto arciducale, anche se nessun documento, per ora, leghi il suo nome all’edificio, se non la stima che egli redasse assieme ad Alessio di Gradisca il 4 settembre 1614 in occasione della vendita dell’immobile a Riccardo di Strassoldo e che ci delinea forme, dimensioni e valore dell’edificio e di tutta la proprietà. La morte di Zengraf e sopravvenute difficoltà economiche costrinsero gli eredi, nella persona del figlio Raffaele, a vendere quanto in loro possesso al nobile Riccardo di Strassoldo, che nel 1614 assunse la proprietà delle terre di Grafenberg. Fu la sua famiglia a modificare la struttura del palazzo fino alla definizione di un’architettura molto simile a quella che oggi si può ammirare, impostando la ristrutturazione del complesso secondo le tipologie della casa dominicale in luogo di quelle della casa-forte. Tra gli interventi più significativi vi fu, verso il 1640, la costruzione, a poca distanza dal corpo principale, di una cappella ad unica navata dedicata a S. Anna, avente la facciata principale rivolta a nord. L’odierna disposizione della cappella è sicuramente riconducibile ai lavori di costruzione della sala ad uso di cancelleria (dove oggi hanno sede gli uffici della Fondazione Palazzo Coronini Cronberg onlus), databili tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX. ... Ancora ascritta all’operato degli Strassoldo è la costruzione, tra il XVII e il XVIII secolo, dell’edificio delle scuderie (oggi trasformata, dopo il restauro, in sala convegni, esposizioni e depositi) posto ai limiti della proprietà, inoltre l’edificazione di due manufatti ad uso agricolo e di abitazione per i coloni nelle immediate vicinanze del palazzo e, per ultimo, la costruzione nel 1685, al centro dell’aia (di fronte alle scuderie), del pozzo a coronamento del quale fu collocata una vera quattrocentesca. ...».
http://www.coronini.it/index.php?page=il-palazzo
Le foto degli amici di Castelli medievali
«La Porta Leopoldina, monumentale ingresso al borgo castellano, costruito nella seconda metà del Seicento, si presenta con una struttura solenne e compatta dal carattere robusto e pesante caratterizzata dalla regolare disposizione di conci o bugne lapidee semicilindriche dalla particolare forma “a bauletto” che ne determinano i due ordini superiori e ornata da un ricco apparato decorativo di pregio storico evocativo. Il basamento in blocchi lapidei squadrati incornicia l’apertura principale ad arco attraverso la quale si accede al Borgo Castello ed a lato una piccola pusterla consente il passaggio dei pedoni. Tre lesene dal fusto in conci lapidei sporgenti, provviste di base e capitello ornati, sostengono una trabeazione con fregio e cornice dalle superfici lineari; una lapide con epigrafe in latino testimonia lo storico avvenimento della visita effettuata nel settembre del 1660 alla città di Gorizia dall’Imperatore Leopoldo I d’Austria. Ai lati della Porta sono sistemati lo stemma della Contea e lo stemma con l’insegna di Ernesto Federico di Herberstein, Capitano della Contea di nomina Imperiale. Sopra l’arco d’ingresso è collocata una lastra contenente l’imponente bassorilievo dell’aquila bicipite, più volte rimossa e riposizionata in opera anche dopo aver subito gravi danneggiamenti e con l’aggiunta della scritta: “VENNE IL DÌ NOSTRO 4 NOVEMBRE 1918“. ...».
