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             MEDIOEVO RUSSO

a cura di Aldo C. Marturano, pag. 17/2


 

      

  

La vittoria tuttavia era parziale perché il nemico non era stato annientato del tutto e sicuramente stava già facendo dei piani di rivincita nel suo Quartier Generale di Marienburg. Malgrado ciò, la vittoria richiedeva un festeggiamento, oltre che l’ispezione delle spoglie che giacevano sul campo, del numero dei nemici uccisi, dei prigionieri e dei propri morti, la celebrazione di una messa solenne e i funerali di tutti i caduti.

E infatti tutto questo si fece nei tre giorni in cui Polacchi, Lituani, Russi ed alleati rimasero a Tanneberg per riposare.

Risultò dunque che lì sul campo giacevano centinaia di morti da parte dei Teutonici con le armi ancora addosso e gli stendardi colorati insozzati di sangue e di fango.

Questi ultimi furono messi insieme, lavati e ben allineati davanti al re per il calcolo degli uomini che avevano partecipato allo scontro e per il trionfo delle armate.

Il giorno dopo furono radunate decine di migliaia di prigionieri e fu fatto il loro censimento. Fu annotato nome, luogo di origine e residenza e poi furono rilasciati, sull’avviso che sarebbero stati richiamati.

Il re comandò inoltre che i corpi del Gran Maestro e degli altri notabili, propri e dei Cavalieri, venissero ripuliti e rivestiti per la cerimonia funebre, mentre un carro con i cadaveri dei notabili teutonici fu immediatamente allestito ed inviato a Marienburg.

Fu dato ordine a chi se la sentiva di andare a caccia nei boschi per preparare un gran banchetto, anche se il re stette attento acché non ci fossero inutili ubriacature  e si dice che tutte le botti di vino catturate ai Teutonici furono spaccate una per una e il vino versato nei campi.

Si fece l’ispezione dei carriaggi catturati o abbandonati dal nemico in fuga e si notò la cosa strana che i Teutonici avevano con sé un numero di carri carichi di ferri per prigionieri, dalle manette per i polsi agli anelli per le caviglie forse preparati per gli eventuali “saraceni” (così erano chiamati dall’Ordine i Lituani pagani) catturati! C’era anche un bel carico di torce di sebo perché evidentemente si pensava di continuare l’inseguimento dei vinti nella notte e tantissime frecce che fecero comodo ai Polacchi. La foga nei Polacchi e negli altri era tale e tanta di metter le mani su quel bottino che si dice che ci volle solo un quarto d’ora a svuotare tutti i carri lasciati dai Cavalieri!

Tutti ottennero le loro porzioni del bottino, con il consenso del re…

Dopo la messa, le celebrazioni funebri e un conferimento speciale per un eroe importante, un certo russo Janko Suscik di Galic’, il banchetto ebbe luogo.

Vi partecipavano naturalmente il re e suo cugino Vytautas, Zyndram e gli altri generali e marescialli e due Cavalieri polacchi “traditori” che avevano optato per la collaborazione coll’Ordine: Corrado di Olesnica e Casimiro di Stettino.

 A parte ciò Vytautas si sentì in dovere di giustiziare sul posto alcuni dei prigionieri più importanti ed anzi durante un giudizio il Baglivo della Sambia e un amico del Gran Maestro per il loro fare arrogante, ma soprattutto per aver offeso Vytautas chiamandolo “figlio di puttana”, furono trascinati in un campo di grano e fu loro tagliata la testa senza pietà.

Rimaneva comunque l’incognita: Jogaila avrebbe continuato per Marienburg, come era stato deciso, oppure abbagliato dalla vittoria si sarebbe fermato a consolidare la posizione polacca nel territorio occupato?

Il re infatti non sembrava aver fretta e pensò che sarebbe stato meglio che l’armata si riposasse e riprendesse fiato.

Lungo la strada intanto la fama della vittoria polacca aveva raggiunto villaggi e castelli e, non appena la marcia fu ripresa, tutti aprirono le porte ai Polacchi e ai Lituani arrendendosi senza colpo ferire. Addirittura Jogaila indugiò lusingato dalle accoglienze con feste e musica fattegli dei cittadini di Danzica…

Attenzione però! La gente non vide il re e Vytautas come i liberatori da una signoria malvagia e crudele, ma solo come degli occupanti vincitori ai quali è inutile opporre resistenza, perché, giunta notizia di come il contingente tataro si comportava quando veniva contrastato, tutti avevano paura di fare una brutta fine!

