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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA
in sintesi, pagina 1
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Acqui Terme (castello dei Paleologi)
a c. di Federica Sesia
«Fra i più importanti esempi di architettura militare del Settecento italiano e uno tra i più significativi in Europa. La Cittadella di Alessandria nasce in conseguenza del trattato della Lega di Alleanza, stipulato nel 1703, durante la guerra di Successione di Spagna, tra l’imperatore d’Austria e il duca sabaudo Vittorio Amedeo II. Progettata dall’ingegnere militare Ignazio Bertola la costruzione della Cittadella prende avvio nel 1728 durante il regno di Vittorio Amedeo II: è chiara da subito l'esigenza, per la sicurezza della città, di costruire una cittadella fortificata, a pianta esagonale, in muratura di mattoni. I lavori proseguono con Carlo Emanuele III per poi essere completati dai generali Marescot e Chasseloup nella seconda metà del XIX secolo. Ciò che colpisce è la grandiosità della cinta muraria che ha uno sviluppo perimetrale di tre chilometri e presenta una cinta a pianta esagonale con fronti bastionati. La pianta a stella, che si estende su una superficie di 30.000 chilometri quadrati, è delimitata da sei baluardi circondati da fossati. La costruzione della Cittadella di Alessandria rientra all’interno di un vasto programma di difesa dello Stato sabaudo che comprendeva un sistema di forti di sbarramento degli accessi alpini alla pianura: il forte di Bard per controllare i valichi del Piccolo e Gran San Bernardo, quello della Brunetta presso Susa e quello di Fenestrelle nella Val Chisone. Già esistenti sono le fortezze di Cuneo e Saorgio e il forte di Ceva nella valle del Tanaro: la Cittadella sarebbe così divenuta l’elemento centrale del sistema difensivo piemontese. Dopo la sconfitta delle truppe piemontesi nella Prima Campagna d’Italia (1796) di Napoleone Bonaparte, la Cittadella e la città di Alessandria passarono sotto il dominio francese. Le prigioni di questa Cittadella ospitano nel 1867 Giuseppe Garibaldi poco prima che il governo Rattazzi lo mandi in esilio a Caprera. Attualmente il complesso architettonico è adibito a magazzino militare e dal 1990 è aperto al pubblico».
http://www.piemonteitalia.eu/gestoredati/dettaglio/445/bauwerke/615/la-cittadella-alessandria.html
«Costruito nel medioevo, in un periodo che si aggira attorno all’anno 1170, il Palatium Vetus di Alessandria era il centro della vita politica, amministrativa e giudiziaria del comune. La struttura è tra le più antiche di Alessandria: è stata edificata, infatti, nel periodo in cui fu fondata Alessandria. Due erano le parti nelle quali l’edificio era suddiviso: il Pavaglione o Armeria, e uffici amministrativi da un lato, gli uffici del Podestà e del Capitano del Popolo qualche edificio a distanza di cortili e corpi di fabbrica, annessi alla struttura. Nel corso del XVI secolo il palazzo divenne sede dei governatori spagnoli, con gli uffici del rappresentante del potere politico, mentre le altre autorità comunali erano riunite nel Palatium Novum. Importanti furono i personaggi pubblici ospitati nell’edificio Divenuto di proprietà dello Stato nel 1856, alcuni locali appartenenti alla struttura furono venduti a privati, mentre il corpo di fabbrica su via dei Martiri fu venduto a privati. Parte della struttura è sede del corpo di Guardia del Comando di Divisione. Purtroppo il Palatium Vetus che oggi possiamo ammirare non rispecchia fedelmente l’edificio originale: il variare delle destinazioni d’uso ha inevitabilmente modificato anche l’aspetto della struttura».
http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-alessandria/cartina-monumenti...
Alessandria (palazzo Guasco Gallarati di Bisio)
«Secolare vanto di Alessandria, ricco di memorie storiche, Palazzo Guasco Gallarati di Bisio è oggi ideale ed illustre sede delle manifestazioni culturali della città. Da sempre esso ha visto intrecciarsi i propri destini con quelli dell'antico centro piemontese. Nonostante il distico inciso nell'atrio del Palazzo stesso in ricordo del matrimonio tra il marchese Carlo Guasco Gallarati di Solero e la principessa Enrichetta di Lorena sia datato 1645, la sua costruzione è certamente molto anteriore e si perde nella storia. È, dunque, alla famiglia Guasco Gallarati di Solero che la documentazione storica riferisce la proprietà dell'illustre edificio nei primi secoli in cui essa è testimoniata. Di questo casato si hanno notizie fin dal 1387: in quell'anno Beltramo Guasco, valoroso condottiero al servizio di Gian Galeazzo Visconti e ambasciatore dello stesso duca alla Corte francese, ha avuto il merito di combinare le nozze tra Valentina Visconti e Luigi d'Orlèans, figlio di Carlo VI, re di Francia. ... I meriti della discendenza Guasco non hanno spaziato soltanto negli ambiti militare e diplomatico, infatti devono esserle riconosciuti indiscussi interessi culturali e raffinata sensibilità artistica, come testimonia il Palazzo alessandrino. La parte più pregevole dell'edificio, identificata con l'ala prospiciente l'omonima via dei Guasco, è concordemente attribuita dagli esperti alla fioritura artistica dell'ultimo Settecento. Essa è dovuta al gusto e alla munificenza di Lodovico Guasco Gallarate di Solero. Al padre di questi, Filippo, Alessandria è stata debitrice della ideazione e costruzione di un teatro, che occupava l'ala sinistra del Palazzo. ... I pregi architettonici della costruzione, rappresentati dallo splendore del Barocco temperato dal gusto più sobrio e misurato che prelude allo stile Impero, hanno subito deplorevoli deturpazioni verso la metà dell'Ottocento per inopportuni interventi "di restauro", burocraticamente imposti. ... Tutto settecentesco è l'effetto coreografico della sequenza dei vari ambienti: dall'atrio al loggiato che fiancheggia lo scalone al primo piano, dalla grande galleria illuminata da diciotto finestre disposte in tre ordini e corredata di balconate alla fuga di scale e salotti, testimonianza di una tradizione di ospitalità sempre splendidamente e generosamente onorata. Palazzo Guasco è da qualche decennio polo di attrazione e promozione per le attività culturali e turistiche della provincia di Alessandria. ...».
http://www.provincia.alessandria.gov.it/index.php?ctl=cultura&idbl=144&fl=singola&id=5
Alessandria (palazzo Inviziati)
«Palazzo Inviziati sorge in Via Vescovado e fu costruito alla fine del Quattrocento come residenza degli Inviziati, illustre e ricca casata alessandrina. Nella seconda metà del Cinquecento, dopo una serie di passaggi di proprietà, il Palazzo fu acquistato dal vescovo Guarnero (o Guarnerio) Trotti Bentivoglio, che lo scelse come propria dimora e ne fece la sede stabile della Curia Vescovile. Nel 1670 l’edificio fu ampliato dal vescovo Carlo Ciceri e, nel corso dell'Ottocento, subì ulteriori modifiche. Furono ospiti del Palazzo l'imperatore Carlo V (1536) e i papi Paolo III (1538) e Pio VI (1799). Nelle stanze al pianterreno si ammirano stupendi soffitti a cassettoni decorati ed è stato sistemato l'archivio della Curia. L’appartamento del Vescovo si trova al primo piano».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/alessandria/palazzo-inviziati/
ALFIANO NATTA (castello di Razzano)
«Tra i più antichi insediamenti del Basso Monferrato, Alfiano Natta sorge sul versante meridionale della collina di Montebaldo, posta a spartiacque tra due affluenti del torrente Versa. Il toponimo, presumibilmente derivante dal nome dei proprietari di un fondo romano, la famiglia di Alfius, compare per la prima volta in un documento dell’886 e in diplomi successivi nelle varianti “Alphianum”, “Alfesianum", "Alpezianum", o "Arpesianum”. Nel febbraio 1863 viene aggiunto il nome della famiglia Natta, proprietaria del feudo a partire dal 1483. La prima attestazione della presenza di un vigus de Alfiano risale all’età carolingia, allorché il borgo è citato come insediamento romano e germanico, ma l’ampliamento del nucleo abitativo ha inizio a partire dagli ultimi anni del X secolo, quando nel 1164 è infeudato da Federico Barbarossa a favore del marchese Guglielmo IV del Monferrato e da questi ceduto in vassallaggio a Guala di Alfiano. Estinti gli Alfiano Guala, nel 1515 il feudo passa a Secondo Visconti, che nel 1531 cede Alfiano e Sanico alla famiglia Natta. Nel 1703 viene annesso agli Stati sabaudi. In età napoleonica diviene parte del dipartimento del Tanaro e nel 1801 del dipartimento di Marengo. Ad Alfiano Natta san Giovanni Bosco tenne la sua prima predica da chierico, all’età di 22 anni, nel 1837.
Il castello di Razzano sorge su un sito di origine romana, come testimonia il nome Ragius, o Raius presente in un documento del marzo 861, che attesta la vendita, da parte di un tal Nazario al presbitero Primone, di una terra “in fine Ragiano in loco ubi dicitur pradas Ragianascas”. L’edificio originario fu fatto costruire come casa-forte nel 1697 da Giovan Battista Gaetano Natta, conte di Razzano e comandante del reggimento di fanteria "Royal Monferrat", al servizio del re di Francia Luigi XIV. Oggi restano poche tracce dell’antica costruzione, che appare, nella sua versione ristrutturata, con la bella torretta quadrata merlata e la severa facciata principale, che si apre su una corte chiusa con giardino all’italiana. Nelle cantine, che conservano la struttura originale, è custodito il vino pregiato prodotto dai proprietari della dimora. Il castello è divenuto una vasta tenuta agricola e un agriturismo, con eleganti suite e arredi d’epoca, immerso nel paesaggio incantato delle colline monferrine, punteggiate dai paesini, le chiese e le torri che le contraddistinguono».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php... (a cura di Patrizia Nosengo eGiancarlo Patrucco)
Altavilla Monferrato (resti del castello)
«Situata su un colle che domina a nord la valle del Grana, sul confine tra le province di Alessandria e di Asti, Altavilla Monferrato sorge su un sito già abitato in età romana, allorché era tappa dei transiti mercantili lungo la valle del torrente Grana, che utilizzavano questa variante dell’antica strada romana tra Asti e l’area casalese. Tra la seconda metà del secolo IX e i primi anni del secolo successivo, presumibilmente fu parte della "iudiciaria torrensis", un distretto minore esteso tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Nel 1026 comparve per la prima volta il toponimo Alta Villa, in un atto che comprendeva tale nucleo abitativo tra i beni dell’abbazia di Novalesa; ma già intorno alla metà del secolo il paese divenne feudo del vescovo e poi del comune di Asti. Nel XII secolo fu oggetto delle contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici e dei vescovi di Asti e di Vercelli, fino al 1270, quando fu infeudata ai marchesi e poi ai duchi del Monferrato. ... Dopo l’annessione del 1708 allo stato sabaudo, Altavilla fece parte della provincia di Casale Monferrato. In età napoleonica fu territorio del dipartimento del Tanaro e, a partire dal 1801, del dipartimento di Marengo. Tra il 1883 e i primi anni del XX secolo fu uno dei principali nodi tranviari del Piemonte. Nel bel concentrico di Altavilla è possibile vedere alcune case patrizie risalenti al XV secolo e ai due secoli successivi. Del castello trecentesco, fatto erigere da Giovanni di Monferrato sulla cima del colle, restano alcune vestigia – pochi brandelli delle mura e una torre - in parte inglobate in una dimora gentilizia di edificazione posteriore. La torre, di forma cilindrica e piuttosto tozza, è in mattoni a vista e presenta due finestre rettangolari rivolte verso sud e una rivolta a oriente. Ai suoi lati sono ancora visibili alcuni mattoni appartenenti alle antiche mura. Verso nord, una recentissima scala a chiocciola in metallo si appoggia al suo muro e consente di risalire fino al tetto».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php... (a cura di Patrizia Nosengo)
«Il diritto a riscuotere il dazio conferito a Opizzino Spinola e la sua investitura a feudatario (1313) segnano l’inizio di un periodo caratterizzato da una certa vivacità dell’attività edilizia di Arquata. Sono ascrivibili a questo periodo, oltre all’ospedale (1325), anche diverse case del borgo, come testimonia la data incisa sulla chiave di un portale: è dunque assai probabile che risalga a questo periodo anche l’edificio ubicato nella via Interiore al n° civico 31. Alfredo D’Andrade, in occasione di una visita ad Arquata avvenuta nel 1882, notò la presenza di diverse case con pareti intelaiate, rimasto particolarmente colpito da questa, ne stilò dettagliati schizzi di rilievo. In una nota a margine egli osservava: “…casa intarallata in legno, molte di queste si vedono tuttora in Arquata, specie nei vicoli che dalla via Maestra salgono verso il Castello. Questi vicoli con queste case sono estremamente pittoreschi…”. Sono chiaramente leggibili alcuni elementi architettonici tipicamente medievali, quali la decorazione a dentelli della colombaia nel timpano, alcune fasce di mattoni a spinapesce, gli aggetti propri alla tecnica costruttiva delle pareti intelaiate. La tipologia edilizia richiama la cosiddetta maison à la guise de France, la tipica casa medievale di città, con bottega a piano strada, ingresso e scala in posizione laterale, locali abitativi al primo e al secondo piano . Cenni sulla tecnica costruttiva delle pareti intelaiate. L’edificio in oggetto presenta i caratteri di un vero e proprio reperto archeologico anche e soprattutto come testimonianza eccezionale della tecnica costruttiva a pareti intelaiate. Eccezionalità che deriva dalla sua collocazione geografica, eccentrica rispetto al mondo nordico dove tale tecnica veniva impiegata largamente fino ad epoche relativamente recenti. Oltre a ciò, nel Nord Italia le testimonianze di abitazioni medievali sopravvissute indenni da pesanti alterazioni sono comunque assai rare: ricordiamo gli esempi di Bologna, di Como, e del Ricetto di Candelo nel biellese. Ben nota e documentata è invece la tecnica del cosiddetto Fachwerk tedesco caratterizzato da sofisticata struttura lignea, lasciata a vista, come elemento decorativo delle facciate. Nella casa di Arquata molto probabilmente l’intelaiatura era già in origine coperta da scialbature di calce o da veri e propri strati di malta, ma ciò andrà appurato mediante analisi stratigrafiche degli intonaci. Per quanto riguarda lo schema dell’intelaiatura, questa casa si differenzia dagli esempi nordici per una maggiore semplicità e per l’apparente assenza di elementi diagonali di controventatura. In questo sembra richiamare piuttosto altre tipologie meridionali, quali sono ancor oggi visibili in Spagna, a Segovia, in alcune case mudéjare: le abitazioni degli ultimi mussulmani in territorio europeo».
http://www.comune.arquatascrivia.al.it/?page_id=1602
Arquata Scrivia (centro storico, palazzo Spinola)
«Questo itinerario ci conduce nel centro di Arquata toccando i cardini della sua storia da Borgo antico a feudo imperiale, seppure non ricalcandone il tracciato, seguendo a grandi linee quella che era la Via Postumia. Palazzo Spinola è sede oggi degli uffici comunali di Arquata. Il palazzo domina Piazza Bertelli, un tempo Piazza del Mercato, con tutta la sua imponenza. Non è possibile risalire ad una datazione esatta dell’edificio e da alcune caratteristiche si può dedurre che esso è stato costruito in almeno tre fasi e che la costruzione è comunque riconducibile alla metà del XV secolo. Al giardino all’italiana si accedeva attraverso due imponenti portali. Con la morte dell’ultimo Spinola del ramo di Arquata il palazzo passa agli Spinola di Tassarolo che tuttavia continuano a mantenere la residenza nel loro paese. Il palazzo, che nel frattempo nel 1796 ha subito danni da parte delle truppe napoleoniche, viene ceduto in seguito al comune di Arquata e vi troveranno posto non solo gli uffici ma per alcuni anni anche le scuole pubbliche. Nella piazza antistante troviamo il “Pozzo Barocco” che deve ovviamente il suo nome alle forme curvilinee, in particolare della notevole copertura, oltre che all’epoca in cui fu realizzato nell’ambito del giardino del Palazzo Spinola che comprendeva l’intero perimetro della piazza. Piazza Bertelli è stata così intitolata in ricordo del pittore arquatese Santo Bertelli il cui busto scolpito da Norberto Montecucco si trova al centro dell’aiuola prospiciente il Comune. Guardando il Palazzo notiamo alla sua destra l’arco a sesto acuto, accesso a Via Interiore, cioè l’accesso alla parte meridionale del Borgo, vero cuore storico: faceva parte di una torre- porta inglobata all’interno di un edificio del XV secolo. Proseguendo per Via Interiore si possono notare, soprattutto all’interno dei vicoli che si dipartono dalla strada, portali di pietra databili tra il XIII e XV secolo, archi a sesto acuto, archetti pensili,e due pozzi che servivano all’approvvigionamento idrico della comunità. La torre-porta a nord è in migliore stato di conservazione e la sua struttura si staglia con evidenza dalla casa in cui è inglobata. ... Palazzo Spinola. Il lato a monte della Piazza S. Bertelli è dominato dall’imponente Palazzo Spinola, oggi sede del Municipio, la cui prima fase costruttiva risale al tardo medioevo. Nel XVI secolo esso subì una prima trasformazione che lo portò ad assumere le proporzioni riconoscibili nella veduta del 1648 qui riportata; allo stesso periodo si può datare la realizzazione di un sistema di accesso costituito da una doppia rampa esterna sviluppata verso il centro della piazza. L’ultima modifica, effettuata nella seconda metà del XVII secolo, gli conferì le attuali forme e dimensioni, conformandolo ai dettami stilistici dell’architettura barocca ligure dell’epoca. Il palazzo appartenne agli Spinola fino ai primi del Novecento, quando fu venduto all’amministrazione comunale per ospitare gli uffici municipali e, in un primo tempo, le scuole dell’obbligo. Nel 1998 è stato ristrutturato e la facciata ha riacquistato il colore originario, desunto dall’analisi in laboratorio di alcuni campioni di malta originale».
http://www.comune.arquatascrivia.al.it/?page_id=1566 - http://www.comune.arquatascrivia.al.it/?page_id=1608
Arquata Scrivia (torre, mura del castello di Montalto)
«Dal secolo XI citata nelle fonti come castrum, ossia come luogo fortificato, [Arquata Scrivia] divenne proprietà del ramo estense degli Obertenghi, che a sua volta lo concesse nel 1003 a Pietro I vescovo di Tortona. ... Sovrasta Arquata la torre, diventata simbolo del paese, con i ruderi delle mura del castello [di Montalto] risalenti alla metà del XII secolo, ma di origine più antica. Il castello appartenne al Monastero Ambrosiano, fu assediato da Federico I e successivamente passò più volte di mano tra le città di Tortona e Genova. Del complesso rimane l'imponente torre parallelepipeda, coronata superiormente da una triplice fascia laterizia di archetti ciechi».
http://castelliere.blogspot.it/2015/07/il-castello-di-lunedi-20-luglio.html
«Conserva resti del fossato e dell'antica struttura quattrocentesca; nelle cantine si trovano le antiche prigioni. All'interno chiesa di Santa Caterina eretta nel 1675» - «Nel Settecento ... eruditi locali hanno attribuito ai marchesi di Occimiano il possesso di un castello in Occimiano; del castello Cavalla sulla collina a ovest dell’attuale concentrico, di cui restano quasi informi le "vestigia di una torre"; del castello Daneto presso l’attuale cascina Daneto e di cui nel Settecento restava il fossato difensivo; del castello Braida, documentato ma ora scomparso; del castello della Motta, presso la cascina Motta, che aveva un suo poderium i cui confini erano stati stabiliti da Giovanni II di Monferrato nel 1351; del castello Baldesco, documentato a partire dal Trecento, la cui struttura fortificata, tutt’ora esistente, è inserita in una cascina; del castello Grana con un "grosso mozzicone quadrangolare della torre" (gli ultimi due sono oggi nel territorio di Mirabello Monferrato). ... Il castello di Baldesco e il suo territorio furono inseriti nel territorio di Mirabello nel 1798 con l’abolizione della feudalità».