http://www.italianostra.go.it/?page_id=564
Gradisca d'Isonzo (borgo, palazzi)
«Quattro sono i periodi di Gradisca: il quattrocento veneto, il Seicento austriaco, l´Ottocento asburgico e il Novecento italiano. Concepita dalla Repubblica di Venezia come baluardo contro le incursioni turche, che in Friuli erano furiose e frequenti, fu edificata dagli architetti della Serenissima come un borgo fortificato con strade larghe che si intersecano ad angolo retto (per facilitare le manovre dei soldati) e che vanno a formare un tessuto edilizio regolare, suddiviso in compatti isolati di case. L´edilizia civile quattrocentesca è andata perduta. Del periodo più antico di Gradisca restano la Casa dei Provveditori veneti (ora sede dell´Enoteca Regionale) e il Palazzo del fisco (chiamato anche Palazzo Coassini), edificato tra il 1479 e l´83, che in facciata presenta alterazioni recenti. Tra la seconda metà del XVI sec. e il primo quarto del XVII è da situare Palazzo Strassoldo, prototipo per numerose altre dimore nobiliari edificate a Gradisca nel corso del Sei-Settecento. Il governo dei principi di Eggenberg (1647-1717) è il periodo d´oro di Gradisca, che conosce un notevole sviluppo economico, civile, demografico ed urbanistico. Muta dunque l´aspetto anche dal punto di vista edilizio, con il borgo fortificato d´origine tardo-quattrocentesca che si trasforma in cittadella residenziale dall´aspetto signorile. Tra il 1650 e il 1750 sono edificati quasi tutti i palazzetti nobiliari che ancora oggi caratterizzano il centro storico. Entro la fine del XVII sec. erano probabilmente già terminati Casa de´ Portis, Casa de´ Salamanca, Casa Wassermann, e uno degli edifici più importanti della cittadina, Palazzo de´ Comelli-Stuckenfeld, severo e massiccio, che prende in prestito da Palazzo Strassoldo l´impaginato della facciata. Nei decenni successivi sorgono altre dimore nobiliari come Casa de´ Brumatti, Casa Spangher e Casa Ciotti: con le ultime due si entra nel Settecento. Sono tutte costruzioni chiuse e compatte, con un bel portale rustico sulla facciata, il cui stile si rifà al tardomanierismo e al barocco veneziano. Ma qui siamo in provincia, al chiuso di una fortezza: il che spiega l´aspetto un po´ severo, sdrammatizzato sicuramente da due "ciàcole" in osteria, e il livello un po´ più basso rispetto ai grandi modelli veneziani - anche se sin troppo alto rispetto agli standard costruttivi friulani dell´epoca. Oltre ai palazzetti nobiliari, il centro storico si arricchisce, durante il capitanato di Francesco Uldarico della Torre (1656-95), di due edifici, su iniziativa pubblica: la Loggia dei mercanti, pensata come luogo d´incontro della nobiltà locale e poi divenuta punto di riferimento della classe mercantile, e il Palazzo del Monte di Pietà, costruito per contrastare l´usura praticata dagli ebrei. La prima si trova di fronte al Palazzo dei Provveditori e presenta al piano terra una graziosa loggia con tre archi bugnati; il secondo, imponente, ha un elegante portale sovrastato da un baldacchino dentro cui campeggia una scultura barocca raffigurante la Pietà. Durante il governo del Della Torre prese forma anche Palazzo Torriani (1710-30), la residenza gradiscana della casata nobiliare, splendida villa suburbana che sta tra il palazzo di città e la dimora di campagna. L´edificio, ora sede del municipio, è senz´altro il più importante di Gradisca: d´ispirazione palladiana, può esser letto come avamposto della cultura veneta nel Friuli orientale. Notevoli sono inoltre Casa Toscani, con un imponente portale rustico appena ingentilito dal balconcino con ringhiera, Palazzo de Fin-Patuna, di sensibilità già rococò, e comunque transalpina, e Palazzo Lottieri, la cui facciata è la ristrutturazione del precedente assetto quattrocentesco».
http://www.borghitalia.it/pg.base.php?id=4&lang=it&cod_borgo=131
«L'origine del Castello si fa risalire agli anni attorno al 1480, allorché il Senato Veneto deliberò «[...] che sopra el monte che è in la terra vicino a lisonzio far si bebba per esser luogo alto e signorizzar, una Rocha ne la qual sia facta lastantia et habitation del Rector nostro, et sotto dicta habitation sia facto in volto, luogo de tegnir le munition et victuarie necessarie [...]». Il nostro territorio uscì allora da anni di scorrerie turche, che avevano seminato panico e distruzione. Fu così necessario creare o fortificare i baluardi di difesa dei possedimenti veneti, e in questo contesto si inserì anche l'innalzamento della cinta muraria della cittadina oltre alle prime costruzioni del castello, che furono gli edifici denominati Palazzo del Capitano in origine a due soli piani, ed Antico Arsenale Veneto. Nel 1511 Gradisca fu conquistata ed annessa all'Impero d'Austria, sotto il cui ambito territoriale rimase fino all'annessione all'Italia, tranne un brevissimo intermezzo francese durante le guerre napoleoniche. Tra il 1521 ed il 1572 si realizzarono poi le mura di cinta della fortezza, con l'unica porta d'accesso preceduta da ponte levatoio sul fossato scavato attorno al colle. Nel 1784 la situazione attestata vede il castello adibito a caserma. Furono per l'occasione costruiti nuovi edifici - una caserma sul lato nord del complesso ed una alla sinistra dell'ingresso denominata La Longa - il Palazzo del Capitano fu innalzato di due piani ed esisteva pure il nucleo originario della Chiesetta intitolata a S. Giuseppe. Dopo il Congresso di Vienna il castello divenne stabilimento di pena austriaco, ed in questa occasione al Palazzo del Capitano si addossò prima un corpo di fabbrica per ottenere delle camere di lavoro per i detenuti e quindi, nel 1835, un ulteriore volume, confrontabile in dimensioni con quello già esistente. Nel 1846 i documenti in possesso dimostrano la realizzazione dell'ingrandimento della Cappella dell'Ergastolo di Gradisca e di altri piccoli volumi. Successivamente, in data imprecisata, furono realizzati gli altri due edifici alla destra dell'ingresso. Nel 1924 si smobilitò il carcere ed iniziarono i lavori di adattamento del complesso a caserma, che rimase operativa fino alla fine della seconda guerra mondiale, dopodiché il castello fu in gran parte abitato dalle famiglie di ufficiali e sottufficiali dell'Esercito. Attualmente il castello è di proprietà del Demanio ma abbandonato a se stesso dal 1984».