Jogaila intanto distribuiva incarichi e prebende ai suoi notabili sul territorio occupato come se questo fosse già parte della Polonia!

A Marienburg intanto il Capitolo non si poteva neppur riunire, visto che 200 Cavalieri erano caduti a Tannenberg e mancava il numero legale, ma nessuno dei presenti pensava che tutto era perduto. Si provvide infatti a chiamare da Schwez il komtur Enrico di Plauen che si diresse verso Marienburg a spron battuto. Si ascoltarono i diversi rapporti sull’accaduto dai pochissimi scampati per decidere meglio sulle misure da prendere per il prossimo futuro, visto che si era saputo che il re e Vytautas continuavano ad avvicinarsi.

Lungo la strada verso Marienburg Enrico di Plauen si premurò di raccogliere ancora forze, come gli uomini di suo cugino, i 400 marinai di Danzica così chiamati, ed altri ancora… perché Marienburg, simbolo dell’Ordine Teutonico, poteva capitolare!

Si manda poi a chiamare a raccolta anche le forze dei Cavalieri Livonici, ma il Maestro Provinciale Corrado di Vietinghof fa sapere dell’accordo fatto con Vytautas e dei tre mesi di preavviso…

Intanto il re proseguiva la sua lenta marcia trionfale e intorno al 25 luglio arrivò in vista del fiume Nogat.

Il giorno prima era stato raggiunto da una richiesta di tregua da parte di Enrico di Plauen ed ora che era davanti al castello Jogaila era pronto a discuterne, come aveva promesso.

Dov’era la città? Dov’erano le navi dei Cavalieri? Il fiume era placido e deserto…

Se dalla riva si vedeva l’enorme castello, più desolata era invece la vista della cittadina annessa, ora fumante e distrutta.

Infatti Enrico di Plauen aveva dato ordine di dare fuoco alla città e lasciare solo i resti delle mura in piedi, poiché i cittadini si sarebbero concentrati all’interno delle mura del castello dove c’era abbondanza di derrate per tutti e così avrebbero contribuito al successo della resistenza.

Accampatisi sulla riva sinistra, Jogaila e Vytautas cominciarono dunque l’assedio.

Per ben 57 giorni l’assedio fu mantenuto prima di riconoscere che era ormai un completo fallimento.

Marienburg infatti non fu né presa e neanche scalfita dall’intenso bombardamento dei Polacchi con le armi da fuoco del tempo, durato molti giorni prima di accorgersi che non avevano la gittata necessaria.

Lo strano di tutto questo è l’ingenuità di Jogaila che permise per tutta la durata dell’assedio che i Cavalieri continuassero ad avere libere comunicazioni con chi volessero, dentro e fuori della Prussia. Permise che questi facessero propaganda contro i Polacchi e i Lituani ed anzi si racconta di un episodio in cui fu lasciato passare un prete con un’enorme somma addosso che Enrico di Plauen gli aveva affidato per ingaggiare mercenari e senza che nessuno dei Polacchi si accorgesse del denaro che il prete aveva con sé!

Alla fine di agosto, alla scadenza dei tre mesi della tregua dei Livoni coi Lituani, un contingente di 500 uomini sbarcò a Königsberg proveniente da Riga…

Vytautas però mai fidandosi degli accordi allo stesso tempo aveva stretto un patto di difesa con Novgorod e Pskov ed aveva rinnovato la tregua coi Livoni, sebbene ormai il contingente di questi fosse già partito per la Prussia!

Durante tutto questo tempo naturalmente la notizia di Tanneberg, dovutamente minimizzata dai messi teutonici, aveva fatto il giro delle corti europee interessate e specialmente Sigismondo ne fu colpito tanto che rifiutò di ammettere che l’Ordine era stato vinto, anzi! Benché non intervenisse contro la Polonia a causa delle beghe che c’erano in quel momento con suo fratello Venceslao, mandò in giro con copia all’Ordine una lettera in cui si esortavano tutti i Cavalieri d’Europa (specialmente di Germania, Inghilterra e Francia) a dar man forte all’Ordine difensore della Cristianità. Addirittura ventilò di intervenire personalmente con proprie truppe alla fine di settembre dopo aver raccolto le forze necessarie nelle sue terre slave di Boemia e Moravia.