http://www.monferrato.org/ita/risorse-turistiche/castelli-fortezze... - http://www.centrocasalis.it/scheda/occimiano
Balzola (castello Fassati-Bertinotti o castello Vecchio)
«...Il castello Fassati, detto anche Castello vecchio, sorgeva su un’antica costruzione fortificata, appartenuta ai Tizzoni e di cui si ha notizia già nell’XI secolo. Un atto datato 1419, che stabilisce la suddivisione del castello e delle sue pertinenze tra due membri della famiglia Tizzoni, ci fornisce preziose indicazioni sull’aspetto originario dell’edificio: probabilmente era cinto soltanto da un fossato, unica struttura difensiva di un complesso di costruzioni, organizzate intorno a una “platea” e abitate dai famigliari e fors’anche dai servi del feudatario. Il ricetto svolgeva la funzione di mero domini locus, vale a dire di dimora signorile, più che essere un’area destinata ad accogliere la popolazione in caso di attacco nemico. Sappiamo che vi era una “intrata” e dunque possiamo presumere vi fosse una porta di accesso al castrum. Altri elementi emergono da una mappa del 1607, stilata dall’ingegnere Lelio Samero, che fu fattore ducale. In essa il castello è raffigurato come una manica lineare, dotata su un fianco di una porta – o forse di un portico – e collegata da ruderi di mura a una torre cilindrica, che si erge nell’angolo a sud-ovest dell’area del castello. L’edificio fu distrutto dall’incendio del 1615 e i suoi ruderi vennero restaurati e rimaneggiati nel XIX secolo, per trarne una dimora gentilizia. Tuttavia, numerosi crolli, l’ultimo dei quali risalente al 1971, dovuti a difetti strutturali, o a calcoli errati da parte dei tecnici preposti alla ristrutturazione, ne hanno impedito l’utilizzo e l’edificio è rimasto sempre disabitato. Oggi si presenta con i resti della sua struttura imponente, a pianta rettangolare, con due massicce ali laterali sopraelevate rispetto al corpo principale. Le finestre rettangolari si aprono a intervalli regolari nelle ali laterali, mentre nel corpo principale sono sovrastate da un ordine di finestre a tutto sesto. L’intonaco in gran parte crollato lascia intravedere amplissime porzioni dell’originale struttura in mattonato rosso. ...».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/... (a cura di Patrizia Nosengo)
Balzola (castello Grignolio-Brescianini)
«È una villa-castello della fine degli anni Venti, in stile Neogotico, ai piedi del Monferrato. È situata a Balzola (AL), a km.5 da Casale Monferrato, in Piemonte, a Nord-Ovest dell'Italia, al centro del triangolo Milano (km.80), Torino (km.70) e Genova (km.110), grandi città dotate di aeroporti internazionali; è vicina a Francia e Svizzera, mare, laghi e monti; ha immediato accesso alle autostrade. Progettato dall'arch. Carrera, l’ardito maniero, circondato da un muro di cinta merlato; ha come fondamenta l’antica ghiacciaia circolare di Balzola, visibile al piano terra; ha una piccola meravigliosa cappella; sontuosi mobili originali di Aldo Boggione; porte intarsiate; vetrate a piombo del prof. Siletti ad opera della Vetreria Janni di Torino; pareti ricoperte di seta e decorazioni pittoriche di Angelo Bigatto; lampadari in vetro di Murano e in ferro battuto; pavimenti a parquet, pietra, mosaico,e così via, tutto di altissimo pregio artistico. Si sviluppa su 8 livelli per un'altezza di 30 metri, più di 600 mq. di sup., scalinate esterne ed interne, balconi e terrazze, illuminazione notturna esterna e un gradevole giardino storico pensile. Per un breve periodo il castello venne utilizzato da tre ufficiali tedeschi che avevano sistemato nella torre più alta una rudimentale apparecchiatura radar per l'ascolto antiaereo. Negli ultimi 5 anni il maniero e` stato opera di costante restauro: nuova caldaia a condensazione; manopole termostatiche ai radiatori; sistema elettrico a norma con le sezioni a vista in rame; 150 mq di terrazze pavimentate a mosaico di pietre naturali; il piano terra è stato adibito a location per piccole cerimonie ed eventi».
http://www.comune.balzola.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=28498
Basaluzzo (castello dei Clarafuentes)
«è questo il monumento più vetusto che ci rimane a ricordanza dei tempi antichi per la storia di Basaluzzo; questo Castello si erge sopra lieve altipiano della regione detta il Vallone la quale è la più antica parte che venne abitata di questo paese, come osserva il Gianfrancesco Capurro nelle sue Memorie e documenti da lui raccolti per servire alla storia della Città e circondario di Novi - pubblicate nel 1855. Questo Castello sta come sentinella avanzata a guardia fra il confluente del Lemme che tributa le sue acque nell'Orba ed il tiro delle due frecce d'incrociamento di questi due torrenti. A tramontana guarda i già castelli di Boidina e Predosa. Verso levante scorge quello di Novi e Pasturana. Sul mezzodì la torre di Capriata e a Settentrione il fortilizio di Fresonara che venne distrutto nel 1404 dai Ghibellini guidati da Facino Cane. Tale è la sua topografica posizione. La strada Provinciale che viene da Novi, lo rasenta, e volgendosi dinanzi la porta castellana, vi scorre sotto scendendo nelle valli del Lemme e dell'Orba per mettere capo ad Ovada. Meno che dalla parte d'ingresso che è a levante, vien tutto fasciato all'ingiro da un alto rivone popolato di fitte piante d'Olmo e roveri su di quella macchia sorgano le sue robuste basi in modo che si presenta con un solo accesso o porta; sormontata dal gentilizio stemma (oggidì) dei marchesi Negrotto-Cambiaso. L'ingresso è verso il Paese ed è collocato fianco della torre di difesa, che negli antichi tempi era munita di ponte levatoio di cui ancora oggidì se ne scorgono le visibili traccie in quella stessa torre. Un'altra torre di guardia si elevava di forma rotonda, sull'angolo nord di detto castello ed era collocata quasi di rimpetto all'attuale Canonica od abitazione del Prevosto, la quale venne demolita in principio di questo secolo. Altra torre di guardia serviva l'attuale Campanile sulla quale stava collocata la Campana feudale che dava i rintocchi quando il bisogno lo richiedeva; o dava campan martello, allorché il castello era stretti da imperiose necessità o di offesa, o di difesa. Questa torre poi sullo scorcio del 1500 venne ceduta o donata dal feudatario per uso di Campanile della parrocchia, e ciò avvenne posteriormente alla Bolla Pontificia Instaurandus di papa Innocenzo X che venne emanata nel 1652.
Passando ora a tratteggiarlo un pochino nel suo interno, diremo, che entrato dall'unica porta castellana, il visitatore trovasi sotto un ampio atrio sorretto da robuste pile, muri, ed archi, dando l'accesso a destra ad uno scalone con gradinate in marmo della larghezza di oltre due metri, ed a manca ad una porta con lesene ed architrave di granito, quest'era la porta che serviva prima alla proprietà del Municipio. Un'altra porta pure a sinistra da adito alla sale ed agli appartamenti del pian terreno. Qui giunti ci troviamo in uno spazioso cortile nel cui centro vi è un gran pozzo vagamente coperto di arbusto e di rampicanti che prendono la forma di un berceau. Questo pozzo è munito di solida pompa premente ed aspirante che mediante tubi mette l'acqua in serbatoi sino all'altezza dei tetti, e di là si ramifica a piacimento e discende per tutti gli appartamenti e nei bagni muniti di ben distribuiti rubinetti. Volgendosi, l'osservatore, colle sue spalle a manca, di fronte e di destra, scorge l'ossatura e l'antica forma di costruzioni delle robuste mura che reggono tutto quell'edifico e spontanea sorge l'idea dei tempi feudali e per associazioni di idee pare di scorgere ancora le prigioni ed i sotterranei antichi e ne hai ben donde, perché questo castello in quei tempi, non solo serviva di amena villeggiatura come ai giorni nostri, ma allora chi l'abitava vi esercitava i diritti di misto e mero imperio, ed in quell'epoca di feudalismo nei sotterranei di questo castello si tenevano le prigioni, che i più vecchi di questo paese sentivano ricordare dai loro nonni, nelle quali si discendeva per una scala in muratura. Passati quei tempi tristi, mutatesi le condizioni sociali, mutato il pubblico regime, pure quei luoghi di terrore si convertivano in cantine, cucine, e lavanderia. Inoltrandosi, il visitatore di alcuni passi verso il tramonto gli si presentano aiuole cosparse di fiori e di profumate erbe, e giunti all'antica ghiacciaia incomincia il terreno a convergersi al declivio tutto all'ingiro del castello; e tra fiori e piante e ben scompartite strade ed aiuole si raggiunge il piano, ove vegeta un ricco frutteto si per qualità di frutta come per varietà e pare di essere discesi da un giardino pensile».
http://www.zuccotti.com/basaluzzo/vernetti/mono.htm
Bassignana (ruderi del castello sforzesco)
«Situata nella pianura alla confluenza del fiume Tanaro con il Po, Bassignana sorge su un sito abitato presumibilmente già nell’Età del ferro dalla tribù ligure dei Marici e successivamente dai Celti, come attestano lessemi dialettali come brik (collina) e tarfinà (lampeggiare). Nel 222 a.C. l’intera area fu occupata dai Romani. Risalgono a quest’epoca sia l’impianto urbanistico e il sistema viario di collegamento con i centri vicini, sia il toponimo Bassignana, che deriva dal nome della famiglia romana che divenne proprietaria di questo territorio, la gens Bassinia. Durante l’alto Medioevo fu occupata dai Gepidi, dai Longobardi e dai Franchi, che la inserirono nel comitato di Lomello. In età ottoniana, fu infeudata al vescovo di Pavia e poi ai conti di Stazzona. Risale a quest’epoca la prima citazione scritta medievale del toponimo, che compare, in una “carta venditionis” pavese del gennaio 998, nella forma Baseniana grassa, presumibilmente, come sostiene il Settia, per distinguerlo da una località omonima della Val Lemme. Divenuta feudo del vescovo di Tortona, dopo il 1155 passò sotto la giurisdizione dei Pallavicino e poi del libero comune di Alessandria. Nel 1322 a Bassignana Marco Visconti sconfisse le truppe guelfe e nel 1348 il territorio entrò a far parte del Ducato di Milano, dapprima sotto i Visconti e in seguito sotto gli Sforza. In questo periodo, Bassignana divenne feudo dei Beccaria, e, dopo l’estinzione della famiglia, dei Della Sala, dei Bellingeri e infine, nel Cinquecento, di Giasone del Majno. Dopo la caduta del Ducato di Milano, Bassignana fu dominata da Francesi e Spagnoli e infine, nel 1713, con il trattato di Utrecht, entrò a far parte dei possedimenti dei Savoia. Nel XVIII secolo, Bassignana fu teatro di due grandi battaglie: durante la guerra di successione austriaca, nel 1745 qui gli austro-piemontesi furono sconfitti dall’esercito franco-spagnolo; e durante le campagne napoleoniche, nel 1799 i Francesi vi sconfissero gli Austro-Russi. Il Castello sforzesco, di cui oggi restano parte di un torrione e alcuni brandelli di mura in mattoni cotti a vista, sorge presumibilmente sul sito di un’antica fortificazione longobarda. Voluto dagli Sforza come baluardo verso occidente e sede di governo di questo lembo del territorio ducale, il castello era completato da una serie di fortificazioni, che circondavano il paese e che furono inizialmente smantellate nel 1691 e poi completamente demolite nel 1745. Il castello è citato in una lettera del 26 maggio 1459, nella quale Francesco Sforza concede a “Agnelono de Alamannis de Florentia, castellano Bassignane”, vale a dire ad Angelo Alamanni, di assentarsi dal castello di Bassignana per un mese, comprendente partenza, soggiorno e ritorno da Milano, senza alcuna ritenuta di stipendio, purché designi come proprio sostituto “persona idonea et sufficiente”».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php... (a c. di Patrizia Nosengo)
Bavantore (ruderi della torre)
«L’analisi di antiche carte, risalenti al 1723 e conservate in copia nel Comune, mostrano nell’abitato di Bavantore la presenza di quella che viene definita “Rocca diruta”, un nome in verità abbastanza approssimativo, ma che identifica l’unica costruzione che si può, con ragione, definire “antica”. Di questo manufatto, o almeno di ciò che ne resta, molte supposizioni sono state fatte da tutti gli storici o dai ricercatori che hanno avuto modo di scrivere della nostra vallata. ... Essa certamente non è ciò che rimane di un castello medioevale, vista l’assenza di documenti al riguardo, che sappiamo presenti per altre costruzioni della nostra valle (per esempio il castello di Cuquello). Analogamente, e seguendo lo stesso ragionamento, non poteva essere la dimora di un feudatario o di un signore locale, poiché anche in questo caso si sarebbero dovuti trovare testi o investiture ufficiali. L’unica considerazione plausibile porta quindi a ritenere una sua datazione antecedente, ossia ad un’epoca romana. All’inizio del V secolo le invasioni barbariche al nord si fecero sempre più pericolose. Per tale ragione l’imperatore Onorio ed il generale Costanzo realizzarono un “cinturone difensivo appenninico” da Susa a Modena, che era costituito da postazioni strategiche isolate ed elevate, tali da poterle rendere visibili tra loro. Per la nostra regione, che ricordiamo possedeva una delle città più importanti per l’epoca (Libarna), Stazzano e Sorli rappresentavano un baluardo di avvistamento formidabile, ma il tragitto tra i due era troppo vasto e non permetteva di controllare le eventuali manovre di aggiramento. Fu per questo motivo che si ritenne necessaria la realizzazione di un punto intermedio, quasi certamente proprio questo di Bavantore. Di questo antico forte, posto a protezione del paese, rimane un solo troncone della torre a pianta quadrata di circa 4 metri per lato, con probabile altezza di 7, posta sul crinale delle valli di Sant’Alosio e Malvino. Attualmente si presenta diroccata nel suo lato a meridione, mentre la parte ad est è quasi intatta, con una pregevole ed inusuale feritoia circolare, ad uso degli arcieri o di segnalazione, collocata a mezza altezza. L’analisi del sito permette, meglio delle parole, di intuire a grandi linee la planimetria del forte, perché tale doveva essere, con la possibilità di ricoverare armi e uomini, i cui rifornimenti giungevano da Libarna, all’epoca ancora molto importante nel controllo e nel presidio della via Postumia. Da questo privilegiato punto di osservazione si possono notare le due torri di Sant’Alosio e, proprio dalla feritoia circolare, ammirare l’antico castello di Sorli che diventerà, in epoca successiva, una dimora dei Fieschi e dei Lunati. ...».
http://www.storiedellavalle.altervista.org/torrebavantore.htm
Belforte Monferrato (castello)
«Il castello nasce dai resti di un antico convento benedettino, voluto dal monaco irlandese Colombano, che visse tra il 540 e il 615. All'esterno del Convento fu edificata una chiesa dedicata a San Benedetto, edificio tuttora esistente. La costruzione del castello si presenta come un blocco a pianta quadrilatera con un cortile rettangolare all'interno ed un imponente portone, ubicato lungo la facciata rivolta a settentrione, che immette al cortile interno. A sinistra dell'atrio inizia il salone a giorno che conduce al piano di abitazione e di rappresentanza. Il corpo di fabbrica sul lato rivolto a levante ingloba murature più antiche ed è dominato da un'alta torre quadrata in pietra. La torre, in case alla tipologia costruttiva, potrebbe in effetti risalire al tardo medioevo (secolo XIV-XV). L'arrivo in Belforte della famiglia Cattaneo della Volta, dalla quale discendono gli attuali proprietari del Castello, è datata 1652. Il 9 Dicembre del 1925, il Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia, dichiara di spettare a Giannotto Cattaneo della Volta, di Vincenzo Carlo, i titoli di Marchese di Belforte e di Marchese trasmissibili ai discendenti legittimi e naturali, maschi da maschi, in linea retta e per ordine di primogenitura e di Patrizio Genovese trasmissibile ai discendenti legittimi e naturali, maschi da maschi».
«Il Castello di Belforte si presenta oggi quasi nascosto nella bella vegetazione del suo vasto parco, voluto dal marchese Carlo, pittore dilettante di buon livello, che nella seconda metà dell’Ottocento lo fece realizzare dotandolo anche di piante esotiche. Solo l’antichissima sua torre spicca sul panorama di chi, da Ovada, volge il suo sguardo verso i monti che la separano dal mare. Queste due particolarità, cioè il castello immerso nel verde e la torre visibile da tutte le parti, hanno il loro motivo: per il castello l’esser stato dal principio un monastero; per la torre l’esser destinata alle segnalazioni in caso di pericolo alle torri circonvicine, prime fra tutte quelle di Tagliolo e dell’Albarola. La costruzione che costituisce l’attuale castello ha incorporato le strutture dell’antico convento ritenute suscettibili di utilizzo e in seguito a successivi ampliamenti e trasformazioni ha fatto divenire l’insieme una residenza signorile di campagna. Il castello si presenta come un blocco a pianta quadrilatera con un cortile rettangolare all’interno ed è formato da corpi di fabbrica diversi per età, altezza e fattura. la facciata principale è rivolta a nord ed in essa si trova il portone che immette, attraverso l’atrio, al cortile. Alla destra dell’atrio è situata la cappella, piuttosto semplice e disadorna; alla sinistra invece inizia lo scalone a giorno che porta al piano di abitazione e rappresentanza del castello. Il corpo di fabbrica del lato est è quello che ingloba la torre e che si fonda sulle murature più antiche visibili nel piano terreno occupato in parte da cantine che si sviluppano anche in locali sottostanti al cortile. esse sono molto ampie dato che il Castello è il centro di una notevole azienda agricola con terre prevalentemente vignate. Il piano primo sopra il terreno è quello di abitazione, così come il parziale piano secondo. tutto questo insieme risale, come sistemazione o costruzione ex novo, al sec. XVII. Anche il corpo di fabbrica verso Sud ingloba la muratura perimetrale ed altri locali di antica origine, compreso un avanzo di torre angolare a pianta semicircolare; questo insieme è però di risistemazione ottocentesca e consta di due piani (terreno e superiore) non molto alti ed adibiti a servizi. Gli altri due lati del quadrilatero sono anch’essi formati da costruzioni, su due piani, non molto antiche. la cappella sopra menzionata si trova nel lato nord».
http://www.castellodibelforte.com/storia.html - http://www.archiviostorico.net/guide/pdf/Belforte.pdf
Bergamasco (castello o palazzo Marchionale)
«Edificato fra il 1663 e il 1685, il Palazzo Marchionale di Bergamasco è, insieme alla chiesa di San Pietro, l’edificio di maggior pregio architettonico del paese. Costituito da un unico corpo principale, con la sua facciata Nord costeggia via IV novembre, mentre quella rivolta a sud si affaccia su un grande giardino, chiuso da un muretto impreziosito da una serie di archetti a tutto sesto. Il giardino, disegnato con la forma di un quadrilatero, copre una superficie complessiva di circa 430 metri quadrati, e al suo interno ospita un’ampia gamma di specie vegetali, fra cui non mancano alberi di pregio, fra cui cipressi, magnolie, betulle e addirittura tassi, sofore e cedri del Libano. Dopo secoli di progressiva decadenza, il palazzo, dopo il passaggio all’attuale proprietario, lo scenografo Carlo Leva, ha conosciuto una serie di migliorie. Avendolo trovato in condizioni di degrado al momento dell’acquisto, Leva ha utilizzato le proprie conoscenze tecniche per restaurarlo e ristrutturarlo, nonostante i problemi causati dal terremoto del 2000 che ha lesionato l’edificio. Il Palazzo Marchionale ospita oggi una collezione di oggetti di pertinenza cinematografica, che Carlo Leva ha raccolto in 50 anni di lavoro nel mondo del cinema (come ad esempio i disegni per realizzare le scenografie del film di Sergio Leone "Il buono, il brutto e il cattivo"), che aggiunge ulteriori motivi di interesse per una visita turistica, che ci permettiamo di consigliare. Oltre ai reperti cinematografici, al piano terreno è possibile ammirare uno splendido portico colonnato, corredato di affreschi, e stanze voltate, anch’esse affrescate, ed una piccola, ma suggestiva, cappella interna. Un dipinto molto significativo, in cima alla prima rampa di scale, raffigura Nicolao Moscheni fratello del marchese. Al piano superiore, un’altra ampia gamma di ambienti, con pareti stuccate e decorate, consente al visitatore di comprendere la magnificenza che caratterizzava il palazzo nel Sei e Settecento. Ogni anno nel mese di maggio il Palazzo Marchionale ospita uno dei concerti della rassegna “Echos”. ...».
