MEDIOEVO TEMPLARE |
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a cura di Vito Ricci |
di Vito Ricci
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Alberona - Casalnuovo - Civitate sul Fortore - Fiorentino - Foggia - Lama Ciprandi - Lucera - Manfredonia - Monte Sant’Angelo - Montecorvino - Salpi - San Quirico - San Severo - Siponto - Torremaggiore - Troia - Versentino - Villa Nova - Volturino |
Nella Puglia settentrionale prevalevano gli insediamenti interni nelle fertili terre della Capitanata, ad eccezione di Manfredonia, che era un porto d’imbarco di un certo rilievo, e Monte Sant’Angelo sul Gargano, tra l’altro meta dei pellegrinaggi medievali. Le domus della Capitanata erano dedite alla coltivazione e alla raccolta di cereali e legumi che venivano imbarcati per la Terra Santa. Poiché molti dei beni templari in Capitanata furono confiscati per ordine di Federico II e ne fu redatto un inventario, disponiamo di informazioni molto analitiche circa la consistenza del patrimonio fondiario templare e il reddito che esso produceva. Dal Quaternus de excadenciis apprendiamo che la proprietà fondiaria templare nella Capitanata alla metà del XIII secolo era costituita da almeno 37 domus, 68 casalini, 24 terrae, 10 vinee, 10 peciae, 7 orti, 7 vineali, 3 saline, 2 oliveti, 1 tenimentum, 1 desertinum ed 1 terricella.
Tali proprietà producevano grano, orzo, olio, vino e mandorle per un reddito annuo valuto in 197,80 once pari a 5,7 kg di oro. A tale valore andrebbero aggiunti i redditi di altre terre templari, come Salpi e Lucera, non menzionate nel predetto inventario, oppure per le quali non è fornito il reddito annuo. Si otterrebbe una resa annua, secondo i calcoli fatti dagli studiosi, molto prossima alle 250 once che farebbe annoverare il patrimonio fondiario dei Templari in Capitanata tra quelli più cospicui posseduti dalla Militia Dei (ed anche dagli altri Ordini cavallereschi) nel regno di Sicilia.
Ciascuna comunità templare attiva
in Capitanata, al fine di mantenere i livelli di produzione e di reddito
sopramenzionati, si avvaleva delle prestazioni lavorative di servientes-rustici
a seconda delle proprietà fondiarie da essa amministrate e delle colture
praticate e, in caso di necessità, anche del contributo di lavoranti
stagionali. Secondo i calcoli fatti dal Bramato, in Capitanata dovevano essere
presenti almeno una trentina di servientes-rustici dediti
a tempo pieno all’attività agricola. Per il sostentamento di costoro
venivano spese circa 21 once annue. Accanto a tali costi i bilanci delle
fondazioni templari dovevano comprendere anche l’autoconsumo di milites,
presbiteri ed oblati, le spese per la manutenzione delle chiese
e delle proprietà fondiarie, per l’alimentazione di cavalli e buoi, per
l’acquisto di nuovi terreni e il pagamento dei censi, per gli abiti, la cera
e l’olio per le lampada e tutto quant’altro indispensabile per
l’ordinaria amministrazione e la vita quotidiana. Al netto di tali costi
restavano 120-150 once all’anno che venivano impiegate per inviare derrate
alimentari in Terra Santa tali da consentire il sostentamento di circa 300
confratelli (secondo dei calcoli effettuati dagli studiosi) oppure per
l’acquisto di capi di bestiame
Si ha notizia della presenza dei Templari nelle
seguenti località:
Ad
Alberona i Templari possedevano la chiesa di Santa Maria di Bulgano, o Vulgano,
che fu loro donata da Corrado,
conte del Molise. La chiesa nella prima metà del XIII secolo fu espropriata
di una domus e di una terra il cui reddito
annuo era di otto salme di grano. La situazione cambiò decisamente con
l’avvento degli Angioini e verso la fine del XIII sembra che l’intera
Alberona fu infeudata all’Ordine Cavalleresco. Abbiamo notizia di parecchi
interventi di Carlo II d’Angiò a favore dei Templari di Alberona. L’8
settembre 1296 il sovrano angioino ordinava ad Adblassis de Luceria
Sarracenorum (probabilmente un saraceno, stando al nome) di restituire ai
Templari di Alberona i porci e il pollame che aveva loro sottratto
illecitamente. Con una lettera del 14 maggio 1297
indirizzata al giustiziere di Capitanata, Carlo II d'Angiò ordinava che il Magister
ed i frati templari della domus di Barletta non fossero molestati per il
servizio militare nei feudi di Bersentino, Alberona e Lama. Il 19 luglio 1297
Carlo II d'Angiò scriveva a Baldovino Tristaino, Capitano di Lucera, affinché
il Magister e i frati templari di Barletta, possedendo il casale di
Alberona, potessero continuare a far pascere i loro armenti nel tenimento di
Tora. Un intervento analogo del re, sempre presso il Capitano di Lucera,
ebbe luogo nel luglio dell’anno successivo per il riconoscimento di
un diritto di pastura.
