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LA CASA EDITRICE

Federico II. Ragione e fortuna, 2 voll., 1.848 pp., 700 ill.,  Istituto Treccani, 2005.

L'enciclopedia, unica nel suo genere, offre un completo ritratto del personaggio e apre al fruitore un esteso panorama sull'intera epoca caratterizzata dall'operato dello Svevo in un contesto geopolitico molto ampio compreso tra la scena europea e il teatro mediterraneo.
L'opera contiene oltre cinquecento voci enciclopediche, ordinate alfabeticamente. Moltissime sono le biografie: dell'imperatore stesso, dei membri del suo casato, delle maggiori personalità del tempo quali sovrani, artisti, intellettuali, ecclesiastici, uomini dell'apparato politico, amministrativo e giudiziario. Ad arricchire l'affresco dell'epoca sono dedicate voci riguardanti temi più generali - i regni, le grandi religioni monoteiste, il diritto, la cultura - e argomenti più specifici quali l'alchimia, l'astrologia, la cucina, la fisiognomica, l'ingegneria, la magia, la monetazione, la musica, il profetismo, gli svaghi, la viabilità, ecc.
Ricche sono le voci ispirate agli aspetti positivi e negativi della leggenda che si lega alla controversa figura di Federico, leggenda che ebbe origine quando egli era ancora in vita e che è giunta fino ai giorni nostri.
Federico II è un gioiello dell’editoria non solo per il rigore scientifico dei contenuti ma anche per la sontuosa veste editoriale che ne fa una vera gemma di ogni qualificata biblioteca. La legatura è in tutta pelle e la qualità della stampa e della carta esaltano lo splendore delle centinaia di immagini.

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GIACOMO ANNIBALDIS

 

Su Federico il sole della leggenda non tramonta mai

 

Parla il medievista pugliese Cosimo Damiano Fonseca, uno dei curatori della «Enciclopedia Fridericiana» della Treccani, edizione raffinata e punto fermo sul «puer Apuliae».

 

Su Federico II di Svevia sembra che il sole della leggenda non tramonti mai. E anche dopo le rievocazioni del centenario della nascita, dieci anni fa (a Bari si svolsero convegni e una mostra significativa), l'interesse per il «puer Apuliae» non si attenua. Anzi si rinfocola. Uno «stupor mundi»: è il caso di dirlo, sfogliando i due raffinati volumi su Federico II, Enciclopedia fridericiana, editi dalla Treccani. Il prezzo non è per tutte le tasche (900 euro), ma i curatori (nonché i collaboratori) sono una garanzia: con Girolamo Arnaldi, Ortensio Zecchino, Arnold Esch, Antonio Menniti Ippolito e Alberto Varvaro c'è anche il nostro Cosimo Damiano Fonseca, cui abbiamo rivolto alcune domande.

Professore, un Federico II da collezione? Copie numerate, prezzo da regalo di lusso, targhetta d'argento per il possessore? Ma dopo la prima edizione è almeno prevista una diffusione più accessibile di tanto sapere? 

«Dalla più celebre Encyclopédie di d'Alembert e Diderot alle varie Enciclopedie nazionali, come la Britannica e la stessa grande Enciclopedia Treccani, senza ricorrere neppure alla civetteria delle copie numerate e conseguentemente alla rarità bibliografica, il prezzo non è stato mai "modico". I costi dell'operazione sono molto alti tenuto conto delle spese di primo impianto, del numero delle pagine (oltre 1800) e delle voci (oltre 600), della qualità dei collaboratori (circa 220), della consistenza dell'apparato delle immagini, della rilegatura e via elencando. Enciclopedie di questo tipo - e solo per riferirci ai prodotti dell'Istituto Treccani: la Dantesca, la Virgiliana, l'Oraziana, ecc. - sono destinate a durare nel tempo e, quindi, l'acquisizione diventa un vero e proprio investimento. La Fridericiana, pur essendo la prima edizione numerata, sta riscontrando un enorme successo sia in Italia che all'estero: segno evidente dell'interesse che Federico II continua a riscuotere in tutto il mondo». 

Due volumi sono sufficienti per dire tutto su Federico? 

«Non è improbabile che ai due volumi ora editi se ne possa prevedere l'aggiunta di un terzo relativo alle opere dello stesso imperatore che, come è noto, fu legislatore con il libro sulle Costituzioni di Melfi, poeta con i componimenti della Scuola Siciliana, etologo ante litteram con il famoso trattato sulla falconeria». 

Quali sono i punti forti che lo rendono «uomo di successo» anche nei nostri tempi? 

