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MONETA, insediamento
a cura di Renato Vita
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I resti del castello di Moneta.
Epoca: il sito di Moneta, già incastellato dai Liguri Apuani di cui rimane il contiguo toponimo di castellaro, era censito come villa rustica in epoca romana, il «fundum Monetii vel Munatii nelle Tabulae Velleiatae». La prima citazione (contestata) del castrum Monetae è del secolo XI (rogito notarile del 9 giugno 1035, nel Codex Pelavicinus dei vescovi di Luni). Il primitivo castrum viene ampliato e modificato nel 1322 da Pisa (da quel momento i castellani sono la famiglia Pisani e le truppe di guarnigione, poi rimaste come abitanti del borgo murato sono mercenari Corsi) e nel 1329 da Spinetta Malaspina il Grande. Completa riedificazione ed ampliamento della rocca e del borgo murato di Moneta ad opera del nuovo signore di Carrara, Spinetta di Campo Fregoso, nel 1455. Ultimi interventi nei secoli XVI e XVII ad opera dei Malaspina e dei Cybo - Malaspina di Massa e Carrara, che rimarcano gli antichi diritti di forte autonomia della «Villa antiqua et nobile de Moneta».
Conservazione: fortemente degradata ed in alcuni punti a rudere la rocca (finalmente di proprietà del Comune di Carrara, che ha in progetto grandi restauri); fortemente degradato, in certi punti a rudere e in altri sottoposto ad interventi e modifiche snaturanti il borgo murato, ancora tutto privato.
Come arrivarci: dall'uscita di Carrara dell'A 15 Ge-Li, risalire il viale XX settembre fino alla frazione di Fossola, dove, dietro pregevole Parrocchiale dell'Arcipretura di San Giovanni Battista, edificata nel XVIII secolo con tutti gli arredi e i marmi della vecchia chiesa castrense. Qui si imbocca via Moneta, già mulattiera acciottolata, e oltrepassato "Il Ciocco", il primo quartiere fortificato d'epoca medievale esterno alle fortificazioni, dopo circa 1 km. di ripidi tornanti tra uliveti e vigneti dell'ottimo "vino di Moneta" si arriva direttamente al Castello.
Cenni
storici.
Cenni storici: mancano indagini archeologiche sul contiguo
"castellaro" dei Liguri Apuani. Prime notizie documentarie, senza scavo archeologico, nel periodo romano, Moneta è un "fundum" con
"villa rustica" della gens romana dei Monetii o
Munatii della colonia romana di Luni, ancora registrato nel secolo II d.C. nelle "Tabulae de Veleia".
Mancano riscontri specifici del primo di Moneta, parte del più interno limes difensivo di Luni, come la vicina Mikauria ora Nicola di Ortonovo, ad opera dei Bizantini nel VI secolo, del successivo castellum dei Longobardi di Rotari dal 643, poi nel IX secolo conquistato dai Franchi di Carlo Magno e rifortificato, a protezione della vallata di Carrara dalle devastanti scorrerie di Vichinghi e Saraceni, incerti sono anche riscontri documentari diretti nei sopravvissuti diplomi imperiali di Ottone I che nel 945 nomina conte di Luni Oberto I, con dominio anche su Carrara e tutti i suoi castelli, e nel 963 concede invece tutta la "Curtis de Cararia" a Gotifredo I vescovo di Luni.
Ad oggi il primo documento ufficiale rimasto sul "Castrum de Moneta" (ancorché contestato) è un rogito notarile del vescovo di Luni, allora signore del castello, controfirmato dal suo gastaldo, del 9 giugno 1035, nel "Codex Pelavicinus".
Il
29 luglio 1185, temporaneamente in lotta con i marchesi Malaspina, la
feudalità laica locale erede degli Obertenghi, Federico I
Barbarossa, con diploma imperiale, conferma tutti gli antichi diritti
sulla "Curtis de Cararia... et villis et castellis…" al primo vescovo-conte di Luni, Pietro,
già in forte contrasto con i "Consules, milites et homines Comunitatis Carariae et Consules Villarum" (tra le
Ville o Vicinanze c'è Moneta).
