Romanzo a ondate: onda lunga ed onda corta, amore e odio,
finito ed infinito, sacro e profano.
I luoghi: dapprima la campagna spagnola e poi una città:
Barcellona con i suoi immensi e variegati
scenari.
I tempi: il secolo XIV, che vede la progressiva ascesa di
una nuova classe di parvenu: banchieri, usurai, mercanti, a scapito di una nobiltà
boriosa ed arrogante.
Il protagonista, Arnau, sfortunato nella fortuna, ma anche
fortunato nella sfortuna, pare segnato da un
destino ineluttabile.
L’autore, Ildefonso Falcones, si diverte a presentarcelo
chiuso tra le maglie di un mondo gerarchizzato,
quello feudale che lo insegue dall’inizio alla
fine della sua vicenda.
Da servo della gleba, Arnau, una volta scappato in città,
si ritrova, libero, dapprima apprendista vasaio
e poi stalliere. Il caso lo fa entrare a far
parte del mondo dei bastaixos,
i mulattieri del mare, una sorta di telamoni medievali o di moderni
prometei, che
abbandonerà per
divenire soldato al seguito di Pietro III di
Catalogna.
Un incontro con due bambini ebrei che proteggerà dalla
furia della folla ed il nascere di un legame di
amicizia gli aprirà un’altra via di riscatto
e gli consentirà di salire la gerarchia
sociale, divenendo banchiere, quindi barone del re ed infine console
del mare, una sorta di magistratura
cittadina che “dirimeva le controversie tra i mercanti catalani e le genti o le autorità
del posto”.
La sua sembra una vita diretta da un sapiente burattinaio
che muove a suo piacimento, ed a seconda delle
circostanze, i fili di una sorte ora benevola,
ora matrigna.
Anche per la
sua vita amorosa c’è sempre chi dirige
e concerta: la donna di solito gli si propone o
gli si impone e cerca di condizionargli il
futuro e la vita.
è tutto un alternarsi di eventi che lo vedono dapprima
vittima, poi giudice-vendicatore e, addirittura,
imputato dell’Inquisizione (il terribile
braccio armato della Chiesa che riusciva a
tenere testa alla Monarchia oltre che alle
libere città). Lo scrittore-avvocato ci
introduce nelle pieghe più riposte di questo
Tribunale, nelle intenzioni sottili dei suoi ufficiali,
nei giochi in apparenza politici, in realtà
dettati dalla sete di denaro; giochi fatti anche
di sofismi e di una becera abilità pronta ad
inventarsi castelli di accuse fondate soltanto
su ammissioni coatte di colpe lievi o mai
commesse.
C’è, in questo romanzo, un gioco di figure-ombre che
appaiono e scompaiono al momento propizio per
dare una svolta agli eventi. Ed ecco riemergere
da un remoto passato Francesca,
la
mamma (di Arnau) mai conosciuta
e creduta morta, Aledis,
l’antica amante, divenuta un’esperta
prostituta, Joan,
il fratello adottivo, ormai frate
dell’Inquisizione, Sahat,
il tutore-schiavo, ribattezzato Guillem,
e tanti comprimari che spesso si ritrovano in
altri ruoli o in altre identità.
è
la
Storia
,
quella fatta dai re e dai principi, ma anche
dalla nobiltà e dalle “libere” città che
fa da sfondo a queste vicende in una sorta di
gioco o giogo delle parti, in una
specie di “oggi a me domani a te”.
L’autore ricorre a diverse fonti tra cui
la
Cronica
di Pietro III, il Cerimonioso.
Barcellona viene esplorata nelle sue luci e nel suo
splendore, nei suoi bassifondi e nelle sue
meschinità, nei suoi slanci di città operosa e
vivace, con il suo grande porto, il suo
commercio, le navi e le rotte precolombiane.
L’amore, l’amicizia, la lealtà, l’inganno, il
tradimento, le trame occulte del potere, il
cinismo di chi comanda ed il passato che torna,
c’è tutto in questa storia “medievale”,
nata nella campagna feudale tra ius
primae noctis ed enfiteusi.
Un pullulare di tanti piccoli universi: quello degli Ebrei,
considerati dalla Chiesa e dal popolo gli
uccisori di Cristo e “bollati” perché
dediti all’usura; in realtà, grazie ad essa,
erano i grandi finanziatori della monarchia,
spesso insolvente, che li “proteggeva”
relegandoli nel ghetto e obbligandoli a segnarsi
con simboli come la
rotella gialla sul petto.
C’è anche il mondo delle prostitute, colorato e
sgargiante nelle vesti, sa generoso e pronto a
riscattarsi quando è necessario, e poi quello
umile ed operoso dei “bastaixos”,
dal cuore grande e riconoscente verso chi, come
Arnau, gli aveva fatto del bene; c’è anche
però il mondo della nobiltà (piccola e grande)
e dei borghesi-aristocratici, capace di
sotterfugi e di mezzucci, di prepotenze e
prevaricazioni, pur di non perdere il proprio
ruolo e il posto
sul piedistallo del potere.
Non mancano quindi le conflittualità in questo universo
nobil-borghese in continua trasformazione, con i
suoi orizzonti limitati ancora al Mediterraneo
ed agli Stati che su di esso si affacciavano, le
contese dinastiche della monarchia spagnola, le
ribellioni dei feudatari al re, le
rivendicazioni delle autonomie cittadine contro
la nobiltà e persino un assedio via mare della
città di Barcellona, da parte di un usurpatore.
Questa sarà l’occasione che farà acquisire ad Arnau dei
“crediti” di riconoscenza da parte della
monarchia.
Insomma un gioco delle parti ricco di sorprese e colpi di
scena; una vita “a puntate”, quella di Arnau,
dove un regista invisibile ristabilisce al
momento opportuno gli equilibri, ponendo ogni
pedina al suo posto.
Un dualismo di fondo permea questo grande affresco
spagnolo: la lotta tra il bene ed il male ed il
prevalere ora dell’uno ora dell’altro. Ma
chi vincerà?
Il filo conduttore è la lotta verso la libertà,
una libertà costruita masso
su masso,
come
la
Cattedrale
di Santa Maria del mar, il simbolo della città e della sua “varieganza”
sociale.
Sulle piccole storie di vita del nostro protagonista domina
la sua sagoma, grandiosa, immensa, infinitamente
grande nel suo intento di catturare la luce del
sole attraverso quelle “finestre lunghe e strette”. Incrollabile appare la fede di Arnau
che, ancora fanciullo, si affida alla Vergine del
mar,
la
Mamma
da lui mai conosciuta.
Complesso ed un po’ macchinoso il finale, in linea però
con la forense eloquenza dello scrittore, che
riesce a dipanare i fili di una matassa
intricata e difficile da sciogliere.
Dopo la riscoperta di Don Chisciotte ho voluto
continuare con la lettura di un romanzo spagnolo
in una linea a ritroso nel tempo, ma quanta
"distanza" tra queste due opere!
Giulia
Notarangelo
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