http://www.comune-bergamasco.it/cenni%20storici.html
«Fra le vestigia storiche di Bergamasco merita un cenno la cinta muraria, ancora oggi parzialmente conservata (restano due lati e parte di un terzo) e in attesa di un recupero che possa consentire ai turisti di apprezzarne meglio il valore storico-culturale. In origine la cinta contava su 4 torri d’angolo. Due sono andate perdute, ma ancor oggi, osservando dal rio Rosta il muro esterno di alcune case si nota come questo sia uguale al muraglione esistente lungo via XX settembre. Fra le due torri rimaste, è visibile una torretta, aggiunta a difesa del palazzo marchionale. Quasi certamente le mura furono fatte saltare nel 1514 al termine della guerra fra il Marchesato del Monferrato e quello di Incisa (di cui Bergamasco era parte)».
http://www.comune-bergamasco.it/cenni%20storici.html
«Il castello nasce nel XIII secolo ad opera del vescovo Enrico e aveva una cinta muraria intervallata da ben sei grosse torri che la suddividevano nelle relative cortine. Si tratta del fulcro della vita bistagnese attraverso i secoli, ma, paradossalmente, è pure il punto più oscuro della storia bistagnese. ... Il castello nasce nel XIII secolo, visto che il castrum bistagnese, da cui quasi certamente come ovunque altrove ebbe origine il castellum, viene nominato per la prima volta verso la conclusione di quel secolo. Quando il vescovo Enrico nel 1253, dava vita al nuovo concentrico bistagnese, certamente provvedeva, come sempre in quei tempi, alla sua difesa con progetti per un fortilizio, che nei decenni seguenti deve aver visto l'avvio, se non la sua definitiva costruzione. La presenza della cinta muraria intervallata da ben sei grosse torri che la suddividevano nelle relative cortine è una ulteriore testimonianza dell'antichità del Castello, in quanto appunto ai secoli XIII e XIV risale l'uso di tali torri. L'attuale torre doveva far parte dell'edificio o palazzo, in quanto proprio nel punto più alto dello spazio interno era normalmente eretta una torre, ben più alta delle altre che sorgevano lungo le mura. Che il castello primigenio fosse munito del ponte levatoio e che fosse circondato da un ampio fosso, lo si ricava da ripetute citazioni negli ordinati. Oggi, però, poco o nulla, oltre la torre, rimane. La stessa, di forma esagonale è già per questo di aspetto poco comune e piuttosto rara. L'unico luogo ancora conservato nella struttura originaria sono le cantine. Le riproduzioni inserite [nella pagina del sito del Comune] ci mostrano rispettivamente un angolo ad arco, annerito dal tempo, ma con ancora ben visibili i materiali con cui fu costruita la muratura del tempo; l'altra, invece, offre alla nostra attenzione l'angolo più caratteristico, forse, dell'intero sottosuolo dei castello. Si tratta degli ultimi gradini di una scala che proviene dal piano terra e conduce ad un profondo e buio pozzo sottostante, evidentemente uno di quei pozzi che erano destinati ad oscure funzioni, non rare nel medioevo. Ed è tutto, purtroppo, su quanto ci è dato di sapere sul Castello di Bistagno».
http://www.comune.bistagno.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=34521
Borgo Adorno (castello Spinola Adorno
«Borgo Adorno è una piccola frazione nel comune di Cantalupo Ligure in alta Val Borbera in provincia di Alessandria. Il paese nel basso medioevo era feudo della famiglia genovese degli Spinola che nel 1100 avevano costruito il castello. Nel 1518 Tolomeo Spinola rimase senza eredi e passò il castello in eredità all'amico Agostino Adorno (che diede poi il suo nome al borgo). Nel XVII secolo il castello subì danni a causa di una grossa frana e dopo poco venne ricostruito nelle forme signorili dell'attuale castello, tuttora di proprietà privata ma che viene spesso concesso per rievocazioni storiche e manifestazioni culturali. Il castello ha un'elegante portale in stile barocco ed una cappella dedicata alla santa Caterina Fieschi Adorno che fu moglie di un discendente della famiglia Adorno. Il castello durante la II guerra mondiale fra il 1944 e il 1945 fu al centro delle lotte partigiane contro i nazifascisti e per un periodo fu la base segreta della divisione partigiana Pinan-Cichero».
http://album.alfemminile.com/album/875597/un-tuffo-nel-medioevo-0.html
«Fu uno degli antichi fortilizi del contado di Tortona, che seguendo le sorti della vicina città, venne assegnato ai Pavesi dopo la sua seconda distruzione (1164) e quindi ad essa riconfermato con l'atto di riconciliazione nel 1176, nella qual circostanza appare con la denominazione di Balegnano. Località disabitata e distrutta: questa era la drammatica situazione di Brignano, allorché nel 1375 Galeazzo Visconti, conte di Virtù, con atto redatto nel castello di Pavia, la investiva a Spinetta Spinola q. Lucemburgo. Fu questi il feudatario, che subito dopo esserne venuto in possesso, diede mano alla riedificazione dell’attuale castello, sul luogo dell’antico fortilizio, probabilmente costituito da una torre a base quadrata, i cui resti vennero incorporati nella nuova costruzione. Durante l’occupazione francese del ducato di Milano, seguita alla caduta degli Sforza, il castello di Brignano venne rioccupato da Antonio Spinola il quale fu spodestato del maniero dal condottiero Pietro Lonati che a sua volta lo riconsegnava nelle mani di Geronimo Guidobono. Nel 1685 la famiglia Guidobono Cavalchini cedevano la loro quota di Brignano e Frascata, per il prezzo di L. 25.000 al cap. Francesco Ferrari di S. Sebastiano.
Più tardi il castello dei marchesi de Ferrari passò ai Giani e quindi, quando il fabbricato si trovava già in cattive condizioni di manutenzione, ai conti Bruzzo di Genova, che negli anni successivi lo ricostruirono parzialmente, adottandolo alle attuali forme ed arricchendone l’arredamento con preziose raccolte d’arte. Fu in quest’occasione che l’interno del castello, già rude e severo, subì notevoli manomissioni, secondo il discutibile gusto del tempo. Adagiato su un colle, che domina l’abitato di Brignano e la Val Curone, al centro di un vasto parco di conifere di incomparabile, selvaggia bellezza dell’estensione di 5 ettari, il castello, dopo i recenti ampliamenti conta una trentina di stanze, tra cui ampi saloni, biblioteca, locali adibiti a foresteria e a scuderia. È a pianta quadrilatera, con torre anch’essa quadrata, a protezione dell’ingresso, secondo un modulo tipicamente lombardo. La sua struttura è mista, in arenaria e mattoni. Il nucleo originario di costruzioni, dovuto agli Spinola, consisteva nei due avancorpi a settentrione, collegati tra loro da un ponte levatoio; in epoca barocca i Guidobono Cavalchini vi aggiunsero il corpo di fabbrica oggi adibito a biblioteca; il conte Bruzzo il fabbricato a ponente, ossia la costruzione di Castelnuovo. All’interno è conservata, in parte, la struttura antica. La porta di ingresso al palazzo, che si apre sotto una loggetta nella parte avanzata del fabbricato, è di fattura rinascimentale».
http://www.comune.brignanofrascata.al.it/01-4-luoghidiinteresse.asp
Cabella Ligure (castello dei Doria Spinola Pallavicino)
«Citata in documenti del XII secolo, [Cabella Ligure] fu feudo di Opizzino Spinola di Luccoli, già capitano del popolo di Genova, che ne fu investito nel 1312 dall'imperatore Arrigo VII. Passò in seguito alle famiglie genovesi dei Pallavicino e Doria. Parte della Repubblica Ligure e poi dell'Impero Napoleonico, passò al Regno di Sardegna con il congresso di Vienna (1815), assunse l'appellativo Ligure quando entrò a far parte della provincia di Alessandria in seguito alla riforma amministrativa Rattazzi. L'antico castello, posto sul colle che domina l'abitato, appartenne ai Malaspina, agli Spinola, ai Doria, ai Pallavicino per ritornare nuovamente agli Spinola. Fu trasformato, nel XVII secolo, in residenza signorile ed oggi si presenta come un massiccio palazzo di forma parallelepipeda con contrafforti angolari sporgenti, adibito a residenza. L'edificio, oggi noto come Palazzo Doria (già Spinola Pallavicino), oggi è proprietà privata della comunità Sahaja Yoga, fondata da Shri Mataji Nirmala Devi» - «Il castello dei Malaspina Fieschi Doria, di cui restano poche rovine alte sull'abitato, aveva la tipica forma ligure del castello costruito intorno a una torre. Risultano conservati la torre rotonda attorniata da un muro circolare con camminamento. Addossato alla torre vi è un corpo rettangolare formato da due vani, di cui uno conserva ancora il soffitto».
http://castelliere.blogspot.it/2014/05/il-castello-di-lunedi-19-maggio.html - http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f8
a c. di Federica Sesia
Capriata d'Orba (torre del Castelvecchio)
«Gli imponenti e visibili ruderi della torre del "Castel Vecchio" sono i resti di una fortificazione già esistente in epoca altomedievale, anzi, con ogni probabilità, la fortificazione ha preceduto, in questo caso, il centro abitato. Capriata è infatti il punto di arrivo, in vista dell'Orba e della pianura, di quella catena di torri che, partendo da Parodi, in linea quasi retta attraverso la torre del Gazzo (oggi S. Cristoforo), Monte Colma, Albarola, proteggeva già in epoca carolingia (e forse la sua fondazione va fatta risalire ai tempi bizantini) le valli dell'Orba e del Lemme dalle sgradite sorprese provenienti dal mare (invasioni saracene) e dal nord, all'epoca dell'avanzata longobarda. Del castello rimane comunque poco, a parte alcuni informi tratti di muraglia, la torre (anticamente mastio), alta e quadrata, massicia anche come spessore di muraglie che restringono di molto la canna, secondo una tipologia tutt'altro che frequente nella zona. Oggi in precarie condizione di conservazione, rimane tuttavia un resto imponente, solo da poco di proprietà comunale».
http://www.comune.capriatadorba.al.it/testi.php?id_testi=16
Carbonara Scrivia (torrione della rocca)
«Il castello di Carbonara Scrivia è stato costruito prima dell'era medievale. Nel Medioevo il maniero, che guardava alle vigne del Monferrato, era di proprietà dei Guidobono Cavalchini. Nel 1828 un forte terremoto rovinò la fortezza che domina il comune di Carbonara Scrivia, e purtroppo rimase ben conservato solo il torrione trecentesco. Ad oggi è visitabile solamente la torre [struttura incorporata nel palazzo Comunale]».
http://castelli.qviaggi.it/italia/piemonte/castello-di-carbonara-scrivia/
«Il borgo, di impianto medievale si è formato nel X secolo e, secondo schemi diffusi del Medio Evo, si è sviluppato arroccandosi attorno al nucleo difensivo del castello ed assumendo, nel suo ampliarsi secondo la geomorfologia del luogo di tipo sommitale, una struttura fusiforme. Il centro abitato di Carpeneto si configura oggi come una pluralità di potenziali siti archeologici (castello, fossato, parrocchiale, abitazioni) ognuno dei quali può presupporsi pluristratificato nel senso che è costituito dalla sovrapposizione di opere e attività di epoche diverse» - «Probabilmente la costituzione del relativo nucleo abitato fu opera dell’iniziativa dell’episcopato acquese, come in altre situazioni del territorio, di cui faceva parte l’originaria chiesa carpenetese che, già nel secolo XI godeva dei diritti parrocchiali. ... Una prima notizia documentabile riguardo il sito risale al 1023-1033, periodo in cui il vescovo Dudone dona al monastero acquese di San Pietro la carpenetese chiesa di San Salvatore, donazione che verrà confermata dal successivo vescovo Guido in carica dal 1034 al 1070. Nel 1191 l’imperatore Enrico VI di Hohenstaufen, accogliendo l’accusa di tradimento mossa dal marchese di Monferrato contro i marchesi d’Incisa, pose questi ultimi al bando dell’impero ed assegnò i loro beni feudali e allodiali, Carpeneto, Montaldo, Castelnuovo (Bormida), Cassine ai Monferrato. Carpeneto e Montaldo facevano parte di un complesso feudale bipolare, di cui Carpeneto Superiore conservò il suo nome originale, mentre Carpeneto Inferiore acquisì appunto il nome di Montaldo. I beni degli Incisa passati ai Monferrato, insieme con Casenuove, Ritorto e Sezzadio costituirono la terra Sezzadiae, contesa a lungo tra la potenza monferrina e il Comune di Alessandria, tanto che nel 1203 venne divisa tra i due contendenti, concessa a metà dal marchese di Monferrato agli alessandrini come entità unitaria di specifica investitura. In questo modo il sistema alessandrino in valle Bormida, che faceva capo a Castelnuovo e Rivalta, venne a collegarsi con quello della valle d’Orba, con Fresonara, Basaluzzo, Capriata, sulla strada per Genova. Ciò proiettò più ampiamente Carpeneto sulla prospettiva del mare. Nel 1291, in seguito al crollo totale della città di Alessandria dopo la guerra contro Genova, Carpeneto ritornò definitivamente ai marchesi del Monferrato. Ad essi rimase fino all’estinzione della dinastia aleramica, poi passò ai Paleologhi e quindi ai Gonzaga. ...».
http://www.comune.carpeneto.al.it - http://www.ilmonferrato.info/ov/carpen/carpen1.htm
«Il castello domina, con la sua mole compatta e imponente, il centro abitato. Presenta una veste molto differente da quella che poteva essere l’originaria d’impianto medievale. Probabilmente in un primo momento non era che una torre isolata, con il detto “mastio”, posto all’interno di un recinto protetto da un fossato. Seguì poi lo sviluppo naturale di quasi tutti i castra medievali, confacendosi a quelle logiche trasformazioni necessarie a renderlo meglio difendibile e, intorno al XVI-XVII secolo, ad accrescere le comodità dei castellani. Il fossato in origine, doveva occupare quasi interamente lo spazio dell’attuale piazza antistante la parrocchiale di S. Giorgio. Probabilmente fu colmato intorno alla fine del XVI secolo quando, con il castello ormai divenuto palazzo, si procedette ad una riorganizzazione della zona urbana. Le modifiche, le ristrutturazioni, gli ampliamenti dell’edificio effettuati in epoche diverse, dovendo adattare le nuove strutture ad un terreno accidentato, hanno portato ad un risultato di masse di fabbricati composti ed eterogenei e a una pianta assolutamente irregolare. Ogni punto di vista è diversissimo rispetto ad un altro. La torre è l’elemento più antico dell’edificio; è costituita di pietre e mattoni, e ha una sezione quadrata. Su una parte della torre spiccano ben evidenti i segni di un ponte levatoio, delle carrucole per sollevarlo e dell’entrata carraia. All’interno del castello si accede salendo un settecentesco scalone con caratteristiche architettoniche di scuola napoletana che conduce al piano nobile dove si aprono i salone ristrutturati nel XVII secolo quando vennero meno le necessità difensive di ordine militare: un grandioso salone adibito a biblioteca, ornato da decorazioni pompeiane del tardo Settecento, e una vasta sala da pranzo, con antico soffitto a cassettoni, ornata da un grande camino la quale rimpiazzò l’originale sala d’armi. Una struttura molto interessante e ben conservata è la cucina, mentre strette feritoie, cunicoli, trabocchetti e le buie prigioni attestano nei fondi del castello che il ruolo di Castrum Carpani ebbe nelle continue lotte dell’oscuro e affascinate Medio Evo. L’entrata principale del castello, situata sul lato sud, si apre su un grande piazzale; è l’unico spazio castellano aperto al pubblico nelle sere d’estate. Il castello è infatti di proprietà privata, abitato dai marchesi di Chiavari-Pallavicini, e non è visibile al pubblico».
http://www.comune.carpeneto.al.it/Home/Guidaalpaese/tabid/27504/Default.aspx?IDPagina=10766
Carrega Ligure (resti del castello Malaspina Fieschi Doria)
«Carrega Ligure (in piemontese Cariegà, in ligure Carega, che significa propriamente "sedia") è un comune della provincia di Alessandria sull'Appennino Ligure in alta val Borbera. È il comune più orientale della Regione Piemonte, e uno dei meno densamente popolati d'Italia (meno di 2 abitanti/km²). La chiesa di San Giuliano fu costruita intorno al XIII secolo, ma più volte rimaneggiata. A tre navate, è decorata con pregevoli stucchi e conserva un notevole altare in marmo. Il comune fu legato per secoli ai commerci lungo la via del sale e ai Feudi Imperiali, indirettamente fu legato per secoli alla Repubblica di Genova. Dal 1797 al 1805 entrò a far parte della Repubblica Ligure, poi dell'Impero Napoleonico fino al 1814 e dal 1815 al Regno di Sardegna nella Divisione di Genova e nella provincia di Novi. Dal 1859 passa alla provincia di Alessandria. Il castello dei Malaspina Fieschi Doria, di cui restano poche rovine alte sull'abitato, aveva la tipica forma ligure del castello costruito intorno a una torre. Risultano conservati la torre rotonda attorniata da un muro circolare con camminamento. Addossato alla torre vi è un corpo rettangolare formato da due vani, di cui uno conserva ancora il soffitto. ... Nel comune ha sede il Museo della cultura popolare dell'Alta Val Borbera che espone circa 500 attrezzi, mobili e suppellettili di vario genere, che documentano la vita e le tecniche del lavoro dell'agricoltura e dell'allevamento nei secoli passati e si propone di conservare la memoria di tecniche agrarie ormai completamente abbandonate».
http://www.360gradi.info/luoghi/informazioni-turistiche-citta-carrega-ligure-0000004531.html
«Come negli altri quattro comuni dell’alta Val Lemme è presente un Castello costruito per consentire il controllo su questa importante via di comunicazione. È probabilmente intorno alla seconda metà del XII secolo che sulla rocca a strapiombo sul fiume Lemme i marchesi di Gavi costruirono un castello da dove poter sorvegliare l’avanzata dei soldati genovesi e, contemporaneamente, poter derubare i mercanti liguri. In tutta risposta nel 1197 Genova distrusse il castello che ebbe cura di ricostruire nella stessa posizione quando, pochi anni dopo, si impadronì del feudo di Carrosio. La fine del castello di Carrosio risale al termine del XIV secolo quando, in seguito ad una serie di tumulti, la Repubblica genovese decise di intervenire reprimendo con la forza il dissenso popolare e distruggendo la piccola fortezza che in seguito non fu più ricostruita. Dell’antica struttura sopravvivono una parte delle mura e una torretta di avvistamento, tuttora ben visibili dal fiume, mentre ormai non accessibili sono i passaggi segreti che mettevano in contatto il palazzo del feudatario con il castello e quest’ultimo con la riva del fiume sottostante».
http://www.vallemme.com/info/carrosio/
«La torre, posta sulla piazza [Terracini], doveva essere il corpo di difesa estremo in caso di guerre ed assedi. è una costruzione molto solida a forma quadrata con piede a scarpa inclinato così ben descritta da Roffredo: "in essa piazza e vicino all'angolo del nord-ovest si innalza una gran torre quadrata, minata nella sommità, che non tralascia però di essere ancora di ben quaranta piedi, sussistono in essa tre volti; l'accesso vi si aveva dalla parte del castello per mezzo d'un ponte levatojo che portava sul volto di mezzo vedendosi tutt'ora l'imposta nel muro del medesimo ponte; nel piano inferiore sotto il primo volto evvi un fonte d'acqua viva, quale si conserva in ogni tempo. Di presente si vede altra apertura stata fatta con la rottura del muro dalla suddetta parte del castello, che dà sul primo volto (l'attuale accesso), da questo si scende sull'altro volto per mezzo del foro quadrato esistente nell'angolo di detta torre al sud-est, ma non vi è scala alcuna; e dal secondo volto non si può ascendere all'ultimo che è alla total sommità che per un picciol foro triangolare esiste il detto terzo volto al cantone del nord-est, ma conviene anche ascendervi per mezzo della canna d'un camino ivi esistente"».
