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LA CASA EDITRICE: Edizioni Sudest srl, Manfredonia (FG)

è in distribuzione il numero 13 (marzo/aprile 2006) di «Quaderni Sudest», mensile diretto da Franco Mastroluca. La rivista, tra le più qualificate iniziative editoriali pugliesi, ha compiuto un anno e mezzo di vita: la data della prima uscita è il 16 ottobre 2005. è una bella pubblicazione di 144 pagine, particolarmente curata nella veste grafica, che si propone quale strumento di dibattito politico, sociale e culturale, con uno sguardo attento alla memoria e alla storia del nostro territorio, e che non fa mancare approfondimenti e inchieste di grande attualità. Una pubblicazione che si iscrive culturalmente e politicamente nell’area progressista, ma che non disdegna il confronto su modelli e pratiche di governo innovative, al di là degli schieramenti e delle appartenenze. Il mensile si avvale di importanti collaborazioni nazionali ed ha l’ambizione di voler raccontare non solo le postazioni più avanzate e innovatrici della politica, della società e della cultura di Capitanata ma di un’area geografica più vasta che sconfina oltre la provincia di Foggia. 

Gli indici dei numeri della rivista finora editi sono consultabili sul sito della casa editrice. 

La professoressa Teresa Maria Rauzino, presidente del Centro Studi “Giuseppe Martella” di Peschici, è collaboratrice del sito: cura la rubrica "La memoria dimenticata. Microstorie".

LUCIA LOPRIORE

 

Caro Duce, ti scrivo. Lettere da Peschici

 

Pubblicato su «Sudest Quaderni» un saggio di Teresa Rauzino sul Ventennio fascista a Peschici 

 

   

La Rauzino (presidente del Centro Studi Martella di Peschici), in questo interessante saggio, analizza alcuni documenti rinvenuti nell’Archivio Comunale di Peschici, relativi al periodo 1934-1936, e consistenti in una ventina di lettere inviate a Mussolini dagli abitanti del piccolo borgo garganico. Madri, spose, vedove, anziani, giovani, disoccupati si rivolgevano direttamente al Duce per ottenere sussidi di vario genere, sgravi di tasse, richieste di danaro per comprare i mobili o la casa, richieste di pensioni di vecchiaia o di cure specialistiche, richieste di lavoro anche all’estero, come si evince da una lettera di 69 disoccupati che chiedono di partire come volontari per l’Africa Orientale.

La corrispondenza arrivava al Ministero degli Interni, dove veniva smistata dalla Segreteria Particolare del Duce, catalogata in diverse sezioni (Assistenza, Finanze, Agricoltura) ed inoltrata al Prefetto di Foggia, il quale trasmetteva al Podestà di Peschici gli esposti, per i possibili provvedimenti sui vari casi, e con preghiera di farne diretta comunicazione agli interessati.

Dall’esame calligrafico si evince che molti dei “supplicanti” erano analfabeti: le lettere talvolta erano dettate a scrivani di professione; quelle “originali”, «scritte di proprio pugno» si riconoscono dall’italiano stentato, molto vicino al dialetto. Essendo tutte le missive testimonianze preziose, utili per conoscere lo stato d’animo degli strati più umili di una popolazione che si trovava a vivere un periodo di acuta crisi economica, la Rauzino ha pensato di pubblicare alcune tra le più significative, come quella di un barbiere, un tale di nome Pietro Lamargese, che chiede un sussidio per poter vivere degnamente con la moglie in una casa decorosa, così come il Duce ha promesso tante volte nei suoi discorsi. O quella di un macellaio, tale Rocco Verderame, che chiede di essere esentato dal pagamento delle tasse d’iscrizione all’ONB (Opera Nazionale Balilla) per i suoi figli. Non solo per un anno, ma per più anni, in quanto le condizioni di indigenza non gli consentono neppure di tirare avanti. è poi la volta di un ex combattente della Grande Guerra, Domenico Costantino, il quale chiede di essere esentato dalle pesanti tasse a suo carico essendo un pescatore, soggetto alle stagioni incostanti proprie di questo mestiere. Mentre una donna abbandonata dal marito, emigrato in America, chiede al Duce di avere un sussidio maggiore di quello percepito, trovandosi in condizioni di indigenza con una bimba piccola bisognosa di cure. Queste solo alcune delle testimonianze tratte dalla consistente messe di documenti pubblicati nel saggio. 