«C'è una voce, in questa Enciclopedia fridericiana dedicata al "mito" di Federico II: mito storico che lo stesso svevo ha accreditato ricorrendo ad arditi accostamenti biblico-messianici e accentuando il carattere sacrale della dignità imperiale, ma che la tradizione ha avvalorato sino ad inventarsi una sorta di reclusione sulfurea nell'Etna in attesa di una risurrezione e ascensione al cielo, come quella di Elia e di Alessandro Magno. E non parliamo delle leggende fiorite intorno al personaggio collegate al linguaggio criptico delle profezie sibilline, alle tesi del gioachinismo che riconoscevano all'imperatore una duplice funzione, quella di alleato nella riforma della Chiesa e l'altra di Anticristo incarnato». 

Questo nei secoli scorsi. Ma oggi? 

«Non si dimentichi il giudizio di Nietzsche che in Federico II aveva indicato l'eroe antimoderno e anticristiano influenzando l'autore della più celebre biografia dello svevo, Ernst Kantorowicz. Quello che è certo è che ogni epoca si è creato il suo Federico, secondo il tipo di interessi culturali, religiosi e politici che perseguiva. Basti leggere le ultime tre biografie, quelle scritte dall'inglese Abulafia, dal tedesco Sturner e dal francese Racine, per avere una riprova. Oggi di Federico si apprezza l'intuito politico, la ricerca della razionalità nel diritto, il concetto di laicità, la fede nella scienza, insomma una serie dei valori che interpretano le pulsioni della nostra società». 

L'Enciclopedia apporta molte novità. Ma dirime l'antica diatriba su Federico: fu l'ultimo grande del Medioevo o il magnifico anticipatore dell'Umanesimo (e della modernità)? 

«È questa consapevolezza di un personaggio di transizione a cavallo tra medioevo ed età moderna che ha finito con ingenerare perplessità circa l'interpretazione data da David Abulafia con il suo profilo biografico di Federico II. Lo storico di Cambridge lo ha considerato, come recita il titolo, un imperatore medioevale. In realtà a Federico va riconosciuta una poderosa capacità di anticipatore di nuove realtà, di precorritore della modernità senza ovviamente decontestualizzarlo dalla sua epoca e, quindi, forzare il giudizio storico con categorie che appartengono ad altre sensibilità e a più mature e diverse esigenze». 

Quanto di Puglia e Lucania emerge in questa mappa enciclopedica? 

«Puglia e Basilicata sono corposamente presenti in questa enciclopedia non solo nelle voci generali, ma anche in quelle specifiche: a cominciare dalle voci dedicate complessivamente alle due regioni all'interno delle quali aveva creato i centri della sua attività di governo, come a Foggia, la terza capitale del Regno, con il suo Palazzo; come a Melfi dove sviluppò una intensa attività culturale di cui rimangono cospicue testimonianze i colloqui astrologici con Michele Scoto, le traduzioni delle opere di Avicenna e di Aristotele, la composizione delle Constitutiones, la redazione del De arte venandi. Ci sono voci poi dedicate ai porti, alle città nuove, ai castelli, primo fra tutti Castel del Monte - interpretato con categorie meno, anzi affatto, indulgenti all'esoterismo -, alle masserie, ai luoghi di piacere, ai protomagistri, ai giuristi, ai gruppi etnici, ecc.: insomma una ventina di lemmi delineano la facies sveva della Grande regione Puglia-Basilicata». 

Federico e le sue donne? Concediamoci un po' di mondanità. Nelle nostre terre di Puglia e Basilicata, oltre alle tombe delle regine in Andria e alla leggenda di Bianca Lancia a Gioia, quali altre tracce sono rimaste delle donne di Federico?

«Ah, Federico e le donne! Argomento sempre fascinoso tenuto conto che quella mala lingua del cronista parmense, fra' Salimbene de Adam, sulla lussuria dell'imperatore non aveva usato eufemismi o reticenze. E non era stato certo l'unico il buon francescano. Forse, però, si dimenticano i costumi del tempo e quella parte di "sultanato" che portava Federico a vivere secondo le abitudini orientali con grande disinvoltura». 

Perciò si continuerà ad alimentare una immagine torbida dei suoi amori? 

«Una cosa è certa: le fonti su questo tema scarseggiano, salvo il caso di Bianca Lancia, madre di Manfredi, - cui è dedicata una voce -. Il cronista Tommaso Tosco, che scriveva nel 1279, insinua l'ipotesi che Federico II avesse avuto rapporti promiscui tanto con la madre quanto con le figlie. E poi sia nell'affresco scoperto a Bassano sia in quello, peraltro contestato, di Melfi, il quadretto della famiglia di Federico, tutta compostezza iconografica e amore cortese, fa aggio sulle avventure erotico-sentimentali entro le quali aveva perfettamente incarnate la focosa rudezza dei costumi teutonici con il delicato esercizio dei piaceri connesso ai profumi isolano-mediterranei».

 

Giacomo Annibaldis

    

 
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da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 24/6/2005

 

  

 

 

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