http://www.castello-gradisca.htmlplanet.com/
Gradisca d'Isonzo (mura, porte)
«Le Mura di Gradisca d'Isonzo vennero erette nel 1479 dai Veneziani per proteggere la cittadina dagli assalti dei turchi. La fortificazione venne caratterizzata dalle alte mura e da sei torrioni detti: della Campana, di San Giorgio, del Portello, della Spiritata, della Marcella e della Calcina. L'accesso, invece, veniva consentito dalle due grandi porte denominate Porta Nuova e Porta del Soccorso. Il sistema di fortificazione difendeva sia l'antico nucleo urbano sia il Castello al cui interno trovava sede il Palazzo del Capitano. La città "veneziana", alla cui opera di fortificazione lavorò anche Leonardo da Vinci che mise a punto nuove armi e difese a protezione della fortezza, venne nel 1511 conquistata dagli Asburgo. Durante le guerre napoleoniche svolse un importante ruolo difensivo fino al marzo del 1797, quando, dopo accanita resistenza, fu occupata dalle truppe di Bonaparte. Dopo successive alterne occupazioni francesi ed austriache, con il trattato di Vienna del 3 ottobre 1866 (Terza Guerra di Indipendenza), Gradisca d'Isonzo rimase all'Austria per passare poi stabilmente all'Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Passeggiando lungo i resti delle vecchie mura incontrerete i possenti torrioni di difesa, le due porte d'accesso ed il Castello».
http://www.turismofvg.it/rnode/21392
«Già abitata in età romana e forse funzionale al sistema portuale (gradus = scalo, sbocco a mare) di Aquileia, Grado acquistò importanza nel V secolo, quando, trasformata in fortezza (castrum), divenne il rifugio dei vescovi aquileiesi durante le invasioni barbariche. Dagli inizi del VII secolo fu sede di un Patriarcato, soppresso nel 1451 a favore di Venezia. Rinomata sin dal tardo ’800 come stazione balneare e di cure marine, Grado è anche un notevole centro d’arte. All’iniziativa dei vescovi aquileiesi, nei secoli V e VI, si devono gli splendidi monumenti paleocristiani, incastonati come gemme nella pittoresca città vecchia che ricalca l’area trapezoidale del castrum conservandone in parte l’impianto viario (Calle Lunga e Calle Porta Piccola corrispondono rispettivamente al cardo e al principale decumanus della cittadella tardoromana). La toponomastica, di tipo veneziano (campo, campiello, calle), ricorda strutture del sistema difensivo in parte scomparse: Porta Grande, Porta Piccola, Porta Nova, Palazzo, Torre. Sul centrale campo dei Patriarchi si erge maestoso in stile ravennate il Duomo (Basilica di S. Eufemia) (foto in basso a dx), consacrato nel 579 dal vescovo Elia, che completò una preesistente struttura sorta sul sito di una modesta aula ecclesiale risalente al IV-V secolo (mosaico tombale di Petrus e vasca battesimale esagona)».
http://fvg.info/it/guide/grado
«...Si giunge quindi a Lonzano (Lonzàn di Zorùt, Loze), località molto visitata dai friulani poiché ha dato i natali a Pietro Zorutti. Le poche case che sono nel piano costituiscono Lonzano inferiore (m. 79), quello superiore è in alto su di un poggio per raggiungere il quale, isolato fra i coltivi, si può salire lungo una sinuosa stradina dalla quale si gode una splendida vista della piana di Dolegna. I due edifici notevoli che si trovano sono la cappella di San Giacomo (m. 144) e la. ex casa della famiglia Zorutti (casa Frisacco) ove nacque e passò l’infanzia il maggior poeta del Friuli. Una lapide murata su di un lato di quella casa in cima al colle, ricorda che "il 27 dicembre 1792 Pietro Zorutti qui aperse gli occhi alla luce del suo Friuli del quale tutta sentì e ridisse la poesia"...».