Quando le notizie sulle dichiarazioni di Sigismondo giunsero alle orecchie di Jogaila, tutto il suo stato maggiore chiese di concludere l’assedio sia positivamente sia negativamente, prima che un’invasione di truppe  dal sud scompigliasse qualsiasi altro piano.

D’altra parte le difficoltà cominciavano a venir fuori per il fatto di dover mantenere tanta gente per tutto quel tempo senza far nulla, per il fatto che i notabili avevano fretta di tornare ai campi per il raccolto e per la semina invernale e per il fatto che i mercenari cominciavano a costare troppo e non si poteva accontentarli con un saccheggio delle città conquistate che non avvenne mai.

Sembra inoltre che fra i Lituani fosse scoppiata una morìa di dissenteria…

Insomma il 18 settembre fu decisa la ritirata.

Per primi andarono via i Lituani (coi famigerati Tatari) e alla fine seguì Jogaila il 19. Furono lasciate delle guarnigioni polacche qua e là nei territori occupati e fu occupato il Castello di Reden (Radzyn Chelminski) sulla via del ritorno, ma fu poca cosa, anche se è da notare che Jan Žižka fu posto qui coi suoi uomini a guarnirlo.

L’avventura a Marienburg era così finita…

Ci interessa ora vedere che cosa accadde in Lituania con la vittoria di Tanneberg e dopo l’abbandono di Marienburg.

Per Vytautas si trattava di ritornare in patria con un salasso di morti, ma senza un vero e vantaggioso risultato.

E’ vero! Si era in un certo qual modo arrestata l’espansione dei Cavalieri Teutonici e Livonici, ma non le loro aggressioni che continuarono ancora per molti anni, sicuramente con foga minore e quindi lasciando un certo periodo di tranquillità per le Terre Russe.

Era quindi da prevedersi altri anni di incertezze e inquietudini…

E così è. Il 9 novembre Enrico di Plauen viene eletto Gran Maestro e rilancia in tutta Europa la crociata contro i pagani Lituani chiamandoli ”pagani e figli di Satana”!

L’Europa in quegli anni però era occupata in tutt’altre faccende e nessuno accolse la richiesta d’aiuto del Gran Maestro per cui l’Ordine fu costretto a fissare una tregua con Polonia e Lituania, almeno per quell’inverno.

A Raciaz s’incontrarono le rispettive delegazioni, presenti Jogaila e Plauen, e dopo tre giorni di discorsi e di proclami la tregua si firmò per un mese, ma in un’atmosfera di scarsissima credibilità.

Infatti appena essa venne a scadenza, Plauen attraversò la Drewenz e si riprese Dobrzyn. Ci furono ancora incontri per far la pace e su un isola della Vistola vicino a Torun si giunse finalmente al Trattato.

Il Trattato di Torun provò ancora una volta che l’Ordine era potente e che aveva moltissimo consenso in Europa, specialmente presso le grandi corti d’Inghilterra e dell’Imperatore del Sacro Romano Impero. Tutto fu rivisto (e restituito) in questo Trattato sulle terre occupate dai Polacchi, salvo per lo status della Samogizia che fu riconosciuta terra lituana, almeno finché vivevano Vytautas e Jogaila.

Il lato negativo del Trattato per l’Ordine fu però l’indennizzo che Jogaila riuscì ad ottenere per danni di guerra che praticamente portò le casse dell’Ordine a svuotarsi quasi completamente.

Per raccogliere tutto questo denaro l’Ordine fu costretto ad istituire una tassa aggiuntiva sulle città anseatiche dell’Ordine, ma Danzica e Torun fra le altre si rifiutarono di pagarla e quando seppero che Plauen si preparava ad obbligarle con la forza, Torun si svuotò dei magnati che fuggirono in Polonia mentre Danzica resistette stoicamente persino al blocco del porto, benché poi capitolasse e fosse posta sotto lo stretto controllo del fratello minore di Enrico di Plauen (casualmente costui si chiamava pure Enrico, come il Gran Maestro).

Erano però dei segni chiari dell’indebolimento dell’autorità dell’Ordine in casa propria che ora subiva persino rivolte al suo interno!

