Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo



    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


5.4.5 L'INFLUENZA

I. STORIA

Non potremo mai sapere in che misura le epidemie influenzali hanno segnato l'umanità più antica. L'influenza è conosciuta fino dall'antichità: forse nel Paleolitico (2 milioni di anni fa) era già presente ma non sono conosciuti il luogo ed il momento in cui l'influenza fece la sua prima apparizione nella storia umana.

Le caratteristiche della malattia fanno supporre, però, che prima della nascita dell’agricoltura, l'influenza fosse rara, al pari di altre malattie infettive. L'abbandono del nomadismo in favore di una vita più stanziale, l'aggregazione in nuclei relativamente numerosi e, soprattutto, l'addomesticamento degli animali hanno creato le condizioni necessarie alla diffusione della malattia. Si pensa che il virus, originariamente confinato ad anatre e maiali, abbia compiuto un salto di specie. Anche oggi, infatti, questi animali giocano un ruolo decisivo.

Le testimonianze a noi pervenute sono veramente scarse anche quando, grazie alla scrittura, abbiamo iniziato a leggere le vicende umane più remote.

Dobbiamo aspettare Ippocrate e il 412 a.C. per la prima descrizione di un'epidemia presumibilmente influenzale. I Greci (nel 430 a.C., nella città di Atene scoppia un'epidemia letale la cui descrizione storica fa pensare ad un'epidemia influenzale) ed i Romani furono colpiti da tipologie sporadiche d'influenza.

    

Un lungo silenzio

Nell'antichità era considerata una punizione mandata dagli dei; nel 700 d.C. un'epidemia (forse) influenzale colpisce le truppe di Carlomanno, fratello di Carlo Magno, in marcia per combattere contro l'imperatore Carlo il Calvo. Poi è solo silenzio: non esiste alcuna prova di pandemie prima del Basso Medioevo.

L’influenza sembra essere stata più virulenta con le temperature più fredde ed il clima più umido che iniziarono in Europa nel XIII secolo.

Il termine “influenza” è stato coniato nel Medioevo per indicare una patologia “influenzata” da eventi particolari, quali congiunzioni astrali sfavorevoli: «Ab occulta coeli influentia» (nel XVI secolo a Firenze) e come tale destinata a contagiare un numero elevato di individui. Generalmente la malattia produce una reazione lieve, ma a volte si sviluppa un ceppo altamente letale. Ciò avvenne nel 1426-1427 quando l’influenza si diffuse attraverso Spagna, Francia, Olanda e le Isole Britanniche. Nell’Inghilterra Occidentale venne raggiunta una mortalità del 5% della popolazione. Ci furono successive epidemie influenzali fino a che si sviluppò un ceppo differente [39].

   

PATOLOGIA

è una malattia di origine virale [40] che colpisce uomo, suino, equino, furetto, mammiferi acquatici e le specie aviarie.

   

Esistono tre diversi tipi di virus, identificati con le lettere A, B e C. Tutti infettano l’uomo; gli animali sono colpiti solo dal tipo A. Il loro ruolo epidemiologico non è tuttavia confrontabile: solo il tipo A può dar luogo a epidemie molto estese (pandemie), il tipo B dà origine ad epidemie locali, mentre il tipo C sembra responsabile di infezioni di scarso rilievo.

Ha un esordio tanto repentino quanto intenso.

Virus dell'influenza al microscopio elettronico

ore di incubazione, poi insorgono i sintomi influenzali: febbre e brividi, affaticamento, bruciore di gola e rinorrea, cefalea. Poi possono seguire peggioramenti con uno stato di debolezza e prostrazione, faringite e tosse, dolori muscolari e articolari.

La guarigione richiede circa 2 settimane. Responsabile di tanta "invadenza" è un  piccolo virus costituito da un filamento di RNA racchiuso in un involucro proteico.

Il Medico e la Morte

L'influenza si trasmette facilmente ma la sua permanenza nell'organismo è, al contrario, piuttosto limitata nel tempo. Il virus dell'influenza non sopravvive a lungo all'aria e non è neppure in grado di riprodursi in modo autonomo. Per generare altri individui, deve necessariamente invadere le cellule di altri organismi, di cui utilizzerà le strutture.

   

5.4.6 dal morbillo alla dissenteria

Molte altre forme morbose, certamente dovute all’azione di microorganismi, specialmente virus e batteri, imperversarono nel Medioevo. Di tali eventi rimangono solo alcune tracce sporadiche e saltuarie, non validamente supportate da testi validi o precise indicazioni mediche.

Tra di esse possiamo ricordare, a titolo esemplificativo, il morbillo e la dissenteria.