I Templari restarono in
questo paese sino al 1307. Con l’abolizione dell’Ordine Carlo II
d’Angiò la assegnò agli Ospitalieri e a questi ultimi, divenuti nel frattempo
Cavalieri di Malta, restò sino al 1809.
Da
una lettera datata 25
gennaio 1313 scritta da
Roberto d'Angiò, per parte dei cavalieri dell'Ospedale di San
Giovanni, a Bartolomeo di Capua e Giovanni Pipino di Barletta, sappiamo che la
precettoria di Alberona, posseduta dai Templari sino alla data della loro
prigionia, comprendeva anche il casale di Serritella, del quale si era
impadronito arbitrariamente Bartolomeo Siginolfo, feudatario di Pietra
Montecorvino, in occasione dell'arresto dei Templari.
Qui i Templari possedevano: 2 domus, 3 terrae, 1 casilinum,
3 vineali ed 1 ortum che rendevano annualmente circa 37 once.
Il patrimonio fondiario dei Templari consisteva
in: 1 vineale, 2 orti
ed 1 vinea che rendevano 8 tarì annui.
Domus di Fiorentino
In questo paese i Templari possedevano: 13
domus, 1 vinea ed 1 ortum, il cui
reddito assommava a 42 grani, 10,5 tarì ed 8 salme di vino. Inoltre
nel 1272 disponevano anche di un mulino. In tale anno, infatti, nella
persona del Maestro Provinciale Guglielmo de Bellojoco si rivolsero al
re Carlo I d’Angiò affinché cessassero le molestie poste in essere a loro
danno da parte di Rainulfo de Culant.
La prima notizia di un insediamento templare nella città dauna risale alla seconda metà del XII secolo. Durante il pontificato di Celestino III, dopo la morte di Guglielmo II (1189) iniziò un periodo di forte instabilità politica del quale l’Ordine Templare approfittò, appropriandosi illecitamente di alcune terre intorno a Foggia, dove era attiva una domus identificabile, con buona probabilità, con la eccelsia di San Giovanni de Templo, chiesa che nel 1212 fu data alle fiamme durante un’incursione di cittadini della vicina città di Troia. Non sappiamo se dopo tale distruzione la chiesa fu ricostruita o meno, mentre quello che appare certo è che i Templari continuarono ad essere presenti a Foggia con una propria fondazione, i cui beni si estendevano sino a Salpi e Siponto.
Precettore della
domus foggiana
nel 1213 era Geremia, come si evince da una controversia sorta tra i Templari
di Foggia e il monastero di San Leonardo di Valle Voloria
circa il possesso della chiesa di Sant’Arcangelo presso Bersentino e
la chiesa di Santa Maria presso Lama Ciprandi. La questione fu risolta con una
permuta delle due chiese con degli appezzamenti di terra che i Templari
avevano nei pressi di Foggia, che furono ceduti al monastero di San Leonardo.
In documento del luglio del 1228 compare Rogerio, precettore della domus
templare di Foggia. Intorno alla metà del XIII secolo il patrimonio della
domus foggiana, in buona parte sequestrato da Federico II, era costituito da
88 (25 non producevano reddito perché non erano occupati) casili,
2 domus, 1 pecia, 12 terrae,
1 terricella, 8 vinee ed 1 vineale.
Tali proprietà rendevano alla Curia Imperiale almeno 13,40 once, equivalenti
a circa 358 grammi di oro.
Verso
la fine del XIII secolo, nel 1294, tale Ippolito Carpenterio e sua moglie,
entrambi di Foggia, donavano all’Ordine del Tempio tutti i loro beni
conservandone l’usufrutto vita natural durante.
Enrico VI, considerati i meriti dei Templari, ed in seguito
alle preghiere di Goffredo, figlio di Stefano e Maestro delle domus templari
in Puglia, concedette all’Ordine militare il 29 aprile 1196 la Lama
Ciprandi, già feudo di Rogerio Ebriaco de
Terno. Qui i Templari ebbero la
propria domus presso la chiesa di Santa Maria della quale risultava essere
precettore nel 1213 Guido. In tale anno la chiesa fu oggetto di una
controversia con il monastero di San Leonardo di Valle Volarla, ma rimase in
possesso dei Templari che tuttavia lasciarono la località negli anni
immediatamente successivi: infatti nell’ottobre del 1216 il castrum
di Lama Ciprandi apparteneva al monastero di S. Pietro di Torre Maggiore.
