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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI PAVIA
in sintesi, pagina 1
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«Incerte sono le origini di questo piccolo comune, probabilmente romane, come testimonierebbero alcune tombe ritrovate alla fine del secolo scorso ed anche la sua vicinanza ad antiche strade romane. Anticamente vi sorgeva un castello, per lungo tempo appartenuto ai conti Langosco, fino a quando non viene distrutto, nel 1407, dal milanese Facino Cane. Forse i resti di questo castello sono riscontrabili in una casa nei pressi dell'attuale municipio, che conserva tuttora la base scarpata ed è di apparente origine trecentesca con rifacimenti settecenteschi e di età moderna. Adibito ad abitazione privata, nulla conserva delle eventuali sue origini castrensi» - «Epoca di costruzione: sec. XIV. Edificio di forma piuttosto massiccia, dall'impianto a blocco con base scarpata e cordolo marcapiano piuttosto pronunciato. Sorge in fregio alla strada che porta Cilavegna, un po' arretrato, in mezzo a un tessuto urbano degradato. Mantiene una sua spiccata individualità e una forte coerenza espressiva, che lo fanno spiccare nel contesto in cui si trova. Notevoli le dentellature in cotto delle torri e alcune finestre archiacute ancora sopravvissute. Il mastio ha mantenuto tuttora la merlatura bifida, su cui poggia la copertura a falde. Utilizzato attualmente ad abitazione. Complesso costruito probabilmente nel XIV secolo, ma ampiamente trasformato in età barocca (XVII secolo). Ha subito notevoli rimaneggiamenti anche in periodi successivi. Indicato talvolta storicamente come casaforte nobiliare (a ciò si rifà il simbolo), ha già per dimensioni e struttura l'impianto del castello, con compiti prevalentemente di protezione delle derrate».
http://www.infolomellina.net/html/albonese.htm - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00116/
«Si tratta di un edificio a pianta quadrata, a blocco, su due piani, senza cortile interno. In origine era circondato da un fossato, di cui restano alcune tracce. Sulla facciata settentrionale sono visibili alcuni resti di un portico, ora murato, con arcate a tutto sesto. Sempre sulla facciata settentrionale vi sono tracce, ormai assai tenui, di decorazioni esterne. L'unico elemento decorativo ben conservato, soprattutto sulla facciata orientale (un po' meno sugli altri lati), è il motivo sottogronda a dente di sega, diffusissimo in tutta l'area padana e pressoché canonico per una costruzione fortificata di pianura di scuola viscontea. Epoca di costruzione: sec. XVI. Il complesso sorge al centro dell'abitato, in posizione sopraelevata. Si tratta di un edificio a pianta quadrata, a blocco, su due piani, senza cortile interno. In origine era circondato da un fossato, di cui restano alcune tracce. Sulla facciata settentrionale sono visibili alcuni resti di un portico, ora murato, con arcate a tutto sesto. Sempre sulla facciata settentrionale vi sono tracce, ormai assai tenui, di decorazioni esterne. L'unico elemento decorativo ben conservato, soprattutto sulla facciata orientale (un po' meno sugli altri lati), è il motivo sottogronda a dente di sega, diffusissimo in tutta l'area padana e pressoché canonico per una costruzione fortificata di pianura di scuola viscontea. La costruzione, notevolmente degradata. è oggi utilizzata come abitazione rurale: destinazione che è causa di costante degrado per il monumento. Notizie storiche. Casa forte di origine non documentata, ma da attribuirsi verosimilmente ad epoca tre-quattrocentesca. Alcune fonti la attribuiscono al Cinquecento, ma questa ipotesi risulta essere poco plausibile considerando i particolari decorativi, tipici dell'architettura viscontea di pianura. Potrebbe invece essere stata più o meno fortemente riadattata nel corso del XVI secolo. Interventi successivi di epoca più recente, da attribuire con molta plausibilità all'Ottocento, hanno aperto le attuali finestre in rottura di muro. Probabilmente nella stessa epoca, o in epoca appena precedente, è stato modificato il piano sottotetto, con la creazione delle attuali piccionaie. La chiusura del porticato sembra invece da attribuirsi a un intervento successivo, quasi certamente del secolo scorso».
a c. di Pierluigi Bavagnoli
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il castello fa parte della frazione di Argine di Bressana Bottarone in provincia di Pavia. La sua costruzione risale al XIV secolo ma venne completato nel secolo successivo, il castello ha subito ulteriori modifiche col passare del tempo ma nel complesso è ancora integro. Argine sorse nel medioevo e appartenne alla podesteria di Casteggio, nell'ambito dei domini pavesi. Separato dal feudo di Casteggio, appartenne ai Visconti di Modrone ora è proprietà della famiglia Fassati che volentieri apre le porte al pubblico in occasione di incontri culturali, conferenze e iniziative varie. L'elegante maniero del XIV-XV secolo si può ammirare immerso nel paesaggio rurale della pianura padana. Presenta la caratteristica tipica del castello del Pavese: pianta quadrata, rafforzata agli angoli da torri quadrate. Conserva attualmente due torri: una molto più alta rispetto al complesso e un'altra più piccola a sud. Alla torre più alta si accede dalla corte quadrata in sassi e mattoni che rivela tutta la bellezza austera dell'epoca patrizia unita alla semplicità delle comunità agricole. Il complesso comprende anche un basamento scarpato e una decorazione di mattoni a dentello sulle pareti esterne e sulle torri. I diversi interventi sulla sua struttura gli hanno conferito un aspetto asimmetrico. Esiste anche un piccolo oratorio con raffinati stucchi e a sud e ad est del fortilizio si trova un verde giardino. La costruzione del castello risale al Quattrocento, anche se fu completato nel Cinquecento ed è oggi di proprietà privata».
http://www.icastelli.it/castle-1238165205-castello_argine_di_bressana_bottarone-it.php
Bagnaria (ruderi del castello Fieschi Doria)
«La struttura risulta aperta su tre lati. Giungendo dalla parte bassa del paese, si attraversa il primo lato, costituito da un ingresso rettangolare. Sulla destra, la porta è addossata ad un’abitazione. Il lato sinistro compie una leggera curvatura, ed è costituito da: un primo blocco chiuso in cui si nota un pilastro di sostegno alla trave del tetto, ed una nicchia con dipinto; due aperture di forma rettangolare (divise da muratura) protette da ringhiera in ferro battuto. L’ultimo lato (quello d’uscita) è costituito da arco a tutto sesto con intradosso e cornice in mattoni. Il tratto di strada che precede la porta è rettilineo e, il lato sinistro è caratterizzato da una muratura in blocchi di pietra squadrata e ciottoli legati con malta e, a tratti, intonacati. Questo muro presenta, a intervalli regolari, sette aperture rettangolari caratterizzate da arco a sesto ribassato (in cotto) chiuse da bassi portali in legno a due ante, e una più alta apertura con porta in legno: in base ad informazioni avute dagli abitanti del luogo, sembra che attraverso tali aperture venisse gettato il fieno che cadeva nelle stalle sottostanti, ora in parte crollate. Cronologia Non pervenuta. Sistema Urbano Il portale d’ingresso è ubicato in “ Via della Circonvallazione”. Proseguendo su questa strada, si arriva alla chiesa parrocchiale. Dal portale si gode di un’ottima vista panoramica. Tipologia pianta. Trapezoidale. Copertura. A falda unica inclinata, coperta da coppi in laterizio. Questi sono sostenuti da intelaiatura formata da travetti lignei intersecati tra loro e da travi più grosse di sezione circolare poggianti sulle spalle dei muri. Tecniche murarie. Pietre squadrate e ciottoli legati da malta. In alcuni tratti di muro, è stato utilizzato come legante il cemento. Pavimenti. Non esiste pavimentazione specifica e limitata al portale: è la stessa presente nel resto del centro storico e consiste in blocchetti autobloccanti in calcestruzzo, di colore grigio. Vicende costruttive. Bagnaria è un antico borgo con vecchie case addossate tra loro e posizionate su di un promontorio che discende dal monte sovrastante, a destra dello Staffora. è un paese che, dal punto di vista urbanistico, ha un impianto molto simile a Cecima, al punto che si sarebbe tenuti a pensare che sia stato progettato da una stessa persona. Nell’antichità era circondato da possenti mura di cui rimangono alcuni tratti restaurati (oltre alla porta d’ingresso). L’abitato conserva vie regolari, ben articolate e ben distribuite, frutto probabilmente di un preciso disegno progettuale».
http://www.oltrepeat.com/oltrepo-pavese/castelli/ruderi-castello-fieschi-doria
«...Dopo lotte e distruzioni (nel 1159 Federico Barbarossa distrusse il castello per vendicarsi del feudatario Oldrato de Basilicapetri capitano di truppe milanesi) nel XIII secolo il paese ha un periodo di floridezza e la famiglia Bascapè, feudataria indiscussa, acquista sempre maggiore importanza soprattutto a Milano sia per le cariche politiche, sociali, ecclesiastiche che diversi suoi membri ricoprono, sia perché tra di loro vi sono molti uomini di pensiero e di cultura. Basterà citare Pietro da Bascapè, autore nel 1274 di un poema in volgare. Il più importante personaggio però, di cui la famiglia Bascapè è stata giustamente orgogliosa, fu il venerabile Carlo, vescovo di Novara. ...» - «Il castello, che faceva parte del sistema difensivo della città di Milano, risale al sec. X. Devastato più volte nel corso dei secoli, subì numerosi rimaneggiamenti e restauri. Entrato in possesso della nobile famiglia Bascapè, ad essa rimase fino al 1821. Il castello mantenne l’aspetto originario fino al 1830, quando fu parzialmente incorporato in costruzioni rurali sorte allora. Del primitivo edificio si possono vedere resti di finestre ed elementi vari incorporati negli edifici abitativi ricavati al suo interno: fregi, decorazioni, frammenti di pitture e stemmi gentilizi. La facciata di sud-est presenta quattro grandi finestre con archivolto a pieno centro e pregevoli decorazioni a dentelli in cotto del sec. XV».
http://www.comune.bascape.pv.it/index... - http://www.visitapavia.it/itinerari/Castelli%20nel%20Pavese/Castelli-del-Pavese-Bascape.html
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Molti paesi del territorio pavese vantano origini antichissime, spesso romane, talora preromane; pochi sono sorti nel periodo barbarico, qualcuno nell'epoca Comunale. Belgioioso invece ha origine tarda; le sue prime notizie risalgono al secolo XIV; non era da principio che una estesa proprietà ove sorgeva un castello ducale; il nome stesso di Zoiosus, non è molto antico; appunto nel secolo XIV cominciarono ad aver voga in Lombardia alcuni nomi di evidente derivazione francese: Bel-gioioso, Bel-reguardo (oggi "Bereguardo" ecc.).
"...Colla tenuta Torre dei Preti confinava un'altra proprietà Joiosus o Zoiosus; forse in origine un centro di coltivazioni, ma venuto poi in possesso dei duchi di Milano, qui attirati dall'abbondante selvaggina, trasformato a fortificazioni, a forma di castellotto, cui convenivano cortigiani, bracconieri, cacciatori, al seguito della Corte Ducale Convennero dai paesi vicini famiglie a sistemarsi, e così si formò l'abitato numeroso da soppiantare anche S. Giacomo: Zoioso ebbe il massimo sviluppo sotto Galeazzo II e Cian Galeazzo" (P. GHIA).