   

IL MORBILLO

Il nome italiano risale al Medioevo e nell'italiano volgare significava "piccolo morbo". La prima descrizione del morbillo spetta ai medici arabi che lo denominarono "el hasbet" e lo ritennero una varietà di vaiolo (“il grande morbo”). Dall'Oriente e dall'Africa arrivò in Europa intorno all’VIII secolo e da allora furono descritte numerose epidemie, che non ebbero mai gravi conseguenze.

La malattia era sconosciuta in America: dopo lo sbarco degli Spagnoli, nel 1518, morì l’87% della popolazione degli antichi abitanti del Paese. I primi studi sul morbillo si devono a Thomas Sydenham, medico inglese, che seguì le epidemie di Londra nel 1660 e nel 1664.  

Malattia di caratteri infettivo e contagiosa. Nella maggior parte dei casi a decorso rapido e favorevole, causata da un virus molto piccolo, ad RNA, il Paramixovirus, poco resistente fuori dall'organismo e sensibile agli agenti chimici e a quelli fisici. La trasmissione è per via rinofaringea, con starnuti o tosse; il virus penetra attraverso le vie aeree superiori o la congiuntiva. Dopo un  periodo di incubazione di  9-14 giorni, viene trasmesso dal

 

soggetto malato a quello sano. Rari sono i casi isolati, molto più frequenti le piccole epidemie.

  

LA DISSENTERIA

Appunti storici

Le epidemie di dissenteria erano probabilmente causate agenti batterici (dei quali si ignorava l’esistenza), associate a malattia epatica, probabilmente di origine amebica: nel II secolo d.C., Galeno e Celso descrissero infatti ascessi epatici che erano forse causati da amebiasi ed i lavori di Aretteo, Archigene, Aurelano, e Avicenna, verso la fine del primo millennio, danno buona evidenza di un coinvolgimento della dissenteria con alterazioni epatiche.

Di certo è che le epidemie seguirono le migrazioni, le guerre, le rivoluzioni, la miseria, la denutrizione.

Nel 452 Attila dilagò per l'Italia settentrionale prima che papa Leone I lo inducesse a rivalicare le Alpi. La posizione dell'esercito di Attila si era fatta difficile, per le difficoltà di vettovagliamento e per una gravissima epidemia di dissenteria che gli aveva dimezzato il numero dei soldati. Faceva grande fatica a trovare da mangiare nelle paludi della pianura padana, e bevendo l'acqua sporca si ammalavano quasi tutti.

Nel 589 i Franchi attaccarono in forze e devastarono molte città longobarde: la loro superiorità numerica era soverchiante. Il clima estivo fece sì che l’armata degli invasori, colpita da dissenteria, ritornasse in Francia.

Nei centri urbani d’Inghilterra, nell’alto Medioevo, un bambino su due moriva prima dei cinque anni: di tubercolosi, febbre tifoide, dissenteria, colera e altre forme infettive. Nel basso Medioevo era normale bere tre-quattro litri di vino al giorno, proprio perché l’alcol disinfettava, non potendo mai essere sicuri dell’acqua che si aveva per le mani.

Federico II moriva a causa della dissenteria a Castel Fiorentino presso Torremaggiore (FG), il 13 dicembre 1250, lasciando in eredità i suoi Stati al figlio Corrado IV, già re di Germania, a cui assegnò come luogotenente, per rappresentarlo in Italia, l'altro figlio Manfredi.

Nella Guerra dei Cent’Anni, in Francia, Enrico V d'Inghilterra (1387-1422) perse circa il 15% del proprio esercito a causa di malattie mentre le perdite registrate in battaglia corrispondevano solo al 5%. Nel corso di un assedio, lo stesso Enrico V morì di dissenteria.

Le condizioni igieniche rappresentavano un problema legato allo spostamento degli eserciti da un luogo all'altro. Un esercito medievale portava con sé molti animali, oltre ai cavalli dei cavalieri, e i liquami diffondevano spesso malattie e dissenteria. Accadeva così che un esercito si indebolisse a causa di epidemie e diserzioni.

L’umanità non disponeva di sistemi fognari efficienti e la morte poteva apparire quotidianamente, spesso causata dalla dissenteria ed altre malattie per l’ingestione di acqua non potabile. 

Molti furono i trattamenti (e i suggerimenti) per la cura di ciò che i cronisti dell'epoca chiamarono «flusso dall'intestino», ovvero della dissenteria. Fra di essi si possono ricordare, a titolo esemplificativo: la mirra, l’aglio, l’oppio, il noce, l’uva passa, la serretta, la tormentilla, il verbasco, l’orzo, la maggiorana, il latte medicato, la polvere di carbone di rovere, la noce moscata, l’arsenico e il corallo.

Persino un santo, san Martino, veniva invocato per proteggere dalla dissenteria, oltre che come protezione per erisipela e morso dei serpenti.

