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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI SALERNO

in sintesi, pagina 1

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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  • Acciaroli (torre del Caleo)

    Dal sito www.mediaforme.net   Dal sito www.homelidays.it   Dal sito www.comune.pollica.sa.it

    «La robusta costruzione del Caléo sorge appena fuori dal centro abitato di Acciaroli, in direzione Pioppi. La fabbrica, ormai in rovina, fu costruita intorno al 1520-25, per volere del signore di Cannicchio e storicamente seguì le vicende della Torre Normanna di Acciaroli. Entrambe furono inserite nel sistema difensivo ideato dagli Spagnoli nel XVI secolo».

    http://www.comune.pollica.sa.it/pagine/view_page.php?p=003b&t=torri


    Acciaroli (torre normanna)

    Dal sito www.rblob.com/hamradio   Dal sito www.comune.pollica.sa.it   Dal sito www.hotellaplayaacciaroli.it

    «La costa del Cilento, storicamente molte volte attaccata e depredata da mare, a partire dal periodo normanno, si andò dotando di un complesso sistema difensivo che da Agropoli si articolava fino a Sapri. Vennero complessivamente erette 58 torri sulla costa, mentre in punti strategici dell’interno, a sorveglianza delle principali vie di comunicazione, si elevarono roccaforti comunicanti con esse. La torre compare nelle carte antiche con la denominazione di bastione o anche torre di Cannicchio, in quanto ricadeva sotto giurisdizione di quel feudo. Già nel 1223 la Torre Normanna fu inserita dall'imperatore Federico II fra le torri di guardia del litorale e gli Spagnoli in seguito, la utilizzarono nel loro sistema difensivo costiero, unitamente a quella del Caléo. Negli anni ‘60 la torre è stata acquistata e successivamente ristrutturata dalla famiglia Schiavo».

    http://www.comune.pollica.sa.it/pagine/view_page.php?p=003b&t=torri


    Agropoli (borgo, porta d'ingresso al borgo)

    Dal sito http://capitanomemo.blogspot.it   Dal sito www.viviagropoli.it

    «L'abitato è sormontato dal centro storico, che conserva il centro antico, gran parte delle mura e il portale seicentesco. Il centro storico è di forte richiamo turistico. Lungo le numerose stradine e tra i monumenti, vi sono negozi, bar e locali che servono i piatti del luogo, tra cui la pizza agropolese, servita in un cesto di vimini. Vi si accede attraverso la caratteristica salita degli "scaloni", uno dei pochi esempi di salita a gradoni e la porta monumentale, ben conservata. La porta: ha due aperture; sulla destra della porta principale ce n'è una, secondaria, ad arco ribassato, aperta agli inizi del XX secolo; tra le aperture è visibile una feritoia che permetteva la vigilanza e la difesa. La porta è sormontata da cinque merli, due dei quali sostengono altrettante palle di pietra. Le palle, alternate con altre di cemento e una croce di ferro indicante l'anno 1909, ricordo delle sacre missioni, decorano il parapetto sul ciglio della rupe. Al di sopra della porta principale si nota lo stemma marmoreo dei duchi Delli Monti Sanfelice, ultimi possessori feudali della città (lo stemma originariamente decorava l'ingresso del Castello). L'imponente stemma marmoreo è sovrastato da una corona rovinata ed è rifinito in basso da un mascherone. Il campo principale ha forma di scudo ed è suddiviso in due parti dove sei oche sono unite in due gruppi di tre (in alto allineate, in basso riunite in triangolo), originario emblema dei Sanfelice, e una croce, che era il simbolo della famiglia estinta Delli Monti. La porta è parte integrante della cinta muraria, costruita in pietra locale e composta da due bracci, uno meridionale e uno settentrionale che si imperniano sul Castello e si concludono sullo strapiombo della "Rupe", difesa naturale dagli invasori. Gli scaloni: Il borgo antico è raggiungibile a piedi percorrendo la caratteristica salita degli "scaloni", per secoli unica via d'accesso al borgo e oggi uno dei pochi esempi di salita a gradoni, caratterizzati da gradinate larghe e basse, sopravvissuti alle esigenze del traffico veicolare, che altrove ne hanno determinato il livellamento. Per la poca popolazione locale residente sul promontorio storico vi è una strada secondaria retrostante, carrabile, e per un tratto, quello finale, a traffico limitato. Il muro di protezione degli scaloni è ornato da merli con estremità sferica che richiamano i merli della porta ed una croce di ferro indicante l'anno 1909, ricordo delle sacre missioni».

    http://it.wikipedia.org/wiki/Agropoli#Monumenti_e_luoghi_di_interesse


    Agropoli (castello aragonese di Borgo Antico)

    Dal sito www.infocilento.it   Foto di Cavarrone, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.sposinelcilento.com

    «Addossato al borgo antico di Agropoli, il Castello si erge in tutta la sua austera bellezza sul promontorio della città, impreziosendo con la sua architettura la già incantevole località cilentana. Le sue origini sono antichissime, le prime testimonianze giunte risalgono al periodo greco-bizantino, quando venne edificato un baluardo come torre di avvistamento. Nel corso dei secoli, la presenza dei normanni prima e degli angioini poi, ha delineato la fisonomia del castello ampliandone la pianta con torri e rinforzandone le difese con mura spesse ed alte. Purtroppo di questo periodo storico non resta molto solo parte della cortina e del fossato. è la fase successiva infatti, quella aragonese del XV sec., a darne l’aspetto definitivo. Il castello divenne un vera fortezza difensiva, con feritoie e fossato circostante, in modo da ostacolare l’arrivo del nemico in tutte le direzione. Con il passare dei secoli, la sua destinazione cambia nuovamente, diventando residenza privata di famiglie nobiliari. A pianta triangolare e con tre torri circolari, si erge sul promontorio incastrandosi come un vertice nell’interno dell’area del borgo antico, mentre la base si protende fuori del nucleo abitato, come fortificazione avanzata sul versante collinare dal pendio più dolce e più esposto agli assalti. Attorno alle mura del castello si trova un fossato largo e profondo, ora distinguibile sul lato verso il borgo, mentre è quasi scomparso il dislivello sul lato orientale a causa dei lavori agricoli e dei cedimenti del terreno avutisi nel corso dei secoli. Il castello presenta l’aspetto assunto dopo le ristrutturazioni d’età aragonese (XV secolo d.C.) che devono aver notevolmente ampliato l’originario impianto, a forma triangolare. L’interno del castello è occupato dalla piazza d’armi e da edifici addossati sui lati settentrionale e orientale. La piazza, oggi adibita a giardino e a teatro all’aperto, non è frutto di un riempimento artificiale, ma poggia sulla roccia inglobata a suo tempo nelle mura del castello, mentre sul lato settentrionale si trova la “Sala dei francesi”, così chiamata a ricordo della sosta del drappello delle truppe francesi nel periodo napoleonico. Il castello di Agropoli è legato a due personaggi: Luisa Sanfelice, della cui famiglia resta lo stemma araldico su un portone, eroina della repubblica partenopea del 1799, giustiziata l’anno successivo, personaggio minore della rivoluzione napoletana del 1799, la cui vicenda umana ispirò il romanzo di Alexandre Dumas (padre), La San Felice, e la scrittrice francese Marguerite Yourcenar, che lo menzionò nel racconto Anna, soror».

    http://www.settessenze.com/it/in-agropoli/il-castello-aragonese/


    Agropoli (torre San Marco, torre San Francesco)

    Torre San Marco, dal sito www.viviagropoli.it   Torre San Marco, dal sito www.agropoli.eu   Torre San Francesco, dal sito www.visititaly.it

    «La presenza di torri fortificate sulla costa di Agropoli, come del resto lungo l’intera costa tirrenica meridionale, è collegata alla minaccia costituita dalle scorribande dei pirati. A seguito dell’ordine generale di costruzione di una catena ininterrotta di torri costiere, emanato nel 1564 dal viceré spagnolo don Pedro de Toledo, iniziano a sorgere lungo la costa che da Agropoli giunge a Sapri torri di avvistamento nei punti strategici. A seguito di quest’ordine verrà rafforzata la Torre di San Marco, di forma circolare, all’epoca esistente, cui si affiancherà la Torre di San Francesco, costruita su un’alta sporgenza a picco sul mare, poco più a sud del promontorio sovrastato dal Castello» - «Torre di San Francesco sorge su un'alta sporgenza a picco sul mare, poco più a sud del Castello, accanto al convento francescano del 1230. La Torre, di forma quadrangolare, risultava in posizione strategica, comunicando col Castello, con la Torre di San Marco, con la Torre di Trentova e quella di Punta Tresino» - «La torre S. Marco del XIII sec. è stata rifatta nel XVI sec. ed oggi interamente ristrutturata e adibita ad abitazione; quella costiera di S. Francesco (1567), adibita a civile abitazione nella parte superiore, ben conservata nella struttura antica quella inferiore; torre Tresino edificata nel 1277 nei pressi di punta Tresino».

    http://www.settessenze.com/it/blog/torre-san-marco - http://www.viaggiart.com/it/place... - http://www.ilfalcodelcilento...


    ALBORI (torre d'Albori)

    Dal sito www.torreomnia.com   Dal sito www.weagoo.com

    «La torre è di epoca vicereale, a doppia altezza; è stata restaurata malamente per adattarla ad abitazione privata. La torre è di proprietà privata. Non è visitabile. Le torri costiere e le altre evidenze di archeologia militare, anche quelle non visitabili, potrebbero essere valorizzate dall’inserimento in un percorso di visita tematico da effettuarsi via terra o via mare. Dei pannelli informativi posti all’esterno della struttura potrebbero essere sufficienti per segnalarne la presenza e le caratteristiche storiche e architettoniche».

    http://www.unescoamalficoast.it/it/beni/item/411-torre-albori


    Altavilla Silentina (castello Solimena, porte)

    Dal sito http://iluoghidelcuore.it   Dal sito http://iluoghidelcuore.it   Dal sito www.infocilento.it

    «Il castello di Altavilla Silentina, che ancora domina il paese con la sua possente mole, è probabilmente risalente all'XI secolo, periodo in cui il Guiscardo recintò l'insediamento con mura a forma triangolare. Doveva essere una vera e propria roccaforte in quanto riuscì a resistere agli assalti dei saraceni e a quelli di Federico II di Svevia che, dopo averlo espugnato e distrutto nel 1269 e successivamente riparato, si vantò di aver conseguito un vero successo militare. Rifatto nel 1608 dai nobili Colonna, fu donato successivamente dal re di Napoli ai nipoti di Angelo e Francesco Solimena, da cui ha preso il nome, quale compenso delle pitture eseguite a Capodimonte e a Palazzo Reale da parte di questi grandi artisti, originari di Nocera. Il castello, oggi adibito ad abitazioni civili, e che aggiunge all'austero stile normanno i rifacimenti barocchi da villa di campagna settecentesca, presenta tutt'ora all'esterno la cinta muraria intercalata da torri cilindriche e, all'interno i resti delle carceri e i camminamenti sotterranei per sfuggire agli assedi» - «Sul finire del secolo XI , con l'avvento normanno, Altavilla ha un castello, la chiesa ed alcune case aventi come pareti le mura del paese. ... Il Catalogo dei Baroni informa che, dopo il 1140 Roberto Vosville (Bassavillanus), conte di Loritello ne teneva il possesso. Lorenzo Giustiniani ha scritto che con Roberto, Altavilla divenne una vera e propria fortezza a forma triangolare, con l'abitato circondato da spesse mura per una lunghezza di circa 1200 m, e da fossi, con tre porte d'accesso. Il conte Guglielmo Sanseverino, signore di Capaccio e Altavilla, vissuto nel turbinoso periodo del passaggio dalla dominazione normanna alla sveva, nel 1245 congiurò contro Federico II, che nell'aprile del 1246 assediò Altavilla e dopo aver sfondato al "Murorutto" , la distrusse. Dalla distruzione venne risparmiata solo la "Badia Nullius" di S. Egidio. Inizialmente le mura avevano tre porte: Porta di Suso; Porta Carina (Accarino); Porta S. Biagio; dopo la distruzione del 1246 fu aperta Porta Nova. Ogni porta aveva due torri cilindriche, delle quali una soltanto resta presso Porta di Suso, che con i bombardamenti del 1943, insieme alle torri laterali, fu parzialmente distrutta. All'eccidio dei Sanseverino si salvò, perché non riconosciuto, Robero Sanseverino di nove anni. Questi cresciuto alla corte papale, venne, nel 1254, reintegrato dei beni che già erano stati della sua famiglia. Questo Roberto riedificò Altavilla a forma quadrilatera. ...».

    http://xoomer.virgilio.it/analfin/altsilent4.htm - http://www.divenuta.it/img_portale/storia.htm


    Amalfi (torre saracena)

    Dal sito www.localidautore.it   Dal sito www.comuni-italiani.it   Dal sito www.localidautore.it

    «Torre Saracena, chiamata un tempo "Torre di San Francesco". Era parte delle difese amalfitane, come Repubblica Marinara, contro gli attacchi esterni dei Saraceni; con la sua posizione strategica permetteva di controllare una vasta area di mare. La struttura aveva anche la funzione di proteggere l'Antico Convento che sorge alle sue spalle, voluto e fatto costruire da San Francesco nel 1222. Entrambi gli edifici (Torre e Convento) vengono tutt'ora utilizzati da un noto e rinomato albergo locale, in cui hanno soggiornato anche famosi attori e divi del cinema come Humphrey Bogart, Ingrid Bergman, Roberto Rossellini».

    http://www.comuni-italiani.it/065/006/foto/


    Angri (castello Doria)

    Dal sito www.tripadvisor.it   Dal sito www.agro24.it   Dal sito www.comune.angri.sa.it

    «Il Castello Doria ha sempre rappresentato nell’immaginario collettivo degli angresi il monumento più importante del paese (insieme alla Chiesa di San Giovanni Battista). Difficile è datare con esattezza l’epoca di costruzione del Castello, che solo nel corso dei secoli ha assunto l’aspetto attuale: l’origine della sua storia è legata alla posizione strategica dell’immobile. Ma il fatto di essere stato costruito in una zona quasi pianeggiante, lontano dagli antichi insediamenti di via Adriana e del casale degli Ardinghi, e soprattutto per la presenza di altre due torri, quella sul valico di Chiunzi e quelle nelle vicinanze di Lettere, lasciano presupporre che il Castello fosse parte integrante di un sistema difensivo più complesso. Dalla descrizione ci si rende conto che l’edificio ha subito numerose modifiche ed adattamenti ai vari stili architettonici delle epoche passate. A causa del terremoto del 1980 il Castello fu dichiarato inagibile, e solo nel 1988, dopo un lavoro di restauro durato ben quattro anni, è tornato ad essere la sede del Comune. Molto probabilmente, dalle testimonianze pervenuteci, l’esistenza del Castello risale al 1290, quando re Carlo II d’Angiò, detto ‘lo zoppo’, assegnò il feudo di Angri a Pietro Braherio o De Braheriis, milite e familiare regio. Durante la lotta per la successione al trono di Napoli tra angioini ed aragonesi, nel 1421, il castello fu dato alle fiamme da Braccio Forte da Montone. Nel 1438, riuscì a resistere all’invasione dell’esercito di Alfonso d’Aragona. Quando i principi Doria, nel 1613, si insediarono ad Angri, divenuta grazie a loro "Principato", e ne detennero il feudo fino al 1806, anno in cui fu abolito il feudalesimo, fecero costruire, accanto alla medioevale Torre un Castello di stile vanvitelliano, con logge sovrapposte a scale a tenaglia in pietra nera, era l’anno 1756. Al Castello fu annesso un principesco Parco. Solo nel 1908 l’Amministrazione Comunale acquistò, per la cifra di novantamila lire, il Castello, adibito a Municipio e carcere mandamentale, e il Parco trasformato in Villa Comunale; la dépandance posta di fronte divenne sede del Casino Sociale; l’aia della Corte (serviva agli zappatori per stendervi il grano d’india ad asciugare dopo il raccolto) fu ceduta per edificare il Monumento ai Caduti. Durante la seconda guerra mondiale fu colpito da una ventina di proiettili d’artiglieria e mortai, e, a causa del rovinoso sisma del 1980, subì numerose lesioni. Dichiarato inagibile, dopo una serie di restauri, attualmente è sede del Comune».

    http://angri.interfree.it


    Aquara (palazzo Ducale)

    Dal sito www.comune.aquara.sa.it   Dal sito www.comunitamontanaalburni.it   Dal sito https://comune.info

    «Il castello, probabilmente del XII secolo, era cinto da mura e torri, che furono diroccate nel 1246 dall'esercito di Federico II in occasione della congiura di Capaccio. Fu restaurato nel 1251 ed adibito a palazzo baronale da Matteo Comite, signore di Aquara. Fu venduto nel 1894 dalla famiglia Spinelli, già feudataria di Aquara, a Giuseppe Martino ed attualmente è di proprietà degli eredi Russo. Vi è ancora un grandioso cortile con portico, nella cui volta si vedono vari affreschi, ed una fontana monumentale a ventaglio di pietra locale. Nel salone si può ammirare un pregevole caminetto intagliato in pietra locale... in un'altra stanza vi è sulla parete nord una grande aquila in stucco riproducente lo stemma dei Fieramosca. Nella parte settentrionale si possono ancora vedere i resti di un monumentale acquedotto, che portava l'acqua al Castello».

    http://www.comune.aquara.sa.it/client/scheda.aspx?scheda=628&stile=3&ti=41


    ATENA LUCANA (ruderi del castello)

    Dal sito www.valloweb.com   Da Pasquale Tizzani (https://www.facebook.com/pasquale.tizzani.3)

    «La costruzione del Castello di Atena Lucana risale all' XI secolo e si deve alla famiglia dei principi Sanseverino. Nel corso del '600, la struttura appariva già diroccata e nel 1620 vennero eseguiti dei lavori che portarono all'ampliamento del palazzo feudale. Secondo le ricostruzioni storiche, la distruzione sia del castello che della torre fu dovuta ai continui attacchi e agli eventi sismici che colpirono la zona, come il terribile terremoto del 1561.  Oggi, dell'antica struttura, rimangono dei ruderi, costituiti soprattutto da muri e da alcuni terrazzamenti, posti al di sopra del centro urbano» - «...Nell'Alto Medioevo dopo il susseguirsi delle dominazioni longobarde e normanne, troviamo infeudata in Atena nel 1282 la famiglia Sanseverino, con Tommaso I, conte di Marsico fino al 1306. Durante la dominazione dei Sanseverino fu potenziato il sistema difensivo della città: Roberto Sanseverino fece edificare sulla sommità del castello un'altissima torre cilindrica da cui era possibile, secondo la credenza, intravedere il mare. Inoltre Roberto, nominato da papa Innocenzo VIII capitano delle truppe pontificie, faceva girare una girandola infuocata sulla sommità della torre di Atena quando riportava delle vittorie sul nemico, ad imitazione della girandola di Castel Sant'Angelo in Roma. Atena restò sotto i Sanseverino fino al 1507, quando Ferrante Sanseverino fu privato dei suoi beni e possedimenti che furono messi all'asta e acquistati dal principe di Stigliano per 25.000 ducati. Nel 1576 prendono possesso della terra di Atena i Caracciolo, marchesi di Brienza, che otterranno nel 1639 il titolo di principe sobra la tierra de Atina. I Caracciolo resteranno principi di Atena fino all'abolizione della feudalità e l'ultima esponente, la principessa Giulia Caracciolo donerà al nipote Luigi Barraco il palazzo costruito dal suo avo Giambattista nel XVI secolo. La peste del 1656 decimò la popolazione e soltanto nella metà del XVIII secolo l'andamento demografico riprese livelli elevati. ...».

    http://www.cittavallodidiano.it/portale/it/istituzione/castello-di-atena-lucana-ruderi - http://www.comune.atenalucana.sa.it/index.php/il-comune


    Auletta (castello marchesale o di Scanderbeg)

    Dal sito www.comune.auletta.sa.it   Dal sito www.visitvallodidiano.com   Dal sito www.visitvallodidiano.com

      

    «Intorno all'anno Mille Auletta era già stata fortificata e aveva tre vie di accesso, che confluivano verso le tre porte delle mura di cinta denominate: Porta del Castello, Porta del Fiume e Porta Rivelino o Piano. In tale periodo era stato già realizzato il Castello Marchesale con le sue torri, che era parte integrante del sistema di difesa del Ducato di Salerno. In epoca normanna questa terra fu dominata da Guglielmo di Principato, appartenente alla stirpe degli Altavilla, e dal figlio Nicola; poi dai Gesualdo, dai Vitilio e dai più nobili Di Gennaro. In merito al castello l’abate Giovan Battista Pacichelli, nel suo “Il Regno di Napoli in prospettiva” pubblicato nel 1702, scrive, riferendosi al periodo di dominio dei Gesualdo: “…vi alloggiarono con splendore Carlo V Cesare, imperciocché, dalla orta della Terra fino alla stanza imperiale, si camminò sopra tappeti, essendo le mura vestite di vaghi panni, con un’artificiosa perschiera in mezzo al cortile, e una pietra, che si vede fin d’allora spezzata, ove quella Maestà pose il piede salendo a cavallo. Chiamasi ora quella la Camera di Carlo V, di dove è stata rapita la tazza in cui bevette, di chiaro cristallo, serbata per più di un secolo dall’università”. Nel periodo aragonese essa divenne “terra promiscua” del feudo di Caggiano. In seguito, per successione femminile, divenne dei Castriota Scanderberg, eredi dell'eroe nazionale albanese del Quattrocento Giorgio Castriota. L’edificio ebbe l'attuale impianto solo dopo il 1494, in seguito all'ispezione condotta nella zona da Alfonso, Duca di Calabria, accompagnato dal fiorentino Antonio Marchesi, esperto di fortificazioni.