"... dal castello di Belzoiosus il 15 di settembre del 1388, Gian Galeazzo avvertiva il podestà di Milano di permettere la caccia al cinghiale ma solo coi cani e noia coi lacci ... ... e con lettera del 21 dicembre del 1393, estendeva la proibizione alla caccia dei cervi e di qualunque selvaggina oltre al Ticino, a Bereguardo, a Belgioioso, a Vigevano, ad Abbiategrasso" (C. MAGENTA).
I CONTI DI BARBIANO. Nel 1431 Belgioioso fu infeudato dal Duca Filippo Maria Visconti ai Barbiano. L'antichissimo ceppo dei conti di Cunio e di Barbiano (ricordati da Dante nel c. XIV del Purgatorio) era noto e potente in Romagna fin dal sec. XI, ove possedette con titolo comitale i feudi imperiali di Cunio (1241), Barbiano, Lugo, Zagonara, Bagnacallo, Fusignano, Donigallia. Fra i vari conti di Barbiano il più celebre è certamente Alberico il Grande. Ricco, potente, signore di vasti feudi, d'animo battagliero, ardente, ambizioso, costituì una compagnia di ventura di 200 lance, partecipò, fra le altre imprese, all'assedio e distruzione di Cesena (sembra però che egli deplorasse questa guerra fratricida), in seguito passò in Lombardia ai servizi dei Visconti. Frattanto la compagnia si era accresciuta, ed era stata battezzata "Compagnia di S. Giorgio"; la costituivano 800 lance scelte. Nessuno straniero però ne faceva parte, poiché Alberico, condottiero di larghe vedute, esperto nell'arte militare, e che assai bene conosceva l'animo dei mercenari, non volle mai accettare che italiani a militare sotto le sue insegne. è noto anzi che il motto dei Belgioioso: "Italia ab esteris liberata" risale, come vedremo, alla sua fama di ricostruttore della Milizia italiana, in tempi in cui i Malatesta, i Farnese, gli Ubaldini, Luchino Dal Verme ed altri signori italiani avevano formato compagnie di ventura, accogliendovi sciaguratamente anche la parte peggiore delle lance inglesi e delle barbute germaniche.
IL XVIII SECOLO. Il castello, nel secolo XVIII, fu ampliato e in parte ricostruito: Don Antonio, primo principe di Belgioioso, in occasione dell'erezione di Belgioioso in principato (1769) edificò il sontuoso cancello del parco e abbellì molte parti del palazzo e dei vastissimi giardini. Era una delle personalità più note nella società aristocratica lombarda del Settecento; tra gli ospiti più illustri del castello ricordiamo Pietro Verri e Don Carlo Trivulzio.... Il suo figlio primigenito fu Alberico XII, colto, intelligente, amico di pensatori, di artisti, di letterati (basterà ricordare il Parini ed il Foscolo), appassionato raccoglitore di rare edizioni, di belle incisioni, di preziosi codici. La sua ricchissima biblioteca e la bella raccolta di stampe - ora nella Trivulziana - attestano il suo gusto e la sua cultura.... Nel 1796 i Francesi, giungendo a Milano, imprigionarono tutti i decurioni, fra i quali il più che settantenne principe Alberico. Appena rimasto libero, egli si ritirò nel suo castello di Belgioioso. Il Beauharnais tentò spesso di attirare Alberico a Milano, "per sfruttare - scrive il Giulini - il prestigio che circondava quell'altro superstite della più antica e pura nobiltà lombarda", ma non vi riuscì. Nel 1806 il Viceré distribuì in Sant'Ambrogio, con cerimonia solenne, le insegne cavalleresche della Corona di Ferro. Anche al principe Alberico l'onorificenza era stata assegnata, ma egli non volle presentarsi a riceverla.... Ospiti illustri nel "volontario esilio" di Alberico XII a Belgioioso furono anche il Parini ed il Foscolo; e sotto gli occhi del cantor dei Sepolcri, il 27 agosto 1813 si spense,più che novantenne, il principe Alberico. Dopo la sua morte il feudo fu diviso; al primogenito toccò il territorio col castello di S. Colombano ed il titolo di Principe, Belgioioso andò al ramo cadetto, col titolo di Conte».
http://www.belgioioso.it/secondo.asp?t=3
Bereguardo (castello visconteo)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«L’origine di Bereguardo è oscura nel tempo, non avendo dati certi del luogo ma, con probabilità, fu possesso del vescovo di Pavia. Nel 1300 Luchino Visconti lo dotò di un Castello. ... Il Castello, rimasto possesso dei Visconti, servì, più che per scopi guerreschi, come Villa Ducale, resa più attraente per annessione di una superba riserva di caccia, unitavi dal duca Gian Galeazzo Visconti, con un decreto del 16 febbraio 1386, che estendeva a tutto il territorio del Ticino, allora ricchissimo di fitti boschi e selvaggina di ogni sorta come cinghiali, cervi, caprioli, daini, etc. Nell’anno 1447 il conte Francesco Sforza, nell’intento di impadronirsi del Ducato di Milano, pose assedio al Castello di Bereguardo. In quell’anno era castellano di Pavia Matteo Marcagatti di Bologna, detto il Bolognino il quale, indotto da Agnese Del Maino, consegnò Pavia al Conte Sforza e questi, per l’aiuto avuto, rimunerò il Bolognino col titolo di Conte e col soprannome di Attendolo, e gli donò il Castello di Bereguardo. Questa possessione rendeva in quel tempo alla camera Ducale 900 ducati e, dopo quella del Parco di Pavia e del Castello di Settimo, era la maggiore di tutte le possessioni ducali nel territorio pavese. Essendo in quel tempo rimasta trascurata la caccia, la selvaggina era talmente cresciuta, che fu accordata la facoltà a chiunque di ucciderla nel territorio. Il primo di aprile del 1450, essendo Francesco Sforza diventato duca di Milano, revocò la donazione di Bereguardo al Bolognino, e la volse a favore del Conte Giovanni Tolentini della Stacciola, del Ducato di Urbino, suo capitano e consigliere ducale, al quale diede in sposa la propria figlia naturale Isotta Sforza, conservando però a sé stesso una parte dei diritti feudali. Il conte Giovanni Mauro da Tolentino tenne il feudo di Bereguardo dal 1450 al 1470, anno di sua morte. ...» - «Il grande quadrato del castello, cinto a sua volta da un più grande quadrato recintato (bassa corte), è ubicato sopra un terrazzamento naturale del Ticino. Riprende la classica tipologia a impianto quadrangolare dei castelli viscontei di pianura. Circondato da fossato, è però privo di torri angolari: una situazione che è forse possibile spiegare con la prevalente destinazione residenziale dell'insieme. Oggi presenta una pianta a "U", derivata dalla perdita dell'ala settentrionale, in analogia a quanto successo al castello di Pavia. Oltre alla bellissima e grande bifora mostra resti di un ponte levatoio sull'ingresso. È rimasta anche la merlatura bifida, con spazi intermerlari molto ridotti».
http://www.comune.bereguardo.pv.it/paginehome_item.asp?id=2 - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00124
Bereguardo (palazzo del Majno)
«Ubicazione: di fronte al Castello, nel centro di Bereguardo. Datazione: XVIII secolo. Cenni storici: di origine tardo seicentesca, il Palazzo è stato costruito come Villa di Delizia da Lorenzo Scagliosi, allora rettore dell’Università di Pavia, e poi donato ai Del Maino. Aspetti artistici: il Palazzo, che si apre con un bel portico a sei archi, è un bell’esempio di barocchetto lombardo. Pur essendo una villa di campagna denota una notevole raffinatezza di gusto del committente e un suo evidente interesse alle arti, in particolare alla musica, con l'edificio che si dispone intorno al salone "da ballo" a doppia altezza dall'acustica eccezionale con la grande galleria che si affaccia al primo piano raddoppiandone lo spazio. Nelle stanze e nei saloni sono conservati stucchi di notevole fattura. L'edificio nel corso del XX secolo ha subito un graduale degrado e un frazionamento che lo hanno in parte snaturato. Dal 2005 è in corso un recupero filologico che mira a riportare all’antico splendore il palazzo. E proprio la ricerca dello spirito originario e il recupero delle caratteristiche architettoniche dell'epoca stanno guidando l'attenta ristrutturazione attualmente in corso sotto la supervisione della Soprintendenza di Milano».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=107
Borgarello (cascina fortificata "La Colombina")
«II complesso rurale "Cascina la Colombina", attualmente di proprietà Bono, sorge proprio nel cuore di Borgarello, o per meglio dire il nucleo originario del paese si è sviluppato intorno alle sue antiche mura. I documenti degli archivi storici e notarili di Milano e di Pavia attestano che nel XVI secolo questi beni appartenevano ai Del Bove (o Bovio), mercanti e nobili pavesi, che li avevano acquistati in parte dai Frati Agostiniani di San Pietro in Ciel d'Oro nel 1594, in parte già nel 1541 dai Del Majno. Famiglia illustre questa: imparentata con i Visconti-Sforza, fu dai Signori insediata su proprietà ducali all'interno del Parco Visconteo in ricompensa delle loro benemerenze (come attestano varie lettere intercorse fra i Duchi ed i Del Majno) nonché per mettere in mani fidate una postazione strategicamente importante, che autorevoli fonti identificano con la "Torre Bianca del Majno" che compare nella cartografia dell'epoca. Prima del Del Majno il "Castello", come la Cascina viene ancora chiamata dai vecchi del paese che inconsapevolmente tramandano così il ricordo di un suo lontano passato di fortificazione militare, era appartenuto ad un'altra famiglia nobile pavese, i De Curtis o Curti. E prima ancora del XII secolo in mancanza, per ora, di documenti si possono formulare solo delle ipotesi, richiamandosi ad altri insediamenti presenti nel territorio che hanno avuto una evoluzione analoga alla "Colombina": da castello a cascina fortificata a residenza di campagna di una piccola nobiltà locale attiva e produttiva ed infine, nei secoli XIX e XX, ad azienda agricola. ...
La decorazione pittorica che ingentilisce la Torre nella fascia sottogronda è invece cinquecentesca e risale all'epoca del passaggio di proprietà ai Del Bove, come pure lo stemma gentilizio, raffigurante un bue sormontato da un'aquila, che compare sia dipinto che scolpito all'interno della Torre. Sulla facciata rivolta a mezzogiorno dell'edificio padronale è incisa una effige raffigurante tre colombe (foto a lato), sicuramente un chiaro riferimento al nome stesso della cascina e presumibilmente un riferimento alla "Contrada della Colombina" di Pavia, residenza di alcuni dei proprietari originali (zona via Gambini, con la presenza d una chiesa e un convento chiamato appunto della Colombina.) Tali particolari attestano quanto i nuovi proprietari, cadute le esigenze difensive, tenessero a dare prestigio e bellezza alla loro dimora. I Del Bove vi abitarono per tre secoli, con continuità documentata dal 1584, nel succedersi delle generazioni (come risulta dagli atti di battesimo, di matrimonio e di morte conservati nei registri parrocchiali di Borgarello) e dal XVII secolo hanno dato alla cascina la sua conformazione attuale e la sua vocazione agricola. Subentrati ai Bovio nel 1850, i nobili e mercanti pavesi Pecorara nel 1877 vendono tutto il fondo ai Bono, loro fittavoli come già lo erano stati dei Bovio. Gli attuali discendenti Bono stanno ora restaurando la cascina, intimamente legata al territorio di cui è parte integrante ...».
