MEDIOEVO TEMPLARE |
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a cura di Vito Ricci |
di Vito Ricci
I Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone («Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis»), ordine monastico-cavalleresco fondato in Terra Santa nel 1118 (o 1119) da Hugues de Payns (o Payens), nobile dello Champagne imparentato con i conti di Troyes, o da Ugo de’ Pagani1, nobile dell’Italia meridionale originario di Nocera Inferiore, assieme ad altri otto cavalieri con lo scopo di proteggere i pellegrini, già dopo alcuni decenni dalla fondazione era presente in diverse regioni europee, tra cui la Penisola italiana.
Non si conosce con precisione quando l’Ordine
del Tempio cominciò ad insediarsi nella nostra penisola: alcuni studiosi
ritengono che il primo insediamento italiano fu a Messina nel 1131, altri
nel 1138 a Roma presso S. Maria dell’Aventino, altri ancora a Milano a S.
Maria del Tempio nel 1134. Dall’esame dei regesti diplomatici2
tuttavia emerge che nel 1130 la città di Ivrea assegnò
ai cavalieri rossocrociati la chiesa di S. Nazario. Quindi sicuramente dopo
il 1130, a circa dodici anni dalla costituzione, l’Ordine era già attivo
in Italia. La prima testimonianza scritta che attesta la presenza dei
Cavalieri nel regno di Sicilia risale al 1143 in una cronaca di Amando,
diacono di Trani, che annota la partecipazione dei Templari ad una cerimonia
religiosa.
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente.
La causa dell’espansione dei Templari in Italia è da ricondurre
a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di
adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese
(Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l’imbarco
verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché
per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni
templari in Outremer. L’espansione dell’Ordine (tra la seconda metà del
XII secolo e la fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in
primo luogo le località costiere per poi procedere verso l’entroterra.
Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno
150 insediamenti appartenenti all’Ordine del Tempio, di questi meno di un
terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola. La maggiore
concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di
Puglia ove, tra l’altro, aveva sede, presso S. Maria Maddalena a Barletta,
il Maestro Provinciale da cui dipendevano tutte le case del Regno di
Sicilia. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia
“precettorie” o “mansioni” a seconda della loro importanza, mentre
in Francia prendevano il nome di “Commanderies”. Anche in Puglia
l’espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra
esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a
penetrare all’interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle
fertili pianure della Capitanata nell’entroterra garganico e della Murgia
in Terra di Bari.
I
cavalieri templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle
dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi
ospizi per l’accoglienza dei pellegrini. Grazie all’intervento dei
pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o
temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di
un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese,
anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è
soprattutto grazie alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio
templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le
domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae,
con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite
nell’ambito delle mansiones,
composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una
stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di
transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi
che percorrevano l’Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta
grazie a domus con annessi degli hospitales.
Caratteristica comune a
tutti gli insediamenti urbani è la loro collocazione al di fuori della
cinta muraria. Le precettorie a volte erano delle vere e proprie fortezze
difese da torri e alte mura. Si trattava di complessi autosufficienti che
comprendevano di norma: una cappella (in alcuni casi vi era una cappella ad
uso esclusivo dei fratres ed un’altra aperta al pubblico), le scuderie, la
selleria, le fucine, l’armeria, il mulino, la cantina, il forno, i
depositi per conservare le derrate alimentari, l’infermeria e
l’ospitale, il cimitero e il vivarium (pescheria) ove si
allevavano pesci, molto consumati dai Templari durante i periodi di
astinenza dalle carni precedenti il Natale e la Pasqua.
Nelle zone interne della
Puglia sorgevano grandi casali e masserie appartenenti al Tempio con
notevoli estensioni terriere che prendevano il nome di grancie o grangie.
Spesso le terre venivano affidate a dei concessionari (conductores)
che provvedevano a lavorarla dietro il pagamento di un canone d’affitto,
mentre nelle comunità più numerose erano gli stessi cavalieri a dedicarsi
all’attività agricola. Le colture più diffuse erano il frumento
(soprattutto in Capitanata) e l’olivo (nella
Terra di Bari particolarmente rinomati erano le
olive e l’olio della mansione di Molfetta, come risulta da alcuni atti
dell’epoca); non mancavano la vite, diffusa un po’ ovunque nella
regione, e i legumi. Accanto alla coltivazione della terra era diffuso anche
l’allevamento del bestiame: da carne, da latte e da lana. La Murgia
offriva ricchi pascoli alle cospicue mandrie di buoi e bufali appartenenti
al Tempio. La produzione agricola era destinata al consumo interno delle
domus pugliesi; le eccedenze venivano vendute e una parte del
ricavato era versato nelle casse della Sede Centrale sotto forma di responsiones.
Nella seconda metà del XII secolo i cereali e i legumi pugliesi erano inviati
agli insediamenti in Siria i quali, perdendo terreno a vantaggio dei
Musulmani, divenivano sempre più dipendenti dall’Occidente per quanto
riguardava i rifornimenti.