http://www.comune.dolegnadelcollio.go.it/La-Storia.2422.0.html
«Monfalcone era città murata fino al 1838. Lo storico monfalconese Filippo Del Ben (1729-1801) attribuisce la costruzione delle mura a Teodorico re degli Ostrogoti, il quale le fece edificare “fortissime et robustissime” nell’anno 493 d.c. Storici maggiormente accreditati narrano invece come Monfalcone fosse circondata da mura solo alla fine del secolo XIII e che le mura fossero state innalzate dai Patriarchi di Aquileia. Quelle i cui resti vediamo tutt’oggi, si fanno risalire al 1526, anno in cui era podestà Giovanni Diedo. La città murata comprendeva un’esigua parte del territorio e la popolazione di Monfalcone abitava per lo più i borghi. Era attraversata completamente da una via, l’attuale via S.Ambrogio. Le chiavi delle porte si conservano ad oggi nel palazzo Municipale. ... CASA PAPAROTTI, FAVORITI E LONZAR. Si tratta di edifici di notevole importanza artistica e storica. Costruiti nel secolo XVII, furono più volte restaurati pur preservando immutate le caratteristiche e lo stile dell’epoca. Appartennero a due nobili e antiche famiglie, i Paparotti e i Favoriti, da cui il loro nome. I rappresentanti maschili di tali famiglie facevano parte di diritto del Minor Consiglio della Magnifica Comunità di Monfalcone. Casa Paparotti è sita in via Cerini, presenta un portale bugnato ad arco su cui s’impostano le mensole di un balcone: Al primo piano, sopra l’architrave sovrastante l’arcale della porta sul balcone, si colloca lo stemma gentilizio del casato. Casa Favoriti, in via Duca d’Aosta è caratterizzata dall’importante abbaino che si apre sulla copertura, al centro della facciata. Casa Lonzar, in Piazza della Repubblica, conformata a corte, con un corpo basso sulla piazza e l’edificio principale parallelo sull’interno:Al centro un elegante corpo ellittico con conci in pietra riecheggia motivi settecenteschi».
http://www.comune.monfalcone.go.it/contenuti/bo_lista_multiple... - http://www.comune.monfalcone.go.it/contenuti/bo_lista_multiple_contenu...
«La Rocca, costruzione fortificata di origine medioevale che si erge sulle alture dirimpetto Monfalcone, è a tutt’oggi considerata il simbolo della città. Fu innalzata dai Patriarchi di Aquileia nel Medioevo sulle rovine di strutture tardo-antiche. Nel 1409 passò ai Conti di Gorizia e nel 1420 a Venezia, a cui rimase fino al 1797. Durante la dominazione veneta venne nuovamente rinforzata ed eletta caposaldo della linea difensiva del confine orientale (soprattutto all'epoca delle incursioni turche). Sono tangibile ricordo dell’epoca veneta il leone di S. Marco in pietra, inserito nel muro del torrione - sull'architrave della porta d'accesso al piano superiore - ed un'iscrizione del 1525, in cui vengono nominati il Luogotenente della Patria del Friuli Agostino de Mula e il Podestà di Monfalcone Giovanni Diedo. Il leone visibile oggi, sostituisce l'originale, andato perso nel tempo: è stato scolpito nel 1957 nel laboratorio veneziano di Romeo dell'Era e donato alla Città di Monfalcone dal Comune di Venezia. In parte distrutta dalla guerra, la Rocca venne restaurata per cura della Soprintendenza tra il 1950 ed il 1955. Dal 30 marzo 1970 è sede del Museo Speleo-Paleontologico, nel quale trovano esposizione oltre diecimila reperti di carattere storico-scientifico. Da una visione esterna, si distingue il mastio a pianta quadrata con lati di 10 metri di lunghezza. Il mastio è circondato da una struttura muraria difensiva di forma circolare (la cinta circolare è formata da tre parti distinte: due paramenti concentrici in blocchi di pietra carsica e riempimento centrale. Vanta uno spessore che s’avvicina ai tre metri e mezzo) a propria volta delimitata dai resti di un castelliere preromano. Tra il mastio e la cinta si trovavano un ballatoio coperto e i locali destinati alla guarnigione, mentre nel cortile furono scavati in epoche diverse due pozzi-cisterna, uno dei quali attingeva ad un serbatoio d’acqua piovana. Il torrione presenta una divisione in tre livelli che ospitano locali angusti al fine di garantire una difesa totale, anche nel caso di esigue milizie. La muratura interna è di pietra calcarea, a secco. Gli elementi in calcestruzzo, corrispondenti al perimetro esterno delle mura, furono realizzati durante la Prima Guerra a rinforzo delle postazioni lì collocato. Attorno corrono i sentieri delle trincee. Dall’alto la vista si estende sulla città, il mare e la pianura, di lato lo sguardo è protetto dai rilievi carsici. Ci si può non accorgere di star dominando l’orizzonte? Questa appunto la funzione della Rocca di Monfalcone. PER RAGGIUNGERE LA ROCCA: dalla piazza centrale di Monfalcone si svolta a destra lungo una strada che termina ai margini dell’ambiente carsico. La via si inerpica rapidamente fino alla cima della collina, posizione in cui si scorgono le mura e tra le pietre, in alto, il leone di S. Marco con il libro del Vangelo aperto, in segno di pace».
http://www.comune.monfalcone.go.it/contenuti/bo_lista_multiple_contenuti.asp?ambiente...