Bornasco (castello Barbavara di Settimo)
«Il luogo più antico del territorio di Bornasco è Settimo, il cui nome indica la distanza di sette miglia da Pavia in epoca romana. La più antica notizia sulla località è del 836, quando il francese Hunger dona al monastero di Sant'Ambrogio a Milano il luogo di Settimo. La prim notizia riguardante il castello è un atto di vendita del 1396 nel quale Giacomo, Giovanni e Giovanprimo Astolfi, figli del defunto Bono vendono ad Antonino Angossolis, il quale agisce a nome di Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, il castello di Settimo e altri beni attigui per diciottomila fiorini. Sempre nel 1396, Gian Galeazzo Visconti lo concede in feudo al proprio procuratore, Francesco Barbavara. Nel 1402 il duca confisca il castello e lo dà ai fratelli Giovanni e Galeazzo de' Diversi, figli del defunto Nicola, feudatario di Vigevano. Il Barbavara comunque ne rientra in possesso l'anno successivo, ma lo cede in cambio del castello di Omegna. Altre notizie sui passaggi di proprietà sono del 1441 quando Filippo Maria Visconti vende il castello di Settimo al conte Guido Torelli, la cui famiglia ne rimane in possesso fino alla fine del Cinquecento (1597), quando il conte Ercole Torelli, morendo senza eredi, lo lascia alla madre Isabella Urtado Manriquez de Mendoza e, tramite lei, al nipote conte Andrea Manriquez. Ci sono notizie di un saccheggio nel 1522 e di un utilizzo del castello per l'alloggiamento delle truppe del maresciallo Lautrec. Nel 1769 Maria Teresa d'Austria conferma l'investitura al feudo di Settimo al conte Pietro Secco che nel 1788 viene venduto all'Imperiale Regio Consiglio di Governo. Nel 1830 i conti Landriani, subentrati nel castello di Settimo, lo vendono al milanese Andrea Ponti mediante atto rogato dal notaio Antonio Cornaliani. ...» - «Il complesso ha pianta rettangolare. è composto da due distinti edifici con pianta a 'U', che insieme formano il rettangolo che si articola intorno al cortile. Presenta due grandi finestroni a sesto acuto con cornice in cotto e un fregio in laterizio a sbalzo "a doppio dente di sega", che corre lungo la sommità della facciata. Sulla facciata sud ed est sono presenti finestre a sesto acuto, sulla prima la cornice è composta da laterizio e pietra calcarea, sulla seconda invece solamente da laterizio. Sono presenti tracce di un rivestimento esterno in intonaco dipinto a secco con decorazione geometrica a losanghe con colori bianco, rosso e verde sulle facciate est e nord del cortile. La stessa decorazione pittorica è presente anche all'interno, che risulta essere la facciata esterna. Oggi il castello è centro di un'azienda agricola, abitato dai proprietari per una piccola parte e non utilizzato per la restante».
http://bornasco.webnode.it/notizie/storia/settimo - http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file/artearchitettura_castelli...
Brallo DI PREGOLA (resti del castello Malaspina)
«Il territorio di Pregola è nominato in un diploma dell’imperatore Ottone I del 29 luglio 972. Nel documento vengono descritti – secondo valide testimonianze – per sommi capi i possedimenti locali del Monastero di Bobbio, con implicita conferma dei medesimi al predetto cenobio. Sembra che Pregola sia stato donato al Monastero da re Agilulfo, ed è quindi probabile che il castello ivi esistito e l’intero abitato siano stati fondati da quei monaci in epoca imprecisabile, ma certo assai antica. Per lungo tempo essi ne furono feudatari, finché, il 28 settembre 1164, Federico non lo devolse, unitamente ad altri luoghi della Valle Staffora, ai Malaspina. Quell’atto fu poi confermato da Federico II, nel 1220, Carlo IV, nel 1355, e Carlo V, nel 1541. Risulta che nel 1207 ci furono vertenze giudiziarie tra gli abati di Bobbio ed i feudatari imperiali, in ordine a contestazioni relative a benefici terrieri perduti. Tralasciando altri passaggi, si arriva a Corrado, figlio di Morello Malaspina, che divise nel 1221, con il nipote Opizzo, i feudi della Liguria, riservandosi per sé quello di Pregola. Egli è considerato il capostipite dei Marchesi del luogo. Il feudo si estendeva verso mezzogiorno e comprendeva molti torri e castelli, che poi passarono in altre mani. Forse per divergenze familiari, Pregola fu assediato nel 1570 da un Giovanni Malaspina e figli, in lotta con altri componenti il casato; ma ebbero la peggio, ed uno di essi fu fatto prigioniero, deportato a Milano ed ivi decapitato. Il marchesato di Pregola fu annesso alla comunità di S. Margherita Staffora. L’antica rocca era posta alla sommità del cono roccioso che sovrasta l’attuale paese, già Comune ed ora frazione di Brallo di Pregola. Di essa e del primitivo abitato – testimoniato nel 1725, in forbito latino, da un parroco locale citato dal Goggi – non rimanevano all’inizio del sec. XVIII altro che vestigia plantari e ruderi più o meno consistenti. Non bisogna dimenticare che la pieve locale, dedicata a S. Agata (risarcita interamente in epoca recente), viene fatta risalire al tempo dei Longobardi e, precisamente, al secolo VII. L’originario fortilizio fu distrutto quasi interamente, a quanto sembra, nel 1571. Con i materiali ricavati dalla macerie fu in seguito eretto un nuovo massiccio casamento, che da allora fu sempre denominato castello, ma la fama del paese andò progressivamente oscurandosi, fino a scomparire dalla scena politico-sociale della Valle Staffora. Dell’antica rocca sono andate perdute anche le ultime vestigia murarie a ridosso del colle su cui sorgeva.
Il castello attuale ha più aspetto di residenza patrizia di campagna che di casa-forte nel senso tradizionale del termine. Esso risalirebbe alla fine del Cinquecento o ai primi del Seicento ed è di proprietà Leveratto-Mangini. Vi si accede da nord per portoncino con arco a tutto sesto e serramento borchiato a teste di chiodi, oppure da sud, all’altezza della chiesa parrocchiale. La facciata principale è a capanna e presenta cinque finestrelle intermediate longitudinalmente da una incrinatura della parete. Esternamente si nota nell’angolo di nord-est un corpo aggettante rinforzato da un barbacane appena accennato. Sul fianco sinistro si notano in corrispondenza ad un locale rustico una finestra strombata a guisa di profonda feritoia e, più innanzi, un’apertura difesa da una robusta inferriata cinquecentesca. Il locale interno era adibito a prigione. Le pareti sono in pietra locale a vista, su orditura comune. Entrando dal portoncino si è subito in un vasto atrio contrassegnato da tre archivolti, uno dei quali gravemente lesionato. Due diverse scale conducono al piano superiore, suddiviso in locali di diversa capienza, tutti in precario stato di manutenzione. Nella sala maggiore, con soffitto su travature lignee, si vede un ricco camino sormontato da un grande stemma dei marchesi Malaspina di Pregola, inquartato di rosso e d’azzurro. Nel I e nel IV campo si vedono aquile bicipiti in rosso nel II e nel III uno spino secco afferrato da un leone bianco rampante, coronato d’argento, entrambi in azzurro. Lo stemma gentilizio è sovrastato dalla corona marchionale a tre punte ed è avvolto da una ricca decorazione a stucco comprendente figure allegoriche ed ampie volute e caulicoli. L’opera è ascrivibile al sec. XVII. Il sottostante camino è in pietra color lavagna e presenta una leggera modanatura nell’architrave con radi dentelli, nonché due fascette laterali ed una specie di serraglia centrale. In un’ampia cucina a pianterreno, sita nel corpo ad ovest come il salone precedente, esiste un secondo camino rustico a cappa, che ha la particolarità di possedere due fornelli laterali, oltre al focolare propriamente detto. L’ala dell’edificio volta a levante terminava con una torricciola la cui parte sommitale sarebbe rovinata alcuni decenni or sono. Il castello è felicemente ambientato e conferisce una certa nobiltà al piccolo ma pittoresco paese, che è ora dominato verso levante dal prestigioso complesso del Centro federale tennistico del CONI, con la sequela dei suoi rossi campi da gioco».
http://www.fabiotordi.it/blog/?tag=malaspina
«Epoca di costruzione: sec. XV. Si tratta di un edificio a pianta rettangolare, con portico ad archi acuti (in parte murati). Caratteristico è il camino pensile esterno. Altrettanto tipiche della zona e dell'epoca sono le finestre archiacute ciliate. La costruzione, che versa in un non felice stato di conservazione, fa oggi parte di una corte rustica nel mezzo della campagna e funge da abitazione rurale. Molto scarse sono le notizie su queste vestigia di architettura fortificata, nota (o battezzata da alcuni studiosi), come "rocchetta", cioè come espressione di un caratteristico tipo edilizio di area sforzesca attribuibile al XV secolo. La datazione, sulla base soprattutto delle particolarità architettoniche dell'edificio (o della parte che ne è rimasta), è quasi certamente corretta; meno condividibile, forse, la definizione di "rocchetta", che sarebbe probabilmente più giusto mutare in "casaforte", cioè in residenza fortificata di un piccolo signore locale».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00163/
Casei Gerola (castello Squadrelli)
«Nel 1164 Casei è nominato tra le terre che Federico I assegnò a Pavia, e che costituiscono il nucleo dell'Oltrepò Pavese. Sotto Pavia, Casei fu sede di podesteria o squadra. Sembra che già nel 1197 essa venisse infeudata agli Isimbardi di Pavia; passò poi sotto il dominio dei Beccaria, cui la tolsero i Visconti, per darla dapprima a Francesco Bussone da Carmagnola, conte di Castelnuovo Scrivia e poi, passato questi ai Veneziani, a un altro noto condottiero, Guido Torelli di Ferrara (1431). Il feudo di Casei, che comprendeva anche Cornale, rimase ai Torelli fino all'abolizione del feudalesimo (1797). Nel 1561 avevano ottenuto il titolo di Marchesi di Casei e Cornale. Non meno importante era un tempo l'attuale frazione Gerola, che sorgeva in origine più a nordovest, presso l'attuale confluenza della Scrivia nel Po. Sviluppatasi in prossimità di una vasta isola del Po (Insula Guazzatoria), fu a lungo sede di un vasto comune comprendente anche Mezzana Bigli, sorto in origine sull'isola, insieme a Guazzora che apparteneva al feudo di Gerola. Passato come Casei a Pavia nel 1164, e anch'esso sede di podesteria, Gerola fu infeudato ai Corti di Guazzora e successivamente ai Bigli di Milano. Questa signoria durò sino all'abolizione del feudalesimo. Il Castello degli Squadrelli si trovava in una posizione dominante rispetto al resto del paese. è un edificio del XIV secolo ad impianto quadrangolare con cortile centrale e massicce torri in corrispondenza dei quattro angoli, con ingressi opposti ma sfalsati e preceduti da rivellini su fossato. Le torri angolari - soprattutto le due sul lato orientale, probabilmente le più antiche, anche se non vi sono prove documentarie - sono assai sporgenti in pianta rispetto alle cortine e anche ai corpi di fabbrica, dato che questi sono progettati in modo da restare nella dimensione delle torri che li fiancheggiano. Il rivellino su arco acuto di fronte all'ingresso settentrionale presenta tracce di ponte levatoio e ricorda in parte quello del castello di Pavia. Attualmente è di proprietà privata ed è adibito ad abitazione».