Tuttavia è probabile che i Templari rientrasserno in possesso delle proprietà a
Lama Ciprandi nel 1288, quando il monastero di Torre Maggiore passò dai
Benedettini ai Templari. Con una lettera del 14 maggio 1297 indirizzata
al Giustiziere di Capitanata, Carlo II d'Angiò ordinava che il Magister
ed i frati templari della domus di Barletta non fossero molestati per il
servizio feudale nei feudi di Bersentino, Alberona e Lama.
La presenza templare a Lucera nel corso del XIII secolo fu
particolarmente rilevante, a tal punto da suscitare invidie e gelosie da parte
di altri ordini religiosi. Infatti il 16 giugno del 1226 il papa Onorio III
intervenne in una controversia tra i Templari di Barletta e i cistercensi di
Casanova (Penne) per alcuni possedimenti compresi tra Lucera e Serra. Nei
dintorni di tali località i Templari possedevano diverse masserie ricordate
in un documento del 17 febbraio 1303, quando Carlo II d’Angiò scriveva a
Santoro da Bitonto, a Giacomo da Peschici e al giudice Tommaso da Guglionisi
affinché procedessero alla trattazione della causa tra i Templari e gli
ufficiali della Curia per il
possesso delle masserie di Casanova, S. Lucia di Rivamorto e Macchia
Pentaricia, situate nel territorio di Lucera. La causa era stata commessa ai
predetti da lungo tempo e sempre dilazionata. Qualche anno dopo i Templari
vennero molestati nei loro beni e nelle loro persone e il papa Benedetto XI
intervenne in loro difesa, ordinando in una lettera del 20 giugno 1304 al
vescovo di Santa Maria (Lucera) di far cessare le molestie nei confronti dei
frati.
Nella
primavera del 1307 i beni dei Templari di Lucera furono sequestrati e affidati
alle cure di Bartolomeo de Carbonaro di Salpi e al notaio Giacomo di
Santa Maria, amministratori per conto della Chiesa. A costoro il 27 marzo 1309
Roberto d’Angiò ordinò di mettere a disposizione 40 buoi e tutti i bufali appartenuti ai Templari delle maestranze impegnate nel cantiere
dell’erigenda chiesa di Santa Maria di Lucera.
In questa città non disponiamo di testimonianze dirette della presenza dei
Templari con una propria domus. Tuttavia è lecito pensare che una fondazione
templare fosse presente a Manfredonia che era dotata di un porto di una certa
rilevanza, utilizzato per le spedizioni di derrate alimentari da parte dei
Templari come testimoniato da un documento del 1274 e da un altro del 15
maggio 1299, dal quale sappiamo che i Bardi facevano salpare da Manfredonia un
bastimento dei Templari con grano destinato agli stessi Templari e agli
Ospedalieri di Cipro.
In questa località i Templari possedevano almeno 4 domus, 4 vinee (due delle quali a Mattinata), 1 desertina, 1 vineale ed 1 tenimento dai quali ogni anno venivano ricavati grano, mosto e olio per circa 19 once.
Delle proprietà templari in questa località solo una domus produceva
reddito per 1 tarì, mentre un vineale, 3 terrae e 1 pecia
non rendevano nulla.
L’esistenza di una domus a Salpi è da far risalire alla fine del XII secolo. In un documento del febbraio 1196 viene citato un Raul, precettore Templari di Salpi (Salparum preceptor). La fondazione templare di Salpi è ricordata parecchie volte nel corso del XIII secolo. Essa era ubicata presso la chiesa di Santa Maria de Caritate, come risulta da un documento datato 5 ottobre 1211 che riporta l’acquisto da parte di Guglielmo, ecclesiastico della chiesa di S. Maria de Caritate, di 41 alberi di olivo con la terra adiacente al prezzo di un’oncia in località Ferolitum. Il 5 luglio 1213 Arduino disponeva di essere sepolto nel cimitero di S. Maria de Caritate, domus templare di Salpi, e che il suo funerale fosse celebrato nella stessa chiesa alla quale donava per questo motivo tre pezzi di terra. La stessa chiesa è ricordata in una donazione del dicembre 1228 e in un atto di vendita dell’agosto del 1229.
La fondazione
templare salapina, oltre che occuparsi della cura dei propri terreni,
ritirava per conto della casa madre di Barletta le salme di sale che il
preposto delle saline pugliesi occasionalmente attribuiva all’Ordine, come testimoniato in un documento del 1275. A Salpi i Templari
possedettero pure una masseria denominata “Terra Sipontina”: il 5
marzo 1297 Carlo de Lagonessa,
feudatario di Salpi, si raccomandava con i suoi vicari affinché non venissero
molestati i Templari nel possesso di quella masseria, situata
in pertinentiis Salparum.
Da una cartula del 1213 sappiamo che precettore della
domus templare
era Adamo. Il beni questi domus consistevano in 2 terrae, 2 oliveti,
1 vinea e 2 domus.
