MEDIOEVO TEMPLARE |
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a cura di Vito Ricci |
di Vito Ricci
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Nella Puglia meridionale gli insediamenti templari erano molto limitati; probabilmente ciò è da collegarsi alla scarsa possibilità di sviluppo agricolo dovuto alla mancanza di risorse idriche nella zona e al carattere prevalentemente carsico del territorio. Di rilievo erano sicuramente i porti di Brindisi e, in misura minore, Otranto.
Sulla
base di documenti a noi pervenuti si ha notizia della presenza dei Templari in
Terra d’Otranto, sin dalla seconda metà del XII secolo, nelle seguenti
località:
Una
fondazione templare era operativa a Brindisi dal 1196, quando, nel febbraio di
quell’anno, era amministrata da Ambrogio. Secondo lo storico locale P. Coco
i Templari si sarebbero insediati a Brindisi in epoca normanna, forse intorno
al 1169. In
una chartula
di papa Onorio III datata 24 luglio 1217 viene fatto cenno al Maestro e ai
frati Templari di Brindisi e Genova.
Con
l'avvento della casa di Svevia sul trono di Sicilia, le case templari subirono
confische e sequestri. Un notevole ridimensionamento fu subito anche dalla
mansione brindisina. Federico II, infatti, al fine di contenere l'ingerenza
della Chiesa nei suoi Stati, aveva promulgato nel 1228 la costituzione Predecessorum
Nostrorum, con la quale tutti i beni acquistati dagli Ordini durante
la sua minore età, eccettuati quelli posseduti dagli stessi prima della morte
del re Guglielmo II (1189), dovevano essere restituiti alla corona. Le
limitazioni ed i condizionamenti imposti alla domus di S. Giorgio del Tempio
in Brindisi sono determinati, fra l'altro, dalla successione di prelati nella
cattedra vescovile vicini agli interessi dello Svevo quali Pellegrino
(1216-1222), Giovanni da Traietto (1224), Pietro Paparone (1231-1248), dalla
crescente importanza del porto di Barletta nella politica estera e commerciale
dell'epoca. Un documento del 1244 riporta il nome di frate Bonesigna (o
Bonasenga) quale precettore della domus brindisina.
In
virtù di una nuova politica filopapale e delle rinnovate attenzioni mostrate
da Carlo d'Angiò per le città costiere di Puglia in un'ottica
espansionistica d'Oltremare, tornò alla ribalta la Sacra Militia
Templi
in Brindisi. Reintegrata parzialmente nelle antiche proprietà, la casa di S.
Giorgio, grazie alle protezioni della Chiesa e all'accondiscendenza della
corona angioina, perseguì con tutti i mezzi il profitto orientando i suoi
interessi economici nell'imprenditoria marittima non disdegnando,
frequentemente, l'illegalità. Nel 1269 e 1270, infatti, fra' Ginardo,
precettore templare in Brindisi, aveva posto sotto sequestro nel porto le navi
mercantili di Matteo il veneziano, quelle di Fusco Campanino di Ravello e di
altri mercanti veneziani, di Fermo ed Ancona, derubandole del loro carico e
imprigionando alcuni marinai nel castello regio.
Nel
1275 Carlo I d’Angiò invitò l’Ordine Templare ad inviare un frate per la
sorveglianza, assieme agli ufficiali regi, della ricostruzione di una
torre-faro nel porto, allo scoglio detto del Cavallo, lungo la costa
meridionale brindisina. Tale richiesta veniva motivata con il fatto che i
Templari avevano un intenso traffico in uomini e merci fra Brindisi e la Terra
Santa. Nel porto di Brindisi svernano le navi templari di Puglia e nei suoi
cantieri venivano effettuate le riparazioni. Abbiamo testimonianza che il 3
agosto 1278 Carlo I d'Angiò scriveva a Giovanni Siginolfo e ad Angelo
Sannello, portolani di Puglia e Abruzzo, facendo loro sapere che per suo
ordine Simone di Belvedere, viceammiraglio del regno dal fiume Tronto a
Crotone, aveva fatto riparare la nave S. Maria dei Templari nel porto di
Brindisi. Tale nave presto avrebbe trasportato sino ad Acri Ruggero di
Sanseverino, conte de' Marsi e vicario generale del Regno di Gerusalemme, 35
cavalli, un carico di biscotti e altre vettovaglie.