http://castelliere.blogspot.it/2012/05/il-castello-di-martedi-8-maggio.html
«Da Broni o Stradella sulla via Emilia K.6, da Pavia Km. 25. Luogo ridente di villeggiatura, situato sul crinale che divide la valle dello Scuropasso da quella della Versa. L'antico castello (nominato per la prima volta in un istrumento del 974) è stato più volte rimaneggiato; nel XVIII secolo venne ricostruito sulle rovine della rocca medioevale dal marchese Giorgio Pallavicino Trivulzio, come si legge in una lapide murata nel rustico cortile. Pure del secolo XVIII la chiesa parrocchiale di stile neoclassico. Il paesaggio sulle valli e sulla pianura padana che si domina da Castana vale più di una gita» - «Le prime tracce storiche del Castello di Castana risalgono al lontano anno 974. Nel 1164, Barbarossa la tolse ai Piacentini. Il Castello, per tutto il periodo medioevale, fu considerato una porzione del feudo di Broni e, fino al 1610 circa, rimase in possesso della famiglia Borromeo. Dopo vari passaggi tra famiglie della nobiltà locale, nel 1746 fu restaurato ad opera del marchese Giorgio Pallavicino Triulzi che consentì di arrestare il degrado e conferì il caratteristico aspetto attuale».
http://www.cialombardia.org/ciastradella/il_territorio.htm - http://www.grandifarm.it/Annunci/Annunci.asp?IDA=1
Castelletto DI BRANDUZZO (castello Botta Adorno di Branduzzo)
«Monumento nazionale è il Castello di Branduzzo, costruito agli inizi del XII secolo e ampliato successivamente. In molte storiche pubblicazioni si descrive il Castello e le proprietà attigue come luogo di caccia dei duchi di Milano, ma in realtà i Visconti, prima, e gli Sforza, successivamente, a Branduzzo furono sempre ospiti dei Botta. I soffitti a cassettone del castello sono come un'iconografia dei vari personaggi della famiglia Botta dai primi anni di dominio fino agli inizi dell'Ottocento. Tanti e altisonanti i nomi legati a Branduzzo: oltre ai già citati Sforza e Visconti, anche Ludovico il Moro e Leonardo da Vinci» - «Il Castello di Branduzzo è situato nell’omonimo Comune. Nel 1200 la struttura era di proprietà della famiglia Botta. Successivamente, passò nelle mani di diversi proprietari. Secondo alcuni studiosi, nel castello ha lavorato il Bramantino, ma non esiste nessun documento che testimonia questo fatto. Attualmente, il castello è in un stato di degrado e necessita di un immediato intervento di restauro».
http://www.comune.castellettodibranduzzo.pv.it... - http://www.visititaly.it/info/954349-castello-branduzzo-castelletto...
CASTELLO (castello o palazzo Isimbardi Vismara)
«Appartenuto al feudo di Broni (XIII secolo), il territorio [di Santa Giuletta] fu in seguito sottoposto al controllo di altri feudatari: i Beccarla nel quattrocento; i Trotti e gli Isimbardi nel settecento. Ebbe la funzione di capo di mandamento durante il regno sabaudo e si distinse infine per l’impegno nella lotta partigiana durante l’ultimo conflitto mondiale. Meritano una visita il Castello (nell’omonima frazione), sulla sommità della collina, del cui impianto originario (secolo XII) non restano che le cantine, una volta inospitali prigioni; oggi il complesso appare come una villa settecentesca, in stile neoclassico che nel tempo ha subito numerosi interventi di restauro e rimaneggiamenti (al momento è oggetto di restauro da parte del nuovo proprietario); la chiesa parrocchiale del Castello, anch’essa chiusa per restauri) costruita nel 1200 e dedicata alla martire greca Santa Julitta, conserva bei dipinti caravaggeschi».
http://www.comune.santagiuletta.pv.it/storia
Castello d'Agogna (castello Isimbardi)
«Il castello, situato a quanto
pare sul luogo di un'antica postazione militare romana, è di origine
certamente assai alta, che può verosimilmente farsi risalire al XII o XIII
secolo, sia pure con una notevole serie di modifiche, in varie epoche, che
ne hanno profondamente mutato l'aspetto originale. Appartenne alla nobile
famiglia dei Della Torre, per poi passare successivamente nelle mani del
monastero di Santa Croce di Mortara. In età moderna fu infeudato ai Tarsis.
Funge oggi prevalentemente da abitazione. Il complesso presenta il
tradizionale impianto quadrato dei castelli di pianura lombarda, però con
alcune particolarità, la maggiore delle quali è la presenza di una sola
torre angolare (oltre a una piccola torre d'ingresso sul lato sud
orientale), che sporge verso il fossato, in pianta, di un paio di metri
rispetto alle cortine, e reca ancora le tracce dei bolzoni del ponte
levatoio e della vicina ponticella pedonale. L'accesso al cortile oggi
avviene anche dal lato sud-ovest attraverso un arco a tutto sesto, inserito
entro un riquadro rettangolare intonacato, che conduce ad un androne,
coperto con una volta a botte lunettata. I sottarchi raffigurano armi da
guerra, decorazioni floreali e animali alati. Tutto l'insieme è stato con
ogni evidenza cimato, così da poter ospitare le falde dei tetti. Le finestre
sono, con altrettanta evidenza, aperte in rottura di muro in epoca piuttosto
recente, variabile dal tardo Settecento al primo Novecento. La torre
presenta ancora alcuni fregi in cotto e tracce di monofore a tutto sesto:
elementi di notevole importanza per ipotizzare una data di costruzione del
complesso».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A130-00022/?view=tipologie&offset=2&hid=1.9&sort=sort_int
«Vicino a Cozzo si trova la
frazione di Celpenchio, piccolo e grazioso borgo, un tempo sede comunale e
ora frazione, ha sempre seguito le sorti dell'attuale capoluogo, pervenendo,
nel 1465, ai Gallarati, signori di Candia e Cozzo, ai quali appartenne per
lungo tempo. Del castello, della cui epoca di costruzione non è possibile
fare ipotesi, sussistono poche e scarne informazioni; esso viene ricostruito
nel secolo XIV, in seguito a vicende belliche non meglio precisate.
è costituito da tre corpi di
fabbrica disposti a "U" con la fronte principale volta a nord-est e il lato
aperto in direzione sud-ovest, verso il vicino Sesia. Il tessuto murario
esterno denuncia numerosi rimaneggiamenti: sulla facciata principale si
possono osservare tracce di tre archi a tutto sesto, in forma di loggiato,
attualmente murati; ai due angoli superiori della stessa facciata si
conservano due piccole torri quadrate pensili, evidentemente mozzate
all'altezza del tetto che poggia sull'antica merlatura, pure murata. Il
complesso, che per le sue caratteristiche generali è assimilabile più alle
costruzioni fortificate piemontesi - novaresi e vercellesi in particolare -
che ai coevi manieri lomellini, è adibito ad abitazione e a magazzino rurale
e versa in gravi condizioni di degrado, ma rimane di grande interesse e di
sicuro fascino».
http://www.infolomellina.net/html/cozzo.htm
Chignolo Po (castello Procaccini)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«La parte più antica del
Castello, nato come fortezza su di un'altura, è la grande Torre, dalla quale
si controllava un lungo tratto del Po (Cuneulus super Padum). Si
ritiene che essa fu fatta costruire dal re Liutprando intorno al 740 d.C.,
allorché Pavia era capitale dei Longobardi, con lo scopo di servire da
fortezza di difesa e di presidio sul Po e sulla Via di Monte Bordone,
successivamente denominata via Francigena-Romea che collegava il Nord Europa
con Roma. Davanti al fortilizio, verso settentrione, sorge il Borgo
(Ricetto), che fu interamente riedificato nel 1600. Esso si connota come un
complesso architettonico protetto all'ingresso da un fossato, da due
garitte, e da quattro rivellini (torrioni) ai lati estremi. Il Castello, in
poco tempo, a partire dal XIII secolo, divenne uno dei maggiori feudi
lombardi, su cui si insediarono dapprima i Pusterla, fino a quando, nel
1340, tale famiglia fu coinvolta in una congiura antiviscontea e ferocemente
sterminata. Vennero in seguito i Federici e i Cusani, i quali aumentarono al
massimo la potenza del Castello, ricevendo altresì continui privilegi e
concessioni dai re e dai duchi di Milano. Dal 1700 al 1730 esso fu ampliato
e trasformato da fortezza medioevale in una vera e propria reggia
settecentesca, dove soggiornarono papi, imperatori, re, principi e
arciduchi. Ad artisti di scuola tiepolesca venne affidata la realizzazione
degli stucchi e dei dipinti che impreziosiscono le sale di rappresentanza
del Castello. L'opera fu realizzata per volere e finanziamento del
proprietario dell'epoca, il cardinale Agostino Cusani Visconti (1655 -
1715), che fu ambasciatore del èapa presso la Repubblica Veneziana ed alla
Corte di Luigi XIV a Parigi, nonché vescovo di Pavia. A seguito di tale
grandiosa opera, il Castello di Chignolo Po venne denominato e conosciuto
nel mondo come la "Versailles della Lombardia"».
http://www.castelloprocaccini.it/cenni_storici.aspx
«La costruzione del castello di Cigognola viene fatta risalire al secolo XIII, ad opera dei Sannazzaro, in una posizione strategicamente importante, a guardia della Valle Scuropasso. Oltre alla sua posizione strategica per l'avvistamento, il castello possedeva anche due cerchia di mura atte, l'una, meno fortificata,ancora oggi ben visibile sul versante della Chiesa parrocchiale, a dar rifugio al popolo in caso di attacco. L'altra, più robusta, corrispondente al manufatto volto a sud, nel quale fu ricavato il portale d'ingresso al cortile del castello a difendere il castello stesso. La costruzione era anche dotata di un ponte levatoio che serviva ad attraversare uno scavo, detto "falsa braza", posto fra le due cerchia murarie e completamente diverso dai tradizionali fossati dei castelli di pianura. La parte più antica della costruzione si presenta verso nord-est, ed è contrassegnata da mattoni di cotto a vista e pietre di notevole dimensione. La rocca si accresce materialmente, adeguandosi alle esigenze difensive, ma la sua posizione la pone al centro delle continue lotte locali che devono lasciare vistosi segni se tra il 1444 e il 1447 la famiglia Astori, investita dallo Scaramuzza Visconti della terra di Cigognola, fa "riparare il castello che andava in rovina". La parte di edificio volgente a sud è di epoca successiva. Essa dovrebbe risalire al 1663, come testimonia una lapide in pietra bianca infissa nella muratura; la sua formazione fu certamente dovuta alle mutate esigenze d'uso del castello che, da prettamente difensivo si fece, col trascorrere dei secoli, residenziale.
