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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI PAVIA
in sintesi, pagina 2
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«Un piccolo fronte neogotico con loggetta, incorniciato da una sorta di torre merlata che si affaccia sulla piazza principale di Mede, piazza Repubblica, l'antica Piazza Giaretta, maschera gli avanzi delle mura del trecentesco Castello. è l'immagine del Castello Sangiuliani, trasformato in albergo, lasciataci dai restauri degli anni Venti, uno degli ultimi atti di capillare operazione, dalla campagna ai borghi rurali, che nel giro di mezzo secolo sostituisce in Lomellina i segni dell'antico regime e costruisce la città borghese dei nuovo stato unitario. Si costruiscono teatri, ospedali e case di riposo, edifici scolastici e comunali, preture e poste, stazioni ferroviarie ed edifici per le associazioni dei lavoratori, cimiteri monumentali e dimore nobiliari; tutte le grandi chiese subiscono rifacimenti, rigidamente gotizzanti; nelle città appaiono i viali alberati, le piazze e i palazzi urbani che modificano l'antica tipologia a due piani dei borghi rurali della borghesia. A Mede, accanto al neoromanico Municipio ed alla piazza alberata, incorniciata dall'altissimo campanile di San Marziano, del castello Sangiullani rimangono dei frammenti su cui si sono stratificati centinaia di anni di demolizioni, ricostruzioni, restauri, ristrutturazioni. Permane, perentoria, l'ossatura essenziale dell'alzato, una cortina rossa di mattoni, lineare, compatta, tagliente su cui l'unico elemento decorativo sono le sottili cornicette in cotto intorno alle arcate delle aperture, il ricamo delle file di triangoli a vertice ribassato del cornicione e una bertesca semidiroccata. Il castello unitamente all'attigua chiesa dei Santi Marziano e Martino, fin dal XII, secolo fu uno dei fulcri economici, politici, religiosi della Lomellina, uno era sede dei conti palatini, l'altro dominò, secondo la regola di San Benedetto, un vasto territorio, contribuendo alla sua trasformazione economica. Dei tre castelli esistenti in Mede è l'unico sopravvissuto.
Nel 1466 risiedevano nel castello i conti Zaccaria. Nel 1721 il castello passa ai Sangiuliani con le parti del feudo di Mede che loro spettavano, come i titoli Zaccaria. Nel 1733 la Congregazione rurale della Provincia Lomellina lo acquista all'oggetto di tenervi le adunanze dei Consiglieri componenti l'intera Congregazione e due stanze vengono adattate a carceri". Nel 1789 viene posto in vendita; l'asta va deserta, nella relazione di stima si scrive: "detta casa è di nessun reddito per causa del poco commercio del paese e maggiormente per la soggezione delle carceri alle quali si unisce una latrina molto fetente; inoltre vi sono necessarie varie istantanee riparazioni e massime riguardo alle diverse aperture, molte delle quali si ritrovano scompaginate . Il 18 maggio 1793 il castello viene acquistato dal conte Ruffino Guizzardi di Mede. Gran parte è andato perduto, con le trasformazioni di inizio secolo (ala sud) e con le recenti ristrutturazioni (ala est) e i frazionamenti di proprietà. Il 5 dicembre 1821 gli eredi Guizzardi vendono il Castello al signor Mario Corsi. Nel 1858 passa ai signori Luigi, Giovanni Battista e Vicenzina Biglieri. Alla fine dell'ottocento con la costruzione della piazza Vittorio Emanuele e dei relativi palazzi, la mole imponente del Castello viene nascosta ed inglobata nel lato ovest in un cortile. All'inizio del XX secolo viene trasformato in Albergo Castello, l'ala sud demolita e trasformata in palazzo di tre piani. Nel 1920 viene restaurato e si aggiunge la loggetta, la merlatura mentre vengono rifatti tutti i solai dell'ala dell'angolo nord ovest e la relativa muratura esterna, viene chiuso il portico interno al piano terra, nella torre d'angolo viene ricavata una scuderia, su progetto dell'arch. Mina. Nel 1942 l'edificio viene vincolato ai sensi della legge 1089. Nel 1985 viene abbandonato, la proprietà ulteriormente frazionata (ala est), nel cortile le tettoie diventano box. Nel 1996 il Comune di Mede acquista il Castello Sangiuliani per trasformarlo in nuova sede della Biblioteca Comunale e dei Musei Civici».
http://www.comune.mede.pv.it/index.php?option=com_content&view=article&id=82%3Ail-castello-sangiuliani&catid=37...
«Era, in origine, un piccolo castello, probabilmente fatto innalzare dai Visconti nel Trecento e forse successivamente riadattato in epoca sforzesca. Venne in gran parte demolito nel 1857, così che oggi se ne conserva solo un'ala. Era direttamente collegato al castello di Pavia mediante una strada rettilinea, chiamata "corso" e tuttora individuabile nel tracciato dell'attuale strada che dalla città porta a Mirabello. Ubicato all'interno del grande "parco visconteo" che si estendeva dal castello di Pavia fino alla Certosa, faceva parte integrante del grande complesso (parco, certosa, interventi cittadini) creato dai Visconti in quella ch'era la "seconda capitale" del loro dominio. Svolgeva soprattutto funzioni di luogo per lo svago e per la caccia e al tempo stesso di residenza del "capitano del parco". ... È assai probabile che il suo impianto originario fosse quadrangolare, con cortile interno e circostante fossato esterno e con ponte levatoio in corrispondenza dell'ingresso. Ma molte parti significative sono andate perdute. Gli attuali resti del castello consistono in un fabbricato di due piani, in mattoni, utilizzato come abitazione e munito, al primo piano della facciata rivolta a nord, di una interessante balconata pensile sostenuta da arcate poggianti su mensole di pietra sagomate, che ricorda quella del cortile della Rocchetta nel castello di Milano ed è anche assai simile al balcone perimetrale della torre del castello di Vigevano. Del muro di cinta che circondava e proteggeva il parco per uno sviluppo di circa venticinque chilometri, non resta oggi più traccia. Si conservano invece ancora parzialmente due delle nove porte fortificate che si aprivano nella suddetta cinta e che erano munite di ponte levatoio: si tratta della porta Pescarina, in comune di San Genesio, lungo la strada Vigentina e di quella in località Torre del Mangano, in comune di Certosa di Pavia».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00200
«La Rocca di Montalfeo domina la Val Staffora; risalgono ad epoca romana le prime testimonianze circa la presenza di una torre di avvistamento in Monte Alfeo, località strategica sulla Via del Sale che da Genova, attraverso la Val Staffora, portava a Milano il prezioso alimento. Dal 533, e per quasi dieci secoli, l'antico insediamento fu parte dei feudi Malaspiniani. Il casato dei marchesi Malaspina, infatti, affermava la propria giurisdizione feudale e politica su un territorio che includeva la Val Staffora e si estendeva fino alla Lunigiana. Un potere feudale i cui beni e privilegi furono riconosciuti con apposito diploma dall'imperatore Federico I Barbarossa (1164) prima, e confermati successivamente da Federico Il (1220). Quando a Milano i Visconti e poi gli Sforza divennero delegati dell'imperatore, dal quale attingevano le prerogative feudali, le vicende della Rocca si legarono a quelle del Ducato di Milano. La soggezione ai Visconti non fu pacifica e nel 1375 Galeazzo II Visconti mandò ad espugnare la Rocca di Montalfeo, dei Malaspina di Godiasco e successivamente nel 1398, per l'ostinata resistenza dei Marchesi di Godiasco nel rendergli atto di sottomissione, ne ordinò la distruzione. Con l'avvento e l'affermarsi di feudi e feudatari, quasi ogni cocuzzolo si munì di una rocca o castello. Durante i secoli successivi, alcune fortificazioni caddero in rovina e oggi vivono soltanto nel toponimo, altre invece dopo alterne fortune, furono ricostruite. Tra queste la Rocca di Montalfeo che nel corso dei secoli è stata oggetto di demolizioni e modifiche strutturali; molti di questi edifici antichi erano vere cave di materiale da costruzione a cui ricorrevano gli abitanti per i loro edifici. Oggi la rocca si compone di un corpo centrale annesso alla torre. Dal salone principale, caratterizzato da un soffitto a cassettoni e dalle pareti completamente affrescate, si accede al piano sottostante suddiviso in ampie sale rese particolarmente suggestive da murature in pietra e da soffitti a volta sostenuti da ampie colonne. La torre, a sua volta, ospita alcune sale con caratteristiche analoghe a quelle descritte. L'antica strada costeggiava la riva sinistra dello Staffora, dopo Vicus Lardarius e Salix saliva ripidamente alla Rocca poi proseguiva per Godiasco dove era il Castello, sulla riva destra a guardia delle strade che da una parte salivano verso la valle Ardivestra e dall'altra verso Pozzolgroppo. Passava per il Groppo, dove esiste una antica chiesa che conserva un bel campanile romanico, proseguiva per Cecima dove era un castello di cui restano poche tracce e la bella chiesa romanica poi proseguiva per Varzi passando sulla sponda destra, incontrando San Ponzo e Bagnaria. Sotto la collina del monte furono fate gallerie di sondaggio per cercare lo zolfo, che affiorava in più punti, si trovarono invece le fonti solfuree che alimentarono le Terme di Salice. Oggi il castello, di proprietà dei signori Faravelli, ottimamente restaurato, è una prestigiosa location per matrimoni e convegni».
http://www.robertomarchese.it/montalfeo.html
«La Rocca di Montalino o Rocca del Vescovo è una architettura fortificata costruita nel X secolo. Il complesso ha mantenuto nel tempo la sua solidità di strutture e la sua invidiabile posizione dominante, sulla cima di un colle, presenta una pianta poligonale tutta formata da corpi di fabbrica, sulle cui pareti si aprono finestre di varia foggia e centinatura. Il cortile è a pianta quadrilatera irregolare. Al piano superiore si apre un loggiato cinquecentesco trasformato in veranda. Essa è posta su di un altura collinare a sud ovest di Stradella, in posizione isolata e dominante, la rocca di Montalino ha una storia molto antica e mantenne la sua importanza strategico militare sino al XVIII secolo. Nel 1740 fu riattata e trasformata per adeguarla alle nuove funzioni di residenza civile. Subì rimaneggiamenti successivi nel 1773. è proprietà privata».
http://www.oltrepeat.com/oltrepo-pavese/castelli/la-rocca-di-montalino-di-stradella
MONTALTO PAVESE (castello Belcredi)
«Nel 1219 a Montalto c'erano due castelli: una rocca vera e propria , cinta di mura, baluardi, cortina, fossati e posti di vedetta ed una seconda casaforte munita di torre. Con molta probabilità la prima si trovava sulla spianata del colle dove è l'attuale maniero, l'altra andò distrutta nei secoli successivi. I lavori di costruzione dell'attuale Castello cominciarono per iniziativa di Filippo Belcredi nel 1593, come si legge in un'epigrafe posta all'ingresso. è munito di quattro torrioni tozzi e quadrati. L'edificio, con il suo piazzale volto a mezzogiorno, è arricchito da una fontana monumentale, pergolati, chioschi, scale, terrazze, due giardini che circondano la costruzione: uno all'italiana rigorosamente simmetrico, l'altro all'inglese, con boschi di larici e roveri. L'intero palazzo è riccamente decorato. Il fianco destro della costruzione è decorato con stemmi, lapidi e capitelli di vari stili classici» - «I lavori per erigere il Castello iniziano nell’anno 1593, come riportato in un’epigrafe posta all’ingresso, e seguitano nei secoli successivi sino agli anni delle conquiste napoleoniche. Viene eretto un imponente e vasto palazzo signorile sulle fondamenta di un’antica costruzione del V secolo. Tra le tracce della fortificazione passata, demolita durante la dominazione spagnola, spicca la grande torre quadrata, priva di merlature e quasi certamente il mastio dell’antico castello. La torre caratterizza il profilo dell’edificio che si individua già da lontano, anche a causa della posizione dominante. Pur costruito sui resti della casaforte, l’edificio viene declassato dai siti militari e ingentilito: anche il marchese Giuseppe Belcredi abbellisce il suo maniero per ricevervi illustri ospiti, tra cui Alessandro Volta, per i quali faceva mettere in scena degli spettacoli teatrali. Nella seconda metà del XVIII secolo, il castello viene abbandonato e all’inizio del ‘900 viene acquistato dai Balduino che lo ristrutturano in stile settecentesco. Oltre a saloni riccamente arredati, nel piazzale interno su cui affacciano quattro torrioni, vi è anche una cappella con due campanili. Due giardini circondano il maniero: uno all’italiana, geometrico e regolare, e l’altro all’inglese, ombreggiato da boschetti».
http://www.bananiele.it/lombardia/oltrepo.htm - http://www.borghiecastelli.eu/montalto-pavese
Montebello della Battaglia (castello Premoli o torre Beccaria)
«Proprio sulla sommità della collina della Chiesa sorge un grande fabbricato, sormontato da un'alta torre che attualmente termina con una terrazza, ma fino all’inizio del secolo scorso (come si può vedere in vecchie foto), era coperta da tetto a tegole. Questa costruzione è senz'altro il più antico palazzo di Montebello. Risale, infatti, al 1472 e fu edificata dalla famiglia Beccaria, a quel tempo feudataria del paese. Di certo sappiamo che già nei primi decenni del 1500 apparteneva, oltre che ai Beccaria, anche alla nobile famiglia decurionale pavese dei Bellocchio, i quali la possederono poi, per oltre 300 anni. Nel 1851 il conte Giuseppe Bellocchio vendeva la parte superiore del palazzo, comprendente anche la torre (ossia la parte nella piazza) e la metà del giardino all'avv. Ernesto Ghislanzoni (che qualche anno dopo ebbe il titolo baronale), mentre la parte inferiore, con l'altra metà del giardino, era acquistata per lire 12.000 dal Comune di Montebello (Sindaco era allora il marchese Luigi Bellisomi) per trasferirvi Municipio, scuole ed abitazione dei dipendenti comunali. Nel 1868 in occasione dell'inaugurazione del monumento al Cavalleggero, la parte comunale del palazzo fu completamente restaurata su progetto dell'ingegnere Giuseppe Billotta e sulla parte centrale della facciata, di spalle al monumento, fu costruito in muratura un medaglione, poi affrescato con lo stemma comunale (due draghi rampanti con nel mezzo un albero, ossia il blasone appartenuto alla famiglia Delconte, antica feudataria del paese, estintasi nel 1864). Più tardi, nel 1893, con entrata dalla salita della Chiesa, fu lì aperto il primo ufficio postale di Montebello, con l'aggiunta, qualche anno dopo, di quello telegrafico.
In questo palazzo, per oltre 70 anni, parecchie generazioni di montebellesi impararono a leggere e scrivere, altri amministrarono il paese ed altri ancora si recarono in "sala" ( così veniva chiamato il Municipio) per esigenze burocratiche. Poi nel 1923-24, dopo la costruzione dell'attuale edificio scolastico-municipale, la famiglia De Ghislanzoni acquistò dal Comune la parte che questi possedeva, unificando così tutta la proprietà del palazzo. Nel 1942, alla morte del barone don Ernestino, la figlia Eugenia, sposatasi con il conte Premoli, ne divenne erede. E da qui inizia la lenta ma inesorabile decadenza del fabbricato. Prima infelici ristrutturazioni lo avevano privato delle due basse ali che delimitavano il cortile, poi iniziava il deperimento della parte ex comunale. Comunque fino a metà degli anni '960 la villa era abitata ed in occasione della commemorazione della battaglia del XX Maggio, lì veniva offerto il rinfresco ai partecipanti. In seguito però, l’incuria dei proprietari ha fatto sì che l'intero fabbricato si sia deteriorato a tal punto da renderne impossibile l'abitabilità. L 'auspicio è che i nuovi eredi riescano a trovare il modo di conservare per Montebello, quell'inconfondibile e signorile immagine che da più di 500 anni, torre e palazzo rappresentano a chi transita nella sottostante strada "Romera"».
http://www.mumbel.it/castello%20premoli.html (a c. di Gian Pietro Scaglia)
Montebello della Battaglia (palazzo Bellisomi o Castello Rosso)
«Nella 2° metà del 1600 il capitano Agostino Bellisomi, membro di una delle più prestigiose famiglie nobiliari pavesi, acquista tramite asta giudiziaria, una casa di villeggiatura con unito oratorio, dei fabbricati rustici e molti terreni a Montebello. Questa proprietà apparteneva ai coniugi pavesi Ippolito Sacco e Caterina Merzagora, protagonisti di un notevole dissesto finanziario ed era pervenuta loro, per eredità, dalla famiglia Bozzolo. Nel 1698, alla morte del capitano Agostino, celibe, la proprietà è da questi lasciata in eredità al marchese Pio, figlio di suo fratello Annibale e feudatario di Frascarolo. Pio Bellisomi muore nel 1726 lasciando erede il figlio Gaetano, appena diciassettenne. Questo giovane marchese è una persona di vasta cultura. Viaggia molto, visita diverse capitali europee e soggiorna parecchio tempo a Parigi dove conosce esponenti dell’illuminismo, movimento filosofico allora in auge. Sempre a Parigi, nel 1733, sposa la nobile Maria Teresa Corselle de Percy, nipote del maresciallo di Francia, Vauban. Nel 1743 decide di costruire a Montebello l’attuale villa sull’area della vecchia casa di campagna, da demolirsi. Incarica il famoso architetto Francesco Croce di redigere il progetto e subito iniziano i lavori, ma la guerra di successione austriaca ed il conseguente passaggio dell’Oltrepò Pavese dal Ducato di Milano al Regno Sabaudo, ne rallentano l’esecuzione e soltanto nel 1747 essi saranno portati a termine. Contemporaneamente, purtroppo, l’eclettico marchese moriva a soli 37 anni. ... Dopo circa 250 anni di possesso da parte dei marchesi Bellisomi (una delle più storiche famiglie nobiliari lombarde), al “Palazzo” entrava il nuovo proprietario sig. Bertollo, un ricco commerciante che nonostante abbia in seguito subito notevoli rovesci finanziari, vi abiterà fino al termine della 2° guerra mondiale, anche se la villa già da parecchi anni era passata in proprietà della società Immobiliare Della Torre. Negli anni ‘950 il titolare di questa società, sig. Zamara, genovese, la restaurò notevolmente e vi trascorse periodi di villeggiatura. Dalla seconda metà degli anni ‘70 la villa è proprietà della società Libarna Gas, la quale parzialmente l’adibisce ad uffici. Lo stato di conservazione è attualmente ancora buono».