    Così risistemato, fu in grado di opporre resistenza agli assalti delle truppe spagnole di Carlo V nel 1535. Dopo i Castriota, per successione ereditaria, passò ai Maioli, che sono anche gli attuali proprietari. Più volte trasformato tra Cinquecento e Seicento, il castello finì per perdere l'originaria impostazione militare, conservando solo il torrione cilindrico nell'angolo nord del giardino. Si presume che in epoca feudale a fianco dell’attuale torrione, ce ne sia stato un altro gemello; entrambi formavano una delle tre porte di accesso al centro storico: ‘Porta Castello’. Il cortile interno, di forma trapezoidale, ha la base minore verso il portale d’ingresso e costituisce il cuore del maniero, che vi si affaccia con un piano terreno, destinato a cantina e depositi, ed il piano nobile. Al centro della base maggiore si trova la scala che permette l’accesso all’appartamento nobiliare. Altre due scale collocate subito dopo il portale d’ingresso, collegano il cortile con il piano superiore e il sottotetto. All’interno vi sono varie sale, arredate con semplicità ed eleganza, ed anche una piccola cappella. Negli Anni ’30, fu notificata ai proprietari del Castello, dal Ministero competente, la sua destinazione a bene di interesse storico-artistico, e da allora è quindi sottoposto ai vincoli previsti dalle varie leggi. Nel 1980, a causa del terremoto, l’edificio ha subito notevoli danni, venendo poi sottosposto a lavori di ristrutturazione. Da oltre dieci anni, le sale del castello marchesale di Auletta sono disponibili per poter effettuare matrimoni e altre cerimonie, con caratteristici banchetti (come vuole la tradizione del luogo). ...».

    http://castelliere.blogspot.it/2013/11/il-castello-di-mercoledi-20-novembre.html


    Battipaglia (Castelluccio o Castelluccia)

    Dal sito http://lacasadeljoker.forumfree.it   Dal sito www.salernopress.it

    «Il Castelluccio, comunemente detto "Castelluccia", è ubicato su una delle colline che sovrastano Battipaglia, comune sorto nel 1929. Il toponimo Battipaglia, tuttavia ha ben più antiche origini essendo menzionato in un documento storico risalente al 1080. In tale manoscritto, il Re normanno Roberto il Guiscardo, il quale aveva promosso la costruzione del Duomo di Salerno, riconosce alla chiesa salernitana il possesso di numerosi beni immobili tra i quali oltre il Duomo di S.Matteo, la chiesa di S. Vito al Sele, la località Campolongo e la "Castelluccia" di Battipaglia. Questa è la prima menzione storica del castello edificato sulla collina a difesa degli abitanti delle terre del Tusciano. Dai documenti storici sempre ben conservati dagli organi ecclesiastici, risale al 1053 la costruzione della chiesa di S. Mattia, ancora oggi esistente dopo la ricostruzione. In quel periodo Battipaglia era costituita da tre casali: il Castelluccio, il monastero di S. Mattia e il monastero di S. Arcangelo. Questi luoghi di culto, così come altri lungo il fiume Tusciano, furono voluti dal principe Guaimario IV e dai suoi successori. Il Castello rimase di proprietà della chiesa salernitana fino al sec XII. Successivamente, dopo la morte di Enrico VI, il capitano del suo esercito, tal conte Marcoaldo, si impossessò del Castelluccio. Dopo essere salito al trono, il re Federico II di Svevia, non restituì alla chiesa salernitana i suoi possedimenti, ma ne fece concessione ai frati dell’Ordine Teutonico per poi entrarne in possesso direttamente, essendo il sovrano in rotta con il papato. Nel periodo di massimo splendore del suo regno Federico di Svevia, edificò splendidi castelli che restano a ricordo di una delle più fulgide epoche della civiltà meridionale. Dopo la morte di Federico II, l’Arcivescovo di Salerno ottenne, nel 1251, dal Re Corrado la restituzione dei beni. Dopo questi avvenimenti scarse sono le notizie storiche sia a proposito di Battipaglia che del suo Castelluccio, in quanto la zona, molto paludosa, fu infestata per lungo tempo dalla malaria. Secondo alcuni documenti i monasteri di S. Mattia e S. Arcangelo furono distrutti, agli inizi del 1500, e ricostruiti successivamente. Nel 1612 il Castelluccio fu acquistato dalla famiglia Doria che aveva appena acquisito il feudo di Angri. Nel 1638, il castello passò, insieme ad altri possedimenti, al marchese Giulio Pignatelli, i cui discendenti sono stati proprietari fino a pochi decenni or sono.

    Dopo il 1857 il re Ferdinando II fece trasferire nella zona di Battipaglia alcuni sopravvissuti del terremoto che sconvolse la Lucania e, per primo, intraprese opere di bonifica, poi proseguite negli anni successivi e portate a termine durante il ventennio fascista, nel corso del quale la città, precisamente nel 1929, fu elevata a Comune. Della sua antica storia, la città conserva chiesette medievali edificate lungo il Tusciano quali S. Mattia e S. Lucia, alcuni antichi edifici rurali, una torre spagnola dalla struttura quadrangolare denominata torre di Ray sita a poche centinaia di metri dalla SS. 18 e, appunto, il Castelluccio.  L’aspetto del castello che oggi ammiriamo risale all’inizio del Novecento, tuttavia si possono ancora notare le mura originali poggianti direttamente sulla roccia della collina e, all’interno della chiesetta del castello, un pregevole affresco. La "Castelluccia" riversa, oggi, in uno stato di abbandono, così come gli altri edifici menzionati, e necessita di costosi interventi di restauro. C'è da auspicarsi che, in tempi brevi, il "nostro" Castelluccio possa essere acquistato o gestito da enti pubblici o privati che provvedano alla risistemazione di quello che costituisce il simbolo della città di Battipaglia. Sui resti di un antico castello edificato intorno all'XI secolo a difesa degli abitanti della Valle del Tusciano, e che apparteneva agli inizi del secolo scorso ai principi Strangoli Ferrara Pignatelli, è stato interamente ricostruito, per opera dell'architetto Farinelli, un nuovo castello che conserva ben poco dello stile della originaria costruzione. Di proprietà della chiesa salernitana fino al XIII secolo per volontà di Guaimario IV e dei suoi successori, passò, dopo la morte di Enrico VI, al conte Marcoaldo capitano del suo esercito ed infine fu concesso da Federico II di Svevia ai monaci dell'Ordine Teutonico. Abbandonato per lungo tempo a causa della malaria che infestava la zona, nel 1612 fu acquistato dai Doria, da cui passò nel 1638 al marchese Giulio Pignatelli. Il Castelluccio, che conserva le mura originali che poggiano direttamente sulla roccia e un prezioso affresco all'interno della chiesetta, oggi è in stato di abbandono e necessita di urgenti lavori di restauro».

    http://www.turismoinsalerno.it/default.aspx?idLingua=1&pagina=battipagliaartecultura02


    Battipaglia (Porta di Ferro o Torre Grimalda)

    Dal sito www.salernotoday.it   Dal sito www.portadiferrogiardini.it

    «Il suo primo nome Torre Grimalda fa pensare ad una costruzione molto antica, presumibilmente costruita dai Grimaldi, principi di Eboli, che governarono fra il 1500 ed il 1600. Modificata e ristrutturata agli inizi del 1800 dai principi Doria di Angri, conserva ancora quella forma architettonica. Presenta un massiccio torrione laterale merlato da cui si diparte la torre colombaia anch'essa merlata. A differenza degli altri casali, versa in ottimo stato di conservazione».

    http://www.comune.battipaglia.sa.it/Il-Comune/Territorio/Antichi-Casali


    Battipaglia (torre di Raj)

    Foto di Fiore Silvestro Barbato, dal sito http://aroundguides.com   Foto di Fiore Silvestro Barbato, dal sito http://aroundguides.com

    «Costruzione risalente al 700, di cui si riconoscono abbondanti elementi in tutto il piano terra, e nel portale ad arco in pietra. è stata ristrutturata in questo secolo, con l'elevazione di un ulteriore piano in pietra a vista e la torre laterale con portone in cotto, con trifora al secondo piano e coronamento in mattoni con archetti pensili».

    http://www.comune.battipaglia.sa.it/Il-Comune/Territorio/Antichi-Casali


    Battipaglia (torre sul Tusciano)

    Dal sito www.torreomnia.com   Dal sito www.battipagliaonline.com

    «Sul litorale di Battipaglia, adiacente alla località "Picciola", sorge una massiccia torre a base circolare che, dal rifacimento della parte superiore, si evince sia stata adibita ad abitazione. Questa torre è citata in numerosi documenti, conservati all'archivio diocesano di Salerno, in cui è menzionato l'anno di costruzione, il 1563. Il viceré di Napoli, viste le frequenti incursioni saracene delle coste, dal 1534 al 1552, ordinò la costruzione di posti di avvistamento che potessero dare in tempo l'allarme e permettere alla popolazione di rifugiarsi sulle colline. Queste torri si ergevano a breve distanza tra loro cosicché i custodi, avvistando navi nemiche, potessero unitamente agire per preservare la tranquillità del territorio, comunicando con segnali di fumo di giorno e con il fuoco durante la notte. Secondo il sopracitato documento furono costruite, nel 1553, sette torri da Salerno ad Agropoli, mentre nell'anno seguente ne furono ordinate diciannove da ubicare dal territorio di Agropoli fino ai confini della Calabria. In totale, esse erano circa novantatre. La forma tradizionale delle torri era quadrangolare, ma non mancarono quelle cilindriche ( come quella che stiamo considerando) le quali dovettero sorgere prima del 1566. Cessato il pericolo dei pirati, la torre servì quale dimora del fante sanitario di Eboli, il quale nel 1859 ancora ivi risiedeva. Anche oggi la torre è abitata e reca, posta lungo le sue mura, una lapide del XV sec. che fà riferimento all'assegnazione di terreni ad un tal "Longo" per meriti militari. La lapide, rinvenuta nei terreni circostanti, è stata qui murata dagli attuali proprietari della torre. Nell'800 vi era una seconda torre sita tra la località Aversana e la zona Lago, oggi scomparsa».

    http://www.tuttosalerno.com/la_torre_sul_tusciano_a_battipaglia_sc_2161.htm - http://www.battipagliaonline.com


    Bracigliano (palazzo De Simone)

    Dal sito www.comune.bracigliano.sa.it   Dal sito www.comune.bracigliano.sa.it

    «Non si hanno notizie circa l'anno della fondazione del castello di Bracigliano. Vassalluzzo lo annovera tra i 15 castelli che intorno al Mille da Castellammare di Stabia a Serino formavano una cortina di ferro per la difesa della zona: Pimonte, Lettere, Gragnano, Castellammare di Stabia, Angri, Sarno, Nocera, S. Maria a Castello, Castel San Giorgio, Bracigliano, Forino, S. Severino, Montoro, Solofra, Serino. Stimiamo necessario far notare che non ebbe la struttura del castello tradizionale; fu piuttosto un piccolo forte, o se si vuole, una fortezza di modeste proporzioni. Lo rileviamo dall'unica testimonianza storica del secolo XV. Infatti dal Repertorio dei Quinternioni di Principato Citra e Ultra, ms. n. 100 conservati nella Biblioteca Provinciale di Salerno, carte 22v-23r, risulta che nel 1416 Carlo Pagano comprò dalla regina Giovanna II il Casale di Bracigliano "cum eius turri, seu fortelitio". La parola "fortelitio" precisa infatti che si trattava di un piccolo forte. Probabilmente il castello fu fondato su di un antico caposaldo romano, simile a quelli che Roma eresse qua e là dopo la conquista della Campania e del Sannio, per consolidarvi il dominio. La nostra supposizione trae origine dal fatto che la conca di Bracigliano per la sua posizione riveste particolare importanza per la protezione e difesa delle antiche strade militari nelle valli adiacenti al di là dei rispettivi spartiacque. Infatti essa è aperta a NO dal valico di Pratelle che porta a Quindici, Moschiano, Lauro, Nola; a NE dal passo di Salto che mette in comunicazione con Forino, Contrada e Avellino; a SE dalla vallecola S. Nazario-Ciorani per la quale si passa nel sanseverinese; a S dal passo Madonna del Carmine che porta a Siano, Castel S. Giorgio e all'agro nocerino-sarnese.

    Nel 1754 l'antico fortino fu trasformato in residenza nobiliare a opera del marchese Nicola Gerardo Miroballo. Della sua maestosità fanno menzione i seguenti versi scolpiti su di una lapide: "A Niccolò Miroballo d'Aragona / marchese di Bracigliano / Tra mortali signor giunger non puole / chi del buon gusto vive opra sì bella. / Rinnovator tu fosti alma di quella / che puol da noi chiamarsi eccelsa mole. / 1754". Morto nel 1790 senza eredi "in feudalibus" il marchese Cesare Pasquale Miroballo, il feudo divenne terra regia e per conseguenza anche il palazzo entrò a far parte del demanio pubblico. L'ingegnere e architetto Gaetano del Pezzo, durante varie visite a Bracigliano, osservò con occhio di esperto tecnico, oltre che di artista, il palazzo marchesale e giunse a conclusioni molto valide. Ammirava la struttura del palazzo, frutto di un progetto magistrale per l'armonia, la posizione, le due facciate, anteriore e posteriore, la struttura dei terranei, dei torrioni, e delle grandi soffitte. Ma soprattutto lo colpiva il taglio della montagna per la costruzione dell'edificio. Il semicerchio che chiude il grande cortile, con al centro la cascata, alimentata dal proprio acquedotto, secondo lui è opera di vero maestro. Confrontando il complesso delle opere del Vanvitelli, a lui ben note, giungeva alla conclusione che il palazzo, per l'architettura in generale ma soprattutto per il cortile, ottenuto tagliando la montagna, è opera di Luigi Vanvitelli. Il palazzo fu acquistato dal sig. Aniello De Simone per se e per i suoi eredi. Il contratto fu stipulato il 18 giugno 1824 tra il re delle due Sicilie Ferdinando I, rappresentato dal principe di Gerace D. Pasquale Serra e dal sig. D. Aniello de Simone, proprietario. Con istrumento, rogato dal segretario comunale dott. Felice Rescigno da Roccapiemonte il 27 novembre 1938, il palazzo fu acquistato dal Comune».

    http://www.comune.bracigliano.sa.it/bracigliano/MaterialeVario/Palazzo%20De%20Simone.pdf


    Buccino (ruderi del castello)

    Dal sito www.comune.buccino.sa.it   Dal sito http://cdn.pleinair.it   Dal sito www.comune.buccino.sa.it

    «Quello di Buccino rappresenta un tipico esempio del castello baronale dell'entroterra salernitano. Il maniero, anche se allo stato di rudere, è stato di recente restaurato nell'ambito dei programmi del Parco urbano dell'Antica Volcei. Sono stati conservati i diversi elementi architettonici attraverso i quali è possibile leggere l'evoluzione cronologica e funzionale del sito. Non è escluso che il promontorio a guardia del sottostante abitato sia stato utilizzato già in epoca romana, come testimoniano i diversi elementi di reimpiego rinvenuti nei recenti lavori. Dobbiamo però attendere il XII secolo per avere le prime notizie documentali del feudo di Buccino, attraverso le quali conosciamo i nomi dei primi domini: Nicola di Principato, conte (1128); giudice Aminabad (1141); Riccardo Philippi (1141). Con l'avvento degli svevi il castello dovette perdere d'importanza, dato che esso non è menzionato nello Statutum de reparatione castrorum imperialium. Neanche in seguito si hanno notizie circa la presenza di castellani e di serventi all'interno del castello. Da questi dati si desume che il castello buccinese non svolgeva un ruolo particolarmente importante, dal punto di vista militare, nello scacchiere delle fortificazioni del Regno. Nel 1247 il castrum Buccino o Pulcini appartenne al feudatario Tommaso di Fasanella. Con gli angioini il castello fu nuovamente assegnato a importanti feudatari, che cambiarono il volto al maniero secondo le consuetudini del tempo. Nel 1269 il castello, insieme a quelli di Campagna, Eboli, Auletta e Quaglietta, fu assegnato a Roberto, primogenito del conte di Fiandra. Già nel 1271 fu revocato alla Curia regia, per essere poi assegnato, fino al 1274, a Gualtiero de Sommerouse, milite e giustiziere del Regno. Nel corso della V indizione di Carlo I d'Angiò (1276-1277) il castello fu sottratto a Tommaso conte di Marsico per essere assegnato a Guidone d'Alemagna, milite, giustiziere, consigliere, familiare regio, tesoriere e ricevitore fiscale. Nei due secoli successivi, il castello fu in possesso della famiglia d'Alemagna, quindi passò alle famiglie Caracciolo e Di Sangro.