A proposito di queste rivolte è curioso riportare quanto accadde con un certo Nicola di Renys che fu accusato di aver cospirato contro Enrico di Plauen insieme al Cavaliere Giorgio di Wisberg e decapitato senza giudizio.

Quest’ultimo era accusato di aver abbassato il gonfalone a Tannenberg senza averne ricevuto l’ordine e quindi di aver concorso alla disfatta del 1410 perché quell’atto proditorio aveva provocato la ritirata dei Cavalieri della Komturei di Kulm! Proprio per questo Ulrico di Jüngingen era poi stato travolto e ucciso.

Tuttavia per quanto riguarda Nicola di Renys, la faccenda non era del tutto chiara.

Costui non era un Cavaliere, ma era di discendenza polacca e fondatore di una società segreta chiamata la Lega della Lucertola che, si diceva, tramasse disegni misteriosi e diabolici. Essa perseguiva, a parte quanto dichiarava apertamente, la ribellione contro le costrizioni governative dell’Ordine e la secessione della Terra di Kulm dallo Stato dei Cavalieri per “ritornare sotto sovranità polacca”. Tutte queste manovre spiegavano, secondo Plauen, che la disfatta di Tannenberg non era avvenuta tutta per merito dei Polacchi, ma per il tradimento e le azioni segrete di questa Lega della Lucertola! Sia come sia, dopo la decapitazione di Nicola di Renys, gli altri membri di questa società segreta fuggirono in Polonia, temendo per la loro vita, mentre la scoperta che ci fossero queste trame segrete dette la giustificazione ad Enrico di Plauen di ricominciare le invasioni e le razzie in terra polacca.

Se tutto ciò avveniva, diciamo, all’interno dell’Ordine, Jogaila e Vytautas intanto si affrettarono a firmare accordi di pace con i Tatari di Crimea e con quelli di Sarai, di accordarsi con Basilio di Mosca. Sul confine di Brest, sul fiume Bug a Gorodel, si incontrarono anche due delegazioni polacca e lituano-russa per risolvere la questione dell’unione dei due stati, problema posto di nuovo sul tavolo da Vytautas.

Già nel 1398 c’era stato una clausola nel trattato di pace con l’Ordine in cui veniva riconosciuta la completa indipendenza del Granducato di Lituania dal Regno di Polonia  in tutte le forme e Vytautas aveva contato su questo argomento per realizzare già da allora il suo sogno di diventare signore unico di tutte le Terre Russe col titolo di re.

Che male c’era? Aveva tutte le amicizie giuste, come quella che lo legava al figlio di Toqtamysc’ Gialal-ad-din. Era ormai diventato vecchio ed era ancora senza figli. Che almeno si compiesse questo suo desiderio. Non gliel’avevano già suggerito i suoi bojari di prendere il titolo di re? Allora aveva rifiutato perché gli sembrava di mettersi troppo apertamente contro Jogaila, ma ora che la Polonia aveva vinto a Tannenberg e che i Cavalieri erano stati in parte piegati, le situazioni erano altre.

Persino l’Imperatore Sigismondo vedeva di buon occhio una tale trasformazione del Granducato, contro la Polonia che diventava troppo potente e troppo minacciosa nel cuore d’Europa. Anche il Papa di Roma sarebbe stato d’accordo!

Non era stato stabilito che il Granducato di Lituania e delle Terre Russe era indipendente per sempre, anche dopo Vytautas? Certo, il successore doveva avere l’assenso di Jogaila e del Consiglio (Rada) dei magnati polacchi e viceversa dopo la morte di Jogaila, quando si dovesse scegliere un nuovo re, occorreva l’assenso del Gran Duca e dei suoi Bojari…

Era una questione delicata.

A Gorodel fu almeno stabilito che solo quei bojari di Vytautas che accettavano la conversione al Cattolicesimo di Roma ricevevano un altro privilegio dal re Jogaila: Quello di aver mano libera nei propri possedimenti senza interventi da parte del sovrano, salvo le partecipazioni a conflitti e alle costruzioni di fortificazioni! Come ultima istituzione, secondo gli usi polacchi, il Granducato di Lituania e delle Terre Russe fu diviso in due Voivodati (Vilnius e Trakai) e varie Castellanìe…

Se ci chiediamo come mai Vytautas accettasse queste discriminazioni fra i suoi bojari cattolici e ortodossi, la risposta è sempre la medesima: Vytautas stava raccogliendo consensi specialmente in Occidente per poter essere alfine incoronato re!