Con la fine delle Crociate e
la disfatta dei regni latini in Terra Santa venne meno la finalità
istitutiva dell’Ordine templare, ovvero la protezione dei pellegrini e la
lotta agli infedeli. Tornati in Europa, i Milites Christi, che nel frattempo
avevano accumulato un immenso patrimonio fondiario e godevano di notevoli
benefici e privilegi accordati loro nel corso del tempo dalla Chiesa,
cominciarono a dedicarsi ad attività amministrative e finanziarie,
prestando somme di denaro considerevoli a sovrani e pontefici: a loro si
deve l’invenzione della lettera di credito che facilitava il movimento dei
capitali da una nazione all’altra. Nel giro di breve tempo l’Ordine dei
monaci-guerrieri diventò una potenza politica ed economica tale da
suscitare le invidie sia dei laici che degli ecclesiastici. Sarà proprio il
potere accumulato dai Templari a determinare la persecuzione dei cavalieri
da parte del re di Francia Filippo IV detto il Bello, bramoso di mettere
mano sul tesoro templare, e la soppressione dell’Ordine decisa dal
pontefice Clemente V (1312) con la bolla Vox clamantis in excelso durante il concilio di
Vienne.
Papa Clemente V
La struttura amministrativa
dell’Ordine era articolata su un sistema a tre livelli tale da consentire
un’amministrazione centralizzata e, al contempo, efficiente. Il livello più
periferico e decentrato era costituito dalla Precettoria (Commanderie in
Francia) o Convento o Commenda, a un livello intermedio vi era la Provincia,
mentre la Sede Centrale dell’Ordine (prima in Terra Santa e poi nel
quartiere del Tempio a Parigi dopo la perdita dei territori d'Oltremare)
rappresentava il vertice della struttura.
L’unità
di base dell’amministrazione era la Commenda, la cui creazione in una data
zona era subordinata al possesso di proprietà da parte dei Templari in
grado di consentirne l’esistenza e il mantenimento dei cavalieri. Ogni
casa era retta da un ufficiale chiamato Commendatore (Commandeur in
francese), Precettore o Priore (Praeceptor e Prior in latino), se era un
Cavaliere (o in alcuni casi un soldato), o Abate (in latino Abbas) se
apparteneva alla classe dei Canonici, che aveva la responsabilità
amministrativa dei beni della domus ed era anche il superiore della comunità;
spesso i precettori erano coadiuvati da un claviger o camerarius; inoltre,
secondo i costumieri templari, il superiore del convento era tenuto a
consultare i confratelli: ogni settimana si teneva regolarmente un
capitolo se i membri della comunità erano più di quattro. Tali
assemblee svolgevano anche funzioni giudiziarie e potevano infliggere
sanzioni disciplinari.
Le
precettorie erano raggruppate costituendo le Province anche se, talvolta,
nell’ambito provinciale vi erano ufficiali intermedi con autorità su un
complesso di conventi. Le province in genere coincidevano con i regni e i
principati. Al vertice di ciascuna Provincia vi era un Maestro Provinciale o
Gran Precettore che nominava i superiori dei conventi e, nelle province
occidentali, riceveva una parte delle rendite delle commanderie. I Maestri
Provinciali erano nominati dalla Sede Centrale e svolgevano compiti
essenzialmente amministrativi come autorizzare o ratificare la stipula degli
atti di compravendita, ricevere donazioni, effettuare permute, intervenire
presso l’autorità pontificia o il potere politico per la soluzione di
questioni giuridiche, intervenire nella soluzione delle controversie tra le
domus templari o tra queste e altri Enti religiosi o ecclesiastici,
presiedere alla cerimonia di ricezione nell’ordine dei postulanti; con
frequenza annuale si tenevano dei capitoli provinciali a cui prendevano
parte i superiori dei conventi durante i quali si discutevano i problemi
della Provincia e lo stato delle singole mansioni. Il Magister si faceva
aiutare nel governo della Provincia da vicari, procuratores, missi e nunzi. Il controllo
da parte delle autorità centrali sulle Province avveniva mediante visite
canoniche, con l’invio di un ufficiale, detto Visitatore,
in una o più sedi provinciali.
La
direzione dell’Ordine, presso la Sede Centrale, spettava a un Gran Maestro
eletto da una commissione di tredici fratres. Dalla fondazione (1118)
all’arresto dei cavalieri (1307) si sono succeduti ventitré Gran Maestri,
da Hugues de Payns (il primo) a Jacques de Molay (l’ultimo). Come tutti
gli altri superiori anche il Gran Maestro era tenuto a consultare gli
ufficiali principali dell’Ordine riuniti in un Convento Centrale. Altro
organo di governo era il Capitolo Generale costituito dai confratelli
indicati dalle province. Probabilmente tale assemblea generale
dell’Ordine si riuniva una volta l’anno, nominava gli ufficiali più
importanti e si ritiene che emanasse le modifiche alla Regola.
