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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI ASTI
in sintesi, pagina 1
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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Asti (casa Pelletta, torre e palazzo dei Natta, palazzo Asinari-Verasis)
«In via Natta, nel tratto di strada compreso tra via San Giovanni e via Giobert, si incontrano tre edifici appartenuti a tre importanti famiglie: Pelletta, Natta e Asinari. Casa Pelletta è sita all’incrocio nord con via Migliavacca: sebbene creduto per molto tempo di proprietà dei Natta, l’analisi di molte lapidi infisse indicanti il nome dei Pelletta nei muri ha provato l’errore di attribuzione. Il palazzo è stato rimaneggiato esternamente: della facies medievale si riconoscono gli ampi finestroni del secondo piano e i resti dell’ingresso ad arco acuto del piano terra su via Natta. Di fronte al palazzo dei Pelletta, sul lato sud della strada, si trova la casa-forte con torre annessa appartenuta alla famiglia dei Natta e fatta costruire, probabilmente, da Guglielmo Natta verso la fine del XIII secolo: come per la casa Pelletta la struttura medievale del palazzo è stata rimaneggiata, sono state chiuse le antiche finestre e ne sono state aperte delle nuove. Sono tuttavia riconoscibili gli archi delle vecchie finestre in cotto e arenaria e il portone d’ingresso ha ancora l’antica struttura ad arco acuto. A giudicare da queste strutture doveva trattarsi di un palazzo elegante. La torre, sebbene abbassata e rimaneggiata anch’essa come il palazzo, appare ancora oggi come una robusta costruzione. Appena oltre i palazzi Pelletta e Natta sul lato sud della strada in direzione di via Giobert si trova il palazzo Asinari-Verasis, attualmente sede del Civico Istituto di Musica “G. Verdi”. Fatto costruire nel XIII secolo dalla famiglia Asinari di Costigliole, come si può notare dal suo ingresso, passò nel XV secolo ad un altro ramo della famiglia, quello dei Verasis-Asinari, che lo adeguarono al gusto del tempo con delle belle finestre rinascimentali e un porticato interno».
http://www.comune.asti.it/pagina808_percorso-medievale.html
Asti (casa-forte dei Roero di Cortanze, casa-forte dei Roero di Monteu)
«Casa-Forte dei Roero di Cortanze. L’edificio del XIII sec. di proprietà della famiglia Roero di Costanze, un tempo era composto da una torre alta 35 metri con una base molto spessa ben 7 metri, ma nel ‘700 è stata abbassata e portata all’altezza dello stesso palazzo. La struttura è decorata con bifore e decorazioni in cotto, e un tempo anche tutte le abitazioni che continuavano lungo via San Martino e Roero erano di proprietà della medesima famiglia, tale appartenenza la si riconosce dalle decorazioni che presentano i palazzi. Casa-Forte dei Roero di Monteu. Un altro palazzo della famiglia Roero è quello situato in piazza San Martino, il quale presenta una struttura settecentesca, la quale ne nasconde una medioevale, difatti la struttura ha in se una torre che si innalza per 37 metri, anche questa successivamente abbassata a livello dell’edificio. Un tempo sulla strada si aprivano delle finestre ornate con archi ogivali in cotto, oltre a delle bifore. All’interno è ancora presente il soffitto a cassettoni affrescato con scene di giostre e di cavalieri. Successivamente la famiglia decise di donare in eredità il palazzo alla sacrestia del collegio dei Padri Barbabiti, per poi divenire il palazzo della prefettura. È da ricordare in oltre che nel 1804 qui vi soggiornò il papa durante il viaggio che lo portava a Parigi per l’incoronazione di Napoleone».
http://www.esploriamo.com/PIEMONTE/ASTI/CasaForte_RoeroCortanze.html - ...CasaForte_RoeroMonteu.html
«Le Mura di Asti sono la costruzione che nel periodo comunale hanno necessitato di più risorse per la loro realizzazione. Per la loro costruzione sono stati utilizzati punti fortificati del periodo romano e longobardo. Oggi possiamo ammirare solo la parte nord occidentale delle mura. Molto spesso è possibile trovare resti di mura antichi inglobati negli edifici, come avviene, per esempio, nel Santuario della Madonna del Portone. Molto importanti, a livello storico-architettonico sono le varie porte che si aprono sulle mura, tra cui meritano una menzione Porta Torre e Porta Arco, che sono le più antiche. Le altre porte risalgono al periodo medievale. Sull’architrave di ogni porta era stata raffigurata l’immagine della Madonna e di San Secondo, con quella del santo protettore del Rione nel quale la porta era collocata. Una curiosità riguarda la prima cinta muraria di Asti, molto ristretta, che cingeva soltanto i palazzi del potere e le abitazioni dei nobili astigiani. Lo spessore delle mura consentiva i camminamenti di ronda» - «Asti è una città dalla storia antica e ricca, in molti se ne appassionano e decidono di visitare la città per fare un salto nel tempo ammirandone le testimonianze. Tra i diversi percorsi possibili, il più suggestivo è certamente quello delle Antiche Mura, la più grande opera edilizia medievale della città, sviluppata su punti fortificati romani e longobardi preesistenti. Il risultato dei lavori di fortificazione fu la costruzione di 7 kilometri di mura, formate da due cinte murarie che racchiudevano interamente Asti. La prima cerchia di mura è detta "Recinto dei Nobili", munita di porte fortificate e di quattro castelli, mentre la seconda cerchia è detta "Recinto dei Borghigiani", poiché fu eretta a protezione dei sobborghi sorti fuori le mura della città. Del Recinto dei Borghigiani non rimane ormai traccia, solo grazie a documenti e raffigurazioni si sa della presenza di quattro porte, del Recinto dei Nobili rimangono invece tratti superstiti, compresi alcuni camminamenti di ronda. Lungo questi tratti delle Antiche Mura, si sviluppa la passeggiata archeologica, un cammino che percorre i confini della parte più antica della città e permette così di comprenderne meglio la topografia e i cambiamenti subiti nei secoli. Delle numerose porte del Recinto dei Nobili si è conservata soltanto la porta di San Giuliano, che è ora inglobata all'interno del Santuario della Madonna del Portone. Rimangono invece due porte più antiche, Porta Torre e Porta Arco. Vale la pena di passare da Porta Torre per ammirare la notevole Torre Rossa, unica torre di epoca romana sopravvissuta, oggi campanile della chiesa di Santa Caterina. Il percorso lungo le Antiche Mura rappresenta dunque un cammino imperdibile attraverso la storia di Asti e delle sue fortificazioni».
http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti... - http://www.wonderfulexpo2015.it/expo-cosa-vedere/cosa-vedere...
Asti (palazzo Bunej, palazzo Della Rovere)
«Sede del Vescovado fin dal XV secolo, palazzo Bunej si trova sull’angolo sud-ovest tra via Carducci e via Mons. Rossi. Si tratta di un imponente complesso edilizio del XIII secolo, ben munito di opere di difesa. Alle due estremità si innalzavano due torri: quella est è quella che ha subito più rimaneggiamenti in quanto più esposta agli attacchi esterni. Va detto che in quest’area si svolsero numerose lotte durante il periodo di guerre civili tra XIII e XIV secolo a seguito delle quali il palazzo dovette subire interventi di restauro; la torre venne abbassata alquanto presto. La torre occidentale si conservò molto meglio: abbassata intorno al 1814, era rimasta integra ed era merlata sugli angoli; come aspetto ricordava la torre di San Bernardino. Per quanto riguarda il palazzo sono presenti numerose testimonianze dell’antica struttura: si possono infatti notare i resti di finestre bifore,monofore in cotto e arenaria molte di queste occluse, e un importante ingresso con arco ogivale e chiave di volta in arenaria» - «Il trasferimento dei signori dalla campagna alla città, in epoca Comunale vale a dire nei secoli XII, XIII, XIV, portò alla costruzione di case-forti munite di alte torri, strumenti di difesa per le famiglie più abbienti. Del periodo più glorioso della città, libera ed intraprendete sede di mercanti e banchieri, restano case-forti, palazzi nobiliari, tratti di cinte murali ed alcune torri. Il “Palazzo della Rovere” è collocato nell’antico borgo della Cattedrale, quartiere di San Sisto, nella zona più nobile della città medioevale (“recinto dei nobili”), ora Via Giobert n. 22. Questo edificio è uno degli esemplari di case-forti medioevali di Asti. Il “Palazzo della Rovere” si può identificare al numero 12 della mappa dei Palazzi storici astigiani e nell’ingrandimento fotografico del “Theatrum Sabaudiae”. La facciata su Via Giobert risulta restaurata nel secolo scorso, ripristinando e riconnettendo il setto murario esterno. Va ricordato che i “Della Rovere”, signori di Vinoso, Cerenasco, Rivalta e Cinzano, derivati da una nobile famiglia medioevale di Torino, ebbero tra gli altri alcuni uomini ecclesiastici di primo piano quali Domenico Della Rovere dei frati domenicani, fondatore nel 1577 del primo seminario, morto nel 1857 e sepolto nella chiesa della Maddalena che si trovava in Via Giobert angolo Via Testa. Nell’angolo sud di Via Giobert con una strada privata (attualmente chiusa con cancellata) vi è una torre quadrata, ora mozzata, con muri di spessore di circa 1 metro e fornita nei piani superiori di due bifore quasi completamente integre rispetto alla loro concezione originaria...».
