In questo libro ci sono tasselli di storia del Mezzogiorno. Che è anche storia dell’Islam. Storia di Arabi, Berberi, Andalusi e Turchi, che muovevano pervasi da Allah, e non solo: come sempre, infatti, era tutta una questione di grossi interessi, che spesso celavano nel pretesto religioso finalità eminentemente politiche ed economiche.
Dal VII secolo, sulle sponde del Mediterraneo si affacciò un Medioevo “altro”, che recava in sé una lingua e una religione inusitate. Non poteva non scontrarsi – incontrarsi col vecchio universo occidentale e bizantino, cristallizzato sulla memoria della romanità. E le terre meridionali, protese nel “continente liquido” coi loro argini sottili, esili, coi loro confini di millenaria e leggendaria mobilità, una volta di più fecero da filtro a nuove migrazioni e dominazioni originate da un Profeta, da una predicazione e da un deserto. In Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, fino al Lazio e oltre, non mancarono le occasioni per relazionarsi, fra due società e altrettante fedi. Di confrontarsi, con le armi e con la cultura che ciascuna si portava dietro.
Fu morte e fu osmosi, fu innesto e rigetto, ricezioni ed espulsioni. Sul campo, alla fine, rimasero le scaglie, i pezzi di una reciprocità che solo in parte potrà sintetizzarsi nella contrapposizione dei simboli della Croce e della Mezzaluna, o nei fenomeni religioso-guerreschi di crociate e jihad. Così, in molti luoghi del Sud c’è il sentimento di tutto un passato che ritorna. Quartieri febbrili che sanno di casbah e di suq, paesi rotondi come la rotonda di Baghdad, come i rotondi accampamenti di tende beduine nelle oasi preislamiche.
Si è quindi scelto di raccontare in questa sede dei rapporti e degli apporti arabo-islamici, in un contesto, come quello del Meridione, talora trascurato da una trattatistica propensa a privilegiare piuttosto Spagna, Maghreb, Egitto o Oriente.
Dal percorso evenemenziale, che da Maometto “zooma” progressivamente sul sud, si diramano diverticoli caratterizzanti sui nessi, le analogie, le dipendenze, i legami e insomma sui vari processi antropologici e culturali innescati dalla relazione fra due mondi. Materia oggi quanto mai delicata, che si è cercato di dipanare con prospettiva oggettiva, ricorrendo in parte alle testimonianze archeologiche e storico-artistiche e soprattutto mettendo sui piatti della bilancia da un lato le fonti arabe, e dall’altro le fonti latine e greche.
Ne deriva un quadro dai contorni netti: per secoli, dai Saraceni fino ai pirati turco-barbareschi, il Mezzogiorno ha avuto dell’Islam una percezione fisica e diretta. Quella stessa che riemerge dai reconditi delle coscienze, nell’esternazione delle tradizioni popolari radicate in fondo alla memoria del Sud.
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