    Allo stato attuale l'impianto castellare è caratterizzato da un possente mastio a pianta quadrata di epoca normanna che dovette essere l'unica struttura esistente, almeno fino all'avvento degli angioini. Al tardo XIII secolo risale la costruzione di un primo cortile, con relativi edifici residenziali, due torri circolari agli angoli ed una grande cisterna, con annesso ambiente di servizio nella parte meridionale. Questa prima trasformazione è verosimilmente opera della famiglia d'Alemagna, in un momento cruciale per la storia del Regno, caratterizzata dalla cosiddetta guerra del Vespro, scoppiata nel 1282 e che ebbe il suo culmine in Campania proprio alla fine del XIII secolo. In quel periodo si cominciarono a costruire torri circolari scarpate alla base con coronamento superiore costituito da beccatelli e archetti per la difesa piombante. Benché mozze le torri circolari del castello di Buccino rientrano in tale tipologia costruttiva, tipica dell'architettura castellare angioina. Alla prima metà del XIV secolo il castello è interessato da una nuova riorganizzazione strutturale. La collina viene munita di un apparato difensivo costituito dal fossato con altre due torri circolari e da una seconda cinta muraria. Ancora all'età angioina sono ascrivibili alcuni ambienti ed una scuderia comprese nell'area perimetrata della cinta muraria esterna. Tra il XVI e il XVII secolo il castello subisce un graduale abbandono, testimoniato dai progressivi strati di riempimento del fossato e dai livelli di obliterazione rinvenuti nell'ambiente identificato come scuderia. La ripresa di un'occupazione intensiva della collina si colloca tra il XVIII e il XIX secolo quando la riorganizzazione della corte interna, occupata lungo il margine settentrionale da una stalla, e la creazione di un sistema di drenaggio delle acque, definiscono un sostanziale cambiamento nella destinazione d'uso degli spazi. Nel corso del XIX sec. il castello assume la fisionomia di una fabrica testimoniata da quattro grosse calcare, localizzate lungo il versante settentrionale della collina, e da numerose fosse di spegnimento della calce nella parte meridionale».

    http://nuke.cittadicampagna.com/Cultura/Articoli... (a  cura dell'arch. Lucio Ganelli, 2006)


    Caggiano (borgo)

    Foto di Attilio Piegari, dal sito www.piegari.it   Foto di Attilio Piegari, dal sito www.piegari.it

    «L’accesso al borgo era garantito attraverso quattro porte: Marvicino, Portuccia, San Luca e Bocca del Ponte, ricavate all’interno delle mura, nelle cui vicinanze sorgevano anche alcuni corpi di guardia. Ancora oggi, una volta giunti a Piazza Lago, si accede al centro storico attraverso Bocca del Ponte, conosciuta anche come Porta Lago, situata nella parte orientale del paese e, anticamente, dotata di un ponte levatoio; oppure attraverso Porta San Luca, nelle cui vicinanze sorge, appunto la Cappella di San Luca. Non meno importanti sono state, però, le porte di Marvicino (il cui nome rimanda alla sua vicinanza al mare, osservato da un panoramico belvedere), o Malo Vicino, e Portuccia: entrambe, infatti, collegavano e collegano, tuttora, il paese con l’antica strada medievale, probabilmente prima via di accesso all’abitato».

    http://www.lastradadegliantichivini.it/caggiano-ed-il-suo-territorio/i-monumenti-di-caggiano


    Caggiano (castello)

     Dal sito www.comune.caggiano.sa.it   Foto di Attilio Piegari, dal sito www.piegari.it    Dal sito www.comune.caggiano.sa.it

      

    «Il castello di Caggiano si trova sul lato orientale del paese, l'unico non difeso naturalmente ed era costituito in origine da un corpo centrale, una mole possente che comprendeva tre alte torri, un torrione e due fortini. Secondo un atto di donazione del 1092 il primo signore del paese, Guglielmo di Caggiano della famiglia di Roberto il Guiscardo, lo eresse nella parte più alta del paese per difendersi dagli attacchi dei Saraceni. Le sue mura fortificate rendevano l’accesso quasi impossibile. Al castello si poteva accedere attraverso due porte d’ingresso orientali e due  porte occidentali, più impervie e quindi più protette. Documenti ritrovati  testimoniano come le porte fossero custodite nella notte da ronde armate. La guardia avanzata dimorava nella Cappella di San Luca, a 50 metri dal corpo centrale, mentre la milizia era acquartierata nel castello dove trovavano posto anche le armerie, le officine e le scuderie. Le prigioni e le sale delle torture erano situate a piano terra illuminate da piccole e alte fenditoie. Nel castello erano pronte all’uso potenti macchine da guerra disposte sui bastioni o presso le porte con cui scagliare sassi contro i nemici impedendone l’assalto, armi in seguito sostituite da cannoni in bronzo collocati sui  torrioni e sulle mura. Dopo varie vicissitudini, il castello da fortezza fu ampliato  progressivamente fino ad assurgere a residenza signorile nel XV secolo. Il castello è stato dimora di molti feudatari quali Giovanni da Procida, i Marzano, i Gesualdo, i Caracciolo, i Ludoviso, i Parisani ed altri… I Gesualdo vendettero nel XVI secolo gran parte del castello alle famiglie Isoldi (sudest) e Abbamonte (nord) e il settore nord-occidentale passò nel XIX secolo in proprietà dei Carucci. Oggi buona parte del castello è di proprietà del comune di Caggiano che lo ha notevolmente rivalutato. Una parte del Castello è ben conservata, l’altra parte è stata adibita ad abitazione civile già nell’800. La parte ben mantenuta conserva molti resti di pittura muraria del ‘700 e dell’inizio ‘800».

    http://castelliere.blogspot.it/2010/12/il-castello-di-lunedi-6-dicembre.html


    Camerota (ruderi del castello marchesale)

    Dal sito http://prolococamerota.org   Dal sito www.corriereimmobiliare.com   Dal sito www.vacanzecamerota.com

    «All'ombra del monte Bulgheria, Camerota si articola in un centro storico costituito da strette vie, coperte da arcate, ed in origine protetta da una cinta muraria medievale. Delle varie porte di accesso all’abitato, l’unica visibile oggi è porta di Suso, decorata, nella parte alta, da una testa in marmo raffigurante il volto di uno dei marchesi che controllò Camerota, nella metà del 1100. La parte più alta del borgo è dominata dal castello medievale, che si apre su piazza Vittorio Emanuele III. Costituito da un corpo a due piani, era dotato di una torre maestra, collegata visivamente alle altre del territorio, per garantire la difesa dagli attacchi nemici. Nel 1552 un'armata turca, comandata dal generale Rais Dragut, assalì il castello danneggiandolo. Tutto il centro storico di Camerota è caratterizzato da costruzioni prive di fondamenta, realizzate poggiandosi direttamente sulla roccia. Sono le arcate, a sesto acuto o a tutto sesto, a caratterizzare il centro storico, ben visibili in via Pellegrino» - «Camerota conserva i ruderi di un castello, di epoca imprecisata, sicuramente costruito a difesa dalle incursioni saracene. Verso la fine del XIII secolo ne fu signore Tommaso da Salerno e nella prima metà del secolo successivo Marino de Diano, a cui successe Roberto Origlia, il cui feudo rimase alla famiglia fino al 1404 quando fu dato in fitto ai Borrello e successivamente ai Lancellotti, pur rimanendo sempre un possedimento dei Sanseverino. Passò infine a Francesco Landone figlio del conte di Venagro e, quando Camerota divenne marchesato, fu attribuito alla famiglia de Sangro».

    http://www.camerotamuvip.eu/territorio.php?id=2 - http://xoomer.virgilio.it/analfin/camerota7.htm


    Campagna (castello Gerione)

    a cura di Lucio Ganelli


    Campigliano (ruderi del castello di Montevetrano)

    Dal sito http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it   Dal sito www.comune.sanciprianopicentino.sa.it   Dal sito www.lavecchiaquercia.it

      

    «Il Castello di Montevetrano (costruzione tipicamente angioina) si erge sulla sommità della collina omonima, presidio d’osservazione per l’accesso alla Valle del Picentino. Castrum romano sin dal III secolo a.C., tra l’XI e il XII secolo venne dotato di mura perimetrali, aperte sul lato nord dell’antica porta d’accesso e destinato (come anche il Castello di Salerno che fu di Arechi) a sorvegliare il territorio e soprattutto i ribelli picentini le cui insurrezioni segnarono la storia di tutta la valle. Il Castello è costituito da un recinto murario all’interno del quale svetta un donjon (una torre cilindrica) con saettiere. Sulla sommità della torre si notano ancora le caditoie dalle quali venivano precipitati sassi e altri oggetti contro eventuali assedianti. Il tipo di torre scarpata rimanda – come già sottolineato – a un ambito cronologico angioino (XIII-XIV secolo). In questa zona, sia sulla roccia che ai piedi delle colline sono attestati importanti ritrovamenti archeologici, testimoni dell’antica frequenza da parte dell’uomo. Per concludere una nota enogastronomica: ai piedi dei ruderi del Castello di Montevetrano si estende il vigneto più famoso d’Italia. Il vino DOC di Montevetrano, infatti, rappresenta il fiore all’occhiello della produzione vinicola dell’area dei Picentini».

    http://www.percorsievutate.com/public/text/37/37a_Castello_Montevetrano.htm


    Campora (case-torri, corte Bonomini)

    La corte Bonomini (o palazzo baronale), dal sito www.camporacity.it   Nella foto di Mimmo Benivento, la corte Bonomini (o palazzo baronale), dal sito www.panoramio.com

    «L’abitato di Campora è caratterizzato da una struttura urbanistica di antico impianto, in cui i caseggiati sono articolati attorno ad alcune case a torre risalenti probabilmente al XV-XVI secolo. Questi edifici sono generalmente caratterizzati da una pianta quadrangolare e si sviluppano su tre o quattro livelli ad un solo vano, collegati verticalmente da una scala interna. La destinazione d’uso degli ambienti è così ripartita: al piano inferiore si colloca il ricovero per gli animali e gli attrezzi, mentre ai piani superiori sono presenti i locali di magazzino e abitazione. In sommità si trova abitualmente la "colombaia" che oltre alla funzione di ispezione difensiva, consente appunto l’allevamento dei colombi. La casa torre, che nell’aspetto rivela chiaramente le originarie esigenze di difesa, è realizzata in muratura di pietra arenaria locale e strutture orizzontali in legno. Nel centro del paese è presente la fontana dedicata a S. Lorenzo, delimitata da un ampio portale cuspidato in arenaria, decorato a bugnato piatto e recante in chiave uno stemma e il millesimo "1711". Sul lato opposto è visibile un massiccio fabbricato a pianta quadrata e tetto a quattro spioventi, il cui corpo di fabbrica appartiene probabilmente ad una antica casa a torre, sulla cui facciata prospiciente la strada principale è presente una fornella in marmo bianco racchiusa da una cornice monolitica in arenaria scalpellinata, datata 1777, raffigurante in bassorilievo l’immagine di S. Crstoforo e il Bambino. Nel retro dell’edificio si innalza una seconda casa a torre, che reca in facciata una stretta finestrella centrale sormontata da architrave in pietra su cui è incisa una rosa celtica ed una martellina; le due raffigurazioni sono probabilmente riferibili ad antiche maestranze edili medievali, la cui opera ha riscontro nella vicina Pieve di Sasso. Lungo la strada che conduce alla località Campo del Fico dopo la canonica è visibile sulla destra l’edificio denominato "Casa del Beneficio" detta oggi "L'albero", che si eleva direttamente su uno spuntone roccioso di arenaria. L’edificio, che ha subito evidenti manomissioni nel tempo, è caratterizzato in facciata da una finestrella archiacuta in laterizio, tipologicamente attribuibile al XIV-XV secolo. A livello del piano terreno si apre uno stretto portale ad arco tutto sesto, probabilmente coevo. Nel fianco orientale dell’edificio si scorgono finestre quadrangolari regolari in arenaria orsata attribuibili al XVII secolo; un portale prospiciente reca in architrave il millesimo "1660". In località Campo del Fico è presente la Corte Delmonte, di proprietà oggi della famiglia Bonomini, vasto caseggiato ottocentesco con annesso l’Oratorio del Crocefisso e dell’Addolorata, nel cui interno sono conservati i dipinti olio su tela settecenteschi raffiguranti "il Crocefisso" e "la Madonna e due Santi". Qui a destra una fotografia dell'interno di questa splendida costruzione che è stata anche sede della manifestazione "Serate in corte". ...».

    http://www.camporacity.it/cultura.htm


    Cannalonga (palazzo Ducale Mongrovejo)

    Dal sito www.ilcilento.altervista.org   Dal sito www.isnovivelia.it

    «Il casale fece parte dello Stato di Novi fino al 1452, anno in cui il Barone di Novi G. A. Marzano lo rese suo feudo vassallo facendone dono ad un nobile Novese tal G. A. Martirano. Passata la Baronia di Novi ai duchi di Monteleone, questi mostrarono il desiderio di riavere il casale ed il locale e redditizio Mercato di S. Lucia. Il figlio di G. A. Martirano, Giacomo, si fece pregio di donarlo al suo Signore D. Camillo Pignatelli nel 1522. Il figlio di questi duca Ettore Pignatelli vendette il feudo con tutti i diritti, Tribunale della giustizia e giurisdizione sulle cause civili compresi e il Mercato a M. A. Valletta per ducati 1300 di cui 800 corrisposti e i restanti 500 permutati con la Terra di Angellara con la giurusdizione criminale. Nel 1572 G. Battista Farao facoltoso segretario del duca Camillo Pignatelli Junior, comprò il Feudo di Cannalonga per 1000 ducati dal figlio del Valletta. Negli anni a seguire dimostrando lungimiranza e abilità amministrativa, riuscì a espandere e rendere il Casale completamente autonomo, economicamente forte e politicamente influente e quindi antagonista a Novi. ... Nel 1756 il barone don Toribio Mogrovejo in virtù del fatto che Cannalonga era già ducato ottenne dal re la concessione ufficiale di Ducato e la sua investitura a Duca considerando anche le sue nobili discendenze e i meriti acquisiti dalla sua famiglia in 900 anni di fedeltà alla Reale Casa di Spagna. L'ultima discendente dei Mogrovejo abita ancora oggi nello splendido Palazzo Ducale che fu ristrutturato ed ampliato nell'800» - «Sull’antica e magnifica Piazza del Popolo (un tempo denominata Orto dei Monaci) si affaccia il palazzo ducale dei Mongrovejo: risalente al secolo XVI, è munito di torri e di un cortile ricco di affreschi e statue».

    http://web.tiscali.it/prolococilento/cannalonga/cannalonga.htm - http://www.isnovivelia.it/storia-cannalonga.htm


  • Cannalonga (palazzo Torrusio)

    Dal sito www.comune.cannalonga.sa.it   L'arco del palazzo Torrusio, dal sito www.comune.cannalonga.sa.it

    «L'antico borgo racchiude una magnifica piazza su cui si affaccia il palazzo ducale con le sue torri e con il suo cortile ricco di affreschi e statue marmoree. Presumibilmente fondata dagli abitanti di Civitella intorno al IX-X secolo, la tradizione le attribuisce il nome originario di Tolve, dal latino terra ulvae o terra dell'ulva, pianta palustre che evidentemente coesisteva ai canneti cui fa riferimento il nome attuale del paese. Cannalonga assunse grande importanza intorno al 1450 perché sede di un grande mercato settembrino, la Fiera di Santa Lucia, che si tiene tuttora e che ancora richiama tantissimi curiosi da tutta la provincia e non solo. Ma la fama del piccolo centro è dovuta soprattutto al fatto di essere stata sede del Banco della Giustizia che, dal 1546, ebbe giurisdizione su gran parte del Cilento montano. La terra di Cannalonga andò in dote al nobile di origine spagnola don Toribio Alfonso Mogrovejo nell'anno 1680. Il membro più illustre della nobile famiglia fu Toribio, arcivescovo di Lima e Primate del Perú che, morto nel 1680 fu beatificato e divenne il Santo Patrono del paese. La ricorrenza viene ancora festeggiata ogni anno il 23 marzo. Cannalonga, diventato comune autonomo nel 1806, dal 1928 al 1946, fu temporaneamente aggregata a Vallo della Lucania. Addentrandosi nel centro abitato, il cuore del paese è costituito dalla piazza centrale, dove si affacciano la Chiesa di Santa Lucia, che presenta un portale cinquecentesco, ed il possente Palazzo Mongrovejio. ... Ma è la struttura architettonica, appariscente per la sua mole, di palazzo Torrusio a destare l'interesse maggiore, dopo aver svoltato per un vicolo che finisce diritto in piazza e aver varcato l'arco d'ingresso che unisce le due ali dell'attuale costruzione».

    http://ricerca.gelocal.it/lacittadisalerno/archivio/lacittadisalerno/2005/03/06/44wi10603_A2.txt.html (a c. di Vincenzo Rubano)


    Capaccio (ruderi del castello di Capaccio Vecchio)

    Dal sito www.parks.it   Dal sito www.labrezza.it   Dal sito www.labrezza.it

    «Dell’antica cinta muraria al cui interno avevano trovato rifugio i pestani nel IX secolo, resta ben poco. Dati precisi sull’evoluzione di Capaccio Vecchia sono forniti dai ruderi delle cisterne e dei pozzi. Dell’abitato urbano medioevale resta oggi l’intero andamento planimetrico, che fu soggetto a più piani di sviluppo. Tracce di splendide abitazioni ritrovate presso la cima del monte Calpazio insieme ad alcuni frammenti di ceramica testimoniano la presenza di nuclei abitati nell’antico borgo almeno fino al XVIII secolo. Il borgo si estendeva sul versante settentrionale della collina con il castello (di cui oggi rimangono solo i ruderi) posto a difesa della città» - «[Capaccio Vecchio] sorge a ridosso del monte Calpazio ed è facilmente individuabile per la presenza del Santuario della Madonna del Granato e per il rudere del castello che ancora oggi domina la pianura; dell’antico nucleo abitativo sono ancora visibili alcune fortificazioni e cisterne costruite per raccogliere l’acqua piovana. Capaccio Vecchio era al centro di importanti tratte commerciali e fu sede vescovile. Il castello viene costruito per difendere la città dalle frequenti scorribande dei saraceni; nel 1246 (periodo Svevo) diviene protagonista di quella che viene ricordata come la Congiura di Capaccio, che vede i feudatari campani allearsi con papa Innocenzo IV e congiurare contro Federico II di Svevia; i congiurati, una volta smascherati, si rifugiano nel castello di Capaccio Vecchio che resiste per tre mesi fino all’espugnazione. I congiurati verranno uccisi e Capaccio Vecchio va spopolandosi mentre i superstiti si rifugiano presso il villaggio di San Pietro (attuale Monticello). Il castello viene ristrutturato nel periodo angioino ed utilizzato come prigione; alla fine del 1400 vengono aperte delle feritoie per i cannoni. Il castello resta in disuso fino alla fine 1800, quando venne utilizzato come telegrafo a lenti dal Genio Militare».

    http://www.attivitaproduttive.com/pag_comuni/comune_capaccio... - http://www.prolococapacciopaestum.it/index.php/archives/238


    Capaccio (torri)

    La torre di guardia a foce Sele, dal sito http://immobiliare.mitula.it   La torre di Kernot, dal sito www.casevacanzenelcilento.it

    «La torre di guardia a foce Sele, il cui aspetto originario è stato fortemente compromesso,  presenta il problema del riconoscimento di una qualche permanenza del suo valore di  documento storico. La torre di Kernot, di cui non risulta alcuna documentazione storica specifica attendibile, presenta il problema della ricostruzione filologica del suo passato. La torre di Pesto, in ottime condizioni di conservazione, privata, ma inutilizzata, presenta il problema di un suo possibile uso per assicurarle la continuità di manutenzione, oltre a quello del  rapporto con l’ambiente circostante» - «Antica Torre di avvistamento e segnalazione vicino al mare e con 7000 mq. di terreno. La Torre di origine spagnola risale al XVI secolo, denominata Torre di Guardia Foce Sele, posta a guardia del ramo sinistro del fiume Sele, colpisce con la sua caratteristica forma a tronco conica nella quale è stato ricavato al piano terra un vano abitabile, al primo piano una zona giorno con accesso da una caratteristica scala esterna. La sopraelevazione, invece, è stata realizzata su una pianta quadrangolare e si sviluppa su un unico livello nel quale è stata ricavata la zona notte».

    http://www.fedoa.unina.it/2857/1/Mutalipassi_Conservazione_dei_Beni_Architettonici.pdf - http://www.subito.it/terreni...