«L'Azienda, dai primi del ‘700 di proprietà della famiglia Codelli, consta di 50 ettari, con il 20% di superficie boschiva a robinia e faggi. La parte principale della proprietà, con una superficie di 30 ettari, si estende lungo la zona collinare che comprende l'insieme delle colline della Vallisella visibili, per chi proviene da Udine, alla sinistra della statale. Circa 13 sono gli ettari vitati. Il centro della proprietà è costituito dalla Villa Codelli, con l’annessa chiesa e il parco, complesso originario della fine del XVI secolo, e da altri fabbricati rurali attualmente dedicati all’ospitalità e alla ristorazione. ... Una torre, alquanto rustica, costruita con materiale grezzo, s'innalza a una certa distanza a sud del palazzo, come a proteggerlo da qualsiasi minaccia proveniente dalla strada. A Giovanni Cobenzl è attribuita la costruzione del nuovo castello che si presenta come una leggiadra villa ai piedi del colle della Vallisella: l'attuale palazzo Codelli. Il palazzo ha perduto il suo aspetto originario attraverso gli adattamenti e i rifacimenti che dovette subire nel corso dei quasi quattro secoli della sua storia. Ai Cobenzl subentrarono i Codelli come proprietari e giurisdicenti di Mossa e di San Lorenzo, allorché Agostino Codelli si guadagnò il titolo di barone col predicato di Fahnenefeld–Sterngreif. Egli era stato il principale sostenitore e artefice dell'arcidiocesi di Gorizia alla quale donò il palazzo della Curia ed un contributo di circa un centinaio di migliaia di fiorini, riservandosi la nomina ereditaria del preposto del capitolo e del parroco di Mossa. I Codelli figurano come giurisdicenti nel 1759 (Celso Macor, nel libro dedicato al Collio)».
http://www.codelli.it/azienda/index.php - http://www.codelli.it/azienda/villa-codelli.php
«Il castello di Rubbia si trova alla confluenza dei fiumi Isonzo e Vipacco, nelle vicinanze di Gorizia, edificato tra i secoli XV e XVI su preesistenze più antiche, come testimoniano le antiche murature neolitiche ancora esistenti. L'assetto dell'edificio pare tuttavia secentesco, perché in seguito alle rovinose Guerre Gradiscane (1615-1618) la fortezza ha subìto importanti interventi, tali da modificarne la costruzione originaria. Nelle Guerre Gradiscane si affrontò l’esercito della Serenissima contro quello delle truppe arciducali asburgiche, capitanate dal barone Adam von Trautmansdorf e dall’apprendista comandante Albrecht Eusebius von Wallenstein, divenuto poi celebre nelle Guerre dei 30 anni (1618-1648). Il nucleo attuale della struttura è a pianta quadrata, con quattro torri angolari: una è antica, una risale al XIII secolo e due sono secentesche. Delle sei torri a base circolare che presidiavano l’antica muraglia difensiva, due sono tuttora in ottime condizioni. Dalla seconda metà del XVI secolo fino alla fine del XVI secolo il castello appartenne alla famiglia dei conti Egg. Nei secoli la proprietà appartenne, di volta in volta, alle famiglie dei conti Torre-Tasso, Edling e Coronini-Kronberg. Nel 1872 il Castello di Rubbia fu proprietà del barone Bianchi di Casalanza, il quale vi operò importanti restauri. Nel 1916, durante la Prima Guerra Mondiale, il maniero fu gravemente danneggiato. Un interessante avvenimento storico sembrerebbe collegare questo castello con il leggendario Riccardo I Cuor di Leone, che al ritorno dalle Crociate, nel 1192, fu catturato sulla costa adriatica dal Duca Leopoldo V d’Austria. L’imperatore romano Enrico VI lo fece così rinchiudere in un castello della Contea di Gorizia che si trovava tra due fiumi. È curioso notare che l’unico castello tra due fiumi nella Contea di Gorizia era proprio il Castello di Rubbia, che si trova vicino alla confluenza del Vipacco nell’Isonzo. È così probabile che il leggendario, Riccardo Cuor di Leone, sia stato rinchiuso proprio nelle prigioni del Castello di Rubbia».
http://www.castellodirubbia.it/new_site/storia.htm
Russiz Superiore (resti di fortificazione)
«Non lontano dal castello [di Spessa] troviamo villa Russiz, costruita dai conti La Tour che introdussero i vitigni francesi in Friuli, e a qualche centinaio di metri c'è la proprietà Russiz Superiore, nata su un antico castello e oggi sede di un'importante cantina».
