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PRATO, LE IMPERCETTIBILI TORRI
a cura di Fernando Giaffreda
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pag. 1 - pag. 2 cenni storici
© Antonio Caputo
Secondo
l’attendibile ricostruzione del disegno su
riprodotto, le 26 torri di Prato
sono tutte a pianta quadrata. Questa loro caratteristica edilizia è definita
e descritta in maniera alquanto analitica e appropriata nel Glossario
ragionato delle opere di fortificazione curato da Ester
Lorusso e presente in questo sito, al quale il lettore è rimandato
espressamente per la comprensione della loro odierna impercettibilità.
Non
tutte le torri sono individuabili attualmente. Ormai sono inglobate negli
edifici cittadini, in una continuità delle pareti e degli agglomerati che le
rende quasi invisibili. L’occhio attento però le può facilmente
individuare, specie se il naso è rivolto al cielo. Le immagini qui raccolte
ne hanno scovate poco meno della metà.
Sono
alte mediamente 25 metri, edificate fra il IX e l’XI secolo dalla gens
longobarda con blocchi parallelepipedi di pietra chiara estratta dal Bisenzio,
il fiume che lambisce la città al lato nordest della sua terza fortificazione
muraria esagonale, l’unica ancor oggi visibile benché in gran parte sepolta
da costruzioni successive, in molti casi fastidiose.
Le
torri di Prato sono tutte comprese esclusivamente il quel perimetro della
seconda cerchia duecentesca a forma di P che non esiste più, tranne due segmenti
nascosti (cfr. foto 17,
18,
19
e 20)
che il disegno e le
immagini ripropongono distintamente. Si tratta di vere e proprie case-forti edificate in un periodo ben definito nella storia della
città, per scopi precisi, quando cioè alle famiglie gentilizie pratesi più
affermate e solide s’impose il bisogno non tanto di assicurarsi una difesa
protetta dalle scorribande esterne, le quali erano già relativamente
scongiurate dalla presenza, fra il IX e l’XI secolo appunto, delle seconde
mura fortificate, quanto di distinguersi e rendersi autonome, nel ceto sociale
cittadino, dalle classi inferiori, le quali occupavano spazi e ambienti
meno appropriati e più malsani.
È
noto che il pianoterra della torre era utilizzato come cisterna d’acqua,
mentre i piani superiori, ricavati con traversi e strutture in legno, erano di
solito riservati all’abitazione del nucleo familiare, con le camere agli
ultimi piani. Questa organizzazione dello spazio permetteva condizioni
igieniche migliori ai residenti: le fogne all’aperto, gli acquitrini e i
cattivi odori del quartiere restavano un po’ più lontani e bassi, come gli
eventuali malintenzionati della comune.
A
partire dal 1237, il Viceré imperiale di Firenze, Enzio, figlio di Federico
II,
iniziò l’edificazione del Castello
di Prato, la cui presenza e costruzione significò la
sottomissione della città alla sovranità imperiale dell’Hohenstaufen. Le
caratteristiche urbane di Prato e quelle architettoniche delle torri ne
risentirono, tanto che al posto delle tradizionali feritoie furono sistemate monofore
identiche, nella forma e nel fregio, a quelle del Castello (cfr. foto
22).
Prima
della trasformazione urbana subita con l’edificazione del castello e della
terza cerchia di mura, il borgo di Prato aveva un aspetto molto simile a
quello di San Gimignano, con torri quadrate sul modello comune alle città
dell’Italia centro-settentrionale (Firenze, Pisa, San Gimignano, Bologna,
Ferrara).
Nel
corso dei secoli l’intenso sviluppo della produzione della lana rigenerata,
prima a livello artigianale, poi manifatturiero e infine industriale, ha
trainato un forte inurbamento della città, tale da seppellire e nascondere
fra gli edifici successivi le sue torri medievali. Si tratta di un fenomeno
storico per così dire “naturale” per una città come questa, devoluta fin
dall’inizio più al mito della produttività e del mercantilismo forsennati
che al mantenimento della memoria storica e del mito delle origini.
Forse è fuori luogo recriminare più di tanto sulla perdita della percettibilità visiva di queste magnifiche costruzioni pratesi, pena il passatismo medievale, ma l’apposizione di un cartello che segnali storia e caratteristiche di ciascuna torre, come del resto si fa comunemente con chiese e monumenti della più piccola città della provincia europea, servirebbe almeno ai ricordare ai pratesi e ai forestieri in visita di essere nati tutti nel Medioevo.
©2003 Fernando Giaffreda