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ARCHI, RUDERI DEL CASTELLO BARONALE
redazionale
Resti del castello di Archi.
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Come arrivarci: con l'autostrada A14, uscita Val di Sangro; proseguire per 20 km in direzione Perano/Archi.
Dal sito: www.regione.abruzzo.it
«Il castello di Archi, oggi in stato di rudere, è situato su un'altura boscosa, nella parte più alta del paese, dalla quale domina la Valle dell'Aventino e quella del Sangro. In epoca medievale esso fu tra le strutture cardine del sistema di fortificazioni posto a difesa delle zone meridionali della Maiella e della valle del Sangro. La sua funzione in tal senso era già attestata nell'XI secolo, quando aveva molto probabilmente già assunto la fisionomia di un complesso fortificato, con il castello e le mura di cinta.
La struttura del forte si presentava a pianta quadrata e agli angoli si erigevano massicci torrioni cilindrici, ancora oggi in buona sostanza conservati. Il fortilizio fu eretto secondo le basilari tecniche costruttive del tempo, che prevedevano l'utilizzo di pietra e malta, e doveva avere un certa imponenza. Molteplici sono state le fasi di trasformazione che l'hanno interessato nel corso dei secoli e ancor più numerosi i proprietari che hanno gestito il relativo feudo. L'ultima nobile famiglia che potette vantare diritti sulla proprietà del forte, prima dell'estinzione dei diritti feudali nel 1806, fu quella degli Adimari, marchesi di Bomba.
Durante il secondo conflitto mondiale il castello venne trasformato in linea di difesa del fronte contro l'avanzata delle truppe alleate inglesi e, purtroppo, durante uno degli scontri le mura vennero distrutte. Una parte del castello fu invece fortunatamente sottratta alla distruzione delle mine grazie all'intervento di alcuni uomini valorosi. Pur se allo stato di rudere, il castello costituisce una delle testimonianze architettoniche più importanti del borgo fortificato. è facilmente visitabile data la vicinanza al centro abitato».
Dal sito: http://castelliere.blogspot.it
«Oggi in stato di rudere, è situato su un'altura boscosa, nella parte più alta del paese, dalla quale domina la Valle dell'Aventino e quella del Sangro. In epoca medievale esso fu tra le strutture cardine del sistema di fortificazioni posto a difesa delle zone meridionali della Maiella e della valle del Sangro. La sua funzione in tal senso era già attestata nell'XI secolo, quando aveva molto probabilmente già assunto la fisionomia di un complesso fortificato, con il castello e le mura di cinta. La struttura del forte si presentava a pianta quadrata e agli angoli si erigevano massicci torrioni cilindrici, ancora oggi in buona sostanza conservati, uno dei quali avente un diametro di circa 7,50 metri. Il fortilizio fu eretto secondo le basilari tecniche costruttive del tempo, che prevedevano l'utilizzo di pietra e malta, e doveva avere un certa imponenza. Il lato nord aveva un terrapieno a bastioni. Ad est e ad ovest vi erano fortificati con corpi di fabbrica che aumentavano la forza di resistenza. Il blocco centrale quadrangolare misurava da 40 x 34 metri con un cortile interno che misurava 17 x 13 metri. Il castello era suddiviso in tre piani di cui uno seminterrato. Molteplici sono state le fasi di trasformazione che l'hanno interessato nel corso dei secoli e ancor più numerosi i proprietari che hanno gestito il relativo feudo, tra cui le famiglie Colonna, Carafa, Pignatelli.
La prima menzione del maniero risale all'incirca all'anno 1000 quando si ha notizia di Fara Adami, un centro abitato sul fiume Sangro, insieme ad Adamo, un prete, e Ranieri, un gastaldo, mentre il primo documento ufficiale che ne attesta l'esistenza è nel 1075 quando viene menzionato nel Catalogus Baronum. Dopo varie vicissitudini feudatarie nel 1559 borgo e castello passarono a Martino di Segua. Vari documenti noratili documentano che Martino operò varie opere di restauro al castello anche se non si sa esattamente quali parti del castello furono interessate da questi lavori. I restauri furono affidati al mastro Antonio Malerma. Martino, successivamente, dovette vendere all'asta il castello per vari debiti nel 1563. Dei documenti seicenteschi citano il castello anche se a livello secondario; tra questi ve ne è uno che attesta che Giovan Battista de Marino nel 1644 aveva avuto dei problemi legali concernenti l'eredità. L'ultima nobile famiglia che potè vantare diritti sulla proprietà del forte, prima dell'estinzione dei diritti feudali nel 1806, fu quella degli Adimari, marchesi di Bomba. Durante il secondo conflitto mondiale il castello venne trasformato in linea di difesa del fronte contro l'avanzata delle truppe alleate inglesi e, purtroppo, durante uno degli scontri le mura vennero distrutte dai Tedeschi. Una parte del castello fu invece fortunatamente sottratta alla distruzione delle mine grazie all'intervento di alcuni uomini valorosi. Pur se allo stato di rudere, il fortilizio costituisce una delle testimonianze architettoniche più importanti del borgo fortificato. Facilmente visitabile, attualmente è di proprietà della famiglia Lannutti ma versa in pessimo stato di conservazione. Ne rimangono solamente le cortine ovest e sud».
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