VITO
RICCI
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La Serbia tra Oriente ed Occidente al tempo del re
Milutin
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Storia, arte, eredità culturale
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A
conclusione della mostra fotografica SOS
Kosovo. I monasteri medievali serbo-ortodossi
prima e dopo la guerra, tenutasi a Bari
presso Palazzo Simi organizzata dalle
associazioni ADIRT e Most za Beograd (Un ponte
per Belgrado) in collaborazione con
Mnemosyne-Centro per la protezione del
patrimonio culturale e ambientale del Kosovo e
Metohija, il 31 marzo il professor Nino
Lavermicocca ha tenuto un ‘interessante
conferenza sulla Serbia tra Oriente ed Occidente
al tempo del re Milutin trattando sia gli
aspetti storici che quelli artistici.
Tra
il 1999 e il marzo 2004 (quando è stato
scatenato un vero e proprio pogrom antiserbo)
sono stati devastati e distrutti circa 120
monasteri medievali e chiese serbo-ortodosse:
rischiano di scomparire per sempre testimonianze
dell'architettura monumentale, cattedrali con
una pittura murale di inestimabile valore
estetico e storico, espressione di una cultura
nata in un contesto geografico caratterizzato
dall'incontro tra la civiltà orientale e quella
civiltà occidentale.
La
Mostra ha illustrato molto bene la varietà e
l’unicità del patrimonio artistico-culturale
del Kosovo nel suo corpus bizantinoslavo,
da San Pietro di Korisa a Studenica di Hvosno,
alla Madonna di Ljevisa, al Patriarcato di Pec,
da Gracanica a Decani, ai Santi Arcangeli presso
Prizren. Ha evidenziato inoltre gli enormi danni
e lo scempio cagionati a questo patrimonio negli
ultimi 5 anni, in cui la politica di pulizia
etnica dell’UCK si è accanita particolarmente
anche contro l’eredità culturale e spirituale
serba.
Durante
l’incontro sono stati messi in evidenza i
legami e i rapporti intercorsi tra Serbia e
Puglia nel Medioevo e in senso più lato tra le
due coste dell’Adriatico: legami di natura
matrimoniale (il re serbo Stefano Uros I sposò
Elena d’Angiò), oppure ai doni fatti da
sovrani serbi (come l’altare d’argento
donato da Milutin alla Basilica di San Nicola)
oppure ricordando che la diocesi di Cattaro
fosse suffraganea di quella barese.
L’etnia
serba si affacciò sull’Adriatico intorno al
1160 con il re Stefano Nemanja e raggiunse la
sua massima potenza con Stefano II Uros detto
Milutin il cui regno durò dal 1282 al 1321.
Milutin fu uno dei sovrani più bellicosi e
fortunati della storia medievale serba. Sotto di
lui il regno si allargò, raddoppiandosi, verso
sud-est, con l'inclusione della Macedonia e
della Tessaglia. Sorpassò tutti i predecessori,
e non poté essere eguagliato da nessuno dei
successori, in quanto a generosità verso chiese
e monasteri. Ne costruì, restaurò e decorò a
decine. Esistevano tre tipologie di chiese:
quelle pubbliche, quelle patriarcali (ove erano
sepolti i patriarchi serbi) e quelle imperiali
(destinate alla sepoltura degli zar serbi). Nel
1319 donò alla basilica di san Nicola a Bari un
altare tutto d'argento, recante un'iscrizione
secondo la quale a Milutin erano sottomesse
tutte le terre “dal mare fino al grande fiume
Danubio”.Morì il 29 ottobre 1321. Fu sepolto
inizialmente nella chiesa di Banjska. Quando
quel territorio cadde in mano ai turchi, le
spoglie di Milutin vennero traslate nella
cattedrale della capitale bulgara, Sofia, ove
tuttora riposano.