http://www.comune.cartosio.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=2124 (a cura di Luigi Moro)
Casalbagliano (castello dei Bagliani)
«Nella frazione è presente il castello dei Bagliani costruito, secondo la tradizione, verso la fine del XIII secolo. Descritto dal Ghilini (1589-1668) come "un bello e comodo palazzo, il quale, fabbricato con giudiziosa ed elegante architettura, rappresenta la forma di un castello", fu residenza dei Bagliani sino alla scomparsa dell’ultimo discendente, il marchese Raimondo Luigi (1750-1825). Il castello passò quindi per eredità prima agli Inviziati, poi ai Petitti di Roreto e da questi ai Paravicini che lo abitarono sino agli inizi del ‘900. Ceduto a privati, il castello fu acquisito successivamente dal Comune di Alessandria, attuale proprietario. Durante la I Guerra mondiale fu adibito ad ospedale militare e poi a sede della sezione locale del partito fascista. Ancora integro ed efficiente per tutta la prima metà del secolo scorso, fu via via oggetto di spoliazione e di completo abbandono, così da facilitarne rapidamente il degrado. Dato il suo attuale stato assai pericolante, il castello è recintato e non è accessibile al pubblico».
http://alessandrialisondria.altervista.org/castello-casalbagliano/
Casale Monferrato (castello dei Paleologi)
«Giovanni II Paleologo marchese di Monferrato diede inizio alla costruzione dell'attuale Castello, i cui lavori vennero portati a termine entro il 1357. Quando Casale assunse un ruolo di capitale all'interno del marchesato del Monferrato, ottenendo nel 1474 il titolo di città, anche il Castello, sede della corte, cambiò volto in seguito alle ristrutturazioni dei marchesi Guglielmo VIII (1464-1483) e Bonifacio V (1483-1494). Con il passaggio di Casale ai Gonzaga di Mantova, alla morte dell'ultimo marchese Paleologo, il Castello venne rinforzato; in risposta alle nuove tecniche belliche si intervenne pesantemente sulle mura, la pianta assunse la forma esagonale che ancora oggi vediamo. Le torri furono rafforzate e vennero costruiti quattro nuovi rivellini. Agli inizi del secolo XVII il Castello riprese a svolgere la funzione di sede di corte: per motivi diplomatici spesso i duchi di Mantova, impegnati in frequenti trattative con i Savoia, vi soggiornarono. Altro momento di splendore il Castello conobbe durante il principato del duca Carlo II Gonzaga-Nevers (1637-1665), che più volte risiedette in città con tutta la sua corte dando un notevole impulso alla vita mondana e culturale di Casale. Con la crisi della dinastia gonzaghesca, il Castello di Casale andò incontro ad un declino inarrestabile. Dopo il passaggio della città e del Monferrato ai Savoia, nel 1708, per il Castello inizia il lunghissimo periodo di utilizzo a caserma. A metà del secolo XIX Casale venne fortificata in previsione di una guerra con l'Austria e anche il Castello fu inglobato nella struttura difensiva. Lo stato sabaudo decise l'abbattimento del rivellino orientale, quello rivolto verso la città, permettendo così la creazione di un vasto spazio pubblico, l'attuale Piazza Castello, che il Comune poté adibire a sede di mercato. Con l'avvento dell'Unità d'Italia anche gli altri tre rivellini divennero superflui, per cui furono anch'essi demoliti».
http://www.comune.casale-monferrato.al.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1534
Casale Monferrato (torre civica, palazzo Anna d'Alençon)
«Costruzione in mattoni a pianta quadrata, rischiarata da piccole monofore, domina con i suoi 60 metri di altezza tutta la città risultandone il suo simbolo più caratteristico. La parte inferiore appartiene alla primitiva costruzione risalente al secolo XI. Innalzata primariamente per scopi difensivi, divenne nel tempo il simbolo del potere comunale. All'inizio del '500 i Paleologi, marchesi di Monferrato, commisero all'architetto e scultore Matteo Sanmicheli (Porlezza, attivo dal 1480 al 1528) il coronamento a forma di loggia. Anch'essa a pianta quadrata, è formata da quattro bifore, sormontate da una loggetta a forma ottagonale culminante con un colonnato, ricoperto da un cupolino, ornato da delfini. Ammodernata attraverso i secoli con intonaci dipinti e decorazioni in stucco, è stata portata alle forme attuali nel restauro effettuato nel 1920. ... Il Palazzo, risalente al XV-XVI secolo, fu la residenza della marchesa Anna d'Alençon. Di quel periodo è il notevole cortile rinascimentale, circondato da colonne circolari di laterizio con capitelli cubiformi, un porticato con archi a sesto acuto e soffitto a cassettoni; al suo interno le ampie sale sono decorate con stemmi e tavolette dipinte rappresentanti personaggi della famiglia Paleologa. Alla fine del XVII sec. appartenne ai Fassati di Balzola, il cui stemma compare sulla volta a botte nell'ingresso.».
http://www.comune.casale-monferrato.al.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/833
Casaleggio Boiro (castello dei Guiglia)
«Fra le estreme propaggini sudorientali del Piemonte, quasi in prossimità della Liguria, isolato su di un poggio, sorge il castello di Casaleggio Boiro. Si tratta di uno degli edifici monferrini più antichi; alcuni autori lo fanno risalire al X secolo o tuttalpiù all'XI-XII secolo, dotazione abbastanza attendibile poichè certe sue parti, come la cortina merlata di sud-est, il palazzo baronale e l'architrave a bassorilievo potrebbero essere di quest'epoca. Rimaneggiamenti e ricostruzioni devono, in larga misura, aver mutato le strutture originarie; vi sono infatti aggiunte rinascimentali, come la torre tonda di spigolo, ed altre addirittura barocche. L'impianto risulta poco significativo nel suo insieme con la torre quadrata che supera di poco l'altezza delle cortine a cui va aggiunta la torre circolare, elementi questi che non riescono a movimentare la massa piuttosto inerte dell'edificio. Nonostante ciò la struttura del castello di Casaleggio Boiro cosi come quella di molti altri edifici civili o fortificazioni dell'Ovadese e dell'Oltregiogo interessò anche d'Andrade. Questi nel 1880 fece rilievi a carattere documentario di quasi tutti i castelli di queste zone e quindi anche di quello di Casaleggio. Uno dei particolari più interessanti di questo edificio, oltre ad alcune decorazioni a merletto delle bifore è il rilievo in pietra che funge da architrave d'ingresso. In esso sono raffigurati u cavaliere montato ed armato di scudo e lancia ed una dama affiancata da due leoni.
Curiosissima è l'arma gentilizia incisa sullo scudo e sulla gualdrappa del cavallo, raffigurante forse una mazza o un martello d'armi. Queste testimonianze artistiche ed architettoniche dell'antichità del castello vengono, come si è visto,anche suffragate dalle fonti scritte. Già da lontano, la vista del castello di Casaleggio è una delle esperienze più significative di una visita ai castelli dell'Alto Monferrato; per chi infatti percorre la "strada dei castelli" venendo da Gavi o da Ovada, la gran massa dell'edificio si scorge da lontano, discendendo da Mornese o da Tagliolo, in un paesaggio ancora perfettamente integro, con un senso di mistero e aspettativa che può ricordare, a chi ha visitato la Puglia, quello che prende chi si avvicini a Castel del Monte. In effetti il castello di Casaleggio Boiro gode di una situazione paesistica invidiabile, nonché della qualità, abbastanza rara tra i castelli della zona, di sorgere notevolmente staccato dal paese, totalmente isolato, ove si eccettui una piccola chiesa che giace ai suoi piedi. Questo isolamento porta la sua mole a stagliarsi con un notevole effetto scenografico sul fondale di una verdissima collinetta in una situazione ambientale veramente invidiabile, questa caratteristica fece si che, nel maniero, venissero girate alcune scene di una famosa versione televisiva dei "Promessi sposi" diretta da Sandro Bolchi e con attori di fama tra cui Tino Carraro, Marisa Merlini, Lilla Brignone, Paola Pitagora, Nino Castelnuovo. Nello sceneggiato il castello rappresentava il nido d'aquilla dell'Innominato, al quale si reca don Abbondio per liberare Lucia, che vi è rinchiusa».
http://www.comune.casaleggioboiro.al.it/testi.php?id_testi=8
«[Cosa vedere] a Casalino: nel centro storico la settecentesca costruzione del Palazzo Dell’Aglio dove periodicamente soggiornava Camillo Benso Conte di Cavour (oggi abitazione privata). Sulla sommità della collina la chiesetta dedicata alla Madonna del Bricco dove secondo la leggenda apparve la Madonna».
http://www.comune.mombellomonferrato.al.it/CosaVedere.php
Cassinelle (ruderi del castello)
«Sulla costa dello spartiacque che divide le Valli dell'Amione e del Caramagna sorge Cassinelle, un bel paese di crinale noto per la produzione di Dolcetto e per i funghi porcini. Singolarmente allungato a Y su due colline, Cassinelle ha conservato alcuni tratti del centro storico originario, caratterizzato da case a corte, alcune anche di notevoli dimensioni. Tra gli edifici meglio conservati le seicentesche Casa Pareto e Casa Piola, nel cuore del vecchio paese. Nei secoli passati Cassinelle aveva confini molto più estesi rispetto a quelli attuali, comprendendo tutta l'Alta Valle Orba, fino ad Olbicella, passata al Comune di Molare nel 1922. La sua storia, ricca di eventi e fatti curiosi, è una testimonianza di come questo borgo fosse già molto attivo nei secoli passati. ... I ruderi dell'antico castello e delle mura di questo borgo, che sorge su un poggio circondato da colline a mezzogiorno d'Acqui, rasi al suolo verso il 1830, erano sicuri indizi che il luogo fu nel medioevo validamente fortificato» - «1830. "Un'alta torre venne distrutta intieramente pochi anni fa: si veggono ancora alcuni avanzi di grosse mura": questo ha scritto Goffredo Casalis verso il 1830 nella sua descrizione di Cassinelle. La torre era parte di un complesso sistema di avvistamento comprendente le torri site sul monte Marocco, a Morsasco, a Trisobbio, a Montaldo e in altre località».
http://www.comune.cassinelle.al.it/ComStoria.asp - http://www.ilmonferrato.info/ov/cassll/cassll1.htm
Castelceriolo (castello dei Ghilini)
«Edificato nel secolo XII, l’edificio subì nei secoli distruzioni e ricostruzioni, e venne restaurato nella forma attuale dal conte Gaetano Galli della Loggia, che seguendo antichi documenti rinforzò la facciata e le torri che coronò con nuove merlature ghibelline. Ripristinò i bastioni e l'antico fossato riportando la poderosa costruzione al suo antico splendore. Riveste tuttora, con la sua mole imponente e scenografica, notevole valore storico ed artistico».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castelceriolo#Architetture_civili
Castellazzo Bormida (castello Spinola)
«Il nome "Castellacium" compare verso la fine del Duecento, e per tutto il Trecento viene affiancato al toponimo originale Gamondio, che poi resterà soltanto (e purtroppo) a denominare un quartiere della città di Alessandria. "Castellazzo" doveva essere il rudere di una fortificazione caduta in disuso, di collocazione ignota e comunque diversa dal "castelvecchio" ancora oggi ricordato nel nome di una via del centro storico. L'edifico attualmente denominato castello è il risultato di secolari interventi su una fortezza sforzesca, oggi irriconoscibile, trasformata dai diversi proprietari in palazzo nobiliare "in stile", secondo i criteri della seconda metà dell'Ottocento. Perse le caratteristiche originali, non è perso il fascino del luogo».
http://www.comunecastellazzobormida.it/ComSchedaTem.asp?Id=5802
Castellazzo Bormida (torre dell'Orologio)
«La torre dell'orologio è certamente una riedificazione successiva di una delle torri d'epoca precomunale, delle quali tracce si sono ritrovate lungo il percorso ellittico delle altre mura, che corrispondono alle vie General Moccagatta (sede della torre), via Trieste, via Gamondio. Le porte di accesso all'abitato erano situate presso l'attuale piazzetta davanti all'oratorio di San Sebastiano, presso la congiunzione tra via Boidi e via Roma, e presso il bar Cannon D'Oro in piazza Vittorio Emanuele II».
http://www.comunecastellazzobormida.it/ComSchedaTem.asp?Id=21488
Castellazzo Bormida (torrione della Gattara, mura)
«Castellazzo conserva ancora il tracciato delle mura precomunali (secoli XI-XII) e delle mura erette per conto di Ludovico il Moro, alla fine del secolo XV. Il cosiddetto torrione appartiene alla cerchia difensiva quattro-cinquecentesca; altre torri, di minore dimensione, esistevano insieme ad un ampio tratto di mura fino ai primi del Novecento lungo spalto Crimea, fino alla porta Santo Stefano o di Borgonuovo (lo slargo tra via Verdi e gli spalti, ancora oggi chiamato "ponte di Borgonuovo"), di cui ci è giunta un'immagine ottocentesca. Il percorso pentagonale delle mura di Ludovico il Moro coincide con agli spalti che oggi circondano l'abitato. Oltre alla porta di Santo Stefano, le altre porte - individuabili dalle cronache degli annalisti - erano situate presso la chiesa della Trinità di via Roma (porta San Sepolcro o Trinità), presso l'incrocio tra spalto Castelfidardo e via Carlo Alberto (porta San Giacomo o San Michele), presso l'incrocio tra spalto Palestro e via XX Settembre (porta Pigliano)» - «L’ultima testimonianza delle mura che circondavano il fossato a protezione dell’antica Castellazzo, è un manufatto a forma di cupola in mattoni pieni, pietra e terra con una pianta circolare di dieci metri e mezzo di diametro, un’altezza di circa quattro metri e mezzo e una profondità di tre metri sotto il piano stradale. Adibito dapprima a deposito di armi e di munizioni, dalla metà dell’800 venne destinato a pubblica ghiacciaia e per garantire basse temperature al suo interno la sommità venne ricoperta di strati di terra rimasti presenti fino ad oggi. Nei secoli gli agenti atmosferici avevano seriamente danneggiato i materiali, sino a sgretolarli e a provocarne lo slegamento. Il suo recupero ... ha comportato una notevole attenzione per evitare di snaturare una testimonianza storica risalente probabilmente al XV secolo».
http://www.comune.castellazzobormida.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=21490 - http://www.ricagnidomenicosrl.it...
Castelletto d'Erro (torre, torrione)
«è una delle vette dell’alto Monferrato a ridosso delle Langhe con la sua torre di guardia della Valle Erro in direzione di Acqui. ... Da visitare. Torre: Il complesso fortificato con una torre a base quadrata, con classico coronamento sommitale ad archetti ciechi e porta di ingresso sopraelevata, con qualche resto di mura e torrette laterali rotonde utilizzate esclusivamente per scopi militari. Dal prato circostante, amplissimo panorama su tutto l'Acquese».
http://www.comune.castellettoderro.al.it/CosaVedere.php
Castelletto d'Orba (borgo, castello)
«Il paese conserva l’impianto medievale del borgo, dotato di ricetto, con tre porte urbiche, di cui se ne conservano due, e vari edifici dell’epoca. Il Castello ha una massiccia struttura quadrangolare, accentuata dalla posizione dell’edificio che domina l’intera località. La sua fondazione, forse anteriore all’anno Mille, sarebbe avvenuta per mano di Aleramo, marchese del Monferrato. L’attuale costruzione risale al XIII secolo. Il castello fu di proprietà dei Marchesi di Monferrato fino al secolo XIV, passando poi, fino al XVII secolo, alla famiglia genovese degli Adorno. Restaurato all’inizio del XX secolo da Alfredo D’Andrade. Caratteristica architettonica sono i tipici elementi del gotico piemontese, come le numerose bifore con colonnine ed archi di marmo sormontate dai caratteristici “occhi di bue” e da una coronatura di merli ghibellini. ... Porta della Berlina: risalente al XIII secolo. Casa del Marchese: residenza estiva del Marchese del Monferrato risalente al XII secolo si affaccia sulla probabile porta denominata “Porta dell’Olmo”, forse guado sul torrente Albara».
Castelletto Merli (castello dei Merli o Bertorelli)
«Il Comune di Castelletto Merli si estende in gran parte sul versante sinistro della valle del rio Menga, affluente di destra del fiume Stura; Giovanni Giacomo Saletta, nel Settecento, lo descrive situato “ nel Monferrato tra li fiumi Po e Tanaro” e confinante “con li Poderi di Mombello, della Cerrina, di Montalero, Odalengo Piccolo o sia da Prato, di Alfiano, Moncalvo e Ponzano”. La superficie del territorio di Castelletto Merli, nel 1911, è di 11, 95 Km2, nel 1931 diventa più piccola (11,76 Km2) in seguito al distacco di parte della frazione Casalino aggregata al Comune di Mombello Monferrato e rimane di tale dimensione fino ai giorni nostri. L’assetto territoriale di Castelletto Merli è policentrico, articolato in una rete di nuclei denominati cantoni, non esistendo un centro principale, anche Saletta, nel Settecento, osservava che “la terra non è un corpo formalmente unito perché si comparte e distingue in cantoni et membri cioè Cosso, Costantana, Guazzalo, Perno Superiore et Inferiore, Godio, Sogliano, casa del Bertana e parte di Casalino”. Già nel 1480, attraverso la lettura degli statuti, si viene a conoscenza di “località comunali o frazioni di Zerbo, Truffagalli, Perno, Godio, Varzollio”. Le frazioni sono sparse sui pendii che digradano verso il torrente Menga e sono articolate sulle colline di tre vallate. ... A Castelletto Merli esisteva un antico castello, detto “de’ Merli”, divenuto proprietà della famiglia Bertarelli. Il “castrum Casteleti” sorgeva poco sopra la frazione Terfangato in cima ad un colle. Nel Settecento il castello presentava i caratteri di un’area fortificata contenente una pluralità di “fabbriche” e di “edificij per l’ordinaria Habitazione delli condomini”. Nel castello si trovava ogni tipo di fabbricato, dalle stalle, ai fienili, al forno, come testimoniano i consegnamenti dei signori Merli. La famiglia Merli ha legato il suo nome a Castelletto, pur non essendo la sola che esercitava giurisdizione e possedeva quote del castello (vedi voce feudi). All’interno del castello si trovava la chiesa di San Nicolao o cappella del castello come testimoniato dai più antichi estimi delle chiese della diocesi di Vercelli del 1298. ...» - «A nord ovest dell’abitato, su di una altissima collina, è situato il Castello dei Merli, conosciuto come palazzo Bertorelli, ormai diroccato. Dell'antica costruzione medioevale composta dalla casa signorile, dalla chiesa di San Nicolao, dai forni, fienili e stalle e dalle mura non rimangono che poche tracce».
http://www.regione.piemonte.it/cultura/guarini/schede/al/dwd/castelletomerli.pdf (a cura di Monica Parola)
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/CASTELLETTOMERLI.pdf
Castelletto Monferrato (castello Scazzosi-Foresti)
«Castelletto sorse nel periodo medioevale come ultimo sito militarizzato di protezione del confine del marchesato aleramico che correva sulla linea di colline che dominavano la piana di Bergoglio. Nel XIII secolo fu oggetto di contesa da parte di Alessandria e nel 1290 nel territorio si scontrarono le milizie alessandrine e quelle marchionali. In precedenza, Castelletto si ribellò al Barbarossa, aderì alla Lega Lombarda e attorno al 1100 fece parte della diocesi di Pavia. Nel XIII secolo, il primitivo castello feudale, nucleo dell'attuale paese, con la denominazione Castrum Scatiosorum è citato come proprietà della famiglia Scazzoso/Foresto, originaria del vercellese ed infeudata a Castelletto dalla Famiglia dei marchesi Paleologo (1316). Denominato Castelletto Scazzoso, il paese fu devastato nel 1515 dalle armate spagnole, nel 1642 dai Lanzichenecchi; nel 1691 passò ai marchesi Beretta Landi, di origini milanesi e successivamente al tenente Antono Maria Miglietti di San Salvatore. Castelletto diventa una comunità comunale verso la prima metà del Settecento, come comprovano i primi atti comunali del 1742 e solo nel 1937, il nome del paese fu cambiato in Castelletto Monferrato, con un regio decreto» - «L'antica struttura fortificata fu trasformata nei secoli in palazzo signorile e presenta oggi una facciata arricchita da bugnato e lesene. Nel XII secolo il luogo appartenne ai marchesi di Monferrato per poi passare ai marchesi di Incisa fino al 1191; nel 1203 fece parte del feudo di Sezzadio con giurisdizione metà ai Monferrato e metà al Comune di Alessandria il quale, verso la fine del XIII secolo, divenne l'unico proprietario del territorio. Nel XIV secolo il luogo ritornò ai Monferrato che decisero diversi interventi sul castello e che infeudarono il complesso agli Adorno, poi ai Porro, agli Zoppi e ai Grillo. Ulteriori trasformazioni al castello vennero effettuate tra il Cinquecento e il Settecento».
http://www.comune.castellettomonferrato.al.it... - http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php...