    Casal Velino MARINA (torre Dominella)

    Dal sito http://livecasalvelino.it   Dal sito www.torreomnia.com

    «A partire dal 1073 l’area entra, in toto, a far parte dei possedimenti della Badia di Cava, insieme ai territori limitrofi e, in particolare, a quelli di San Giorgio e San Zaccaria. A partire dalla fine del XII secolo però San Matteo visse un periodo di intenso spopolamento tant’è che si ritiene che la maggior parte delle entrate dell’Abate di cava fossero legate alle merci commercializzate nell’antico approdo. Della Chiesa non si avrà più notizia dal 1362 in poi. Il centro abitato, invece, fu annesso a Casalicchio a partire dal 1436, anno in cui ricadde nei possedimenti dei Sanseverino, e settant’anni dopo fu costretto ad affrontare una tremenda epidemia di vaiolo (che infestò anche località San Giorgio). Ma questa frazione del territorio casalvelinese ha assunto importanza nei secoli anche per un altro importante aspetto. è convinzione diffusa, infatti, che l’approdo di quella che all’epoca dei fatti era conosciuta come Marina di Casalicchio, fosse un luogo determinante per i traffici commerciali, non solo per le popolazioni dell’entroterra, ma anche per legni e vascelli di eserciti importanti come quello inglese e francese soprattutto a partire dal 1800. L’approdo risulterà ancor più importante a partire dalla seconda metà del 1500: fu proprio in quel periodo (e precisamente nel 1567) che fu dato il via ai lavori per la costruzione della Torre di Dominella. I lavori termineranno soltanto nel 1600; il primo torriere designato fu Martino Di Martino, nel 1605. Gli succedettero Fasano Scacco, Paolo Cammarota, Gioacchino Novella e Giovanni Carlo Schiavo».

    http://livecasalvelino.it/marina-di-casal-velino


    Castel Ruggero (borgo medievale, rocca)

    Foto di ADES1955, dal sito it.wikipedia.org   Foto di Maria Ilaria Iuliano, dal sito www.cilentoemenevanto.com

    «La storia del paesino inizia intorno all'anno mille, all'epoca del condottiero normanno Roberto il Guiscardo, quando le incursioni dei pirati, la malaria e la distruzione di Policastro, messa in atto dallo stesso Guiscardo nel 1065, spinsero le popolazioni costiere a spostarsi verso zone più interne del territorio. Venne così a costituirsi un primo centro abitato nella "Terra Turris Ursajae". Il luogo su cui attualmente sorge Castel Ruggero, considerato poi di grande importanza strategica dai Longobardi ospitò intorno al 1150 un accampamento delle truppe di Ruggero il Normanno, da cui il nome Castra Roggerii. Successivamente prese il nome di Torre Superiore, per distinguerlo da Torre Inferiore, l'attuale Torre Orsaia. Nel 1811 il paese divenne comune autonomo riprendendo il nome attuale. Con l'abolizione dei circondari il comune fu soppresso ed unito a Torre Orsaia» - «La piccola frazione è arroccata sulle pendici del monte Centaurino e ha una storia molto antica che risale al 1055 e al castello costruito da Ruggero d’Altavilla per difendersi dagli attacchi del conte di Laurito. La leggenda che ruota intorno all’esistenza o meno del castello è suffragata dalla tela “Castel Rogero en 1843” dipinta dal famoso pittore francese Jean Baptiste Camille Corot. Negli anni Settanta del secolo scorso, lo storico Claudius De Jonge ebbe modo di verificarne l’esatta corrispondenza; da allora, però, due correnti si sono dibattute circa l’esistenza o meno di un castello» (a c. di Maria Ilaria Iuliano).

    https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Ruggero#Storia - http://www.cilentoemenevanto.com/torre-orsaia-e-castel-ruggero/


    Castel San Giorgio (resti del castello)

    Dal sito www.facebook.com/pages/San-Giorgio-Story/324370777608989?fref=photo   Dal sito www.comune.castelsangiorgio.sa.it   Dal sito www.facebook.com/pages/San-Giorgio-Story/324370777608989?fref=photo

    «Il nome originario dell’antico borgo medievale era semplicemente San Giorgio, in onore del Santo protettore longobardo che era venerato in quel luogo proprio nella chiesetta a pianta rettangolare sita all’interno del castello, i cui resti sono tuttora visibili in cima alla collina ai cui piedi sorge l'abitato odierno. Il castello è di origine longobarda-normanna (VIII-XI sec.) con successive stratificazioni e rifacimenti in epoche successive come la torre tardo angioina (XIV sec.?) ancora ben visibile. Il recinto fortificato sorge sul monte Castello (370 m slm) che sovrasta la frazione Torello, con un orientazione leggermente rutotata rispetto ai punti cardinali il suo perimetro principale leggermente orientato in direzione nord-ovest e guarda le propaggini settentrionali della valle dell’Irno e la pianura nocerina fino a Lanzara, frazione più occidentale di Castel San Giorgio. A Lanzara sorgeva il castello longobardo, posto a guardia del punto in cui probabilmente la via consolare Capua-Reggio (o una sua variante) dalla pianura vesuviana raggiungeva Nocera e poi lambiva Salerno (A. Corolla, La Terra dei Sanseverino). La prima notizia documentata del toponimo ritrovata nel Codex Diplomaticus Cavensis (vol. II, 192) risale all’anno 983, “... fine terre Sancti Georgi”, ed è stato conservato fino all’anno 1861 (Unità d’Italia) quando fu modificato da San Giorgio nell’attuale denominazione di Castel San Giorgio. La storia di Castel San Giorgio è fin dall'inizio legata a quella di Mercato San Severino che rappresentava il centro principale dell'antico gastaldato longobardo di Rota, che includeva anche a Lanzara, Roccapiemonte, Fisciano, Pellezzano, Siano, Montoro Superiore e Inferiore, e Solofra. Il Castello di San Giorgio, eretto sulla montagna pietrosa (Montecastello) che ne accoglie i ruderi, è circondato da tre cinte murarie scandite da torrette quadrangolari d'epoca normanna. Una torre tonda e gli spazi annessi, invece, testimoniano i rifacimenti successivi (periodo angioino). Esso veglia sul Monastero delle suore e su quella sorta di cittadella religiosa racchiusa al suo interno. Il Castello è raggiungibile dalla frazione di Torello mediante Via Cupa delle Selve, un antico sentiero. ... Il Castello, sede delle gendarmerie poste a difesa delle signorie longombarde-normanno-angioine, faceva parte della serie dei Castelli che da Castellammare raggiungevano le zone interne, a difesa del principato do Benevento. Fatto assolutamente singolare è che il nostro Castello, con le sue singolari Torri, è stato realizzato senza far uso del collante della Malta (Winkelmann). Una preziosità che attesta l'originalità della sua costruzione».

    http://www.mexitalians.com/blog/castelli-longobardi-normanni-della-valle-dellorco


    Castel San Lorenzo (palazzo dei principi Carafa)

    Dal sito www.communicationprogram.tv   Dal sito www.facebook.com/Pro-Loco-CASTEL-SAN-LORENZO-119329705013/

    «...L’attuale centro abitato si formò probabilmente nel corso del XII secolo attorno tre torri, in quanto la zona era infestata da ladri che svaligiavano i viandanti e specialmente la posta, che da Piaggine veniva portata a Salerno, uccidendone i corrieri. Queste torri (ora scomparse) erano situate una presso il coro dell’antica chiesa parrocchiale di San Giovanni, un’altra all’interno del Palazzo Principesco della famiglia Carafa e la terza “nel principio della via urbana detta del Fosso” (l’attuale via Pendino). Con la scomparsa dei briganti iniziò a formarsi il paese che, dalle “tre torri” (Castelli-Castra) fu denominato “Castello” e “San Lorenzo” dal nome del Santo a cui era dedicato il monastero e “De Strictu” dal vicino casale “Santa Maria De Strictu”. Castel San Lorenzo appartenne a Tancredi di Altavilla, signore sia di Sanctum Laurentium che di Castellum Laurenti. Grazie ad una pergamena si ha notizia che nel 1166 Guglielmo, vescovo di Troia, vendette a Graziano Leone il bosco della curia di Castel San Lorenzo. Durante il regno di Federico II, le famiglie che dipendevano dall’abbazia di S. Lorenzo de Strictu furono addette alla manutenzione del castello di Capaccio. In seguito l’abate del cenobio, durante gli scontri tra l’imperatore ed il papa, si schierò per quest’ultimo e questo gli fece perdere la potestà civile sui vassalli soggetti .Tale potestà gli venne restituita da Carlo I d’Angiò. Carlo II donò, nel 1299, a Giovanni Pipino la metà di Castel San Lorenzo, mentre l’altra metà rientrò sotto la giurisdizione del monastero. Gli abati mantennero la giurisdizione civile del villaggio fino al 1497, anno in cui ne furono privati da re Federico d’Aragona, avendo reso omaggio a Carlo VIII. L’intero territorio fu allora venduto ad Antonio Carafa, principe di Stigliano. Il 14 settembre 1554 Gerolamo Carafa, signore di Felitto e detentore dei diritti originali su Monteforte, ottenne il titolo di principe di Castel San Lorenzo. I Carafa sono stati i feudatari di Castel San Lorenzo fino al 1806, quando, durante l’occupazione francese, venne abolita la feudalità» - «Nel centro storico si affacciano gli esempi più significativi dell'architettura civile di Castel San Lorenzo. II Palazzo Carafa si erge sull'area in cui un tempo era il castello, le armi della famiglia sono rappresentate nello stemma che sormonta il portone del palazzo principesco. Vicino Palazzo Carafa c'è una croce litica di pregevole fattura, posta in origine a centro della piazza e poi spostata lateralmente. Al municipio, ricostruito nel 1917, si accedeva da una grande scalinata semicircolare che portava ad un pianerottolo da dove si staccavano due scalinate portanti alle due entrate».

    http://www.trekkingacavallo.it/castel-san-lorenzo - http://www.comune.castelsanlorenzo.sa.it/client/scheda.aspx?scheda=649&stile=3&ti=40


    Castel San Lorenzo (villa Vigna della Corte)

    Foto di Mimmo Benivento, dal sito www.tripmondo.com   Foto di Mimmo Benivento, dal sito www.tripmondo.com

    «La Villa Vigna della Corte, eretta nel XVII dai principi Carafa, è un grande complesso situato all'interno di un parco, che conserva la ricca Pinacoteca dei Carafa» - «Il Comune di Castel San Lorenzo, nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, è una delle mete turistiche della provincia di Salerno più apprezzate per la gastronomia e il rispetto delle antiche tradizioni. Castel San Lorenzo è raggiungibile in auto, percorrendo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, uscita di Battipaglia e proseguire per la SS.18; in treno fino alla stazione ferroviaria più vicina di Capaccio-Roccadaspide. Diversi sono i monumenti che i numerosi turisti possono ammirare a Castel San Lorenzo. Oltre i luoghi di culto, e il Castello costruito intorno al 1220, nel centro castellese è da visitare Villa Carafa, esempio di edifici nobiliari arrivati intatti fino ai giorni nostri. Il monumento, detto anche “Vigna della Corte”, si divide in due piani ed è di forma quadrata, con al centro il cortile e agli angoli quattro torri circolari».

    http://www.informagiovaniagropoli.it/wordpress/wp-content/uploads/2011/05... - http://www.turismoinsalerno.it/castelsanlorenzo.htm


    Castelcivita (torre angioina)

    Dal sito https://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com   Dal sito http://lascatoladelleideequartab.blogspot.com

    «Maestoso monumento alto 25 metri, posto nel punto più alto del paese e dominante tutta la sottostante valle del Calore. Incerta la sua data di costruzione anche se l'ipotesi più autorevole la vuole edificata dai Francesi tra il 1268 e il 1284. Questo edificio è legato ad uno dei più noti avvenimenti del nostro passato, i Vespri siciliani, che fecero di questo paese la punta più avanzata della penisola nella sanguinosa insurrezione. In quel periodo Castelcivita era chiamata Civita Pantuliano. Scoppiata nel 1282, la rivolta siciliana si allargò sul continente ed i Siculi-Aragonesi inviarono contro gli Angioini di Napoli dei guerrieri detti Almugàveri. Questi assediarono il paese e ne fecero un covo fortificatissimo che, data la sua posizione orografica, era quasi inespugnabile. Per tale motivo costituiva un ostacolo per gli Angioini che dovevano accorrere in aiuto dei Francesi in Sicilia. L'inevitabile scontro si tramutò in un assedio che solo dopo tre anni Carlo Martello risolse a favore degli alleati napoletani. La Torre, da tempo irresistibile richiamo turistico, si sviluppa su pianta circolare con diametro di circa quindici metri. Un primo vano, contenuto nella scarpata, diventava all'occasione prigione o deposito mentre in un secondo vano (praticamente il primo piano) si svolgeva la vita del feudatario. Al di sopra di questo sono presenti altri due vani il cui accesso era presumibilmente consentito con scale di legno o funi».

    http://nuke.comunitamontanaalburni.it/Castelcivita/tabid/493/Default.aspx


    Castellabate (borgo medievale)

    Dal sito www.fotoeweb.it   Dal sito www.hotelfluminia.com

    «L'abitato medievale sorge su colle Sant'Angelo e conta cinque accessi: porta "Cavalieri" e porta "di Mare", dal lato mare; porta "la Chiazza" e porta "Sant'Eustachio" dalle campagne; porta "de li Bovi" dal retroterra (Belvedere). L'accesso principale è dal "Belvedere di San Costabile" (chiamato anticamente "Vaglio"), una terrazza a picco sul mare con vista panoramica del golfo di Salerno, dell'isola di Capri e d'Ischia. Il paese si sviluppa intorno alle mura del "Castello dell'abate", che fu fondato nel 1123 dall'abate Costabile e completato dal suo successore Simeone, con lo scopo di proteggere la popolazione locale dedita a fiorenti traffici via mare da eventuali attacchi da parte dei Saraceni. La fortezza è dotata di mura perimetrali con quattro torri angolari a pianta rotonda e cela all'interno abitazioni, forni, cisterne e magazzini per le provviste. Sono accessibili i sotterranei, che, secondo alcune leggende, raggiungono le frazioni marine per poter permettere la fuga in caso di invasione. La struttura, completamente restaurata, è diventata un punto di riferimento per manifestazioni artistiche, culturali e sociali. Il borgo è caratterizzato dall'intreccio di vicoletti in pietra viva e stretti passaggi al di sotto delle casette comunicanti. Tra queste si collocano i vari palazzi gentilizi del Settecento, costruiti ex novo o ampliati da dimore preesistenti, che appartengono a famiglie facoltose del luogo o della nobiltà salernitana e napoletana. I principali sono: palazzo Perrotti (del XVII secolo, conserva intatta la stanza di Gioacchino Murat), palazzo Matarazzo (uno dei più grandi e antichi del borgo con i suoi due artistici portali aragonesi e lo stemma di famiglia dipinto su una volta), palazzo Antico, palazzo Jaquinto (con lo stemma in marmo sul portone d'ingresso), palazzo Forziati, palazzo Meriglia, palazzo Verrone, palazzo Gammarano e palazzo Comenale (sede dell'archivio comunale). Ma la vera agorà del borgo medievale è la piazza 10 ottobre 1123 (data di fondazione del castello) con vista panoramica sulla valle dell'Annunziata».

    http://it.wikipedia.org/wiki/Castellabate#Il_borgo_medievale


    Castellabate (castello dell'Abate)

    Dal sito www.tripadvisor.it   L'ingresso del castello, dal sito www.fotoeweb.it   Dal sito www.slow-dreams.com

    «Il nome di Castrum Abbatis - Castello dell’Abate - è legato alla costruzione del castello, iniziata dall’abate Costabile Gentilcore nel 1123. La storia:
    • 1123, il 10 ottobre inizia la costruzione del castello su iniziativa di Costabile Gentilcore, quarto abate della Badia di Cava dei Tirreni; il borgo si sviluppa intorno ad esso. In precedenza queste terre avevano visto la presenza di longobardi e normanni, nonché quella dei monaci basiliani profughi dell’oriente. I longobardi, devoti di San Michele Arcangelo dopo la conversione al cristianesimo, diedero nome al colle su cui poi sarebbe sorto il castello. Sotto i normanni, furono i monaci benedettini di Cava dei Tirreni a bonificare le terre, tanto da meritarsi il privilegio di costruire una fortezza per difendere la popolazione dai saraceni, che partivano dall’attuale Agropoli, dove si erano insediati, per le loro scorribande.
    • 1138, il Beato Simeone, quinto abate della Badia di Cava dei Tirreni, completata la fortezza dopo la morte, nel 1124, di Costabile Gentilcore, e costruito il porto per sviluppare i commerci, dona ai sudditi un diploma di privilegi larghissimi: concede loro le case e le terre e riduce le tasse. Grazie al castello che diventa sicuro rifugio per gli abitanti della zona e allo sviluppo dei traffici e dei commerci, Castellabate diventa nel tempo la più ricca baronia del Cilento.
    • 1835, l’antico palazzo baronale è venduto a un privato: termina così, dopo settecento anni, la presenza dei benedettini al castello.
    • 1848, zona di attività carbonara, dal Cilento e anche da Castellabate partono i moti risorgimentali del 1848. ...».

    http://www.cilentocasavacanze.it/Servizi/Storia-Castello.html


    Castelnuovo Cilento (castello)

    Dal sito www.fotoeweb.it   Dal sito www.fotoeweb.it   Dal sito www.salernotoday.it

    «Posto su una collina, in posizione baricentrica rispetto all'intero territorio comunale, dalla quale si domina con lo sguardo la valle dell'Alento fino alla costa. Questo borgo sorge intorno a un Castello, tra anguste stradine in pietra. Secondo la tradizione, dopo la caduta del castello della Bruca (i cui ruderi e la torre sono ancora visibili sull'acropoli dell'antica Velia), gli ultimi abitanti l'abbandonarono e, risalendo la piana verso l'interno in cerca di un rifugio più sicuro, posero la loro dimora nei pressi di una vecchia fortificazione normanna che da allora, accresciuta dal nuovo flusso, prese il nome di Castelnuovo. La collina sulla quale sorge il paese fu nel passato ricoperta da piccole celle ed eremitaggi di benedettini, di cui di tanto in tanto si trovano dei ruderi. Secondo l'Antonini, il costruttore del castello, che aveva un'importante posizione difensiva, fu il grande giustiziere del regno di Federico II Gisulfo di Mannia e risale all'anno mille. La struttura del castello, con l'arco abbassato e le pietre disposte a taglio e a filari, è una struttura normanna. Con la rivolta dei Baroni di Capaccio, alla quale partecipò anche Gisulfo di Mannia, conclusasi con una sanguinosa repressione, i beni dei Mannia vennero confiscati e Castelnuovo fu assegnato a Guido d'Alemagna, un cavaliere francese della corte di Carlo d'Angiò, morto nel 1297, che fece ricostruire il castello che era stato saccheggiato e danneggiato. Fece poi costruire fortilizi simili a quelli di Castelnuovo a Lucera e a Manfredonia in provincia di Foggia. Ci troviamo di fronte ad un'architettura militare di difesa e se osserviamo la torre, possiamo comprendere che doveva servire come ultimo baluardo difensivo quando le altre parti del castello fossero cadute in mano dei nemici ed è molto indicativo che l'ingresso della torre non è a pian terreno, ma è elevato. Il castello, scomparsa la casa d'Alemagna nel 1469, appartenne a diverse altre famiglie e solo nel 1724 alla famiglia dei marchesi Talamo-Atenolfi, che ne è ancora proprietario. La rivoluzione del 1799, le guerre napoleoniche non consentirono ai Talamo-Atenolfi una buona manutenzione del castello. Durante i tre terremoti che si ebbero tra il 1850 e il 1857 ci furono diversi crolli ed anche la torre venne gravemente danneggiata. Allora i Talamo-Atenolfi si trasferirono giù alla contrada Pantana, dove avevano un enorme caseggiato, che nel 1848, durante i moti cilentani, fu luogo d'incontro delle numerose colonne d'insorti e nel 1860 la torre di Castelnuovo fu definitivamente abbandonata e con le lesioni provocate dai precedenti terremoti divenne un rudere. Nel 1966 il marchese e ambasciatore Giuseppe Talamo-Atenolfi si diede da fare per salvare il castello dalla rovina definitiva e si fece promotore del restauro e così il castello riebbe la sua antica fisionomia. ...».

    http://www.comunitalia.net/note_turistiche_di_castelnuovo_cilento_sc_2007.htm


    CAVA DE' TIRRENI (castello di Sant'Adiutore)

    Dal sito www.citizensalerno.it   Dal sito http://xoomer.virgilio.it/analfin   Dal sito www.ilportico.it

    «Il Monte Castello e il Castrum S Adjutoris di Cava de’ Tirreni è sicuramente uno dei luoghi da visitare in città. La collina sulla quale sorge il Castello ha sempre avuto importanza strategica, tanto che i Principi Longobardi vi edificarono una fortezza, a lungo decantata per le soluzioni architettoniche adottate. L’efficienza della struttura era data soprattutto da torri, terrapieni e mura. Il Castello di Cava de’ Tirreni fu realizzato probabilmente prima dell’anno Mille, come è testimoniato da alcuni documenti giunti fino a noi. L’importanza strategica e difensiva della struttura è testimoniata dal fatto che, nell’atto di donazione del feudo al Monastero della Santissima Trinità, il principe Gisulfo I tenne per sé il Castello, con lo scopo di difendere il territorio circostante».