http://www.mumbel.it/palazzo%20bellisomi.html (a c. di Gian Pietro Scaglia)
Montebello della Battaglia (palazzo Dal Pozzo)
«È un grosso edificio di impianto quadrilatero, con corte e torretta d'angolo, ubicato nella parte alta del borgo, nei pressi della chiesa parrocchiale. È tuttora dotato di un ampio parco. La sua pianta chiusa, del tutto insolita per una villa barocca, e la presenza di torrette sporgenti, farebbe pensare che parte dell'attuale costruzione sia costruita utilizzando o inglobando le murature della preesistente fortificazione. Notizie storiche: imponente realizzazione sei-settecentesca, innalzata sul luogo in cui si pensa sorgesse un antico castello del X secolo, in una posizione elevata dalla quale si controllavano i versanti sud e est della collina. La veste attuale non tradisce presenze fortificatorie, se non nell'impianto generale del complesso. Condizione giuridica: proprietà privata».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00185
«Il castello sorge a Montesegale (52 chilometri dal capoluogo) in Valle Ardivestra (Oltrepò). Datazione: XII secolo. Situato su di un'altura da cui domina il paese, il castello ebbe notevole peso nelle vicende storiche locali. La rocca, così come l'abitato, dal 1164, quando Federico Barbaraossa l'assegnò al Comune di Pavia, fu quasi sempre dei Conti Gambarana (ad opera dei quali subì pesanti interventi di restauro nel corso del XVIII sec). Espugnata nel 1415 dal Conte di Carmagnola, capitano al soldo dei Visconti, osteggiati dai signori di Montesegale, tornò più tardi in possesso della nobile famiglia locale che lo ebbe fino all'estinzione della casata. Verso la fine del secolo scorso, il castello fu ceduto ai Belcredi ed infine acquistato dalla famiglia Gambarotta nel 1918. Il castello trecentesco, nonostante i successivi rimaneggiamenti, conserva la sua impronta medievale. La parte più antica è l'ala Sud, ovvero la porzione più elevata del complesso, costituita da una rocchetta e da una torre (che rappresenta la parte originaria del maniero e accorpa porzioni preesistenti risalenti all'XI secolo) che si ergono su un terrapieno bastionato. Il resto del complesso, che ha subito notevoli interventi e radicali trasformazioni soprattutto per volere del conte Senatore Andrea Gambarana, risale invece al secolo XVII. Il fortilizio si presenta oggi come un insieme articolato di corti ed edifici di epoche diverse racchiusi da una massiccia cinta fortificata dotata di torri quadrate e di mura scarpate con merlatura. Vi si accede dalla piazzola antistante la chiesetta (del XVII sec.) attraverso un caratteristico portale. In uno dei cortiletti si trova un pozzo sormontato da un curioso cappello-pinnacolo, che fa da cariatide all'architrave di una delle campate del porticato di colonne ottagonali; in un secondo cortile si conserva un portale arcuato con ghiera di mattoni nudi alternati a scacchetti di intonaco. All'interno è ospitato il Museo d'Arte Contemporanea. Proprietà privata».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=95
«Il castello, attribuibile nel
suo impianto al XII secolo, fu già dei Belcredi. Venne modificato a più
riprese, e non sempre felicemente, nei secoli seguenti. Con il tempo si è
ridotto all'attuale stato di rudere. È stato restaurato negli ultimi decenni
del secolo scorso, quando è stato riadattato ad abitazione privata. La
pianta della parte costruita è ad "L", con un andamento irregolare. Sul
tutto vigila una torre con funzioni di mastio. I due corpi di fabbrica
delimitano una corte chiusa sui restanti lati da mura. La struttura muraria
è in pietra locale e mattoni. Bella la posizione, isolata e dominante, sulla
cima della collina, il castello è adibito ad abitazione privata».
http://www.podilombardia.it/index.php/risorse/scheda/id/388
Montuè (ruderi del castello Candiani)
«Ubicazione: i suoi resti sorgono nel territorio comunale di Canneto Pavese - in frazione Montuè - in posizione elevata tra le due valli del rio Frate. Datazione: XI secolo. Cenni storici: fatto erigere in posizione strategica tra la rocca di Montalino e il castello di Cigognola, il grandioso maniero fu teatro di combattimenti sanguinari tra le famiglie di feudatari quali i Beccaria, i Belcredi e i Gabbi ed altri tra cui i Malaga. Il castello fu proprietà delle contesse Vittoria e Romana Rota Candiani dalle quali, nel 1925, venne acquistato dall'ingegner Angelo Pollini di Pavia che presto ne iniziò la demolizione per ottenere materiale da costruzione. Aspetti artistici: le cronache del tempo dicono che l’edificio avesse 365 finestre, tante quanti sono i giorni dell’anno, e una magnifica cappella con altare marmoreo. Oggi purtroppo non ne rimangono che i sotterranei costruiti con mattoni a vista e i pochi ruderi… Curioso però camminare su quello che originariamente era il pavimento del primo piano. Curiosità: nel 1818 acquistò fama per aver ospitato la Regina Carolina Amelia, moglie di Giorgio IV d' Hannover».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=59
Mornico LOSANA (castello Lorini)
«Ubicazione: situato sulla cima di un'altura domina l'abitato di Mornico. Datazione: XIII secolo. Cenni storici: nata come casa-forte con funzione di avvistamento nell'ambito del sistema difensivo del feudo di Montalto (di cui Mornico faceva parte), questa fortificazione venne citata in un atto notarile del 1350 che conteneva una convenzione tra i Belcredi circa le proprietà della nobile famiglia. I discendenti della stessa ristrutturarono la casa forte all'inizio del 1700, trasformandola in un vero e proprio maniero. Ai primi del XIX sec. il castello passò nelle mani del marchese Doria, appartenente alla storica famiglia ligure, poi a quelle dei Brignole. Nel 1880, il castello con 21mila pertiche di terreno agricolo, divenne possesso dei De Filippi, che poi lo alienarono, con 6 sole pertiche, al professor Lorini, stimado docente dell'ateneo pavese. Aspetti artistici: della casa forte costruita in pietra locale si possono ancora osservare i resti nei basamenti perimetrali della cantina e del sotterraneo, sui cui poggiano le volte di mattoni di epoca evidentemente successiva, databili al XVI, con il passaggio a dimora signorile a 'castello del feudatario minore' poiché privo di torri, almeno fino a fine 800. Fu il Lorini a dare avvio alle opere più sostanziali che videro la realizzazione sia della casa per il custode, sia della torre, che per stile e forma ricorda quella di Strabella, ma anche dell'importante ingresso merlato con arco a sesto acuto d'ispirazione gotica. Informazioni: il castello è oggi abitazione privata, quindi non aperto al pubblico».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=77
«Anticamente conosciuta come Vico Lardario, citata prima dell’anno Mille come “Locus ubi lardum servatur e ritenetur, atque, ade o cameas coeterae” (un luogo d’allevamento di suini) nel medioevo, Ripa di Nazzano, e infine Rivanazzano. Fino al XVII secolo cinta da mura che proteggevano il castello, di cui oggi rimane solo l’antica torre, Rivanazzano fu teatro di aspre contese con Voghera, per l’utilizzo delle acque dello Staffora e ripetutamente occupato dalle bande che saccheggiavano i territori dell’Appennino. Fu feudo dei Malaspina e, dopo diverse vicende, divenne possedimento dei Rovereto, marchesi di Genova, attuali proprietari di alcuni edifici del comune. Nel territorio di Rivanazzano è compreso l’affascinate Castello di Nazzano, che domina dall’alto la Valle Staffora: fortificato da Gian Galeazzo Visconti, infatti, il Castello ricopriva il ruolo fondamentale di avamposto dell’Appennino, vigile verso la pianura. ... Costruito dai Malaspina intorno all'anno Mille, il Castello di Nazzano fu potenziato da Gian Galeazzo Visconti, che ne riconobbe immediatamente la strategica posizione, intorno al 1360. Dalla cime del colle su cui sorge è infatti possibile ammirare, nelle giornate limpide e ventose, la catena che dalle Alpi Marittime arriva fino al Monte Rosa. Passato nei secoli di famiglia in famiglia giunse nel 1613 nelle mani dei Mezzabarba, conti pavesi, mani aristocratiche che ne trasformarono l’assetto, convertendolo da fortezza in maniero. Nel 1712 l'edificio fu rivenduto agli attuali proprietari, i marchesi Rovereto che definirono l’assetto per come lo possiamo ammirare oggi. A sud c'è il corpo principale con sei finestre (di cui tre a sesto acuto) ed un' isolata al piano inferiore. Nell'angolo di sud ovest si nota una minuscola torre cilindrica, rastremata all'altezza della gronda. La curiosa aggiunta è merlata alla guelfa, come la gran torre quadrangolare che svetta ad ovest. La facciata che dà sulla piazza della chiesa è caratterizzata da un alto archivolto ogivale cieco, che si disegna fin quasi alla linea del sottogronda ed inquadra una finestra a sesto acuto ed un portaletto a pianterreno. Il castello ha subito radicali restauri e fu nel 1905 definitivamente destinato a dimora residenziale».
http://www.comune.rivanazzanoterme.pv.it/index.php?option=com_content&view=article&id=51&Itemid=38 - ...Itemid=63
«Il suo nome compare per la prima volta nel 998 in un diploma dove viene confermato da Ottone III tra i possedimenti del monastero pavese di S. Martino. Il borgo di Oliva così come lo si vede oggi, risale alla seconda metà del 1700, in questo periodo fu ristrutturato abbattendo le casupole di sassi e malta e costruendo gli edifici che ancora oggi si possono vedere: la “Cà dâl 32”, la “Cà növ” e il “Cò da Dlà”. ... Il castello è a impianto quadrilatero, ha una corte centrale e un’ampia porta carraia sul lato orientale. Un alto muraglione cinge il castello su tre lati e viene ipotizzata anche l’esistenza di una torre a causa di una sporgenza sul lato settentrionale. Queste strutture sono state più volte riprese fino a dare origine al blocco quadrilatero che tuttora sorge nel punto più alto del piccolo centro abitato. Il castello è oggi di proprietà privata».
http://www.borghiecastelli.eu/oliva-gessi
Oramala (castello dei Malaspina)
«Il castello di Oramala è un fortilizio situato nel comune di Val di Nizza in provincia di Pavia. È posto su uno sperone roccioso a 758 m. s.l.m. affacciato sulla valle Staffora. Venne costruito nel X secolo dalla famiglia Malaspina, nel 1029 possesso del ramo Obertengo. Dopo un passaggio, nel 1157, nelle mani dei marchesi D’Este e nel 1161 del vescovo di Tortona, ritorna, nel 1164, grazie a Federico Barbarossa ad Obizzo I. Verso la fine del XII secolo, con le fortune dei Malaspina, vede il momento di maggior splendore, diviene centro di diffusione culturale ospitando trovatori provenzali. Nel 1474 la rocca viene fortificata da Manfredi Malaspina, per adeguarla alle nuove esigenze difensive dovute all'entrata in uso dell’artiglieria. Fuori dai flussi della storia il fortilizio rimane alla famiglia Malaspina sino alla fine del XVIII secolo, quando i marchesi di Oramala, trasferendosi a valle, ne decretano il declino; abbandonato, cominciò ad andare in rovina. Nel 1985 gli attuali proprietari, i fratelli Panigazzi, iniziano la ristrutturazione e il ripristino delle parti crollate, che è tuttora in corso. Nel 2005 viene aperto al pubblico il Museo dell’arte contadina e degli attrezzi del ferro. La struttura del castello è molto cambiata nel tempo: all'inizio piccola fortificazione, prende l'aspetto attuale con gli interventi del 1474. Il torrione semicircolare, i muri di 2,4 m. di spessore vengono edificati per poter resistere ai colpi di artiglieria. Ai suoi piedi giace un piccolo borgo che fa parte del circuito de i borghi più belli d'Italia».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Oramala
«...Verso il Mille, Palestro era un borgo feudale. Come tale aveva un suo castello, le cui vicende sono poco note. Esso sorgeva certamente sullo stesso luogo su cui s'erge oggi l'imponente suo torrione superstite. Lo storico mortarese Francesco Pezza riporta le origini del castello al cosiddetto "ricetto" o rifugi del popolo, sorti nei secoli precedenti l'anno mille e costruiti a difesa contro le incursioni degli Ungari e dei Mori. Il "Castellazzo", come viene designato in documenti dell'epoca, non era un castello signorile, ma una rocca costruita al confine di due regioni, il Vercellese e la Lomellina, di cui doveva difendere il passaggio obbligato della strada e il porto sul Sesia. Palestro viene eletta a parrocchia probabilmente nel 1006. Intorno ai secoli XI e XII appartenne ai conti di Lomello e Langosco. Nel 1335 1335 passa poi ai Visconti e nel 1452 ai Borromei, i quali rimangono feudatari del paese per due secoli e mezzo. Nel 1500 Palestro cade sotto il dominio spagnolo. Il 29 settembre 1614 Carlo Emanuele I di Savoia, che con il suo esercito si trova in Palestro, per rappresaglia contro gli Spagnoli ordina che il paese venga dato alle fiamme: secondo la tradizione orale, si salvano tre sole case. Subì poi un secondo incendio nel 1639. ... Delle fortificazioni citate dai documenti rimane, unica traccia, la massiccia Torre merlata, che s'innalza su di un pronunciato rialzo del terreno, nel settore sud-ovest dell'abitato, attorniata da un coacervo di edifici abitativi di origine rurale e varia datazione, comunque successiva a quella della torre. L'edificio fortificato, di cui la torre (nota come Torre dei Visconti, del XII secolo) - in condizioni di conservazione appena accettabili e deturpata dall'inserimento tra i merli di un mastodontico orologio moderno - avrebbe fatto parte, viene descritto dai documenti come un complesso alto-medievale in forma di "motta con ricetto" di stile nordico, con uno sviluppo murario di notevole ampiezza racchiudente un'area di circa cinquemila metri quadrati».
http://www.infolomellina.net/html/palestro.htm
«La frazione Parasacco è quella più importante del comune [di Zerbolò], sia per le sue antiche origini, sia per il numero dei suoi abitanti. Sorge a nord-ovest del capoluogo, sulla strada per Borgo San Siro, ed il castello che vi è stato costruito è parte integrante di quella ideale linea difensiva costiera (Borgo San Siro, Parasacco, Caselle, Zerbolò) posta a salvaguardia della riva destra del Ticino; l'origine del nome è proprio dovuto all'antico castello-fortezza che i pavesi fanno costruire per porre un freno alle scorrerie ed ai saccheggi dei milanesi in Lomellina (para saccum). Già nel 1400 costituisce comunità autonoma e solo dopo il 1815 viene definitivamente incorporata nel comune di Zerbolò. La sua localizzazione nelle vicinanze delle sponde del Ticino ed in un punto di facile guado, la rende postazione fortificata di prim'ordine e centro i numerosi ed aspri scontri militari durante i quali più volte il ponte di barche ivi costruito (oggi detto di Bereguardo) viene distrutto. Il Castello, di piccole dimensioni, ma molto bello nell'armonia e nelle sue linee architettoniche, costruito, probabilmente tra il XIV e il XV secolo, sopra un terrazzo alluvionale, appare ancora ben delineato nella sua struttura originaria. Di esso sopravvive soltanto una piccola parte, probabilmente un settore del maschio centrale di una ben più vasta opera fortificata. Non è possibile avanzare ipotesi circa la tipologia dell'edificio originario, né su come e quando siano andate distrutte le parti mancanti. Quanto è sopravvissuto conserva le particolarità caratteristiche delle costruzioni militari basso-medievali: finestre centinate e inferriate (una, posta al centro del torrione in cui s'apre l'ingresso un tempo munito di ponte levatoio, strombata e modanata in cotto, di costruzione sicuramente posteriore), beccatelli (che presuppongono un apparato a sporgere successivamente scomparso e sostituito dal tetto a spioventi) alla sommità del massiccio torrione con l'ingresso principale, alla sinistra del quale è riconoscibile la pusterla (piccolo passaggio pedonale, anch'esso munito di ponte levatoio) e, al di sopra di questi, le sedi dei bolzoni dei rispettivi ponti. L'andamento della facciata è moderatamente curvo; alla sinistra del torrione sono chiaramente visibili le tracce di una costruzione a esso collegata. L'edificio, già restaurato alcuni decenni addietro ma attualmente bisognoso di nuovi lavori conservativi, conserva, pur nella minima entità delle strutture sopravviventi, grande fascino».
http://www.infolomellina.net/html/zerbolo'.htm
«Il broletto (dal latino brolo, cortile o campo recintato) o arengario si identifica nelle città lombarde, a partire dal XI secolo come un’area recintata dove si solevano svolgere le assemblee cittadine e dove si amministrava la giustizia. In seguito il termine venne usato per identificare il palazzo dei consoli, del podestà e genericamente il palazzo municipale. Il Broletto di Pavia è situato in Piazza della Vittoria, esso risale al XII secolo. Venne eretto, secondo la tradizione, per volere del vescovo San Damiano, che lo elesse a sede vescovile, anche se l'edificio divenne, in seguito a numerose modifiche, sede del potere temporale, in qualità di palazzo comunale. Sopra un'area che ospitava costruzioni o almeno resti di insediamenti romani, come testimoniato da alcune pavimentazioni riportate alla luce durante gli scavi, venne edificato il palatium Novum, sede del Comune. Prima sorse l'ala sud dell'edificio, seguita immediatamente da quella est. La parte più antica è verosimilmente il basamento, che presenta un portico sorretto da arcate a sesto acuto; la parte superiore invece, di gusto rinascimentale, ospita una loggia a doppio ordine, sulla quale si apre una sala che un tempo veniva adoperata per le adunanze (ossia il brolo che in seguito ha dato nome all’intera costruzione). L'impianto dell'edificio, che era in un primo tempo a ferro di cavallo, venne modificato alla fine del XIII secolo dalla costruzione delle absidi del Duomo ad ovest, l'aggiunta delle quali creò l'impianto a forma di quadrilatero intorno alla corte interna. L'orologio che orna la facciata, di origine più recente del resto dell’edificio, risale al 1872 quando alla cappella della Madonna si sostituisce il coronamento mistilineo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Broletto_%28Pavia%29
Le foto degli amici di Castelli medievali
SPECIALE FOTO DEL CASTELLO VISCONTEO E DELLA TORRE CROLLATA di Costante Bonvini
«Il Castello di Pavia fu iniziato nel 1360 sotto la guida del grande ingegnere Bernardo da Venezia. Era quadrato, con quattro torri e con un largo fossato che veniva riempito d'acqua derivata dal naviglio: una costruzione enorme per una città che faceva allora circa 20.000 abitanti. Per la sua realizzazione erano adibiti giorno e notte oltre 500 operai a suon di sferza e i lavori procedevano così rapidamente che, dopo soli 5 anni, era già abitato dal Duca. Le belle finestre sono ancora quelle dell'epoca, mentre la parte alta dei merli ghibellini è stata rifatta. Anche le torri e il corpo centrale sono stati coperti da un tetto per evitare le infiltrazioni d'acqua. La torre di sinistra è chiamata "della Biblioteca" perché in essa vi lavorò Francesco Petrarca, ordinando e commentando i preziosi libri scritti a mano. La torre di destra è detta "delle Reliquie" perché nella Cappella Ducale venivano conservate le reliquie dei Santi che molto spesso i Nobili in visita portavano ai Duchi. Nell'atrio, agli angoli, sono conservate delle grosse sfere di granito: sono le bombe che venivano lanciate dalle catapulte e dai mangani francesi contro il castello durante la battaglia di Pavia del 1525. Nel bombardamento andarono distrutte le due torri posteriori ed anche i due lati del castello che si vedono chiaramente rifatti in diverso stile nel 1600 e nel 1700. Una delle torri abbattute era chiamata "degli specchi" perché in essa le Dame in arrivo andavano a mettersi in ordine prima di essere ricevute dai Duchi; l'altra era "la lunga dimora", la prigione di Stato, ove ben 103 cittadini subirono la cosiddetta "quarantena", cioè quaranta giorni di tortura. Durante i 150 anni che il castello fu abitato dai Visconti e dagli Sforza, tutti i grandi Signori italiani e stranieri lo visitarono per andare a caccia nel bellissimo parco che si estendeva dal castello stesso fino alla Certosa. Nel 1495 Ludovico il Moro, appena divenuto Duca, chiamò a decorare le sale del Castello Leonardo da Vinci e il Bramante: Leonardo fece dipingere i saloni in color azzurro cielo e vi fece applicare delle stelle in oro zecchino; Bramante fece porre ai lati del ponte levatoio alcuni guerrieri con scimitarre e dei paggetti che avevano la funzione di ricevere gli ospiti. Nel 1600 e 1700 i saloni furono sbiancati per disinfettarli dalle frequenti epidemie di peste e colera e attualmente sono sede dei Musei del Risorgimento e gallico romano».
