MARCO
BRANDO |
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Federico
II «radice» pugliese
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All'identità
della Puglia serve il mito
dell'imperatore svevo
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Una della più grandi centrali termoelettriche
italiane, quella di Cerano a (Brindisi, si chiama «Federico
II». Il nome della compagnia aerea, ora fallita, che aveva base a Foggia
era «Federico II Airways»; tra i nomi che si vorrebbero dare al nuovo
aeroporto di Bari c’è proprio quello di Federico II. Nel febbraio
scorso durante la Borsa italiana del Turismo, a Milano, è stato presentato
il marchio Puglia Imperiale: «Filo conduttore di questo patrimonio
- si legge nella presentazione - è il puer Apuliae per eccellenza, l’Imperatore
Federico II». La nuova provincia che sta per nascere in Puglia
forse sarà chiamata Sveva. Ovviamente non c’è quasi città o cittadina
pugliese che non abbia dedicato una via o una piazza all'imperatore.
Sono un centinaio, sugli elenchi telefonici pugliesi, gli alberghi, i ristoranti,
le pizzerie, i bar, le scuole di ogni ordine e grado, le società imprenditoriali,
le aziende agricole, le associazioni culturali che hanno
scelto per il proprio nome le parole “Federico II”,
“svevo”, “sveva”,
“svevi”, “federiciano”, “federiciana”.
Sono solo alcuni esempi del legame
che, nel 2005, esiste tra i pugliesi e la memoria dell'imperatore. Chi è
dunque Federico II di Svevia per gli abitanti del Tacco d’Italia? Seguendo
il filo della storia ufficiale, è il prestigioso esponente del casato tedesco
degli Hohenstaufen, figlio del sovrano del Sacro Romano Impero
Enrico VI (a sua volta figlio di Federico Barbarossa) e di Costanza (figlia
di Ruggero II d’Altavilla normanno). Fu imperatore di Germania
e d’Italia, re di Sicilia. Aveva un albero genealogico germanico ma
natali e traguardi italiani: nacque nel 1194 a Jesi (Ancona), morì a Castelfiorentino
(Foggia) nel 1250, è sepolto nel Duomo di Palermo.
Già queste tappe della sua vita
nella Penisola testimoniano che lasciò un segno notevole in tutto il
Mezzogiorno, in Puglia come in Campania, in Calabria come in Sicilia
e Basilicata. Ciò nonostante è per certi versi considerato, forse
suo malgrado, il capostipite della
“pugliesità”. Non è così. Però è arduo contraddire i suoi fan, che replicano
chiedendo per quale ragione, allora, Federico fu soprannominato
puer Apuliae. All’oscuro della circostanza
che l’epiteto era forse una sorta d'insulto: alla corte di Ottone di
Brunswick, suo rivale nei primi anni del regno, era accusato di occuparsi
solo del lontano Sud Italia, trascurando la Germania.
È pure il caso
di ricordare che la Puglia deriva il suo nome dalla romana
Apulia. Ma ai tempi di Federico il termine Apulia
non era limitato alla regione oggi chiamata Puglia, riguardava
un’area che comprendeva anche parte della Basilicata e della Calabria;
in alcuni casi veniva definito con questo nome tutto il Mezzogiorno
non insulare.
E allora? Senza dubbio la scarsa
identità regionale dei pugliesi ha indotto - anche dal punto di vista psicologico
- a cercare un comune denominatore: e l’Imperatore si presta
a questo scopo. In secondo luogo ci sono ragioni di tipo storiografico.
Il riferimento a Federico II piacque molto durante il fascismo alle
locali società di Storia patria. In quell’epoca il regime incoraggiava
gli addetti ai lavori affinché rintracciassero radici storiche all’altezza
del sogno imperiale di Mussolini. E quale migliore radice ci può essere
rispetto a quella rappresentata da un personaggio incoronato re di Sicilia
nonché imperatore tedesco? Poi oggi c’è anche chi guarda a
Castel del Monte come una coacervo di enigmi insoluti e a Federico II
come a uno stregone regale. Inclusi i mass-media, attratti più dalla lettura
fantastica che dall'interpretazione scientifica (che c’è ma è spesso
sottaciuta), più da un Medioevo onirico
che da quello reale. Ad esempio, la moneta italiana da un centesimo
di euro è dedicata proprio a Castel del Monte: ebbene, pure il serissimo
periodico «Cronaca numismatica», sponsorizzato dall'Istituto
Poligrafico dello Stato, nel dicembre scorso ha pubblicalo un servizio intitolato
Astronomia, storia e misteri sull'euro-centesimo italiano. Servizio
che insiste proprio sui presunti contenuti esoterici e magici che starebbero
dietro l’edificio.
Esoterismi e superstizioni a parte,
l’infatuazione per Federico II capita anche tra vip di fama internazionale
e certo dotati di strumenti culturali d’altissimo livello. Il maestro
Riccardo Muti (di madre molfettese), ad esempio, durante la visita
nel luglio del 2001 a Istanbul col suo «Ravenna Festival», disse: «Io
da buon pugliese sono seguace di Federico II che proprio in Puglia
aveva reso possibile la convivenza di cristiani, ebrei e musulmani. I nostri
pellegrinaggi nel mondo hanno proprio questo intento».
Ma la testimonianza più toccante
è probabilmente quella di uno scienziato, Giancarlo Logroscino, barese,
oggi professore di Neurologia ed Epidemiologia a Boston. Ci ha scritto:
«Io e mia moglie Beatrice abbiamo chiamato mio figlio Federico,
nato a Boston lo scorso ottobre, proprio ricordando Federico II. Siamo
lontani dalla nostra terra in un paese diverso. Quindi abbiamo pensato
che questo arrivo in una terra lontana dovesse essere segnato da un ricordo,
da una traccia delle nostre origini». «Forse - conclude Logroscino
- molte di questo cose appartengono al mito. Ma per chi sta lontano
i miti rivestono un’importanza ancora più grande,
soprattutto pensando all’imperatore del passato e
al futuro di mio figlio, Federico».
La morale? Probabilmente ancora
oggi quello di Federico II in Puglia mantiene e rinnova, a torto o a
ragione, lo scopo primordiale dei miti: aiutarci ad aver meno paura di
fronte a quello che ci attende.
Marco
Brando
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