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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 1 |
Il turista che arriva a Mosca di solito sbarca dall’aereo nell’aeroporto internazionale Sceremetevo 2 e con autobus o taxi si avvia verso la città lungo uno dei “raggi” che portano al Cremlino. Se è diretto verso un albergo del centro imboccherà di solito, dopo qualche chilometro dal comune di Khimki, l’ex Via Gorkii – oggi Via di Tver’ (Tver’skàja ùliza in russo) – passando di fronte alla sede del Municipio. Abbia
ora l’attenzione di guardare sulla sua sinistra e vedrà la statua equestre
del fondatore della città: Giorgio Lungamano (in russo Jurii Dolgorukii). Il
monumento è opera degli scultori Orlov, Andropov e Sc’tamm su progetto
dell’architetto Andriejev e fu inaugurato nel 1954 in occasione dell’ottavo
centenario della fondazione della città. Un bel po’ d’anni fa…
Due immagini del monumento a Jurii Dolgorukii Se
poi il nostro turista è più curioso e informato del solito, si chiederà
senz’altro come mai questa immensa città sia stata fondata proprio qui,
apparentemente lontana dalle grandi vie di comunicazioni tradizionali come i
grandi fiumi russi, e perché sia diventata la capitale di uno dei più grandi
imperi del mondo. Per
quanto ci riguarda, noi ci siamo posti proprio il primo interrogativo e abbiamo
cercato la risposta in questa nostra ricerca (scusateci l’ardire). Avremmo
potuto cominciare subito con le parole: «Nel
1147 si ha la prima menzione nelle Cronache dei Tempi Passati della città di
Mosca come il nome di un villaggio fondato lungo il fiume Moscova nelle zone
delle foreste di Mescerà, di Mosca e di Brynsk (oggi Brjansk)…», Ma,
se avessimo così fatto, avremmo trascurato di raccontare tutta una serie di
circostanze misteriose e complicate, vissute da un personaggio ancor più
complicato e sfortunato come fu Andrei Jurievic’ (in russo: Andrea figlio di
Giorgio) detto Bogoljubskii, che, secondo noi, costituiscono gli antefatti
dell’origine del potere “moscovita” che ancora oggi pesa su milioni di
uomini e fa parte, e grandissima, della nostra storia europea e universale. Dove
rivolgerci? Naturalmente ai documenti scritti…
La
nostra fonte principale di storia russa antica sono le Cronache dei Tempi
Passati (che abbrevieremo ogni volta che potremo con la sigla CTP), scritte
da monaci amanuensi, nelle varie edizioni e redazioni a noi pervenute
successivamente. Vediamo
un momento come si arrivò alla compilazione di queste Cronache. Verso
la fine del X secolo d.C. era arrivato nella Terra Russa il cristianesimo e, con
esso, la scrittura.
Fino
a quel momento le gesta degli eroi del passato, sempre un po’ gonfiate per far
piacere al signore che pagava chi le raccontava, erano state cantate dai bardi
di corte (in russo pevzì, di solito ciechi, perché si pensava che solo
chi non vede può immaginare il passato che non c’è più e farlo più grande,
per la gioia degli ascoltatori) ed era l’unica storia che si tramandava,
oralmente. Ora che la scrittura su supporto di pergamena e l’arte di concepire
la storia in modo cronachistico era arrivata nella Terra Russa, si cominciò a
scrivere, ancora per esaltare e tramandare le gesta del principe e dei suoi
parenti in tutte le possibili occasioni, ma anche per il piacere della lettura,
cantilenata ad alta voce nelle corti (non c’erano altri divertimenti allora!)
e non solo dei principi, ma anche dei signorotti locali che potevano permettersi
di mantenere un monaco-bardo che esaltasse le loro imprese condotte per il
“bene” dei propri sudditi. Seguendo la falsariga delle Cronache bizantine di Giorgio Amartolo, verso il XII secolo, la prima redazione della CTP fu affidata ad un non ben identificato monaco del Monastero delle Grotte, vicino a Kiev, di nome Nicone. Successivamente un suo collega, Nestore, continuò l’opera e la portò all’acme della perfezione storiografica di quei tempi. Nel 1116 però Vladimiro Monomaco, che incontreremo più in là, in seguito ad una lite con quel monastero, affidò l’incarico di stendere una nuova redazione (un aggiornamento) delle Cronache, chiamate ora “di Nestore”, ad un monaco di sua fiducia, Silvestro, ma del convento di Vydubizkii. Quest’ultimo compilò e integrò così una “seconda” edizione dei vecchi scritti, alla quale ne seguirono poi altre che si collegavano alle varie redazioni che si stilavano nei diversi principati russi, sempre sul modello di quella originale di Kiev. Purtroppo, a dispetto della parziale resistenza al fuoco della pergamena, gran parte delle cronache russe scritte su questo materiale sono andate distrutte nei vari incendi e saccheggi nel corso dei secoli successivi, e dunque oggi ci dobbiamo accontentare dei resti, delle copie e delle riedizioni, con tutti i rischi che ne conseguono per la presenza di errori, correzioni, inserimenti non dovuti, rifacimenti e frammentarietà. Il
periodo che a noi interessa investigare è il XII secolo, quando appunto viene
fondata Mosca e viene posto il seme allo sviluppo della nuova nazione panrussa
che culminerà nel Gran Principato di Moscovia
del XV secolo, come la chiameranno
i visitatori europei occidentali del tempo. Per questo motivo, una volta capito
lo spirito politico e religioso col quale queste cronache furono compilate,
abbiamo dovuto destreggiarci a leggere e interpretare i vari articoli della CTP
che abbiamo fatto passare davanti ai nostri occhi.