http://www.comune.pv.it/certosadipavia/altri.htm
«La fisionomia di Pavia muta radicalmente tra la prima metà e la fine del XII secolo, allorché due successive cinte di mura ne configurano un impianto quadrangolare (omogeneo con il più interno nucleo romano e altomedievale) e, da ultimo, radiocentrico. La terza cerchia, costruita attorno al 1195-1198, suggella il massimo ampliamento nel perimetro che sarà ricalcato dalle mura di età spagnola e che delinea tutt'oggi il cosiddetto centro storico. L'andamento curvilineo della cinta a settentrione impone una convergenza a forcella degli assi viari interni ed esterni, secondo le direttrici già determinate dalle nove porte del primo e più interno muro di età tardo-romana, nonché dalle rispettive del secondo muro. Ancora nove porte si aprono infatti nel terzo muro: a sud la Porta del Ponte nuovo, la Porta Calcinara, a est Porta di Santa Giustina e la Porta Palacense di fuori; a ovest la Porta Marica di fuori; a nord le Porte di S. Stefano, di S. Vito e di S. Maria in Pertica. Oltre che nelle mappe e nella descrizione di Pavia di Opicino de Canistris (1330 ca.), il terzo muro si documenta per resti (la Porta Nuova del Ticino e la Porta Calcinara, alquanto rimaneggiata) e memorie iconografiche. Tra queste la veduta di Pavia da nord, dipinta in Castello intorno al 1370, si segnala per straordinaria forza evocativa, essendo intenzionalmente ritratta la città nel 1359 (all'atto cioè della conquista di Galeazzo Visconti), nella caratterizzazione di profilo, d'impianto e di spicco monumentale (il Broletto, campanili e torri, Porta Palazzo e annessa Torre di Boezio del muro interno, Porta S. Vito e torrette delle Mura, chiesa del Carmelo nel suburburbio) del suo pieno assetto medievale».
http://www.comune.pv.it/parco/pv3.htm
«Palazzo Belcredi prospetta su Via Frank e costituisce uno dei pochi ambienti medievali pavesi (e lombardi) pervenuti fino ai nostri giorni. L’edificio fu costruito su fondamenta romane, i cui reperti sono stati ritrovati nei primi anni '70 del Novecento. Già nell'VIII secolo Palazzo Belcredi era un palazzo nobiliare, probabilmente per essere ubicato presso la reggia di Teodorico e la chiesa di San Colombano. Intorno al 1100 esso viene demolito insieme alla reggia e poi ricostruito: l'unico reperto rimasto è la vera del pozzo, oggi conservata nell'androne d'ingresso. L'ossatura dell'edificio è in gran parte di tipo romanico, con bella facciata in cotto e ampie tracce di monofore e portali a tutto sesto. A un successivo intervento, operato nel Quattrocento, appartiene il portale d'ingresso, inquadrato superiormente da una cornice in cotto di tipo tardo-gotico. II cortile è del Cinquecento, mentre lo scalone presenta una balaustra barocca con eleganti trafori. Si può affermare con certezza che il Palazzo presenta sia mura medievali, sia mura risalenti al V secolo. I Belcredi, feudatari sin dal 1164 di numerose terre in Oltrepò, sono stati proprietari del Palazzo e della Torre per almeno sette secoli, fatto questo che ha consentito l'ottima conservazione e il mancato smembramento del complesso. Alla fine del Settecento, il Palazzo è di proprietà del marchese Giuseppe Gaspare Belcredi, docente di diritto civile e feudale all'Università di Pavia. Dopo la metà dell'Ottocento esso diviene proprietà della famiglia Germani Brugnatelli e, dal 1965, dei proprietari attuali».
http://www.visitlombardy.it/attrazioni_dettaglio.php?id=54f393c8ebcbd&iat=iat_pv_pavia&prov=Pavia
«Palazzo Bottigella di Corso Mazzini – ne esiste un altro in Corso Cavour – fu costruito da Gio. Antonio Amadeo, negli anni 1492-94. Sorge sull'area di un edificio preesistente, di cui rimane il portale d'ingresso, munito degli originali battenti lignei quattrocenteschi. La facciata fu intonacata in età barocca, e non presenta aspetti particolari. Di grande interesse, invece, è il cortile, uno dei più belli del rinascimento pavese, provvisto di un elegante portico al piano terreno e una splendida loggetta al piano superiore. La pregevolissima decorazione pittorica, recentemente restaurata, è forse dovuta al pennello di Bernardino Lanzani. L'interno del Palazzo, che ospitò anche il duca Ludovico il Moro e gli ambasciatori della Serenissima, conserva alcune sale con volte a stucchi, affreschi secenteschi e camini barocchi» - «L’antico casato dei Bottigella esprime nel secondo Quattrocento uomini illustri per incarichi ufficiali, legati alla corte ducale. I membri della nobile famiglia esaltano l’immagine del proprio prestigio nella dimora, diventando i protagonisti del rinnovamento urbano di età sforzesca. La facciata, di età settecentesca, mostra il profilo dell’arco in terracotta, testimonianza del periodo rinascimentale. L’elegante cortile rettangolare, uno dei più pregevoli dell’epoca, con portico e loggetta, mostra una perfetta sinergia tra architettura e decorazione, in pietra e terracotta, progettata da Giovanni Antonio Amadeo. Da notare i capitelli scolpiti a fogliami e volute. La pregevolissima decorazione pittorica, recentemente restaurata, è forse dovuta al pennello di Bernardino Lanzani. L’interno, che ha ospitato anche il duca Ludovico il Moro e gli ambasciatori della Serenissima, conserva alcune sale con volte a stucchi, affreschi secenteschi e camini».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/pavia/palazzo-bottigella - http://www.pavialcentro.it/monumenti/rinascimentale/palazzo-bottigella
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Porta Calcinara è una delle porte che si aprivano nella cortina muraria della città medievale in direzione sud, verso il fiume Ticino. Di queste porte rimane, oltre a Porta Calcinara, una seconda porta, Porta Nuova, visibile sul Lungoticino Sforza. ... Sul Lungoticino Visconti vi è Porta Calcinara (XII secolo), una delle porte che si aprivano nella cortina muraria della città medievale in direzione sud, verso il fiume. Costruita in laterizi e dotata di merlature, deve il suo nome al fatto che qui vi arrivavano le imbarcazioni che trasportavano la calcina e altro materiale da costruzione. La porta dà il nome anche al quartiere che si sviluppa a nord di essa, detto appunto “quartiere di Porta Calcinara”, una zona caratterizzata dal punto di vista urbanistico da tortuose stradine di origine medievale e da una forte pendenza del terreno. Un tempo aveva una marcata impronta popolare».
«La Torre Belcredi è l'unica torre gentilizia ancora intatta ed è la più alta di Pavia. Essa appare oggi conservata integralmente nella forma e nelle funzioni, a parte la costruzione di un locale sopra il primo solaio. La consistenza strutturale della Torre conferma le ipotesi avanzate in letteratura in sede storica in relazione alla finalità di questi edifici: essa infatti non presenta caratteristiche che depongano per una fruizione residenziale (la muratura interna non presenta tracce di ammorsature, di pannelli divisori o di elementi decorativi).La cubatura degli ambienti risulterebbe comunque insufficiente, soprattutto unita all'imperfetta planarità dei pavimenti (in cui l'estradosso delle volte è in vista e non coperto da mezzane di terracotta). D'altro canto la dislocazione della Torre (prossima a quella della Mostiola) ne compromette le finalità belliche: la valenza simbolica risulta così confermata. Coerentemente con le caratteristiche delle altre torri pavesi, la Belcredi è di forma pressoché quadrata, alta e stretta e con poche e piccole aperture. Anche le altre torri inoltre sono spesso situate agli angoli delle strade e fiancheggiate alla base da un voltane o da altri edifici. Spesso in sommità terminano tronche e possono presentarsi cave sin dal piano terra, poiché l'accesso avveniva all'interno degli edifici confinanti. L'altezza è di circa 60 metri (equivalenti a 100 braccia) e questo dato testimonia che probabilmente non è stata alterata: infatti non appaiono tracce né di sopraelevazioni né di decapitazioni. È stata però soppressa una volta che poggiava esternamente sul lato sud della torre. ... Il basamento non presenta il caratteristico rinforzo in conci lapidei che riveste la cortina di mattoni, tipico di altre torri pavesi; poco sopra il piano stradale nel lato est era invece presente fino al 1770 un frammento di una stele in calcare, datato I secolo d.C. L'omogeneità dei materiali impiegati dimostra l'unitarietà del progetto e della sua ben coordinata esecuzione, per unica soluzione e stesse maestranze. Mattoni, calce e legno sono i materiali impiegati. La muratura è "a sacco", cioè formata da due paramenti di mattoni faccia a vista e da un'intercapedine contenente inerti di ciottoli e spezzatura di mattoni, posti in opera in abbondante malta. ...».
http://www.palazzo-belcredi.it/palazzo.php
«La torre, alta ventiquattro metri con spessore dei muri di un metro, fu riformata alla fine del XV secolo su progetto di Jacopo da Candia per Cristoforo Bottigella, sulla base di una torre più antica. Faceva parte un tempo di un palazzo appartenuto alla famiglia Bottigella ed occupava, interrompendolo, parte dell'attuale Corso Cavour. Nel 1804 il complesso venne drasticamente ridotto per restituire alla via l'andamento rettilineo. La torre è diversa dalle altre torri pavesi perché più ricca di elementi decorativi: è ornata da cornici orizzontali, bifore, finestre rotonde ed è sormontata da una loggia rinascimentale. Sugli spigoli della fascia delle finestre sono visibili gli stemmi in marmo della famiglia».
http://www.pavialcentro.it/monumenti/da-piazza-della-minerva-porta-milano-romanico/torre-bottigella
Le foto degli amici di Castelli medievali
SPECIALE FOTO DEL CASTELLO VISCONTEO E DELLA TORRE CROLLATA di Costante Bonvini
«La Torre Civica di Pavia era una torre eretta a Pavia nell'XI secolo, crollata venerdì 17 marzo 1989. Costruita con pianta quadrangolare, la torre raggiungeva un'altezza di 78 metri. Tra il 1583 e il 1585 l'architetto Pellegrino Tibaldi guidò i lavori per aggiungervi una cella campanaria, che ospitò le campane del Duomo, fino a che queste non furono trasferite in un campanile proprio della Cattedrale. Il 17 marzo 1989, alle 8.55 del mattino, all'improvviso, la torre crolla rovinosamente, sgretolando 8000 m³ di mattoni, sabbia e granito. L'incidente, le cui cause sono attualmente sconosciute, provoca quattro morti e 15 feriti. Il 20 ottobre 1994 con l'atto n. 1489 della Camera dei Deputati, durante la XII Legislatura, Vittorio Sgarbi presenta una proposta di legge per la ricostruzione della Torre Civica, ma il progetto non va in porto. Nello stesso anno sulla cancellata dei resti della Torre è stato posizionato il bassorilievo commemorativo La Torre Civica e la sua storia, progettato e realizzato dall'artista pavese Antonio Luigi De Paoli su commissione del Kiwanis Club Pavia. Il 17 marzo 2014, a 25 anni esatti dal crollo, viene inaugurato il memoriale in ricordo delle vittime: una vasca di acqua inserita all'interno dei ruderi e specchi con giochi di luce che ripropongono in profondità l'idea della Torre. Alcuni resti della torre sono conservati nel Castello Visconteo di Pavia».
https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_civica_di_Pavia - Vedi anche: http://www.museicivici.pavia.it/pdf/servizieducativi/quaderni/torre.pdf
Pavia (torri di piazza Da Vinci e altre torri)
«Fino alla fine del Settecento passeggiare per i vicoletti di Pavia era davvero uno spettacolo, con le numerose chiese e le grandissime torri che punteggiavano il cielo azzurro della citta lombarda, tanto che Pavia era detta la “città delle cento torri”. Oggi la maggior parte di quelle torri sono andate perdute, spesso a causa del piano edilizio che dall’Ottocento fino alla seconda metà del Novecento ha privato Pavia di gran parte dei suoi edifici storici, oppure sono crollate per i segni del tempo e dell’incuria, come nel caso della Torre Civica, da sempre parte del Duomo di Pavia, che il 17 marzo del 1989 crollò improvvisamente, portandosi via le vite di quattro cittadini pavesi e cambiando per sempre lo skyline della città lombarda. Ma per fortuna ci sono ancora alcune delle gloriose torri del passato medievale e rinascimentale di Pavia, arrivate ai nostri giorni grazie all’amore di alcuni cittadini e a lunghe e minuziose operazioni di conservazione. Per cominciare il nostro viaggio tra le torri di Pavia arrivate fino a noi, un buon punto di partenza è l’angolo tra via Defendente Sacchi e via Lazzaro Spallanzani, dove se ne trova una che fino alla fine del Settecento faceva parte di Casa Zanardi, oggi andata perduta. Sempre in via Defendente Sacchi al numero 12 è ben visibile la torre del Majno, che col passar dei secoli è stata ampiamente rimaneggiata e integrata nelle costruzioni del vicino cortile interno. Da via Lazzaro Spallanzani si arriva a piazza Leonardo De Vinci, che da sempre ospita tre torri che fungono quasi da anticamera al Cortile Teresiano dell’Università di Pavia.
La prima torre, che si trova sul lato destro dell’Università, venne eretta nel Medioevo ed è stata rimaneggiata nel corso dei secoli più volte, mentre la seconda, detta dell’Orologio, è decorata con un orologio installato alla fine del Settecento, e la terza, che al suo fianco ha un portale medievale, era della famiglia Majno. Nell’angolo tra la via Giuseppe Galliano e via Mentana c’è una torre, molto ben conservata, che faceva parte di Casa Golgi, mentre a sinistra della via troviamo quella dei Catassi, che risale al XII secolo. Presso il cortile interno degli Uffici Catastali ci sono le fondazioni di una torre del Quattrocento, mentre sul lato destro di via Felice Cavallotti svetta il torrione di San Tommaso e nell’angolo di Corso Giuseppe Mazzini troviamo la torre della volta rabbiosa e al numero 15 della stessa strada una che fa parte di Palazzo Bottigella. Nel cortile di via Antonio Scopoli è presente una torre abbassata e all’angolo tra via Adeorato Resi e via Filippo Corridoni i resti di una medievale, mentre sulla sinistra di via Luigi Porta troviamo la torre mozzata della Mostola e di fronte un’altra che faceva parte del palazzo Belcredi. Scendendo oltre via Luigi Porta ecco la torre di San Dalmazio e nell’angolo tra Corso Giuseppe Garibaldi e via Giuseppe Pedrotti una torre abbassata della fine del Settecento. Nel lato destro di via San Giovanni in Borgo al civico 7 un’altra torre medievale abbassata, mentre nell’angolo con la piazza San Carlo Borromeo troviamo quella di Casa Lacchini. In piazza San Carlo Borromeo a sinistra c’è la torre di Santa Margherita, a destra quella della Canonica di San Giovanni in Borgo e al centro la torre che faceva parte di Palazzo Beccaria. Nell’angolo con via Scarpa e via Alboino abbiamo la torre di Casa Ferri, mentre in via Antonio Scarpa si trova quella di Casa Patroni, oggi inglobata nelle abitazioni della via.
Tra Corso Giuseppe Garibaldi e via Sant’Ennodio troviamo una torre con voltone, mentre in corso Giuseppe Garibaldi un’inglobata in una villa ottocentesca, una ribassata nell’angolo con vicolo San Marcello e la torre di Casa Parona nell’angolo con via Siro Comi. Nel largo sulla destra di Via della Rocchetta c’è la torre con voltone di Casa Corti, mentre nell’angolo con via Gaetano Capsoni troviamo la torre di Casa Capsoni e sulla sinistra, verso Strada Nuova, quella di Casa Martiginoni e nell’angolo con il vicolo dei Longobardi un’altra del tutto rimaneggiata. In vicolo dei Longobardi, presso lo sbocco con Strada Nuova, troviamo una torre con voltone, mentre nella Strada Nuova, di fronte al vicolo dei Longobardi, ecco quella della famiglia Isimbardi e sulla sinistra la torre dell’Aquila. Nell’angolo tra via Pietro Maffi e vicolo Pietro Pessani abbiamo una torre ribassata, mentre in via dei Liguri una torre a pianta rettangolare e sul lato sinistro di vicolo del Torrone una casatorre. Tra via Giacomo Rezia e via Gerolamo Cardano c’è la torre di San Majolo, mentre nel largo una torre ribassata, nell’angolo con via Giuseppe Frank una oggi sede di abitazioni e nell’angolo tra via Giuseppe Frank e via Jacopo Menocchio una torre inglobata nella casa al numero 11. Vicino a via Giacomo Parodi c’è la torre del vescovo, mentre vicino al Seminario Diocesano quella del monastero di Teodote. Ai numeri 17 e 30 di Corso Cavour troviamo due torri che facevano parte di Palazzo Bottigella e a destra, presso vicolo Novaria, la torre di Santa Cristina. Nell’angolo tra piazza della Vittoria e via Giovanni Antonio Omodeo ecco una torre del tutto intonacata, mentre sulla destra di via del Comune la torre del Podestà. Sulla destra di via dei Paralitici abbiamo la torre di Cavagneria in piazza del Duomo, sul lato nord del complesso religioso, troviamo i resti della Torre Civica».
http://www.labissa.com/paola-montonati/item/15752-un-viaggio-tra-le-torri-di-pavia
«Il castello di Pietra de’Giorgi che sorge sulla sommità della collina in posizione strategica, è considerato uno dei più antichi dell’Oltrepò Pavese poiché risalirebbe al 1012. A Pietra esisteva un altro castello a Predalino (località oggi chiamata appunto Castellone) purtroppo è andato distrutto e oggigiorno non ci sono più tracce di questa rocca; a metà del XVIII sec. c’era ancora una torre diroccata. Il castello di Pietra ha nel suo recinto la rocca di proprietà privata e un palazzo d’abitazione acquistato dal comune di Pietra de’Giorgi nel 1877 e oggi sede del Municipio. Come è già stato fatto notare il castello risalirebbe al 1012 e fu di proprietà dei nobili Sannazzaro (De Sancto Nazario); nel 1277 i ghibellini pavesi decisero di abbattere la potenza dei guelfi capitanati da Guglielmo Sannazzaro che si era rifugiato con i suoi soldati nel castello di Pietra; nell’aprile e nel maggio di quello stesso anno il castello venne assediato ma non venne mai espugnato, anzi coloro che avevano sferrato l’attacco furono costretti a ritirarsi ciò dimostra l’importanza della posizione strategica del castello e le sue robuste fortificazioni. Per l’assedio del castello di Pietra vennero in aiuto dei ghibellini pavesi che volevano distruggere la potenza dei Sannazzaro i Milanesi che intervennero col Carroccio, il marchese Guglielmo del Monferrato e parecchie altre città; in aiuto dei guelfi asserragliati nel castello si radunò a Piacenza un forte esercito composto da cavalieri guelfi cremonesi, la milizia della città di Parma ed altri di Reggio, Modena e Brescia questo contingente non si mosse però da Piacenza poiché il castello di Pietra riuscì a resistere senza bisogno di rinforzi. Nel gennaio del 1290 il castello subì un altro assedio ad opera del marchese del Monferrato però anche questo non andò a buon fine. Con il passare dei secoli lo scenario politico cambia e nel 1402 il castello di Pietra viene distrutto ad opera dei Beccarla (ghibellini) nemici storici dei Sannazzaro. I Sannazzaro vengono dichiarati ribelli da Filippo Maria Visconti per questo il castello di Pietra il 15 aprile 1406 viene donato a Galvagno e Antonio Beccarla consiglieri del giovane Filippo Maria. Nella donazione si parla del luogo dove sorgeva il fortilizio diroccato, la villa e territorio adiacenti. Nel 1447 muore Filippo Maria e i Sannazzaro cercano di strappare il castello di Pietra a Nicolò Beccaria (1453). Nel periodo di proprietà dei Beccaria il castello venne restaurato e riportato all’antico splendore e il paese prese il nome di Pietra Beccaria, è visibile una torre con merli ghibellini binati segno dell’unione tra le famiglie Beccaria e Giorgi; infatti Franceschina Beccarla ultima discendente del ramo di messer Fiorello I si sposò con il nobile Antonio Giorgi e portò in dote i beni di Pietra.