http://www.rionecattedrale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13&Itemid=135 - http://www.trovavetrine.it/palazzostoricoasti
Asti (palazzo Catena, palazzo Zoya)
«Il Palazzo Catena è un palazzo medievale di Asti, sito in via XX Settembre nel Rione San Paolo. La tradizione vuole che in questo palazzo, abitasse Iginia d'Asti, protagonista dell'omonima tragedia di Silvio Pellico. Il palazzo Catena è frutto dell'accorpamente di tre costruzioni ben distinte. Una torre "gigante" del secondo periodo, prospiciente la via XX Settembre, che ha generato due corpi di fabbrica, ed un "palazzetto" posteriore che delimita il cortile interno. ... L'edificio è il tipico esempio di palazzo costruito con due bracci ortogonali, alla cui confluenza si trova una torre gigante angolare. La parte più antica (XIII secolo) appartiene al braccio interno, perpendicolare a via XX Settembre, che presenta al piano terra un ampio loggiato ad archi a sesto acuto con cornici bicolore bianco-rosse. Verso la fine del Duecento, si costruisce il braccio parallelo alla via (ricavandolo da alcuni edifici preesistenti), con la torre. La facciata presenta una tipica entrata "ogivale"con quattro cornici in "cotto" ed arenaria alternati. ...» - «Palazzo Zoya è un palazzo medievale di Asti situato in via Carducci, nel Rione Cattedrale. È stato considerato erroneamente dal Gabiani come probabile sede del Comune in epoca consolare. Il palazzo nasce dall'accorpamento in periodo duecentesco di alcuni edifici medievali preesistenti. Anteriormente due edifici a base quadrata erano divisi da un'entrata che immetteva nella "corte", delimitata posteriormente da altri due edifici medievali. Alla fine del Duecento, si chiuse il varco d'entrata e l'edificio venne sopraelevato di un piano, con la costruzione di sei grandi finestre monofore, di cui tre in cotto e laterizio alternati. Il piano nobile venne ristrutturato, con l'innalzamento delle volte e la dipintura dei soffitti lignei con profili di personaggi coronati d'alloro alla moda rinascimentale. Nel 1577 l'edificio passò alla famiglia Zoya, in particolare a Bonifacio, dottore in medicina. Bonifacio intervenne sul palazzo, con il "gusto dell'epoca", facendo costruire prospiciente la facciata interna una bellissima loggia, a doppio ordine di arcate, sostenute da colonne che recano sui capitelli le iniziali BO-ZO del committente. ...».
https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Catena - https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Zoya
Asti (palazzo degli Antichi tribunali, palazzo del Comune, palazzo del Podestà)
«Palazzo degli Antichi Tribunali. Sull’angolo est tra piazza San Secondo e piazza Statuto (ex piazza delle Erbe) si possono notare, nascosti in una struttura alquanto recente, i resti di un imponente palazzo medievale. Si tratta del palazzo degli Antichi Tribunali, sede dei processi nelle controversie giudiziarie e, molto probabilmente, anche delle prigioni. Costituiva, assieme al complesso del Comune sito di fronte, l’area dei palazzi istituzionali della città. Le notizie storiche su questo palazzo sono molto scarse e la sua costruzione è da far risalire alla prima metà del XIII secolo. Dell’antica struttura si può ancora riconoscere il portico, sebbene molto rimaneggiato, e due piani con ampie finestre decorate in cotto e arenaria, ora otturate» - «Palazzo Civico o di Città. Donato alla città nel 1558 da Emanuele Filiberto, vide trasformate intorno al 1730 le originarie strutture medievali da un intervento di Benedetto Alfieri, cui si deve anche lo scalone d'onore realizzato nel 1741. Nel 1817 la facciata fu arricchita con l'altana, mentre solo nel 1867 fu costruita ex novo la manica lungo via Palazzo di Città. All'interno, da segnalare gli affreschi degli astigiani O. Bausano (scalone) e P. Arri (salone dei ricevimenti). I ferri battuti Liberty dello scalone sono opera del lodigiano A. Mazzucotelli. Nell'atrio è conservata la pietra di paragone per le misure lineari, dei mattoni e dei coppi, in uso sul mercato astigiano fino al tardo medioevo» - «Il palazzo medioevale del podestà (XIII sec.) si trova nelle vicinanze della Collegiata di S. Secondo. L’edificio imponente e massiccio si presente come un complesso in stile casa-forte, tuttavia la struttura subì alcune modifiche nei secoli come la chiusura delle ampie finestre del primo piano, di cui ne restano solamente due. A pian terreno si trova una grande sala con una robusta colonna culminante con un capitello ornato da motivi a foglia, sul quale poggiano quattro volte a crociera, mentre ai lati delle pareti si trovano dei medaglioni in pietra ornati con l’aquila ghibellina. Si ipotizza che nella parte ora mai persa del palazzo ci fossero state le sezioni dedicate al governo comunale, mentre la zona giunta sino ai nostri giorni era utilizzata sicuramente come residenza del podestà».
http://www.comune.asti.it/pagina808... - http://www.campercom.it/viaggi/citta_regioni/asti.html - http://www.esploriamo.com...
Asti (palazzo e torre Gazzelli)
«L’attuale complesso edilizio denominato Palazzo Gazelli di Rossana è situato nel cuore del centro storico di Asti, in prossimità del Municipio, del Tribunale Asti-Alba-Bra, e delle principali piazze e vie cittadine: piazza Alfieri, piazza San secondo e corso Alfieri. Si compone di un insieme di immobili compresi tra Via Quintino Sella ,via parallela, posta in prossimità di corso Alfieri antico Oppidum Romano e Via San Martino. L’immobile si trova sul sedime della strutturazione stradale romana in un contesto territoriale e infrastrutturale (incrocio tra l’attuale Corridoio V e il Corridoio 24) che mette in comunicazione Asti con le principali città Italiane ed europee. L’impianto principale di Palazzo Gazelli di Rossana è di epoca medioevale, come è possibile rilevare dalla conformazione e dallo spessore dei muri degli edifici del piano terreno e delle volte e dalla presenza della robusta torre mozzata a base quadrata (m 8x8), ora alta m 24, in origine alta m 38 (sita all’angolo tra Via Q. Sella e Via S. Martino). Il Complesso edilizio è rappresentato sulla stampa risalente alla metà del 1600 denominata “Theatrum Sabaudie”. Nelle storiche cantine, destinate alla vinificazione, destinazione documentata già a partire da metà del 1600 sino al 1975 e da due anni aperte al pubblico per le visite, è possibile rilevare murature risalenti al periodo romano.
