Nacque
sotto un'ottima stella Federico II, il «puer
Apuliae». Basterebbe
un episodio a convincerci (se ce ne fosse ancora
bisogno!): il colpo di fortuna sotto le mura di
Costanza. Il giovane sovrano era andato in
Germania per ristabilire il suo potere e la sua
autorità contro il rivale Ottone di Brunswick
eletto imperatore alcuni anni prima; giunto
presso la città tedesca precedendo l'avversario
di alcuni giorni, la trova tutta in festa pronta
ad accogliere sontuosamente Ottone e
sdegnosamente blindata nei suoi confronti. È
l'arcivescovo Berardo di Bari a convincere il
vescovo di Costanza a ricevere con tutti gli
onori il giovane svevo e non Ottone.
Questo
incredibile rovesciamento di fronte - uno dei
tanti ai quali Federico è già abituato e che
ancora gli gioveranno in futuro - ce lo racconta
ora Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri nel
volume Federico II. Ragione e fortuna (Laterza
ed., pp. X-301, euro 19,00). Non a caso il libro
punta, già nel titolo, sull'elemento «Fortuna»;
e dalle prime pagine ci mostra il ventenne re
svevo trionfare contro Ottone nel 1214 a
Bouvines senza colpo ferire, perché la
battaglia in realtà è vinta dal sovrano
francese Filippo Augusto. D'altronde un intero
capitolo è dedicato alle vicissitudini del
giovinetto, «agnello tra i lupi»,
miracolosamente sopravvissuto agli intrighi,
alle mire di tanti poteri ostili, alle varie
insidie occorsegli dopo la prematura morte del
padre Enrico VI e quella della madre Costanza
d'Altavilla, miracolosamente indenne dopo le
ribellioni dei popoli soggetti nonché quelle più
pericolose dei baroni recalcitranti al dominio
di un «bambino». Soprattutto illeso dopo la
presa di Palermo da parte di Marcovaldo von
Anweiler, il «pretendente» al trono che pure
si impietosì e preferì non eliminarlo. La
fortuna è dalla sua parte, ma certo Federico ha
anche l'abilità politica di favorirla, con
audacia, addirittura mostrando al mondo come
vittorie quelle che in realtà erano sconfitte.
Tutto ciò richiede una buona dose di «Ragione»
(che è appunto l'altro asse su cui si snoda la
ricerca della Fumagalli Beonio Brocchieri).
Si
sentiva davvero il bisogno di una nuova
biografia su Federico II. Non foss'altro che per
risistemare tutto il materiale storico
accumulatosi intorno al 1994, ricorrenza
dell'ottavo centenario della sua nascita. La
medievista - nota per le sue pubblicazioni su
Eloisa ed Abelardo e, in genere, su un «Medioevo
al femminile» - si è sobbarcato il compito,
non senza qualche perplessità espressa in un
teorico capitoletto finale, intitolato appunto
«Scrivere una vita». E ci consegna in realtà
- benché milanese, e si sa quanto Milano fosse
stata la corifea dell'opposizione a Federico -
una biografia simpatizzante, attenta soprattutto
a scavare la «mentalità» in cui visse
l'imperatore o che egli stesso provvide a mutare
con il suo atteggiamento e le sue norme e leggi,
acclamate ancora oggi per l'insolita modernità
(il volume è corredato da appendici a cura di
Claudio Fiocchi sulle crociate, sul potere del
papa e il potere dell'imperatore, sul tiranno).
Sotto questo aspetto si comprendono allora i
capitoli dedicati essenzialmente ad alcuni
personaggi che con Federico «convissero»: da
Innocenzo III, il papa tutore, al figlio ribelle
Enrico che l'imperatore sarà costretto a punire
e a imprigionare e che si tolse la vita;
dall'alleato e genero Ezzelino da Romano (gli
aveva dato in moglie la figlia Selvaggia)
raffigurato da una cattiva stampa come
crudelissimo e feroce, al grande Pier delle
Vigne, il fidato consigliere di una vita caduto
infine in disgrazia nel triste tramonto
dell'imperatore (che lo aveva fatto imprigionare
e accecare, inducendolo infine al suicidio).
Fanno
parte dell'ambito «Ragione», i vasti interessi
di Federico: dalla caccia all'astrologia, dalle
scienze (istituì l'università di Napoli nel
1224) alla poesia, di cui fu anch'egli cultore
insieme al figlio Enzo; dai castelli, che ancora
oggi celebrano «con un impatto visivo
straordinario le idee fondamentali della sua
regalità», alle leggi delle «Costituzioni
melfitane».
La
Fortuna girò drasticamente la sua ruota negli
ultimi anni di Federico: il figlio Enzo
prigioniero, la seconda scomunica, un nuovo papa
avverso, la scomparsa tragica di Pier delle
Vigne, e infine una morte alquanto improvvisa a
Castel Fiorentino, secondo un temuto oracolo che
prevedeva la sua fine «sub flore».
Non
tutto poteva essere detto (o ridetto) su
Federico, e qualche cultore del mitico sovrano
troverà innegabili lacune (a noi sarebbe
piaciuto sapere da una studiosa del Medioevo al
femminile qualcosa in più sulle donne e le
figlie dell'imperatore). Ma la storia - sostiene
giustamente Fumagalli Beonio Brocchieri sulla
scorta di Montale - è «una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge».
Ovvero è una rete a strascico che a volte
coglie oggetti in realtà - o solo
apparentemente? - avulsi dal tema: come ci
sembra l'iniziale discorso sul concetto di «guerra
giusta», elaborato nella cristianità:
interessante per noi moderni, ma quanto inerente
alla vicenda di Federico?
Giacomo
Annibaldis
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