Le torri erano quattro, oggi ne rimane ancora appunto una sola delle altre tre solo dei monconi quasi irriconoscibili, nel cortile della rocca è interessante notare a destra di chi entra una porta medioevale a sesto acuto e la caratteristica decorazione a dente di sega che adorna le mura, le quali in certi punti arrivano allo spessore di 2 metri, il castello è dotato anche di un Oratorio dedicato alla Visitazione della B. V. e di un pozzo della profondità di 75 m.; quest’ultimo si trova nel cortile all’esterno della rocca e fa parte del fabbricato ceduto al comune nel 1877. Alla morte il nobile Antonio Giorgi proprietario del castello di Pietra e di tutti beni di Franceschina Beccaria nominò erede universale il nipote Pio Beccaria (da quel momento si chiamerà Pio Beccarla Giorgi). I conti Giorgi di Vistarino che già da anni reclamavano la proprietà del castello, per questioni di parentela, tornarono a pretendere una parte di eredità; la controversia venne risolta lasciando la rocca a don Pio Beccaria Giorgi e il palazzo (attuale municipio) pure compreso nel recinto del castello ai fratelli Antonio e Gerolamo Giorgi di Vistarino. Il palazzo d’abitazione venne venduto dal conte Augusto Giorgi di Vistarono alla Signora Giuseppina Meardi vedova Leidi il 3 dicembre 1864 (atto di permuta del notaio Antonio Borella). Lei a sua volta lo vendette per L. 28.000 al comune di Pietra de’ Giorgi il 31 agosto 1877 (rogito notaio Cesare Brusati di Pavia). All’esterno del palazzo municipale si trova il pozzo del castello già citato prima, al piano seminterrato del municipio si può ammirare una splendida cantina con soffitti a volta che in antico era probabilmente utilizzata come prigione del castello e poi successivamente come scuderia per il ricovero dei cavalli del signore. La rocca per passaggi di eredità passò di proprietà dai Beccaria-Giorgi, agli Eotwos, ai Dal Pozzo; questi ultimi la vendettero agli attuali proprietari signori Dosi».
http://www.comune.pietradegiorgi.pv.it/storia/preda.htm
«Collocato ad una altitudine di m 860 slm, Pietragavina è un villaggio di impianto medioevale, castello citato nel diploma imperiale del 1164. Infatti, sotto la sovranità dello Stato di Milano ebbe come feudatari prima i Malaspina di Varzi, poi quelli di una linea detta di Pietragravina, estinta nel XV secolo. Passò allora ai Dal Verme (1449), signori di Bobbio. Nel 1723 fu venduto ai Tamburelli di Bagnaria. Del dominio malaspiniano conserva l'attuale castello, recentemente restaurato e ormai di proprietà privata, dal quale si gode una bellissima vista sull'Appennino e si domina l’intera vallata Stafora. Il castello si sviluppa attorno alla torre principale, dotata di scala interna che consente il collegamento tra il piano terra e il piano primo con terrazza e la cima della torre anch’essa molto panoramica. La torre presenta ancora oggi merlature e feritoie sulle mura. Il piano terra ha un atrio d’ingresso, soggiorno con camino e affaccio al giardino, studio con affaccio al giardino, sala da pranzo, cucina e bagno. L'edificio conserva gli antichi bastioni, nonché i resti delle fortificazioni dalle quali era circondato. Vi è, infine, un giardino di 1000 mq circa, in cui è situato il pozzo storico. Nel corso dei secoli il castello ha subito vari interventi di ristrutturazione, l' ultimo in ordine di tempo nel 1965 ad opera degli attuali proprietari i quali hanno trasformato l’interno in abitazione privata mantenendo però invariato l’aspetto originario e l’alto valore storico architettonico».
http://castelliere.blogspot.it/2014/11/il-castello-di-martedi-18-novembre.html
Pieve del Cairo (castello Beccaria)
«Nell'anno 800 Cairo, Pieve e quasi tutta la Lomellina passano, per ordine di Carlo Magno, sotto il dominio dei Conti Palatini di Lomello. Nel 1154 Federico di Svevia, detto il Barbarossa, sceso in Italia per rivendicare i suoi diritti sulla penisola, attraversando la Lomellina per assediare Tortona, mette a ferro e fuoco la corte del Cairo e distruggendo il castello; proprio queste sono le prime notizie della fortezza. Nel 1404 Facino Cane, condottiero al soldo dei Visconti, saccheggia gli abitati del Cairo e di Pieve del Cairo e ne abbatte nuovamente le fortificazioni. La rocca viene ricostruita e fin da questa epoca prendono il via rimaneggiamenti e trasformazioni. Il borgo passa nel 1451 ai Beccaria, e, nel 1467, Federico III dà in feudo Cairo e Pieve del Cairo ai nobili Isimbardi di Milano (creati marchesi nel 1610). Tra i secoli XVII e XVIII il castello acquisisce il suo aspetto definitivo e il borgo subisce gravi distruzioni sia da parte di truppe che si accampano, sia per le inondazioni del Po (1755, 1790). La cittadina ha la sua gloria nel 1512, quando i suoi abitanti liberano il cardinale Giovanni de' Medici, legato pontificio di Giulio II presso l'esercito della Lega Santa, mentre, catturato dai Francesi nella battaglia di Ravenna contro le truppe papali ed "ospite" nel castello di Pieve del Cairo, viene scortato oltralpe. Questo episodio non viene dimenticato dal Cardinale che, salito sul soglio pontificio col nome di Leone X, ringrazia il popolo pievese con un dono: con una bolla del 19 settembre 1516 concede ai pievesi due Giubilei annui, uno per la prima domenica di giugno, e l'altro per la festa della natività della Madonna (8 Settembre), cui è dedicata la chiesa del paese. ...
Il Castello è uno dei più ampi della provincia di Pavia e la sua pianta sembra voler realizzare una sorta di compromesso tra i progetti più antichi di castello con torre alta, unica, centrale, e quelli più tardi con torri angolari. A seguito di radicali trasformazioni ed ampliamenti apportati dai Beccaria e dagli Isimbardi, delle primitive strutture della rocca rimangono soltanto la torre angolare di sud-ovest, una torre mozza a nord-ovest e la torre alta, non più centrale, ma posta ad est. L'ala superstite del fortilizio originario, quella con mattoni a vista, si sviluppa nelle immediate vicinanze della grande torre; il restante tratto che la collega alla torre angolare di sud-ovest è stato interamente ricostruito nel secolo XVIII. L'ingresso si apre in un corpo avanzato in forma di rivellino (che conserva, ben visibili, le tracce del ponte levatoio e della passerella pedonale), sovrastato da due altane sovrapposte, ciascuna delle quali a tre fornici. Questa caratteristica, unica nella tipologia dei castelli della Lomellina, probabilmente aggiunta nel corso dei restauri eseguiti nel secolo XVIII, è ripetuta nelle due torri angolari sul lato meridionale (quello principale). Il lato settentrionale, con le sue due torri, è quello che ha maggiormente conservato i caratteri grevi e austeri del fortilizio medievale. Di grande eleganza la corte nobile, con alti archi a tutto sesto, di gusto vagamente barocco. Da rilevare al pianterreno un magnifico salone di stile neoclassico. Al centro del cortile vi è una bella fontana barocca che raffigura il dio Nettuno».
http://www.infolomellina.net/html/pievecairo.htm
Pinarolo Po (castello Malaspina-Visconti)
«Il fortilizio costruito nel XIV secolo, è collocato nel centro del paese, lungo la via principale. è a pianta quadrata ed era dotato in origine di quattro torri agli angoli ed era articolato intorno ad un grande cortile interno il tutto difeso da un ampio fossato sovrapassato da un ponte levatoio. Delle quattro torri resta solo oggi quella situata nell'angolo sud occidentale sporgente in pianta verso l'esterno e completata da una loggia rinascimentale. Sul lato settentrionale, si apriva un largo varco (oggi murato) concluso da un arco a sesto acuto, forse un antico ingresso. Sulle facciate e sulla torre vi è il caratteristico fregio costituito da mattoni posti a dente di sega. La fronte orientale è stata completamente trasformata, da questo lato il castello si presenta infatti come un cortile semiaperto sulla strada. La struttura è in mattoni a vista tipica dei castelli di pianura. La costruzione è articolata intorno a due corti, su di una prospetta la villa vera e propria, con un tradizionale impianto a "C", mentre su di una corte agricola di servizio prospetta un fabbricato con stalle e magazzini. Il castello versa in uno stato di cattiva conservazione ed è abbastanza degradato, è proprietà privata».
http://www.oltrepeat.com/oltrepo-pavese/castelli/castello-di-pinarolo-po (a c. di Arno Faravelli)
RIVaNAzzano (torre pentagonale)
«Forse in pochi lo sanno. Ma un tempo Rivanazzano era cinta da mura e si trovava pure un castello. A testimonianza di questo resta la torre pentagonale che fu costruita nel XIV o nel XV secolo. Questo monumento, oggi simbolo della località termale, rappresenta uno dei rari esempi di fortificazione non esagonale. Chiunque, transitando lungo la provinciale del Penice, la può ammirare appena dopo la piazza principale del paese, quasi accanto al palazzo comunale. è una torre pentagonale irregolare, in mattoni, con scarpata e feritoie, coronata da merlatura guelfa e coperta da tetto. La torre conta ben otto feritoie. Fece probabilmente parte del castello, di cui oggi non rimane nulla, e che fu più volte distrutto nel medioevo. è un tipico esempio delle tecniche di costruzione medioevali. Ha pianta pentagonale, merlature in stile guelfo e proprio per questo motivo è anche chiamata Torre Guelfa, e un’altana coperta. Le sue caratteristiche la rendono unica fra le torri costruite in quel periodo nella provincia di Pavia. Vicino alla torre si trova un edificio la cui architettura fa presumere sia sorto sui resti di un precedente castello, di cui non restano però tracce storiche. Si presume però che la torre facesse parte delle antiche mura che circondavano e difendevano, nel tardo medioevo, il borgo di Rivanazzano. La torre sarebbe l’ultimo reperto rimasto ancora intatto. Negli ultimi anni è stata anche oggetto di un restauro generale che ha permesso di far tornare agli antichi splendori questo monumento. Dietro alla torre si trova un palazzo con alcune finestre, alquanto caratteristico, che risale alla fine del secolo XV. A fianco della torre si apre il verdeggiante parco Brugnatelli che ha origini molto antiche. La torre pentagonale misura un’altezza visibile di 19 metri. Termina nella parte superiore con una coronatura merlata guelfa coperta da un tetto in coppi. Accanto si trova il Palazzo Brugnatelli dove sorge un’altra torre di più modeste dimensioni realizzata in mattoni a vista».
http://www.comune.rivanazzanoterme.pv.it/testuale/vedere2.htm (a cura di Alessandro Disperati)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il Castello sorge su uno
spalto naturale del terreno; costituisce uno dei luoghi più interessanti di
Robbio e si tratta di un esempio unico in Lomellina. Robbio conserva,
insieme al castello e alle chiese romaniche, un intero quartiere di aspetto
tipicamente medievale, frutto di una serie di rifacimenti operati nei primi
decenni del secolo XX. L'insieme delle costruzioni, peraltro gradevole e di
notevole fascino, rappresenta un esempio del gusto in voga negli anni
Venti-Trenta per il Medioevo, architettonicamente trasposto anche su edifici
niente affatto antichi. Il castello, a impianto quadrangolare aperto sul
lato occidentale, circondato da fossato, già più volte rimaneggiato tra
basso Medioevo e Rinascimento, ha conservato intatta qualche porzione del
paramento murario esterno (si riconosce, in qualche punto, la merlatura,
tamponata), mentre interamente ricostruita è la snella e alta torre, con
apparato a sporgere sommitale. Intatto anche l'ingresso, sopra al quale sono
visibili le tracce di un antico ponte levatoio. Nel centro storico della
cittadina sono riconoscibili altri resti, anche rilevanti, di costruzioni
fortificate di varie epoche».
http://www.infolomellina.net/html/robbio.htm
Romagnese (castello Dal Verme)
«Romagnese si trova nell'Alta Val Tidone, che interessa la zona montana dell'Oltrepò Pavese, facilmente raggiungibile seguendo la ex SS412. Non è lontano dal Passo Penice. Romagnese si trova a 650 m di quota, prestigioso luogo di villeggiatura estiva ed invernale per la salubrità dell'aria. ... Romagnese non è ignoto alla storia piacentina e pavese per via delle sue aggregazioni feudali. Vassalli di Romagnese furono a lungo i Landi, piacentini, per investitura ecclesiastica del Vescovado di Bobbio ed imperiale da parte di Lodovico di Baviera, nel 1327. Il territorio fu poi dominato dai casati degli Eustachi, dei Bentivoglio, dei Riaro e dei Sanseverino. Successivamente, nel 1383 il castello, il borgo e il territorio della Valle di Romagnese furono concessi in feudo da Gian Galeazzo Visconti al celebre condottiero Jacopo Dal Verme in premio delle sue benemerenze e delle imprese militari determinanti per l'espansione viscontea in Oltrepò, in aggiunta ai feudi di Rocca d'Olgisio (1378) e Val di Pecorara (1380). In data ancora incerta, ma fra il 1395 ed il 1409 e prima che morte lo raggiungesse, il conte Jacopo Dal Verme promulgò gli Statuti del Comune di Romagnesio, un originale codice di leggi civili e penali severissime che garantì benefiche ripercussioni sulla vita sociale ed economica di Romagnese. Il piccolo feudo Dal Verme seguì le fortune politiche della Signoria Viscontea, ingrandendosi con i territori di Zavattarello e Lazzarello fino a raggiungere la sua massima estensione con le concessioni fatte da Filippo Maria Visconti, Signore di Milano, delle città di Bobbio e delle terre di Voghera e di Castel San Giovanni, sottratte all'autorità e competenze dei Comuni di Piacenza, Tortona e Pavia. ... Sorto nell'alto medioevo, nel 1383 il feudo di Romagnese fu acquistato dal condottiero Jacopo Dal Verme, la cui famiglia, tra il XIV e il XV secolo, eresse il castello che da loro prende il nome sopra il precedente. Oggi sede del municipio, nella torre ospita anche il Museo dell'arte rurale e degli strumenti agricoli».
«L’edificio antico che rimane non è che una parte dell’antico castello. L’ala quadrilatera è costituita da un grande torrione, dagli spessori murari molto elevati e da un basamento a forte scarpata, con cordonatura. L’angolo di nord-ovest è smussato; quello di sud-ovest conserva l’intero sperone con relativo torrione, coronato da merlatura guelfa e relativo camminamento: i parapetti arrivano al ginocchio e l’imposta del tetto (a quattro falde) sopra la merlatura, è ad altezza d’uomo. La facciata occidentale è caratterizzata da fornice d’ingresso e nove finestre rettangolari. La controfacciata del castello, ad est, domina la piazzetta antistante: l’elemento più caratteristico è senza dubbio il portale di origine settecentesca in arenaria. Nella torre del castello di Romagnese, ha sede il museo civico di arte contadina. Gli spazi espositivi raccolgono numerosi oggetti tra i quali: arnesi da falegname, tipi diversi di stufe, riproduzioni in miniatura di attrezzi agricoli, macchine per calzature, angoli di cucina rurale ecc. Pare che all’interno vi siano dei graffiti risalenti al XVII secolo».
http://www.comune.romagnese.pv.it/storia.html - ...vedere.html - http://www.terrealtedoltrepo.it/it/terre-alte-d-oltrepo...
Rovescala (castello dei Conti)
«Nella parte alta dell'abitato di Rovescala. Risale probabilmente all'XI secolo. Si parla di Rovescala in un documento risalente al 1164, in cui Federico I lo assegna al Principato di Pavia, ed è presumibile che già fosse presente l'antico maniero poiché, qualche anno più tardi (1215), la Cronaca Piacentina narra che il castello fu preso, in seguito a duro e lungo assedio, da Milanesi e Piacentini e poi raso al suolo. Presto ricostruito, fu nuovamente vinto e saccheggiato dai Piacentini nel 1290… Finché, nel 1361, fu restaurato e fortificato da Galeazzo Visconti. Dai Visconti fu dato in feudo ai Pecorara, che lo ebbero - per certo - fino al 1786. Sottoposta, nei primi secoli della sua esistenza, a ripetute distruzioni e ricostruzioni, la fortificazione conserva tuttora l'originaria torre medievale, attualmente inglobata in un grande edificio settecentesco eretto proprio sul perimetro dell’antico castello. Il vano passante della torre, alta una ventina di metri, presenta un soffitto a volta, incerta testimonianza di una preesistente cappella. Degni di nota gli affreschi e le tele del XVIII secolo, in esso conservati. Nel suo interno è stato ritrovato un profondo trabocchetto che veniva utilizzato per tendere trappole ai nemici. Attualmente è residenza privata».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=66
San Damiano al Colle (castello di San Damiano, Rocchetta)
«Posto sul dosso che domina l'abitato, l'attuale castello di S. Damiano, che può farsi risalire al Trecento, o forse al Quattrocento, considerando la tecnica muraria delle parti originali ancora in vista, ha occupato il luogo di una precedente fortificazione dei primi secoli del medioevo (XI secolo). L'impianto è a corte, con corpi di fabbrica su tre lati. L'ingresso è difeso da una torre quadrata. Lo stato di conservazione è discreto. Funge attualmente da abitazione privata. ... Oltre al castello sul poggio, sorgeva nell'abitato di S. Damiano una seconda, importante fortificazione, identificata sul posto come "rocchetta" (o, talvolta, curiosamente, come "Corte dei Gatti"). Sorge in un interno di via Oliva, vicino alla parrocchiale, nel nucleo del paese. Risalente forse al XV secolo, è in uno stato di conservazione non buono, che potrebbe trasformarsi in un rischio di perdita, anche per le funzioni non acconce (abitazioni rurali, deposito) cui è adibita. L'edificio ha pianta rettangolare, con volume a blocco. La struttura muraria è in mattoni a vista. Presenta, come elemento significativo, una coppia di caditoie a protezione dell'ingresso, sul lato sud. Si tratta di una soluzione frequentissima in ambito alpino, ma - a nostro ricordo - pressoché unica nel territorio pavese, perlomeno nei termini con cui è proposta qui».
http://www.comune.sandamianoalcolle.pv.it/ComSchedaTem.asp?Id=28710 - ...Id=28712
«Il castello di San Gaudenzio
racconta, nelle forme della pianta rettangolare con le quattro torri merlate
angolari, la frequente architettura dei castelli quattrocenteschi in
Lombardia. Racconta, nelle belle monofore gotiche, ad arco o quadrate,
l’antica trasformazione da maniero di difesa a residenza delle delizie.