Dopo le aspre contese dei secoli X-XII tra gli Obertenghi e i vescovi di Luni, poi tra i
marchesi Malaspina e i vescovi-conti di Luni, la signoria sul "Castrum Monetae", come di tutta la "Curtis de Carariae", passa ai
marchesi di Massa-Corsica-Cagliari, poi al loro cognato re Enzo di Sardegna, figlio di Federico II, di nuovo ai
vescovi -conti di Luni, poi al re Manfredi di Sicilia, e agli inizi del XIV
secolo ancora ad Enrico da Fucecchio, l'ultimo grande vescovo-conte di Luni.
I pochi documenti rimasti, nel "Codex Pelavicinus" ci offrono un atto notarile importante, del 30 luglio 1252, rogato "…in loco Sct.i Isidori Agricolae sacrarii in Castro Moneta…".
Compreso, nel 1313, nell'elenco dell'imperatore Arrigo VII: "Rochae quae sunt Romani Imperii... Castrum Monetae…", e giuridicamente sottoposta al nuovo vicario imperiale di Lunigiana e Garfagnana, marchese Oberto Pelavicino, dal 1301 al 1322, il Castello di Moneta appartiene alla Repubblica di Pisa e vive il suo primo periodo di massimo splendore.
Nella sua ultima fase espansiva, la ghibellina Repubblica di Pisa, con il favore imperiale, occupa tutta la zona di Carrara-Sarzana-Lerici, in funzione antigenovese, e la vecchia area fortificata di Moneta diviene uno dei principali caposaldi ghibellino-imperiali verso la Liguria e la Lunigiana, (sono ancora leggibili tracce delle nuove fortificazioni pisane trecentesche nel vecchio castrum vescovile, poi inglobate nel successivo borgo murato del XV secolo).
I
castellani sono importanti cavalieri di Pisa, mentre la forte
guarnigione è assoldata nell'allora dominio pisano della
Corsica: da qui i cognomi locali ancora esistenti di Pisani (per secoli la famiglia più importante della zona, prima come conti
Pisani, e poi, unica tra la nobiltà di Carrara, divenuti i marchesi Pisani di
Moneta) e quelli di Del Pisano, Soldati, Del Soldato,
Corsi, Corsini, del Corso, e i toponimi locali "Corsesca" e
"ai Corsi".
Gli anni di fulgore pisano per il "Castrum Monetae" terminano definitivamente con
l'imperatore Ludovico il Bavaro che dal 1322 al 1328 concede a Castruccio Castracani, già
visconte di Luni e ora nuovo vicario imperiale di Lunigiana e Garfagnana, anche la "Curtis de Cararia": il
castrum
di Moneta ha ora solo funzione difensiva della valle sottostante
(mentre si sviluppa molto il borgo), non è più munito
caposaldo di frontiera, ma è inserita in un più vasto
dominio territoriale che ha diverse esigenze difensive (es. nella zona
limitrofa, Castruccio preferisce rifortificare il vecchio borgo murato
di Ortonovo, sulle prime colline liguri, e l'antica Rocca di Avenza,
sulla costa).
Nel 1329 inizia una nuova fase importante per la declassata "Rocha de Moneta":
con l'appoggio di Can Grande della Scala di Verona, il ghibellino
marchese Spinetta il Grande Malaspina dello Spino Fiorito dal suo
Castello della Verrucola Bosi di Fivizzano, riaffermando gli antichi
diritti familiari, crea un dominio personale, purtroppo di breve
durata, in Lunigiana, Garfagnana, Apuania e zone limitrofe,
conquistando un'area che va da Castiglione di Garfagnana a Massa, da
Fivizzano a Sarzana. Tra i suoi possedimenti è importante la "Curtis de Cararia" dove il
marchese Malaspina s'impegna in massicce opere di fortificazione ("…forte ho munito la Terra de Casepozi et la Rocha de Moneta…", dal testamento di Spinetta il Grande Malaspina, 1329).