Attualmente il complesso edilizio, che copre quasi un isolato del Centro Storico cittadino, si compone di due parti tra di loro adiacenti: 1 – il palazzo nobile (via Q. Sella 50), di impianto medioevale ristrutturato a metà del ‘700 su disegno dell’architetto di corte Benedetto Alfieri, inglobante la torre, l’atrio barocco, la corte interna di rappresentanza, il giardino storico; 2 – il palazzo attiguo lungo via Q. Sella 46, sempre di origine medioevale, ristrutturato a metà dell’800 dall’arch. Valessina, secondo la tipologia edilizia della “casa da reddito”, comprendente, all’ interno, due ampi cortili, le pertinenze rustiche per la trasformazione dei prodotti agricoli, provenienti dalle numerose proprietà agricole della famiglia localizzate nelle Langhe e nel Monferrato, le scuderie, le stalle e i magazzini per il deposito delle derrate alimentari e delle carrozze con accesso dall’ ampio portone di servizio posto lungo via san Martino 26. In questo Palazzo nasce, il 26 agosto 1462, Pietrino del Ponte di Lombriasco, secondo Gran Maestro dell’Ordine di Malta a Malta, 1534-1535 A partire dalle prime decadi del 1600 il complesso immobiliare diventa proprietà dei conti Cotti di Ceres e di Scurzolengo e a partire dalla metà del 1800 dei conti Gazelli di Rossana. Dagli archivi storici della famiglia dei Conti Cotti di Ceres risulta che già a partire dal 1682 nelle storiche cantine del Palazzo viene vinificato il vino Barbera con le uve provenienti dalle loro tenute di Neive. Questo documento costituisce una delle testimonianze più antiche di produzione di vino Barbera in Piemonte».
https://palazzogazelli.wordpress.com/informazioni-storiche
Asti (palazzo e torre Guttuari)
«L'attuale piazza Statuto costituì fin dai primi secoli del medioevo uno dei più importanti poli mercatali cittadini. In origine era denominata Piazza dei porci o del fieno o del vino.Verso la seconda metà del Quattrocento diventerà la sede del mercato ortofrutticolo cambiando denominazione in Piazza delle Erbe o dell'Ortaglia. Secondo gli ultimi studi di Gianluigi Bera la torre non è mai appartenuta ai Guttuari, bensì alle famiglie Bertramenghi e Scarampi. A conferma di ciò alcune carte della Certosa di Valmanera contengono atti di proprietà che attestano che già intorno al 1260/1270, ante merchatum feni, esiste una torre in condominio delle due famiglie.È probabile che la zona dei Guttuari a cui si riferisce il Gabiani si collochi sempre in Piazza Statuto, ma più a nord, al confine con Piazza San Secondo, questo perché, al momento del loro insediamento, risultano già installate nella zona, le famiglie Bertramenghi, Scarampi, Pallio, De Mercato, Lorenzi. A conforto di ciò vengono gli Statuti del Comune di Asti che nel capitolo 47 della seconda Collazione, parlano di "...per miram turri Gutuariorum usque ad Canonicam Causarum..." , cioè la torre dei Guttuari che è in linea retta con il Palazzo dei tribunali (collocato appunto al confine tra piazza Statuto e piazza San Secondo). La costruzione risale al XIII secolo esattamente tra il 1225 e 1235. È una torre del primo periodo a base quadrata, misura 5,80 metri di lato esterno e 4 metri di interno. Come già detto in precedenza la parte superiore ed il "coronamento" ghibellino furono costruiti alla fine del XIX secolo».
https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Guttuari
«Palazzo Malabayla sorge in Via Mazzini ed è probabilmente il più bel palazzo rinascimentale di Asti. Come altri palazzi astigiani, anche questo è il risultato della ristrutturazione di un precedente fabbricato medievale e dell’accorpamento di vari stabili trecenteschi. La costruzione dell’edificio attuale iniziò nel 1494 e fu voluta da Alessandro Malabayla, consigliere e ciambellano del re di Francia Luigi XII. I Malabayla erano banchieri guelfi e filo-francesi, che già nel Duecento operavano in Savoia e che nel Trecento servivano la sede papale di Avignone. Concepito come residenza regale, l’imponente palazzo ospitò più volte Luigi XII e, pare, anche Francesco I. Con la caduta dei Malabayla, il palazzo subì una lunga fase di declino. Nel Settecento fu adibito a caserma, ma nel 1783 fu acquistato dal possidente Giacomo Valpreda, che poneva mano ad un’ulteriore ristrutturazione. Nella facciata, che ricorda lo stile del Bramante, spicca un meraviglioso portale d’ingresso, con mensole e stipiti ben decorati. Ai lati del portale sono ancora visibili gli stemmi lapidei dei Malabayla».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/asti/palazzo-malabayla
Asti (palazzo Mazzetti o dei conti Grimaldi Di Bellino)
«Il palazzo dei conti Grimaldi Di Bellino – detto anche Palazzo Mazzetti, perché in passato appartenne ai marchesi Mazzetti di Frinco – sorge in Corso Alfieri. L’edificio primario risale al Medioevo e fu dimora dell’antica famiglia dei Turco; quello attuale è il risultato della ristrutturazione e degli ampliamenti attuati dai Mazzetti nella metà del Settecento, alcuni, probabilmente, su disegno del celebre architetto Benedetto Alfieri. Sicuramente attribuibili a quest’ultimo sono i balconi in ferro battuto e le finestre sulla facciata di corso Alfieri, che impreziosiscono l’edificio. Il palazzo ha uno stile severo, ma è apprezzato per le belle proporzioni e per l'interna disposizione degli appartamenti. Notevoli sono anche l'atrio, lo scalone e le sale di rappresentanza. L'importanza ed il prestigio di questo ricco palazzo sono testimoniati dagli ospiti illustri che in esso soggiornarono: tra i tanti, Giacomo Stuart, pretendente al trono d’Inghilterra, il principe di Piemonte e futuro re Carlo Emanuele III e Napoleone Bonaparte. Nell’Ottocento Palazzo di Bellino ospitò il Casino o Accademia Filarmonica. Dal 1939 vi ha sede la Pinacoteca Civica».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/asti/palazzo-di-bellino-palazzo-mazzetti
«Edificato su una struttura medievale (come testimoniano le fondazioni e le tre finestre ogivali occluse prospicienti la via Buon Pastore), occupa l’isolato compreso tra via dei Varroni, via Massaia e via del Buon Pastore. La sua importanza nel panorama della storia medievale ad Asti è data tuttavia dal ruolo attuale che ricopre: è infatti sede dell’Archivio Storico Comunale della città dove sono custoditi alcuni dei più importanti documenti do epoca medievale. Il documento più antico risale al 947. Per i secoli dal X al XIV, a testimonianza dello sviluppo e del decadere del potente comune medievale, si conservano, oltre alle numerose pergamene, il Codex Astensis e il Codice Catenato, due codici pergamenacei risalenti al XIV secolo. Il Codex Astensis (380 carte legate in 45 fascicoli) noto anche come Codice Malabayla, si configura come vero e proprio liber iurium, raccolta di diritti della città di Asti, suddiviso in cinque parti: la Cronaca di Ogerio Alfieri, i privilegi e diplomi imperiali concessi al Comune, i documenti relativi ai territori ultra Tanagrum, quelli relativi alle terre citra Tanagrum e una quinta parte contenente diversi atti e scritture. Il manoscritto, in elegante e professionale minuscola cancelleresca, presenta capilettera riccamente ornati ed è corredato da 105 miniature: le prime 6 raffigurano personaggi illustri della città e dell’impero mentre le rimanenti 99 illustrano i territori intorno alla città. Molto interessanti e utili sul piano della conoscenza della geografia storica del territorio astigiano sono le carte 19 e 20 che contengono una mappa topografica con raffigurati i 164 castelli e le terre soggette ad Asti. Il Codice Catenato (204 carte con rubriche in rosso) contiene gli Statuti della città, rielaborati a partire dal 1379 quando la città si trovava sotto la dominazione di Gian Galeazzo Visconti che li riconobbe come leggi della città. Questi statuti derivano da un vecchio codice preesistente al XIII secolo, noto come Liber Vetus o Vetus Volumen. L’attributo “Catenato” deriva da una caratteristica della sua legatura: la copertina, in legno foderato di cuoio, è infatti ornata con una catena in ferro mediante la quale il volume veniva affisso all’albo pretorio per rendere possibile la consultazione ai cittadini. Significativi anche i sigilli medievali conservati presso l’Archivio Storico, tra cui il sigillo in cera raffigurante San Secondo a cavallo, datato 1290».