Vocazione recuperata ed enfatizzata nelle sale che già furono teatro di
sfarzosi balli e feste organizzate dalle nobili famiglie proprietarie
(Beccaria, Taverna, Trotti). Gli ambienti, sapientemente restituiti
all’originale sfarzo, sono eleganti e regali, consentono un tuffo nella
storia. A cominciare dal cortiletto interno, quadrato, di modeste
dimensioni, custode di un antico pozzo in pietra e di suggestivi affreschi,
alla galleria delle armi con volta a crociera, alle sale dei cigni, dei
fiori, delle dame, alla biblioteca, allo studiolo delle foglie, tutto parla
il linguaggio della storia nelle sue espressioni di piacevolezza. Oggi è un
hotel-ristorante 4 stelle...».
http://castelli.qviaggi.it/italia/lombardia/castello-di-san-gaudenzio
San Genesio ED UNITI (torre Viscontea)
«L'antica torre Viscontea di S. Genesio ed Uniti è un edificio storico, le cui origini risalgono alla seconda metà del XIV secolo. Premesso che il parco del castello Visconteo di Pavia comprendeva il parco vecchio, che si estendeva dal castello sino all'altezza di S. Genesio e il nuovo che dalla stessa località raggiungeva la Certosa, la torre era parte integrante delle mura che delimitavano il parco vecchio, da quello nuovo e che si estendevano fino alla Certosa, in direzione di Milano, correndo per 22 km dal Cantone delle Tre Miglia a Due Porte. La costruzione della torre è stata ultimata e destinata al corpo di guardia, intorno al 1394. Sempre a San Genesio, all'epoca villaggio addossato a nord del muro divisorio tra parco vecchio e parco nuovo e a margine dell'antica strada Mediolanum - Ticinum, l'attuale via Vigentina, si conserva la Porta Pescarina, la porta turrita che permetteva il passaggio fra i due parchi. L'edificio fortificato era la residenza del Capitano del Parco, che doveva sovrintendere alla manutenzione e alla sorveglianza del vasto possedimento privato della dinastia Viscontea, ma ospitò anche i signori e i loro ospiti durante le battute di caccia. La storia si interrompe bruscamente con la Battaglia di Pavia, uno degli scontri bellici più importanti e cruenti nell'Europa del tempo, combattuta il 24 febbraio 1525, tra Francesco I di Francia e l'Imperatore del Sacro Romano Impero, già re di Spagna ed arciduca d'Austria, Carlo d'Asburgo, diventato Carlo V. L'antica Torre Viscontea è stata di recente ristrutturata, mantenendo intatta l'architettura esistente, completamente restaurata, ed egregiamente adattata a Hotel, o meglio Residenza Storica utilizzando per gli arredi, oggetti e mobili di antiquariato e ricostruendo una reale atmosfera medioevale».
«Il castello, probabilmente di origine trecentesca, ha assunto nel ‘600/’700 gli aspetti di palazzo tardo-barocco. Del complesso originario ha conservato solo l’impianto quadrangolare e due torri (delle quattro esistenti) agli angoli del lato settentrionale. Visibili sono anche tracce del fossato, ora in parte colmato e sistemato a giardino. All’interno, che ospita gli uffici comunali, sono visibili degli affreschi» - «Il Municipio ha sede nel "Castello de' Herra", un edificio costruito intorno al 1580 sui ruderi di una rocca preesistente, interamente rimaneggiato nel 1700, dove si ammirano una bellissima scala a fuso, una grande sala e buona parte degli uffici comunali affrescati in stile barocco\rococò (negli anni '20, purtroppo, è stato eliminato il fossato con il ponte levatoio per far posto alla nuova sede della strada principale, ora ne rimangono solo le vestigia nel parco attorno al Palazzo municipale). Oltre agli uffici comunali, il castello ospita: l'ambulatorio medico, la scuola materna, la posta, la biblioteca comunale, la sede della Protezione civile, quella della Pro loco ed un piccolo museo dedicato a Gianni Brera (a cura della Biblioteca Comunale)».
http://www.visitapavia.it/itinerari/Castelli%20nel%20Pavese/Castelli-del-Pavese... - http://www.comune.sanzenonealpo.pv.it/territorio
Sant’Alessio con Vialone (castello)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Noto come Sancto Alexjo fin dal XII secolo, appartenne alla nobile famiglia Canepanova di Pavia, cui fu tolto dai Beccaria nel XIV secolo. Un ramo di questa casata prese nome da Sant'Alessio, poi Beccaria di Montebello. Dopo l'estinzione di tale ramo (1629) il paese non fu più infeudato. Faceva parte della Campagna Sottana di Pavia. Nel 1512 fu saccheggiato dagli Svizzeri e nel 1527 dai Francesi. Nel XVIII secolo gli furono aggregati i piccoli comuni di Lossano e Guardabiate. Nel 1841 fu infine aggregato a Sant'Alessio anche il comune di Vialone. Nel 1863 prese il nome di Sant'Alessio con Vialone; nel 1929 fu soppresso e unito a Lardirago, ma nel 1947 riacquistò l'autonomia. Vialone compare già nell'XI secolo come Vicus Alloni; successivamente fece parte forse del feudo di Sant'Alessio, nell'ambito della Campagna Sottana di Pavia. ... L'edificio rientra nel tipo del castello definito "a simmetria zenitale", ossia costituito da un'alta torre centrale posta all'interno di un cortile delimitato da un edificio articolato su quattro corpi di fabbrica. I rispettivi profili di pianta sono tutti contenuti entro tre quadrati concentrici. Questo impianto di perfetta simmetria, geometricamente di alto livello, ne fa una realizzazione di alto interesse. Si presuppone forse la mano di un architetto, o almeno di maestranze, di vaglia, di cui però non sappiamo nulla. La torre è un massiccio parallelepipedo in mattoni, concluso alla sommità da un loggiato-vedetta costituito da tre fornici per lato. Poderosa e alta, è veramente il perno non solo militare, ma anche visivo, di tutto il complesso. Le quattro fronti del castello hanno basamento scarpato. L'edificio sorge In posizione isolata nella campagna, ciò che ne aumenta l'effetto visivo. Il castello è databile al XIV secolo, anche se sorge su probabili preesistenze dell'XI secolo. È una delle fortificazioni più intatte e significative della provincia, anche per la chiarezza del suo organismo costruttivo e per il buono stato di conservazione complessivo, derivante anche dal non aver avuto trasformazioni nel corso dei secoli, né di aver mai, per quanto se ne sa, aver dovuto affrontare la prova del fuoco».
http://www.paviaedintorni.it/temi/territorio_file... - http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file/artearchitettura_castelli_file...
SANTA GIULETTA (torre Griziotti)
«È difficile dire, senza specifici apporti documentali e senza esami approfonditi sul posto, se la costruzione ottocentesca abbia conservato in tutto o in parte l'impianto del fabbricato medievale. Da alcuni indizi (in particolare la conformazione della fronte settentrionale) pare di poter arguire che parte delle antiche murature siano state utilizzate per la costruzione attuale, pur se rivestite di forme neoclassiche. Nell'insieme, tuttavia, solo l'eccellente posizione sul culmine della collina fa oggi immediatamente riconoscere l'edificio come possibile struttura militare medievale. Notizie storiche. Rimane, del castello che un tempo si innalzava a Santa Giuletta, la posizione, non più la costruzione. L'edificio fortificato medioevale, un tempo presidio visconteo, è stato infatti trasformato in età neoclassica in villa di campagna signorile, posta al centro di un vasto podere agricolo. Si sono conservati la posizione dominante dell'insediamento, ricordo della sua funzione difensiva, e il toponimo: l'edificio è infatti ancora spesso indicato sul luogo come "il castello". Uso attuale: intero bene: abitazione. Uso storico: intero bene: difensivo; intero bene: abitazione. Condizione giuridica: proprietà privata».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00592
Sartirana Lomellina (castello)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il castello di Sartirana Lomellina venne fatto costruire verso la fine del 1300 su volere di Gian Galeazzo Visconti e progettato dal capitano Jacopo dal Verme. La costruzione appare per questo motivo piuttosto sobria ed essenziale. Solamente nei secoli successivi, causa diversi rimaneggiamenti, il maniero divenne più raffinato perché modificato con diversi abbellimenti. Rafforzato verso la fine del 1400 dagli Sforza, che aggiunsero altre parti al corpo principale e che tale rimase fino al 1500, venne poi trasformato dalla famiglia Gattinara in una comoda residenza. Sartirana e il suo castello passarono quindi agli Spagnoli con Mercurino Arborio sino morte avvenuta nel 1530. Il maniero è appartenuto alla dinastia degli Arborio sino al 1934, e quindi al duca d'Aosta Amedeo di Savoia. Dopo alcuni decenni dalla seconda guerra mondiale passò a proprietà privata. Particolarità in un impianto architettonico standard quadrilatero, con fossato, cortile interno e quattro torri, è costituita da una delle quattro torri angolari, che ha forma circolare e non quadrata come le altre tre. Il castello di Sartirana Lomellina ha vissuto anni bui e se oggi lo possiamo ammirare e vedere in buone condizioni, è grazie ad importanti lavori di restauro che lo hanno interessato molto di recente. Il castello è la maggior attrazione del borgo e attualmente ospita il Centro Studi e Documentazione della Lomellina, la Fondazione Sartirana Arte, con i Musei delle collezioni di argenti, gioielli, oggetti di cultura contadina, grafica d'arte».
«Il castello è un edificio con
pianta quadrangolare, fossato circostante, cortile interno e quattro torri
agli angoli, delle quali quella in corrispondenza dello spigolo nord-est è
cilindrica. Ha tre piani fuori terra con altezza in gronda di circa 11m.
nelle parti laterali, e quattro piani in corrispondenza delle torri angolari
che hanno altezze differenti da 14m. a 16 m. Le strutture portanti verticali
sono in muratura di mattoni pieni, quasi totalmente a vista, e lo spessore
medio risulta al piede di circa 1,00 m. e in sommità di 0,60 m. Le strutture
orizzontali sono tutte a volta in mattoni tranne nel locale legnaia con
capriata in legno a vista e in due sale a piano terra la cui soletta di
copertura è costituita da travi e assito in legno. Le strutture portanti
delle coperture sono in legno con pianelle sottocoppo o lastre tipo onduline
e in alcune parti con assito. È dotato di tre collegamenti verticali situati
in tre angoli dell'edificio».
http://castelli.qviaggi.it/italia/lombardia/castello-di-sartirana-lomellina
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http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV110-00019/
«Il complesso monumentale di Scaldasole, una delle presenze d'architettura fortificata medioevale più significative della provincia di Pavia e dell'intera regione, è composto da un castello e da un ricetto. Tale tipologia edilizia, unica nel panorama lombardo, è frequentissima nel vicino Piemonte. Il nucleo originale del castello fu eretto alla fine del X secolo. Nel 1404 Ardengo Folperti, alto dignitario visconteo ed appartenente ad una nobile famiglia pavese, fece erigere il ricetto dagli architetti Milanino de Saltariis, Bernardo e Martino de Soncino, assegnandogli la funzione di piazza d'arme e di rifugio popolare, mentre il castello divenne la dimora signorile. Nella seconda metà del secolo i marchesi Malaspina, nuovi feudatari di Scaldasole, lo abbellirono con un portico ed una loggia. Il complesso edilizio, con le sue sette torri medioevali, le volte e i camini rinascimentali, alcune sale ottocentesche, ospitò alcuni illustri personaggi: nel 1491 Isabella d'Aragona, figlia di Alfonso duca di Calabria e promessa sposa di Gian Galeazzo Sforza duca di Milano, nel 1497 l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo e nel 1533 Carlo V d'Asburgo; nel XIX secolo il ministro Camillo Benso conte di Cavour e diversi altri statisti risorgimentali. La proprietà del castello e del feudo di Scaldasole passò dai marchesi Sannazzaro ai nobili Campeggi e, nel XIV secolo, ai Folperti. Quindi venne trasferita da Filippo Maria Visconti, nel 1436, al camerario ducale messer Jñigo d'Avalos conte di Ribaldeo e nel 1444 a Giovanni Pietro da Sesto, che la restituì ai Folperti nel 1451. Cinque anni dopo pervenne a Francesco Pico della Mirandola conte di Concordia e nel 1461, per atto di successione, a suo genero Giacomo Malaspina marchese di Fosdinovo. Nel 1577 fu ceduta al conte Rinaldo Tettoni, il quale la vendette al cardinale Tolomeo Gallio di Como nel 1582. Gli eredi, i Gallio Trivulzio duchi d'Alvito, alienarono le proprietà locali al loro livellario Carlo Brielli nel 1799 che, tre anni dopo, le diede in investitura perpetua al nobile Giovanni Antonio Strada di Garlasco. Il cardinale Tolomeo Gallio, segretario alle lettere ed ai brevi di papa Pio IV e, successivamente, segretario di Stato di Gregorio XIII, sistemò il giardino fastosamente, ma purtroppo dell'opera tardorinascimentale non rimangono che due enormi magnolie sul lato settentrionale del fossato, colmato per l'occasione, nonché una scalinata in sasso, adornata da due statue di Vicenza, che scende ad occidente. A poca distanza dall'ingresso settentrionale il prelato fece costruire delle bellissime scuderie, ancor oggi ben conservate. Di particolare interesse sono: il portico e la loggia del castello; i lunghi spalti merlati alla ghibellina del ricetto; la cappella oratorio del cardinale Tolomeo Gallio; la quattrocentesca Camera Longa dove il feudatario amministrava la propria giurisdizione e il Consiglio della Comunità locale si riunì fino all'inizio del XIX secolo; la sala da ballo in stile Luigi Filippo affrescata nel 1846 dal Maggi, allievo dell'Appiani. All'interno del ricetto si possono inoltre ammirare delle carrozze del XIX secolo, splendidamente conservate, un'armatura medievale ed una raccolta di armi d'epoca».
http://www.castellodiscaldasole.it/ita/storia_home.htm
SFORZESCA (villa cascina Sforzesca)
«La "villa della Sforzesca", frazione a pochi chilometri di strada da Vigevano, si compone di diversi complessi monumentali nati in successivi momenti storici. Il così detto "Colombarone" eretto nel 1486 da Ludovico il Moro; gli edifici adibiti a residenza dei salariati prospicienti la Via dei fiori databili alla fine del XV secolo; il complesso ottocentesco della villa patronale con il suo parco e la chiesa di S. Antonio. Il complesso denominato “Colombarone “ richiama la disposizione tipica dei castelli con quattro corpi di fabbrica intorno ad un cortile centrale quasi quadrato e quattro palazzotti agli angoli, chiamati colombaroni, ornati di finestre archiacute e fregi "a dente di sega". Tutto intorno una distesa di campagne coltivate, canali d'irrigazione e mulini ad acqua progettati niente meno che da Leonardo da Vinci, ospite della tenuta alla fine del Quattrocento. Il borgo deve il suo nome a Ludovico Maria Sforza che, nel 1486, trasformò questa sua possessione da "vile gleba" in "ricchissima terra", come si legge sulla lapide in distici latini dettati dall'umanista Ermolao Barbaro e murata sulla facciata d'angolo del “Colombarone”: "Ludovico Maria, figlio del divino Francesco Sforza duca di Milano, tutore del divino nipote e comandante supremo delle Milizie, per propria sagacia rese fertile questa arida pianura perennemente assetata col portarvi, con grande spesa abbondante acqua, e coll'erigere dalle fondamenta una amenissima villa preparò per se e per i posteri una piacevole dimora nell'anno di salute 1486". La prima notizia del formarsi di una possessione dei duchi Sforza presso Vigevano risale al 1463; il 12 agosto 1485 la comunità di Gambolò donava a Ludovico il Moro un nucleo di terreni che veniva ad ampliare l'estensione dei suoi fondi: la lapide commemorativa murata sull'edificio nella "colombaia" di nord-ovest data la costruzione del quadrilatero, che ancora conserva il nome Sforzesca, all'anno 1486. ... Recentemente un ultimo interlocutore si è aggiunto al lungo elenco dei proprietari di parte della Sforzesca. Il quattrocentesco edificio del Colombarone è stato venduto al gruppo Esselunga. La convenzione sottoscritta tra Esselunga e Comune di Vigevano per la realizzazione del centro commerciale Esselunga, prevede il passaggio di proprietà dello storico edificio al Comune di Vigevano, una volta ultimati i lavori di consolidamento».
http://www.comune.vigevano.pv.it/turismo/cosa-visitare/la-sforzesca
«La torre non faceva probabilmente parte della cinta muraria: costituiva con ogni probabilità una struttura difensiva autonoma, sia pure integrata con le altre del luogo. Costruita interamente in pietra locale, ha pianta quadrata e si sviluppa in altezza per circa venti metri. Sulla sommità un fregio in cotto sottolinea la merlatura, su cui si appoggia il tetto a falde. Ubicata nella parte settentrionale dell'antico borgo fortificato, in prossimità della chiesa, costituisce una significativa nota emergente del profilo del paese e nel circostante paesaggio. Nonostante l'utilizzo come magazzino, lo stato di conservazione è discreto. Più a nord, sul lato occidentale del borgo, sorge un'altra torre, una delle dodici poste a rinforzo della cerchia di mura. Se ne conserva solo la parte inferiore, inglobata in un edificio residenziale. Anch'essa ha struttura in pietra locale, ingentilita da un fregio in cotto e da alcune finestre centinate. Lo stato di conservazione è mediocre. Utilizzata come magazzino. Notizie storiche. Soriasco, insediamento di probabile origine romana, venne munito già nell'XI secolo di una "fortezza" (in pratica un borgo murato) eretta sulla sommità di un colle e costituita da una vasta cinta di mura praticabili rinforzate da ben dodici torri. L'insieme comprendeva anche un castello, che costituiva il punto forte dell'apprestamento. Il castello venne distrutto nel 1215/1216 dai Piacentini e mai più ricostruito. Il nome venne poi attribuito a una residenza castellata sorta nel Settecento nella parte meridionale del borgo (situazione che provoca più di un disguido, non solo sul posto, ma anche nei resti relativi all''abitato). Sono invece ancora visibili, nel centro storico, i resti dell'apprestamento maggiore, cioè della cinta turrita: si vedono infatti ancora alcuni tratti di mura, alcuni resti di torri. Una di queste torri, costruita nel XII secolo e restaurata nel 1412, è oggi la maggior presenza fortificata del luogo».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00223
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Secondo gli storici, le origini di Spessa risalgono all'alto Medioevo; il nome deriva dalla natura golenale del terreno su cui sorse, ricca di acquitrini e fontane che alimentavano la vegetazione molto fitta. Dopo le bonifiche, i raccolti furono abbondanti, spessi, da cui il nome di Spissa o Spixa poi Spessa. Il paese appartenne per lungo tempo a diverse comunità religiose di Pavia; prima ai Canonici della chiesa di San Giovanni Domnarum - come risulta da un diploma del 1129 - e poi ai Canonici di Santa Maria Gualtieri. Da un registro del Contado Ticinese del 1250 sappiamo che il luogo era diviso in due parti Spixa subtana o inferiore e Spixa suprana o superiore. La prima appartenne per un certo periodo al distretto amministrativo di San Colombano al Lambro, in seguito unitamente alla Spixa soprana, fu assegnata in feudo - diploma 19 gennaio 1475 di Galeazzo Maria Sforza - alla Casa Comitale d'Este, quindi aggragata al Vicariato di Belgioioso e infine passò alla Regia Camera. Il Castello di Spessa non è antico ma costruito sulle fondamenta di una struttura precedente. Difficile risalire alla data di costruzione dell'edificio originario. Lo stemma situato sopra il portone d'ingresso diviso in quattro campi ora illeggibili e sovrastato dalla mitra e dal pastorale, apparteneva sicuramente ad un alto prelato di nobile famiglia che lo fece erigere come maniero di campagna o tenuta di caccia. Passò in seguito ai conti Negri che provenivano dalla Cà Bianca di Stradella. Il periodo è incerto anteriore in ogni caso al XVII secolo. Successivamente si trasferirono a Torre de' Negri e subentrò la Famiglia Speciani. Il castello fu quindi demolito e ricostruito tra la fine del XVIII e i primi anni del XIX secolo. Sul lato nord è ancora visibile un'iscrizione che probabilmente riporta la fine della ricostruzione (Cesare Speciani 1819). La famiglia Speciani cedette la proprietà nel 1923».