Nel cortile del castello è presente un finto pozzo con una sottostante cisterna, usata un tempo per la raccolta dell'acqua piovana, nella quale, durante il periodo nazifascista, venivano gettati, dopo averli torturati, i partigiani. Il vero pozzo si trova a poca distanza e forniva acqua potabile per gli abitanti del castello. Il più consistente rimaneggiamento, effetto dell'epoca romantica ottocentesca, è dovuto alla famiglia Arnaboldi. è grazie agli Arnaboldi si intraprendono una serie di lavori per "ridurre all'antica" il fortilizio. Con queste opere di risanamento il castello fu definitivamente trasformato in una dimora di villeggiatura. L'intervento, svoltosi in tempi differenti, riguarda inizialmente il ripristino dell'immagine medievale della rocca: le mura vengono ornate alla ghibellina e si procede alla costruzione dell'imponente torre quadrangolare conclusa alla sommità da beccatelli coronati da merli ghibellini. Sotto a tanto coronamento vengono aperte, su ogni lato, due finestre ogivali. La torre viene eretta seguendo le forme di quella superstite della rocca di Stradella. Alla fine dell'800 il conte Bernardo Arnaboldi prosegue l'intervento. L'attenzione si sposta sul cortile e su alcune sale interne che vengono ornate con decori di gusto medievaleggiante. Labili tracce di queste decorazioni sono ancora visibili dopo l'incendio del 1982 che distrusse completamente l'interno del castello».
http://web.tiscali.it/marcpoli/it/storia_cultura/cultura/castellocigognola.htm
Corteolona (cascina Castellaro o castello di Teodolinda)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«...Corteolona fu sede, nell'alto medioevo, della corte Longobarda e deve la propria fondazione probabilmente a re Liutprando, sui resti d'una villa romana. L'Imperatore Lotario datò dal paese il "capitolare" cui si fa risalire l'atto di fondazione dell'Ateneo Pavese (825). Vi sostarono re ed imperatori carolingi. Dopo la caduta del Regno Italico le fortune del paese declinarono rapidamente, cosicché venne infeudato a diverse famiglie, dopo essere stato donato dalla moglie di Lotario II, nel secolo X, al monastero pavese di San Salvatore, cui rimase fino alla Rivoluzione francese. Nei primi decenni del 1800 la località fu più volte occupata da truppe francesi ed austriache. Il nome del paese consta in due parti: Olona, dal fiume omonimo, e Curtis, particolarmente usata nella tarda epoca romana. Esso deriva da Chorte, che equivale, nel linguaggio popolare, a "corte". ... Corteolona era già denominata Curtis all'epoca di Alboino (568 d.C.), ma non fu fondata dai Longobardi in quanto esisteva come villa romana. Che tale villa fosse importante e posta in luogo dominante lo conferma il fatto che le fu assegnata dai Longobardi il ruolo di residenza rurale e seconda capitale. Lo dice il loro storico Paolo Diacono. Secondo il Codex diplomaticus Longobardorum la Curtis Olona aveva un'estensione di mille "mansi" coltivati e si estendeva sulla sinistra del fiume Olona fino al Po e, a nord, fino al territorio di Inverno. Essendo ogni "manso" di circa quattro ettari, si calcola che la Corte avesse una superficie di circa 60.000 pertiche milanesi attuali, cifra abbastanza rilevante anche per quei tempi. Dell'antica villa e poi del monastero dei Benedettini non si è però, finora, trovato nulla nei fabbricati della Cascina Castellara che serva da sicura testimonianza. ... A Corteolona, re Liutprando (712-744) fece costruire una fastosa residenza reale, abbellita da marmi, colonne e mosaici preziosi che fece arrivare apposta da Roma. Il Palazzo si trovava nei pressi dell’attuale cascina Castellaro. Anche dopo la caduta dei Re longobardi, il Palazzo di Corteolona continuò a essere frequentato dai sovrani carolingi e del Regno Italico».
http://www.comune.corteolonaegenzone.pv.it/ComStoria.asp - ...ComSchedaTem.asp?Id=36639
Corvino San Quirico (castello)
«Anticamente l’edificio si componeva di tre corpi, uniti ortogonalmente, che delimitavano un cortile interno di piccola dimensione. In seguito, secondo la tradizione, due ali della costruzione furono in gran parte distrutte da un incendio; quello che si salvò fu poi utilizzato dai proprietari come residenza di campagna e perse così il carattere di vero e proprio fortilizio, conservando però quello di un solido maniero. La merlatura fu aggiunta a seguito di una ristrutturazione effettuata nel 1910. Il castello comprende un corpo ad ovest e un’ala minore a sud con annessi rustici adibiti anche ad abitazione del personale di servizio. La sua posizione strategica consente un’eccezionale vista panoramica, che spazia dalle colline fino alla pianura tra file di viti e macchie di verde intenso. Al castello si giunge per una piccola e ripida strada dove all’inizio, sul lato sinistro, si trova la casa-forte che anticamente fungeva da protezione. Alla fine della strada l’accesso è sbarrato da un cancello di ferro aggiunto negli ultimi anni. L’ingresso al castello avviene poi attraverso un profondo arco con volta a botte che consentiva di salire e scendere dalle carrozze al riparo dalle intemperie. A nord dell’edificio gradevole elemento decorativo è il parapetto in ghisa di un balconcino sporgente sulla vallata e fuso probabilmente nel secolo scorso. ... In epoca medioevale il castello di Corvino San Quirico e la sua casa-forte costituiscono un insieme strettamente connesso sul piano architettonico e funzionale. Il castello domina dalla cima del colle, più in basso la casa-forte offre una prima protezione dai nemici. Secondo la mappa teresiana dell’epoca il paese è costituito da poche case situate vicino al castello e lungo la strada principale fino alla chiesa. Tutto attorno si estendono terreni agricoli puntualmente registrati col proprio numero e le relative misure in tavole e pertiche. ... Attualmente il castello e la casa-forte non conservano motivi architettonici e fregi di particolare interesse, ma sono testimonianza di secoli di storia di Corvino. Questo ci invita a pensarli legati strettamente l’uno all’altro da tante vicissitudini e dal ruolo svolto su tutto il territorio circostante. Non più quindi due entità separate ma un unico complesso importante e degno d’attenzione».
http://www.comune.corvino-san-quirico.pv.it/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/1
COSTA DE' NOBILI (resti del castello)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Configurazione strutturale: Complesso a pianta poligonale formato da diversi corpi di fabbrica costruiti in epoche diverse. La facciata nord, verso il paese, è formata da due fabbricati che convergono sui lati della torre centrale, di cui rimangono unicamente due lati. La parte più antica è l'ala est denominata Palazzo, alla cui estremità verso levante si trova una piccola torre a pianta poligonale di epoca quattrocentesca alla quale si affianca un ampliamento settecentesco. Nel suo insieme il castello di Costa de' Nobili è un' oggetto di difficile analisi per la complessità della sua struttura dovuta alle innumerevoli stratificazioni. Epoca di costruzione: sec. XIII - sec. XIV. Comprende: Palazzo del castello di Costa de' Nobili, Costa de' Nobili; Torre del Castello di Costa de' Nobili, Costa de' Nobili. Descrizione. Si tratta di un complesso a pianta poligonale, ubicato al margine sud orientale dell'abitato, sopra un terrazzamento naturale dell'Olona, e formato da due corpi di fabbrica convergenti su una torre centrale, alta una ventina di metri. Ai lati s'innalzavano altre due torri, oggi cimate. Notizie storiche. Il castello, i cui resti assai degradati e in parte allo stato di rudere, dominano tuttora l'abitato, risale con ogni verosimiglianza, per quanto si può indurre dalle (scarse) notizie storico-documentarie e dai particolari architettonici antichi ancora leggibili, al XIV secolo. Uso attuale: ala est: non utilizzato; ala nord: abitazione; ala ovest: uffici; edifici nella zona centrale: non utilizzato. Uso storico: intero bene: difesa. Condizione giuridica: proprietà mista pubblica/privata
La torre. La torre è ridotta allo stato di rudere. Ha pianta rettangolare e rimangono due lati dell'edificio (facciata nord e quella est). Sono presenti tracce della volta che copriva il piano terra che aveva funzione di androne d'ingresso al Castello. I due piani superiori erano coperti da solai lignei di cui non rimane più traccia. Le strutture verticali sono in muratura di laterizio e malta di calce. Non è presente nessuna copertura. Il Palazzo. Il Palazzo, così è chiamata l'ala est del complesso del castello di Costa de'Nobili, è costituito da un corpo di fabbrica rettangolare che si articola su 3 piani (2 fuori terra e 1 seminterrato) e da una torre poligonale ubicata nell'angolo est. Le strutture verticali sono in muratura di laterizi e malta di calce a corsi regolari. Le strutture di orizzontamento sono costituite da solai in latero cemento, tranne che nella torre poligonale dove sono presenti volte a botte in laterizi. La copertura ha struttura lignea con capriate senza monaco e manto di copertura in coppi. Al piano terra è presente un porticato dove si trova la scala rettilinea a due rampe che garantisce la distribuzione verticale».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A130-00030 - ...schede/1A130-00032 - ...schede/1A130-00031/
Per ulteriori informazioni e approfondimenti, e sullo stato attuale del castello, si rinvia a Costante BONVINI, Castello di Costa de' Nobili. Immagini e documentazioni, alla pagina https://www.facebook.com/costante.bonvini/media...
COZZO (castello Gallarati Scotti)
«Nel Medioevo, per la sua
posizione in prossimità del corso del Sesia, Cozzo fu dotato di un forte
castello, ricostruito dai Milanesi nel 1214 e rifatto nel XV secolo, quando
divenne possesso della famiglia Gallarati. In questa occasione fu dotato di
due ponti levatoi, di un'alta torre, di una merlatura ghibellina, che ancora
corona il fabbricato, e di numerosi abbellimenti interni come modanature in
cotto ed affreschi a graffito. Ma i lavori non erano ancora terminati
quando, nel settembre del 1499, il castello ospitò addirittura il re di
Francia Luigi XII, che guidava il suo esercito verso Milano, di cui
rivendicava il ducato come discendente dei Visconti. L'incontro fu talmente
importante e solenne da essere documentato in un affresco nella sala
maggiore del castello "avvincente e suggestivo, come testimonianza di un
fatto storico e come specchio di vita". Vi sono raffigurati due cortei che
si incontrano: da una parte il sovrano francese accompagnato dai cardinali
Giorgio d'Amboise e Giuliano della Rovere scortati da soldati con lance ed
alabarde, dall'altra una dama, Maria Roero, il marito Pietro Gallarati,
feudatario di Cozzo, con altre dame e uomini di corte, nei fastosi abiti del
tempo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Cozzo#Il_castello
Le foto degli amici di Castelli medievali
«...In epoca medievale, Filighera partecipò alle lotte tra liberi comuni lombardi e fu sede di un'antica pieve della diocesi di Pavia, nota nel XII secolo come Felegaria e appartenente alla Campagna Sottana pavese. Da un documento concernente una visita pastorale avvenuta nel 1460 risulta che la chiesa di Filighera era un'arcipretura con giurisdizione su Belgioioso, Torre de Negri, Spessa e Buttirago. Nel 1475 Galeazzo Maria Visconti (1444-1476) infeudò agli Estensi di Ferrara queste terre che poi passarono per matrimonio nel 1757 ai principi Barbiano di Belgioioso. è grazie a questi ultimi, feudatari dell'attiguo borgo prima dal 1431 alla fine del '400 e poi, continuativamente, dal 1536 ai giorni nostri, che entrando in paese dalla parte di Belgioioso, si passa sotto un arco costruito dall'arch. Simone Cantoni. Questo arco (1787-1790) raccorda due potenti fortini in cotto, di pianta circolare e di più antica fattura, forse corpi avanzati di un fortilizio distrutto durante le lotte medievali ed è tipicamente barocco, a linea ellittica e frontespizio arcato su cui poggia la corona di principe sotto la quale c'era lo stemma del ramo primogenito Barbiano di Belgioioso d'Este, composto dell'arma inquartata di casa d'Este e dell'arma comitale dei Barbiano. I quarti sono tuttora ben visibili, così loro manti (fondi) riprodotti su pietra (forse arenaria) secondo la grafica araldica dei metalli e colori: puntigliato per l'oro (1° e 4°), linee orizzontali per l'azzurro (2° e 3°). Sui quarti le figure o simboli in bronzo o in rame: nel 1° e 4° quarto l'aquila imperiale bicipite a volo spiegato, aureolata alle due teste, coronata da una corona imperiale e tenente con la zampa destra una spada sguainata e manicata e con la sinistra un globo; nel 2° e 3° quarto tre gigli disposti nell''ordine 2 e 1. Su tutto in corrispondenza della graffa di ferro al centro, uno scudetto scaccato caricato di una croce sul lato destro; a sinistra un'aquila coronata, appunto l'arma comitale dei Barbiano conti di Cunio e di Barbiano in Romagna. Nell'anno VIII repubblicano (1799-1800) la Repubblica Cisalpina faceva però atterrare e spianare tutti i simboli nobiliari del territorio tra cui quello dell'arco di Filighera, mentre nel maggio 1796 il nostro paese doveva subire persino il saccheggio, inflitto da Napoleone I a punizione della rivolta contro di lui. ...».