http://www.rionecattedrale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13&Itemid=135
Asti (torre Comentina o di San Bernardino, palazzo Medici del Vascello)
«Durante le vostre passeggiate per il centro di Asti, sicuramente arriverete alla bella piazza Roma, che vi affascinerà con la sua suggestiva Torre Comentina, la più alta del Piemonte. Quando sarete giunti in Piazza Roma, nel cuore di Asti, non potrete che alzare lo sguardo lungo gli oltre 38 metri della Torre Comentina. Conosciuta anche come Torre dei Comentini o “torre di San Bernardino”, questa bella costruzione si trova inglobata nella struttura di palazzo de Medici, un imponente palazzo in stile neogotico, noto anche come “il castello di piazza Roma”, realizzato nel 1897 per volere di Luigi De Medici. L’edificazione del castello comportò la demolizione di numerosi edifici presenti nell’area: un convento, una chiesa e un teatro dedicato a Vittorio Alfieri. La torre, che invece è stata conservata, si è ben inglobata nella costruzione che voleva ricordare l’impianto di un castello medievale, a sottolineare l’importanza e la potenza della famiglia De Medici. Il nome Comentina venne attribuito alla torre all’inizio del secolo scorso, ritenendo la costruzione dell’opera voluta dalla famiglia Comentina. La torre per molti secoli è stata però chiamata “Torre di San Bernardino” dal nome della adiacente chiesa, oggi purtroppo scomparsa, a cui fungeva da campanile. La torre, per molto tempo, fu usata anche come postazione di comando per la corsa del palio in Contrada Maestra. La torre, bella e imponente, ha una base di oltre 3 metri per lato mentre, con i suoi 38,55 metri di altezza, risulta essere la torre più alta della città di Asti e di tutto il Piemonte. Il corpo della torre è liscio e quadrato, costellato da un gran numero di finestre per lato e termina alla cima con due fasce ad archetti con un motivo cromatico dato dal cotto e dall’arenaria. Tutte queste particolarità architettoniche, unite alla merlatura ghibellina a coda di rondine, fanno della Torre dei Comentini l’anello di congiunzione tra le torri più antiche del primo periodo della storia astigiana e le più recenti del secondo. La torre dei Comentini, unitamente alla Torre dell’Orologio, è l’unica torre della città arrivata intatta fino ai nostri giorni. In piazza Roma, sotto l’imponente torre, sorge il Monumento all’Unità d’Italia, eretto nel 1898 per il cinquantesimo anniversario dello Statuto Albertino. Il monumento venne costruito per volere di Leonetto Ottolenghi, che ne finanziò anche i lavori eseguiti da Luca Gerosa».
http://news.fidelityhouse.eu/viaggi/torre-comentina-di-asti-63391.html
Asti (torre De Regibus, torre Quartero)
«La torre De Regibus, sita all’angolo tra via Roero e corso Alfieri, è l’unico esempio di torre a pianta ottagonale sopravvissuta ad Asti. Faceva parte di un complesso di edifici di proprietà della famiglia De Regibus e che contava anche altre due torri, una a pianta quadrata e posta sull’angolo con via Asinari e l’altra a pianta triangolare posta all’interno della struttura. Queste tre torri erano conosciute col nome di “Tre Re”, nome che è rimasto ancora oggi all’isolato sebbene due di esse non esistano più. La torre sopravvissuta è quella senza dubbio più interessante sul piano architettonico. Dotata di una serie di monofore decorate in cotto e pietra , la torre, la cui costruzione è da ricondurre alla fine del XIII secolo, era alta in origine probabilmente intorno ai 39 metri e terminava con una terrazza merlata. La mozzatura interessò i tre piani superiori. Interessanti sono le misure della base: i lati alternano misure di 1,70 m e 1,45m. Del complesso degli edifici non rimangono più tracce visibili del passato medievale se non in qualche frammento su via Asinari. Si è conservata tuttavia la robustezza che caratterizzava le case-forti» - «La Torre Quartero è una torre di Asti sita all'angolo tra via Roero e Corso Alfieri, dirimpetto alla Torre De Regibus. Niccola Gabiani scrive che il nome della torre derivava dal suo proprietario nel XVIII secolo: il cavalier ufficiale Lorenzo Quartero, a cui apparteneva anche il palazzo attiguo prospiciente la via Maestra (l'attuale Corso Alfieri). Gianluigi Bera afferma che, nel periodo medievale, la Torre Quartero faceva parte del complesso difensivo della contrada della famiglia De Regibus. Infatti, secondo il testamento di Giacomo De Regibus del 1311, a quel tempo la torre era abitata dal fratello Uberto, a cui apparteneva anche il palazzo annesso alla "turris rotunda" (Torre De Regibus). La torre in origine era molto più alta, ma venne abbassata al livello delle case adiacenti durante il XVIII secolo. Insieme alla ottagonale Torre De Regibus ed alla più piccola "Torretta" caratterizza da sempre lo slargo tra corso Alfieri e Via Roero per questo motivo soprannominato dei "Tre Re"».
http://www.comune.asti.it/pagina808_percorso-medievale.html - https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Quartero
Asti (torre Rossa o di San Secondo)
«La Torre Romana di Asti, detta in vario modo Torre Rossa, Torre di San Secondo o Torre di Santa Caterina, sorge in un allargamento sul centrale Corso Alfieri, lunga via un tempo chiamata Contrada Maestra. La varietà dei nomi della torre ha le sue ragioni. Torre Romana è detta perché, di fatto, si tratta di un edificio di epoca augustea datato dal 30 al 14 a.C. Rossa è chiamata in onore dell’antica famiglia De Rubeis, che vuol dire appunto rosso, proprietaria in epoca medievale della case che circondavano la torre. Di San Secondo perché, secondo la leggenda, il Santo patrono di Asti sarebbe stato imprigionato prima del martirio proprio nelle segrete di quell’edificio. È detta, infine, di Santa Caterina perché a questa Santa è intitolato l’edificio religioso, un’elegante architettura in stile barocco, sorto accanto alla torre in epoca più tarda, vale a dire nel 1766, e consacrato nel 1773. La Torre Romana di Asti costituisce uno dei più antichi monumenti della città. Costruita in due differenti periodi, la prima parte risale al periodo romano (I sec. a.C.), è in laterizio ed è formata da sedici lati con diversi ordini di finestre che si alternano. Questa parte si riunisce alla base, la quale è di forma quadrata, grazie alle cosiddette sostruzioni di tipo piramidale collocate agli angoli. La seconda parte, in tufo e mattoni, risale invece all’XI sec. circa.
È possibile che un tempo la Torre Romana di Asti costituisse una parte turrita del Palazzo Pretorio, oppure fosse una delle due torri, l’altra è oggi scomparsa, poste all’ingresso della città. Questa, lungo la cinta muraria, avrebbe costituito la cosiddetta Porta Urbica aperta verso occidente, ipotesi che sembra trovare conferma dalla somiglianza della torre astigiana con quella di Porta Palatina a Torino, con la Porta Pretoria di Aosta o, addirittura, con la Porta Nigra della città tedesca di Treviri, nella Renania-Palatinato. Risale al XII sec. la sua destinazione a campanile della chiesa di San Secondo, nata un paio di secoli prima. Questa è la destinazione che la Torre conserva anche al giorno d’oggi. La guglia appuntita in rame dorato, che ne ornava la cima ai primi tempi, fu abbattuta nel 1777 perché alcuni cedimenti strutturali facevano temere che potesse cadere. La demolizione delle case a ridosso della torre, operazione che ha dato luogo all’odierno allargamento di Corso Alfieri, fu operata per consentire l’esibizione della parte bassa della torre, nascosta, appunto, dalle case. E pare che in questa piccola e nuova piazza si sarebbe dovuta erigere una statua dedicata all’imperatore Augusto, se non altro in onore dei trascorsi romani di Asti, ma il progetto venne abbandonato. Non appena varcato l’ingresso della Torre Romana di Asti si nota la statua in marmo di San Secondo, che nel modo romano tiene in pugno la città. La statua fu trasportata nel luogo odierno dalla cella che un tempo si apriva nei sotterranei della torre, ma che in seguito è stata chiusa e riempita per assicurare stabilità all’edificio. ...».
http://www.originalitaly.it/it/editoriali/a-torre-romana-di-asti
«Sull’angolo sud-ovest tra via Giobert e via Carducci si trova la torre che faceva parte del complesso degli edifici appartenuti alla famiglia Solaro:la parte nord dell’isolato, che comprendeva a sud il complesso di Sant’Anastasio, era stato lasciata dal monastero alla famiglia Solaro al suo ritorno nel1304 aseguito di un esilio durato un anno. Motivo di questo esilio erano state le lotte tra le due fazioni guelfe e ghibelline che avevano causato numerosi disordini nella città. La famiglia Solaro era stata cacciata nel 1303 e dopo un anno era riuscita a ritornare in città grazie soprattutto al sostegno di Alba. Ritornati in città, con la promessa di protezione e di opere di fortificazione, si erano stabiliti nell’area di Sant’Anastasio e lì avevano ricostruito il loro palazzo con annessa torre. La torre è l’unico resto di quello che doveva essere un imponente compresso edilizio: una struttura solida con finestre con l’arco decorato in cotto e arenaria. La parte superiore è frutto di un rimaneggiamento successivo».
