Dall’Islam alla Croce e viceversa:
un esperimento, un paradosso, un’utopia
realizzabile, è ciò che ci propone nel suo
romanzo Cristanziano Serricchio.
Sembra
il racconto di tante vite, in realtà la vita è
una: fatta di tanti scalini, posti alla stessa
altezza, equidistanti.
Il
libro si apre con un saccheggio, quello di
Manfredonia, avvenuto nell’agosto del 1620,
poco prima della battaglia di Lepanto.
Di lì si
dipana la storia che porta i protagonisti in un
mondo completamente diverso da quello originario
e li conduce a reinventarsi delle nuove
esistenze in ambienti e luoghi completamente
estranei al loro vissuto
L’autore
parte da un antico documento, rinvenuto negli
archivi comunali.
Ricrea dal
nulla, ridà vita e spessore a figure ed
ambienti appena abbozzati. Lo scenario è nella
prima parte la cittadina pugliese con lo sfondo
del Gargano.
L’intento?
Quello
di mostrare che anche due mondi inconciliabili e
diversi possono coesistere pacificamente ed
addirittura convivere, grazie ad una sola
persona.
Il
progetto è grandioso:
la pace (vera) tra l’Islam e la Croce.
è
un’ utopia che si presenta più che mai
attuale in un’ epoca di stabile instabilità,
come la nostra.
è
un guardare l’altro ed il diverso come un se
stesso, non come alterità.
è
la parabola di un uomo, nato musulmano, da madre
cristiana e che in seguito, rapito dai Cavalieri
di Malta, diventa cristiano e viene educato ad
un progetto: la pacifica convivenza tra fedi
diverse.
è
un’idea che si incarna in una sola persona: il
figlio del Sultano che diviene frate con il nome
di Domenico Osman.
Non
è casuale la scelta dell’uomo. Non erano i
domenicani forse i “soldati di Cristo”?
è
il disegno di papa Alessandro VII.
Quanta
verità e quanta invenzione ci siano in questo
romanzo non importa. Ciò che conta è
l’intenzione, l’intento, l’utopia che si
fa realtà, ma anche sofferenza, dolore, ferita
sempre aperta su di un povero, ma importante
corpo, quello di frate Domenico Osman.
L’ultima
parte del romanzo riguarda proprio lui ed è un
susseguirsi di flashback. è
la parte propositiva, quella che dispiega il
progetto: fornire una possibile via di scampo,
di sopravvivenza, unendo ciò che accomuna, pur
mantenendo le diversità tra le due antiche
fedi.
è
ciò che forse vorremmo oggi, ma allora, nel
XVII secolo, sarebbe stato davvero proponibile?
L’Autore
suscita così più di un motivo di riflessione,
instillando comunque nel lettore interesse e
curiosità per
la storia
ed invogliandolo ad approfondire la conoscenza
di un’epoca abbastanza lontana, eppur
vicina… dopo l’11 settembre 2001.
Giulia
Notarangelo
|