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             MEDIOEVO RUSSO

a cura di Aldo C. Marturano, pag. 2


 

      

I santi Vladimiro e Olga

La nonna di Vladimiro il Santo e gran principe di Kiev, Olga la Santa, alla fine del X secolo aveva cercato in tutti i modi di unificare nelle sue mani e in quelle dei suoi discendenti le Terre Russe in un unico stato, la Rus’ di Kiev. Non c’era riuscita completamente ed anzi suo figlio Svjatoslav si era disinteressato quasi completamente di un tale progetto di unità e così l’eredità del progetto di Olga era stata passata a suo nipote Vladimiro.

Lo Stato di Vladimiro era stato organizzato così: Novgorod prima di tutte, ma anche le altre città russe fino alla lontana Tmutorokan sul Mare di Azov, riconoscevano la supremazia di Kiev, sia militare che politica, specialmente nelle trattative internazionali. 

Kiev si prendeva gli oneri e gli onori di proteggere militarmente l’economia delle Terre Russe, difendendo e mantenendo sicure tutte le vie attraverso le quali fluiva il commercio da Nord a Sud e viceversa.

A Kiev per questi suoi servizi veniva riconosciuto un tributo annuo che ogni città doveva pagare secondo le proprie ricchezze nelle mani di un rappresentante di Kiev, il namestnik, nominato dal Gran Principe di Kiev che risiedeva o nella città “soggetta al tributo” o nelle vicinanze di essa (e questo era il caso più comune), al riparo dalla folla e dalle sommosse.

Le grandi città a nord di Kiev (ricordiamo che al tempo Mosca era ancora un villaggio senza nome e di nessun conto) continuavano però a mantenere il loro ordinamento che a Novgorod e nelle sue colonie (e quindi anche a Polozk) consisteva in una società molto democratica (ovviamente per le idee politiche del XII secolo!) in cui tutte le decisioni per il benessere dei cittadini erano prese da un’assemblea generale composta da tutti i residenti liberi, la cosiddetta Vece.

Il namestnik di Kiev qui nelle Terre novgorodesi, obbligato ad abitare fuori dalla città a lui competente come abbiamo detto, quando si insediava doveva giurare su un patto fatto con la vece della città stessa, in cui ogni suo atto politico o giudiziale non poteva che essere fatto col consenso del capo eletto della vece: il locale posadnik. Se il principe trasgrediva, la vece aveva il diritto di «mostrargli la via (del ritorno al luogo di provenienza)» come si diceva nel linguaggio giuridico di quel tempo: in breve il namestnik veniva destituito e privato del suo appannaggio e se ne doveva tornare a casa, a Kiev.

Il compito principale del principe era quello di raccogliere il tributo dovuto e di curare che questo arrivasse a Kiev, dopo essere stato decurtato del mantenimento del principe stesso e della sua famiglia e della chiesa locale. Doveva inoltre addestrare i giovani alle armi e mantenerli in efficienza militare. Aveva un piccolo esercito personale permanente costituito dalla cosiddetta druzhina, specie di consorteria militare più o meno imparentata con lui.

Negli anni che noi stiamo visitando Vladimiro è ormai morto, ma prima di morire era ricorso ad un geniale escamotage suggerito dalla genialità bizantina per riuscire a governare dal di dentro le città del nord. Aveva capito che le idee del Cristianesimo non erano solo idee religiose, ma erano anche un sistema ideologico definito e provato dalla millenaria esperienza del vasto impero di Roma. Lo aveva visto lui stesso con i suoi occhi, quando era stato fuggiasco in Scandinavia, come la consacrazione del signore locale da parte del vescovo cristiano riusciva a rendere legittimo il potere di costui di fronte a tutti i sudditi con grandissima efficacia. Per questa ragione Vladimiro capisce che la chiesa governa le anime, ma aiuta anche a far governare i corpi.

Una volta avuto tutto questo chiaro in mente Vladimiro abbandona i suoi vecchi dèi pagani, rinuncia alle più di ottocento mogli che aveva sparse un po’ dappertutto e si sposa con una principessa bizantina, Anna. Contemporaneamente si battezza e fa battezzare  tutti i kieviani,  salvo stranieri ed ebrei, e dichiara il Cristianesimo religione unica e ufficiale delle Terre Russe.

Vladimiro il Santo

Comincia poi a costruire chiese su chiese, ad imporre a tutti i sudditi la venerazione dei suoi parenti morti e specialmente della sua cara nonna Olga, la cui tomba viene subito messa in bella mostra nella grandiosa Chiesa della Decima a Kiev.

Insegna poi ai suoi figli che per governare è necessario che la gente si lasci governare senza ribellarsi anzi facendo ideale di vita suo proprio il sistema di governo e, visto che Dio protegge il governante e il governato quando queste due parti sono in pace fra di loro, il patto fra principe e Dio va rinnovato ogni volta che si può tramite opere pie come l’elemosina, la giusta sentenza, il ben comportarsi etc., ma soprattutto con cerimonie imponenti e spettacolari perché il popolo pagano deve essere conquistato impressionandolo con lo spettacolo.

E questo Vladimiro lo aveva fatto. Aveva stabilito che la decima parte dei proventi che entravano nelle sue casse andasse alla sua Chiesa Cristiana e ai ministri di questa, e non solo... Dice la CTP: «...nell’anno 6498 (990 d. C.) Vladimiro divise le Terre Russe fra i 12 principi suoi figli: per primo pose nel grande principato di Novgorod il più anziano Vysceslav, a Polozk Izjaslav ... mandò con loro anche i preti, dicendo ai suoi figli, che ciascuno nel proprio territorio comandasse di insegnare (la fede di Cristo) e di battezzare le persone vive e costruire chiese: E così fu fatto!».

Questo fu il programma assegnato ai suoi namestniki: dei soldi che ricevete, la decima va al mantenimento della chiesa, perché solo la presenza di questa vi può legittimare e garantire la vostra posizione attuale.

Tuttavia se a Kiev il principe riesce ad essere un capo assoluto delle istituzioni perchè manovra la vece a suo piacimento e la chiesa dipende economicamente da lui, a Novgorod o nel resto del nord la situazione è diversa. Qui i boiari e i mercanti sono i più potenti e solo la moda del tempo convince il nord che la presenza di una bella cattedrale nel centro della città all’interno della cerchia del Cremlino costituisce un lustro ed un orgoglio per le città stesse. Oltre non si andò! Il principe rimane fuori del Cremlino e qui a Polozk risiede sull’altra riva della Dvina in un luogo chiamato Belciza.

        

     

    

©2003 Aldo C. Marturano

     


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