Dopo altri decenni di feroci contese tra diversi dominatori, il 7
giugno 1385, Gian Galeazzo Visconti riceve, nel suo stupendo Castello
di Pavia, la spontanea dedizione del "Commune de Cararia" e si impegna anche a rifortificare completamente a sue spese il "Vicariatus Carariae" e a nominare solo castellani ghibellini per le potenziate "Rochae de Cararia et Laventia et Moneta", tornate ad essere importanti caposaldi di confine.
Il dominio dei Visconti sul Vicariato di Carrara è però
fortemente conteso per altri decenni da Paolo Guinigi, signore di
Lucca, dai Campo Fregoso, signori di Sarzana, e "longa manus"
di Genova e dai marchesi Malaspina di Fosdinovo, finché,
anticipando le mosse dei Malaspina, nel 1437, i Campo Fregoso
conquistano di sorpresa le rocche di Avenza, Castelpoggio e Moneta, che
diviene la loro piazzaforte contro le residue truppe dei Visconti,
asserragliati nel castello di Carrara.
Nel 1447, infine, ritiratisi i Visconti, la feroce lotta per il
possesso delle terre di Carrara tra i signori di Sarzana e i marchesi
di Fosdinovo è risolta da un arbitrato del doge di Genova, Giano
di Campo Fregoso, in favore del nipote Spinetta di Campo Fregoso, che
tenendo corte nel castello di Carrara, diviene "Dominus Terrae Carrariae, Terrae Laventiae et Castri
Monetae…". Spinetta
inizia un massiccio potenziamento militare del suo piccolo Stato, in
particolare viene completamente rinnovato l'assetto del Castello di
Moneta che, nuova poderosa fortificazione, vive in quegli anni il suo
massimo e ultimo splendore.
Il vecchissimo borgo fortificato col suo castrum è in pochi anni sostituito da un rinnovato borgo murato ellittico, difeso da più cinte murarie con robuste torri rotonde, mentre l'antica torre quadrata al centro diviene campanile della nuova cappella castrense. Questo borgo murato, che copre ormai metà della sommità del colle verso la valle di Carrara, è dominato sul lato ovest dalla nuova Rocca, una possente struttura con massicce cortine murarie e uno svettante mastio, a strapiombo su tre lati, con caditoi, bertesche, e un proprio fossato con ponte levatoio, in una poderosa torre, sull'unico lato pianeggiante contiguo al borgo. Si cerca anche di far fronte al problema dell'approvvigionamento idrico di questa zona fortificata così potenziata, ristrutturando le antiche, enormi cisterne sotterranee, alimentate da alcune piccole sorgive locali di acqua potabile e integrate, nei periodi di magra, con trasporti d'acqua a dorso di mulo dai torrenti vicini. (Fino a pochi decenni orsono restava ancora il documento marmoreo di questi imponenti lavori: sulla quarta e più interna porta del mastio svettava la lapide commemorativa del 1455 "MCCCCXXXXXV Questa fortezza fece fare il Magnifico Signor Marchese di Campo Fregoso", ora purtroppo di quella grande iscrizione s'è persa ogni traccia!).
Anche Moneta viene coinvolta nei problemi di eredità alla morte di Spinetta di Campo Fregoso, finché il suo giovane figlio Antonietto, nel 1473, con una permuta di beni cede il Vicariato di Carrara a Jacopo Malaspina dello Spino Fiorito di Fosdinovo, marchese di Massa. Così i Malaspina dopo tre secoli tornano in possesso di parte dei possedimenti aviti e creano un loro piccolo Sstato indipendente, il vecchio sogno degli antenati Obizzone I e Spinetta il Grande dal XII al XIV secolo.
©2003 Renato Vita. Il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.