http://www.comune.filighera.pv.it/ComStoria.asp
«Fortunago, di origine romana,
storicamente nota fin dall'alto Medioevo, fu capoluogo di un vasto
marchesato, passato nel 1548 ai Malaspina e durato fino alla fine del
Settecento. In quell'epoca era uno dei principali centri dell'Oltrepò
collinare. In cima al colle si instaurava il castello, degno esempio
dell'architettura del tempo, di cui oggi si conservano solo i resti. La
chiesa che domina la sommità collinare risale al 1644, mentre l'edificio
dell'attuale sede municipale sorse probabilmente come casa forte. La parte
antica del paese è splendidamente conservata, grazie ai continui ed attenti
interventi di ristrutturazione e manutenzione, rendendo Fortunago uno dei
luoghi più pittoreschi e panoramici dell'intero Oltrepò. Le origini sono
antiche, come testimoniano i resti del castello e delle mura di cinta nella
parte alta del paese. Il nome, Fortunago, data la presenza del suffisso "-aco",
risalirebbe, secondo alcuni studiosi, alla dominazione celtica e
significherebbe "casa presso l'acqua"; questa tesi è avvalorata peraltro
dall'esistenza di una sorgente di acqua. Fortunacum è invece la forma
latina che compare per la prima volta in un documento della metà del X
secolo, in cui si fa riferimento alla sua appartenenza al comitato di
Tortona. Passato alla famiglia Malaspina nel 1164, divenne in seguito
proprietà dei Dal Verme, ai quali subentrò, sul finire del XV secolo,
Gerolamo Riario. Nel 1546, tuttavia, i Malaspina riuscirono a riaverne il
possesso, conservandolo fino alla seconda metà del Settecento. ...».
http://www.comunedifortunago.it/Info%20storiche.htm
«Il Castello di Frascarolo è citato in una pergamena del 1409, conservata alla Biblioteca Trivulziana di Milano, e menzionato come proprietà dei nobili Beretta. Negli anni successivi (1412/1415) il paese e il castello furono coinvolti nelle lotte tra i Beccaria e Filippo Maria Visconti. Il castello, ridotto a rudere, fu ricostruito dalle nobili famiglie locali Beretta, Robba e Chiroli, sulla base di un loro accordo del 1495 e della patente ducale di Ludovico il Moro del 1497, grazie anche all’intercessione della marchesa di Mantova Isabella d’Este. La ricostruzione viene terminata nei primi anni del XVI secolo (1512, come attesta una lapide sulla facciata del castello) con le caratteristiche dimensionali che si possono riconoscere ancora oggi. L'edificio passò poi in varie mani: ricordiamo il possesso dei Beretta della Torre e dei Chiroli; verso l’ultimo quarto del XIX secolo, la proprietà pervenne alla famiglia Vochieri, che la manterrà sino al 1978. La costruzione ha pianta quadrilatera, con fossato intorno e torrioni cilindrici sporgenti ai quattro angoli. Il tessuto murario mostra evidenti ristrutturazioni ottocentesche che hanno interessato l'intero piano superiore della costruzione, originariamente meno sviluppata in altezza; le torri stesse evidenziano il sopralzo, distinguibile nel terzo superiore dei quattro corpi cilindrici. L'ingresso all'antico maniero è ricavato nel centro del fronte ovest, sovrastato da un massiccio torrione che supera di un piano l'altezza della cortina muraria. Un ponte in muratura - caratteristica comune alla maggior parte dei castelli lomellini - sostituisce l'antico ponte levatoio, le cui tracce (si vedano le sedi dei bolzoni) sono comunque in parte ricostruite, e attraversa il fossato, trasformato in giardino già negli anni venti del XIX secolo. Risalgono al 1882 le ultime ristrutturazioni del castello, che da origini e scopi puramente militari, venne convertito in elegante complesso residenziale, secondo gli stilemi neo-gotici e romantici in voga nell'epoca. Le modifiche apportate all'impianto originario sono di grande impatto scenografico e bene si inseriscono non solo sulle sopravvissute strutture, ma anche in tutto l'ambiente circostante, formando un complesso di buon gusto estetico e di notevole interesse architettonico. Il castello presenta anche una serie di loggette, senza soluzione di continuità, alternate da balconcini sui quali si affacciano le finestre, alcune praticabili, altre affrescate a trompe-l’oeil, rappresentanti serramenti e tende, come era nello stile ottocentesco. Il castello è stato dichiarato monumento nazionale agli inizi del ‘900».
http://www.museodelcontadino.it/castello
«Intorno all’anno 1000, nel periodo dei Comuni, sorse il “Castrum“, nucleo fortificato del castello, luogo di protezione per gli abitanti del villaggio e dei territori. In origine il castello era una rocca realizzata a scopi prettamente difensivi, e nel corso dei secoli subì numerosi saccheggiamenti e venne semidistrutto nelle campagne militari dei secoli XII e XIII. Tra il 1412 e il 1475 il feudo di Gambolò venne concesso ad Antonio Beccaria. Il castello presenta i caratteri essenziali delle rocche visconteo - sforzesche con pianta quadrilatero/trapezoidale e torri sia nei “cantoni“ che al centro. Da ogni lato i muri di cinta, lungo cui si snodavano i cammini di ronda, erano completati da merli ghibellini. Il 30 gennaio 1573 il marchese Litta Agostino acquistò, dal fisco spagnolo, per 60.400 lire il feudo di Gambolò. La Casa del Signore di cui entrò in possesso misurava circa 350 m² e occupava il lato nord - ovest del castello. L’idea del Conte era quella di trasformare il castello in villa di campagna con un ampio giardino e un ingresso rappresentativo. Pertanto l’11 aprile 1573 il conte, successivamente elevato al titolo di marchese, incominciò ad acquistare le proprietà private poste all’interno del castello iniziando da quelle prossime al palazzo. Tra il 1614 e il 1680 venne realizzato, a est della rocca, il nuovo viale di ingresso previo rifacimento dei due fronti della via allora esistente con svasamento poligonale della contrada di Mangrate, l’attuale Corso Vittorio Emanuele. Il nuovo viale sfociava di fronte al torrione principale sul cui arco è ancora in parte leggibile la centinatura della facciata con le feritoie dei bolzoni del ponte levatoio, trasformato, nel 1680 in portale d’ingresso con arco a sesto ribassato e dentellato.
Il palazzo si elevava circa 50 metri ad ovest con ingresso ad arco ribassato a tutto sesto, con fronte bugnato ed estradosso a dentelli. Oltre si trovava il cortile con due colonnati affacciati e una muraglia cieca. Prima della fine del secolo i Litta eliminarono dalla cinta muraria del castello i merli e i cammini di ronda, iniziando a costruire a ridosso del muro una galleria, oggi chiamata “Manica Lunga“. Purtroppo a seguito di controversie i lavori si interruppero con la costruzione della torre quadrata posta al centro del lato che congiungeva il palazzo con la torre Mirabella e, solo nei primi anni del 1700, con l’acquisto degli ultimi sedimi si portarono a termine i lavori arricchendo la torre Mirabella di un belvedere con ringhiera. Il corpo della “Manica Lunga“ si sviluppa su due piani per un’altezza complessiva di m 10.00 circa. Il piano terra è costituito da una galleria della lunghezza di circa m 50.00 costituita da 15 colonne binate poggianti su un parapetto interrotto da un’alternanza di vuoti e di pieni che trovano definizione nella continuità materica delle mensole poggianti su pilastrini centrali in pietra. Appoggiate sui capitelli delle colonne si trovano le travi in pietra, per la prima parte in ceppo e per la seconda in granito quasi a testimoniare le fasi successive di esecuzione dei lavori. In corrispondenza degli archivolti si aprono delle finestrature che si affacciato sulla porzione di fossato ora coperta. Le pareti sono intonacate a eccezione della parte delle vecchie mura che si presenta in mattoni a vista. Il soffitto della galleria è in cannicciato con volte a sesto ribassato con alternanza di vela e botte, mentre la soletta è in assito poggiante su una orditura in legno. Nei decenni successivi furono apportate altre modifiche come ad esempio la fontana ottagonale, ora distrutta, fatta erigere nel 1776 al centro del giardino in prossimità della galleria. Successivamente il castello fu donato dalla famiglia Robecchi, avente causa dai Litta, al Comune. Al piano primo del complesso della Manica Lunga vi è la sede del Museo Archeologico Lomellino».
http://it.wikipedia.org/wiki/Gambol%C3%B2
«Le prime fonti storiche facenti riferimento a Garlasco risalgono al X secolo e consistono in due diplomi imperiali: col primo (909), l’imperatore Berengario I dona molti possedimenti garlaschesi ad Agiverto, arciprete di San Giovanni Domnarum in Pavia; col secondo (981), Ottone II sancisce l’assegnazione di Garlasco al monastero di San Salvatore, anch’esso in situato Pavia. Nel basso Medioevo, analogamente ad altri centri della zona, il borgo di Garlasco si trova al centro di aspre contese territoriali. In quel periodo la sua fortezza assume un ruolo di spicco nel sistema difensivo pavese, tanto da venir definita propugnaculum Papiae. Nel 1436 il borgo, in possesso dei Visconti, viene dato in feudo alla famiglia dei Castiglioni, che ne manterrà il controllo fino alla fine del XVIII secolo. Oggigiorno, delle strutture difensive di cui parlano i citati diplomi imperiali non resta traccia se non nei toponimi del centro storico (via delle Mura, via della Cinta). Testimonianze dell’esistenza di un castello sono invece costituite da un torrione medievale, a margine di Piazza Piccola, e dalle fondamenta di alcuni edifici adiacenti, a base scarpata. Ristrutturato verso la fine del secolo scorso, il torrione ospita attualmente alcuni uffici comunali» - «Il castello di Garlasco fu uno dei più importanti della Lomellina, per solidità e per dislocazione strategica, peculiarità queste che gli valsero il titolo di propugnaculum Papiae. Sorto su rovine di preesistenti fortilizi medievali, esso dovette assumere nel XIV-XV secolo le forme proprie della tipologia castellana lombardo-viscontea, caratterizzata da organismo a corpo quadrangolare su corte e torri quadrate agli angoli. Tale appare la conformazione del torrione visibile alle spalle della piazza, l'unica parte originale del castello, accanto a pochi resti di fondamenta e ad un'altra piccola torre. Il fortilizio subì vari saccheggi e distruzioni nel tempo, le più rilevanti delle quali nel 1524. La ricostruzione delle parti devastate non si mantenne fedele alla tipologia originaria e diede luogo ad una soluzione architettonica di stile eclettico».