 

AGENTI PATOGENI

L’ameba, parassita dell'uomo e di animali, tra cui la sola patogena è Entamoeba histolytica, (fu scoperta solo nel 1873, in Russia, da Friedrich Lösch (conosciuto anche come Fedor Lesh) e le infezioni batteriche, erano tra le cause della dissenteria.

Tali parassiti vengono eliminati con le feci e trasmettono l’infezione attraverso l’acqua o i cibi contaminati. Sembra anche che la concomitanza di infezioni virali influenzi in senso peggiorativo il potere patogeno di tali agenti.

Le mosche possono aver contribuito, raccogliendo sostanze contaminanti dagli escrementi, per esempio, e trasmettendole su cibi o bevande. In questo modo gli esseri umani potevano contrarre malattie debilitanti ed anche letali come febbre tifoide, dissenteria e persino colera.

   

Tra i trattamenti indicati per la dissenteria

La MIRRA (Commiphora Molmol): Di origine araba, è una resina rossiccia. Si hanno tracce del suo uso già 3700 anni fa, quando gli egizi la usavano per le fumigazioni nei riti al Sole, per preparare olii per la cosmesi e la imbalsamazione. Per i Greci aveva potere afrodisiaco e, secondo il mito, Adone, amato da Venere, sarebbe nato proprio da un albero di mirra. Tutti gli antichi testi Sacri citano questa resina: il Corano, i Veda ed i Vangeli. Aveva proprietà antivirale, disinfettante, cicatrizzante, antidepressiva.

L’AGLIO, è uno dei farmaci noti sin dalla preistoria: basti pensare che ne sono state rinvenute tracce in caverne abitate 10 mila fa e che la prima “prescrizione” risale a una tavoletta d'argilla del 3000 a.C., con incisioni cuneiformi, ritrovata nel Sud America. Gli antichi Egizi sono stati tra  i maggiori utilizzatori di aglio, convinti della sua capacità di prevenire le malattie e aumentare la forza e la resistenza fisica: la pianta fu infatti ritrovata nella tomba del faraone Tutankamon. Anche nell'Antica Roma l’aglio fu un rimedio di frequente impiego: il celebre medico Ippocrate lo raccomandava per la cura di infezioni, ferite, lebbra e tumori e anche Plinio lo raccomandava. Nel Medioevo l’aglio era la medicina dei contadini e dei poveri, che lo consumavano in grandi quantità come terapia e prevenzione di tutti i mali.

L’ OPPIO era una sorta di toccasana per molti malanni. Già conosciuto dai Sumeri, e sicuramente utilizzato da Teofrasto nel terzo secolo avanti Cristo levava il dolore, curava la dissenteria, nel caso di affanno respiratorio migliorava il respiro del paziente, calmava la tosse. Grandi estimatori dell’oppio furono i medici arabi, che combattevano così varie forme di dissenteria, altrimenti intrattabili; i commercianti arabi lo fecero conoscere nell’intero oriente. In Europa nel Medioevo, si era sparsa la paura degli effetti tossici dell’oppio e fu il grande chimico Paracelso, a cavallo tra il 1400 e 1500, a renderlo nuovamente popolare.

Durante l'epoca ellenica, il NOCE era consacrato alla divinità Core, "la fanciulla" rapita da Ade e divenuta la dea degli inferi con il nome di Persefone (in latino Proserpina). La medicina ha individuato nelle radici della pianta una sostanza tossica chiamata "juglandina" che danneggia e causa la morte degli alberi che si trovano nelle vicinanze. Per questo motivo il noce cresce in aree isolate. Il suo frutto invece è sempre stato apprezzato per le sue molteplici proprietà, con esso si poteva neutralizzare veleni, con i gusci si curavano denti cariati e con il mallo la dissenteria. 

L’UVA PASSA è uva essiccata al sole; ingerita con i fiocini risulta “costrettiva” ed usata per la dissenteria, mentre “sfiocinata” diventa “lenitiva” per la tosse e per la pulizia dei reni. 

La SERRETTA veniva usata per tingere stoppe di lana ed era ritenuta utile per arrestare dissenteria, vomito, emorragie.

Il rizoma della TORMENTILLA, ricco di tannino, veniva usato, in polvere o macerato nel vino, contro la dissenteria; inoltre veniva usato per le emorragie intestinali e la stimolazione della funzione gastrica.

Il VERBASCO era utile nella cura di bronchite, catarro, dispnea, dissenteria, diarrea, affezioni delle vie urinarie e intestinali.

L’ ORZO veniva utilizzato al pari della MAGGIORANA contro la dissenteria.