«L'edificio, sito all'interno dell'abitato, nella sua parte occidentale, conserva i caratteri castellani soprattutto in pianta: si tratta infatti di un organismo quadrangolare, con cortile centrale e torre sporgente sull'angolo sudorientale. parte alterato, trasformando l'originario fortilizio in un palazzotto nobiliare. Tale trasformazione è avvenuta nel corso del Settecento, a opera della famiglia allora proprietaria dell'immobile. Il castello sottoposto a questa trasformazione risaliva con ogniprobabilità al Trecento, anche se non esistono documenti che lo comprovino. La trasformazione settecentesca è stata attuata mediante: - la ristrutturazione delle facciate (che vennero intonacate, e in cui vennero aperte nuove finestre occludendo invece i merli); - la cimatura della torre (la cui parte superiore, merlata, venne sostituita da,un'altana a loggiato); - il riempimento del fossato (sulla torre rimasero alcune tracce delle sedi dei bolzoni del ponte levatoio); - la costruzione di un elegante portico a tre campate nel cortile. Nell'insieme, ne è nata un'architettura curiosa, che assomma i caratteri dell'edilizia fortificata (visibili soprattutto nella piccola corte centrale) con quelli dell'edilizia residenziale tardobarocca, senza appartenere completamente né all'una né all'altra».
http://www.prolocospessa.it/Spessa%20%20-%20Il%20paese.html - http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file...
«In località Stefanago, sorge su di un poggio elevato a controllo delle valli dei torrenti Schizzola e Coppa, nella zona oltrepadana attinente al Comune di Borgo Priolo. Il nucleo più antico del castello che, risalente all'XI secolo, costituisce la caratteristica architettonica dominante del complesso. Ampliato con l’ala sud nel XIII secolo, periodo in cui si trasforma in struttura residenziale, il complesso viene completato nel '600. L'edificio ha subito pochissimi rimaneggiamenti, se non la ricostruzione della cima della torre, danneggiata nel '500 nelle guerre che contrapposero la Francia e la Spagna per il possesso del territorio e che la vide coinvolta in quanto punto strategico che controllava le comunicazioni di Milano con Genova. Il castello non ha mai vissuto la solitudine e l’abbandono di molte delle antiche strutture e dimore che hanno fatto la storia di questo territorio. Di proprietà dei Corti o De Curti fino al '600, nel '300 godeva di statuti propri. Nel '600 passa dai Corti alla famiglia Rossi e nell'800 ai Conti Baruffaldi, che tutt'ora lo occupano e che qui gestiscono l’omonima azienda agricola. Oltre alle sale ben conservate, nei momenti di apertura meritano una visita il bel giardino all'italiana, la prigione, il cortile nobile e la suggestiva chiesetta. Di proprietà privata, il castello viene aperto al pubblico in occasione di alcune manifestazioni».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=108
«Stradella, dall'antico stricta via, di antico non ha certo solo il nome. Il suo centro, di probabili origini romane, si trova sul tracciato della via Postumia. Pare inoltre che la zona, forse per posizione strategica e fertilità dei terreni, fu abitata in precedenza anche da tribù di Liguri e dai Celti. Prima del 1000 compare il nome della Rocca di Montalino che, ancora oggi, sovrasta l'abitato. ... Teatro di scontri tra i Piancentini e Pavesi, verso la fine del 1200 il borgo venne saccheggiato ed incendiato, cosicché, nel 1300, il vescovo Guido di Langosco fece costruire a sua difesa le grandi mura di mattoni lunghe un miglio, entro le quali, successivamente, i Visconti fecero erigere la Rocca inferiore. Dopo i Visconti e gli Sforza, gli stradellini seguirono le sorti della Lombardia subendo la dominazione francese, spagnola ed austriaca. Attorno all'800 fu possedimento della casa di Savoia che, dopo la definitiva sconfitta di Napoleone, riprese ad amministrare il borgo. La Rocca inferiore, acquistata dal Comune, venne abbattuta per aprire la piazza del mercato (l'attuale piazza Vittorio Veneto), e con essa il commercio di prodotti agricoli - tra cui l'ottimo vino - e i tessuti filati e tinti in paese. Sulla piazza, risparmiata dalle rivoluzioni armate, svetta ancora l'imponente simbolo di Stradella, la Torre civica, unica testimonianza diretta dell'antica città forte. Poco distante dalla Torre merlata, si possono inoltre ammirare la bella sede del municipio, il seicentesco Palazzo Isimbardi, e la Parrocchiale, della stessa epoca, dedicata ai Santi Nabore e Felice» - «Opera di Domenico da Rienze, la torre medioevale faceva parte della Rocca Inferiore, voluta dai Visconti e dal vescovo di Langosco (feudatario del borgo), che occupava il centro della piazza a difesa dell’abitato. La rocca venne abbattuta nel 1845, per far spazio al mercato, mentre alla torre risparmiata la stessa sorte. Aspetti artistici: la massiccia costruzione, monumento simbolo di Stradella, nonché unica testimonianza superstite di quella che era l’antica città forte, è realizzata in parte in mattoni a vista, costituita dalla porzione più antica e terminante con un apparato sporgente caratterizzato da merli ghibellini, e da una parte in muratura, che sovrasta la precedente, rappresentata da un’insolita cella campanaria dotata di orologi. Curiosità: la cella campanaria venne innalzata, sulla sommità della torre preesistente, dopo il novembre del 1834, quando, in seguito al crollo del campanile della vicina chiesa, si rese necessario trovare una nuova sede che potesse ospitare le campane del paese».
http://www.comune.stradella.pv.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/147 - http://www.miapavia.it/risorse/monumenti...
Torrazza Coste (palazzo Paleari Gallotti, palazzo Racagni)
«Palazzo Paleari Gallotti. Il Palazzo sorse nel secolo XVI sui resti di una vecchia casa forte della famiglia Rovida ad opera dei conti Paleari. L’edificio, con bella prospettiva, è in mattoni a vista, a forma di elle, con una torretta angolare munita di merli guelfi e decorazioni inferiori ad archetti in cotto e finestre ad arco acuto, intervallate da ovuli in parte chiusi. Questa torretta è posta in prospettiva della strada pubblica ed è molto suggestiva nel suo complesso. Focalizzando l’attenzione sull’ingresso, il visitatore noterà un portale ad arco ogivale con un cancello in ferro battuto. Sulla facciata, in marmo bianco, è scolpito lo stemma dei nobili Beccaria. Attualmente, il Palazzo presenta un aspetto romantico dovuto a un ampliamento realizzato dalla famiglia Gallotti nell’Ottocento, da cui l’edificio prese il nome. Palazzo Racagni. L’antichissima torre, detta “delle prigioni”, che ha dato il nome al paese di Torrazza, s’identifica nell’attuale costruzione della Villa Racagni. Nel manufatto si possono infatti ancora scorgere le strutture portanti dell’antica torre nel cui scantinato si trovano una particolare volta a sapienti orditure in mattoni a vista e le originali fondamenta in ciottoli e brecciame di pietra locale. In un vano di accesso delle robuste mura si legge scolpita su un laterizio la data 1526, che potrebbe essere quella di costruzione dell’attuale torre. In un salone della villa sono inoltre ben conservati alcuni quadri parietali del pittore vogherese Gallini e alcuni artistici fregi decorativi sulle volte del soffitto. Nel 1973 il complesso Racagni fu acquistato dal prof. Di Vito che lo fece restaurare insieme alla vecchia torre, raggiungendo un ottimo risultato tecnico e artistico».
http://www.naviglilombardi.it/poi/palazzo-paleari-gallotti/?level=last&new_id=26244... - ...18707&post_type=acd_poi
Torre degli Alberi (castello Dal Verme)
«Torre degli Alberi aveva un castello di incerta datazione (ma comunque collocabile prima della metà del XV secolo, allorché risulta citato in un documento), eretto probabilmente dalla famiglia Dal Verme, da cui tuttora prende il nome. L'edificio è stata completamente trasformato nel corso del tempo; rimane allo stato originario, o quasi, l'alta torre quadrata, ben visibile anche da lontano. ... La torre è costruita in opera mista, di pietra e laterizio, ed è dotata di apparato a sporgere. Le altre parti del castello sono state molto trasformate, dando al complesso veste di residenza di campagna nobiliare, peraltro ben tenuta. Molto rimaneggiate le finestre, restaurate alcuni decenni fa. Eccellente la situazione ambientale, sulla cima di una ripida collina, da cui si domina un amplissimo territorio intorno».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00218
Torre del Mangano (resti del castello)
«Epoca di costruzione: sec. XIV. Si tratta dei resti di un piccolo castello risalente forse al secolo XIV. L'edificio, ubicato fra le case dell'abitato, è a pianta quadrilatera, e presenta una bassa e robusta torre, che conserva traccia di decorazioni a fresco sulla parte sommitale. A destra dell'ingresso, una finestra in cotto con arco a pieno centro. L'edificio va forse posto in relazione con la porta che nella stessa località di Torre del Mangano dava accesso al grande parco visconteo posto a nord del castello di Pavia. Pure questa porta è oggi conservata e si innalza davanti alla chiesa parrocchiale di S. Michele».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00146
Torricella VerZate (torre Saracena o torre Isella)
«Appena sopra la via Emilia dopo Casteggio. da Pavia Km. 26, da Voghera Km. 15, da Broni Km. 7. Potrebbe sembrare la prua di una nave che solca il mare padano. Torricella Verzate sorge sopra uno scoglio di pietra calcare, alto 200 metri, in mezzo al verde delle colline. In passato, dove oggi si erge la chiesa, doveva sorgere un castello con una torre; e ancora se ne vedono i resti con tracce di feritoie e di un ponte levatoio» - «La torre esiste ancora e Torricella prende il nome da questa torre Saracena che è a ridosso della Chiesa parrocchiale e dell'annesso Santuario, posto nel punto più elevato del borgo. Il nome Torricella è anteriore al secolo XIII; infatti i primi cenni risalgono al 972 d.C., all'epoca di Ottone I di Sassonia, che donò i beni fondiari al papa, facenti parte del Monastero della Croce, fra cui Oliva, Montalto, Mairano e appunto Torricella. In seguito il feudo di Montalto fu acquistato dalla famiglia Belcredi e i discendenti di questa famiglia verso il 1350 possedevano tre castellanze, di cui una era Torricella, munita di una Torre di avvistamento e di un vero e proprio sistema difensivo fortificato».
http://www.cialombardia.org/ciastradella/il_territorio.htm - http://www.comune.torricellaverzate.pv.it/index.php?option=com_content...
«Tortorolo fu in epoca medioevale comune autonomo. Il toponimo è citato nell'elenco delle terre del contado pavese del 1250 come Turturolum cum Barleta in contea Lumellina. ... Documenti pavesi sull'estimo testimoniano che nel XIII secolo e precisamente nel 1250, il comune era iscritto nei ruoli dei contribuenti della città, con imponibile complessivo di 45 soldi, pari a quello della stessa Mede. Negli Statuta Statutarum di Pavia del 1452 si legge nella squadra di Lumellina, Torturolum. Nel 1644 Tortorolo appare incluso nell'elenco delle terre dello Stato di Milano. Il suo perticato è tutto di civile per 4000 pertiche ... In Tortorolo, nel 1763 possedeva 'nobile castello' il conte Ludovico Beccaria Gambarana che fu feudatario del luogo. Il latifondo fu successivamente proprietà dei signori della Guazzora poi dei marchesi Negro di Genova (1814), da cui passò ai notabili signori Cavallini (1823) proprietari di tutto il territorio circostante. è sempre stato borgo autosufficiente. Disponeva di una scuola elementare, edificata su terreno donato da Cavallini avv. Emilio, di un mulino a palmenti, di un forno comune per la cottura del pane, di una grande latteria con annesso caseificio, di una bottega di generi alimentari con annessa osteria, di una mascalcia. La frazione dista da Mede circa 1800 metri. Il Castello. Trattasi di costruzione in mattone, di non grandi dimensioni, a pianta quadrata, assai celebre in Provincia di Pavia, della cui architettura fortificata costituisce un eccellente esempio. Una sua datazione , sulla scorta di caratteri stilistici può forse suscitare qualche perplessità, ma le sue cortine esterne, decorate nella parte superiore da un triplice motivo di mattoni disposti a dente di sega secondo il tipico stilema dei castelli trecenteschi dell'area pavese, permettono, con buona probabilità, una datazione riferibile al XIV secolo. Questo stile, infatti, in semplice, duplice, o triplice fila, compare anche nei trecenteschi castelli di Belgioioso, Lomello, Argine, Pinarolo Po, Cozzo, Bornasco, e in quello varesotto di Fagnano Olona. Il rapporto insolito tra base ed altezza, fa presumere che abbia subito un rialzo.
La torre merlata secondo l'uso ghibellino, che nobilita il complesso, si eleva centralmente sul fronte maggiore in corrispondenza dell'ingresso. Essa potrebbe essere stata sovralzata su un semplice avancorpo di ingresso, normale in un castello trecentesco, ipotesi che le caratteristiche della parte superiore della torre e la diversità di colore dei mattoni parrebbe confermare. Ma tali elementi non escludono necessariamente che la torre si elevasse già precedentemente sopra i corpi e che sia stata non tanto sovralzata, ma eventualmente solo restaurata in qualche ristrutturazione. Il castello infatti fu pressoché tutto incendiato dai Franzesi, per essere stata, in occasioni di guerra, scagliata dagli spalti una archibusata contra il Capitano di quella nazione mentre stava alla testa di un corpo di Soldatesca Franzesa e restò il capitano medesimo da quel colpo sgraziatamente ucciso come accenna qualche canzone popolare. Questa torre a pianta quadrata, sovrasta i quattro corpi di fabbrica del castello con il suo stile slanciato, coronato dai lunghi beccatelli dell'apparato a sporgere, e sulla facciata spiccano ancora le sedi dei bolzoni del ponte levatoio che scavalca il fossato, in parte conservato, mentre il ponte levatoio è sostituito da uno fisso. Il cortile interno è pure a pianta quadrata e possiede un grazioso triportico con archi rialzati. Il castello comunque, nonostante le varie trasformazioni ed aggiunte del 600 e del 700, ha mantenuto una ammirabile proporzionalità architettonica nel suo stile. Lo stato di conservazione è soddisfacente. Nell'area antistante il castello sono presenti 9 bagolari, nome italiano della celtis australis, famiglia moracee, detta anche spaccasassi, arcidiavolo, fragiracolo, loto. Alberi che possono raggiungere i 15/30 metri di altezza, dal tronco grosso fino ad oltre un metro ...».
Trivolzio (castello o casaforte)
«Nel centro del paese, circondato da un parco, si innalza un edificio già menzionato in documenti del XII secolo. Si tratta del castello (in realtà una casa forte) in cui dimorava il "Vicario visconteo" che curava sul luogo gli interessi del signore di Milano. L'edificio, nella configurazione attuale, risale al Cinquecento, quando fu attuata una ristrutturazione che tolse alla casa forte i suoi caratteri fortificatori. Successivi rimaneggiamenti l'hanno trasformato in residenza signorile con parco. La costruzione ha una pianta ad "L", nella quale ancora si conserva il basamento a scarpa. Nel sottotetto di interesse una serie di aperture regolari che inducono a pensare ad una muratura chiusa».
Le foto degli amici di Castelli medievali
«L'attuale paese, formato in gran parte da cascinali, accoglie il visitatore con l'inconfondibile ed imponente mole del duecentesco Castello, che domina il centro abitato. Le sue torri, ben sette, non sono distribuite regolarmente, come di solito avviene, lungo il perimetro esterno, ma disposte in modo abnorme: tre sul solo lato meridionale, una (in cui trova collocazione l'ingresso) su quello rivolto a ovest, due nella zona centrale del maschio e una sola, l'ultima, sul lato ovest. All'aspetto arcigno e compatto, da edificio ben protetto, del lato sud, si contrappone una maggior morbidezza di linee, quasi da edificio rurale, del settore che si protende verso nord-ovest. Sopra l'attuale ingresso, insieme ad un affresco in pessime condizioni, è posto uno stemma nobiliare scolpito su lastra di marmo bianco, nel cui angolo in alto a sinistra è ancora leggibile la data 1354, presumibilmente relativa a una ricostruzione o a un rimaneggiamento dell'edifico preesistente. Lo stile del complesso è eterogeneo. Il torrione da cui si accede all'interno dell'edificio è costituito da un corpo di fabbrica avanzato, appartenente a una tipologia molto diffusa in Lomellina (ad es. Villanova, Pieve del Cairo, Tortorolo, Frascarolo), nel quale sopravvivono le sedi dei bolzoni del ponte levatoio principale, di quello pedonale e della pusterla stessa, alla destra dell'ingresso carraio. La sommità è conclusa da una loggia - che poggia su beccatelli con caditoie - in cui si aprono quattro finestre arcuate a tutto sesto, mentre non sono osservabili tracce di merlatura.