    «...Il complesso fortificato, che gli studi recenti e le evidenze archeologiche fanno risalire alla seconda metà dell’XI secolo, è costituito da un nucleo interno, che in origine includeva il “mastio”, ossia il torrione principale, e da una cinta esterna, che racchiude un’area di circa 9mila mq. Questo imponente sistema di mura è la parte meglio conservata del fortilizio, perché meno trasformato dagli interventi realizzati nella seconda metà del secolo scorso, ma anche quello più soggetto al degrado, causato soprattutto dall’azione spingente che i numerosissimi pini esercitano attraverso le loro robuste radici. ... Il “bastione est”, databile alla fine del XV secolo, è stato oggetto di uno scavo interno ed esterno, che ne ha rivelato le strutture e le imponenti dimensioni complessive; nel corso della delicata operazione di svuotamento del manufatto, seguita dall’archeologo dott. Gianluca Santangelo, sono stati rinvenuti numerosi reperti ceramici databili tra l’XI ed il XX secolo ed una rarissima moneta normanna della fine dell’XI secolo, coniata dal Viceduca Mansone di Amalfi. Il restauro, finalizzato alla conservazione di ogni piccola traccia del passato, è stato eseguito avendo cura di rendere ben distinguibili le integrazioni, strettamente necessarie per consolidare la struttura, dalle murature originarie. I materiali impiegati per le ricostruzioni, limitati a quanto scientificamente accertabili e comunque immediatamente riconoscibili, sono stati prelevati sullo stesso sito d’intervento e provengono da crolli delle antiche mura. La “torre nord” è sicuramente tra le parti più antiche del castello oggi visibili. Forse risalente in parte all’epoca della sua fondazione, alla fine del XV secolo, è stata inglobata in un poderoso bastione con cannoniere. Lo scavo ha rivelato notevoli stratificazioni ed il collegamento con una cinta muraria precedente l’attuale, oltre ad una cisterna in parte obliterata dalle strutture medievali e quindi risalente, con ogni probabilità, alla prima fase della costruzione. Sono inoltre emersi, anche in questo caso, numerosi frammenti ceramici medievali. Oggetto di restauro è stata, infine, anche la postierla, pregevole porta secondaria di accesso al castello, consolidata e resa pienamente leggibile nella sua funzione originaria. ... (Livio Trapanese».

    http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti... - http://www.ilportico.it/Attualita/25881_il-castello-in-parte-ritrovato.xhtml


    Centola (ruderi del castello della Molpa o torre della Marinella)

    Foto di sandy_212b, dal sito www.online-instagram.com   Foto di Luigi Dragone, dal sito www.luigidragone.com   Foto di Luigi Dragone, dal sito www.luigidragone.com

      

    «Molpa è un'antica città che sorgeva a circa 1 km da Capo Palinuro, sopra l'altura compresa fra i due fiumi Lambro e Mingardo. Abitata sia in epoca greca, sia in epoca romana, iniziò a decadere nel Medioevo. La città fu presa prima dagli Ostrogoti e poi, nel corso della guerra gotica (535-553), fu distrutta nel 547 da Belisario, generale bizantino. I superstiti si rifugiarono presso vari monasteri dei dintorni, concorrendo alla fondazione di alcuni paesini tuttora esistenti, tra cui Centola. Molpa fu rifondata nel XI secolo dai Normanni, che ricostruirono l'abitato sul colle (140 metri s.l.m.). Nel 1113 Molpa subì una prima invasione ad opera dei pirati saraceni. L'abitato fu dunque fortificato dai Normanni con robuste difese tra cui il Castello della Molpa, una possente rocca i cui resti sono visibili ancora oggi. Nel corso del XII secolo a Molpa fu edificata la chiesa di San Giuliano, di cui ancora oggi restano alcuni ruderi. I Normanni amministrarono il territorio fino al 1189. A partire da questo anno e fino al 1268 fu sotto la giurisdizione degli Svevi, a cui succedettero gli Angioini fino al 1435. Gli Angioini potenziarono ulteriormente le fortificazioni che formavano con i castelli di Palinuro e di San Severino una cinta difensiva che si rivelò di importanza vitale nella guerra contro gli Aragonesi. Le difese però non resistettero all'invasione dei pirati Saraceni, noti come Corsari d'Africa, che all'alba dell'11 giugno 1464 la rasero al suolo, facendo schiava la sua gente (coloro che riuscirono a fuggire trovarono rifugiò nell'entroterra ed in particolare a Centola ed a Pisciotta) e decretando per sempre la fine dell'abitato di Molpa. Nel 1554, il territorio di Molpa, insieme alle terre di Palinuro e di Pisciotta, fu acquistato per 17.000 ducati dal nobile spagnolo don Sancio Martinez de Leyna, capitano generale delle regie galee del egno di Napoli, che vi edificò alcune torri costiere per offrire protezione alla popolazione dell'entroterra e sicurezza ai naviganti.

    La torre della Molpa, o della Marinella, è ubicata alla foce del fiume Lambro in posizione leggermente sopraelevata rispetto al livello del mare. La collocazione della torre aveva lo scopo di impedire ai pirati Saraceni l'approdo, il rifornimento di acqua potabile e lo sfruttamento delle vie fluviali offerte dal Lambro e dal Mingardo per le incursioni nell'entroterra del Cilento. Il problema dei pirati era particolarmente sentito in quegli anni, dal momento che essi furono responsabili di numerose drammatiche scorribande in territorio campano (dopo l'incursione del 1464 che distrusse la stessa Molpa, memorabili furono quella del 1532 ad opera di Ariadeno Barbarossa e del 1552 ad opera dei corsari di Dragut). Già nel 1546 Pirro Antonio Licterio, ufficiale della Regia Camera della Sommaria, aveva sostenuto l'importanza della costruzione nel territorio di Pisciotta e della Molpa di torri difensive, che avrebbero garantito una maggiore sicurezza del territorio dagli assalti dei Saraceni e consentito la rinascita dell'antico abitato. Occorrendo al de Leyna i denari per le spese di fabbrica, guardia ed armamento, egli chiese al viceré spagnolo di esigere un contributo nelle spese sia da parte delle università e terre convicine, sia da parte dei mercanti che si recavano alla fiera di Salerno (conosciuta come fiera di San Matteo). Inoltre il de Leyna chiese la concessione dei diritti di ancoraggio, falangaggio ed alboraggio da parte di tutte le navi approdanti, ossia il pagamento di una somma di denaro per le navi ancorate in porto (diritto di ancoraggio), il pagamento per l'attracco delle barche al palo piantato sulla riva (diritto di falangaggio) ed il pagamento in proporzione alle vele per l'ingresso dei velieri in porto (diritto di alboraggio). La richiesta del de Leyna non ebbe esito e nel 1578 il feudo di Molpa e Palinuro, con la terra di Pisciotta, fu venduto per 30.000 ducati a don Camillo Pignatelli, vicerè di Sicilia. Nel 1583 la proprietà fu venduta dai Pignatelli ad Ettore Maderno di Monteleone, che a sua volta nel 1602 la vendette ad Aurelia della Marra, moglie di Cesare Pappacoda. La famiglia dei Pappacoda tenne il feudo di Pisciotta, Molpa e Palinuro, divenuto frattanto marchesato, fino al 1806. Per la mancanza di investimenti, la torre della Molpa, edificata solo parzialmente, fu abbandonata ed oggi rimangono pochi resti informi della parte basamentale, chiaramente a pianta quadrata. La città di Molpa non è mai più stata rifondata».

    http://castelliere.blogspot.it/2014/07/il-castello-di-giovedi-17-luglio.html


    Centola (castello di San Sergio)

    Dal sito www.hotelcilento.it   Dal sito www.ilcastellodisansergio.com   Dal sito www.ilcastellodisansergio.com

    «I [primi] feudatari di Centola furono i Rosso i quali ebbero la prima signoria, poi Giacomo della Morra, i Di Sangro, con Carlo e Alfonso, visti nel 1456, quando sempre secondo lo Stanziola, vi costruirono la cappella denominata San Sergio. Poi vennero i Caracciolo, di nuovo i Di Sangro con Sigismondo e Ippolita che tra il 1532 e il 1535 vi costruirono un piccolo maniero. Ritornarono alla fine del 1500 ancora i Rosso che, nel 1602, con Ascanio Rosso e poi la figlia Maria, cedettero il Feudo a Mario Rosso e da questi passò a Fulvia Scondito che, nel 1622, per 12000 ducati, vendette il feudo a Domenico Pappacoda, Marchese di Pisciotta e feudatario già di Molpa e Palinuro. Vuolsi che la trattativa avvenne proprio nel maniero di San Sergio, con da una parte il sacerdote don Luca De Angelis e dall'altra un'amica della Scondito, Sofia Scannuzzi. La situazione economica della Scondito si era appesantita da molti debiti, dovuti alla sua fragorosa vita di bella donna. Sulla cappella di certo vi era la rendita della badia di Centola, ed era retta da un sacerdote. Sappiamo che nel 1587 era il sacerdote don Oreste Cerulli fino al 1598, data delle sue dimissioni. Nel 1613 troviamo rettore don Gianpaolo De Damiano (dimissionario) che lasciò per paura del cattivo stato in cui versavano le mura della cappella. Dall'anno 1622 fino al 1626 la cappella scomparve lasciando in piedi solo qualche rudere; morto il feudatario Giuseppe Pappacoda nel 1773, principe di Centola e marchese di Pisciotta, ereditò titoli e beni l'unica figlia Giovanna Pappacoda morta nel 1809. Giovanna Papacoda sposò il principe Giovancarlo Doria D'Angri; di fatto donna Maria Antonia Doria, erede della Pappacoda vendette il fondo di San Sergio e altre piccole proprietà all'agente del feudo Giovanni Angelo Rinaldi nel 1820. Giovanni Angelo Rinaldi morì nel 1852, celibe, lasciando San Sergio a suo nipote Achille Rinaldi (1823-1876) uomo molto fattivo e positivo; praticamente, sempre al dire di Stanziola, fu lui a trasformare quel piccolo maniero in un palazzo con strutture simili ad un castello. Morto il suddetto Achille, San Sergio passò al figlio Giovanni che a sua volta lo cedette al figlio Achille nato nel 1880 e morto celibe nel 1933. Erede delle sue proprietà restarono le sorelle; una di queste ebbe San Sergio, ed il suo figlio Michele De Agostinis ereditò il Castello. Dopo la morte di Michele, la figlia Silvia De Agostinis ha l'idea di trasformarlo in B&B e oggi, con i suoi figli Vincenzo e Maria, ne è l'attuale proprietaria».

    http://www.ilcastellodisansergio.com/castello.html


    Cetara (torre Vicereale)

    Dal sito https://9travels.wordpress.com   Dal sito http://amalfi-coast.com   Dal sito www.amalficoast.it

    «La torre di Cetara è stata edificata in periodo angioino, per poi essere trasformata e fortificata ulteriormente durante la dominazione aragonese. Il suo scopo non era soltanto quello di difendere il paese dalle invasioni dei Turchi dal mare, ma ancora prima serviva per difendere i traffici commerciali marittimi da scorrerie di pirati locali che partivano dalle strette insenature della costa. Dopo lo sbarco dei Turchi nel 1534, l’edificio venne a far parte di un sistema di fortificazione formato da 400 torri che copriva buona parte delle coste dell’Italia meridionale. Queste torri, al momento dell’avvistamento di imbarcazioni nemiche, si trasmettevano segnali con il fuoco di notte e con il fumo di giorno, avvertivano la popolazione dell’imminente pericolo, e si preparavano a difendere la costa. La torre era dotata di tre cannoni di bronzo, simili a quelli utilizzati sulle navi, che servivano a tenere lontano dalla costa le imbarcazioni nemiche. In caso di assalto venivano utilizzati, invece, i “petrieri”, bocche da fuoco in grado di tirare verso il basso. La struttura architettonica della torre ha subito nei secoli parecchi cambiamenti. All’originale nucleo angioino di forma cilindrica, fu aggiunta la sopraelevazione “a doppia altezza” del periodo aragonese. Altri cambiamenti ha subito poi nei secoli successivi, fino all’aggiunta di due piani alla fine del 1800 che hanno stravolto in parte la struttura aragonese».

    http://cetara.asmenet.it/index.php?action=index&p=85


    Cicerale (palazzo marchesale Primicile-Carafa)

    Foto di Mimmo Benivento, dal sito http://mapio.net/pic/p-88634404/   Dal sito www.fotoeweb.it

    «La prima notizia del borgo di Cicerale si ritrova in un documento del 1461, anno in cui Ferdinando I d'Aragona sottrasse il feudo alla famiglia Capano per concederlo ai Sanseverino, nobile casata di origine normanna. Probabilmente, il nucleo primitivo del paese sorgeva in località Bocca di fava e si chiamava Corbella; il piccolo centro fortificato subì le asprezze sia della guerra del Vespro sia della congiura dei Baroni: ancora oggi si possono vedere i ruderi del castello situato in vetta al Monte Battaglia, lungo il versante del Monte Sant’Andrea, a nord di Cicerale. La posizione strategica del borgo Ciceralensis, di diretto controllo sulla viabilità tra la piana di Paestum e quella di Velia, ne consentì la sopravvivenza attraverso i secoli e nonostante i cambi di feudatari. I Sanseverino affidarono il borgo ai Gentilcore; nel 1636 esso passò ai Carafa, in seguito al ramo dei Carafa-Primicile che lo mantennero fino al 1806, data di abolizione della feudalità. ... L’edificio si trova nel centro storico del paese e rappresenta un elemento di eccezionale valore storico–architettonico. Attualmente è di proprietà privata ma versa in condizioni strutturali, estetiche e funzionali fatiscenti nonostante sia inserito all’interno di un contesto urbanizzato e consolidato ...».

    http://castelliere.blogspot.it/2017/02/il-castello-di-martedi-14-febbraio.html


    Collianello (ruderi del castello normanno)

    Foto di gianniB, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.prolococolliano.it

    «Con la caduta dell'Impero Romano [Colliano] subì prima la dominazione dei Goti nel 524 e poi dei Longobardi, i quali la inclusero nel gastaldo di Conza, il cui conte fu Orso. Durante questa dominazione, per difendersi dalle incursioni Saracene, i collianesi decisero di spostarsi sul colle, ritenendolo più sicuro, dando così la definitiva sistemazione urbanistica di Colliano e Collianello, dove fu costruito una roccaforte, intorno alla quale furono edificate case e casupole, formando un borgo fortificato. Con i Normanni dipendeva da Roberto di Quaglietta. Intorno al 1140 fu ampliato il castello di Collianello, furono alzate mura porte e torri tutto intorno al paese, per meglio difendersi dai nemici. Di questo sistema difensivo rimane solo la porta "dei Santi" situata nella parte meridionale, in direzione di Palomonte, che a subito nei secoli diversi cambiamenti. Gli abitanti, con il passare del tempo, gli cambiarono il nome in "porta Fontana" perché da lì che si andava alla fontana pubblica, che era situata fuori dalle mura, e precisamente nell'attuale Piazza Epifani. Nel 1220 appartiene a Galino, milite normanno. Nel 1230 feudatari di Colliano sono Agnese e la figlia Giovanna, che era anche signora di Senerchia. Nel 1268 Colliano fu per un solo anno feudo di un certo Ugone. Alla sua morte fu incorporato fra i beni del Re Carlo, che subito lo donò a Guido d'Alemagna, già signore di Laviano, Castelnuovo di Conza, Trentinara, Campagna e Buccino. Nel 1270 feudatario di Colliano e Giacomo di Bursone. Nel 1331, si ha uno smembramento del feudo, Collianello fu donato a Tommaso da Porta. Nel 1426 Colliano e un possedimento di Luigi Gesualdo. Nel 1448 era un feudo di Antonio Sanseverino, ma dopo dieci anni ritorna ad essere della famiglia Gesualdo e precisamente di Sansone. Nel 1466 è l'anno in cui i tutti i paesi dell'alta valle del Sele subirono un violento terremoto, che li distrusse completamente. I Gesualdo furono feudataria di Colliano fino al 1477, quando passò nelle mani di Amelio. Con il Vicereame Colliano ritorna ad essere della famiglia Gesualdo».

    http://www.archemail.it/arche9/0colliano.htm


    Contursi Terme (castello Rosapepe)

    Dal sito www.cittadelbenessere.com   Dal sito www.altoemediosele.it

    «Venne edificato nell’840 dal conte Orso che tenne la contea di Conza dall’822 all’849, quando fu trucidato in una imboscata da una banda di mercenari saraceni. Egli sposò una delle figlie del duca Sicone (†833) e, quindi, era cognato di Siconolfo e del principe di Benevento Sicardo (†839). Quest’ultimo mirava ad instaurare un forte potere centrale per dare a tutta la Longobardia meridionale l’assetto politico di uno stato forte ed omogeneo; fu ucciso durante una battuta di caccia a Lavello da un suo tesoriere, Radelchi. Ne seguì un periodo di torbide rivalità fra i duchi longobardi e fra tutti emersero, quali pretendenti alla successione, il conte Adelchi e Radelchi. Quest’ultimo, dopo un’aspra lotta, uccise Adelchi, mentre il conte Orso di Conza ed il conte Radelmado, presero le parti di Siconolfo e lo proclamarono loro signore. Dopo altre vicende fra i due intervenne l’imperatore Ludovico II che impose loro la pace nell’anno 849. Il conte Orso, per rendere più sicuri i confini del Gastaldato e per proteggere quel luogo che da sempre era soggetto a facili scorribande da parte di varie soldataglie e pericolosi fuoriusciti, costruì nell'840 il turrito castello, sopra un contrafforte Ughelli e Giustiniani. Il castello rimaneva ad un miglio è più dalla confluenza del Tanagro con il Sele e per questo era strategicamente collocato in una posizione predominane sia sulla piana del Sele che sulla sottostante piazza centrale del paese. La successiva separazione dal Ducato di Benevento impose un nuovo e più capillare controllo del territorio e della nuova capitale Salerno, così sorsero lungo il fiume Sele numerosi castelli. ... In seguito alle continue opere di rifacimento, poco resta della struttura iniziale dell’antico castrum; l’unico elemento visibile è la cinta muraria, posta a ridosso della quale persistono alcune torrette, avamposti e corpi difensivi che rendevano la struttura inespugnabile da sud-ovest, direzione da cui provenivano in particolare le incursioni saracene. è possibile individuare anche la porta principale del vecchio insediamento, oggi comunemente chiamata arco della Portella, da cui si snodano le tre vie, i Burghi, di accesso al centro antico. Nel 1675 divenne proprietà della famiglia Parisano, marchesi di Caggiano, che lo tenne fino al 1807 quando, a causa di alcuni debiti, dovette cederlo alla famiglia Rosapepe, che ancora oggi ne è proprietaria. L’ingresso principale del castello è rappresentato da un arco a volta sotto cui è inciso lo stemma della famiglia Rosapepe. Un secondo arco si apre ad ovest e un tempo costituiva l’ingresso principale, oggi in disuso. Ciò si spiega per i mutamenti che nel corso dei secoli ha subìto la geografia del paese sviluppatosi in direzione opposta rispetto al centro antico. Venute meno le esigenze difensive, infatti, si è avuta l’espansione del paese verso nord di piazza Garibaldi. Dal 1400 in poi il castello è una residenza privata».

    http://www.cittadelbenessere.com/palazzo-rosapepe/


    Eboli (castello Colonna)

    Dal sito www.comune.eboli.sa.it   Dal sito www.comune.eboli.sa.it   Dal sito www.turismoinsalerno.it

    «Situato su di una rocca sovrastante la cittadina di Eboli, il Castello domina tutto il centro abitato e fà parte di un più ampio sistema di fortificazioni normanne atte al controllo del territorio. Tale fortilizio, che risale alla seconda metà dell'XI sec., fu costruito sul luogo in cui sorse un “castrum” romano, prima, e un fortilizio longobardo poi ed offriva protezione alle popolazioni locali. è possibile apprendere la storia del castello attraverso le numerose fonti e documenti in cui è menzionato come "Domus Domini Imperatoris in Ebulo" ed è ricordato tra i più importanti del Medioevo. Secondo una testimonianza storica risalente al XII sec., il castello fu costruito per volontà di colui che fu il primo signore di Eboli in epoca normanna: Guglielmo d'Altavilla, fratello di Roberto il Guiscardo. Le fonti fanno riferimento a tale costruzione anche nel periodo longobardo, precisamente nel 1309, quando si ricorda una chiesetta edificata all'interno intitolata a San Marco e che fu, nei secoli, oggetto di numerosi rifacimenti. Secondo i documenti storici, alla fine del '400 al tempo del feudatario Matteo Acquaviva, duca d'Atri, vi funzionava una "officina grafica ebolitana" in cui operò Bernardo Silvano che pubblicò a Venezia, nel 1511, il "Liber Geographiae" di Claudio Tolomeo, dedicato al signore di Eboli. Una fonte del 1640 informa che il castello fu ingrandito e fortificato e ne illustra la imponente conformazione costituita da quattro torri di cui due normanne a forma quadrilatera e due sveve a forma cilindrica. Subì consistenti restauri per conto di Antonio Colonna, nipote di papa Martino V. Intorno al 1760, l'interno del castello viene impreziosito da un'imponente scala marmorea progettata dall'architetto napoletano Luigi Vanvitelli. Un altro restauro ci fu nel 1930 ad opera del barone Romano Avezzano che acquistò il castello e lo abbellì».

    http://www.comunitalia.net/il_castello_colonna_sc_2168.htm

     


    Erchie (torre La Cerniola)

    Dal sito http://ilmiosi.altervista.org   Dal sito www.torrelacerniola.it   Dal sito www.torrelacerniola.it