http://www.terradilomellina.it/index2.php?option=content&do_pdf=1&id=3167 - http://www.comune.garlasco.pv.it/presentazione/castello.htm
Giovenzano (castello o palazzo Pallavicino)
«...Bisogna attendere il 1190 per avere le prime notizie di Iovenzano (ovvero l’antico nome di Giovenzano), che curiosamente ha una storia medioevale molto diversa da quella di Vellezzo. Mentre quest’ultimo, infatti, è per la maggior parte oggetto di possedimenti ecclesiastici, Giovenzano è sottoposto al controllo di grandi famiglie nobili milanesi e pavesi, sino ad arrivare, intorno alla fine del 1500 ad un controllo quasi totale (l’80% dei territori) da parte dei marchesi Pallavicino di Scipione, signori di Giovenzano, che elessero la loro residenza nel Palazzo Pallavicino (oggi proprietà privata), ma ben conservato e visibile dalla strada che conduce a Osteriette. Nel 1742, il marchese Giovanni Battista Bellini prende possesso del territorio di Vellezzo. ...» - «Epoca di costruzione: sec. XVI. Descrizione: organismo con pianta a "U" aperta verso mezzogiorno, che ancora riprende la tipologia del castello di pianura a schema quadrangolare e torri agli angoli, però priva del corpo meridionale. Presenta una grande torre in corrispondenza della testata meridionale del corpo di fabbrica orientale e una torre più piccola sporgente in corrispondenza dello spigolo nordorientale. Le facciate interne conservano tracce di decorazione pittorica a motivi geometrici. Notizie storiche: si trova a nord dell'abitato, nel mezzo della campagna. Si tratta di un tipico castello rurale per la protezione dei poderi e il ricovero delle derrate, costruito in epoca piuttosto tarda (secolo XVI), molto trasformato nei secoli successivi, fino all'attuale destinazione ad abitazione rurale. Condizione giuridica: proprietà privata».
http://www.comune.vellezzobellini.pv.it/manifestazioni... - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00249
Godiasco SALICE TERME (palazzo Malaspina o Pedemonti)
«Si suppone che il sia stato edificato sulle vestigia di una rocca preesistente. L’edificio, unica costruzione di rappresentanza che prospetta la piazza in cui sorge anche l’antica chiesa, è intonacato a calce ad esclusione del portale in arenaria, sorretto da due cariatidi, ormai trasformate dal tempo. All'interno un piccolo androne immette nel cortile porticato in cui si trova un pozzo in pietra con sovrastante decorazione statuaria risalente al XVI secolo» - «Esternamente il palazzo risulta restaurato con intonaco a calce. Si accede al palazzo tramite una portale in arenaria. Notevoli le due cariatidi (costituiscono la parte superiore dei pilastri) che sostengono l’architrave. Quest’ultimo è diviso in cinque formelle separate da figure umane allegoriche e porta la data del 1594 oltre ad una dicitura in latino. Si attraversa un androne con volta a botte a intonaco e pavimento originale in cotto. Da questo andito si accede all’attigua “Sala dei dipinti”. Si tratta di un ambiente con pianta rettangolare, pavimento originale in cotto e soffitto a padiglione affrescato. Gli stipiti e la porta d’ingresso sono originali. Da notare il camino sul lato sinistro. Attraversando in senso longitudinale l’androne, si giunge nel giardino: l’elemento più interessante dal punto di vista architettonico, è costituito da un’esedra affrescata caratterizzata da pilastri di sostegno in pietra e copertura in coppi. Dal giardino, una breve scalinata conduce alle cantine sottostanti. Tornando di nuovo nell’androne d’ingresso, questo immette anche ad un portico con soffitto a crociera intonacato. Verso il cortile, i pilastri del portico presentano lesene addossate e si presentano in mattoni a vista. Gli altri tre lati degli edifici che s’affacciano sul cortile sono in pietra a vista con alcune finestre murate in mattoni. La pavimentazione del cortile è in acciottolato. Al centro, un pozzo seicentesco in arenaria sormontato da una figura femminile, pure in arenaria».
http://www.comune.godiascosaliceterme.pv.it/storia-e-territorio - http://www.terrealtedoltrepo.it/it/?option=com_k2&view=item&id...
Godiasco SALICE TERME (torri, mura)
«Il più antico documento conosciuto che ricorda Godiasco, è un diploma del 1164 con il quale Federico I di Svevia detto il Barbarossa, investiva Opizzo Malaspina del marchesato di Godiasco, che si estendeva in tutta la valle Staffora, la famiglia Malaspina dello Spino Fiorito fu investita di questo feudo anche nel 1220 da Federico II e nel 1355 da Carlo IV. I Malaspina costruirono dei torrioni che fortificavano le mura di Godiasco. Esistono ancora torri di guardia incorporate nelle mura di cinta. Il tessuto urbano originale del paese è tipicamente medievale. Nel centro antico sorgeva il castello munito di tre ordini di mura. ...» - «Torre di via del Castello, XIII sec. Al centro del paese è ancora ben visibile una solida torre in pietra e ciottoli di fiume (ma con cornice e angoli eseguiti in laterizio, così da dare maggiore regolarità e consistenza alle parte più esposte e facilmente danneggiabili), appartenente forse alla scomparsa e più complessa fortificazione medioevale che sorgeva sul posto. A pianta quadrata, non molto alta (la parte superiore è stata però rimaneggiata, e quasi certamente troncata), è inserita in un complesso edilizio che mostra qualche traccia di antica nobiltà. È utilizzata oggi come abitazione, e presenta un discreto stato di conservazione. ... Torre di via della Cerchia, XIII sec. Si tratta di un edificio a pianta circolare, realizzato abbastanza grossolanamente in pietra e ciottoli di fiume, e notevolmente danneggiato da molti anni di scarsa o nulla manutenzione, durante i quali la costruzione è servita come magazzino e deposito. È tuttavia significativo come ultimo resto, o quasi, di una ben più complessa struttura difensiva obliterata dal tempo. Benché cimata e inserita oggi in edifici di nessun pregio, è ancora visibile, nella parte occidentale dell'abitato, una torre, appartenente all'antica cinta urbica. La sua origine è molto verosimilmente da far risalire al XIII secolo, ma le murature oggi osservabili sono senz'altro più recenti. La cinta muraria del paese, e anche questa torre, sono infatti state più volte distrutte a cavallo tra XIV e XV secolo, pure mantenendo, per quanto ne sappiamo, all'incirca lo stesso impianto».
http://www.robertomarchese.it/godiasco.html - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00164... - ...A050-00165...
«"Nel suo interno il luogo di Golferenzo presente all'occhio di chi lo visita alcune case civili appartenenti a varie famiglie del paese provviste di lauti parimoni, e una vetusta magione costructa a foggia di castello e che per certo avrà appartenuto agli antichi fedudatari di qui". Il castello venne distrutto nel 1216 ad opera delle truppe piacentine. Successivamente alla ricostruzione fu venduto nel 1691 a Barnaba Belcredi con il beneplacito del re di Spagna Carlo II duca di Milano, passò poi al marchese Antonio Belcredi il 3 agosto 1701. I Belcredi di Pavia conservarono il fortilizio fino all'estinzione dei feudi. Le vestige del castello consistono in una torre situata in uno stabile segnato con il numero 16 nei pressi della chiesa. L'edificio è costruito in pietra locale a masselli ed è caratterizzato da una finestra posta alla sommità, strombata nella parte superiore e difesa di un'inferriata antica. Secondo tradizione locale la torre servì a lungo da prigione. Nell'interno della torre furono rinvenuti alcuni ceppi di tortura».
http://www.comune.golferenzo.pv.it/ComSchedaTem.asp?Id=25737
Gropello Cairoli (castello di Gropello o Beccaria)
«Il primo documento in cui si menziona Gropello, risalente all'anno 891, riguarda la devoluzione del feudo a Certo Sangone da parte di Berengario I; è pur certo che prima del secolo XI il borgo appartiene ai conti di Rovescala, padroni di molte terre nell'Oltrepò e nel Pavese, che ne fanno donazione nel 979 ai canonici del Capitolo della Chiesa della SS. Trinità in Pavia. Dopo la pace di Costanza, nel 1183, viene aspramente conteso tra i Langosco e un ramo dei Beccaria, che solo nei primi decenni del XIV secolo affermano il loro dominio su gran parete del territorio pavese; nel 1470 passa a Galeazzo Maria Sforza. A seguito del matrimonio tra Orietta Beccaria e Gaspare Visconti il feudo va al loro figlio Pietro. Per la sua posizione di passaggio tra Milano e Pavia è spesso oggetto di incursioni e saccheggi. Nel medioevo sorge il Castello, come baluardo di protezione dalle frequenti battaglie e dalle rapine condotte dalle soldataglie. Dopo il periodo dei Comuni diventa luogo di ritrovo del signorotto del luogo e di allegre brigate, stanche del frastuono delle armi e degli ozi di città. Viene più volte riadattato, prima dai Visconti e poi dagli Sforza. è munito di ponte levatoio, di torri merlate e di una strada sotterranea. Il paese ha legato la propria storia ed il proprio nome ai fratelli Cairoli, patrioti del Risorgimento. I monumenti e le opere d'arte. Il Castello, del quale sopravvivono soltanto l’ala settentrionale e quella orientale, conserva intatti alcuni dei caratteri tipici delle costruzioni fortificate d'età viscontea, in particolare la decorazione perimetrale "a dente di sega", qui nella variante a doppia cornice sovrapposta, totale decorazione delle superfici murarie (vaste porzioni dell'intonaco originario sono osservabili nella facciata nord e sui lati interni) e una splendida monofora, riccamente modanata in cotto e fortemente strombata, aperta nella parte alta sul lato orientale del massiccio torrione angolare. Sullo stesso fronte ovest, nel quale è inserito l’attuale ingresso, oltre alla merlatura tamponata, sono chiaramente visibili le tracce di numerose aperture occluse, trasformate, riaperte, spostate, di varia foggia e utilizzo. Della strada sotterranea rimangono ancora una gradinata a ciottoli discendente e una lunga muraglia, detta "la piacevolezza", che circonda il castello e si spinge, dolcemente degradando, fin quasi alla costa del Ticino. Proprio su una parte distrutta del castello sorge la Villa Cairoli, con parco e cappella, principale dimora della famiglia omonima».