I Templari si stabilirono in questa città nei primi anni del XIII secolo.
Intorno al 1240 il patrimonio immobiliare di quella fondazione era così
composto: 4 casalini,
13 domus, 3 orti, 3 salinae,
1 terra e 1 vinea che rendevano circa 5 once annue. La
domus templare è da identificare probabilmente con la chiesa di Santa Maria
Maggiore.
I Templari ebbero come propria mansione il
monastero di San Pietro, che nel 1288 passò dai Benedettini all'Ordine del
Tempio. In seguito, il 9 luglio 1295, papa Bonifacio VIII attribuiva ai
Templari di Torre Maggiore il castrum
di San Severo, Sant'Andrea de
Scarsia Rivalis,
il casale dello stesso monastero e altri casali, chiese e pertinenze. Da un
documento del 3 novembre 1306 apprendiamo che il casale Royarium dell’abbazia di Torre Maggiore,
donato da Bonifacio VIII, è stato oggetto di devastazione da parte degli
uomini di S. Martino in
Pensule,
e di questo episodio si lamentano con il re Roberto d’Angiò. La domus di Torre
Maggiore, la più settentrionale della Puglia, vide accrescere rapidamente le
sua importanza tanto da essere ritenuta idonea per la celebrazione delle
cerimonie d’ingresso all’Ordine. Di una di quelle cerimonie sappiamo dai
verbali di una deposizione resa a Penne nel 1310 da frate Cecco. Questi, verso
il 1297, dopo tre anni dalla ricezione nell’Ordine fu inviato in Puglia «in loco seu
mansione Turris Maioris de Capitanata», dove fu sottoposto
a dei riti che non era stato possibile celebrare a Roma.
Il 25
gennaio 1313 Roberto d'Angiò, per parte dei cavalieri dell'Ospedale di San
Giovanni, scriveva a Bartolomeo di Capua e Giovanni Pipino di Barletta,
affermando che la baronia di Torremaggiore e San Severo in Capitanata, già
dei Templari, era in loro possesso come tutti i beni appartenenti all'Ordine
soppresso.
I Templari avevano una propria fondazione in questo paese già dalla fine del
secolo XII: infatti da un documento datato 15 ottobre 1195 sappiamo che priore
della domus templare di Troia era Berardo, testimone di un pignoramento. Frate
Berardo, prior domus Militiate Templi,
di Troia viene citato nuovamente in altro documento datato 30 luglio 1196.
La
domus templare di Versentino è da identificare con la chiesa di Sant'Arcangelo ottenuta dai Benedettini di Valle Volaria in cambio di un pezzo di
terra nei pressi di Foggia (per maggiori notizie vedi Foggia). È probabile che dopo il
1229 i Templari di Versentino siano stati privati dei loro beni, dei quali
rientrarono in possesso nel periodo angioino, come attestato da un documento
del 1285 della Regia Cancelleria. I sovrani angioini si mostrarono assai ben
disposti verso i Templari: infatti verso la fine del XIII i cavalieri
rossocrociati di Barletta ottennero in feudo l’intero paese di Versentino
con tutto il territorio circostante.
I Templari possedevano
solo due terrae
che non producevano alcun reddito.
La
domus templare di Volturino era Santa Maria della Serritella, la chiesa
dell’antico casale Serritelle, ormai scomparso, che dipendeva dalla vicina
mansione di Alberona. La presenza dei Templari era giustificata dal traffico
stradale che si svolgeva presso il Canale della Serritella, nel quale
trovavano riposo ed assistenza i viandanti che, dopo aver oltrepassato il
valico del Lupo, negli impervi monti dauni, si accingevano a scendere nella
piana della Capitanata. Si trattava di pastori transumanti, di pellegrini e di
crociati diretti verso i porti pugliesi.
Da
una lettera datata 25
gennaio 1313 scritta da
Roberto d'Angiò, per parte dei cavalieri dell'Ospedale di San
Giovanni, a Bartolomeo di Capua e Giovanni Pipino di Barletta, sappiamo che
del casale di Serritella si era impadronito arbitrariamente Bartolomeo
Siginolfo, feudatario di Pietra Montecorvino, in occasione dell'arresto dei
Templari. Dopo l’emanazione della Bolla Ad provvidam Christi vicarii
del 3 maggio 1312, i Giovanniti rivendicarono presso il re i propri diritti sul
casale. Non sappiamo come la vicenda venne a concludersi, tuttavia da un
documento del 1324 sappiamo che i beni dei Templari di Alberona erano stati
ereditati dagli Ospitalieri.
La chiesetta di Santa Maria della Serritella esiste tutt’oggi, a cinque chilometri di distanza dall’abitato di Volturino: è meta di pellegrinaggio durante la festa patronale che si tiene la prima domenica di maggio.
©2005 Vito Ricci