    «Ubicata in una pittoresca frazione di Maiori (SA) denominata Erchie, La Cerniola è una delle prime torri che s'incontrano lungo la costa da Salerno a Positano. Ha pianta quadrata con coronamento superiore di quattro caditoie. La sua edificazione si deve agli editti di don Pedro de Toledo (1532-33) e don Parfan d'Aragona (1564). Costruita in pietra calcarea locale con volte a botte, è una delle torri meglio conservate della costiera amalfitana, avendo mantenuto intatta la sua forma e volumetria originaria ed essendo stata sottoposta a molteplici accurati interventi di restauro che ne hanno preservato l'integrità e la struttura originali ripetutamente minacciate sia dallo scorrere dei secoli che da alcune forti mareggiate. Le più antiche notizie sulle torri costiere non sono anteriori al periodo svevo (inizio del XIII secolo) ma ciò, ovviamente, non significa necessariamente che mancassero fortificazioni prima di allora. Le prime informazioni della costruzione di torri lungo la costiera amalfitana sono di epoca angioina e precisamente risalgono al regno di Carlo I, Carlo II, di Roberto, della regina Giovanna I e Giovanna II. Dopo la sconfitta della flotta cristiana a Gerba, presso Tunisi (1535), e prima della battaglia di Lepanto (1576), il litorale era infestato dai Saraceni; tristemente famoso per le sue razzie era il terribile Barbarossa, ammiraglio della flotta di Solimano II. La cittadinanza, adunatasi nella piazza detta dell'Olmo, con atto pubblico stilato dal notaio Nicola Francese di Amalfi, in data 22 agosto 1545 deliberava di doversi provvedere con opportune fortificazioni alla sicurezza dei luoghi onde preservare le coste dalle invasioni e dai saccheggi. I frequenti attacchi dei pirati turchi alle coste meridionali attirarono l'attenzione dell'ímperatore Carlo V che diede ordine al viceré don Pedro di Toledo di provvedere alla difesa delle terre costiere mediante la costruzione di torri a forma cilindrica o quadrata con vedette e custodi. Dette fortificazioni furono costruite in prossimità delle spiaggette, per lo più su dirupi difficilmente accessibili. Dall'alto delle torri lo sguardo delle vedette poteva spaziare lontano all'orizzonte, cosicché i cittadini potessero essere avvertiti quanto prima del pericolo incombente. Nell'occasione gli adatti alle armi si preparavano alla difesa della costa mentre le donne e i fanciulli si rifugiavano sulle alture o nelle numerose grotte e anfratti di cui è ricca la costiera. Torre La Cerniola, dopo secoli di abbandono, venne acquistata nel dopoguerra da Alberto Accarino e da questi restaurata nell'estremo rispetto delle originarie strutture. Attuali proprietari e custodi dell'antica memoria di questo storico luogo, i suoi discendenti».

    http://www.torrelacerniola.it/Cenni_storici.htm


    Felitto (borgo, porte)

    La porta occidentale, dal sito www.comune.felitto.sa.it   Porta medievale, dal sito www.comune.felitto.sa.it   La cosiddetta casa araba, dal sito www.comune.felitto.sa.it

    «Come in molti paesi del Cilento, anche in Felitto è possibile osservare ancora oggi i segni di un passato molto remoto. Si tratta di strutture ridotte, per lo più, a livello di ruderi, ma che costituiscono la testimonianza di una civiltà molto antica e gloriosa. In località S. Nicola è possibile osservare una casa che richiama molto da vicino lo stile arabo, con la serie di finestroni a forma ogivale, tipica delle basse case arabe. Anche nell’ex via Ebrea e in via Pomerio si notano costruzioni richiamanti lo stile romano con strutture aventi la forma a ferro di cavallo. Di un certo rilievo era un’altra struttura: il Sedile o Seggio (abbattuto in questi ultimi anni). Secondo la tradizione esso fu costruito in periodo angioino per la comodità dei cittadini di Felitto. Vi si radunavano per amministrare la cosa pubblica, mentre in epoca più remota dovette essere il luogo di riunione del popolo per la celebrazione delle feste pagane e per l’esercizio del commercio. Sotto re Ruggiero divenne sede dell’università e nei suoi uffici venivano conservati i registri e i documenti della Signoria. ... Si entrava in Felitto attraverso quattro pone: la porta orientale e quella occidentale e altre due porte secondarie, o di soccorso, che aprivano verso il fiume. Le due porte principali esistevano ancora nel ‘700. Quella orientale si apriva tra due torri sulla via del Pomerio, in fondo alla quale si trovava poi la porta occidentale. Tenendo presente l’attuale topografia del paese, le due porte secondarie davano una sulla via “Calaturo”, l’altra sulla zona che dal popolo viene indicata con il nome di “Precale”, in via Post Erla. Infine, sono caratteristiche le vecchie vie di Felitto. Sono molto strette e tortuose, pavimentate di ciottoli, scoscese e, in alcuni punti, tracciate scavando la roccia, con archi e nascondigli vari. Ne ricordiamo alcune ancora oggi esistenti: la via Pomerio, oggi più larga dell’originale; i vicoli II e III Pomerio; via S. Nicola, cosi chiamata per la presenza di una cappella dedicata al santo; via Calatelo, dialettalmente chiamata ‘Calaturo’, attraverso la quale si poteva raggiungere il fiume, ma così stretta da consentire il passaggio di un solo cavaliere per volta; via Post Erla - ora Posterola - anch’essa conducente al fiume e non sorvegliabile dai merli del castello; infine la via Ebrea - oggi via Marconi - sulla quale sono visibili maggiormente gli archetti e i nascondigli di cui si è fatto cenno».

    http://www.prolocofelitto.it/tag/castello-felitto


    Felitto (castello)

    Dal sito www.felitto.net   Dal sito www.comune.felitto.sa.it   Dal sito www.alvicolodelcilento.it

    «Certamente il simbolo che meglio può rappresentare i celebri trascorsi di Felitto è il castello feudale, probabilmente edificato durante il periodo angioino. Il castello presenta tutte le caratteristiche degli antichi manieri, insieme alla tipica cinta muraria, dello spessore di circa un metro, che si è conservata integra fino alla fine del 1800 e che si snodava per quasi 700 metri circondando, in una protettiva voluta, l’intero centro abitato. Il castello si sviluppa su due livelli, per un’altezza di quasi 9 metri. Considerato che sorge nel punto più alto del paese, il maniero in passato veniva utilizzato come punto di osservazione dal quale gli armati di guardia tenevano sotto controllo la vallata scandendo lo scorrere della giornata, suonando il corno, ed allertando i cittadini in caso di attacco. La cinta muraria iniziava a Sud del palazzo baronale e terminava poco dopo la porta occidentale con una torre costruita proprio sull’orlo del precipizio, chiamata la Torre dei Pagani. Era la cinta interrotta, ad intervalli regolari, da 10 torri di forma rotonda e 3 di forma quadrata; la foravano trasversalmente solo due porte principali, quella orientale e quella occidentale e, probabilmente, altri due ingressi secondari. Le torri erano fornite di merlatura alla guelfa, di parapetti per gli arcieri, di feritoie per il lancio delle frecce e di spioncini dietro i quali erano sistemate le macchine da guerra. Oggi si contano solo 7 delle torri rotonde, qualche rudere di quelle quadrate e pochi frammenti del muro di cinta che è stato inglobato dalle fondamenta delle abitazioni costruite nel corso degli ultimi 3 secoli. Resta ancora evidente la porta occidentale, con altri resti laterali, a memoria della sua funzione di controllo dell’ingresso all’interno delle mura del paese».

    http://www.alvicolodelcilento.it/il-castello-feudale/


    Galdo CILENTO (palazzo dei baroni Galdi, palazzo dei Rizzo)

    Il palazzo dei baroni Galdi, dal sito www.residenzadipalazzo.it   Il palazzo dei baroni Galdi, dal sito www.cortepalazzogaldi.it   Il palazzo dei Rizzo, dal sito www.associazionemivida.it

    «Galdo, menzionato per la prima volta nei documenti del 1092, è un toponimo di origine longobarda che significa "selva". Il piccolo borgo conserva una struttura antica, quasi arcana, in grandissima parte autentica che sembra destinarlo e fruizioni turistiche di elevata qualità. Le case posseggono uno schema costruttivo essenziale, estremamente sobrio e configurano un nucleo abitato molto in fusione con campagna e natura. Una breve gradinata, in parte alberata, immette in una piazzetta deliziosa e minuscola, quasi paragonabile a un salotto domestico. In prossimità della piazzetta, appena si nota la cappella di Santa Caterina, un tempo sede della confraternita. Da questo luogo si diramano alcuni vicoli che sbucano negli orti. A sud, si colloca il palazzo dei baroni Galdi e poco distante dall’abitato, si colloca quasi in solenne solitudine la parrocchia di San Nicola. ... Il Palazzo dei baroni Galdi, con l’antitante piazzale, è un'antica costruzione con portale del 1605. Sotto la volta è dipinto lo stemma di famiglia e il portale introduce in un ampio cortile lastricato, un tempo dominato da una torre di difesa. D’interesse è l'attigua cappella gentilizia dedicata all'Ascensione con un piccolo matroneo dal quale la famiglia Galdi partecipava alle funzioni religiose» - «Il palazzo dei Rizzo, di impronta cinquecentesca, caratterizzato da una torre cilindrica, con probabile funzione difensiva (una targa sulla fronte dell’edificio ricorda la famiglia). ... Il palazzo dei baroni Galdi venne edificato su una precedente costruzione medievale: la risistemazione è tardo cinquecentesca, come testimonia il portale del 1605 con sovrastante stemma. Sul soffitto a volta dell’androne d’ingresso è raffigurato dipinto il medesimo blasone; ci si immette dunque nel vasto cortile, un tempo sovrastato anch’esso da una torre difensiva e di avvistamento».

    http://www.comune.pollica.sa.it/pagine/view_page.php?p=006&t=Galdo - http://www.associazionemivida.it/galdo-cilento.html


    Gioi Cilento (palazzo Reielli)

    Dal sito http://gioi.altervista.org   Dal sito http://gioi.altervista.org

    è uno dei più rappresentativi palazzi gentilizi di Gioi Cilento, insieme con i palazzi Salati, Conti e De Marco.


    Gioi Cilento (resti del castello e della cinta muraria, porta dei Leoni)

    Una delle torri residue, dal sito www.ilcilento.altervista.org   Resti del mastio, dal sito www.comune.gioi.sa.it   La porta dei Leoni, dal sito www.comune.gioi.sa.it

    «A Gioi Cilento, estremo limite della catena difensiva, non rimane più nulla dell'opera fortificata. Rimangono comunque vistose tracce della cinta muraria del borgo, con torrette cilindriche sulla cortina difensiva che, sul lato nord del suo perimetro, includeva il castello» - «“Essendo Gioi (…), circondata da massicce ed inespugnabili mura, si entrava in paese da sette Porte. Fra settentrione e levante ne esisteva una detta “Portanova”. Era di forma architravata, ampia; e dai ruderi e dai diversi pezzi di considerevoli dimensioni, che ancora si conservano, è da credere che “Portanuova” sia stata maestosa, magnifica, ben lavorata e degna veramente, solo di un’Università agiata. Dalla base, su cui erano sdraiati due leoni ed un leoncino, si innalzavano alti, larghi e scanalati pilastri, di pietra compatta e tenace, e terminavano con un architrave, e con cornice finale, ben corrispondente” (da G. Salati, L’antica Gioi -notizie storiche, Bari 1911). Il portale, realizzato in pietra arenaceo-calcarea, consiste in due steli scanalate e due sculture, poste alla base, raffiguranti due leoni. Nel sito in cui furono rinvenuti i resti (nei pressi della vecchia mulattiera) invano si è cercato di ritrovare la parte terminale soprastante (architrave)».

    http://xoomer.virgilio.it/analfin/gioicil7.htm - http://www.comune.gioi.sa.it/client/scheda.aspx?scheda=436&stile=1


    Gioi Cilento (palazzo Reielli)

    Dal sito http://gioi.altervista.org   Dal sito http://gioi.altervista.org

    è uno dei più rappresentativi palazzi gentilizi di Gioi Cilento, con i palazzi Salati, Conti e De Marco.


    ISOLE DE LI GALLI (torri)

    Dal sito www.felitto.net   Dal sito www.comune.felitto.sa.it   Dal sito www.alvicolodelcilento.it

    «La parte estrema del territorio della costiera amalfitana era difesa da Positano e dalle prospicienti isolette de Li Galli. Le isole de Li Galli, anticamente dette Sirenuse, erano protette da tre torri, fatte costruire a sue spese da Pasquale Cementano di Positano, per impedire ai corsari l'approdo sulle isole stesse e dunque di avvicinarsi alla costa; delle tre torri restano oggi solo le tracce di quella circolare sul Castelluccio e dell'altra quadrata sul Gallo Longo. Di fronte alle isole de Li Galli, Positano era protetta dalle torri che facevano parte della cinta muraria sul mare che proteggeva gli abitanti del luogo dalle scorrerie che Pisani e Genovesi facevano sulla costa col pretesto di appoggiare Corradino di Svevia contro Carlo d'Angiò».

    http://xoomer.virgilio.it/analfin/ligalli6.htm


    Laurino (palazzo Ducale degli Spinelli)

    Dal sito www.comune.laurino.sa.it   Dal sito www.comune.laurino.sa.it

    «Nel 1556 il feudo di Laurino venne acquistato dai duca Carafa che ristrutturarono l’antico castellum de Lauri, documentato per la prima volta nel 932, quando Laurino era dominio longobardo. Nel 1689 il palazzo divenne la residenza dei nuovi feudatari, i duchi Spinelli. Dagli inizi del 2000 è in parte del Parco del Cilento, in parte proprietà privata. L’impianto del palazzo ricalca, probabilmente, quello dell’originario castello longobardo, i cui resti sono visibili nel lato nord-orientale. In particolare, il lato nord-est del palazzo fu costruito sulle mura della rocca, mentre quello meridionale venne ricavato trasformando gli ambienti interni. Al palazzo si accede tramite due portali a tutto sesto incorniciati da bugnato in pietra palombina, di cui il più grande è sovrastato dallo stemma dei duca Spinelli, proprietari del palazzo dalla fine del XVII secolo. Sui portali, a coronamento del prospetto principale, si trovano quattro archi a tutto sesto, impostati su lesene, sempre in pietra palombina, di cui due sono tompagnati e due alloggiano recenti finestre balconate. Dai portali si accede all’atrio, voltato a botte, e, da qui, al cortile interno, che ricalca la pianta dell’antico cortile del castello. Una larga scala aperta, in pietra, porta ad una loggia dove si affacciano i vani del primo livello, cui si accede tramite aperture incorniciate, anche qui, da stipiti, architravi, e mensole in pietra palombina. La loggia, in particolare, si compone di due sottili colonne tuscaniche in pietra e di una copertura a spioventi. I vani interni attualmente accessibili sono una grande sala da pranzo, coperta da un pregevole soffitto ligneo, dove è collocato un camino ed una cucina, che conserva l’antico forno. Una scala interna porta ai sotterranei, coperti da volte a botte, anticamente adibiti a carcere».

    http://www.aracneeditrice.it/pdf/9788854804227.pdf (Chiara Ingrosso, Architetture del Rinascimento nel territorio di Salerno. Cilento e Vallo di Diano, Aracne editrice 2006, estratto)


    Laurino (resti del castello longobardo)

    Dal sito www.fotoeweb.it   Dal sito www.comune.laurino.sa.it

    «Sullo sperone più alto della collina, di fronte alle bastionate del monte Cavallo, sfidano ancora il tempo le rovine del primitivo castello longobardo. Malgrado le ingiurie dei secoli e degli uomini, la struttura è ancora in parte leggibile anche se i piani superiori sono quasi tutti crollati. Il "Castello de lauri" è citato per la prima volta in un documento dell’agosto del 932, il primo da cui compare nella storia anche il toponimo "lauri" da cui Laurino. Di certo il maniero, nel suo impianto originario, fu fondato dai Longobardi quantomeno agli inizi del X secolo. Considerato, però, sia i tempi necessari alla costruzione di un manufatto così complesso sia la notorietà che, a quella data, il castello sembra già avere, non è azzardato retrocedere la sua fondazione almeno alla fine del secolo IX. A testimonianza del ruolo di assoluto rilievo strategico che rivestiva nell’assetto difensivo delle varie monarchie succedutesi, il castello e, probabilmente anche il borgo, fu per lunghi periodi proprietà regia o demaniale e cioè non infeudato. Solo nel 1271, infatti, compaiono i Valdemonte come primi feudatari di Laurino. Il castello ospitò, per periodi più o meno lunghi, quasi tutti i feudatari succedutisi in Laurino. Cominciò a decadere già in seguito alla costruzione del Palazzo ducale ad opera dei Carafa verso la metà del XVI secolo e, ancor di più, dopo il 1734 quando Carlo III, nel tentativo di indebolire il regime feudale, obbligò i vari feudatari a risiedere a Napoli ricompensandoli con importanti cariche di corte» - «...Posto strategicamente sulla via di collegamento fra Velia e Paestum e il Vallo di Diano, attraverso la sella di Corticato, il castello e probabilmente anche il borgo fu, proprio in epoca sveva, proprietà demaniale alle dirette dipendenze regie. Alla fine del 1500 fu in gran parte soppiantato dal maestoso palazzo ducale dei Carafa. Oggi sopravvivono cospicui resti fra cui le rovine del mastio e altri ambienti di grande spettacolarità e suggestione».

    http://promozione.cilentoediano.it/it/da-vedere/castello-longobardo - https://www.facebook.com/AltoCilentoPagina/posts/356621407859659


    Laurino (torri, mura)

    Torre di S. Agostino o torre normanna, dal sito www.comune.laurino.sa.it   Dal sito www.facebook.com/AltoCilentoPagina

    «Sviluppatosi man mano attorno al Castello Longobardo, IX-X sec. il borgo di Laurino ebbe ben presto bisogno di una cinta muraria di difesa, costituendosi più tardi in Castrum, cioè città murata (1231 o 1255 circa). Il Pecori riferisce che nel 1246 torri e mura furono atterrate dalle soldataglie dell'imperatore Federico II essendosi Laurino schierata per i potenti Sanseverino nella congiura antimperiale di Capaccio. Tradimento inconcepibile essendo il Castello di Laurino, in periodo svevo, di proprietà demaniale della corona. Le opere difensive vennero velocemente ricostruite in epoca angioina, durante la guerra del Vespro (1282-1302) contro gli Aragonesi e ulteriormente rinforzate poi da questi ultimi e dai viceré. Torri e mura sopravvissero intatte fino al 1948 quando i patrioti antiborbonici vi si asserragliarono per respingere l'attacco del generale Lahalle nella battaglia di Laurino. Poi la lenta decadenza fino alla costruzione della strada rotabile che distrusse un'ampia parte di mura e la Porta Magna. Ma il definitivo colpo di grazia intervenne negli anni '50 e '60 del 1900 quando una dissennata follia edilizia abbatté la Porta dei Monaci e altri tratti di mura».

    https://www.facebook.com/AltoCilentoPagina/posts/364101763778290


    Laviano (castello normanno)

    Dal sito www.amicidilaviano.it   Dal sito www.amicidilaviano.it   Dal sito http://italia.indettaglio.it

    «Il Castello medievale, proprio per volere del citato Guglielmo [Guglielmo di Laviano], è ubicato in posizione strategica in modo da facilitare sia l'osservazione, che la difesa e cioè alla sommità del promontorio, a picco sulla rupe dell'Olivella e sul vallone ed è munito di fossato con ponte in pietra nonché di un avamposto e/o baluardo verso il nucleo abitato che, fino al sisma del 1980, era incastonato lungo il pendio collinare sottostante.  Originariamente tale borgo ha accolto le persone che si ritiravano dai luoghi posti lungo le vie militari e che non erano in grado di subire gli svantaggi dovuti all'obbligo di dare alloggio ed assistenza a tutte le autorità del Regno, civili e militari, le quali viaggiavano per servizio in quel territorio.  Il Castello, pur avendo subito nel corso dei secoli ampliamenti e ristrutturazioni, aveva conservato sino al 1980 prevalentemente l'aspetto difensivo, un impianto planimetrico irregolare con torri cilindriche angolari (delle quali la maggiore, facilmente il "mastio", è collocata a nord/ovest) anche su base a scarpata romboidale, corpi di fabbrica a due ed a tre livelli ai quali si accedeva dalla corte interna trapezoidale, copertura a falde con manto esterno in coppi, vani principalmente con solai piani in travi lignee, ma anche ambienti voltati (tra i quali una possibile cappella) ed un loggiato con volta a crociera nella parte sud-ovest che prospetta sul vallone con una apertura arcata. Facilmente i vani finestra del piano rialzato erano, così come riscontrabile ancora in due aperture prospicienti la corte interna, contorniati da cornici e soglie in pietra. Il livello inferiore era adibito presumibilmente a cantine, depositi e forse celle, quello rialzato rispetto alla corte interna era destinato anche alla residenza, mentre l'ultimo, munito di feritoie, era utilizzato, presumibilmente, per scopi difensivi ed armerie. Sottostante al cortile si trova un'ampia cisterna voltata e munita di grata. Probabilmente la disposizione planimetrica irregolare del complesso fortificato è stata determinata dalla configurazione morfologica del terreno.