http://www.infolomellina.net/html/gropello.htm
Inverno e Monteleone (castello di Inverno)
«Nonostante le caratteristiche notevoli, sia per dimensione sia per tipologia, scarse sono le notizie in merito al castello. Si presume che l’edificio attuale, situato al centro del paese, sia un rifacimento quattrocentesco voluto dai Visconti (il cui stemma campeggia ancora sulla parete di fondo del portico) di un più antico fortilizio già esistente. Fu sede, dal sec. XV, del rappresentante dell’Ordine di San Giovanni Gerosolimitano (poi denominato Ordine dei Cavalieri di Malta). Presenta pianta rettangolare con cortile centrale con portico, quattro torri angolari, fossato (quasi scomparso) e rivellino con finestrelle ad arco ribassato. Le torri hanno altezza e forma diverse: due presentano base quadrata, mentre le altre due hanno, insolitamente, base circolare. Anticamente era interamente coronato da una merlatura ghibellinata (ora murata). La muratura portante è in mattoni quasi interamente a vista per la parte esterna. Dal 1725 la torre più alta venne dotata di una campana. Restaurato recentemente è ora di proprietà privato ed adibito a location per ricevimenti».
http://www.visitapavia.it/itinerari/Castelli%20nel%20Pavese/Castelli-del-Pavese-Inverno.html
Inverno e Monteleone (edificio fortificato di Monteleone)
«Il complesso, situato nel centro del paese, si compone oggi di due parti di età e funzioni diverse: un palazzo seicentesco e un complesso agricolo a corti collegate, di origine ed impianto medioevale, del quale forse rimane come elemento superstite una torretta. L'aspetto tradisce poco la funzione fortificatoria originaria. Soprattutto la facciata d'ingresso ha un esterno tipicamente "civile", con un bel portone barocco. Praticamente ignorato dalle cronache, anche locali, è per contro un insieme interessante, tra i pochi sopravvissuti di una fioritura che dovette essere, tra Quattrocento e Seicento, notevole nelle campagne lombarde. Si tratta di un complesso rurale fortificato risalente forse al XIV secolo e rimaneggiato nel Cinquecento, con funzioni tipicamente agricole e locali, per la salvaguardia dei prodotti dei suolo e dei coltivatori. È utilizzato oggi come abitazione rurale».
«Ubicazione: alla periferia dell'abitato di Landriano, oltre il Lambro, su un terrazzamento alluvionale del fiume stesso. Datazione: attorno all'anno Mille. Cenni storici: la notizia più antica sul castello risale al 1037 e riporta la sua prima distruzione. Questo e il ritrovamento in prossimità del fortilizio di reperti archeologici (di oreficeria ostrogota) datati al VI sec. fanno però supporre che la sua costruzione sia ben più antica. Le tormentate vicende del castello, ripercorrono la storia stessa del paese e del territorio, dai tempi delle invasioni barbariche all'epoca contemporanea. La sua posizione strategica sulle rive del Lambro tra Milano e Pavia lo pose per secoli al centro dei conflitti tra ostrogoti e bizantini, delle guerre del Barbarossa (che saccheggiò il paese e incendiò sia il borgo sia il castello), delle battaglie degli Sforza (nel 1449 il paese ospitò Francesco Sforza, mentre con il suo esercito assediava Milano), dei combattimenti tra spagnoli e francesi nel Cinquecento. Nel 1859, durante la Seconda Guerra di Indipendenza, l'edificio venne occupato dalle truppe austriache in ritirata dopo la sconfitta di Magenta e durante la Seconda Guerra mondiale venne utilizzato prima come base dalle truppe tedesche di occupazione (1943) e poi dai partigiani locali durante la Resistenza. Aspetti artistici: del fortilizio originario, che aveva pianta quadrangolare con cortile interno, fossato perimetrale e, probabilmente, rivellino d'ingresso, si conservano solo poche tracce nel cortile (un portico murato dall'arco acuto) e nella facciata principale (forse resti del rivellino). Con il declino degli Sforza, passo alla famiglia Landriani, che fece lavori di ampliamento, e da questa a quella dei Taverna (legata ai nuovi dominatori spagnoli). E fu il gran cancelliere Francesco Taverna - dal 1536 conte di Landriano - a promuovere la ristrutturazione dell'edificio, che da fortezza assunse così l'aspetto di signorile residenza di campagna. Curiosità: alla fine del Cinquecento, una donna accusata di stregoneria fu condannata al rogo e giustiziata nella piazza antistante il castello. Janet, questo il nome della presunta strega, non ha mai trovato pace e pare che il suo fantasma si aggiri ancora tra le mura del castello: a volte si ode un debole lamento, altre appare dietro le finestre del maniero, ma c'è anche chi sostiene che si manifesti anche all'ingresso e che, incrociando il suo sguardo, si in grado di indurre uno stato di profondo trance nel malcapitato, che si trova a rivivere gli ultimi tragici istanti della sua vita. Di proprietà privata, il castello non è visitabile».
http://www.miapavia.it/risorse/monumenti/scheda.cfm?IdMonumento=90
«L'insieme fortificato sorge su un'altura in fregio all'Olona, appena fuori dall'abitato, in posizione isolata. Si tratta di un organismo composto da due edifici separati, innalzati a loro volta sui resti di un preesistente castello: un corpo anteriore, a forma lineare, verso la strada (forse un ricetto) e un castello vero e proprio, di impianto quadrangolare con cortile dotato di portico ad archi acuti. Vi compaiono elementi tipici dell'architettura viscontea, come una bifora nel cortile e il portale di accesso alla cappella con elaborate cornici di terracotta. L'ingresso al cosiddetto "ricetto" è protetto da un rivellino, a sinistra del quale si innalza una torre. Anche il castello possiede una torre rettangolare, che funge da mastio. Sul coronamento sottogronda della quale spicca un motivo a dente di sega dalla foggia piuttosto inconsueta. Il castello risale, per quanto ne sappiamo oggi, alla prima metà del XIV secolo (datazione convalidata dai tratti architettonici originari ancora visibili), forse su strutture preesistenti, per alcuni risalenti addirittura all'alto medioevo. Tuttavia ha subito nei secoli successivi numerose distruzioni e vari rifacimenti. Ciò non ostante è tuttora un importante e significativo complesso, tra i maggiori della zona. Nel 1569 papa Pio V attribuì il feudo di Lardirago, con il suo castello altomedievale, al Collegio Ghislieri di Pavia, così da garantire al collegio stesso le rendite necessarie ad assolvere ai compiti istituzionali della nuova istituzione. Questa decisione, unita a donazioni e lasciti di numerosi benefattori accumulatisi negli anni, ha permesso al collegio un'autonomia di gestione mantenuta nei secoli. Negli ultimi anni, il Collegio Ghislieri ha "ripagato" il castello investendo parte del suo cospicuo patrimonio nel restauro e nella ristrutturazione del complesso monumentale di Lardirago, ridestinandolo a sede prestigiosa di un moderno centro-congressi».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00177/
«Il Castello, detto "nuovo", rappresenta l'ultimo atto di una certa importanza architettonica della città; conserva alcuni affreschi cinquecenteschi di pregevole fattura e due mosaici romani ritrovati, con numerosi altri reperti archeologici, nel sottosuolo del paese. Il monumento ospitò nel 1800 il generale austriaco Melas, il russo Suvarov e il granduca Costantino, che furono sconfitti dai francesi a Marengo. Nel 1859 vi pose il suo quartier generale, per qualche giorno di maggio, il generale austroungarico Gyulai. L'edificio ha l'aspetto di una massiccia casa-forte, più che di tradizionale castello per uso militare. Nel paramento murario, in mattoni a vista, sono inserite numerose aperture di varie forme e stili; la base è solo parzialmente a scarpa, ma la posizione sopraelevata dell'ingresso, cui adduce un ponte in muratura che in epoca imprecisabile - sorte comune alla maggior parte delle costruzioni fortificate - sostituì il precedente ponte levatoio, lascia ipotizzare l'esistenza di un antico fossato. L'angolo sud-orientale è rinforzato da un torrione di poco più alto delle strutture principali. In un secondo corpo avanzato sul fronte est, anch'esso in forma di torre, è l'ingresso nobile, sovrastato da due scanalature - la sedi dei bolzoni, che sono le lunghe travi in legno cui erano collegate le catene di sollevamento del ponte levatoio - tra le quali è osservabile una strana apertura trapezoidale fortemente incassata nel tessuto murario, dove s'intravedono resti di affresco, inscritta nelle tracce di un arco centinato. Il settore nord-occidentale dell'edificio mostra evidenti segni di una ristrutturazione successiva, forse seicentesca, che ha contribuito a modificare i caratteri castrensi della fabbrica a favore di un più elegante stile da palazzo residenziale».
http://www.infolomellina.net/html/lomello.htm
«Luzzano è un'azienda agricola formata da un piccolissimo paese al centro di una grande collina tutta a vigneto. Siamo a circa 300 m.t. di altezza sulle prime alture che si innalzano dalla Pianura Padana tra Piacenza e Pavia: l'Oltrepo Pavese. Il borgo è formato dal Castello di origine romana, dalle case rurali risalenti al '600 e dalla bella chiesa neoclassica. Il progetto di ristrutturazione è iniziato negli anni '80, con l'intento di un recupero edilizio totale, che riportasse il borgo al suo antico essere, quando tante famiglie vi abitavano e l'azienda era piena di vita. L'intento è stato di trasformare le abitazioni dei contadini in appartamenti per gli ospiti dell'azienda, per offrire un ambiente dove si potesse respirare storia, arte e cultura del vino. La Dogana del '700, all'ingresso della proprietà, è stata di recente trasformata con camere e piccolo romantico ristorante» - «Due campagne di scavi succedutesi negli anni 1995/96 hanno portato alla luce una grande villa agricola risalente al I sec. d.C. Era il Fundum Lucianum, primo importante nucleo abitativo che ha dato origine all'azienda Luzzano. Storicamente la località di Luzzano è nominata per la prima volta in un documento del 19 aprile 974, giunto sino a noi in copia autenticata del sec. XII, conservata nel museo. Si tratta di un procedimento giudiziario celebrato a Pavia - capitale del Regno Italico - e presieduto da Gualtiero, giudice e messo dell'Imperatore Ottone II. Nel corso del giudizio, l'arciprete Leone presenta una carta di permuta da lui stipulata con Giovanni, abate del monastero pavese di S. Pietro in Ciel d'Oro in Pavia. Tra i numerosi beni permutati sono elencate terre e vigne situate "in loco et fundo Luciano". Altra pergamena del 1196, che qui si riproduce in originale e conservata nell'archivio di Luzzano, tratta della concessione in enfiteusi di terreni vitati in territorio "Lucani" fatta dagli abati dello stesso monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro. Il possedimento di Luzzano appartenne al monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro di Pavia. I beni di Luzzano, durante tale possessione, vennero assegnati in enfiteusi a grandi famiglie nobiliari della zona. Tra queste nel 1600 i marchesi di Pecorara. Sopressi i beni del monastero nel 1781, ne divennero proprietari i conti Opizzoni che fecero costruire la bella chiesa neoclassica in sostituzione di un oratorio di antichissime origini. Dopo di essi la proprietà passò ai conti Barbiano di Belgioioso ed infine, agli inizi del 1900, alla famiglia Fugazza. Ad essa spetta il merito di aver rilanciato un'ininterrotta tradizione vitivinicola le cui origini risalgono ad oltre duemila anni».
http://www.agriturismo.it/it/agriturismi/lombardia/pavia/CastellodiLuzzano... - http://www.castelloluzzano.it/it/content/il-museo
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