http://www.rionecattedrale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13&Itemid=135
Asti (torre Troyana o dell'Orologio)
«La torre che si affaccia su piazza Medici, denominata anche torre dell'Orologio, ha la funzione di torre civica ed è uno dei simboli della città. Si tratta sicuramente di una delle torri medievali più imponenti, perfettamente compiute e meglio conservate del Piemonte. A pianta quadrata con lato di circa 5 metri, ha un'altezza di 44 metri e si presenta, sia all'esterno sia all'interno, in muratura a vista. Elementi caratterizzanti della torre sono le 12 bifore con archi a tutto sesto distribuite su tre piani e la fascia terminale aggettante costituita da tre ordini di archetti ciechi realizzati in cotto e arenaria alternati. In origine, la torre terminava con terrazzo e merlatura a coda di rondine. In seguito, fu aggiunta la copertura con lanterna che ancora oggi conserva. La costruzione risale probabilmente alla seconda metà del XIII secolo, al periodo del grande rinnovamento edilizio cittadino, e faceva parte di una casa forte della famiglia Troya, una delle famiglie dell'aristocrazia mercantile cittadina che praticava l'attività finanziaria in diverse città europee. Nel secolo XV, estintasi la famiglia Troya, la torre passò al Comune che vi installò la campana civica per il suono delle ore e degli altri avvisi di interesse pubblico. La campana attuale è del 1531 ed è quindi una delle più antiche campane del Piemonte ancora oggi in funzione. Recentemente, la torre è stata restaurata e aperta al pubblico. Attraverso una scala in legno di 199 scalini, è ora possibile salire al piano dei merli, eccezionale punto panoramico che offre una vista a 360 gradi sulla città e il territorio circostante».
http://www.comune.asti.it/pagina806_torre-troiana.html
«Il castello astigiano di Belveglio, detto anche Belvedere "Bellumviderium Astensium", si trova nel Monferrato, tra le sue colline contornate da vigneti disposti in ordinati filari e tra folte e verdi macchie dei boschi e dei prati. Le prime notizie del castello risalgono intorno all'anno mille, quando la dimora storica era sotto la signoria dell'astigiano Raimondo Turco, nato nel 1003 e morto nel 1092. Il primo nucleo del castello di Belveglio sorse verso il 1100 ad opera del barone Aquilino ed era costituito da una semplice cinta in muratura che racchiudeva un palazzotto quadrato dove risiedeva la corte del barone. Con il passare degli anni, poiché il colle su cui sorgeva il castello costituiva una posizione dominante, venne ulteriormente potenziato dal barone Ottavio, figlio di Aquilino, con l'aggiunta di alcune torri. Una di queste venne poi distrutta durante un violento temporale da folgori che vi si abbatterono attirate da alti portafiaccole in ferro, ed in seguito ricostruita con i materiali recuperati. Le torri avevano dimensioni non uguali ed erano situate in posizioni asimmetriche e dominanti. Al primo nucleo del palazzotto vennero aggiunte quattro torri quadrate angolari che lo trasformavano in castello vero e proprio, racchiudendo tra loro al piano terreno quattro enormi locali coperti a volta ed al piano superiore un salone ed altri piccoli locali destinati come alloggio al castellano ed al suo seguito. Il piano interrato era destinato alle dispense ed a vari magazzini. La guarnigione, tolti i pochi uomini di guardia, alloggiava fuori dalle mura del castello nel piccolo borgo ai piedi della collina. Per l'approvvigionamento dell'acqua doveva esistere un pozzo od una cisterna di cui si è perduta traccia. Verso la metà del 1400 si rafforzò l'ingresso della cinta esterna con l'aggiunta di una torre e di un atrio spazioso con doppia chiusura. Una porta ed una saracinesca con alcune caditoie praticate nella volta dell'atrio avrebbero permesso ai difensori di bersagliare chi avendo già forzato l'accesso tentava di scardinare la saracinesca per dilagare nell'interno.
Nei vari secoli fu centro di numerose contese fino a quando divenne proprietà di casa Savoia e subì numerose ristrutturazioni per riparare i danni delle guerre e del tempo. Dopo essere stato possedimento di Angelo Veroli, nel 1929 fu acquistato dal conte montenegrino Hector Petrausch che lo fece restaurare con merli e torrioni cercando di dargli una patina di antico poiché il vero castello non esisteva più da molti anni. Fu proprio durante quelle ristrutturazioni che vennero scoperte delle segrete molto profonde destinate ai prigionieri e delle gallerie sotterranee che si diramavano in varie direzioni. Questi cunicoli sotterranei avrebbero dovuto permettere ai castellani ed alla guarnigione di mettersi in salvo ed eventualmente con una sortita di attaccare di sorpresa alle spalle l'assediante. Uno di quei sotterranei probabilmente finiva sulle rive del fiume Tiglione mascherato da una folta macchia. Agli inizi del 1500 accaddero due fatti che valsero un triste nome al castello: "Malamorte". Nel primo caso uno dei giovani arcieri della guarnigione aveva avuto l'ardire di corteggiare una delle figlie del castellano. Progettarono una fuga con l'aiuto di due suoi amici ma, scoperto il loro piano, la conclusione fu che il giovane innamorato venne gettato in una segreta in fondo ad un pozzo e condannato a morire di fame, i suoi due amici vennero decapitati e la figlia del castellano trasferita in un altro castello. L'altro truce fatto fu opera di Alonzo Arana, un soldato di ventura spagnolo, allora castellano di Belveglio. Egli rapì la giovane moglie di un contadino e quando il marito lo seppe e tentò di scagliarsi contro Arana i suoi scherani afferrarono lo sventurato e seduta stante lo impiccarono ad un trave incuranti delle implorazioni della sventurata sposa. Nel 1551, a seguito di ripetuti attacchi d'armi, Belveglio vide la quasi distruzione della rocca e della sua cinta, il nucleo centrale servì come prigione e luogo per le esecuzioni confermando ancora una volta il suo infelice marchio di "Malamorte". ...».
http://www.italiamedievale.org/sito_acim/contributi/castello_belveglio.html (a cura di Eleonora Bartorelli e Fabrizio Bacolla)
«L’edificio è di proprietà privata della famiglia Faà da più di quattrocento anni e si inquadra nella struttura “ibrida” tipica dei castelli del Monferrato. Infatti nelle nostre terre il termine “Castello” viene utilizzato per indicare più che un vero e proprio edificio fortificato, una residenza signorile di stampo feudale o nobiliare sorta sulla vestigia di qualche primordiale area fortificata. Il Castello di Bruno si erge compatto e maestoso dominando i territori circostanti inserendosi con forza nel contesto paesaggistico con cui crea una continuità di colori, in quanto il Castello è stato costruito utilizzando quasi esclusivamente materiale locale e cioè la terra monferrina la quale è stata impastata nelle varie sfumature del cotto e del mattone tale da rendere la costruzione come uno sperone di roccia. La struttura architettonica del Castello esprime, nel suo complesso, quella commistione di elementi tipici del palazzo signorile-nobiliare e caratteristiche castellane, riflettendo la necessità da parte dei marchesi Faà di dare una risposta alle esigenze difensive e urbane dando un simbolo dello stato sociale del suo proprietario.mQuesta commistione trova un momento di massima espressione sulla facciata occidentale dove al piano terra si apre un elegante ingresso preceduto da una scala a due bracci con affaccio in un giardino invernale mentre al primo piano abbiamo mattoni a faccia vista, decorazioni a denti di sega nella parte sottostante il tetto e le due torrette pensili laterali. Di notevole interesse risulta anche la facciata meridionale, soprattutto nel gioco delle evoluzione delle finestre che passano da quelle che fanno presupporre un uso fortificato a quelle costruite successivamente più ampie atte a far entrare sole e luce e quindi più per uso civile. All’interno, le sale risultano affrescate con pitture e stucchi di pregio. Fra tutte le sale quella di maggior interesse risulta il grande salone detto “Sala delle Feste”, finemente affrescata con colori vivaci e toni intensi che celebrano il trionfo del profano e del pagano di natura mitologica. Infatti il tema centrale è l’Olimpo greco in cui gli Dei si trovano a convitto tra di loro narrandosi le loro reciproche avventure, come in un racconto che si dipana attraverso le varie raffigurazioni. è interessante notare che in questa sala sia intervenuta, alla fine dell’ottocento, una sorta di censura da parte del beato Francesco Faà che nel suo testamento lasciò scritto che l’erede doveva intervenire sulle nudità più indecenti e cambiare l’affresco di Venere e Marte presso la porta. Di notevole interesse sono anche le sale dette del “Primo Salotto” e del “Paradiso”, anch’esse finemente affrescate con temi di natura biblico-religiosa. Non accessibile al pubblico è l’Archivio Segreto, in cui sembrano custodite numerose edizioni rare dei secoli XV, XVI e XVII nonché una collezione di preziose pergamene»
http://www.comune.bruno.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Castello-Faa&comune=Bruno
«Dell' antico maniero duecentesco - che seguì gli stessi passaggi di proprietà del feudo - oggi non rimane praticamente nulla. Con la presa del potere degli Spagnoli, nel 1639, subì gravi e irreparabili danni. Dalla distruzione si salvò soltanto l'antica torre che dal lato di ponente difendeva il paese come sentinella avanzata. I ruderi passarono poi in proprietà alla marchesa Maria Eleonora Cacherano Crivelli Scarampi Provano, la quale lo alienava, tra il 1783 e il 1787, al signore di Bubbio Annibale Galvagno, esponente dell'illustre famiglia che fin dal 1766 aveva acquisito, con regia patente di infeudazione, la quarta parte del feudo per la somma di 6200 lire. La parte abitativa venne ricostruita in stile neomedioevale nel XIX secolo e si presenta oggi come una elegante, signorile dimora, con ampie sale affrescate, locali di rappresentanza e un bel parco posto sopra uno sperone di roccia a strapiombo sul fiume. Di proprietà privata, il castello viene aperto ogni anno in occasione della festa del Polentone, la prima domenica dopo Pasqua, per la partenza della sfilata storica».