Nel
1289 fu precettore di S. Giorgio in Brindisi fra' Guglielmo da Nozeta (o Noset).
Sono documentati in questa domus, inoltre, il miles
fra' Guglielmo de Beriant e i servienti fra' Jacopo da Ancona, Vassilio da
Marsiglia, oltre che Ruggero da Flor (Flores). Questi era figlio di Riccardo
Blumen, falconiere di Federico II, che aveva latinizzato il proprio cognome in
Flores, e di una nobildonna brindisina, probabilmente della famiglia dei
Ripalta: nacque in Brindisi tra il 1266 ed il 1267. Rimasto orfano del padre,
perito in battaglia, fu affidato dalla madre, intorno al 1280, a fra' Vassayl
da Marsiglia, converso templare della Casa brindisina. Ruggero non fu mai un
frate dell'Ordine, né un sergente, ma semplicemente uno dei tanti maestranti
che lavoravano per l'istituzione monastico-cavalleresca. Cresciuto nella Casa
del Tempio, all’età di vent'anni, per le precoci e notevoli capacità nella
pratica marinara dimostrate, si vide affidare il comando di una nave che
l'Ordine aveva acquistato dai Genovesi, denominata "Il
Falcone del Tempio". Per conto del Tempio, nel 1291, accorse in
aiuto della popolazione cristiana di Acri, riuscendo a metterla in salvo a
Mont-Pelerin. Accusato dal Gran Maestro Jacques De Molay di essersi procurato
illeciti profitti, aver borseggiato ed estorto danaro ai profughi cristiani,
fu congedato dall'Ordine e lo stesso Falcone
disarmato a Marsiglia. Successivamente offrì i propri servigi come mercenario
e capitano di ventura agli Angioini, agli Aragonesi e all’imperatore di
Bisanzio.
La
domus brindisina, come già accennato, era ubicata nella chiesa di San Giorgio de
Templo, la quale nell’ottobre del 1260 pagava all’erario ben
quindici tarì d’oro annui. Erroneamente gli studiosi (tra cui anche Caponio,
Imperio e Valentini in Guida
all’Italia dei Templari) e
la tradizione hanno considerato il loggiato presente in piazza Duomo
come un resto della domus templare, tanto da chiamarlo portico dei Templari.
Il portico, stando alla documentazione locale, costituiva il piano terra del
palazzo che appartenne alla nobile famiglia De
Cateniano, citata in alcuni documenti in Brindisi fin dal XIII secolo.
Lucio De Cateniano (la famiglia si estingueva sui finire del XVI secolo),
sindaco di Brindisi tra il 1551 ed il 1556, donò all'ospedale civico o dei
poveri, all'epoca istituito con pubbliche donazioni, le sue proprietà in
piazza Duomo. Inoltre, un’attenta analisi dell’architettura suggerisce
uno stretto legame con le costruzioni fortificate monastico-cavalleresche del
Medio Oriente. La sottostante insula
dei cavalieri gerosolimitani alla marina, non escluderebbe una originaria
appartenenza del portico al complesso dell'Ordine Ospedaliero, membro in
seguito accorpato nel palazzo De Cateniano (si veda il sito pavalon,
ove è sostenuta tale tesi).
La chiesa di San Giovanni al Sepolcro
Secondo
qualche studioso locale, i Templari ebbero anche una seconda sede presso la
chiesa di San Giovanni al Sepolcro, collegata da una strada ancor oggi
chiamata via dei Templari. Il Vacca in Brindisi
ignorata. Saggio di topografia storica, a pagina 11 sostiene che la
chiesa di «San
Giorgio de Templo» era ubicata nei pressi della stazione ferroviaria,
laddove esiste un bastione denominato San Giorgio, ultimo residuo
dell’antica domus templare. Lo stesso autore, invece, rigetta l’ipotesi
che la chiesa di San Giovanni al Sepolcro appartenesse ai cavalieri
rossocrociati.