http://www.discoveritalia.it/itinerariTema/tappaItinerarioTema.asp?Lingua=it&IDtappa=99
«All'apice della stessa altura difesa dal Castello di Trussio, vi è il torrione di Ruttars, una costruzione quadrata citata già nel XII secolo, che conserva i resti di un'antica bastionata, a testimonianza del carattere difensivo di quasi tutti gli insediamenti medioevali del Collio. A Ruttars, la Chiesa dei Santi Vito e Modesto è tutt'ora circondata da una "centa", particolare struttura urbanistica medioevale che prevedeva la costruzione delle abitazioni, senza soluzione di continuità, tutt'attorno alle Chiese, costituendo una sorta di cinta ad ulteriore difesa della Comunità. Interessanti, a Ruttars, i resti di un antico insediamento monsatico».
http://www.tiares.org/ELWEB/pres.htm#Ruttaras
Sagrado (torre di Castelvecchio, villa della Torre Hohenlohe)
«Secondo il Miotti, la torre tuttora visibile a Sagrado vicino al sottopasso ferroviario in località Fornaci, non apparteneva all'antico castello ma faceva parte di un sistema difensivo voluto dai veneziani contro le scorrerie dei turchi. Non vi è dubbio, però, che la denominazione Castelvecchio risale a tempi assai anteriori, probabilmente longobardi, come lascerebbe presumere quel documento del XVI secolo che identifica la località col toponimo Argis, dall'antico "arx" o, se si vuole, da "arimannia". Sagrado rientrava infatti, con Farra e altre località vicine a Cormons, nel novero degli apprestamenti attuati in questo settore dai Longobardi a protezione dei confini orientali».
«Castelnuovo è caratterizzato dalla presenza della suggestiva Villa della Torre Hohenlohe posizionata a dominare le pendici carsiche digradanti verso l'Isonzo in prossimità di Sagrado. Rimane ignoto l'anno della sua costruzione, ma certamente essa va collegata alla dinastia dei conti della Torre Hofer Valsassina, nobili di origine lombarda che a partire dal XIII sec. acquisirono notevole potere politico ed economico nel territorio del Goriziano. La prima data che lega i della Torre a Castelnuovo è il 1566, anno in cui Francesco III, ambasciatore degli Asburgo presso la Serenissima e la Santa Sede, compera i terreni di Sagrado dai nobili Strassoldo che ne erano feudatari. Fu proprio sotto Raimondo della Torre che venne costruita la grande villa chiamata tutt'ora Castelnuovo. Fino al 1849 Sagrado rimase alla famiglia della Torre, poi passò alla famiglia dei principi Hohenlohe Waldenburg in seguito al matrimonio di Teresa della Torre con il principe Egone. Nel 1770 Raimondo IX disegnò l'aspetto architettonico della villa e del parco che acquistarono le forme attuali. La collina fu trasformata in parco e il giardino di fronte alla villa fu terrazzato e organizzato con aiuole geometriche. La villa venne modificata secondo lo stile classico: alla pianta rettangolare allungata corrisponde una facciata simmetrica rispetto ad un asse mediano. Nel giardino sorgevano diversi edifici, alcuni ancora esistenti come il tempietto, dedicato a Valburga, defunta moglie di Raimondo IX della Torre. Nel 1904 tutto il possedimento di Castelnuovo fu acquistato dal poeta triestino Spartaco Muratti. Nello stesso periodo nella barchessa veniva curato un allevamento di cavalli per lo stato austriaco. Nel corso della grande guerra del '15-'18 la villa, al riparo della quota 143, divenne punto di smistamento, ricovero ed ammassamento truppe; vi si insediò pure un posto di medicazione e ancora oggi sulle pareti del salone a piano terra rimangono i graffiti dei militari. La villa e gli edifici circostanti vennero bombardati e tutta la proprietà subì danneggiamenti pesanti tanto da indurre il dr. Muratti a liberarsi della proprietà che fu venduta nel 1920. La ricostruzione avvenne negli anni venti ad opera dei proprietari che qui abitarono successivamente e che cercarono di ridare all'insieme un aspetto molto simile al precedente apportando qualche modifica al parco».