http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php?DR=all&URL=marchesidelmonferrato.com...
«A sud di Costigliole d’Asti, il castello della frazione Burio è una fortificazione, con corpi di epoche diverse, eretta su una altura con grande effetto scenografico. Gli interni sono stati rifatti in epoca barocca. Al nucleo originale medioevale fortificato si sono affiancati, a partire dal XVII secolo, diversi fabbricati. Tra il XVIII e XIX secolo il castello subì diversi restauri interni, ma le parti originali - i massicci torrioni e la difesa dell’ingresso con una torretta poligonale merlata - sono ancora visibili e visitabili. La proprietà nei secoli si è alternata tra le diverse famiglie astigiane che ricoprirono la Signoria di Burio, dai Pelletta ai Roero, dai Malabayla ai Pallio. Il ponte levatoio conduce ad un cortile interno che porta a sua volta ad una galleria sotterranea, non visitabile, mentre la torre di forma ottagonale è dotata di una scala a chiocciola. Interessante il giardino, caratterizzato da piante sempreverdi ed albero ad alto fusto. Un esemplare di tasso che i botanici storici hanno stimato abbia una età superiore ai 200 anni».
http://www.astigiando.it/place/castello-di-burio/
«A testimonianza del passato storico di Calamandrana svetta il grande castello posto a dominio dell'antico borgo e della vallata, unico rimasto dei sei esistenti sulle colline circostanti. Il primo accenno al nome "Calamandrana" appare in un documento pubblico dell'anno 1129 dove si fa riferimento ad un "manso", cioè ad un podere di questo territorio donato dal castellano Guglielmo, figlio di Amedeo, al monastero di Santa Maria presso Acqui. Il territorio di Calamandrana fu possesso di Bonifacio Del Vasto, che lo cedette ai San Marzano di Canelli, sottomessosi ad Alessandria agli inizi del XIII secolo. Il primitivo complesso fortificato venne distrutto e immediatamente ricostruito nel corso del XIII secolo. La distruzione risale al 1225; in quell'anno, sotto le sue mura, ci fu una cruenta battaglia tra Astigiani ed Alessandrini, venuti alle armi per decidere a chi toccasse la supremazia nella valle del Belbo. Gli Alessandrini, vittoriosi, rasero al suolo il castello di Calamandrana, considerato da loro una minaccia seria. La fortificazione venne riedificata verso il 1237, quando il territorio ritornò, definitivamente, tra le proprietà Astesi per opera di Federico II. A quell'epoca risale la torre ottagonale, di una tipologia senza riscontro nella zona, e la terminazione orientale, anch'essa poligonale, del castello (la parte è ancor oggi in pietra). Nel XIV secolo Ottobono Del Carretto investì del feudo il marchese Giovanni di Monferrato, Calamandrana ritornata tra i possedimenti del Monferrato, venne concessa al marchesato d'Incisa e nel 1305 passò agli Asinari. Il passaggio successivo vide salire al potere i Visconti. Nel 1611, il duca Vincenzo Gonzaga concesse il castello alla moglie Eleonora De Medici.
Nel 1657, alla morte di Eleonora De Medici, il castello di Calamandrana venne dato dal duca di Mantova al marchese Giovanni Maria Testa Piccolomini, signore di Kinitz, e nel 1672 alla morte del marchese, il duca Ferdinando Carlo dona il feudo al prefetto maggiore Matteo Quinziano. Nel XVII secolo, attorno all’originaria torre ottagonale, fatta sopraelevare dal fregio a denti di sega in su, il marchese Francesco Maria Piccolomini fece riedificare il castello. Il complesso subì notevoli danneggiamenti durante il terremoto del 1889 e, per timore del crollo, venne demolito il loggiato e mozzata la torre che fu ricostruita nel 1963 con mattoni di recupero fatti a mano e in maniera più possibile fedele a quella che doveva essere l’originale, desumibile dalle stampe del Gonin. Oggi l’edificio presenta un’impostazione planimetrica piuttosto irregolare ed è in parte intonacato e in parte in mattoni e pietre a vista. Sono conservate le strutture sotterranee: cantine, camminamenti e la cisterna dell’antica fortezza. Del 1983 è la ristrutturazione del soffitto del salone ottocentesco. Il castello di Calamandrana è circondato da un grande parco ed è raggiungibile attraverso una ripida e tortuosa strada; oltrepassato il cancello, la salita continua per un viale che conduce al caratteristico ponte levatoio. Attualmente il castello, dominato dall'imponente torre ottagonale, è di proprietà privata, ed è adibito ad abitazione».
http://www.comune.calamandrana.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Il-Castello&comune...
Calosso (castello Roero, torre circolare)
«Il castello è antecedente all'anno 1000 anche se viene più volte rimaneggiato e ricostruito in seguito a eventi bellici e ristrutturazioni. Nel 1318 il paese di Calosso viene coinvolto nel conflitto tra i guelfi della famiglia Solaro e la famiglia ghibellina De Castello di Asti. I guelfi, oltre al castello di Moasca, distrussero anche il castrum di Calosso che venne immediatamente riscostruito per rientrare tra i possedimenti di Valentina Visconti d'Orléans nel 1387. All'inizio del XVII secolo Calosso venne assediata dagli spagnoli e in seguito recuperata dai Savoia, grazie anche al capitano Catalano Alfieri che, a capo delle truppe francesi, fece cingere di enormi palizzate tutto il castello. Nel XIV secolo la famiglia dei Roero di Cortanze diventano i signori di Calosso e, perduta ogni importanza strategica, nel tardo XVII trasformano il castello in una elegante e signorile dimora di campagna. Iniziamo il giro di visita. Il castello oggi è molto piu piccolo rispetto a quello che doveva essere una volta e comprendeva anche la parte che oggi viene chiamata "borgo medioevale". Quello che ci attende oggi quindi è un insieme di corpi a forma di L con una torre cilindrica con merli guelfi. Molto interessanti sono i bastioni cinquecenteschi, che presentano ancora le aperture delle casematte e le feritoie. Nella prima foto vediamo anche una posterla, lo stretto e basso passaggio che attraversava le mura. Accediamo all'interno del parco mura tramite il portone seicentesco che reca lo stemma dei Roero (le tre ruote). Dal portone saliamo e dopo aver superato un piccolo edificio ci troviamo nel cortile su cui si affaccia una piccola cappella. Le stanze interne a cui ci è possibile fare visita comprendono un grande salone utilizzato per i ricevimenti, uno studio e una cappella, luogo in cui morì nel 1683 il vescovo De Sauli. Il pavimento, come tutti i castelli dei conti Roero è rigorosamente rosso sangue. Terminiamo la visita nel borgo storico, un tempo facente parte del castello, che comprende svariati edifici (inclusa la chiesa di San Martino) e una torre circolare ribassata».
http://viaggioneiforti.blogspot.it/2008/11/ed-eccomi-sempre-in-ritardo-ovviamente.html
Camerano Casasco (castello di Camerano, palazzo Balbo)
«Indirizzo: sulla piazza del Paese (Camerano Casasco). Informazioni: di proprietà privata, non è visitabile. Descrizione: l'edificio è in realtà un palazzo signorile le cui prime strutture sono state probabilmente realizzate nella seconda metà del secolo XVI, in seguito alla distruzione del castello, avvenuta nel 1553, che era sull'adiacente bricco. Dell'antico castello non rimane più nulla se non il sito circondato da muraglioni in parte ricostruiti. Particolarmente pregevole è la monumentale entrata tardo barocca, mentre la pianta irregolare fa da cornice ad una terrazza che prospetta sulla vallata. è interessante un cunicolo, da poco restaurato, che dal piazzale dove esisteva il castello porta alla base dei vecchi muraglione e in alcuni locali sotterranei ancora in fase di restauro. Sul piazzale del sito del castello è stato costruito un anfiteatro che d'estate serve per rappresentazioni, manifestazioni e feste».