Castelnuovo Bormida (tcastello)
«Un castello, o piuttosto un receptum, fu fondato tra la fine del secolo X e i primi del secolo XI dai vescovi di Acqui in un’area loro donata da Ottone III imperatore. Si deve arrivare al 1040/1041 per riscontrare, in un atto di donazione di terreni, nonchè di attribuzione di rendite e pievi concesse da San Guido al monastero benedettino di San Pietro in Acqui, la prima testimonianza documentale dell’esistenza di un nuovo castello posto in prossimità del guado della via Emilia sulla Bormida, là dove in epoca tardo-imperiale doveva esistere la tenuta di un For’mentius da cui si ritiene sia derivato il toponimo di Formentiana. Il castello rimase sotto il controllo dei Vescovi di Acqui nel secolo XI e probabilmente sino ai primi del XII; successivamente passò in dominio dei marchesi di Monferrato, con diploma di conferma del possesso nel 1164 da parte di Federico Barbarossa e Guglielmo il Vecchio. Nel corso del Duecento vi furono infiltrazioni dei marchesi d’Incisa con dominio alessandrino-monferrino e con estromissione degli Alessandrini per opera dei marchesi di Monferrato, verso la fine del secolo. Nel corso dei secoli XV e XVI le fortificazioni del castello vennero, sempre su impulso dei Paleologi ed in particolare del marchese e condottiero Guglielmo VIII, ulteriormente ristrutturate e potenziate dai vari signori succedutisi nel tempo, anche con l’ampliamento costituito dal torrione quadrangolare successivamente rimaneggiato ed ancora esistente. Successivi feudatari furono gli Adorno genovesi tra il Trecento ed il Quattrocento; poi i Porro, gli Zoppi, i Sacco, i Moscheni, i Grasso, i Grillo e i Ferrari. Questi ultimi conservarono il titolo anche quando il Monferrato passò a Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1708 ed a Castelnuovo venne conferita la dignità di marchesato nel 1738. Castelnuovo perse sempre più rapidamente la propria importanza strategica ed il castello cambiò gradatamente, nel corso dei secoli XVIII e XIX, la propria funzione ed il proprio aspetto da quelli di postazione fortificata di carattere prettamente militare a quelli di palazzo residenziale dei marchesi Ferrari. Il castello si presenta come una grandiosa struttura in mattoni di forma trapezioidale, completa di fossato e di torre, frutto di una stratificazione di interventi succedutisi nel corso dei secoli. Della costruzione primitiva del secolo XI rimangono soltanto una porzione della cinta muraria e la base della massiccia torre quadrata in pietra, coronata da beccatelli. Successive modifiche strutturali ed aggiunte di corpi di fabbrica intervennero tra il secolo XIV ed il XVIII, dapprima finalizzate a potenziare le opere di fortificazione: probabilmente al tardo Quattrocento risale la costruzione, successivamente rimaneggiata, del bastione di forma quadrata che domina l’accesso al paese dalla strada proveniente da Cassine».
http://archeocarta.org/castelnuovo-bormida-al-castello
Castelnuovo SCRIVIA (borgo, palazzo Centurione)
«Sulla via Garibaldi si ammira l’imponente Palazzo Centurione, bell’esempio di architettura genovese del secolo XVII, ora sede del Municipio, con elegante porticato a crociera. All’interno, in quattro sale rimaste integre, è collocato il Museo civico costituito nel 1986, ricco di reperti archeologici dall’età della pietra sino all’epoca romana. Vi sono anche lapidi, statue e quadri tolti dalle chiesette abbandonate, mappe settecentesche, pergamene, gli Statuti del 1400, antiche armi, ex-voto del 1600 e lavori in ferro battuto. Un’ala dell’edificio ospita l’Archivo storico completamente riordinato. All’imbocco della strada per Molino dei Torti sorge un grande arco secentesco una delle cinque porte (Zibide, Molina, Strad’Alzano, Gualdonasce e Tavernelle) che consentivano il passaggio attraverso la cinta muraria. Nell’abitato si notano resti di case medioevali, torrette e facciate ornate con decorazioni di cotto; di grande interesse sono le case quattrocentesche di via Fornasari e di via Marguati. Sulla piazza Vittorio Veneto si eleva la casa natale di Matteo Maria Bandello. A ricordo del novelliere, al bivio di Sale e Guazzora, sorge il cippo Bandello raffigurante un cervello stilizzato, in blocchi di granito, che recita su una lastra marmorea un passo dedicato a Castelnuovo».
http://www.comune.castelnuovoscrivia.al.it/com-monumenti.asp
Castelnuovo Scrivia (castello dei Torriani e dei Bandello, o Palazzo Pretorio)
«Palazzo Pretorio, risalente al XV sec., presenta un bel porticato ogivale con bifore e arengo. Al piano superiore due saloni con affreschi dei secoli XV e XVI. Il castello è dominato da una torre merlata, alta 39 metri, le cui strutture originarie risalgono alla fondazione di Castelnuovo. All'interno è situata la Biblioteca "Pier Angelo Soldini" e il Centro Studi dedicati al novelliere Matteo Maria Bandello, il più illustre cittadino di Castelnuovo Scrivia. I primi insediamenti nel territorio sono di epoca romana, come attestano le tracce di centuriazione nella proprietà agricola ed i molti reperti rinvenuti nell'area. Il nucleo abitato vero e proprio sorse intorno al 500 d.C. per opera degli Ostrogoti di Teodorico. Il borgo venne ampliato e potenziato nel 722 dal re longobardo Liutprando. Castelnuovo, di parte ghibellina, fu alleato di Federico Barbarossa e partecipò alla distruzione di Tortona (1155), ottenendo in cambio opere pubbliche, immunità e privilegi, tra i quali il diritto di collocare sulla torre la bandiera comunale (giallo-oro e bianco-argento) e di avere l'esclusiva del mercato del gualdo (per tingere di blu le stoffe). La rivalità con Tortona provocò innumerevoli guerre, finché Castelnuovo, all'inizio del 1300, dopo un breve periodo come libero Comune, divenne feudo del ducato di Milano, con le signorie dei Bandello, Torriani, Visconti, del Carmagnola e degli Sforza. Tra i feudatari va ricordato Borso d'Este che, nel periodo 1443-1471, diede impulso alle attività economiche (tintoria delle stoffe, oreficeria, ferro e rame). Fra i prodotti primeggiavano spade, padelle e padellini e proprio per questo ancora adesso i Castelnovesi sono soprannominati nel circondario con l'appellativo di "padlé". In tale epoca Castelnuovo divenne un centro di grande importanza e assai ricco, come testimoniano le ampie case costruite in quel periodo e di cui rimangono tracce evidenti. Dopo la parentesi spagnola con i signori D'Avalos, Castelnuovo, che, nel 1567, aveva modificato la denominazione "di Tortona" in "ad Scripiam", nel 1570 divenne feudo dei marchesi Marini, i quali fecero costruire la chiesa ed il collegio di Sant'Ignazio e il palazzo ora sede municipale. Nel 1778, quando morì la marchesa Giovanna, ultima dei Marini, coniugata con Centurione, le successe il figlio, il principe Carlo Centurione. Il 17 giugno 1828 venne deciso di demolire le mura, lunghe metri 3600, che, per la loro solidità, avevano fatto di Castelnuovo una posizione militare di notevole importanza, e anche per la collocazione strategica nel punto d'incontro fra le vie del sale (dal mar Ligure lungo lo Scrivia) e la valle del Po. ...».
http://tuttoinformarsi.blogspot.it/2010/10/castello-dei-torriani-e-dei-bandello.html
Cavatore (borgo fortificato, casa Felicita)
«I nomi di Cavatore e Terzo compaiono per la prima volta nel documento del 996. Cavatore compare ora nella storia, sul percorso verso la riviera ligure occidentale in posizione riservata totalmente all'episcopato, classificato come “castello” e “borgo” appartenenti alla Chiesa d'Acqui. Il castello ed il borgo di Cavatore rivestivano un ruolo di indubbia importanza nel sistema di controllo del territorio edificato dai vescovi nel corso del tempo ed il castello, in particolare, doveva essere una delle rocche più salde in mano al potere episcopale, in quanto, insieme a quello di Bistagno, costituì uno dei luoghi di rifugio dei vescovi nei momenti in cui la loro permanenza si fece difficile. Con il diploma di Ottone III, il vescovo di Acqui acquisisce per donazione la donazione la potestà di governo sul centro abitato e sul territorio circostante per un raggio di tre miglia, nonché su tutti gli abitati in loco, ma nel diploma non risulta chiaro se Cavatore sia un borgo o un castello. Questo dubbio viene dissolto con il diploma di Enrico II di Franconia del 30 dicembre 1039, con il quale si conferma a Guido, vescovo di Acqui, quanto già stabilito da Ottone III: nel diploma si cita: “castellum quod dicitur Cavatorium”. ... La situazione giuridica risulta chiara nei primi decenni del 1300. Cavatore consta di un castello e di una villa, entrambi spettanti alla Chiesa di Acqui. Il castello è governato da un castellano, di nomina vescovile, al quale si ritiene competessero l'organizzazione militare ed il potere giudiziario. Sul castello di Cavatore il vescovo può porre la propria bandiera e disporre a suo piacimento di uomini, case ed i primi sono tenuti a fare “exercitum et cavalcatum pro domino episcopo”. Nella prima metà del 1300 gli uomini del castello e della “villa” risultano organizzati in Comune, retto da tre consoli e da un Consiglio di 14 membri. ...» - «La Felicita. La costruzione medievale, facente parte della prima cinta di mura, apparteneva in passato a famiglie borghesi. Il piano seminterrato veniva utilizzato come cantina, il primo come granaio e nel secondo veniva conservata la frutta. Attualmente è di proprietà del Comune e viene utilizzata per convegni e mostre».
http://www.ilportoritrovato.net/html/luoghicavau2.html - http://www.torredicavau.it/dovesiamo.htm
«La torre, ovvero il “castrum” di cui essa costituisce l'elemento caratterizzante, è, al pari della parrocchiale, il monumento più significativo del paesaggio storico di queste terre. Quando il castello appare a stretto contatto dell'abitato, che concentricamente lo avvolge o gli si stende accanto, si può ben ipotizzare una sua azione di richiamo della “villa” in precedenza localizzata altrove o sparsa in frazioni. A Cavatore la corta distanza tra queste due entità sembrerebbe collegare la fortezza soprattutto alla difesa del villaggio, a fianco della cui chiesa essa si pone. La torre di Cavatore è la più antica del territorio, eretta quando Cavatore era feudo del vescovo d'Acqui. Si tratta di un mastio a base quadrata, dalla perfetta muratura, che si erge su di un poggio scavato comprendente lo spazio del castellaro; le sue uniche aperture sono l'ingresso con arco a tutto sesto architravato, posto all'altezza di sette, otto metri, una finestrella sommitale di fattura simile e una porticina ad architrave, sottostante l'accesso. Alla cima non esiste decorazione per cui, data l'estrema semplicità del modello, è da crederlo pertinente alla fine del Millecento o al principio del Duecento».
http://www.ilportoritrovato.net/html/luoghicavau3.html
Cella Monte (castello degli Ardizzoni)
«L'origine del paese è certamente alto-medievale, come suggerisce il toponimo cellae riferito ai piccoli insediamenti monastici; la cella monacale di Cella Monte sorgeva lungo il percorso della via tardo-romana che confluiva nella strada romana della Valle Cerrina: questi raccordi secondari acquistarono nel tempo un' importanza sempre crescente. Il borgo, dopo essere stato feudo della Chiesa di Vercelli, passa in seguito al marchesato del Monferrato con gli Aleramici fino al 1305 e con i Paleologi fino al 1533. A questi ultimi seguirono poi i Gonzaga; nel 1708 il Monferrato e quindi anche il borgo, passa a Casa Savoia di cui da allora in poi seguirà le sorti. Anticamente Cella Monte era difesa da cinque castelli o caseforti che le famiglie titolari in consorzio del feudo avevano fatto costruire a protezione propria e degli uomini loro dipendenti; di questi antichi edifici rimane ancora qualche traccia nonostante i rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli. Castello: edificato alla fine del XII secolo conserva alcuni particolari della struttura originale nei cortili interni in cui si possono notare paramenti in pietra e laterizio e finestre ogivali» - Edificio di antica origine (XII sec.) trasformato nel XVII sec. in villa signorile dalla famiglia Ardizzoni. Dell’originario impianto si notano ancora le belle finestre quattrocentesche e le murature a fasce alternate di tufo e mattoni che ricordano il castello di Lignano, di Frassinello e di Uviglie. Di proprietà della famiglia Ardito».
http://www.casenelverde.eu/013paesi-castelli-monferratopaese.php?id=3 - http://www.ilmonferrato.it/pagine/mostra_guida...
«Costruito intorno al 1910 in stile tardo quattrocentesco piemontese dall’ingegnere Vittorio Tomielli resta una delle più pregevoli testimonianze dell’artificio costruttivo che alimentò la cultura architettonica alla fine dell’800. Oggi il Castello si presenta in ottimo stato esternamente, mentre internamente ha perso molto degli originali fasti; fu la prima dimora dell’avvocato imprenditore Riccardo Gualino purtroppo non è possibile visitarlo all’interno, la parte esterna è stata riportata all’originale splendore nel 1997. L’edificio ha dimensioni monumentali; la sua costruzione impegnò per un decennio un numero considerevole di maestranze che portarono movimento ed attività in paese» - «Il Castello di Cereseto sorge nel Monferrato nelle vicinanze di Casale Monferrato. L'attuale struttura è di origine relativamente recente e risale al 1900. Fu eretto dall'industriale e mecenate Riccardo Gualino, su progetto dell'Ingegnere casalese Vittorio Tornielli. È ancora ben conservato esternamente in quanto abitato fino a pochi decenni or sono. Il Castello però sorge sulle ceneri di una roccaforte molto più antica che venne completamente abbattuta nel 1600 : la datazione dell'antica roccaforte ricade nel periodo medievale, in quanto Cereseto era un piccolo feudo nato tra il 500 e 600 d.C. e tra il 900 ed il 1000 venne governato dalla nobile famiglia Astigiana dei Groseverto ed è proprio in questo periodo che probabilmente venne eretta la roccaforte poi abbattuta nel 1600 per lasciare spazio alla bellissima e sontuosa ricostruzione novecentesca che ancora oggi è possibile ammirare».
http://www.comune.cereseto.al.it/Pagina.php?id=19 - http://it.wikipedia.org/wiki/Cereseto#Castello_di_Cereseto
Colma (castello di San Bartolomeo)
«Al culmine della collina, detta appunto Colma, si erge il Castello di San Bartolomeo. Le origini del castello sono assai antiche, il complesso era stato costruito sul luogo dove sorgeva l'antica abbazia benedettina, numerosi adattamenti ne hanno però mutato le caratteristiche primitive: nell'ultimo secolo, ad esempio, diverse modifiche sono state apportate per scopi agricoli. L'attuale struttura è ottocentesca, realizzata in stile neo-gotico su cui spicca un'alta torre merlata. Il castello era collegato alla Cappella di San Bartolomeo tramite un passaggio sotterraneo, che fu parzialmente ostruito da crolli e quindi definitivamente chiuso».
http://www.amisdlacurma.it/ita/castello.html (a cura di Anita Rosso)
Conzano (torre dell'Orologio e villa Vidua)
redazionale
Cremolino (castello dei Malaspina)
a c. di Federica Sesia
Cuccaro Monferrato (castello dei Colombo)
«Cuccaro affiora per la prima volta nella documentazione nel 1028 come "locus et fundus" ossia piccolo insediamento con un proprio territorio. Il nucleo più antico corrisponde forse al Cuccaro "vecchio" citato in un documento del 1376, sito allora di una "motta", fortezza o semplice rilievo, possibile residuo del "castrum Cucari" ricordato in un diploma imperiale del 1116, attorno al quale si sarebbe agglomerato il primitivo insediamento, poi spostatosi verso il nuovo castello, che nei secoli dell’età moderna ospitò le dimore ("case" o "parti di case") del quasi sempre folto consortile dei signori di Cuccaro. Fra il tardo medioevo e l’età moderna, il possesso di frazioni del castello appare fedelmente rappresentativo e proporzionale alle quote di giurisdizione detenute da ogni signore sul feudo».
http://www.regione.piemonte.it/cultura/guarini/schede/al/dwd/cuccaro_monf.pdf
Cuquello (castello o Casa Lionne)
«Eretto intorno al 1200, anche se non è stato possibile risalire ad una data certa, il castello, benché abbia subito numerosi cambiamenti, rappresenta l'unica costruzione difensiva arrivata in buone condizioni fino ai giorni nostri. Probabilmente cinto da mura, per proteggere il centro abitato, dell'antico maniero si possono notare alcune feritoie e si scorgono ancora le vestigia dell'unica entrata. Col tempo, alla struttura originaria sono state apportate profonde modifiche. Nel 1386 in seguito all'ordine emanato da Gian Galeazzo Visconti, inerente le fortificazioni che non potevano resistere al nemico, alcune parti furono abbattute. Una data certa è il 1437, anno dell'investitura dei Rampini, che si pensa non dimorassero nel castello. È possibile ritenere che, in tale epoca, esso sia stato sede di una guarnigione difensiva a protezione degli abitanti per i noti problemi di confini».
http://www.comune.sardigliano.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=22194
«...Come perno della motta collinare (una sorta di mini-acropoli) nei tempi andati solidamente incastellata, ancor'oggi svetta al centro la Torre dei Del Carretto in pietra a vista, a pianta trapezoidale (m.5,28 x 5,25) salda e snella (alta m. 29), capolavoro edilizio giudicato risalire al tardo Duecento, recentemente restaurato e valorizzato con il ripristino del coronamento dall'aggettante triplice archettatura merlata, abbellimento probabilmente aggiunto in epoca più tarda e più tardi parzialmente disgregato; raffinate le bordature in laterizio. L’interno è stato reso praticabile alla salita. Dalla turrita sommità è possibile ammirare,con limpida atmosfera, l'esteso panorama sulla vallata del Bòrmida, sull'Acquese ed eventualmente sulle più lontane cime alpine -verso Nord- fluenti tra Cervino, Breithorn, Monte Rosa e sul più arretrato Finsteraarhorn emergente tra il Sempione e il Furkapass, sella dell’elvetico Valles.