Il
15 maggio del 1310 a Brindisi si inaugurò nella chiesa di Santa Maria del
Casale il processo ai Templari del Regno di Sicilia, sulle cui vicende si
rimanda alla parte dedicata nel paragrafo Il
declino dell'Ordine. Le Inquisizioni e il processo di Brindisi.
Nel
1312 tutti beni dei Templari di Brindisi passarono ai cavalieri di San
Giovanni.
Uno storico locale,
Michele Montanari, nel libro Storia di Galatina, a pagina 212 ricorda l’esistenza nella piazza Vecchia di Galatina
di una chiesa consacrata a Santa Maria del Tempio.
L’Ordine dei Templari in questa città ebbe la Chiesa di Santa Maria del Tempio, nota anche come Santa Maria della Sanità. Essa sorgeva nella via che da piazza Sant’Oronzo porta alla chiesa di Santa Croce: tale via è ancora oggi chiamata via dei Templari. Con l’avvio delle inquisizioni ai danni dei Templari il 25 marzo 1308 Letizio de Inorocato, giudice di Lecce, e Goffredo de Ysaya, notaio, in esecuzione degli ordini ricevuti da Roberto d’Angiò, redigevano l'inventario dei beni che la domus templare di Lecce possedeva oltre che nel territorio della città anche nella pertinenza di Otranto. Dopo il 1312 la cappella di Santa Maria del Tempio passò ai Gerosolimitani. Successivamente fu assegnata prima ai Minori Osservanti e poi ai Minori Riformati.
Della fondazione templare di Manduria non conosciamo né il titolo né tanto meno l’ubicazione. Essa viene ricordata in un documento, datato 19 maggio 1309, nel quale è riportato
che il giudice Pietro Porcario di Aversa, al quale erano stati affidati i possedimenti templari in Terra d’Otranto, nominava dei procuratori affinché redigessero l’inventario delle proprietà dell’Ordine a Casalnuovo, nome con il quale era nota nel Medioevo Manduria.
L’unico riferimento alla presenza di un insediamento templare a Maruggio ci è fornito da un atto datato 9 ottobre 1320 che faceva parte dei registri della Cancelleria Angioina andata distrutta e giunto a noi in una trascrizione del secolo XIX ad opera della storico napoletano Camillo Minieri Riccio. In tale documento è riportato: «Casale Marigii, quod fuit q. m. Templarium», ossia che il casale di Maruggio un tempo fu proprietà dei cavalieri del Tempio. Di altre notizie non disponiamo. La studiosa Bianca Capone, in Sulle tracce dei Templari, si occupa ampliamente di Maruggio e fa una ricostruzione storica molto dettagliata. Nei registri di Carlo I d’Angiò viene riportato che la famiglia De Marresio era feudataria di Maruggio, ove si trovava un commenda gerosolimitana, senza ulteriore specificazione. La denominazione gerosolimitano, trattando di ordini monastico-cavallereschi, viene di solito attribuita ai Giovanniti. La Capone sostiene che nel caso di Maruggio si sia fatta confusione fra Giovanniti e Templari, anch’essi di fatto gerosolimitani, poiché il loro ordine venne fondato a Gerusalemme (Ordine del Tempio di Gerusalemme). I De Marresio ottennero il feudo di Mareggio in epoca normanna, probabilmente dopo il 1130, quando Ruggero II unificò il ducato di Puglia e di Calabria dando vita al Regno di Sicilia. Era questo il periodo di ascesa dell’Ordine del Tempio e, secondo la Capone, i De Marresio consentirono ai Templari di fondare una mansione nel proprio feudo, o, addirittura, concedettero loro in affitto il casale con l’annesso castello.
Tra le attività svolte dai cavalieri a Maruggio sono da ricordare i
lavori di bonifica e di prosciugamento dei terreni paludosi che circondavano
la zona, nonché l’estrazione del sale dalle acque degli stagni costieri.
Nel marzo 1308 anche i Templari di Maruggio furono arrestati e approfittando
di ciò Giovanna Caballaro si sarebbe impossessata della mansione dei Templari e
dei loro beni, o quanto meno li ebbe in custodia dal giudice Pietro Porcario di
Aversa, responsabile dei beni templari in Terra d’Otranto. Nel maggio 1312
papa Clemente V decretò l’assegnazione dei beni dei Templari ai Giovanniti
e probabilmente la Caballaro si rifiutò di consegnare il feudo ai nuovi
legittimi proprietari: la consegna avvenne solo nel 1317, forse dietro
intimazione di Roberto d’Angiò, e in cambio dell’ingresso nell’Ordine
Giovannita del figlio di Giovanna Caballaro, Nicola de Pandis.