«Il doppio nome del paese deriva dall’unione in una sola Comunità degli insediamenti di Camerano e di Casasco avvenuta alla fine del XVIII secolo. Il territorio di Casasco era già popolato in età romana: una lapide rinvenuta in loco menziona infatti Nerva, imperatore del I secolo d.C.; il suffisso –asco però fa ipotizzare una precedente origine ligure. La prima citazione di Camerano risale invece al 1198: i suoi feudatari locali assumono il cittadinatico astese con i benefici e gli obblighi che ne derivano. Secondo lo stesso documento, il vescovo d’Asti avrebbe fondato Camerano una trentina d’anni prima nella parte meridionale del territorio di Casasco, con la collaborazione dei domini de Ripa. Pure nel 1198 ricevono il cittadinatico astese i feudatari di Casasco. Le vicende dei due feudi sono contrassegnate dall’avvicendamento di diversi feudatari: tra questi, il primato di durata – per entrambi i feudi – è detenuto dagli Asinai. Il feudo di Camerano venne eretto in contea nel 1530 dall’imperatore Carlo V; dopo la confluenza nei domini sabaudi, venne ceduto ai del Carretto (1702). Il castello più antico del luogo era sorto in regione Castellazzo: di esso si conserva il solo toponimo. Anche del secondo castello, distrutto dalle truppe del Brissac a metà del XVI secolo, nulla è rimasto. Rimane il terzo, una villa forte, nota col nome della famiglia Balbo che ne ebbe il possesso. Il castello esistito a Casasco sarebbe “ruinato” nel 1417; i rimaneggiamenti subiti in seguito hanno fatto si che della struttura originaria non è rimasto praticamente nulla. Appunti per una visita. La parrocchiale di s. Lorenzo sorge in Camerano, a poca distanza dal municipio, in piazza Cesare Balbo. Di fondazione antichissima, l'edificio attuale, di forme barocche, risale al '700. ... Non distante dalla chiesa vi è l'imponente Palazzo Balbo. Questo straordinario complesso, d'impianto seicentesco, sorge sulle fondamenta del castello di Camerano, possesso degli Asinari, distrutto dai francesi nel Cinquecento. Vi risiedette Cesare Balbo tra il 1821 e il 1834. ... Punto panoramico sull'ambiente circostante è il poggio dell'antico castello, con annesso il "vecchio forno comunale", ristrutturato, corredato di antichi attrezzi per la lavorazione del pane».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=159 - http://www.valrilate.it/fotogallery/62.html
Camerano Casasco (castello di Casasco)
«Indirizzo: a 1 km da Camerano, nel borgo medioevale di Casasco (Camerano Casasco). Casasco è dominato dal Castello: costruito in epoche diverse a partire dal XII secolo, e più volte rimaneggiato fino all'Ottocento, ha aspetto imponente, caratterizzato dalla mole quadrata. Descrizione: conserva nella parte occidentale la possente struttura medioevale mentre per il resto è composto da una serie di corpi di fabbricato eretti in epoche diverse e pertanto con diversi stili architettonici» - «A circa 1 km a nord di Camerano vi è il piccolo insediamento medioevale di Casasco. Nello stesso piazzale ov'è situata la barocca chiesa dei 55. Pietro e Paolo, si affaccia il castello. A pianta rettangolare, è formato da una serie di corpi di fabbricato appartenenti a epoche diverse. L'edificio, che risale al Settecento, ha subito in seguito ripetute modifiche. Nella borgata, vi è anche un vecchio mulino del '600».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=160- http://www.valrilate.it/fotogallery/62.html
Canelli (castello Gancia ex Scarampi Crivelli)
«Tra il X e l' XI sec. esisteva una vasta rete commerciale facente capo ad Asti. Per la difesa di una di queste rotte commerciali (forse per volere di Ottone III°) sorse, presumibilmente agli inizi dell'XI sec. un castrum a Canelli con il compito di salvaguardare le strade che, risalendo la Valle Belbo, conducevano ai porti di Savona e Vado. Il castello venne edificato sulla sommità del colle detto poi di "Villanuova", dominante l'antica corte ottoniana. Il grande Castrum, verso la fine del XIII sec., subì profonde trasformazioni: decaddero gli edifici nobiliari che lo caratterizzavano dovuto anche all'estinzione o emigrazione delle famiglie nobili dal Consortile di Canelli. Verso il 1330, il castrum fu trasformato in "Villaforte" detta poi "Villanuova" perché da poco tempo l'elemento popolano aveva occupato gli spazi lasciati liberi dai nobili. Dell'antico complesso rimase, fino al XII sec., il "palatium veterum" con torre sede del castellano e delle guarnigioni. Le mura del Castrum possedevano due porte: quella di Mezzo, interrata alla fine del XVII sec. per costruire il sagrato della nuova chiesa di S. Leonardo, e la porta dell'Anitra, sotto il castello verso la vallata opposta. Gli Asinari acquistarono il feudo di Canelli nel 1335 senza modificare il Castello ma i loro successori, gli Scarampi, vi apportarono importanti migliorie ed ammodernamenti tra il XV ed il XVI sec. di cui rimangono frammenti scultorei ed architettonici. Il Castello con le fortificazioni fu in gran parte smantellato nel 1617 per opera degli spagnoli durante la guerra di successione del Monferrato distruggendo ciò che era vanto ed ammirazione dei visitatori. L'opera di ricostruzione iniziò nel 1626 ripristinando le fortificazioni; il Castello fu riedificato a partire del 1676 per opera degli ultimi marchesi Scarampi Crivelli, anche se in forme ridotte e con carattere di un palazzotto. Gli interni pare fossero progettati da Amedeo di Castellamonte, architetto ducale. Nel 1706, estinta la famiglia Scarampi-Crivelli, il complesso venne infeudato ai conti Galleani.
Nel 1803 fu acquistato dagli Alfieri di Asti, ben inseriti nell'establishment napoleonico. Le signorie feudali furono abolite dalla Francia rivoluzionaria (1810) ed il Castello fu acquistato dal conte Bellini come privato cittadino, passò poi ai Parone e quindi a Gaspare Sardi e poi ancora all'avv. Vincenzo Bertolini, senatore del Regno i cui eredi lo cedettero al grande ufficiale Camillo Gancia che affidò all'arch. Arturo Midana (1929-1930) il restauro e la ristrutturazione dell'edificio. Gli intenti del Midana furono quelli di conferire al Castello lo stile di fine ?600 anche per gli interni, dove un'attenta ricerca d'epoca diede ai locali un'armoniosa varietà di arredi. Le decorazioni del pittore canellese Giovanni Olindo, ed i numerosi stucchi policromi, richiamano la corrente barocca. Esternamente furono aggiunte due ali rendendo più imponente l'edificio. Lesene angolari e mediane rompono la compattezza della costruzione, più semplici sono le fiancate ed i corpi sporgenti.Le finestre del piano rialzato e quelle del primo piano sono sobriamente fregiate. Sopra il portale, al quale si accede per mezzo di due scale laterali, vi è una balconata la cui porta-finestra campeggia con maggior larghezza di motivi ornamentali. Tra le due rampe di scale, un'apertura porta alla piccola cappella. Significativa fu anche la sistemazione delle aree circostanti; la creazione del giardino all'italiana riporta il Castello agli splendori del '600; la portineria ricavata dal terreno scosceso verso la strada ed armoniosamente collegata ad una piccola Cappella preesistente. Al lato opposto, un vecchio fabbricato, fu adattato dal Midana ad uso autorimessa. Il Castello, così restaurato, domina tuttora l'abitato dall'alto del colle ed è punto di riferimento panoramico e simbolo di Canelli. Interessante: ambientazione; interni; grandioso ed elegante atrio con ritmi spaziali che rammentano lo Juvarra».