Dei vetusto Castello Del Carretto, in passato tipico vertice dell'avvolgimento residenziale, ormai rimangono sporadiche vestigia, per ora prive di verifiche storico-topografiche: un generalizzato e avverso destino che ha accomunato il feudale sistema castellano-torrigiano distribuito nell'Astigiano e nell'acquese settore langarolo-monferrino per secoli tormentato dalle ciclari decadenze familiari, dagli inaspriti vandalismi inciviltà di ogni epoca, e dalle sistematiche calate di masnade angioine, orleanesi, viscontee, sforzesche, alemanne, francesi, spagnole, imperiali, savoiarde e austriache, pertinacemente contrapposte in devastanti e sanguinosi conflitti di predominio, o di più giusta difesa,sulle impoverite e disgraziate terre subalpine, autentiche "Fiandre" sud-europee. Sugli esterni della Casa comunale sono state murate a vista alcune pietre in arenaria recuperate dai resti del sovrastante castello Del Carretto; all'ingresso un sovraportale in pietra reca sui lati due piccoli tondi con un astro in bassorilievo fitto di sette raggi patenti alle estremità, non fiammati; occasionalmente sono in tutto simili allo stemma (1921) della Lettonia. Per altro una figurazione da non confondere can la molletta mòbile dello sperone cavallerizzo. Volendo ravvicinare la figura al 'Sole', è possibile che il lontano scalpellatore, sia pure inconsciamente abbia a suo modo voluto esprimere l'ansia di transitorietà dell'Uomo suggestionato dall'universale. ...».
http://www.comunedenice.it/storiadenice_besio.pdf (da Denice dalle radici all'aprico, di G.B.Nicolò BESIO-Del CARRETTO)
DeRnice (ruderi del castello Spinola)
«Il nome di Dernice, dal latino “Darnisium”, compare nei documenti a partire dall’anno 869. Nel paese si conservano i ruderi dell’antico Castello, ricostruito dagli Spinola nel XV secolo e restaurato nel XVIII, caduto in disuso dopo l’estinzione della famiglia Sfrondati. I ruderi sono costituiti da una torre a base quadrata situata nel punto più alto del paese (la torre è stata abbassata perché pericolante, ma oggi si può salire sulla sua sommità da dove si ha una visione a 360° delle valli circostanti), un torrione a base circolare situato nella parte bassa del paese (l’edificio è privato, ma dalla strada comunale si può vedere molto bene). Esisteva anche parte delle antiche mura, oggi non più visibili dopo la realizzazione di una nuova strada. Oggi il “castello” e il suo parco sono proprietà comunale, aperta al pubblico, e offrono a tutti la possibilità di ammirare un incantevole panorama».
http://mag.corriereal.info/wordpress/?p=34408
Fabbrica Curone (ruderi del castello Malaspina)
«...Dall'alto Medio Evo le notizie si fanno più frequenti e precise, e il territorio di Fabbrica Curone acquista una certa importanza di riferimenti per la strada verso Genova, che pare s'inoltrasse in questa zona sull'Appennino ben controllata da una serie di fortilizi e castelli, tra cui quelli di Fabbrica e Brusamonica. Fabbrica era capoluogo di un feudo che comprendeva Areglia, Brentassi, Bruggi, Caldirola, Garadassi, Lunassi, Morigliassi, Montecapraro, Pareto, Pradaglia, Remenaglia, Salogni, Costa, Serra, Selva Piana, e più tardi anche Gremiasco: era sotto la giurisdizione feudale del vescovo ... Trovasi nominata Fabrica nella già citata bolla di Adriano IV nel 1157 e confermata dai Sommi Pontefici Alessandro III nel 1161, Celestino III 1194, Innocenzo III 1198. Era uno dei castelli tolti al vescovo da Federico Barbarossa e poi dal medesimo restituito nel 1167. Al Comune lo confermò nel 1220 l'imperatore Federico Il; e di nuovo la confermarono l'imperatore Ottone IV 1210 e Rodolfo. Nel 1220 il castello di Fabrica era tenuto da un consorzio di signori costituito da Fulcone erede, Oberto Cigo o Ligo, Rodolfo e Girardo di Cariola (Caldirola) e Robaldo di Caldirola taglio di Ruffino di Castagnola. Tutti questi in giorni diversi ma nel medesimo anno con il consenso del Vescovo e del Capitolo infeudavano la loro parte del castello e annessi diritti al comune di Tortona purchè prestasse giuramento di fedeltà al Vescovo. In detti istrumenti si parla di case poste entro e fuori il castello e della curia. ... Il Castello. Metà della giurisdizione sulla località spettava ai vescovi di Tortona, che ebbero confermato il possesso con bolla di papa Adriano IV del 1157. Federico Barbarossa col trattato di riconciliazione del 1176 sottoponeva Fabbrica al contado della vicina città. Il castello sorge in ripa sinistra del torrente Curone e dirimpetto al paese, su di un poggio dai fianchi scoscesi e dirupati, in posizione idonea al controllo della sottostante valle. Attualmente dell'antico e ben fortificato maniero rimangono la parte inferiore della massiccia torre quadrangolare, in completo abbandono e parte di altro edificio di abitazione, in rovina. Di fianco a questo si scorgono ancora i resti dell'antica porta di accesso al castello, il quale nella sua cerchia comprendeva anche una teoria di edifici bassi e fortificati, atti a formare un ricetto».
http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f14
«Dell'antico borgo fortificato da una cinta rinforzata da dodici torri, rimangono alcuni tratti di mura e una torre con soffitti a cassettoni. La struttura, eretta probabilmente intorno al XIII secolo, appare come un imponente parallelepipedo, con cortine in laterizio caratterizzate da monofore e feritoie. Anticamente la struttura era sormontata da merli di foggia ghibellina che, nel corso degli anni, sono stati tamponati» - «Nella piazza Paolo Ercole, al centro dell'abitato, sorge la massiccia torre dei Cova, costruita dalla famiglia omonima in epoca duecentesca. Ha splendide monofore, e nell'interno sono ancora visibili eleganti soffitti a cassettoni. La piazza, aperta sulla valle del Tanaro, ospita anche il monumento in bronzo dedicato a Paolo Ercole eretto da Luigi Belli circa vent'anni dopo l'epoca di questa immagine. A sinistra rispetto al monumento, c'é il palazzo comunale, del XV secolo, con tre belle finestre in cotto (Archivio Ermanno Rivera)».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007... - http://www.oocities.org/vapensiero_lastampa/30.htm
FRACONALTO (ruderi del castello)
«Del castello di Fraconalto restano pochi e pressoché illeggibili ruderi. Splendida la sua collocazione sulla cresta con vista sull’Appennino Ligure fino al mare e sul Monferrato meridionale. Il primo cenno del castello compare nel 1161, anno in cui Genova provvide a lavori di rifacimento di vari castelli fra cui quello di Fraconalto. Attualmente sono visibili i resti di una robusta muraglia con una base di oltre un metro e mezzo di spessore. Identificate anche le fondamenta di un torrione di quattro metri di diametro perdutosi con il crollo della parete di ponente. L’entrata del complesso fortificato era collocata a sud in corrispondenza dell’unica via d’accesso. Nonostante lo stemma del Comune raffiguri il castello con due torri è da presumere, invece, che ne fosse dotato solo di una in quanto della seconda non è mai stata trovata traccia. La sua distruzione avvenne precedentemente al 1584, anno in cui non viene più citato negli scritti dell’epoca».
Francavilla Bisio (castello Guasco)
«L’imponente costruzione del Castello Guasco, così come possiamo oggi ammirare, ha subito nel corso dei secoli ampliamenti e ristrutturazioni. Quando - con la Bolla papale che Gregorio XI invia da Avignone nel 1375 - si fa riferimento al nome Francavilla per designare specificatamente il castello e la villa fondati in alto nella collina si cita, indubbiamente il maniero che, diverrà nel proseguo dei secoli, il simbolo del luogo oltre ad acquisire, nella valle, un ruolo importante sia per le frequenti vicende militari, sia per essere stato costruito ai confini della Repubblica di Genova con il Piemonte ( poi Sabaudo) e la Lombardia (con i vari Ducati). Le circostanze esposte nel documento gregoriano inducono a fare dei computi di tempo per poter risalire indizievolmente agli autori di usurpazioni in relazione ai beni ecclesiastici della grangia cistercense e del castello di Francavilla (alla medesima appartenente) per una durata di 36 anni; il che ci farebbe arretrare all’anno 1339. Ma atti notarili antecedenti questa data tra i feudatari di Arquata ed i Cistercensi citano permute di beni tra cui possedimenti di grangia e castello di Francavilla, attribuendo a Luchesio Spinola la conclusione dell’atto di permuta con i monaci. Fu proprio lui allora ad essere il primo feudatario di Francavilla ed il suo dominio sul borgo (Villa) era in piena efficienza nel 1390. Il castello, quindi, dimora degli Spinola di Arquata, vede tra le proprie mura i natali e la presenza di uomini illustri. ...
Le diatribe familiari e le esigue finanze degli Spinola portano l’imperatore Leopoldo I a concedere nel 1681 l’investitura del feudo di Francavilla a Domenico Grillo. A partire da questo momento le varie successioni della nobile e ricca famiglia di origine spagnola, che manterrà il feudo sino al 1780 (sino al 19 luglio 1780 quando la principessa Giovanna dal Pozzo di Guasco acquisterà per il figlio Paolo Luigi Giuseppe Antonio Guasco il marchesato di Francavilla) fanno presumere l’ampliamento della costruzione originaria del castello. Alla grande torre quadrata vengono apportate modifiche ed aggiunte al corpo centrale che si riscontrano nella variazione dello stile architettonico, ancora oggi visibili. Dai verbali di elezioni di sudditi e cariche pubbliche nel feudo di Francavilla si leggono riferimenti alla Sala Maggiore del castello (1° gennaio 1715), al Salotto del castello (21 maggio 1720) e ancora citazioni al Castello di Francavilla per nomine o elezioni in documenti datati 1724, 1726, 1733. Una interessante testimonianza fotografica ci presenta l’ultima grande ristrutturazione, con ampliamento e sopraelevazione del tetto del castello, portando il complesso (torre grande e piccola quadrate più la torretta circolare) ad una definitiva completezza.
La nobile famiglia Guasco di
Bisio, unitasi alla famiglia Giriodi Panissera di Monastero (attuale
proprietaria) ne mantiene lo splendore curandone il parco, il giardino ed il
borgo adiacente, abitando il castello sino allo scoppio della seconda guerra
mondiale. Il conflitto consiglia la nobile famiglia a riparare presso
l’abitazione di Torino e successivamente presso il castello di Baldassano,
sempre di proprietà dei Conti Giriodi. Quello di Francavilla viene
individuato dal Comando tedesco come luogo ideale per una base logistica. La
guarnigione ne occupa quindi le sale, ne utilizza le attrezzature, danneggia
anche molte suppellettili e parti murarie forse per incomprensione del
valore (non solo affettivo), forse in spregio all’alleato sgradito. Al
termine della guerra (1945), con il ritiro delle truppe tedesche, anche il
castello di Francavilla viene abbandonato. I proprietari lo chiudono
prendendo atto, affranti, dei danneggiamenti compiuti. Solo sessant’anni
dopo (giugno 2005) sarà riaperto al pubblico in una parte graziosa e
accessibile: il cortile delle Logge».
http://www.archiviostorico.net/guide/pdf/Francavilla.pdf (testo di Rosa Mazzarello Fenu, da Guida di Francavilla Bisio)
Frassinello Monferrato (castello dei conti Sacchi di Nemour)
«Il Castello di Frassinello vanta una storia millenaria. Se ne ha notizia fin dal XI secolo, periodo in cui il borgo monferrino, risultava nel diploma regio di Enrico III “cum castro et corte et cappella”. Il sito viene descritto come fortezza difensiva, funzione che giustifica la posizione sulla sommità del colle. Castello curtense, affiancava alla funzione militare anche funzioni amministrative, con una corte soggetta alla sua protezione. Nonostante le origini antichissime, restano poche tracce del periodo medievale, nella pianta e nelle strutture architettoniche. Tra queste va menzionata la Caminata, ampia sala di gusto tardogotico e dalle arcate pregevoli, luogo di incontro conviviale - attorno al fuoco del camino - di signori e vassalli. Nel corso dei secoli, il Castello ha subito modifiche e restauri, fino a raggiungere l’attuale stato di prestigiosa dimora signorile. Per secoli, il castrum fu proprietà della nobile casata dei Nemours, conti di Frassinello, signori di Lignano e Cavalieri di Malta. L’interesse per il castello come dimora di famiglia, crebbe a cavallo tra il ‘600 e il ‘700, periodo a cui si deve la costruzione della bella cappelletta ottogonale finemente affrescata, dell’ornato di alcune porte e di altri abbellimenti nell’ala ovest del complesso edilizio, quella riservata, appunto, ad abitazione padronale. Lo stesso grande gelso secolare che domina la corte e ingloba uno dei due pozzetti, sembra risalire a quegli anni. Alla fine del Settecento la casata Sacchi-Nemours, nata dall’unione delle due famiglie, apportò al complesso nuovi ritocchi e innovazioni. A questi si deve il pregevole pavimento a mosaico del salone d’onore con lo stemma della casata, i fregi affrescati a cornice dei soffitti e la saletta del biliardo. Elementi che conferiscono al Castello l’inconfondibile tratto di dimora di campagna di una famiglia patrizia. L’Ottocento fu testimone del grosso restauro neogotico, in stile Violet Le Duc, che ha investito l’ala est dell’edificio. Le grandi finestre a tutto sesto divennero infatti il motivo dominante dell’ala, dominata dalla Fioriera, vero gioiello di architettura scolpita nel tufo, con le grandi arcate ogivali al piano terra. Dal rifacimento delle due antiche torri del Castello, di forma cilindrica, sorsero quattro torri quadrate; due verso ponente, con pregevoli merli ghibellini sopraelevati, e due verso levante. Le merlature vennero in seguito cimate, probabilmente per sottrarre l’edificio ai vincoli per edifici monumentali. ... Il castello venne venduto a privati nel 1945 da Paolo Sacchi-Nemours».
http://www.castellodifrassinello.it/il-castello
Frassinello Monferrato (castello di Lignano)
«Il castello, fra i più antichi del Monferrato settentrionale, attualmente è costituito da un complesso di edifici in parte destinati alla residenza patronale, in parte alla conduzione dell’attività agricola. Ricostruito dopo il 1553, poi più volte manomesso, nel 1974 è stato riportato in parte alle sue linee originarie (XII secolo). Una prima costruzione - testimoniata dall´iscrizione che riporta in una targa nome di Lucio Herennio, detto “Lhennuis” da cui il castello prende il nome - risale probabilmente al periodo romano e consiste in un “castrum” di difesa» - «Il Castello di Lignano ha sempre occupato un posto di grande importanza per la viticoltura piemontese. Nel 1246 i canonici del Duomo di Casale si servivano dei terreni di Lignano per produrre uve da cui derivavano vini di eccellente qualità. Attualmente il Castello di Lignano è una moderna azienda agricola di 85 ettari di superficie di cui 35 coltivati a vigneto secondo le più moderne tecniche agronomiche ed enologiche».
http://www.piemonteitalia.eu/gestoredati/dettaglio... - http://www.piemonte.campagnamica.it...
«La corte di Fresonara costituiva dote nel 951 di Adelaide di Susa, sposa in seconde nozze dell’imperatore Ottone I, rimandando la sua fondazione ad un oscuro periodo anteriore. L’appellativo di Corte distingueva già la presenza di un villaggio comprensivo di castello e chiesa. Intorno al 1100 Oberto da Rovereto ottiene questo feudo, o forse una parte di esso, dagli Abati del monastero di San Salvatore, che in seguito passerà ai suoi eredi, Ottone detto Canefro e Alberto detto del Pozzo, che risulta Signore di Fresonara per un terzo, rispettivamente in due pergamene datate 1107 e 1117. Il nipote, Viviano dal Pozzo, compare accanto ai Consoli di Fresonara, Ugo Negro e Rodolfo Baffone, nell’atto stilato il giorno di San Martino 1179. Nel 1404 il famoso capitano Visconteo, Facino Cane,che si era impadronito dell’Alessandrino,aveva condotto nel paese i valorosi Domenico Rotti e Rizzo dal Pozzo, capi guelfi: i due, poco fidandosi dell’avventuriero senza scrupoli, lo abbandonarono ritornando nei loro castelli innalzando la bandiera del Re di Francia, seguiti in ciò da altri paesi. Dopo questi avvenimenti, Facino Cane rientrò velocemente a Fresonara, la espugnò e la rase letteralmente al suolo, ma il paese fu presto riedificato. Nel 1482 i nobili Matteo Anfossi e fratelli, cedettero allo zio Bernardino Guasco Signore di Bisio, il feudo di Fresonara, che a sua volta alienò ai Trotti quattro della cinque parti dei beni posseduti, tra questi anche l’edificio che ancor oggi è denominato il Castello e la cui struttura per oltre due secoli resterà proprietà del nobile casato. A Fresonara certamente esisteva una chiesa, ma non si sa con certezza se la sua reggenza venne affidata ai monaci o a un loro delegato:solo in seguito alla istituzione delle parrocchie rurali, nel IV secolo passò al clero secolare ed alla pievania del Bosco, ma circa la sua ubicazione non si ha purtroppo alcun riscontro. Esisteva, secondo lo storico locale Vernetti, all’interno del circuito murale del castello una cappella feudale che per secoli avrebbe assolto la funzione di chiesa e che proprio grazie all’avvento della famiglia Trotti attorno al 1500 fu notevolmente ampliata e dotata dell’attuale campanile, dando vita alla chiesa parrocchiale, oggi dedicata alla Natività di Maria Vergine. Nel 1709 Fresonara costituiva unico feudo con Casalcermelli e Castelnuovo Calcea ed unico signore ne era don Lorenzo Trotti vescovo di Pavia, morto il quale, la Regia Camera avocò a sé solo temporaneamente il feudo che rimase poi nuovamente alla famiglia Trotti fino al 1777, epoca del consegnamento».
http://www.comune.fresonara.al.it/testi.php?id_testi=16#
Fubine (castello o palazzo di Bricherasio)
«Il Palazzo Bricherasio di Fubine - indicato anche come il Castello - è un edificio storico seicentesco appartenuto, a partire dal XIX secolo, al casato dei Cacherano di Bricherasio. Formato da un blocco edilizio principale contornato da altre costruzioni, tra cui due chiese e altri corpi di fabbrica timbrati con lo stemma gentilizio della famiglia, è situato al limite del colle su cui si sviluppa il centro storico della cittadina della provincia di Alessandria. È adibito a casa di riposo - intitolata alla pittrice e filantropa contessa Sofia di Bricherasio - dell'Opera "Don Orione". Il palazzo è stato edificato sui ruderi di un preesistente castello medioevale, a partire dal 1664, dal conte Vincenzo Natta di Baldesco, poco dopo il suo infeudamento, duramente contestato dagli abitanti di Fubine, ad opera del duca Carlo II Gonzaga. Nelle parole di un cronista dell'epoca, si trattava di: "...un gran palazzo c'ha forma di castello, con molte stanze nobili et civili distinte dal rustico et capaci di alloggiare persone d'eminenti qualità". L'edificio passò poi a Cristina, figlia del marchese Luigi Natta d'Alfiano, e al marito di lei, conte Corrado Magnocavallo di Varengo, che nel 1822 vendette la proprietà al conte Felice Cacherano di Bricherasio. Questi ed i suoi eredi, in particolare il figlio Luigi (padre del conte Emanuele, cofondatore della FIAT e dell'ACI, e della sorella Sofia), provvidero alla trasformazione del bosco in un giardino all'inglese con annessa ampia serra, ed al restauro dell'edificio, che fu dotato di ricchi e preziosi arredi. L'ultimo discendente in linea maschile della casa fu il conte Emanuele, alla cui morte, avvenuta nel 1904, a soli trentacinque anni di età, il palazzo passò in proprietà alla sorella Sofia, rimasta nubile. Alla morte di costei, nel 1950, l'edificio passò in eredità all'Ente Figli di Don Orione. Restaurato sotto la guida della Sovrintendenza ai Monumenti del Piemonte, è stato destinato ad ospitare una casa di riposo per anziani in sostituzione di una precedente struttura allestita nell'ex-asilo infantile fatto da costruire da Sofia di Bricherasio in memoria della madre ...».
http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Bricherasio_di_Fubine
«Al tempo di Carlo Magno, Gabiano era divenuto un feudo di proprietà dell'Abbazia di Novalesa ed il territorio di Gabiano comprendeva già tutte le colline attorno al rio Gaminella, la pianura e i villaggi sulla sponda sinistra del fiume dove era pure il trafficato porto fluviale. Nel X secolo, all'apice della grande rinascita della società medievale, quando molte erano divenute le ricchezze accumulate dalla popolazione, sull'altura del colle venne costruita una robusta fortificazione - il castrum - che avrebbe protetto uomini e donne del paese. La fortezza in origine consisteva in un robusto casamento, costruito sul podere di uno dei più ricchi possidenti, circondato da una cinta muraria. Nella seconda metà del XII secolo Gabiano cadde sotto il dominio del marchese del Monferrato e presto, accanto alla fortezza, rimaneggiando e accorpando vecchi edifici del Ricetto, venne costruito un bel palazzo difeso da solide mura. All'esterno, verso sud, si trovavano invece gli airali, le aie pubbliche adibite all'essicamento e alla trebbiatura della fienagione. Il Ricetto, o almeno ciò che ne era rimasto, sarebbe divenuto il borgo del nuovo palazzo, il centro attorno al quale sarebbe cresciuto il paese. ... Ecco come doveva apparire Gabiano alla fine del XIII secolo: alto sulla cima del colle appariva il possente Palazzo del marchese del Monferrato, con le sue alte mura e un profondo fossato, la sua porta era sempre chiusa. Presidiato da un castellano di nomina marchionale il Castello era difeso da guardie mercenarie. All'ombra del castello sorgeva ancora l'antico Ricetto attorno al quale, addossate l'una all'altra, si erano costruite molte abitazioni a formare la nuova "Villa"; ancora oltre rimanevano gli airali. La Villa era affollata e nel perimetro delle mura i bovari devono scendere dal carro e procedere con il pungolo davanti ai buoi. Nelle mura, che circondavano l'abitato, si apriva una porta munita da una torre e un ponte levatoio. Di giorno la porta era spalancata, mentre di notte era chiusa a chiave e le mura erano sorvegliate a turno dai capi famiglia. Una comoda strada, passata la porta nelle mura, scendeva poi verso la pievania, Sant'Aurelio e Cantavenna, mentre altre scendevano verso il Po, per raggiungere i mulini ad acqua e il traghetto.