Le due torri angolari del lato sud - il più corto - sono di forma cilindrica, con caratteristiche dimensionali diverse per altezza e diametro, coronate nella parte sommitale da lunghi beccatelli nei quali, come nel rivellino d'ingresso, sono visibili le aperture della caditoie, a dimostrazione dell'origine effettiva, cioè difensiva, delle torri stesse. Fra queste, al centro della parete si alza una terza torre, quadrata e più piccola, che presenta però le stesse particolarità architettoniche; le tre torri mostrano nella parte terminale, coperta da un tetto, in luogo dei merli, delle aperture, in parte tamponate, difformi nello stile dal resto dell'edificio, probabilmente di datazione posteriore. Meno significativi i settori settentrionale e nord-occidentale, apparentemente ricostruiti in età moderna seguendo schemi di architettura rurale. L'angolo di nord-ovest è munito di torre cilindrica, priva però di aperture o altre caratteristiche degne di nota. Il piccolo cortile è dominato dalla mole dell'alta torre interna, sovrastata a sua volta da un campaniletto, quadrato come il sottostante corpo maggiore. Sul lato volto a oriente un secondo torrioncino costituisce l'unica opera difensiva dell'ingresso secondario, aperto verso le campagne, in direzione di Alagna. Sulle pareti interne sono riconoscibili tracce di aperture centinate e occluse. Non resta alcun segno visibile del fossato del castello, la cui antica esistenza è provata dalle tracce del ponte levatoio. Un accenno di carpatura alla base delle torri dimostra come il terreno circostante abbia subìto un interramento di rialzo. Nel corso degli anni la costruzione riceve, nelle sue imponenti sale, grandi personaggi, tra i quali Francesco I, Carlo V e certamente Gian Pico della Mirandola, che, diciassettenne, inizia qui i suoi studi. Appartiene ad illustri famiglie della nobiltà italiana, quali i Malaspina, gli Arcimboldi e, appunto, i Pico della Mirandola; molto spesso segue le sorti del vicino castello di Scaldasole, a cui, secondo una leggenda, era collegata da un lungo sotterraneo. Il complesso attende da vari anni l'inizio delle ormai improcrastinabili opere di restauro».
http://www.infolomellina.net/html/valeggio.htm
«La zona di Valle Salimbene fu caratterizzata dalla presenza, a partire dal medioevo, più che di veri paesi, di cascine spesso dotate di ville padronali, che (secondo l'uso locale) già nel XVI-XVII secolo avevano autonomia comunale nonostante le limitate dimensioni. Ciò caratterizza invero un po' tutta la zona nelle immediate vicinanze di Pavia. Valle Salimbene, nata probabilmente come semplice cascina della famiglia Bottigella, passata poi ai Salimbene, appare nel XVII secolo come comune col nome di Cassina della Valle; faceva parte della Campagna Sottana di Pavia e non era infeudata. Nel 1871 furono aggregati a Valle Salimbene i comuni di Belvedere al Po e Motta San Damiano. Belvedere, acquistata nel 1503 dai Bottigella, assorbì nel XVIII secolo i comuni di Ca' Scarpona, Moncucco e Cassina Oltrona, quest'ultima già comune nel secolo precedente. Il comune prese nome di Belvedere al Po nel 1863 (il Po infatti allora scorreva nelle vicinanze, e il suo vecchio corso è ora occupato dal Ticino che qui vi confluiva). Nel 1871 il comune di Belvedere al Po fu soppresso e unito a Valle Salimbene. Il comune di Motta San Damiano si formò nel XVIII secolo con l'unione dei due comuni di Cassina della Motta e di Cassina di San Damiano. Quest'ultima è la località più antica della zona, nota fin dal XII secolo come Sancto Damiano e nel XV secolo come Cassina Sancti Damiani. Era costituita da una sola proprietà, appartenente all'Ordine di Malta, ma non era infeudata. Il comune di Motta San Damiano nel 1871 fu soppresso e unito a Valle Salimbene» - La posizione del Castello è nell'ambito della attuale cascina Valle, a sud del centro abitato di Valle Salimbene. Costruito nel XV secolo quale residenza dei Salimbene, rimaneggiato nel Seicento con interventi conservativi, mantiene tuttora un notevole impatto scenografico. Attualmente è utilizzato quale residenza privata in appoggio all'attività rurale e recentemente sono state costruite moderne abitazioni nelle sue immediate vicinanze. Non disponiamo di altre informazioni storiche relative al maniero e al suo eventuale passato di utilizzo difensivo».
http://vallesalimbene.demosdata.it/storia - http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file/artearchitettura_castelli_file/castelli...
Valverde (resti del castello Verde)
«Il castello di Valverde, tuttora denominato Castello Verde, fece parte per lungo tempo del feudo di Oramala. Nel Medioevo il luogo fu rifugio del partito guelfo ed è per questo che ancora oggi gli abitanti del comune vengono indicati con il soprannome di “Guelfi”. Il “Castrum de Virdis” appartenne, nei primi anni del 1300, alla famiglia Landi. Passò poi ai Malaspina, signori della vicina Oramala, per essere successivamente donato a Federico del Verme, unitamente ai diritti feudali sul castello di Monfalcone. Descrizione: i ruderi del castello sono ora ridotti a una torre cilindrica incompleta che presenta un basamento scarpale terminante, superiormente con una cordonatura ad anello, sormontata da un pianetto in cotto. Le torri e le rimanenti vestigia sono in arenaria. Nel suo interno c’è un locale seminterrato cui si accedeva tramite una botola, ora murata. Probabilmente tale ambiente venne utilizzato come magazzino viveri; i feudatari vi conservavano le scorte di viveri in caso di lunghi assedi. Attuale destinazione d’uso: i resti del castello costituiscono da tempo un suggestivo punto panoramico».
Varzi (castello, torre Malaspina)
«La data di costruzione del castello di Varzi non è certa. I Malaspina, dopo l’investitura fatta dall’Imperatore Federico Barbarossa, nel 1164, dei territori che dall’inizio delle colline di Rivanazzano si spingono a sud, fino all’attuale parte settentrionale della Toscana, scesero dalla protetta ma scomoda Oramala per insediarsi a Varzi. La prima data che testimonia la proprietà di una casa dei Malaspina in Varzi è del 1168, quando, in un atto stilato nella stessa casa, viene venduto il feudo di Pizzocorno all’Abbazia di S. Alberto. Da quella data e per molti secoli quella struttura è stata periodicamente ampliata e modificata. L’impulso maggiore lo ebbe dopo il 1275, quando, in seguito ad una divisione dei Malaspina, si formò il feudo di Varzi. Attualmente il complesso architettonico si colloca al centro dell'abitato di Varzi e ne costituisce il nodo edilizio più significativo. Il corpo di più recente costruzione delimita, con la sua facciata settecentesca impreziosita da una caratteristica meridiana, un lato della piazza. Questo prospetto, interamente in pietra a vista, come tutto l’insieme architettonico di cui si tratta, rivela, nell’ordinata cadenza dei vuoti e dei pieni, la sua matrice.
L’edificio si sviluppa su due piani ed è coronato da un sottotetto, nel quale si apre una fila di piccole aperture rettangolari, in corrispondenza delle finestre sottostanti. Il portale, che dalla piazza dà accesso al primo cortile, ha cornice intonacata, modanata, di chiara fattura settecentesca Il secondo edificio, databile del secolo XV, si trova sul lato destro di uno stretto vicolo al quale si accede dalla piazza. Di altezza uguale al precedente, presenta in facciata una regolare sequenza di aperture e, a sinistra, un portale ad arco a sesto acuto, in conci di pietra squadrata con, nel concio in chiave, lo stemma dei Malaspina del ramo "Spino secco". All’interno, un passaggio coperto da quattro voltine a crociera, immette in un cortiletto quadrato, dal quale si possono osservare, sulla facciata interna, due ampi archi a tutto sesto decorati da una ghiera in cotto, poggianti su un plinto di pietra squadrata. Volte unghiate al piano terreno, al piano superiore soffitti in legno. Il terzo edificio, più antico (secolo XIII), si innesta trasversalmente a quello descritto e conclude il vicolo con la sua massiccia facciata. Il suo prospetto è aperto unicamente dal portale di accesso ad arco a tutto sesto e da piccole finestre di recente fattura. Coevo alla torre, è collegato ad essa da un passaggio nel sottotetto, dove, scansi nel muro, fanno presumere l’esistenza di una merlatura di coronamento.
La torre, anch’essa costruita fra il XII e XIII secolo, è un manufatto dal perimetro quadrato di notevole robustezza; i suoi muri hanno uno spessore medio di m 2,5. La stretta scala di servizio è ricavata all’interno dei muri perimetrali e permette l’accesso a quattro camere di sicurezza sovrapposte l'una all’altra. L'imponente edificio termina con un terrazzo coperto dal quale si può ammirare l’interessante, ampio, suggestivo panorama di tutto il borgo di Varzi, dei monti che lo circondano, della valle dello Stàffora e del castello di Oramala. La torre, fino agli anni Sessanta, è sempre stata adibita a prigione: è già citata con questo uso negli statuti malaspiniani del 1320. è chiamata "Torre delle streghe", perché risulta che nel 1460 vi furono imprigionate dalla Sacra Inquisizione venticinque donne ed alcuni uomini, accusati di stregoneria, i quali furono successivamente bruciati nella pubblica piazza. Attualmente il castello è di proprietà del conte Faustino Odetti di Marcorengo, mentre la torre è di proprietà comunale».
http://www.varziviva.net/malaspina.htm
Velezzo LOMELLINA (castello di Velezzo)
«Epoca di costruzione: sec. XVI. Descrizione: la planimetria irregolare del complesso farebbe pensare a un recinto fortificato sorto intorno a una più piccola rocchetta. Salvo alcune tracce di finestre centinate, non esistono oggi resti significativi della fortificazione. L'insieme è adibito ad usi rurali e versa in cattivo stato di conservazione e manutenzione. Notizie storiche: ancora individuabile con chiarezza in pianta, il castello di Velezzo è "sparito" in alzato, assorbito da un'ampia corte rurale, probabilmente ricavata utilizzando le murature dell'antica fortificazione (che sembra doversi far risalire al XVI secolo). Condizione giuridica: proprietà privata».
Vidigulfo (castello dei Landriani)
«L'attuale castello è un edificio trecentesco sorto sul luogo di un precedente castello dell'XI secolo, del quale forse ha incorporato parte dei muri. Nei secoli successivi trasformazioni e rimaneggiamenti ne hanno poi grandemente alterato l'aspetto. Caduto in grave stato di abbandono fino agli anni Novanta del secolo scorso, è stato oggi in gran parte riscattato dal meritorio restauro dei suoi proprietari, dopo essere giunto sulla soglia della completa rovina. Il castello, che doveva svilupparsi in forma quadrilatera intorno a un cortile, è ora composto da 3 ali (nord, est e sud). Manca infatti l'ala di ponente dove si trova un muro di sostegno del terrapieno del cortile. L'accesso avviene dal lato sud attraverso una torre che si spinge fuori dalla linea di facciata. Risulta essere in parte ricostruito, in seguito ai recenti lavori non ancora terminati, come la parte alta della torre, tutta l'ala nord e gran parte dell'ala sud. Si sviluppa su 3 piani (piano terra, primo piano e piano sottotetto). Le strutture di orizzontamento sono costituite da solai in legno e da una volta a crociera nella torre d'ingresso. Il fossato che circonda il castello e' stato scavato recentemente. La costruzione, situata all'esterno dell'abitato, sopra un terrazzamento alluvionale interposto tra l'Olona e il Lambro, presenta una pianta ad "U", aperta verso sud-ovest, essendosi perduto, con molta probabilità, il quarto lato. In conformità al probabile impianto originario, rientrerebbe nel tipo dei castelli a pianta quadrangolare, dotato di un'unica torre passante in corrispondenza dell'ingresso (come per esempio i castelli di Cusago e di Peschiera Borromeo). Vi si accede infatti attraverso una torre che reca sulla fronte un alto arco a sesto acuto e che possiede una volta a vela con decorazioni pittoriche a stemmi».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A130-00023
«Il complesso è formato da una torre a pianta quadrata e dai ruderi di un edificio a pianta longitudinale che doveva far parte dello stesso complesso fortificato della torre. Epoca di costruzione: sec. XIV. La torre è a pianta quadrata e si sviluppa in altezza per tre piani, ai quali si accede prima attraverso una scala esterna in muratura, che presenta crolli di notevole entità, poi (dal 1° piano al 2°) con una scala in legno. L'apparecchiatura muraria in mattoni, sebbene alquanto rimaneggiata e con segni di riprese di epoche diverse, conserva una cornice dentellata nella parte superiore, alquanto simile a quella della casa forte esistente al centro del paese di Albuzzano. È costituita da murature di spessore non elevato. con solai lignei a doppia orditura. Dell'edificio intorno rimane solamente un rudere, non accessibile a causa dei numerosi crolli. Notizie storiche. A nord dell'abitato di Albuzzano, lungo la strada comunale per la frazione di Vigalfo, sono ancora visibili i resti di una massiccia torre, incorporata in un complesso edilizio di formazione più recente. Mancano pressoché del tutto precise notizie storiche sulla struttura fortificata. È verosimile che la torre sia l'unica parte sopravvissuta di un complesso maggiore, andato oggi perduto. Sulla base di alcune caratteristiche costruttive ancora visibili si potrebbe datare la piccola costruzione, in via indicativa, al XIV secolo. La sua funzione doveva verosimilmente essere la protezione di un complesso agricolo sorgente in luogo».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A130-00006/
Vigevano (castello visconteo sforzesco)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il Castello Sforzesco di Vigevano è un complesso di edifici, inseriti in un perimetro comune, che occupano un’area di più di due ettari sul terrazzo naturale della valle del Ticino, nel punto più alto della città, dove la conformazione orografica del luogo, di altura modesta ma egualmente dominante nella pianura lombarda, ne ha favorito la fondazione. Visibile esternamente solo in alcune parti, totalmente separato dalla città e occultato alla vista dalle case che vi si addossano, appare nel suo insieme grandioso e molto suggestivo solo salendo lo scalone, posto sotto il porticato sud della piazza, e passando oltre l’arco d'ingresso principale della torre visibile dalla piazza, oppure entrando dal portone d'ingresso carraio di corso della Repubblica. Il complesso è costituito da: la torre d'ingresso detta del Bramante; tre grandi scuderie, di cui quella vicina alla torre detta "di Ludovico"; un atrio d'ingresso neogotico; un corpo con loggiato detto falconiera; un ponte con loggia aerea; l'edificio principale detto maschio; due corpi ottocenteschi posti tra il maschio e la torre; il grande edificio della strada sopraelevata coperta; la rocca vecchia posta ad est che racchiude una grandiosa cavallerizza; edifici tutti legati tra di loro in modo tale da apparire come una struttura unica con molte articolazioni.
La storia del castello collima per alcuni secoli con quella del borgo di Vigevano, chiamato anticamente "Vicogebuin". Fino alla metà del Quattrocento infatti l’area del promontorio, racchiusa dagli edifici che compongono l’attuale castello, era il sito dove sorgevano le case dell’antico borgo con il primo palazzo comunale e le primitive chiese. Il borgo circondato in origine da un rudimentale impianto di difesa in terra e legno, sostituito poi da una muraglia, aveva sul lato est un castello o recetto di forma quadrata, costituito inizialmente da una struttura in legno, sostituita prima del X secolo da muri in mattoni e separato dall’abitato da un fossato. Tale struttura, corrispondente all’attuale maschio, all’inizio svolse le funzioni di ricovero di foraggi e animali e di estrema difesa in caso di pericolo, ma con il passare del tempo e con i continui aggiustamenti e trasformazioni divenne, tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, sede e dimora signorile dei Visconti, i quali cominciarono a prendere possesso anche delle case dell'antico borgo, iniziandone la demolizione. Svuotamento e demolizione proseguiti e conclusi poi dagli Sforza nella seconda metà del XV secolo, quando il maschio, ulteriormente ampliato e abbellito, diventa un palazzo ducale circondato da scuderie ed edifici di servizio.
Luchino Visconti, podestà di
Vigevano nel 1319 e nel 1337, inserisce il villaggio nel suo piano di
dominio territoriale, decidendo di farne una roccaforte difensiva inserita
nello scacchiere territoriale dei castelli posti lungo l’Adda e il Ticino a
difesa del ducato di Milano. In quest’ottica, nel 1341, realizza una rocca
di difesa (in origine detta inferiore, prende l'attuale nome di rocca
vecchia in contrapposizione alla rocca nuova edificata alla fine del XV
sec.), posta ad una certa distanza dal castello, sul limite est del borgo
che si stava ormai allargando fuori dal perimetro originale. Nel contempo
inizia l’opera di trasformazione del vecchio castello in nuovo fortilizio
sede e dimora ducale, edificio che nella nuova conformazione si presenta con
pianta quadrangolare formata da muri merlati con tre corpi di fabbrica,
torri agli angoli e una torre d'ingresso al centro della cortina anteriore.
I lavori di ampliamento ed abbellimento del maschio proseguono poi per tutto
il dominio visconteo. Nel 1347 i due fortilizi vengono uniti dalla
cosiddetta "strada coperta", un grande edificio fortificato lungo 164 metri
e largo 7,50 che, stagliandosi nel panorama cittadino, permetteva un rapido
collegamento tra il castello e le campagne circostanti.
Nel 1447, alla fine del dominio visconteo, la stessa popolazione di
Vigevano, conquista la libertà comunale e distrugge la rocca esterna.
Libertà che finisce già nel 1449, quando Vigevano viene cinta d’assedio da
Bartolomeo Colleoni e Francesco I Sforza, marito di Bianca Maria figlia di
Filippo Maria Visconti, e nuovo signore di Milano. Dopo la conquista lo
Sforza ripara i danni dell'assedio e raddoppia la parte centrale del maschio
verso l'esterno inglobando i resti della torre di sud-est distrutta proprio
durante l'assedio. Galeazzo Maria Sforza nel 1466, appena succeduto al padre
Francesco, ordina nuovi interventi che trasformano definitivamente il
maschio in palazzo ducale e, prendendo atto della cessata funzione difensiva
delle mura dell'antico borgo, concede la costruzione di case nel fossato
esterno, di altezza non superiore al muro. Nel 1472 il nuovo Duca interviene
su due antichi edifici, posti lungo la muratura sud dell'antico borgo e
utilizzati a stalla, sopralzandoli e modificandone il piano terra con
l'inserimento di un doppio colonnato con volte a crociera e nuove finestre.
Nel 1475 realizza il ponte con loggiato, posto a sud del maschio, mentre
poco prima della morte dà l'inizio alla costruzione dell'edificio della
falconiera , completato poi da Ludovico il Moro, reggente il ducato a nome
del nipote Gian Galeazzo Maria Sforza.
Con Ludovico il Moro, nato proprio a Vigevano, il progetto sforzesco si
attua in interventi di proporzioni e qualità rilevanti, completando il
processo di trasformazione del castello in residenza dinastica. Il cortile,
occupato in origine dall'antico borgo, viene svuotato dalle residue
costruzioni, si costruiscono la terza scuderia, detta per questo di
Ludovico, e l’edificio delle cucine, realizzato con la demolizione
dell’antica chiesa di S. Ambrogio e collegato al maschio da un edificio a
ponte, chiudendo così il circuito di edifici a contorno dell’ampio cortile.
Il maschio viene ampliato sul lato est con la realizzazione di un giardino
pensile racchiuso da due edifici porticati progettati dal Bramante e aperto
verso est. Del complesso bramantesco rimane oggi, dopo il crollo del
loggiato addossato alla strada coperta e lo svuotamento del giardino con
l’abbassamento al livello attuale, solo l'edificio sud chiamato “loggia
delle dame”. Ad opera del Bramante si deve anche parte della decorazione
pittorica che abbelliva il complesso di edifici prospiciente il cortile, di
cui oggi rimangono tracce sulle pareti della scuderia di Ludovico, e il
sopralzo dell'antica torre comunale, che verso il 1476 era già stata
rialzata con nuovi merli e beccatelli per ospitare le campane della demolita
chiesa di S. Maria, realizzato in tre parti di cui la seconda con una cella
campanaria e la terza con un corpo ottagonale coperto da una guglia. I fasti
del dominio sforzesco terminano con Francesco II Sforza il quale completa le
decorazioni pittoriche del palazzo ducale.