In
merito all’ubicazione dell’insediamento ci sono due ipotesi: in un
edificio nei pressi del luogo in cui, nel XV secolo, i cavalieri di Malta
edificarono il proprio castello, oppure, tenendo conto che le domus dei
Templari sorgevano lontano dai centri abitati, si può ipotizzare che fosse
ubicata presso la Madonna del Verde, cappella del cimitero e possesso dei
Cavalieri di Malta. La chiesa anticamente era intitolata a Santa Maria del
Tempio, come si può anche evincere da una lapide del 1585, quando la chiesa
venne ricostruita: «Templum
D. Marie Virgini dicatum vetustate collapsum», ove D. starebbe per
Domini; con l’espressione Templum
Domini di solito ci si riferiva ai Templari. Non è da escludere che
entrambi gli edifici fossero dei Templari e, come riscontrato a Vulci, nella
Maremma laziale, il precettore e i cavalieri presidiavano il castello, mentre
dei sergenti erano insediati presso la Chiesa della Madonna del Verde. I
Giovanniti, divenuti poi cavalieri di Rodi e quindi di Malta, ebbero una Commenda
a Maruggio sino al 1819.
Come
sottolineato da Bramato, la presenza templare in Oria non è suffragata da
alcuna testimonianza diretta. Esiste tuttora una chiesa denominata Santa Maria
al Tempio, in passato Santa Maria del Tempio, il cui nome, con l’indicazione
“del Tempio”, lascia supporre una fondazione della chiesa da parte dei
Templari. Di tale avviso sono gli autori Capone, Imperio e Valentini nel testo
Guida
all’Italia dei Templari (pagine 252 e seguenti). Tali autori giustificano la presenza templare
ad Oria con la sua posizione strategica: è ubicata su una collina che domina
la pianura di Lecce, inoltre il centro era dotato anche di un imponente
castello voluto da Federico II. La mansione oretana doveva avere la funzione
di difendere il territorio e le popolazioni dei casali circostanti dal
pericolo di incursione saracene provenienti dalla costa ionica, che dista una
ventina di chilometri.
Si
ha notizia della chiesa di Santa Maria del Tempio nel 1542 in occasione di un
matrimonio in essa celebrato. Altre informazioni risalgono agli inizi del XVII
secolo, quando viene ricordata con il titolo di «Ecclesia
Sanctae Mariae del Tempio» nel libro delle visite pastorali. Il 10
maggio del 1602 il vescovo di Oria, monsignor Lucio Fornari, si recò alla
chiesetta di Santa Maria del Tempio e la trovò «decenter
ornata», tuttavia priva di altare,
per cui ordinò un altare
portatile ed una croce per potervi celebrare la messa. Sempre dai documenti
relativi alla visita pastorale sappiamo che la chiesa non forniva alcun
reddito («nullus
habet redditus»). Da tale circostanza può arguirsi che la
domus
templare di Oria, sempre che sia esistita, con l’abolizione dell’Ordine
non passò ai Giovanniti come spesso avvenne con i beni del Tempio, ma alla Curia, che ne è a tutt’oggi proprietaria.
Dell’insediamento templare resta solo la chiesetta, ristrutturata nel
Seicento.
In
una lettera del 23 giugno 1198 indirizzata dal papa (Celestino III o Innocenzo
III) all’arcivescovo di Trani e all’arcidiacono di Brindisi, vi è un
riferimento a 270 malachinos che
un vescovo di Otranto aveva legato «domui Ierosolimitani et militiae
Templi».
La domus di Otranto dipendeva da quella di Lecce: infatti nel 1308 tali
proprietà sono comprese nell’inventario dei beni dei Templari leccesi.
Non
si hanno notizie o testimonianze sulla presenza dei Templari in questo luogo,
tuttavia l’esistenza a tutt’oggi di una chiesa denominata Santa Maria del Tempio lo lascia supporre.
©2005 Vito Ricci