Nel XVI secolo, con il mutare delle esigenze di difesa, alla porta venne aggiunto un rivellino, una sorta di piccolo castello separato dalle mura del Borgo costruito a precedere un fossato erboso dove spesso, nonostante i divieti, si portavano gli animali a pascolare. Nel 1247 Rainero e Bastardino, illegittimi Aleramici, ricevono l'investitura del feudo di Gabiano. Sono i capostipiti del casato che deterrà giurisdizione e privilegi sul Borgo fino al 1421. Il luogo era di rilevante importanza strategica ed economica (si pagava una tassa per attraversare il Po). Il feudo tornerà successivamente ai Signori del Monferrato, verrà concesso in pegno agli Scarampi, passerà ad un ramo degli Incisa. Nel 1531 Carlo Montiglio, consigliere marchionale e governatore del castello di Casale, subentra agli Incisa nel possesso di Gabiano e cumulando concessioni ed acquisti, diventa signore della contea di Gabiano. Nel 1618 la contea viene ceduta da un Montiglio al duca Ferdinando Gonzaga in cambio di un vitalizio. Il castello è ridotto in cattive condizioni: infissi divelti, soffitti sfondati, in seguito a un'occupazione di truppe sabaude. Nel 1624 il feudo gabianese, eretto a marchesato, viene ceduto ad Antonio Durazzo, gentiluomo genovese. Da allora in poi i beni si manterranno nelle mani di questa famiglia sino alla morte del marchese Giacomo Filippo nel 1922, passeranno quindi alla moglie Matilde, nata principessa Giustiniani, e poi alla di lei nipote marchesa Carlotta Cattaneo Adorno. Attualmente la proprietà è dei figli della marchesa Carlotta.
Nel corso del Seicento il declino del castello prosegue: ridotto al rango di cascinone, viene occupato ancora dalle truppe sabaude da 1628 al 1631, nel 1692 è dato alle fiamme da un contingente di soldati arimanni. Nel Settecento è restaurato e ridotto a forma di palazzo di campagna. Nel 1907 il castello viene restaurato secondo i canoni allora tanto in voga del revival medievale, secondo i consigli di Alfredo d'Andrade. I lavori, iniziati lo stesso anno sotto la direzione dell'architetto Lanfranco Cusani di Parma, sono sospesi durante il Prima Guerra Mondiale e portati a termine negli anni Trenta con la ristrutturazione in stile neogotico delle case attigue alla vecchia fortezza, il borgo medievale e i fabbricati agricoli e vinicoli. Il castello, così rinnovato, fu inaugurato nel 1935 alla presenza della Regina Elena di Savoia, di cui la marchesa Matilde era dama di corte. I lavori di restauro si sono concretizzati in una scenografia che, se non è molto servita agli interessi dell'architettura, hanno giovato sicuramente al paesaggio. A metà degli anni '50 nel cortile inferiore del castello vennero proiettati in anteprima europea, per iniziativa dell'on. Giuseppe Brusasca di Cantavenna, sottosegretario allo spettacolo, il film "Guerra e pace", dramma eloquente del mutamento delle generazioni per effetto della guerra e successivamente "Le notti di Cabiria", alla presenza del regista Federico Fellini e di Giulietta Masina. Il complesso del castello comprende anche una cappella ed uno splendido parco con un labirinto di siepi in bosso».
http://www.comune.gabiano.al.it/storia_economia.html
Garbagna (ruderi del castello)
«L’architettura del centro storico richiama alla mente i borghi liguri: alte case addossate le une alle altre, vie caratteristiche, archi, portali scolpiti, qualche palazzo, come quello dei Fieschi-Alvigini, quello dei Cervini e quello dei Doria, dove risiedeva il Commissario del Feudatario, nella bella Piazza Doria. Qui al centro, sotto a un antico arco di pietra, si apre un pozzo pubblico. ... A dominio del paese sorgono i resti imponenti del Castello, un austero maniero medievale a torre quadrata che, come gli altri nella valle, decadde dopo l’introduzione della polvere da sparo. Già nel XV secolo, però, il Castello portava evidenti segni d’abbandono e rovina, come si rileva in una relazione del 1479. Esso, infatti, appariva “in tanto debole essere che non se poteria dire pegio, et la torre è apena mezo levata (quindi quasi diroccata), et fortificata de fori de uno stechatello de ligno che ogni minima spingarda inimica la butterà giuso…”, mentre i deputati alla guardia “hanno un poco de pane et niente de vino, né munitione alcuna, salvo che circa cento ferri da saetami et loro balestre et armature”. ...».
http://mag.corriereal.info/wordpress/?p=34408
«Le origini del castello. Difficile stabilire le origini del Castello di Gavi con minimo di attendibilità, vuoi per l’assenza di documentazione probante e vuoi per l’inevitabile proliferare di leggende che sempre, in questi casi, nascono e si tramandano. Ciò che si può ragionevolmente supporre è che su questa preistorica “rocca” naturale, che ancora oggi sovrasta l’abitato di Gavi, una qualche remota fortificazione vi sia stata, forse anche di epoca pre-romana. I primi documenti. L’esistenza del Castello di Gavi è testimoniata da un documento dell’anno 973 e, successivamente, grazie ad un “diploma” imperiale firmato da Enrico VI, figlio di Federico I detto il Barbarossa. Con quest’atto, datato 30 maggio 1191, il sovrano donò in feudo alla Repubblica di Genova il Castello ed il Borgo di Gavi con le relative dipendenze. Seppure fra alterne vicende il Castello di Gavi rimase dominio genovese sino al 1418, quando la proprietà, a seguito di eventi bellici, passò sotto la Signoria dei Visconti di Milano. Da questi il feudo di Gavi con l’antico Castello fu investito ai Fregoso e poi dagli Sforza, l’investitura fu trasferita alla nobile famiglia dei Guasco di origine alessandrina. I Guasco, che erano anche signori di Francavilla, rimasero feudatari del Borgo e del Castello di Gavi sino al 1528. Il ritorno dei Genovesi. Il 14 novembre del 1528 il conte Antonio Guasco vendette alla Repubblica di Genova tutti i diritti esistenti sul Castello di Gavi (unitamente al Borgo ed al territorio circostante) per “mille luoghi” del Banco di San Giorgio. La Repubblica di Genova ebbe così, nuovamente, il possesso del Castello di Gavi, questa volta senza soluzione di continuità, dal 1528 al 1815. Anno nel quale, dopo la caduta di Napoleone, anche l’antica Repubblica genovese fu soppressa ed annessa al nuovo Stato Sabaudo.
Il Castello diventa Forte. Nel corso dei secoli il Castello di Gavi subì molteplici interventi architettonici i quali trasformarono l’antico Castello in una possente Fortezza. I primi radicali interventi di trasformazione dell’antico Castello furono eseguiti nel 1540 da Giovanni Maria Olgiati, ingegnere militare a quel tempo al servizio della Repubblica di Genova. L’Olgiati progettò e ricostruì completamente l’intera cinta muraria che circondava il primitivo Castello, realizzando nuovi bastioni e consolidando l’originale struttura. Con il suo intervento l’Olgiati trasformò l’originale struttura del Castello in una architettura che di fatto poté già chiamarsi Forte. Il Forte diventa Fortezza. Nel corso del XVII secolo, il Castello, ormai diventato un Forte, fu radicalmente trasformato nella Fortezza che ancor oggi possiamo vedere. Sempre per volontà della Repubblica di Genova, il progetto di questo ulteriore ampliamento fu affidato al frate domenicano Vincenzo da Fiorenzuola, al secolo Gaspare Maculano. Costui, noto anche per essere stato, fra l’altro, l’inquisitore al processo contro Galileo Galilei, era, oltre che un religioso, un grande esperto in materia di architettura militare del suo tempo. I lavori per la trasformazione del Forte in una grande Fortezza iniziarono materialmente nella primavera del 1626 e terminarono, almeno formalmente, nell’estate del 1629.
Il XVIII secolo. In realtà i lavori di ampliamento, interni ed esterni, proseguirono sino agli albori del XIX secolo. All’esterno, sul lato di levante, fu costruita la “ridotta” di Monte Moro, collegata al Forte attraverso una “galleria” fortificata. All’interno furono edificati alloggi per militari e ufficiali, cisterne, polveriere, corpi di guardia e piazze d’armi. Il tutto con l’ausilio e la progettazione dei più famosi ingegneri militari dell’epoca, da Stefano Scaniglia a Domenico Orsolino, da Pietro Morettini a Pierre De Cotte. Solo per citare alcuni fra i tanti artefici che si avvicendarono e contribuirono al perfezionamento di questa possente Fortezza. Il Re di Sardegna. Nel 1859, sotto il governo di Vittorio Emanuele II, l’antica Fortezza genovese fu disarmata e privata della sua storica identità per essere trasformata in un reclusorio civile. Durante il primo conflitto mondiale diventò un carcere militare destinato a prigionieri di guerra austriaci e disertori italiani. Nell’interludio fra le due guerre in alcuni terrapieni della Fortezza furono impiantati vitigni sperimentali per conto del Consorzio Antifilosserico. Con il sopraggiungere del secondo conflitto mondiale il Forte ritornò ad essere luogo di detenzione, prima ospitando prigionieri inglesi e, dopo l’otto settembre del 1943, militari italiani. Nel 1946 il Forte fu consegnato alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte, la quale, a partire dal 1978, ha avviato una costante e progressiva opera di restauro e salvaguardia di questo raro esempio di architettura militare. Recentemente è stata costituita l’Associazione “Amici del Forte del Gavi”, sotto l’egida della Soprintendenza, la quale ha assunto il compito di promuovere e valorizzare questa pregevole struttura militare genovese».
http://www.fortedigavi.it/ita/storia_ita.html
Gavi (Portino, palazzo Comunale)
«Sulla vetta del colle, nel periodo medievale, vi era un castello con due torri, del quale si ha notizie dall’anno 973. Il Portino è una porta turrita del secolo XII, a pianta rettangolare con arco ogivale sormontato da una bifora. Oggi è coperta da un tetto a 4 spioventi; originariamente la torre terminava con una merlatura. È l’unica superstite delle quattro porte di accesso al Borgo sulle mura che un tempo scendevano dal Castello o Forte e circondavano l’abitato. La Repubblica di Genova, dopo l’assedio del 1625 da parte dell’esercito francese e sabaudo, fece completamente trasformare il Forte, che ebbe alterne vicende sino a oggi. Il palazzo Comunale è un edificio risalente al secolo XIII con elementi decorativi e strutturali che sono stati messi in evidenza da un recente restauro. Sulla facciata vi sono arcate in pietra a sesto acuto, due al piano terreno e due al primo piano. Al primo piano sottili colonne sormontate da capitelli con foglie rivelano la presenza di due trifore, sormontate da una cornice scolpita a motivi geometrici tipici dello stile gotico».
http://archeocarta.org/gavi-al-edifici-medievali
«Fondato a seguito di un "Diploma" dato a Pavia dall'Imperatore Federico Barbarossa nel 1163 a quattro cavalieri della famiglia Sannazzaro in cui li autorizzava a costruire un castello "...dovunque volessero nei loro possedimenti". Sorge ai confini orientali del marchesato del Monferrato con certezza storica nella seconda metà del 1200. Nel 1338 venne occupato "Manu Militari" dai Paleologo nella guerra contro i Visconti di Milano e restituito ai Sannazzaro nel 1380. Il castello ha subito trasformazioni e restauri in varie epoche. L'ala più antica è quella di sud-est prospiciente la trecentesca chiesa di San Giacomo. In questa parte sono ancora ben visibili i resti del ponte levatoio, di una bifora quattrocentesca e di una torre con finestre gotiche rimaneggiate. Le due torri di sud-ovest e di nord est furono probabilmente aggiunte alla fine del Cinquecento. L'ala sud verso il paese, circondata da un fossato, è stata restaurata nella seconda metà del Settecento, mentre il restauro più importante è stato eseguito negli anni '50 dell'Ottocento con l'intervento di artisti torinesi quali Paolo Emilio Morgari, Andrea Gastaldi, Bartolomeo Giuliano. In questa fase vennero aggiunte le finestre neogotiche e realizzato un rialzo del lato nord e della torre di vedetta con la sostituzione del tetto a capanna con un tetto a merli ghibellini. In questa fase vennero aggiunti gli affreschi del salone d'ingresso e della sala da ballo, oltre alla decorazione con carta da parati delle camere da letto principali.
Il castello è sempre stato della famiglia Sannazzaro che ha ospitato in varie epoche personaggi famosi quali i principi Gonzaga, a metà del Settecento i re di Sardegna, Carlo Emanuele III e il figlio futuro Vittorio Amedeo III, nel 1859 il re d'Italia Vittorio Emanuele II e l'imperatore dei francesi Napoleone III, nel 1911 SAR il principe Emanuele Filiberto di Savoia duca d'Aosta. La vista parte dalla trecentesca chiesa di San Giacomo che ospita quadri e affreschi del Cinquecento, prosegue con l'ingresso e il cortile interno da cui si accede al grande salone d'ingresso con i suoi affreschi neogotici. Segue la stanza della musica di impianto barocco e ricca di oggetti e cimeli di famiglia. Salendo per lo scalone principale, anch'esso neogotico si accede all'antisalone e alla sala da ballo. Quest'ultima molto ricca di decorazioni ottocentesca tra cui gli affreschi della volta che ricordano la figura del fantasma, il giovane pittore torinese Grosso che qui morì, vittima della sua arte. A lato della sala da ballo sono poi visitabili 4 camere da letto: la camera a fiori o camera verde, la camera blu o dei pizzi, la camera rosa e la suggestiva camera del baldacchino bianco che prende il nome da un letto francese del Settecento. Si passa poi al guardaroba grande che ancora mantiene il suo utilizzo originale e che ospita una piccola collezione di ferri da stiro di varie epoche. L'ultima stanza visitabile è il salottino della torre di nordovest o salottino cinese. Attraverso le scale della torre principale o torre di vedetta si riscende nel cortile interno. Uscendo è possibile visitare il giardino con un grande parco all'inglese e importanti alberi centenari».
http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=56
Gremiasco (castello Malaspina, torre)
«Originariamente in paese esistevano due castelli, appartenenti alla famiglia dei marchesi Malaspina. Dei due, uno, costruito nel XII secolo dai nobili Gremiasco con la funzione di palazzo gentilizio, venne poi adibito a canonica. L’altro, voluto ed iniziato dagli stessi Malaspina al tempo della loro floridezza, sarà dagli stessi riadattato. In seguito, sotto la dominazione dei Doria, subì modifiche ed aggiunte che lo portarono allo stato attuale. La nobile famiglia genovese volle trasformarlo prima in Palazzo di Giustizia, poi in residenza occasionale del Principe, nonché in sede ordinaria del Commissario e della sua Curia. Il Castello dei Malaspina ha pianta quadrata, è costruito in pietra non squadrata, con una grande scarpatura a fare da base, ed aveva una merlatura ghibellina. Al pianterreno vi era un grande salone con grandi finestre in stile gotico ed un vasto camino con cappa e rilievi. Dagli anelli infissi al soffitto della sala è possibile dedurre che si tratti del luogo dove in epoca medievale si amministrava la giustizia. Per mezzo di un loggiato si accedeva alle prigioni confinate nella Torre, in cui la luce filtrava attraverso anguste finestre munite di doppia inferriata. Un’ala del vetusto fabbricato venne abbattuta negli anni 1930 per la costruzione dell’Asilo Infantile, voluto da un benefattore, il cavaliere Bonfiglio Dusio. Agli inizi dell'Ottocento era adibito ad osteria. Oggi è un’abitazione privata. ... Nel corso del XVIII secolo, la vecchia torre romanica, che originariamente aveva scopi di guardia, con i suoi due piani e le sue otto feritoie, venne raddoppiata in altezza con la sopraelevazione di un campanile, sempre in stile barocco, che ancora oggi svetta sul paese».
http://www.comune.gremiasco.al.it/section.php?page=a11
«Il castello di Grillano, nella frazione omonima, frutto dell'accorpamento di diverse strutture originarie del XVIII secolo, è stato massicciamente ristrutturato a fine Ottocento; ospita un'azienda vinicola attiva dagli anni 1930 ed è inserito nel circuito dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte».
http://it.wikipedia.org/wiki/Ovada#Architetture_civili
Grondona (torre del castello Fieschi Doria)
«Dopo aver attraversato lo Scrivia ad Arquata, ci si immette nell’ampia valle del suo affluente Spinti e, dopo breve tempo, è possibile scorgere, da lontano, una torre che si erge sola su di un rilievo. È quanto resta del castello di Grondona, che il 23 aprile 1934 franò con il monte Asserello sull’abitato del paese, causando morti, feriti e la distruzione di molte abitazioni. Questo unico frammento di architettura militare è una torre cilindrica con uno splendido portale in pietra e ancora visibili tracce di un bordo ad aggetto sulla sua parte sommatale, coronamento che un tempo probabilmente sorreggeva il tavolato ligneo del cammino di ronda».
http://www.comune.grondona.al.it/testi.php?id_testi=2
Lerma (castello Spinola, ricetto)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il castello di Lerma risale nelle sue strutture fondamentali alla fine del XV secolo, quando la costruzione venne realizzata da Luca Spinola. L’imponente edificio del castello si erge su una rocca tufacea che sovrasta il fiume Piota conserva intatta all’interno della cinta muraria l’antico “ricetto”, il primo nucleo del villaggio che prese il nome di l’Herma. Lo schema costruttivo è a corpo unico in stile francesizzante e simile come impianto ai castelli di Montaldeo, Mornese e Silvano d’Orba. La costruzione ha così assunto una pianta a pentagono irregolare, con il lato sud difeso dal torrione. Lo stesso apparato difensivo rivela un edificio di transizione, tra la fortificazione ed il maniero signorile, infatti si può notare la mancanza di caditoie tra un beccatello e l’altro, e i merli stessi sono parte integrante di finestre e del tetto formando un apparato a sporgere divenuto quasi un elemento decorativo. Inoltre è da segnalare una sobria presenza di bifore nella parte più alta e dal lato nord. Sotto ogni finestra vi è una feritoia strombata da usare come bombardiera e sui lati due fuciliere completano gli apprestamenti bellici. Simbolo di comando e signoria, nella parte nord, rivolta verso il borgo, s’innalza la nuova torre quadrata e sulla parete est è dipinto un enorme stemma degli Spinola. Al centro del castello è ricavato un caratteristico cortile triangolare quattrocentesco, con arcate e colonne in pietra e bifore. Situato su un displuvio a pendio con strapiombi su entrambi i lati, il borgo era pressoché inespugnabile. Una delle torri cilindriche di origine medievale è stata trasformata nel ‘400 in abside della chiesa parrocchiale, ma ha conservato la struttura originaria propria delle torri dei castelli del Monferrato. Attraverso una porta ad arco, presso cui funzionava anticamente un ponte levatoio, si accede nella piazza, sulla quale si affacciano il castello e la chiesa. All’interno, i numerosi saloni, le sale ed altri ambienti espongono alle pareti una ricca collezione di quadri, completano l’arredamento mobili d’epoca e suppellettili antiche, e una galleria degli stemmi della casa Spinola che ancora oggi appartiene al marchese Andrea Spinola. Usciti dalla chiesa c’è il “ricetto” che si sviluppa su di uno sperone strapiombante su due lati e, quindi, privo di fortificazioni su di essi, disposto su di un asse nord ovest-sud est. Il complesso del ricetto era munito di due accessi: uno a valle e l’altro di pertinenza del castello. Secondo uno schema molto regolare, dalla via principale si dipartono, a pettine ed a distanze costanti, le vie che delimitano le varie isole edilizie. Dall’accesso inferiore del ricetto si dipartiva un sentiero scosceso che scendeva in fondo valle e, costeggiando la riva del torrente, un tempo, raggiungeva la Chiesa di S. Giovanni».
http://www.comune.lerma.al.it/testi.php?id_testi=28
Lu Monferrato (torre del castello Aleramico)
«Sorge nel pieno centro del nucleo storico. È alta 18 metri ed ha una base quadrata di 5 metri e mezzo di lato. Da lì si ammira un amplissimo panorama. Fa parte dell’impianto di torri segnaletiche realizzate all’inizio del XV secolo dalla famiglia dei Paleologi a scopo di fortificazione - di cui ormai si intravede soltanto qualche traccia - di questo luogo. Fu restaurata più volte nel secolo scorso» - «XV secolo. Fu descritta più volte in maniera fantasiosa: ad oggi non esistono pubblicazioni esaustive. Si sa che era situata nel recinto del castello signorile, distrutto dai francesi nel 1556. All’interno esisteva una chiesetta che conservava le spoglie di San Valerio, martire e patrono di Lu, trasferite dopo il furto del 1720 nella cripta di S. Maria Nuova. Negli anni Sessanta del Novecento i resti della chiesetta furono coperti da una colata di cemento per erigere ripetitori telefonici, che dopo 40 anni sono stati abbattuti, restituendo al paese uno dei siti più panoramici del Monferrato, il parco della torre».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007... - http://www.comune.lu.al.it/pages/luoghi-interesse-storico.php
Lunassi (torrione dei Malaspina)
«Nel minuscolo agglomerato di case di Lunassi, emerge il Torrione dei Malaspina, in pietra a vista, che potrebbe risalire al XV-XVI secolo. Più che di un castello medievale si tratterebbe di una residenza fortificata del feudatario, anche se si ha notizia dell’esistenza di prigioni nella costruzione. Nel piccolo isolato centrale del paese, dalle forme di un rettangolo irregolare, il superstite torrione si trova all’angolo sud-ovest e, molto verosimilmente si può arguire da alcuni indizi, sull’angolo sud-est (lato minore dell’isolato, di fronte alla chiesa) si trovava altro analogo torrione. A memoria d’uomo il torrione ancora superstite è stato mozzato, pertanto le linee originarie erano molto più imponenti. È stata ipotizzata anche l’esistenza di altri due torrioni circolari agli altri due angoli dell’isolato».