A questo stesso scopo successivamente restituì all’Ordine persino il Castello di Klaipeda sulla foce del Nieman. E’ il 1422 ed è la pace separata di Vytautas con l’Ordine, siglata a Mielno (nelle vicinanze ad est di Grunwald)!

Jogaila naturalmente è irritato ancora una volta da questa politica separata e indipendente che va contro la sua di far crollare definitivamente l’Ordine. Già al Concilio di Costanza nel 1415 quando aveva dato il suo consenso ai Lituani che avevano dichiarato che non avrebbero mai più appoggiato militarmente i Taboriti e gli Hussiti, nemici del Papato, era rimasto favorevolmente impressionato dalle posizioni di suo cugino, ma in quel Concilio la Polonia aveva anche richiesto l’immediata sospensione delle azioni militari dei Cavalieri. Alla fine questa sospensione non c’era stata e Jogaila non aveva trovato grande udienza e quindi l’ostilità verso l’Ordine permaneva, ma almeno che fosse condivisa dalla Lituania che invece faceva paci separate…

Insomma ci sono molte cose che andavano riviste.

Nel 1429 l’Imperatore Sigismondo  (Venceslao è morto e questo suo fratello è riuscito a farsi eleggere imperatore) indice una Conferenza a Luzk per discutere l’assetto dell’Europa Orientale, dove è compresa anche l’Ungheria che gli sta più a cuore.

Alla vigilia della Conferenza era già noto e arcinoto il progetto di Vytautas di farsi incoronare re, preoccupato che col suo titolo di Gran Duca si trovasse ad un gradino inferiore a quello di suo cugino. Non aveva forse il Papa promesso una corona persino a suo padre Keistut?

Nell’estate del 1430 a Vilnius si erano già cominciati a raccogliere numerosi ospiti d’alto rango da tutte i paesi d’Europa e della vicina Asia per l’ormai prossima festa dell’incoronazione.

La cerimonia naturalmente avrebbe avuto luogo prima nel nuovo castello di Trakai che Vytautas aveva fatto costruire sulla penisoletta più a nord della vecchia dimora avita ormai in rovina.

Entusiasta del progetto era anche Basilio II, figlio di Basilio I, che aveva ricevuto il trono di Mosca proprio tramite la manovre di sua madre, Sofia, la figlia di Vytautas, quando alla morte di suo marito aveva affidato suo figlio, ancora piccolo, alla protezione del nonno! Con loro c’era il Metropolita di tutte le Rus, Fozio, a riconoscimento solenne da parte della Chiesa Russa dell’autorità di Vytautas fra i  russi.

Si dice che ci fosse anche il Gran Maestro di Marienburg e quello di Livonia ed i maggiori principi russi del Basso Volga, da quello di Tver’ a quello di Rjazan’. Inoltre c’era il rappresentante dell’Orda di Sarai e persino un principe della Valacchia in esilio! Dunque c’erano tutte le persone più importanti della regione.

Fino a quel momento la questione della corona a Vytautas era stata dibattuta a lungo e aspramente, anche a Cracovia. C’erano partiti polacchi contrari e partiti lituani a favore, ma Jogaila non aveva preso una posizione molto chiara e gli storici lituani ancor oggi, non sono molto sicuri che questa incoronazione incontrasse il suo favore o per lo meno la sua pacifica accettazione!

Sia come sia, l’incoronazione fu fissata per l’8 settembre del 1430.

Il 10 agosto del 1430 però gli inviati del papa che si recavano a Vilnius per ungere e incoronare Vytautas re di Lituania furono fermati alla frontiera polacca e spogliati di tutto, perché accusati di spionaggio e di alto tradimento. Persino la costosissima corona che portavano con loro da porre sul capo di Vytautas, eseguita dagli artigiani orafi di Norimberga, fu presa e fatta a pezzi e divisa fra i funzionari.

Jogaila non intervenne e Vytautas ne fu tanto sconvolto che il 27 ottobre morì d’un colpo apoplettico e fu sepolto nella chiesa cattolica dei santi Ladislao e Stanislao a Vilnius, sotto la cattedra vescovile!

         

    

©2005 Aldo C. Marturano

   


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