http://www.consorziocastelli.it/icastelli/gorizia/sagrado - http://www.amicidicastelnuovo.it/?sezione=villa&sottosezione=storia
San Floriano del Collio (castello Formentini)
a cura di Marta Tinor
San Floriano del Collio (castello Tacco)
«Del Castello non è dato sapere con certezza le origini, la storiografia locale attribuisce la proprietà ai Dornberg che ebbero nel 1570 la giurisdizione. Con certezza documentale si sa però che nella seconda metà del '600 Carlo Tacco di Cormons, notaio, lo acquistò con le terre annesse. Questo antenato, doveva essere molto ricco e stimato se nello stesso periodo si fece costruire a Cormons un palazzo, tutt’ora esistente, e nel 1699 ottenne il titolo baronale del Sacro Romano Impero (S.R.I.) con il predicato di S. Floriano e l’investitura nella giurisdizione di quel Feudo che era dei Dornberg, nonché l’ampliamento dello stemma con l’inserimento dell’effige del Santo. Alcuni ruderi, riportati recentemente alla luce, confermano l'origine quattro-cinquecentesca del fabbricato: grosse mura in pietra dello spessore di oltre il metro contornano le ex cantine sotterranee del Castello. Anche il “Belvedere” posto a sud del complesso edilizio risale probabilmente al ‘500, mentre una casa colonica tutt’ora appartenente all’Azienda Tacco presenta evidenti tracce seicentesche. Infine le mura di cinta del cortile del Castello, evidenziate nelle vecchie mappe sono certamente da attribuire a tale periodo. Dal 1811 abbiamo a disposizione l’esatta posizione, la forma in pianta e la dimensione del complesso castellano. Esaminando la planimetria del 1812, che appare la più chiara, la sottozona di S. Floriano dove è collocato l’edificio che ci interessa è denominata “Doro” ed indica con precisione la forma irregolare del Castello, che conglobava anche la Cappella segnata con il simbolo della croce; si legge anche chiaramente il perimetro delle mura a sud del maniero, che avevano una altezza di circa tre metri e contenevano il terrapieno sul quale si ergeva il Castello.
A valle delle mura vi era poi una ripida scarpata di oltre cinque metri, ciò costringeva, come era in uso a quei tempi, gli eventuali aggressori a superare in salita un dislivello di otto metri allo scoperto, a tutto vantaggio dei difensori che si trovavano nella parte superiore. Appendice importante di questo sistema difensivo medioevale era la torre di avvistamento circolare posta su un promontorio in prossimità del percorso di accesso al villaggio di San Floriano, che con la visibilità a quasi 360° e ben collegata alla fortificazione principale con tragitto rettilineo indicato che costituiva il principale controllo all'accesso a sud del paese. Al centro di questo complesso, in posizione dominante, stava il Castello con tre torri rettangolari, posizionate ai bordi del corpo centrale, verso ovest, sud ed est. A nord vi era una corte chiusa verso la strada da altri fabbricati. ... Non si è a conoscenza di stampe o disegni di epoche precedenti, che erano frequenti per le opere fortificate, probabilmente vennero distrutte durante la prima guerra mondiale, quando San Floriano fu oggetto di numerosi bombardamenti da parte austriaca in quanto situato in posizione strategica rispetto al fronte dell’Isonzo (Oslavia, Podgora, ecc.). Anche il Castello in quel conflitto subì gravi danni, tanto che non fu più ricostruito, fatta eccezione del recente recupero della cantina della torre ovest. Naturalmente nel corso dei secoli il Castello subì molteplici trasformazioni quando, caduta l'esigenza difensiva, si trasformò in residenza signorile, di sicuro venne aggiunto un corpo verso il cortile interno per collocarvi una scala ed alcuni servizi igienici che culminava con una terrazza dalla quale la vista spaziava sulle colline del collio; venne anche costruita una recinzione verso la nuova strada comunale con un portone in ferro tutt'ora esistente sul quale vi si legge la data: 1907».
http://www.consorziocastelli.it/icastelli/gorizia/documento.2009-06-09.3793789023
«Il Castello di Spessa si trova nella omonima località del comune di Capriva. Bel castelletto posto su un’amena altura, fu costruito nel XIII secolo, sui resti di quello che doveva essere in epoca romana un fortilizio o una struttura di avvistamento, utilizzata anche in epoca longobarda. Appartenne ai nobili Rassuer e per matrimonio passò ai conti della Torre-Valsassina, nei quali, per esso, si ebbe la linea di Spessa. Il conte Luigi vi ospitò dal novembre al dicembre 1773 il famoso Giacomo Casanova, che lascerà memorie dei vini e delle tenute del Conte della Torre. In seguito, parte del castello fu legato per eredita al principe Arcivescovo di Gorizia, che però lo cedette alla propria famiglia. Il maniero andò in rovina e fu ristrutturato nel 1880 dall’architetto triestino Ruggero Berlam. Del castello originale rimasero le cantine, scavate nella roccia e tutt’ora utilizzate. In seguito il Castello di Spessa passò in possesso del patriota triestino conte Salvatore Segré Sartorio. Il castello è oggi sede di una rinomata cantina e distilleria. Seguendo la vocazione della zona, il Collio, sin dall’epoca dei della Torre, le colline circostanti della tenuta erano coltivate a vigneto. Oggi vi ha sede una azienda vitivinicola con etichetta Castello di Spessa. Ai piedi del castello di Spessa, nel luogo ancora oggi detto “Fornasate”, sono venuti alla luce, in recenti campagne di scavo, i resti di una fornace romana attiva dal I secolo a.C. sino al III secolo d.C.».