La Rauzino non manca di sottolineare che nel 1921 Peschici era il più piccolo centro del Gargano e che all’avvento del fascismo vi era, tra le masse bracciantili, la presenza di adepti ai partiti socialista e comunista; a questo proposito cita un interessante e significativo articolo, tratto dal giornale «Il Foglietto» del 23 ottobre 1923, dove si dichiara che la cittadina garganica, «lembo di terra soviettista», è «fuori legge». Dalle testimonianze orali raccolte non risulta che gli antifascisti fossero particolarmente attivi per riorganizzare i partiti cui tenevano sempre fede. Se qualche contatto mantenevano fra loro lo facevano solo in occasione di lavoro, approfittando del fatto che non erano controllati da nessuno. Avevano la tessera del partito, perché altrimenti non avrebbero potuto lavorare.

A proposito del clima socio-politico, l’Autrice scrive: «A Peschici l’avvento del Fascismo fu indolore, nel senso che non si registrarono le violenze verificatesi nei paesi più popolosi del Gargano. Come in tutti i centri della provincia, al PNF (Partito Nazionale Fascista) aderì tutta la vecchia classe dirigente, sempre disponibile a compromessi, pur di non farsi estromettere dal gioco del potere». 

Il numeroso bracciantato pagò duramente l’avvento del nuovo regime. Sui registri delle delibere delle Giunte comunali e podestarili degli anni 1920- 1940, conservati nell’Archivio comunale di Peschici, gli elenchi dei poveri diventano sempre più folti. «Considerando il fatto che a questi elenchi erano segnati solo i capifamiglia nullatenenti possiamo senz’altro affermare – conclude la Rauzino - che, specie negli anni centrali del fascismo, la grande maggioranza degli abitanti del paese versava in condizioni poverissime». Anche la percentuale dei disoccupati agricoli aumentò in modo impressionante nel corso degli anni Trenta. 

Una vera e propria protesta di massa si verificò nell’estate del 1931. Per “manifestazione e grida sediziose” vennero effettuati parecchi arresti. La maggioranza dei fermati fu rilasciata dopo pochi giorni, ma ben sei persone uscirono, in libertà provvisoria, dalle carceri di Foggia soltanto il 12 gennaio 1932, con ingiunzione di presentarsi al Commissario Prefettizio Colonnello Prencipe. Non avendo rinvenuto il verbale dell’arresto, la Rauzino è ricorsa alle testimonianze orali. Secondo queste fonti, parecchie persone, in maggioranza donne, si rivoltarono contro il Commissario Prefettizio che, per motivi di ordine igienico, aveva ordinato di convogliare in tubi chiusi l’acqua dei canali di scolo dei tetti delle case. L’acqua piovana era vitale per le famiglie, serviva per avere una riserva permanente (sotto i canali venivano posti tutti i recipienti utili per le provviste domestiche), quindi il provvedimento provocò una veemente reazione. Ci fu addirittura uno “sciopero generale”, durante il quale tutti i dimostranti si recarono sotto la sede municipale, gridando:«Abbasso, abbasso il Commissario!».

Quelli summenzionati sono solo alcuni degli episodi riportati da Teresa Rauzino che, dopo aver pubblicato le fonti sulla scuola fascista nel volume Il Regio Liceo Lanza, dalle Scuole Pie agli anni del Regime (edizioni Parnaso, Foggia), con questo nuovo lavoro d’archivio impreziosisce il patrimonio documentale sul Ventennio in Capitanata, ancora oggi tutto da scoprire.

   

Lucia Lopriore

 

 
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dal sito del Centro studi Giuseppe Martella, maggio 2006

 

  

 

 

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