A
Milutin successe il figlio Stefano Uros III di
Decani, che
regnò dal 1321 al 1331. A tale sovrano si deve
il monastero di Visoki Decani costruito in
un'area fortificata con possenti torri, cui
vennero aggiunte le celle dei monaci e gli altri
edifici monastici. Nei pressi del monastero,
Stefano Uros costruì un ospedale monastico che
funzionò per tutto il Medioevo. Ci vollero 8
anni per edificare la chiesa di Decani, dal 1327
al 1335. Il suo principale architetto fu Fr.
Vito da Kotor. Altri edifici furono eretti da
signori locali. Gli affreschi furono completati
nel 1350. Situato nella pittoresca valle del
fiume Bistrica, il complesso monastico è
circondato da montagne e foreste della catena
montuosa del Prokletije. È il più grande e
meglio conservato monastero del Medioevo in
Serbia. Durante la sua storia travagliata, è
stato un importante centro spirituale con
notevoli attività artistiche e intellettuali.
Sebbene alcuni suoi edifici abbiano subito danni
dall'occupazione turca, la chiesa, con i suoi
meravigliosi affreschi del XIV secolo, è stata
preservata.
Il
Kosovo, regione della Jugoslavia prossima al
confine con l’Albania, conobbe nei secoli
centrali del Medioevo uno sviluppo artistico
eccezionale, al quale contribuirono tanto
influssi provenienti da Bisanzio quanto, dalla
costa adriatica, l’influenza dell’Italia.
Originale luogo d’incontro di due mondi
durante la fioritura del regno serbo che ebbe
qui il suo centro nel XIV secolo, vide sorgere
architetture imperiali, che artisti di prim’ordine
affrescarono con grande perizia, secondo i
canoni di una classicità che l’Occidente
avrebbe riscoperto oltre un secolo dopo.
In
merito all’origine di questa scuola artistica
sono state fatte tre ipotesi: secondo alcuni si
tratterebbe di artisti serbi venuti in contatto
con maestri greci e dell’Adriatico, secondo
altri sarebbero artisti provenienti della
Macedonia, secondo altri ancora proverrebbero
addirittura da Costantinopoli dopo aver
transitato per Nicea. Ricordiamo i pittori
Michele Astrapas ed Eutichio, ma la maggior
parte rimangono sconosciuti.
Nel cuore della Serbia medievale
l’Oriente e l’Occidente si intrecciano:
architetture romanico-gotiche elevano pareti
affrescate con il più puro classicismo di
Bisanzio; cornici gotiche rinchiudono superfici
di decorazione bizantina; ornamenti bizantini
vengono dapprima disegnati ma poi scolpiti come
in Occidente. Si tratta di una commistione tra
l’arte e l’architettura romanico-pugliese
con l’elemento pittorico bizantino. è
una traiettoria artistica originale, bruscamente
interrotta dalla conquista turca nel XV secolo
iniziata con la disfatta dei Serbi nella
battaglia di Kosovo Polje (campo del merlo) del
1389, quando compare per la prima volta il
toponimo Kosovo. Purtroppo occorre sottolineare
come tali meravigliosi monumenti e affreschi
siano praticamente assenti dalle storie
dell’arte e dell’architettura medievali.
Occorre sottolineare come le chiese serbe
edificate a cavallo tra il XIII e il XIV siano
uniche nel loro stile, in quanto di tale periodo
artistico non si conservano esempi
architettonici neppure a Costantinopoli.
La
relazione del prof. Lavermicocca, abile
divulgatore con un linguaggio molto discorsivo e
affascinante, ha contribuito efficacemente a far
scoprire la storia e l’arte del Medioevo serbo
anche con l’ausilio di diapositive con le
quali è stato possibile ammirare chiese,
monasteri e gli affreschi. Lavermicocca ha
sottolineato più volte la necessità di uno
studio comparato dell’arte tra le due sponde
dell’Adriatico. L’incontro è stato anche
l’occasione per riflettere sullo stato in cui
versano tali tesori artistici, sulla necessità
di una tutela di tale patrimonio e della sua
estrema necessità ancor prima di una soluzione
della vicenda politico-amministrativa del Kosovo.
Vito
Ricci
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