http://www.viaggioinfriuliveneziagiulia.it/wcms/index.php?id=9168,0,0,1,0,0
«Si trova nell'omonima località, frazione del comune di Dolegna del Collio. Ignota ne è l’origine, come pure quella dei suoi primi Signori. Si suppone che a breve distanza dell’attuale castello esistesse una torre e che questa sia sorta non distante dal posto dove sorgeva una vedetta romana. Fu costruito a mezza costa del monte Ruttars, per cui fu pure conosciuto sotto questo nome, mentre alcuni in “Trusso” fanno vivere la memoria del principe Druso. La prima notizia del maniero risale al 1257, quando fu incendiato da Mainardo conte di Gorizia, in lotta col patriarca Gregorio da Montelongo. Ed era allora suo signore Leonardo di Fratta, che si salvò scampando nell’avito castello di Fratta (nel goriziano). In seguito Ghislardo di Fratta, ne tornò in posseso lo stesso anno, garantito nei suoi diritti dal Patriarca Gregorio. Egli lo ricostruì non molto distante dal precedente. La rocca passò poi agli Spilimbergo e, Gualtierpertoldo II, la donò nel 1279 ai pronipoti Zuccola Spilimbergo, che la acquistarono con altri vari beni. Gislardo di Fratta non aveva rinunciato ai suoi diritti ma decedette intono al 1300, senza essere riuscito a farli valere. Nel 1305 Giovanni di Zuccola Spilimbergo concesse perpetua abitanza al maniero a Andemano di Villessio che poco dopo fu a contesa con i di Castello. Poi quei giurisdicenti combatterono il conte di Gorizia a fianco del patriarca. Trussio fu pure a trovarsi in mezzo alle lotte durante l’invasione in Friuli di Rodolfo IV d’Austria (1361) per cui fu assediato e conquistato dagli Udinesi nel maggio 1365. Il patriarca, affinché gli Spilimbergo, che ne erano stati i padroni, perdessero la speranza di riaverlo lo infeudò subito. Il castello, ebbe pur parte in seguito alla successione sul soglio patriarcale alla morte di Ludovico I dalla Torre (1365). Nel 1366 Corrado di Trussio fu iscritto alla cittadinanza di Cividale ed a quel nobile Consiglio la casa diede vari Provveditori. Nel 1381 Ottobono di Trussio spartì i molti beni della famiglia con il fratello Gabriele. Nel 1385 vennero chiuse nelle sue segrete alcuni villici accusati di ribellione contro il patriarca d'Alenon (1381-1387). Nel 1431 il castello fu distrutto dalle truppe ungheresi che sostenevano lo spodestato Patriarca Ludovico di Tech, in lotta con Venezia. Riedificato, venne nuovamente rovinato durante le lotte tra Venezia e l’Impero (1511). Ancora ricostruito, le odierne torri risalgono a quell’epoca, mentre l’interno è più recente. Il maniero appartenne ancora per alcuni secoli ai Spilimbergo, che vi esercitavano il giudizio per mezzo di un capitano. Ne furono investiti per l’ultima volta nel 1869. Dopo essere stato per anni una riserva di caccia, dove abbondarono lepri, fagiani. Oggi ospita in prestigioso ristorante».
http://www.viaggioinfriuliveneziagiulia.it/wcms/index.php?id=6409,0,0,1,0,0
«I Priuli, nobili veneziani, giunsero a Turriaco nel 1647, allorché Girolamo vi acquistò alcuni campi approfittando delle vendite di beni comunali decretate dalla Serenissima. Il palazzo è citato in un documento dello stesso anno. Nel corso del tempo i Priuli vi apportarono gli ampliamenti e le modifiche dettati dalle esigenze di una villa di campagna. Nel Settecento la villa era affiancata dal giardino con la cosiddetta colombara, dal curtivon con le case per i contadini, le stalle e i granai e dal folador, dove venivano pigiate le uve. Solo la villa e il folador sono rimasti pressocché inalterati fino ad oggi; parco e colombara necessitano di urgenti restauri, mentre il curtivon e i rustici sono in corso di recupero per uso abitativo e pubblico; la casa che si affaccia sulla piazza ospita la nuova sala consiliare, decorata dall’artista bisiaco Ivan Crico».
http://www.prolocoturriaco.it/Il%20Paese/Palazzo_Priuli.htm
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