Esisteva inoltre un LATTE MEDICATO, lac chalybeatum, prodotto mediante immersione di un cilindro di ferro incandescente o di pietre di marmo. Questo era considerato efficacissimo per la dissenteria. Aggiungendo del rame, diventava portentoso per guarire le piaghe.

La POLVERE di CARBONE di ROVERE veniva utilizzata a scopo terapeutico, fin dai Greci, dai Romani e dai Galli, per combattere la dissenteria e come antidoto al veleno dei serpenti.

La NOCE MOSCATA poteva essere utilizzata contro il comune raffreddore, per un effetto antinfiammatorio ed espettorante, per alleviare nausea, capogiri, dissenteria e flatulenza. 

Composti contenenti ARSENICO erano utilizzati contro l’amebiasi. Nel Medioevo, durante le gravi pestilenze, molte persone  portavano attorno al collo amuleti contenenti arsenico, poiché si pensava che proteggesse dalle infezioni.

Il CORALLO era ritenuto un rimedio per le malattie cutanee, la dissenteria, la gotta, la peste, la  tubercolosi e l'epilessia. Indossarlo fortificava la vista e proteggeva da ogni epidemia. 

   


39  Gli storici della medicina sostengono che occorre attendere gli inizi del 1500 per trovare tracce di un episodio indiscutibilmente influenzale. In una epidemia di influenza nel 1557, morirono in Europa migliaia di persone. Di pochi anni successive, nel 1580, le prime testimonianze di una pandemia.

Pandemia: fenomeno per cui una patologia investe, più o meno contemporaneamente, ampie aree geografiche dell'intero pianeta. Si può immaginare la pandemìa come una particolare forma di epidemia. Al di là degli esempi storici (peste, tifo ecc.), oggi l'esempio più evidente di pandemìa è rappresentato dall’influenza, la quale, con periodicità circa annuale, si presenta in molte parti di più continenti quasi contemporaneamente.

40  I virus influenzali non sono microorganismi geneticamente stabili ma hanno la peculiarità di  modificare frequentemente la loro struttura, sfuggendo in tal modo alle difese immunitarie; questo  spiega la comparsa ogni anno di nuovi ceppi virali.

Due sono i meccanismi attraverso i quali il virus si modifica: a) scambio genico, che avviene in corso  di infezione con più ceppi virali e consiste nel fenomeno per cui due virus diversi si scambiano materiale genetico, dando origine ad un terzo virus, molto diverso da quelli di partenza; b) drift antigenico, evento molto frequente, che consiste in piccole modifiche spontanee del patrimonio genetico del virus, con comparsa di un nuovo ceppo, molto simile a quello originario. 

Virus influenzali di tipo A e B sono stati isolati anche in altri animali, tra cui uccelli e maiali. Secondo le più accreditate ipotesi sarebbero proprio gli uccelli i serbatoi del virus umano, in particolare le anatre che popolano la Cina meridionale. Nella regione i contadini, dediti alla coltivazione del riso, per ottimizzare la produzione impiegano i palmipedi per estirpare le erbacce e allontanare il pericolo insetti. Un vero esempio di agricoltura biologica, ma anche un metodo infallibile per promuovere pericolosi salti di specie. Infatti, il virus che colpisce gli uccelli non può infettare l'uomo; ma è sufficiente un organismo compatibile ad entrambe le specie, il maiale, per provocare il danno. Le anatre, più grande serbatoio naturale di virus influenzali di tipo A, diffondono il microrganismo nell'ambiente attraverso le feci; questi attaccano i maiali della stessa fattoria. La debolezza delle difese immunitarie dei mammiferi favorisce la presenza dei virus nel loro organismo per lunghi periodi e le conseguenti mutazioni genetiche. Dal maiale all'uomo il passo è poi breve. 

I virus influenzali penetrano nell’organismo aderendo alla trachea (siti recettoriali). I siti di adesione dell’uomo sono diversi da quelli dei volatili: ne consegue che, normalmente, i virus che colpiscono l’uomo non infettano i volatili e viceversa. Una volta entrato nell’organismo animale il virus determina la malattia che evolve in base alla patogenicità dello stesso. Il virus non resiste al trattamento termico e quindi la cottura risana carni eventualmente contaminate. I virus di origine aviaria possono scambiare parti di patrimonio genetico con i virus influenzali che normalmente circolano nella popolazione umana, dando quindi origine a nuovi ceppi virali del tutto sconosciuti al patrimonio immunitario dell’uomo e quindi potenzialmente molto pericolosi, quali geni provenienti da virus umani, che li rendono quindi facilmente trasmissibili da persona a persona. Precauzione è non entrare in contatto con gli animali (pollame e suini), evitando quindi le zone rurali ed i mercati dove sono commercializzati animali vivi.

   

   

   

©2006 Raimondo G. Russo

         


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