Dalla prima metà dell'Ottocento si compiono le modifiche più consistenti. Prima del 1824 avviene l’interramento del lato ovest del fossato e la demolizione della cortina muraria del maschio con il rivellino, mentre nel 1824 viene chiusa e soppressa la porta che apriva verso la chiesa di S. Pietro Martire. Nel 1855, a seguito di un crollo di parte del corpo centrale del maschio e dell’antico scalone posto a ridosso della manica sinistra (che non fu più ricostruito), viene riedificata, ad opera dell'ing. Inverardi, la parte crollata con la modifica della parte verso la corte che ha comportato il rifacimento della facciata in stile Tudor, lo spostamento dell'accesso ai piani cantinati da destra a sinistra e la realizzazione di un nuovo scalone posto all'interno; lo stesso ingegnere progetta in stile neo-gotico l'ingresso da corso della Repubblica con un atrio che ingloba una campata della scuderia est. Nella seconda metà del secolo si completa l'interramento del fossato e si attua lo sterramento del giardino pensile, oggi chiamato cortile della duchessa con la ricostruzione del corpo a ridosso della strada coperta, ricostruzione che ha determinato la scomparsa della cappella ducale di epoca sforzesca e il trasferimento di nove affreschi (di cui otto attribuiti a Bernardo Ferrari) nel Municipio. Altri interventi vengono compiuti per adattare il complesso alle nuove funzioni militari dotandolo di nuove strutture. Nel 1836 nella parte sud della rocca vecchia viene realizzato un grande edificio ad uso maneggio coperto oggi chiamato “cavallerizza”, una seconda cavallerizza (demolita a seguito di un crollo verificatosi nel 1979) di dimensioni minori venne costruita nella parte nord della rocca alla fine dell’Ottocento. Nel corso della seconda metà del secolo i locali del “prestino” (antico forno comunale situato ad est della torre e acquistato dall'amministrazione militare nel 1837) e quelli delle cucine ducali vengono ristrutturati, sopralzati di un piano e adibiti a circolo ufficiali; vengono interrate le parti rimaste del fossato; totalmente trasformato in portico terrazzato il ponte verso le ex cucine, mentre quello verso la falconiera viene rimaneggiato con la realizzazione di tre arconi al posto della muratura; svuotato fino alla quota attuale il giardino pensile, già parzialmente sterrato all'inizio del secolo; ricostruito il corpo addossato alla strada coperta e rimaneggiati gli interni delle scuderie. Nel 1980, dopo un decennio di abbandono a seguito del cessato uso da parte dei militari, iniziano i lavori di restauro e recupero del grande complesso di edifici chiamato castello».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Sforzesco_di_Vigevano
Vigevano (palazzo Sanseverino o Rocca Nuova)
«Sorge sul Corso Repubblica. Costruito nell’ultimo decennio del Quattrocento, deve il nome al suo primo proprietario, Galeazzo Sanseverino, capitano delle truppe sforzesche e uomo vicino a Ludovico il Moro, di cui sposò la figlia Bianca. Il palazzo doveva costituire una residenza indipendente, ma già nel 1495, allontanato Galeazzo, l’edificio fu sottoposto a importanti lavori di fortificazione, atti a trasformarlo in un presidio difensivo occidentale al di fuori delle mura principali. La Rocca da allora continuò a lungo a esercitare la sua funzione militare di difesa e fu rinforzata e ristrutturata da Francesco II Sforza, durante l’ultima parentesi del Ducato. A metà del Cinquecento Alfonso d’Avalos, feudatario sottoposto alla dominazione spagnola, la scelse ancora come residenza. Un secolo più tardi, le opere difensive che circondavano la residenza furono demolite, mentre fu mantenuto l’originario nucleo residenziale, che fu trasformato in convento. All’inizio dell’Ottocento il convento fu chiuso, e il palazzo fu venduto a privati. In epoca feudale, Palazzo Sanseverino era noto come la Rocca Nuova, per distinguerlo dalla Rocca di Belriguardo, detta Rocca Vecchia. Le opere di fortificazione - imponenti mura con torrioni angolari – sopravvissero fino alla metà del Seicento, e di esse non è rimasta traccia. Ancora visibile è la corte interna, che ha conservato parte significativa degli elementi strutturali originari. Il Palazzo presenta una pianta rettangolare con corte centrale e aveva due ingressi posti sui lati occidentale e orientale che sono poi stati chiusi. Testimonianze delle decorazioni sono tuttora visibili sulle mensole che reggono gli archi del loggiato, sui capitelli delle colonne del porticato e nelle finestre a volta del lato occidentale, recuperate dai restauri alla loro originaria forma quattrocentesca. Il complesso è stato recentemente sottoposto a interventi di restauro».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/vigevano/palazzo-sanseverino-vigevano/
«L'origine della Torre, situata nel punto più alto della città (45°19'01.53" N, 8°51'24.90" E), presso il castello, risale al 1198 e fu terminata dal Bramante alla fine del XV secolo, mentre nel XVII secolo venne aggiunto il cupolino barocco "a cipolla" in sostituzione dell'originaria guglia conica. La Torre ha una forma originale che, nell'800, fu il modello per la torre del Filarete nel Castello Sforzesco di Milano; è costituita da sezioni graduali che vanno restringendosi avvicinandosi alla cima. Dal primo terrazzo è possibile ammirare un'ottima visuale della Piazza Ducale, del Castello e di tutta la città. La cella campanaria, inaccessibile al pubblico, ospita "il campanone", una grande campana seicentesca "fessa" per necessità! Ha infatti una storia curiosa: nell'Ottocento non esistevano i moderni sistemi elettronici per controllare le campane, e l'orologio della Torre, all'epoca meccanico, batteva ogni mezz'ora anche di notte. Pare che il suono del "campanone" fosse così forte, che gli abitanti delle case addossate al Castello e alla Piazza fossero praticamente impossibilitati a prendere sonno. Così presentarono in Comune una petizione in cui si chiedeva di "zittire" il bronzeo disturbatore! Alla fine si raggiunse un compromesso: dalla campana, con precisione quasi chirurgica, venne asportato uno spicchio in modo da renderla fessa ed attutire il suono. Ed è così che ancora oggi la si può ascoltare battere i rintocchi ogni quarto d'ora. Alta ben 75 metri dal livello della Piazza, la Torre del Bramante è l'attuale Torre Civica della città di Vigevano, di cui da sempre ne è il simbolo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Sforzesco_di_Vigevano
«Il castello originale risale con probabilità a prima del Mille. Originariamente presentava pianta a rombo praticamente regolare cinta da un profondo fossato su tre lati (ora notevolmente ridotto). In seguito a fatti bellici subì nei secoli manomissioni e rifacimenti. Attualmente ospita al suo interno gli uffici comunali e le scuole» - «Villanterio, l’antica Villa Lanteri, viene citato nel diploma del 1164 con il quale Federico I Barbarossa assegnò alla città imperiale di Pavia giurisdizione su ampie aree dell’Oltrepò e della Lomellina. Il borgo apparteneva al Monastero pavese di San Pietro in Ciel d’Oro, e da questo venne ceduto nel 1260 ad una famiglia della piccola nobiltà locale nota come "I Capitani di Villanterio". Passò in seguito agli Schiaffinati, ai Rizzi dal 1538, poi chiamati Vitali Rizzi nel XVIII secolo e infine, per eredità, ai nobili Meriggi di Villanterio. Il castello. L'attuale complesso è formato dai resti di un castello quattrocentesco, forse di impianto quadrangolare, costruito sulle basi di un più antico fortilizio altomedioevale. La costruzione ha subito radicali rimaneggiamenti nel corso del 1800 e del castello viene conservata soltanto l'ala che è giunta a noi. Lo scalone d'ingresso risale al XVIII secolo. Negli ambienti interni si conservano resti di affreschi con ritratti e scene mitologiche. L'alta torre al suo fianco è opera moderna.Conservazione. La poca parte restante è in buone condizioni».
http://www.visitapavia.it/itinerari/Castelli%20nel%20Pavese... - http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Villanterio.htm
«Il castello di Voghera venne fatto innalzare da Azzone Visconti nel 1335, ma fu poi rafforzato e completato da Galeazzo II nel 1372. Si tratta di uno dei più importanti castelli viscontei urbani della Padania, ricollegabile nel suo impianto difensivo originariamente connesso all'anello delle mura urbane, ai castelli di Novara, Vercelli, Abbiategrasso, Milano, Pavia e Cremona. Il complesso si presenta però oggi fortemente compromesso per effetto delle mutilazioni e modifiche subite nei secoli scorsi; le quattro torri angolari sono state cimate e la torre posta nel mezzo dell'ala a nord (ossia quella verso la città) venne demolita dai Francesi nel 1647. La stessa ala settentrionale venne trasformata in palazzo nel Settecento, mentre il fossato venne colmato alla fine dell'Ottocento. Il castello ha inoltre subito pesanti manomissioni per l'utilizzo a carcere dall'epoca napoleonica fino ai giorni nostri. Attualmente abbandonato e in disuso è in fase di restauro da parte della Soprintendenza: la parte finale, forse, di un lungo percorso iniziato nel 1926 e ripreso nel 1935 dall'ingegner Vittorio Paron di Voghera, che predispose un primo progetto di restauro che prevede l'utilizzo del castello come sede della Civica Biblioteca e di altre istituzioni di arte e di storia. Il suo organismo architettonico è quello tipico [...] con pianta quadrangolare e cortile interno circondato da portici con archi a sesto acuto (in questo caso però solo su tre lati essendo il lato occidentale costituito da una semplice murata) e con torri quadrate in corrispondenza dei quattro angoli. Inoltre il fortilizio era caratterizzato dalla presenza di due alte torri intermedie anteposte ai corpi di fabbrica meridionale e settentrionale le quali, essendo il castello ubicato a sud della città, assolvevano alla funzione di ingresso dalla campagna (quella a sud) e dalla città (quella a nord) e come tali quindi erano munite di ponti levatoi sul fossato che circondava il castello. La localizzazione del castello (che rappresenta senz'altro il più importante monumento di Voghera) all'incrocio tra due ampi viali alberati (quello di circonvallazione a sud e quello ad ovest sulla direttrice piazza del Duomo valle dello Stàffora) offre notevoli risorse sul piano urbanistico e le premesse per una spontanea apertura del monumento alla vita della città. Anche gli spazi circostanti e la grande piazza a nord, oggi destinati a parcheggio, dovranno avere uno stretto legame con il restauro del castello».
«Sulla riva destra del torrente Versa, Volpara è un antico insediamento. Poche tracce del castello, fagocitato ora da un pittoresco conglomerato di case e chiamato dei Picchi, antichi signori prima che il feudo passasse ai Dal Pozzo. Un pregevolissimo camino, proveniente dal castello, è oggi in bella mostra nei Civici Musei di Piacenza» - «L'edificio sorge all'interno di un tipico insediamento medioevale collinare, in posizione elevata e dominante alla sommità di un colle. È un organismo complesso, articolato su più corpi di fabbrica, con muro di sostegno a guisa di bastione lungo il lato ovest. Nella parte settentrionale sono ancora riscontrabili alcune tracce della cinta muraria. È presumibile che il castello risalga all'XI secolo, in quanto è già citato in un documento del 1014 (donazione al vescovo di Pavia). Ma è stato assai rimaneggiato e trasformato. Dell'originario fortilizio, circondato da fossato naturale e munito di cinta fortificata, si conserva oggi solo l'aspetto compatto e inaccessibile nei lati sud e ovest, nonché l'impianto murario del basamento a scarpa».
http://www.cialombardia.org/ciastradella/il_territorio.htm - http://www.comune.volpara.pv.it/ComSchedaTem.asp?Id=26970
Zavattarello (castello Dal Verme)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Interessante ed emblematico castello la cui origine risale al X secolo, allorché il monastero milanese di S. Ambrogio fece innalzare in luogo una fortificazione a difesa del territorio circostante, che gli apparteneva. Venne conteso, nell'XI e XII secolo, tra Bobbio e Piacenza finché passò, nel 1327, a Manfredo Landi. Il nuovo feudatario lo fece ricostruire e ampliare, dandogli la conformazione che mantiene tuttora. Il feudo, e il castello ad esso legato, passarono nel 1390 ai Dal Verme, che mantennero ininterrottamente la proprietà dell'edificio per oltre sei secoli, fino al 1975, anno in cui la stessa famiglia Dal Verme donò l'avito complesso fortificato al Comune di Zavattarello. L'edificio subì gravi danni nel Settecento, quando venne preso d'assalto e incendiato da soldati francesi nel corso della guerra di successione austriaca. Venne tuttavia riattato nell'Ottocento. Fu ulteriormente restaurato e arricchito nel corso degli anni Trenta del nostro. secolo, ma patì poi una pesante devastazione durante l'ultima guerra ad opera delle truppe tedesche. Un'intera ala venne del tutto svuotata: ne rimasero solo i muri. L'organismo ha le tipiche caratteristiche della fortificazione di montagna: pianta poligonale irregolare, per adattarsi al terreno, struttura muraria in blocchi (squadrati) di pietra locale. Al centro, un'ampia corte, nel cui mezzo si apre un pozzo. Notevolmente interessante è il sistema di muraglie perimetrali esterne poste a difesa del castello. Degno di nota è anche lo sviluppo in altezza del basamento a scarpa. Al castello si accede dal lato settentrionale, attraverso una pusterla preceduta da un ponte levatoio a quota elevata, a sua volta raggiungibile per mezzo di una scala esterna. La difesa maggiore è invece data dalla massiccia torre maestra che si innalza in corrispondenza dell'angolo sud orientale. La posizione del complesso è dominante, dall'alto di un poggio di arenaria posto a settentrione del paese, a controllo delle valli dei torrenti Morcione e Tidone. Il castello è in relazione visiva con parecchi altri castelli della zona (Montalto Pavese, Rocca de' Giorgi, Romagnese, Valverde, Trebecco, Pietragavina): è ipotizzabile una rete di controllo del territorio, affidata a segnalazioni tra una fortificazione e l'altra».
«Epoca di costruzione: sec. XVIII. È un edificio a blocco unico, con pianta rettangolare, dal basamento scarpato, situato in corrispondenza dell'angolo nordoccidentale dell'abitato. Sull'angolo meridionale si innalza una torretta cilindrica munita di caditoie. Benché sia noto in luogo come "castello", è in realtà una palazzetta settecentesca, dunque un edificio d'abitazione, sia pure probabilmente ricavata da una preesistente casa-forte, di cui non sono note le vicissitudini. I fabbricati adiacenti, fra i quali una cappella sconsacrata, indurrebbero a ipotizzare la presenza in luogo di un ricetto» - «Il Castello si trova al centro del borgo, e consiste in un fabbricato monoblocco di evidente origine signorile, interamente ristrutturato o ricostruito nella prima metà del secolo XVIII. Il castello mostra finestre con semplici ma eleganti cornici settecentesche racchiudenti teste muliebri. Sul lato posto a nord si vede un affresco raffigurante un santo in piviale e mitria. Sul tetto si nota un curioso comignolo a doppio fungo. La cinta ad ovest ha due portali d'ingresso, uno dei quali reca la data 1741. La facciata meridionale, in cui si apre l'ingresso, mostra agli angoli due corpi di fabbrica sopraelevati, rappresentazione scenografica delle antiche torri angolari. Le pareti verso il cortile sembrano conservare un tessuto murario più antico ove l'intonaco settecentesco lascia intravedere l'ordito dei mattoni; alla sommità dei muri perimetrali sono osservabili tracce di merlatura tamponata. Le basi dell'edificio sono a scarpa, anche se un innalzamento del terreno circostante effettuato molti decenni fa nasconde alla vista questa particolarità, insieme con ogni eventuale traccia del preesistente fossato. Anziani del luogo affermano che dal castello si diparte un cunicolo che venne parzialmente esplorato molti decenni orsono, senza esito. Esso si dirigerebbe verso l'attuale cascina "Marza"».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00259... - http://www.infolomellina.net/html/zeme.htm
«L'attuale edificio è un palazzotto settecentesco che sorge in posizione privilegiata al centro dell’abitato, sorto probabilmente sul luogo di un più antico castello. L’antistante muro di cinta convesso, a profilo ondulato, è caratteristica tipica del Settecento. Tipologicamente presenta un impianto ad "U" che ricorda quello dei castelli rurali dell'area pavese. Attualmente è di proprietà privata ed ospita un ristorante» - «...Nel paese sorge un palazzo, chiamato comunemente castello, che risale al 1600 ed è circondato da una depressione, corrispondente al vecchio fossato. La costruzione è disposta su tre lati chiusi da un muro di cinta convesso, a profilo ondulato e saliente: l’insieme appare piuttosto maestoso e scenografico. Ai lati si notano ancora edifici antichi, probabilmente fortificati; sul muro di uno di questi è dipinto lo stemma della famiglia Roverselli. Dietro il palazzo vi sono abitazioni note col nome di Colombarone (dalle colombaie, un tempo molto diffuse), fra le quali si trovano una torre riadattata in cui si intravede la sagoma di una finestra rinascimentale e resti di quella che, presumibilmente, fu la rocca medioevale. ...».
http://www.visitapavia.it/itinerari/Castelli%20nel%20Pavese/Castelli... - http://halleyweb.com/c018188/zf/index.php/storia-comune
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il più antico documento che cita Zerbolò è un atto del 1259 con il quale l'abate del monastero di San Salvatore di Pavia concede a Murro Beccaria ed a suo figlio Zanone il diritto di costruire un castello ed altri edifici sui terreni da questi acquistati "sotto il nome di Groppello, oltre l'acqua detta la guada in Lomelina". Tale località prende il nome di "Zerbum Latum" (grande sterpo) ad indicare la natura "silvatica, deserta et inhabitata" del suo territorio che, prima delle grandi opere di bonifica e di canalizzazione delle acque volute dalla nobile famiglia dei Beccaria, è completamente paludoso ed incolto a causa dei continui straripamenti del Ticino. Il castello viene costruito dai Beccaria a partire dal 1259 con il duplice scopo di dare ai feudatari una decorosa residenza ed un solido baluardo difensivo in caso di possibili attacchi nemici. Viene distrutto in una delle tante guerre di quei tempi, ma è interamente riedificato verso il 1393, come si evince da un antico documento col quale i figli di Franceschino Beccaria, in qualità di fondatori del nuovo castello e delle case circostanti, chiedono che tali luoghi, menzionati con il nome di "Zerbolate", vengano sottratti alla giurisdizione di Garlasco e ricompresi sotto quella di Pavia. Il Castello viene un tempo sicuramente circondato da un fossato, appare a pianta quadrangolare e con una torre, dotata di dentellatura decorativa nella parte superiore, tipica di altre costruzioni fortificate dell'epoca viscontea (XIV secolo). L'edificio, a base scarpata, era probabilmente dotato di merlatura. Purtroppo della struttura originaria, rimangono solo la torre ed alcuni tratti dei due lati che, d'altra parte, non presentano aspetti particolarmente interessanti. Originale appare invece, per questo tipo di fortezze, la smussatura ai quattro angoli dell'edificio. Non si conosce molto di più del complesso, probabilmente facente parte della linea di opere fortificate poste a difesa della sponda destra del Ticino, del quale facevano probabilmente parte le rocche dei centri costieri, quali Borgo San Siro, Parasacco e Carbonara. Il castello, che sorge a margine della periferia a nord del paese, trasformato in edificio rurale, non presenta alcuna caratteristica atta a identificarne origini e stile, a causa dei troppi rimaneggiamenti subìti nei secoli; una recente intonacatura ha coperto anche alcuni dipinti, comunque d'età moderna, affrescati sulle pareti esterne».
http://www.infolomellina.net/html/zerbolo'.htm
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