«All'interno dell'abitato Malvino, nella parte più elevata del paese, si ergeva una solida costruzione detta "Castello", che ancora oggi dà il nome al vicino gruppo di case. Il castello fu utilizzato come rifugio dalla famiglia dei Malvino nel 1155, quando il Barbarossa assediò Tortona, la costrinse alla resa e impose l'esodo a tutti i suoi abitanti. Nel 1593, nella fase più acuta del contrasto tra il governo spagnolo di Milano ed i vescovi di Tortona, monsignor Maffeo Gambara fece dipingere le sue insegne, sull'edificio che, oggi, di dimensioni ridotte e completamente ristrutturato, è utilizzato come abitazione da Lorenzo Prato e dalla sua famiglia. Vestigia e ricordi del castello sono rappresentati da alcuni muri perimetrali in pietra dello spessore, alla base, di oltre 150 cm, con ampie e profonde nicchie interne, utilizzate tuttora come armadi. Nelle vicinanze è presente un'antica scalinata in sassi, alla cui base, si intravede ancora la vecchia scritta viaria "Al castello", con sotto la freccia direzionale, di epoca probabilmente più recente».
http://www.comune.sardigliano.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=22196
Marengo (torre degli Stortiglioni, o dei Gamberini, o di Teodolinda)
«Dal parco del Museo della Battaglia è visibile la Torre di Teodolinda la quale, nonostante sia stata snaturata nelle sue forme dalle superfetazioni dei secoli successivi, rappresenta una delle costruzioni più antiche di Alessandria a ricordo delle pertinenze di epoca longobarda che dovevano svilupparsi nella regione della Fraschetta» - «Eretta in epoca medievale dalla famiglia degli Stortiglioni nell'antico insediamento di Marengo, è associata nella tradizione popolare al nome della regina longobarda Teodolinda (per cui è chiamata anche Torre di Teodolinda). Già documentata in un atto del 1107, faceva parte del nucleo fortificato di Rovereto, preesistente alla fondazione di Alessandria. Appartenente ad un complesso di torri di avvistamento costruite nel XII secolo per il controllo della zona, fu una quinta scenica perfetta per la battaglia di Marengo. La costruzione presenta pianta quadrata e cortina muraria in laterizio, coronata superiormente da una fascia dentellata. È visibile dal parco del Museo della Battaglia e, nonostante sia stata snaturata nelle sue forme dalle superfetazioni dei secoli successivi, rappresenta una delle costruzioni più antiche di Alessandria a ricordo delle pertinenze di epoca longobarda che dovevano svilupparsi nella regione della Fraschetta».
http://www.editris2000.it/wp-content/uploads/2014/03/alessandria-sintesi.pdf - http://castelliere.blogspot.it/2017/10/il-castello-di-giovedi-12-ottobre.html
«Posto in una zona teatro per secoli di lotte per il possesso del Monferrato, il Castello di Redabue venne edificato nel XIII secolo. Oggetto di scontri e saccheggi tra le famiglie dei Paleologo e dei Visconti, la storia riporta già nel 1440 una distruzione del castello ad opera di Facino Cane assoldato da Teodoro II di Monferrato, in un momento di declino del potere visconteo. Nuovamente nel ‘600 il Castello di Redabue costituì uno dei punti nevralgici durante ben due guerre di successione del Monferrato provocate dalle ambizioni dei Savoia sul territorio alessandrino. Il Castello più volte perduto e ripreso dagli spagnoli contro i franco savoiardi di Vittorio Amedeo II, subì grossi danneggiamenti fino al ‘700 allorché il Monferrato divenne di casa Savoia. Attualmente al suo interno rimangono, a testimonianza delle sue origini antiche, alcuni archi di tufo alternati a mattoni databili intorno al XIII secolo, le torri merlate ed una torre quadrata scostata dal corpo principale. Dal 1830 il Castello e tutta la tenuta vennero acquistati dalla famiglia Doria Lamba che vi stabilì la sua residenza estiva. ... Completamente restaurato all’inizio dell’800, mantiene tuttavia parti di precedenti edifici, come gli archi in tufo e i mattoni del XII secolo, i piombatoi difensivi sulle facciate, torri cilindriche merlate ed una quadrata».
http://www.redabue.it/la-storia - ...il-castello-ed-i-suoi-spazi
«l centro storico del paese sorge sulla cima di una collina dalla quale si può godere di una splendida vista sulla Valle del Tanaro da una parte e sulla Val Tiglione dall'altra. Il simbolo del paese, che ne rende inconfondibile la fisionomia, è l'antica torre medievale del XIII secolo, dichiarata monumento nazionale, da poco restaurata e tornata all'originale imponenza. Il monumento è alto circa 27 metri e insieme ad alcuni pezzi degli imponenti bastioni che restano, faceva parte di una vasta opera di fortificazione esistente nel tredicesimo secolo (i nomi degli edifici di un tempo sono rimasti nella toponomastica del paese: Castello, Rocca, Spalto e Fontane). A seguito dei restauri interni terminati nel 2013, è stato allestito il museo "La Torre ed il Fiume", un affascinate percorso in verticale che narra la storia della torre di Masio e delle torri del territorio (la costruzione, la vita nella torre, la difesa, l'assedio), costruzioni nate come simbolo del potere dei comuni in epoca medievale e diventate elemento caratterizzante del paesaggio in età moderna. Il percorso museale, infatti prosegue rinnovando il forte legame con il Tanaro, che domina il paesaggio masiese, per terminare con l'uscita sulla cima della torre ed ammirare il fiume e le colline del Monferrato e la pianura alessandrina».
http://www.comune.masio.al.it/comune/turismo.htm
«Le sue origini risalgono all'XI secolo quando Melazzo era feudo imperiale dei Conti d'Acquesana, come ricordano gli stemmi in ferro battuto agli ingressi. Nel 1004 nacque nel Castello il conte Guido, divenuto vescovo di Acqui nel 1034 e dopo la sua morte, avvenuta nel 1070, proclamato santo e protettore della diocesi di Acqui. Costruito per ragioni di difesa e strategia militare, data la sua posizione fondamentale sulla via del mare, il Castello fu molto ambito dalle autorità vescovili, dalla città di Acqui, da Alessandria e dai signori del luogo; a partire dal XIV secolo divenne residenza di nobili signori infeudati dai Marchesi del Monferrato che ne avevano giurisdizione. Al lussuoso Castello è legata la storia e l'avventurosa vita del re Edoardo II Plantageneto, deposto re d'Inghilterra. Qui egli soggiornò per circa tre anni (1330-1333), come ricorda, nella galleria del Castello, una lapide posta dagli Arnaldi nel 1879. La sua importanza strategica ha fatto sì che il Castello venisse riprodotto negli affreschi della galleria delle carte geografiche in Vaticano, volute da papa Gregorio XIII nel 1580. Nel Rinascimento il Castello fu di proprietà dei conti Falletti; fu castellana di Melazzo la poetessa Eleonora della Croce, moglie del conte GiovanGiorgio Falletti, della illustre famiglia dei De La Revoire (al servizio del Duca di Savoia), che ne fece per lunghi anni un importante cenacolo di umanisti. Nei secoli successivi seguì un'alternanza di famiglie nobili locali (Gandolfi, Tarini, Arnaldi, Chiabrera). Il Castello è articolato in un corpo centrale continuo e allungato fino ad attraversare l'intera proprietà in direzione nord-sud e dividerla in due distinti spazi aperti costituenti il parco. Il parco a sud ha origini dall'antica Piazza d'Armi del Castello e termina con il cammino di guardia, protetto dall'originario muro difensivo merlato dotato di aperture e feritoie, tutte strapiombanti sui sottostanti imponenti bastoni in pietra, di circa 20 metri di altezza. Il panorama di cui si gode è straordinario e suggestivo e abbraccia l'intero paese e la sottostante valle dell'Erro. La costruzione si fa risalire al XVI secolo su preesistente impianto medievale di casa fortificata. La torre centrale, coincidente con l'ingresso principale, è caratterizzata da finestre ad arco, da bifore e da un coronamento di archetti sospesi in laterizio e da decorazioni ad arco».
http://www.comune.melazzo.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=17667
Melazzo (Tinazza o castello di Moncrescente)
«Sulla collina prospiciente Melazzo, al di là del torrente Erro, si scorgono isolati i resti del castello di Moncrescente, conosciuto localmente come la “Tinazza” per via della sua forma che ricorda quella di un tino rovesciato. L’edificio principale, databile alla prima metà del XIV secolo, presenta una pianta ottagonale, con quattro torri angolari, secondo una tipologia non consueta nel Monferrato. La fortificazione fu costruita per scopi esclusivamente militari e non abitativi, anche se non è possibile stabilire chi furono i committenti, e conserva alcuni elementi connessi alla difesa tra cui la porta di accesso, che doveva essere dotata di saracinesca e ponte levatoio, oggi scomparsi, e varie feritoie disposte lungo tutto il perimetro che consentivano la difesa per mezzo di armi da tiro (archi e balestre). L'interno era costituito prevalentemente da strutture lignee che non si sono conservate. Una particolarità è rappresentata dall’elevato numero di latrine (se ne contano ben cinque!), piccoli ambienti dotati di un sedile forato che scaricava direttamente all’esterno delle mura. All’interno del recinto principale si individua la base di una torre a pianta quadrata che risale a un’epoca anteriore (XII-XIII secolo), unica testimonianza di un precedente complesso fortificato, che comprendeva strutture in terra e legno, di cui non rimangono tracce visibili. Il castello perse presto le sue funzioni militari risultando già in disuso alla metà del Cinquecento: questa circostanza ha fatto sì che l’edificio non subisse modifiche di rilievo, conservando così le sue caratteristiche originali».
http://www.daltramontoallalba.it/luoghi/moncrescente.htm (a cura di Sara Lasso)
«Il conte Gregorio Scati acquistò il Quartino nel 1684 dai Conti Avellani. La casa venne edificata, nel primo nucleo, negli anni immediatamente successivi all'acquisto. Nel 1883 il conte Vittorio Emanuele Scati di Casaleggio proseguì l'ampliamento della villa sui disegni di Giovanni Ceruti, noto progettista dell'epoca, autore anche del progetto della Bollente e del primo nucleo del Grand Hotel "Nuove Terme". Tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, in pieno periodo Liberty, furono terminati i lavori di ampliamento che consentirono alla villa di assumere le dimensioni e l'aspetto attuale. Gli Scati, unica famiglia nobile di origine acquese presente alla corte dei Savoia, raggiunsero il massimo splendore quando la marchesa Costanza Scati Grimaldi del Poggetto divenne dama di compagnia della regina Maria Adelaide. In tale periodo furono ospiti alla villa innumerevoli personaggi illustri, tra cui Guglielmo Marconi, Silvio Pellico ed esponenti della famiglia Savoia e della nobiltà dell'epoca. Tra i vari esponenti della Casata, è doveroso ricordare Vittorio Emanuele Scati (1844-1904), eminente studioso di storia locale di rinomanza regionale. Fu sindaco del paese, facendo realizzare molte opere pubbliche, la più significativa delle quali è il tronco stradale del Recamo. Si mormora che, nascosti, antichi cunicoli colleghino la Villa al sovrastante Castello di Melazzo (dove dal 1330 al 1333 Enrico II Plantageneto re d'Inghilterra trascorse gli ultimi anni della sua vita). Negli ultimi anni del secolo scorso, la Villa era caduta in uno stato di semiabbandono, da cui è stata fortunatamente tratta in salvo...».
http://www.villascati.it/storia.htm
«La torre è posta sul colle di San Fermo e consente una veduta globale della Valle Bormida di Spigno che fin da età Romana era percorsa dalla via Aemilia-Scauri che collegava Acqui con la costa savonese. È costruita con pietre di Langa disposte in modo irregolare, mentre negli angoli sono stati utilizzati materiali lavorati; la base è quadrata con lati di m. 4,50 e uno spessore di circa cm. 80 per un’altezza di m. 25. La sommità della torre era decorata da due ordini di archetti, a tutto sesto gli inferiori, a sesto acuto i superiori, poggianti su mensoline arrotondate. Con l’intervento di restauro conservativo della torre sono state ricostruite le parti pericolanti, restaurate e ripulite le giunzioni aggredite dalle erbe infestanti con consolidamento ed impermeabilizzazione del solaio, intorno al quale è stata posta una recinzione in ferro anticaduta al posto della muratura ormai irrecuperabile. All’interno è stata costruita, fino alla sommità, una scala con gradini in legno: permette visite in sicurezza e il monitoraggio continuo delle strutture. Alla porta d’ingresso della torre, che si trova in corrispondenza di un presumibile camminamento di ronda, in accordo con la Soprintendenza, si è collocata una scala a chiocciola di metallo. è stata restaurata anche la cisterna a base quadrangolare per la raccolta dell’acqua piovana, coperta da una grande volta a botte in pietra con una piccola apertura dalla quale probabilmente si attingeva l’acqua. Grazie al sistema di convogliamento (ancora efficace) e all’ottima impermeabilizzazione, l’acqua nella cisterna non mancava mai; oggi, grazie all’illuminazione interna, si può osservare la struttura architettonica e con il rubinetto della fontana utilizzarne l’acqua. La muratura ai piedi della torre è stata ripulita, consolidata; con la costruzione del nuovo muro sulla strada d’accesso si è ricavato uno spazio attrezzato con gazebo che consente la sosta in un ambiente ricco di storia e di bellezza ambientale. La torre di Merana, oggi illuminata dai proiettori, è segno di riferimento importante nel paesaggio delle buie notti valbormidesi; con le torri di Roccaverano, Vengore, Denice, Castelletto d’Erro e Terzo svolge ancora la sua funzione di vedetta lungo la Bormida di Spigno».
http://www.comune.merana.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=33624
Mirabello Monferrato (resti del castello)
«Vi è una probabile continuità insediativa tra il nucleo più antico di Mirabello, il "recinto", che sorge su un modesto rilievo al centro di un avvallamento delimitato dai torrenti Garavalde e Campostrina, e il luogo fortificato designato in un diploma imperiale del 1083 come "castellum" di Mirabello. All’interno dello spazio insediativo originario, è ipotizzabile che con il tempo si sia determinata una distinzione tra dimora signorile e un più ampio spazio fortificato destinato a ospitare la popolazione, ossia tra "castrum" e "receptum". Nelle fonti notarili e cronachistiche dei secoli XVI e XVII, l’uso dei termini "receptum" e "recinto" per indicare un nucleo centrale ben individuato del villaggio appare in ogni caso largamente affermato. A differenza delle fonti odierne, le fonti antiche documentano un popolamento articolato in numerosi nuclei insediativi» - «Tracce della sua storia antica si intravedono ancora nella torre sbrecciata su un poggio collinare, nel Castello di Baldesco e nel massiccio torrione rotondo trasformato nell' abside della Chiesa barocca di San Michele che sorge nella grande piazza del paese. L'abitato si è sviluppato intorno alla parrocchiale, mentre le aree nuove sono sorte in zona Madonna -a nord-ovest del centro - e ai bordi della strada statale Alessandria-CasaleVercelli. Il territorio comunale, fra la piana di Casale e le estreme propaggini dei colli monferrini, è attraversato dal canale Lanza, importante via d'acqua per l'agricoltura, e confina per un breve tratto con il torrente Grana. Appartenne nel X secolo ad Aimone III di Vercelli, quindi all'episcopato vercellese (1069) e ai signori di Bassignana. Fu poi uno dei primi possessi dei marchesi del Monferrato ai quali lo donò, nel 1161, Federico I; gli stessi marchesi lo diedero in feudo ai signori del Bosco. Nel 1431 fu messo a sacco dalle milizie milanesi capitanate da Francesco Sforza. Successivamente venne dato in feudo, con titolo marchionale, ai Della Valle di Lu, ai Gambera di Mottagrana e ai Montagni di Trino. Per finire nel XVIII secolo ai Savoia. ... L'antica Torre che sorge alla periferia del paese e il Castello rimaneggiato in località Baldesco sono gli elementi che più testimoniano del passato di Mirabello, mentre visibile è il torrione circolare al centro dell' abitato - caratteristici gli stretti e bassi portici lungo la strada principale - divenuto abside della barocca chiesa di San Michele».
http://www.comune.mirabellomonferrato.al.it/index.php?id_testo=80 - http://www.mepiemont.net/paesi/prov_al/mirab.html
Mirabello Monferrato (torre di Castel Grana)
«Scarsamente documentata risulta la situazione di castel Grana e castel Motta. Nel 1707 furono definiti come «tenimenti separati» e ne fu proposta l’aggregazione a Occimiano. ... La formazione di tali tenimenti separati risale probabilmente alla fine del Medioevo: castel Grana e castel Motta erano stati fatti costruire dai marchesi di Occimiano e restarono ai loro discendenti anche dopo che Occimiano passò ai marchesi di Monferrato. Nel 1351 il marchese di Monferrato Giovanni II Paleologo separò il territorio occimianese da quello del castel Grana e, pochi anni dopo, il feudo di castel Grana fu incamerato dalla camera marchionale – insieme a quello di Occimiano – perché i loro signori si erano alleati ai Visconti contro i Monferrato. I discendenti dei marchesi di Monferrato persero così questo castello, del quale nel 1374 fu investito Percivalle Bobba. Non fu invece spezzato il legame con Occimiano, perché l’anno successivo il nuovo feudatario stipulò con la comunità di Occimiano una convenzione per la costruzione e la gestione di un ponte sul torrente Grana. Nel Seicento il castello risultava diruto. Nel Settecento si registra una nuova attenzione sulla località, che risulta associata a castel Motta. Nel 1707 se ne propose l’aggregazione a Occimiano. Nel 1781 una lite territoriale con Mirabello riguardava beni ritenuti di scarso valore, perché esenti da carichi. Tali beni potrebbero pertanto essere identificati con castel Grana e castel Motta. L’anno successivo castel Grana e castel Motta furono definiti "castelli con territorio esente per i tributi ordinari ed aggregati solamente per le imposizioni straordinarie". Nel 1790 i due castelli risultano ancora tenimenti separati non accorpati alla comunità. Fra il 1791 e il 1793 il contenzioso trova una prima composizione, anche se negli anni della Perequazione generale del Piemonte risultano terre separate sia castel Grana, di cui si chiese l’aggregazione a Mirabello, sia castel Motta aggregabile invece a Occimiano. La proposta fu probabilmente accolta, perché attualmente l’area di castel Grana appartiene al comune di Mirabello e castel Motta a quello di Occimiano».
http://www.centrocasalis.it/scheda/occimiano
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