    Di notevole valore erano i sobri, quanto maestosi, portali lapidei risalenti al XVII sec., con conci decorati (prevalentemente alla base dei piedritti, all'imposta dell'arcata ed in chiave) collocati all'ingresso principale ed al fabbricato ubicato all'inizio dell'area fortificata (probabilmente un posto di guardia) caratterizzata quest'ultima, soprattutto, dalle mura perimetrali poste alla sommità del pendio collinare tuttora leggibili in particolare nella parte nord-ovest come pure dal fossato munito di ponte su due arcate entrambi in muratura di pietrame. Gli elementi di tali portali, che sono crollati con il terremoto, sono stati recentemente rinvenuti in loco. La costruzione, ovviamente, è in muratura di pietrame locale che nelle parti a vista si presenta per lo più regolare nei ricorsi orizzontali senza stilatura di giunti e che è impreziosita dagli elementi sempre lapidei sia decorativi, sia di pezzatura maggiore compatta e lineare nei cantonali e nelle parti di delimitazione. Tale Castello si inserisce nel sistema di fortificazioni normanne e sveve realizzate dal X sec. spesso su preesistenti insediamenti difensivi lungo l'alta valle del Sele ed in Basilicata a ridosso delle vie di comunicazione con la Puglia. Il fenomeno dell'incastellamento medievale che ha interessato tutte le regioni del mediterraneo, anche nelle zone non costiere, e ha rappresentato un fenomeno epocale che ha portato ai paesi interni ed arroccati anche un miglioramento delle condizioni di vita. In tale periodo la valle del Sele è diventata una sorta di micro regione con un'identità culturale singolare, che in qualche modo ha conservato anche nei secoli successivi. Ne sono testimonianza le numerose fortezze ed emergenze architettoniche tuttora presenti in zona. Nel medioevo, inoltre, il fiume Sele ha avuto un ruolo importante connesso allo scambio ed al trasporto delle merci (compreso il legname utile nella costruzione delle navi).

    A seguito di indagini di archivio risulta che nei vari secoli i territori di Laviano, come anche il castello, sono stati possedimenti di diversi signori e/o feudatari e tra questi si ricordano: i Marino e Pirro d'Alemagna sino alla famosa "Congiura dei baroni" alla fine del XV secolo, la famiglia Carafa Guzman de Marra (noti anche come principi di Stigliano) e la Regia Corte spagnola nel XVII sec. nonché la famiglia D'Anna (che li ha avuti in proprietà dalla fine dal 1696 sino al 1865 in base al catasto Onciario del 1753 ed a quello Murattiano del 1815). Nel XIX il Castello è diventato di privati ed alla fine degli anni '50 è stato acquisito al patrimonio comunale e, conseguentemente, utilizzato per fini pubblici. Inoltre, dai documenti esaminati, si evince che tale costruzione aveva nel complesso 6 bassi, la cappella ed un locale adibito a scuderia al piano seminterrato e circa 20 stanze ai piani superiori. Nonostante i crolli determinati dagli ultimi terremoti e le attuali precarie condizioni statiche il Castello di Laviano costituisce tuttora una delle testimonianze più significative dell'architettura fortificata presenti nell'alto Sele. Di particolare interesse e valore resta, infatti, questo monumento tuttora caratterizzato dall'individuazione della perimetrazione murata esterna della fortificazione, dai resti dell'avamposto (e/o baluardo) del quale in ogni caso si individua la consistenza plano-volumetrica preesistente), il fossato delimitato dalla muratura in pietra e/o dalla roccia viva con il suo ponte, la consistenza muraria dell'intero castello del livello inferiore e parti significative del piano rialzato (quali, ad esempio, la facciata prospiciente la corte interna del corpo a nord-est con i setti retrostanti ed i lati perimetrali sia a sud, che a nord/est), il cortile con la sottostante cisterna visibile dallo squarcio che si è creato nel terreno ed i livelli medio/bassi di tutte le torri. Significative sono anche le tracce e gli elementi riscontrabili in loco che contribuiscono a comprendere maggiormente l'organizzazione interna come anche la ripartizione altimetrica degli spazi e l'articolazione compositiva dei prospetti. Particolarmente suggestiva ed emergente resta, infine, la sua ubicazione alla sommità del rilievo collinare ed a picco sul vallone molto profondo nei lati ad ovest».

    http://www.turismoinsalerno.it/lavianoartecultura.htm


    Licusati (ruderi del castello di Montelmo)

    Dal sito www.camerotamuvip.eu   Dal sito www.facebook.com/media/set/?set=a.952258358152427.1073741830.910677275643869&type=3

    «In una amena e lussureggiante vallata incastonata tra il monte Bulgheria (a levante) ed il monte Cuppa (a ponente) sorge, pacifico e laborioso, il villaggio di Licusati. Le sue origini storiche risalgono al medioevo e propriamente all’epoca della distruzione della città di Molpa ad opera dei saraceni d’Africa nell’anno 1464. In quel tempo i saraceni in una delle loro solite scorrerie sbarcarono di notte alle foci del Mingardo ed in perfetto silenzio guadagnarono la vetta su cui sorgeva Castelluccio, assalirono il paese e lo saccheggiarono portando via, insieme al bottino, donne e uomini. I superstiti fuggirono sul monte Cuppa situato tra il Mingardo ed il Bulgheria. All’epoca, al di là del monte Cuppa, in una località pittoresca all’estremità di una bella vallata boscosa di ulivi, esisteva già l’abbazia di San Pietro. Secondo una tradizione popolare gli abitanti fuggiti da Castelluccio si stabilirono di fronte e vicino all’abbazia stessa per ottenere protezione e lavoro. Il ruscello Marabisi separò il loro villaggio dal monastero per cui ciò che era accanto all’abbazia fu chiamato “li i monaci”, mentre tutto ciò che era al di là del ruscello fu chiamato “li i casati”, cioè: gli accasati ovvero le famiglie. Questo modo di determinare la situazione topografica venutasi a creare dopo l’insediamento dei fuggiaschi nella vallata, con il passare del tempo e per alterazioni di pronuncia, subì vari passaggi fonetici fino a divenire: Licusati, dando così il nome che ancor oggi mantiene, al paese che abito. Il primo nucleo cittadino, ad opera dei monaci, che erano padroni assoluti dell’intera vallata, fu adibito all’agricoltura ed alla pastorizia per cui l’agglomerato abitato fu diviso tra le famiglie secondo la propria attività lavorativa. ... Il tempo e l’evoluzione della civiltà hanno cambiato in parte la fisionomia di questo paese, però esiste ancora la suggestività dell’ambiente e la toponomastica antica che fanno di Licusati un centro genuinamente medioevale ed altamente interessante. Le vie contorte e strette, fiancheggiate da casupole con scale esterne, scavalcate, verso l’alto, da archi ed archetti, danno ancor oggi a chi le visita l’idea di ciò che doveva essere la vita grama e stentata di questo popolo bistrattato dalla sorte e maltrattato dagli altri uomini. I ruderi di Castelluccio completano il quadro ...».

    https://raffaelegalato.wordpress.com/licusati-ed-il-mondo (a c. di Raffaele Galato)


    Magliano Nuovo (castello)

    Foto di Giuserman, dal sito it.wikipedia.org   Dal video www.youtube.com/watch?v=Co9EbvSsr7k

      

    «Il castello di Magliano Nuovo è un monumento della Campania, posto nell'omonima frazione del comune di Magliano Vetere. La sua fondazione risale all'epoca dei Goti, ma ha ricevuto molte modifiche nel tempo, soprattutto in epoca longobarda. Per difendersi dall'imperatore Giustiniano (VI sec.), i Goti edificarono un castello poco distante da un piccolo insediamento di monaci basiliani. Il castello fu poi conquistato dai Longobardi, che vi aggiunsero delle torri di forma rotonda (i Goti non avevano messo torri). Fu poi conquistato dai Normanni che vi aggiunsero delle torri di forma quadrata. In seguito fu acquistato prima dalla famiglia Sanseverino, poi dai Carafa, infine dai Pasca, che lo possedettero fino all'eversione della feudalità col barone Nicola. La struttura originaria del castello è stata modificata per costruire delle case, ma ne rimane ancora gran parte. Della cinta muraria è rimasto molto: la maggior parte di essa si trova vicino alle torri, altre parti sono state distrutte per costruire case e strade. Delle 8 torri originali ne sono rimaste solo 5 completamente intere (tutte longobarde). Delle tre distrutte la più completa è una torre normanna, in origine la più alta. Da essa è stata rimossa la parte superiore per costruire un parcheggio, è possibile entrare dentro ciò che rimane della torre. Per le altre due il destino è stato peggiore: una è stata completamente distrutta, mentre dell'altra è rimasta una piccola parte vicino ad un edificio. Di porte ne sono rimaste 4, di cui una accessibile solo dall'esterno e un'altra accessibile solo dall'interno che ora viene utilizzata come garage. Un'altra, invece, conduce a un'abitazione. Solo una porta è completamente accessibile e si può usare per entrare e uscire dal paese, mentre un'altra dà accesso a un piccolo prato, quest'ultimo è inaccessibile per via delle scale rimosse che conducevano alla porta».

    https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Magliano_Nuovo


    Maiori (castello di S. Nicola de Thoro-Plano)

    Dal sito www.hoteltorredimilo.it   Dal sito www.amalficoast.it

    «Il Castello di Maiori sorge sulla sommità del colle che domina le contrade Accola e Carpineto. In realtà, l'antico manufatto non può essere considerato un castello nel senso letterale del termine, vale a dire come dimora protetta e trincerata, oltreché centro giurisdizionale, di un signore feudale. Costituiva, piuttosto, una rocca, una fortezza eretta come baluardo e rifugio della popolazione contro le frequenti scorrerie dei predoni longobardi e, in seguito, dei pirati barbareschi. Secondo il Cerasuoli, l'opera fu iniziata pochi anni dopo la morte di Sicardo, duca longobardo di Benevento, avvenuta nell'anno 840. Il predetto Sicardo aveva, nell'anno precedente (839), devastato e saccheggiato le contrade della Costiera d'Amalfi. La costruzione della rocca si era sviluppata attorno ad un'antica chiesa dedicata a S. Nicola de Thoro-Plano. Tuttavia l'edificio, nella forma che presenta attualmente, fu fatto erigere, o fu restaurato ed ampliato, dai duchi Piccolomini (di famiglia Senese), i quali, nel 1461, erano stati nominati da Ferdinando I d'Aragona feudatari del Ducato di Amalfi. La costruzione definitiva fu iniziata nel 1465 ed ultimata nel 1468: costò alla città seimila ducati. Leggiamo come veniva descritto il castello, verso la fine del XV secolo, dallo storico Michelangelo Gizzio di Ravello, autore del saggio De tuitione Regii Demanii status Amalphiae (La difesa del Regio Demanio dello Stato di Amalfi): "...et in nobili et fortissima Terra Majoris, quae propter turres in maritimis constructas, ceneis tormentis munitas, et fortissimo castro in eminenti ori parte ipsius Terrae, quod Sancti Nicolai dicitur quasi inexpugnabilis redditur" ("...e nella nobile e fortissima Terra di Maiori, la quale grazie alle torri costruite sul mare, munite di cannoni, e grazie ad un unitissimo castello, che si trova nella parte più alta della medesima Terra, che si chiama di San Nicola, è resa quasi inespugnabile").

    La fortificazione, come si è detto, racchiudeva all'interno un'antica chiesa trinavata con annesso campanile, dedicata a San Nicola de Thoro-Plano. Vale la pena di menzionare che Thoro plano sta ad indicare un poggio, un'altura dal rilievo dolce, in contrapposizione al fronteggiante Thorus clivus, colle ripido, che oggi viene comunemente chiamato Torina o Tuoro, e corrisponde alla zona posta a monte delle contrade "Campo" e "Paie". Conviene ricordare che anche alle pendici del Torina (Thorus clivus) era stata costruita nel IX secolo una imponente rocca, protetta da un torrione e da un campo trincerato, dedicata a San Michele Arcangelo; la posizione di questa rocca permetteva l'esercizio di uh sistema di segnalazioni con il Castello de Thoro-Plano, in caso di emergenza. Tornando a quest'ultimo è opportuno aggiungere che all'interno del perimetro fortificato si trovavano caserme e ricoveri, capaci di ospitare una folta guarnigione, nonché centinaia di cittadini rifugiati; vi erano, inoltre, magazzini e cisterne; né mancava una sorgente che sgorgava dal lato di ponente, dirimpetto a fossa Lupara (Santa Caterina), che assicurava l'approvvigionamento di acqua in caso di assedio prolungato. L'edificio, come si presenta attualmente, conserva ancora la forma originaria, con un perimetro poligonale rettangolo che si sviluppa per circa 550 metri. Le cortine menate, munite di feritoie e contrafforti, sono intervallate da nove torri celle cilindriche alte circa otto metri, con un diametro di cinque metri».

    http://www.amalficoast.it/primopiano/paese/maiori-6/castello-di-s-nicola-de-thoro-plano-68.aspx (notizie raccolte da Gaetano Vitagliano)

    Vedi anche: http://www.castcampania.it/maiori.html


    Maiori (castello Miramare o Mezzacapo)

    Dal sito https://chiesasandomenicomaiori.wordpress.com   Dal sito www.ebay.it/itm/Maiori-Castello-Miramare-1968

    Le foto degli amici di Castelli medievali

    Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)

    «Viene anche chiamato "Castello Mezzacapo"; il castello fu costruito per volere del bizzarro marchese Mezzacapo e sorge a ridosso dell'antica Torre dell'Annunziata che ne è diventata parte e funge da ingresso principale. I suoi tre piani sono inseriti tra tre torri cilindriche a guglia conica agli spigoli della facciata e dietro l'edificio. è stato utilizzato negli anni '60 come ristorante e balera, famoso in tutta la Costiera Amalfitana fu frequentato dai Vip dell'epoca. In questi anni è stato ristrutturato e i lavori di ammodernamento sono quasi terminati, c'è da scommettere che in una nuova veste riprenderà la dolce vita di una volta.».

    http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Maiori#Da_Vedere


    Maiori (palazzo Mezzacapo)

    Dal sito www.quadribellarte.it   Dal sito www.bbilpavone.it

    «Il comprensorio sul quale oggi insiste il palazzo con i giardini era in origine di proprietà della chiesa di S. Maria a Maria e venne nel tempo affidato a diversi ecclesiastici, che ne traevano le rendite in loro beneficio. ... Il palazzo fu dagli eredi di Giacomo Lanario, morto nel 1551, poi ceduto alla famiglia Mezzacapo (de Mediocapite), originaria di Minori ma trasferitasi a Maiori nella prima metà del Quattrocento, che provvide a ristrutturarlo in più riprese. Nel 1583 il nuovo proprietario del palazzo Giovanni Antonio Mezzacapo e il nobiluomo Giovan Francesco Citarella appaltavano al cavese Giovannantonio Salsano la costruzione di un ponte sul fiume Reginna che doveva unire le piazze antistanti i due palazzi dirimpettai. La famiglia, già ricca per i vasti commerci di legna e carbone che aveva saputo mettere in piedi sostenendoli con una intensa attività creditizia, afferma il proprio prestigio aristocratico nel XVII secolo, grazie ai ripetuti matrimoni con gentildonne appartenenti alle famiglie d’Afflitto, d’Andrea, Bonito: aggregata alla Nobiltà di Scala nel 1657, a quella di Amalfi nel 1582, ricevuta per giustizia nell’Ordine di Malta dal 1708 con frà Filippo Mezzacapo, primo della famiglia a vestire l’abito di cavaliere di Malta, riconosciuta nel 1847 nella sua antica nobiltà per le prove di ammissione nelle Regie Guardie del Corpo, decorata dal 1788 del titolo di Marchesi di Monterosso, per rinnovazione della prima concessione del 1704, in favore della nobile famiglia Banner y Beck. Per accrescere ulteriormente il proprio prestigio prende sotto particolare protezione i monaci camaldolesi dell’eremo dell’Avvocata e riserva loro un piccolo appartamento del palazzo che fu detto “quarto dei frati”.

    A Gaetano Mezzacapo, sposo della marchesa Marianna Pepoli di Castiglione, si deve la sistemazione e decorazione attuale del palazzo nelle forme settecentesche destinate a coprire le severe forme cinquecentesche che ancora a metà del secolo distinguevano la costruzione. Del palazzo furono ospiti la regina madre Maria Isabella di Borbone, vedova di Francesco I, re delle Due Sicilie, il 26 ottobre 1833; il ministro Nicola Santangelo nel 1837, per controllare lo stato dei lavori per l’apertura della strada costiera insieme all’Intendente della Provincia di Principato Citra e a Guido Mezzacapo, Deputato delle Strade; il tenore Enrico Caruso. È voce comune che il giardino abbia la forma della croce di Malta, in onore dell’Ordine militare ed ospitaliero al quale appartennero diversi componenti della famiglia. Interessante è notare il sistema di recupero e di utilizzo delle acque derivate dal Reginna, utilizzate per animare la forza motrice del mulino costruito sul lato orientale del giardino e per conservare risorse idriche utili per l’irrigazione del grande limoneto, oggi non più esistente, impiantato alle spalle del palazzo. Gli eleganti padiglioni assolvevano ad una funzione decorativa, chiudendo lo sfondo e al contempo erano anche usati come deposito di attrezzi e semenzaio. Nel padiglione d’angolo è ancora visibile una finta grotta che un tempo conservava una colonna con interessante capitello romanico, successivamente trafugata. Lungo il muro di cinta si possono ancora osservare i resti dell’"acquaro" cinquecentesco che serviva da condotta delle acque irrigue. ... Palazzo Mezzacapo attualmente è la sede della biblioteca comunale, dell’archivio storico, del laboratorio culturale e di alcuni uffici del comune e si trova al centro del Corso Reginna, la via "centrale" di Maiori. Esso è testimone del fiorente passato della città, perché un tempo era la residenza del marchese Mezzacapo. Si accede al palazzo attraversando una porta in legno intagliata. Quando ci si trova nel cortile interno si vedono due scale marmoree che a destra e sinistra portano ai piani superiori del palazzo che è composto da numerosi vani, il più importante dei quali è la odierna sala consiliare di riunione con un ampio soffitto a volta. Durante un recente restauro è stato rilevato che uno degli affreschi potrebbe essere stato eseguito da Ludwig Richter. Accanto al palazzo si trovano i giardini Mezzacapo la cui disposizione forma una Croce di Malta».

    http://www.comune.maiori.sa.it/index.php?option=com_content&view=article&id=453&Itemid=214 - ...199


    Maiori (torre Badia)

    Dal sito www.mexitalians.com   Dal sito www.torreomnia.com

    «In località Catacombe. Descrizione: la torre Badia è di epoca vicereale, a quattro troniere; anticamente veniva chiamata anche Torre di S. Spirito all’Ogliara per la vicinanza con la Badia di S. Maria de’ Olearia. Attualmente è adibita ad abitazione privata».

    http://www.unescoamalficoast.it/en/the-amalfi-coast/the-cities/maiori/item/301-torre-badia


    Maiori (torre normanna o torre Salicerchio)

    Dal sito www.costieraamalfitana.com   Foto di Horcrux92, dal sito it.wihipedia.org   Dal sito www.travelamalfi.com

    «La torre Normanna, la torre Mezzacapo e una torre che sorgeva al centro della marina, costituivano il complesso delle fortificazioni costiere della città di Maiori. La prima, costruita tra il 1534-90 a due piani con cisterna, feritoie, bombardiere e con coronamento di caditoie, si presenta molto ben conservata nella sua struttura originaria. Attualmente è adibita a ristorante e a locale notturno» - «La torre Normanna è la più antica torre della Costa d'Amalfi, fu costruita tra il 1250 e il 1300 col fine di avvistare le navi dei razziatori. La torre è raffigurata in un quadro del 1777, in un altro del 1817, nonché in alcune opere di artisti moderni e contemporanei. Luca Albino, artista del '900 maiorese l'ha raffigurata nell'opera Paesaggio della Costiera visto da Maiori, conservata attualmente presso il Palazzo Mezzacapo di Maiori e nell'opera intitolata Torre Normanna di Maiori, conservata presso la pinacoteca provinciale di Salerno. Tra le curiosità storiche della nostra location: "L'episodio siciliano" del film Paisà di Roberto Rossellini fu girato tra le mura della Torre Normanna. Negli anni '50 Ingrid Bergman e Roberto Rossellini furono fotografati presso la Torre Normanna».

    http://xoomer.virgilio.it/analfin/costamalf8.htm - http://www.tnamalficoast.it/dove-siamo/torre-normanna.html


    Marina di Ascea (torre saracena o del Telegrafo)