Vladimiro Monomaco La
CTP (edizione Ipatèvskaja), ci racconta dunque che nel 1146 Svjatoslav
figlio di Oleg fu cacciato da Kiev e si rivolse per aiuto a Giorgio Lungamano
figlio di Vladimiro Monomaco, e questi rispose all’appello testualmente: «…vieni da me, fratello, a Moscov (Mosca)!», e così nell’aprile del
1147 Svjatoslav col figlio Vladimiro e il seguito dei suoi boiari e inservienti
arrivarono in questo villaggio e furono accolti con un grandioso banchetto
dall’ospite parente. Come
tutte le grandi città però, anche per Mosca la tradizione locale ha costruito
una versione più favoleggiante sulla sua origine (anche se lo storico Karamzìn
ammette che quest’ultima versione potrebbe essere quella vera!) e nel passo
della CTP chiamato Racconti sulle origini di Mosca e come essa fu fondata
si narra come il principe Giorgio Lungamano, mentre si recava da Kiev a
Vladimir, si fermò a riposare lungo il fiume Moscova. Qui notò i bei villaggi
fiorenti che sorgevano nelle radure ricavate dalla foresta e s’informò a chi
appartenessero. Gli fu riferito che il bojaro Stefano Kuc’ka (o Kuc’ko)
figlio di Giovanni, Capo dei Mille di Rostov (tysjàzkii), era il
proprietario di quei villaggi e di quelle terre. Purtroppo questo bojaro si
rifiutò persino di omaggiare il principe che di lì passava e, per la grave
offesa, fu da questi immediatamente giustiziato (le Cronache dicono che Giorgio
lo uccise con le sue mani) e le sue terre confiscate. Giorgio
rimase tuttavia talmente incantato dal luogo, che comandò di costruire proprio
qui un villaggio tutto per lui che rimanesse in seguito come suo personale
appannaggio, quasi un posto privato per le vacanze. Prese poi come ostaggi nel
suo seguito i due figli maschi del defunto Kuc’ko, mentre la figlia Ulita
(Giulietta) fu data in moglie a suo figlio Andrea. In seguito però (come
vedremo) la legge della vendetta di sangue prevalse e i figli di Kuc’ko si
vendicarono della morte del padre in una congiura ai danni proprio di Andrea… Altre
leggende elaborate successivamente (nel XVI secolo?) raccontano di amori
incestuosi dei due figli di Stefano Kuc’ko con la propria sorella Ulita, dove
però non si nomina il nostro Andrea, ma Daniele figlio di Alessandro, principe
di Suzdal’ e vissuto molto dopo, ma sono dicerie che tralasciamo… Quel
che ci preme sottolineare è che Mosca, nel ricordo popolare, nasce come un
semplice villaggio che prende il nome dal fiume che lo lambisce (in russo Mosca
e Moscova sono la stessa parola: Moskvà), e dove si ricorda che la prima
costruzione in questo villaggio è appunto il “castello” del bojaro Kuc’ko,
sfortunato proprietario delle terre tutt’intorno. Un
villaggio però resta un villaggio se il caso o la volontà degli uomini non
decide altrimenti, ad esempio, di elevarlo al rango di città, e infatti
successivamente nel 1156 Mosca è ancora ricordata nelle note alla CTP (edizione
di Tver’) con le parole: «Anno 6664 (1156 d.C.). Il principe Giorgio
figlio di Vladimiro (Monomaco) ha fondato il forte-città (gorod
in russo)
Mosca alla confluenza della Neglinnaja nel fiume Jauzà (altro
fiume che confluisce nella Moscova)». A quel che sembra, qui si dice
che qualche anno dopo, Giorgio Lungamano aveva deciso che questo villaggio,
oltre che luogo di vacanza, potesse essergli strategicamente utile, come
stazione fortificata intermedia sulla strada da Cernigov per Suzdal e Rostov
(direzione sud-est) e su quella da Novgorod a Rjàzan’ (direzione nord-sud), e
lo trasforma perciò da semplice villaggio in un vero forte-città, ben
guarnito. Il
luogo di cui si parla nella CTP è naturalmente quello dove sorge il primo
nucleo del Cremlino moscovita d’oggi che racchiude più o meno la collina
Borovizkii, davanti alla quale da sempre s’incontravano le due strade da noi
appena menzionate. Queste strade erano allora chiamate strade alte (gòrnye
putì), poichè “scendevano” entrambe verso la pianura moscovita, che si
trova a livello più basso. Tuttavia – ricordiamolo ancora –
solo verso la fine del XIII secolo Mosca diventerà la capitale di un territorio
tutto suo e sarà affidata ad un principe della discendenza di Giorgio Lungamano,
e nel XIV secolo la città si svilupperà fino a diventare una capitale
importante, fagocitando tutte le altre realtà politiche intorno, di cultura
russa e non.
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©2003 Aldo C. Marturano