Per quanto riguarda la penisola italiana, essa era divisa in due unità amministrativo-territoriali: la parte centro-settentrionale e la Sardegna, detta provincia d’Italia o di Lombardia, e la parte meridionale, detta provincia di Apulia, che comprendeva tutto il regno di Sicilia, anche se alcuni storici ritengono che la Sicilia potesse costituire una provincia autonoma. Sino alla morte di Federico II, la Sicilia-Calabria ebbe una propria autonomia amministrativa e propri Maestri. A partire da Manfredi e sino a Carlo I d’Angiò le domus del regno di Sicilia furono rette da un unico Gran Precettore di Apulia-Sicilia.
Sicuramente, con la guerra del Vespro (1282) e con il passaggio della Sicilia agli Aragonesi (1302) l’isola cessò di dipendere dalla provincia di Apulia e il centro amministrativo dell’Ordine divenne Messina. Ciascuna provincia era retta da un Gran Precettore che aveva la propria dimora presso la casa madre della provincia. A S. Maria dell’Aventino (Roma) risiedevano i Maestri Provinciali della Lombardia, anche se, nel corso del tempo, questa domus perse d’importanza a vantaggio di quelle di Bologna e Piacenza; mentre a S. Maria Maddalena (Barletta) aveva la residenza il Gran Precettore dell’Apulia. Al di sopra dei Maestri Provinciali vi era un ufficiale responsabile per tutta la penisola chiamato Magister Totius Italiae.
Come già
detto, a volte esistevano funzionari di rango intermedio con giurisdizione
su un insieme di conventi che non costituivano una provincia. In Italia
queste unità territoriali più circoscritte erano: Ducato di Puglia, Terra
di Lavoro, Terra di Roma, Patrimonio del Beato Pietro in Tuscia, Ducato di
Spoleto, Marca Anconitana e Marca Trevigiana. Nella provincia settentrionale
i Gran Precettori, in particolare, e gli alti funzionari, in generale,
provenivano dalla nobiltà locale; nel Regno di Sicilia c’era la
prevalenza dei francesi, soprattutto dopo l’avvento della casa d’Angiò
sul trono del regno di Napoli. Due Maestri delle province meridionali divennero Gran Maestri dell’Ordine: Armand de
Peragors (1232-44) che fu Magister della Sicilia-Calabria nel 1229, e
Guillaume de Beaujeu (1273-91), Magister Apuliae nel 1271.
La
comunità-tipo della domus templare italiana era di solito molto ristretta
ed era guidata da un Praeceptor o Prior, più raramente da un
Magister e/o
Minister. Il Precettore attuava le disposizioni impartite dal Magister
Provinciale e amministrava il patrimonio della domus. Presso le comunità più
importanti il Precettore era affiancato da missi,
priores e yconomi.
Nei primi anni di vita dell’Ordine non esisteva distinzione di classi tra i Templari e il termine miles era usato come sinonimo di frater; i chierici erano ammessi come cappellani. Successivamente i membri laici vennero divisi in due classi distinte: i milites (cavalieri) e i servientes (soldati). I milites avevano ascendenza aristocratica, sovente si trattava dei figli cadetti dediti alla cavalleria secondo gli usi medievali; mentre per diventare servientes era sufficiente essere uomini liberi. All’interno del gruppo dei servientes si distinguevano i frère des mestiers, che di solito non partecipavano ai combattimenti, e si dedicavano ai lavori all’interno della mansione; e i servientes-rustici che erano di origine contadina e svolgevano mansioni bracciantili all’interno delle comunità templari, consentendo all’Ordine di coltivare e migliorare le proprie terre.
La presenza dei servientes-rustici era collegata all’estensione del patrimonio da coltivare e alle colture praticate e fra le domus con il maggior numero di tali serventi vi erano quelle della Capitanata; i servientes erano fratelli combattenti, distinti dai cavalieri per abito ed equipaggiamento. I cavalieri vestivano di bianco e portavano la croce patente rossa, i servientes indossavano abiti scuri. Nel governo dell’Ordine prevaleva l’elemento cavalleresco e gli ufficiali più importanti erano milites, tuttavia in Occidente, ove i cavalieri erano pochi, i servientes potevano assumere la carica di precettore. All’interno delle case templari spesso si trovavano uomini, noti come donati, che vivevano tra i fratres, condividendone la vita quotidiana, senza emettere i voti. Inoltre l’Ordine si avvaleva della collaborazione di servitori retribuiti.
NOTE
1 Come sostenuto da Domenico Rotundo in Templari, misteri e cattedrali, Roma 1983.
2 Cfr. Fulvio Bramato, Storia dell’Ordine dei Templari in Italia, vol. II: Le Inquisizioni. Le Fonti, 1994, p. 77.