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PRATO, LE IMPERCETTIBILI TORRI

a cura di Fernando Giaffreda

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pag. 1 - pag. 2    cenni storici


© Antonio Caputo

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Localizzazione  Prato nel Medioevo
 

Foto 1 - Prima torre di via Pugliesi riadattata a una civile abitazione di quattro piani.  Foto 2 - Seconda torre di via Pugliesi in angolo a via dell’Accademia. L’edificio è semiabbandonato  Foto 3 - L’elegante torre posta all’angolo di via Pugliesi con via Cairoli. La copertura del tetto rinascimentale fa risaltare di più le otto finestre senza infissi.  Foto 4 - La seconda torre di via Pugliesi vista da sud.  Foto 5 - Torre in mattoni posta in via Settesoldi. Attualmente abitata, forma e dimensioni delle finestre ricalcano l’esigenze del proprietario.

 

Foto 6 - Torre abitata di Porta Gualdimare, contrassegnata con n. 9 nel disegno principale.  Foto 7 - Il portone a sesto acuto della Torre di Porta Gualdimare. Una lapide segnala la presenza della porta originaria. Qualche anno fa al pianterreno si trovava un artigiano che riparava biciclette. Adesso vi è ubicato un lussuoso negozio di abbigliamento.  Foto 8 - Particolare della Torre di Porta Gualdimare. Nella lastra si legge: "PORTA GUALDIMARE - soppressa l’anno 1330 circa". Il ciondolante cavo elettrico è autentico  Foto 9 - Lato ovest della torre posta all’angolo di via dell’Aiale con via Pellegrino. Un’altra torre successiva in mattoni l’affianca sul lato nord.  Foto 10 - La torre di via Pellegrino. Da notare la forma e le dimensioni della monofora, il cui modello è ripreso dalla monofora posta all’ingresso del Castello dell’Imperatore.


Cenni storici. 

Secondo l’attendibile ricostruzione del disegno su riprodotto, le 26 torri di Prato sono tutte a pianta quadrata. Questa loro caratteristica edilizia è definita e descritta in maniera alquanto analitica e appropriata nel Glossario ragionato delle opere di fortificazione curato da Ester Lorusso e presente in questo sito, al quale il lettore è rimandato espressamente per la comprensione della loro odierna impercettibilità.

Non tutte le torri sono individuabili attualmente. Ormai sono inglobate negli edifici cittadini, in una continuità delle pareti e degli agglomerati che le rende quasi invisibili. L’occhio attento però le può facilmente individuare, specie se il naso è rivolto al cielo. Le immagini qui raccolte ne hanno scovate poco meno della metà.

Sono alte mediamente 25 metri, edificate fra il IX e l’XI secolo dalla gens longobarda con blocchi parallelepipedi di pietra chiara estratta dal Bisenzio, il fiume che lambisce la città al lato nordest della sua terza fortificazione muraria esagonale, l’unica ancor oggi visibile benché in gran parte sepolta da costruzioni successive, in molti casi fastidiose.

Le torri di Prato sono tutte comprese esclusivamente il quel perimetro della seconda cerchia duecentesca a forma di P che non esiste più, tranne due segmenti nascosti (cfr. foto 17, 18, 19 e 20) che il disegno e le immagini ripropongono distintamente. Si tratta di vere e proprie case-forti edificate in un periodo ben definito nella storia della città, per scopi precisi, quando cioè alle famiglie gentilizie pratesi più affermate e solide s’impose il bisogno non tanto di assicurarsi una difesa protetta dalle scorribande esterne, le quali erano già relativamente scongiurate dalla presenza, fra il IX e l’XI secolo appunto, delle seconde mura fortificate, quanto di distinguersi e rendersi autonome, nel ceto sociale cittadino, dalle classi inferiori, le quali occupavano spazi e ambienti meno appropriati e più malsani.

È noto che il pianoterra della torre era utilizzato come cisterna d’acqua, mentre i piani superiori, ricavati con traversi e strutture in legno, erano di solito riservati all’abitazione del nucleo familiare, con le camere agli ultimi piani. Questa organizzazione dello spazio permetteva condizioni igieniche migliori ai residenti: le fogne all’aperto, gli acquitrini e i cattivi odori del quartiere restavano un po’ più lontani e bassi, come gli eventuali malintenzionati della comune.

A partire dal 1237, il Viceré imperiale di Firenze, Enzio, figlio di Federico II, iniziò l’edificazione del Castello di Prato, la cui presenza e costruzione significò la sottomissione della città alla sovranità imperiale dell’Hohenstaufen. Le caratteristiche urbane di Prato e quelle architettoniche delle torri ne risentirono, tanto che al posto delle tradizionali feritoie furono sistemate monofore identiche, nella forma e nel fregio, a quelle del Castello (cfr. foto 22).

Prima della trasformazione urbana subita con l’edificazione del castello e della terza cerchia di mura, il borgo di Prato aveva un aspetto molto simile a quello di San Gimignano, con torri quadrate sul modello comune alle città dell’Italia centro-settentrionale (Firenze, Pisa, San Gimignano, Bologna, Ferrara).

Nel corso dei secoli l’intenso sviluppo della produzione della lana rigenerata, prima a livello artigianale, poi manifatturiero e infine industriale, ha trainato un forte inurbamento della città, tale da seppellire e nascondere fra gli edifici successivi le sue torri medievali. Si tratta di un fenomeno storico per così dire “naturale” per una città come questa, devoluta fin dall’inizio più al mito della produttività e del mercantilismo forsennati che al mantenimento della memoria storica e del mito delle origini.

Forse è fuori luogo recriminare più di tanto sulla perdita della percettibilità visiva di queste magnifiche costruzioni pratesi, pena il passatismo medievale, ma l’apposizione di un cartello che segnali storia e caratteristiche di ciascuna torre, come del resto si fa comunemente con chiese e monumenti della più piccola città della provincia europea, servirebbe almeno ai ricordare ai pratesi e ai forestieri in visita di essere nati tutti nel Medioevo.

   

©2003 Fernando Giaffreda

  


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