    Dal sito www.hotelfiorenza.it   Dal sito www.cilentopark.it

    «La Torre del telegrafo, oggi diruta, è un edificio che fa parte del sistema di avvistamento e difesa litoranea delle torri costiere del Regno di Napoli, eretto nel corso del XVI secolo a protezione del Regno dalle incursioni dei corsari barbareschi. La torre è ubicata sulla costiera cilentana, nel comune di Ascea, e si erge sulla modesta altura che costituisce l'estremità dell'omonima Punta del telegrafo. Ciò che resta della struttura difensiva, a base quadrata, e a sviluppo tronco-piramidale, è un rudere che sorge sull'estremità dell'omonimo promontorio situato nel territorio meridionale della frazione Ascea marina. Tutta l'area rientra nei limiti territoriali del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. L'edificio, diroccato, si presenta in pessimo stato di conservazione. La torre è in posizione dominate su una frastagliata scogliera, sul prospiciente isolotto denominato Pietra di Nante (un grosso scoglio roccioso che emerge dalle acque e dal fondale sabbioso, a breve distanza dalla scogliera), e sul circostante specchio di mare che bagna la punta. La località segna il limite meridionale del litorale arenoso di Ascea, nei pressi del confine con il comune di Pisciotta, con il passaggio dalla spiaggia sabbiosa ai contrafforti collinari che si susseguono fino a capo Palinuro (nella omonima frazione del comune di Centola). Costruita in posizione strategica, sul limitare di una ripida falesia con pareti a strapiombo, la torre offre una veduta molto ampia, che si estende sul golfo di Velia: la vista spazia da Capo Palinuro fino al litorale sabbioso che da Ascea, andando verso nord, raggiunge la foce dell'Alento, il territorio di Casal Velino, fin dove la spiaggia bassa lascia il posto a un susseguirsi di rilievi collinari che da Marina di Casalvelino si sviluppano lungo il litorale roccioso e pietroso fino a giungere, più a settentrione, alla parte meridionale del comune di Pollica (Pioppi e la località Minnelea, tra Pioppi e Acciaroli). All'interno del suo raggio visuale sono in vista altre emergenze architettoniche appartenenti o integrate nello stesso sistema difensivo del Regno di Napoli: a sud vi è la Torre Caprioli (nel comune di Pisciotta); poco più a nord è visibile la cilindrica torre angioina del castello medievale sull'acropoli del promontorio di Elea-Velia, dove è sorto, un tempo, l'insediamento medievale di Castellammare della Bruca. In linea d'aria è visibile la Torre costiera di Casal Velino, che sorge sul limitare nord del litorale sabbioso che si estende tra Ascea e Marina di Casalvelino. La veduta si estende al Monte Stella a nord e al Monte Bulgheria a sud-sud-est. ...».

    http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_del_Telegrafo_(Ascea)


    Marina di Camerota (palazzo marchesale)

    Dal sito www.camerotamuvip.eu   Dal sito https://www.facebook.com/pages/Il-Castello-che-SARA/1420497658173121?fref=photo   Dal sito https://www.facebook.com/pages/Il-Castello-che-SARA/1420497658173121?fref=photo

    «La cittadella di Camerota si sviluppa intorno ad un castello fortificato, negli anni 535-553. Successivamente si succedettero numerose dominazioni: normanna, araba, sveva, angioina, aragonese sino al recente periodo della dinastia borbonica conclusosi con l’unità d’Italia. Pur essendo una città fortificata, fu occupata e saccheggiata più volte dai pirati saraceni, che la occuparono dall’868 al 915. Il castello di Camerota era nel 909 la seconda roccaforte del Cilento, assieme ad Agropoli. Nel luglio del 1552 la potente armata turca assalì la cittadella. Dopo tali eventi furono ristrutturate e costruite molte torri di avvistamento soprattutto nella zona costiera. Il marchesato di Camerota vide l’alternanza di vari casati nobili, tra cui i Sanseverino, i Di Sangro, i Marchese e gli Orsini. Il 23 luglio 1647 una sanguinosa rivolta a Camerota, nel periodo della rivoluzione di Masaniello, si concluse con la morte del feudatario, Paolo Marchese .... I camerotani inferociti lo uccisero facendolo a pezzi che poi disseminarono in varie zone di Camerota. Il castello di Marina di Camerota, edificato nel 1776 per volere del marchese don Orazio Marchese e visibile dal lungomare era, invece, la residenza estiva del marchese».

    http://www.marinadicamerota.sa.it/arte-e-cultura/torri-e-castelli


    Marina di Camerota (torri del Telegrafo )

    Dal sito www.villaggiodapepe.net   Foto di Marina D., dal sito www.tripadvisor.it

    «Nel luglio del 1552 la potente armata turca assalì la cittadella. Dopo tali eventi furono ristrutturate e costruite molte torri di avvistamento soprattutto nella zona costiera. ... Le torri risalgono all'epoca borbonica, costituivano un sistema di vedetta e comunicazione ed erano dislocate in punti strategici opportunamente individuati lungo la costa tirrenica meridionale. Le torri direttamente visibili dal paese sono la "Torre dell'Isola" in zona Calanca, la "Torre del Poggio" situata nella zona di Monte di Luna e la "Torre dello Zancale" in fondo alla piaggia Lentiscelle. Su tutta la costa ci sono altre torri d’avvistamento, si trovano non lontano dal paese, tra queste, sono da citare quella di cala d'Arconte, prima dell’ingresso al paese, la “Fenosa”, quella di Porto Infreschi, e quella di punta Infreschi chiamata “Il Semaforo”, giacché venne usata come faro durante la guerra dalle truppe alleate».

    http://www.marinadicamerota.sa.it/arte-e-cultura/torri-e-castelli


    MARINA DI VIETRI (torre di Vito Bianchi)

    Dal sito www.ulyxes.it   Dal sito www.torreomnia.com

    «La prima torre che si incontra sulla strada costiera che da Salerno conduce a Positano è quella della Crestarella o torre del Chiatamone, costruita nel 1564 e restaurata nel 1578/79. è una torre a pianta quadrata a due piani che ha subito nel corso dei secoli numerose trasformazioni che ne hanno mutato il caratteristico aspetto. A protezione di Vietri sul Mare furono costruite nel 1569 due torri: la prima Vito Bianchi a Marina di Vietri, molto più grande perché torre di difesa, attualmente adibita a caserma della Guardia di Finanza; la seconda, a Marina d'Albori, adibita a torre di avvistamento e di dimensioni inferiori, è attualmente incorporata in un nuovo edificio e trasformata in abitazione privata».

    http://xoomer.virgilio.it/analfin/costamalf8.htm


    Melito (torre Volpe)

    Dal sito www.comune.prignanocilento.sa.it   Dal sito www.cilentoinvita.it

      

    «La Torre Volpe è uno dei pochi esempi di costruzioni difensive sopravvissute quasi integre alle ingiurie del tempo. Si erge imponente tra gli antichi e suggestivi edifici del vecchio borgo di Melito posto lungo le pendici della collina che guarda ad ovest verso il mare, tra alberi secolari e campi scoscesi, leggermente isolato dall’agglomerato urbano di Prignano. La Torre presenta una struttura quadrangolare e massiccia e riassume le caratteristiche delle costruzioni difensive alto-medioevali del Cilento, andate per lo più distrutte. La sua costruzione risalirebbe al secolo XI. Le mura sono molto spesse nel basamento (circa mt. 1,50) e presentano, sui lati, feritoie e, alla sommità, mensole di pietra a modo di merlatura. Nella parte frontale si trova l’antico stemma nobiliare della famiglia alla quale, unitamente agli edifici ed alle terre circostanti, essa apparteneva e per i cui componenti costituiva luogo di rifugio durante le scorrerie piratesche dei saraceni sulle coste cilentane e, successivamente, brigantesche. Infatti sono ancora visibili i resti di un antico muro di pietra situato in posizione ravvicinata sul lato nord della Torre e, in corrispondenza di un’apertura, le pietre su cui scorrevano i cardini del ponte levatoio attraverso cui gli assediati vi accedevano in occasione delle incursioni. L’altezza (15 mt. circa dal lato degradante verso valle) e lo spessore del basamento, nonché la posizione di detti cardini (visibili nella parte più elevata della costruzione) fanno argomentare che originariamente detta torre era più alta. La tradizione orale ha tramandato che essa presentava nella parte centrale della copertura a terrazzo merlato una macchina da guerra primordiale, una sorta di grossa girandola munita di catene di ferro cui erano attaccate palle di pietra che venivano fatte ruotare velocemente dagli assediati e lanciate contro gli aggressori. Nel corso dei secoli vi sono stati appoggiati manufatti in pietra viva che, tuttavia, non ne hanno snaturato l’integrità».

    http://www.comune.prignanocilento.sa.it/client/scheda.aspx?scheda=2184&stile=3&ti=51


    Mercato San Severino (castello dei Sanseverino)

    Dal sito www.campaniartecard.it   Dal sito www.campaniartecard.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=rHeKP9-0Dx0

    «Il castello di Mercato San Severino (SA), sorge sulla collina denominata il Parco ed è a guardia di un territorio che in epoca romana era sede di una stazione di pedaggio terrestre, il rotaticum, da cui il nome del villaggio Rota. Fino alla prima metà del VII secolo Rota fa parte dei territori sottomessi dai Bizantini di Napoli, per poi diventare durante la dominazione longobarda sede di un gastaldato documentato fin dal 798. Le più antiche evidenze archeologiche del castello di Mercato S. Severino rimandano all'occupazione normanna, anche se non è esclusa l'ipotesi di un origine longobarda della fortificazione. Il castello era strategicamente importante, poiché controllava sia la consolare Annia-Popilia sia l'arteria romana Benevento-Avellino-Salerno. Con l'arrivo dei Normanni si ha il definitivo declino di Rota ed il centro giuridico amministrativo si trasferisce definitivamente sul castello, mentre la località cambia nome da Rota in S. Severino, per la presenza di alcune reliquie del Santo in una cappella del castello. Le strutture del castello sono ancora oggi pressappoco quelle originarie, con alcune modifiche solamente in età sveva-angioina-aragonese. Il Castrum fu sede di una delle più importanti famiglie del regno, i Sanseverino. Fino al XV secolo nel castello si sviluppo l'organizzazione economica, militare e civile attuata dai vari signori che l'hanno posseduto, normanni, angioini, aragonesi, anche se sembra che a partire dalla prima metà del XVI sec. alcune strutture del castello incominciarono ad essere abbandonate, poiché nella visita pastorale del 1564 una delle tre chiese che sorgevano al suo interno risultano essere allo stato di rudere.

    L'architettura. Il castello è chiuso da tre cinte murarie che si sviluppano concentricamente dal palatium fino alla parte bassa della collina. La prima cinta racchiude il palazzo con la chiesa palatina, la piazza d'armi, un settore artigiano ed una cisterna. L'accesso avveniva tramite una piccola porta che veniva attraversata dopo aver percorso uno stretto corridoio protetto da un altro muro provvisto di arciere. All'interno è ancora visibile l'alloggiamento per la saracinesca. All'estremo nord è ancora presente una alta torre di guardia mentre alle spalle del muro sono presenti tre strutture murarie dove venivano alloggiati i trabucchi. Queste sono rivolte verso nord dove la vicina collina di S. Croce, più alta, imponeva una maggiore attenzione alla difesa di quel punto. All'interno della cortina vi era un quartiere artigiano, direttamente collegato alla vicina cisterna. L'area palatina era invece divisa dal settore artigiano-militare da un alto muro munito di caditoie. La parete sul lato Sud del palazzo è quella meglio conservata e presenta fasi costruttive successive: una fase iniziale è rappresentata da un muro a scarpa con merlatura e feritoie; questa struttura viene poi seguita in una seconda fase da un nuovo muro merlato con feritoie per poi essere anch'esso inglobato in un'altra parete ancora più alta. L'accesso avveniva tramite un ponte levatoio che consentiva di superare il fossato presente lungo la base delle mura. Risultano ancora evidenti alcuni elementi non privi di interesse come una cannoniera in pietra e una pensilina di tegulae e imbrices. Nei pressi del palatium ancora oggi esistono i resti della cappella palatina, forse intitolata S. Maria di Castello. L'aula di culto è costituita da un ambiente mononave con abside semicircolare ad orientamento est-ovest munita anche di una cripta, con le caratteristiche architettoniche tipiche degli edifici di XII-XIII secolo. Al suo interno sono ancora conservate tracce di affreschi.

    La seconda cinta comprendeva il nucleo abitato a difesa del quale lungo il perimetro difensivo si aprono delle semitorri munite di cisterne e collegate da un muro apparentemente contiguo, ma in realtà sfasato nella parte centrale per fungere da passaggio. Molto ben conservato è il lato ovest dove sono ancora conservati i camminamenti e la merlatura superiore. Una terza cinta difensiva, attribuita al periodo angioino, si snodava lungo la parte più bassa della collina, caratterizzata da un impianto a sperone con torre a rondella al vertice. Il lato sud è difeso da sette torrette quadrate con basi leggermente scarpate, munite di una cisterna e al piano superiore di vani strombati per l'alloggiamento dei pezzi di artiglieria, mentre un terzo piano con solaio in legno e protetto da merlature è quasi del tutto scomparso. Tra due torri di questo tipo era l'accesso principale al castello, poi murato in seguito ad un nuovo assetto della città. Al vertice dello sperone è posizionata la grande torre a rondella, di forma tronco piramidale sormontata da beccatelli in tufo grigio. Al suo interno la torre è divisa in tre livelli: una cisterna al piano inferiore, un secondo piano posto a livello con il piano di campagna munito di aperture strombate per la difesa radente e un terzo piano ammezzato, situato al di sopra della porta di accesso».

    http://www.castcampania.it/mercato-san-severino.html


    Mercato San Severino (Palazzo del Principe)

    Dal video www.youtube.com/watch?v=R-FSUSYmwEM   Dal video www.youtube.com/watch?v=R-FSUSYmwEM

    «Il Palazzo ha conosciuto sicuramente dei restauri e dei rimaneggiamenti subito dopo la data del testamento di Giovanni Sanseverino, redatto nel palazzo il 19 dicembre 1444 e, forse, nel periodo di Roberto. Significativi i restauri recenti: quello della loggetta, alquanto deprecabile, e quello dell’intero edificio, altrettanto deprecabile per la costruzione di solai inframmezzati ai preesistenti. Il palazzo si snoda su due lati: il corso Diaz, decumano maior del piccolo centro, e via Municipio, cardo, nota già nel Quattrocento col nome di "ruigo de lo Parcho". L’ingresso è contrassegnato da un grande portale che immette nell’androne, ampio e maestoso con volta a botte che si regge su voltine a ventaglio. Le finestre sono modanate in piperno. Nel cortile interno residui di colonne e basamenti di pietra abbandonati lasciano presupporre strutture murarie preesistenti. La volta dell’androne d’ingresso si regge su fasci di voltine a ventaglio. Nella volta dell’androne si intravedono uno stemma e alcune raffigurazioni riconducibili ai motti della famiglia Sanseverino. Il palazzo all’epoca della costruzione sorgeva nel luogo più esclusivo del capoluogo: il cosiddetto “Mercato Vecchio”, dove erano ubicate le case palazziate dei patrizi e dei notabili del luogo».

    http://www.cittadimercatosanseverino.it/web/index.php?option=com_content&view=article&id=255&Itemid=529&lang=it


    Mercato San Severino (Palazzo Vanvitelli)

    Dal sito www.irnonotizie.it   Foto di arciere82, dal sito http://en.wikigogo.org

    «L´ex convento presenta una struttura architettonica rinascimentale. La facciata è a tre piani, alleggerita da colonne che funzionano da elementi decorativi. Del convento, il piano terreno è formato da uno zoccolo di pietra locale sormontato da sei cornici di tufo rettangolari (due serie di tre ai lati del portale) e due ad imitazione di archi semicircolari. Al centro di ogni cornice vi è una finestra. Il portale di pietra è sormontato dallo stemma dell’antica Universitas. Sul lato sinistro, appena arretrato, un ulteriore corpo si sviluppa su di un solo piano, con terrazzo sovrastante. L’ingresso è sulla piazza. Al primo piano, in bell’evidenza, spiccano otto colonne a tutto tondo intervallate da finestre e balconi. Lo stile è dorico-tuscanico. Al secondo piano si nota una serie di sette balconi limitati da ringhiere in ferro battuto. I lati estremi del colonnato sono chiusi da due corpi leggermente avanzati con due grossi finestroni con archi semicircolari. I prospetti che affacciano sul chiostro sono scanditi, al di sopra dell’ordine tuscanico che inquadra le arcate, da un secondo ordine di paraste sormontate da capitelli ionici. Del primitivo impianto quattrocentesco del convento rimane traccia nel porticato a piano terra, le cui volte a crociera sono impostate su forti pilastri, e nella cappella con accesso diretto dalla strada per mezzo di un protiro che, a seguito della realizzazione dello scalone settecentesco, ne ha stravolto l’impianto. I lavori di restauro del Settecento riguardano la demolizione del vecchio dormitorio e la costruzione dalle fondamenta di un nuovo dormitorio e di altri ambienti di servizio. Lo scalone conduce al primo piano, diviso in due lunghi corridoi di servizio, alle celle, al refettorio e ad altri ambienti del vecchio convento oggi trasformati in uffici comunali. Di effetto la “torre dell’orologio” sul cui prospetto è stato ripristinato, con la tecnica dell’affresco, un orologio solare. Il convento ha conservato l’impianto planimetrico originario fino al 1943, anno in cui la zona a nord-ovest viene duramente colpita dai bombardamenti».

    http://www.cittadimercatosanseverino.it/web/index.php?option=com_content&view=article&id=256&Itemid=522&lang=it


    MERCATO SAN SEVERINO (torre Marcella)

    Dal sito www.langobardiaminor.altervista.org   Dal sito www.langobardiaminor.altervista.org

    «Il Principato di Salerno ebbe origine nell'839 in seguito alla frammentazione del ducato di Benevento a causa della rivalità fra Radelchi e Siconolfo. Questi trasferì a Salerno la capitale del Principato - Capitolare dell'851 - e , nello stesso anno, Ludovico II il Germanico ratificò l'indipendenza del nuovo stato di Salerno dal dominio beneventano. A Nord di Salerno, circa 17 Km, fu istituito il Gastaldato di Rota, nei pressi dell'odierna Mercato San Severino. Il Codice Diplomatico Cavense (IX-XI sec.) ne descrive l'estensione: a ovest verso Sant'Eustachio e Siano, ad est fino a Solofra e Calvanico, a nord fino a Montoro e a sud verso Pellezzano. Da Nord, costeggiando la pianura vesuviana e attraversando il gastaldato di Nuceria, valicato il passo della "montagna spaccata" (controllato dal soprastante castello di Lanzara), si giungeva a Rota. Da qui, attraverso la valle del fiume Irno, si raggiungeva Salerno. Per questo Rota assunse un ruolo cruciale di controllo del territorio, dall'età longobarda fino a tutto il regno aragonese, un potere che i Sanseverino, suoi feudatari dal XII secolo al 1552, estesero a gran parte del Meridione. Il centro abitato principale sorse lungo la via consolare Annia- Popilia (che collegava Capua a Regium), nel luogo oggi detto Cùrteri (da curtis), in pianura, intorno alla chiesa di Santa Maria (poi intitolata a San Marco), forse vicino ad una grande villa rustica romana. Nei pressi sorge anche l'antica Torre Marcella, costruita in età longobarda probabilmente fortificando una preesistenza romana».

    http://www.langobardiaminor.altervista.org/MercatoRota.html


    MINORI (torre Paradiso)

    Dal sito www.torreomnia.com   Dal sito www.locappart.com

    «Torri ad una sola troniera. Sebbene tra le pochissime rappresentanti della tipologia ne esistano di volutamente tali sin dalla originaria costruzione, la maggior parte è da considerarsi piuttosto affine alle precedenti per vicenda attuativa che non a quelle canoniche con troniere multiple. Scarsa la potenzialità autodifensiva e pertanto l’adozione limitata a contesti notoriamente ad insignificante rischio. L’unica troniera disponibile, infatti, consentendo il tiro soltanto su di un ristretto settore basamentale, ovviamente quello più delicato per la presenza di vani, permetteva un intervento affine a quello consentito dalle archibugiere sovrastanti le finestre e le porte delle masserie fortificate. Pur non rintracciandosene lungo la Costa un puntuale riscontro tipologico, essendo le sparute rappresentanti tutte pugliesi (198), se ne può dedurre la connotazione di massima osservando il lato a monte di torre Paradiso a Minori. Il suo vano d’ingresso originariamente sopraelevato, almeno fino alla costruzione della strada che la fiancheggia, appare inquadrato da una rudimentale troniera finalizzata appunto a sopperirne l’eccessiva vulnerabilità. Non differisce strutturalmente da una medievale bertesca, per cui l’equiparazione è lecita esclusivamente per l’inserimento in una fortificazione rinascimentale. è da rilevare, inoltre, che la stessa torre sembrerebbe appartenere, almeno nella sua connotazione latente, inglobata com’è nella contigua edilizia residenziale, alla tipologia a ’doppia altezza’, alterata in un secondo tempo forse a causa di parziali cedimenti».

    http://www.torreomnia.com/Testi/flavio_russo_torri/torri_012.htm


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    ©2015 ss.

         


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