http://www.comune.canelli.at.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idArea=2180&idCat=462&ID=563
«Palazzo Grasso-Stresia (via Roma). Sede del Circolo G.B. Giuliani. Fatto costruire nella seconda metà del seicento dall'"Illustre Magnifico Signor" Giovanni Battista Grasso, giudice del Marchesato di Canelli nel 1671, poi podestà di Asti fino al 1685. I suoi eredi nella prima metà del settecento fecero decorare la facciata (che oggi guarda il giardino), imitando il palazzo Crova di Nizza, ricostruito dal Nicolis di Robilant. Bello il portoncino d'ingresso sotto il portico, con lo stemma di famiglia. Dai Grasso, il palazzo passò agli Stresia ed infine ai Merlo nel 1813. Antica casa comunale (oggi Scarazzini - piazza A. d'Aosta). Già nel medioevo sorgeva sulla piazza del Borgo: al pianterreno ospitava il tribunale, al primo piano il Consiglio Comunale. Fu distrutta nel 1617 assieme al Castello, e l'archivio incendiato. Ricostruita tra il 1625 e il 1627, ebbe la caratteristica facciata nel 1814. Fu in seguito destinata ad usi privati e pesantemente trasformata all'interno da restauri recenti. Palazzo Scarampi, poi Palazzo Osasco (via XX Settembre). L'antico castello medioevale, durato fino al 1627, benché ristrutturato, non doveva essere molto confortevole. Nel 1613 il marchese Scarampi Crivelli risiedeva di preferenza nella villa delle Belline (oggi proprietà Parone) e ancor prima i feudatari di Canelli, detenevano un ampio palazzo sulla Contrada Maestra del Borgo. Tale palazzo, benché molto modificato, esiste ancora e mantiene qualche elemento interessante: in particolare il vasto locale del pianterreno (negozi verdura Molinari, Rosa panetteria,...) di fine '500 inizi '600, a volte su agili colonne tuscaniche. Il locale è molto simile al pianterreno del castello di Mango, degli astigiani marchesi Busca. Nel cortile si intuisce l'esistenza di un portico tamponato.
Casa Cornaro (piazza Gioberti). è forse una delle più belle dimore barocche della piccola nobiltà di provincia. Appartiene ai Cornaro dall'800. Lo stupendo portale barocco fu parzialmente demolito da un camion in manovra, una decina di anni addietro. Bellissimo l'atrio e lo scaloncino della zona padronale. Suggestivi i locali rustici del cortile. La casa è in stato di avanzato degrado, ma va conservata ad ogni costo. Casa Calzato. Uno dei più bei palazzi secenteschi di Canelli, orribilmente deturpato da un finto restauro. In particolare è scomparso il cortile porticato, gli antichi giardini a terrazze in pietra sono stati sbancati e ridotti a garages. Rimangono alcuni bei locali a volta ed il bellissimo prospetto esterno lungo il vicolo dei Piaggi. Il voltone. Porta d'ingresso del più antico recinto murato (XII sec.) del Borgo, ampliato poi tra il XIII ed il XIV secolo. La struttura conserva ancora le tipologie di una porta-torre romanica. Oggi si presenta potentemente interrata a causa dell'erosione. Il prospetto sud è stato "restaurato" in modo ridicolo; quello a nord, a dispetto di un "servizio" che vi incombe, si presenta più genuino. Da qui partiva la via principale di Canelli alto-medioevale, che raggiungeva S. Tommaso proseguendo fino alla via G.B. Giuliani. Casa Giuliani. Vi nacque l'insigne, dimenticato dantista G.B. Giuliani. La famiglia Giuliani vi risiedeva almeno dal '500. è il risultato di adattamenti ottocenteschi di strutture molto più antiche. Casa Prato - Via Villanuova (alla sommità, sotto il castello). Appartenne al nobile Magnifico Signor Gerolamo Prato, gentiluomo astigiano, podestà di Canelli tra il 1580 ed il 1610. Severamente semplice, è l'unica casa canellese ad aver conservato intatti gli antichi soffitti "a travetti" ed i volumi orginari».
http://www.comune.canelli.at.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idArea=2180&idCat=462&ID=563
Casorzo (resti del castello, torre)
«...Intorno al primo millennio, si formò il Comune vero e proprio, in cui il governo era rappresentato dal castellano e da un consiglio di cittadini. Aveva un castello assai forte, tanto che, nel 1164, Federico Barbarossa riconobbe il dominio del marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato su Casorzo che divenne un caposaldo dell' organismo politico di tipo feudale rurale della causa aleramica. Fu un Comune privilegiato fin dal 1291, quando i marchesi di Monferrato, in premio di fedeltà, concessero a tutti i suoi abitanti, l'esenzione completa da dazi e pedaggi e, soprattutto, il diritto di fare statuti e leggi che regolassero le relazioni fra gli abitanti. Su Casorzo, sia pure per breve tempo, si era anche esteso il dominio di Asti. Nel 1290, infatti, i Signori locali, i 'de Casurtio', erano stati cacciati dagli abitanti che si sottomisero, poi, al Comune di Asti. Il dominio astese fu di breve durata, poiché, fatta la pace tra Asti e il Monferrato, questo riebbe Casorzo la cui comunità, il 6 marzo 1394, prestò giuramento di fedeltà al marchese Teodoro nel Castello di Moncalvo. L'imperatore Carlo IV confermò il possesso del paese al marchese Giovanni II Paleologo, i cui discendenti concessero Casorzo in feudo agli Zabaldani, nel 1454, a Giovanni Battista Jadrone, nel 1594 e, in seguito, a Carlo de Rossi. Il giugno 1642, mentre divampava la guerra tra Francia e Spagna per la successione del monferrato, Casorzo fu saccheggiato e bruciato dalle soldataglie spagnole al comando di tal Gregorio Britti, portoghese, governatore di Pontestura. Il feudo casortino, elevato a dignità di Contea, fu venduto a Giovanni Francesco Picco il 3 ottobre 1621, e a questa famiglia il paese restò fino alla Rivoluzione Francese, per poi seguire con il resto del Piemonte le sorti del regno dei Savoia». La torre è una struttura isolata si trova nelle campagne, presso la strada provinciale 38.
Cassinasco (torre, altri resti del castello)
«La torre è ciò che rimane dell’antico castello, saccheggiato e dato alle fiamme dalle truppe franco-sabaude, nel 1615, durante la guerra per la successione del Monferrato. Un tempo il castello di Cassinasco con la sua torre doveva avere estrema importanza strategica in quanto dominava la via che dalla valle del Belbo immetteva in quella della Bormida; qui si dipartivano i bivi delle piste medioevali di collegamento con Rocchetta Palafea, Loazzolo, Bubbio e Canelli, il cui tracciato è in gran parte ricalcato dalle strade odierne. La torre si presume sia stata eretta in epoca bizantina-longobarda, come altre presenti nella zona. Presenta pianta quadrata come quella di Cavatore, Terzo e olmo Gentile con una struttura molto massiccia, alta e con una pregevole pietra squadrata. Sul lato nord e sud sono presenti tracce di costruzioni addossate e ammorsate nella struttura, segno evidente della simultanea realizzazione, si può ipotizzare, di una piccola edificazione a castello. La torre medioevale recentemente restaurata e dotata di scala interna con ballatoio a circa 20 metri di altezza (con visita sempre possibile). con importanti opere di ingegneria naturalistica è stato predisposto un belvedere dal quale si possono ammirare la cerchia delle Alpi con il Monviso isolato sullo sfondo, e più ravvicinate le valli Belbo e Bormida. La realizzazione di un'area verde, con pista da ballo e parco giochi, ha permesso di far rivivere l'intera parte alta del paese, che resta tuttora il centro della vita sociale di Cassinasco. Proprio di fronte all'altura già fortificata troviamo infatti la parrocchiale dedicata a Sant'Ilario».
Castagnole delle Lanze (fortificazioni medievali)
«Nel Medioevo le carte del Codex Astensis collocano Castagnole tra le terre appartenenti ai conti di Loreto. Fra questi, chi ebbe maggiori relazioni con la comunità di Castagnole fu probabilmente Manfredo I, dal 1190 marchese di Busca e conte di Loreto. Il marchese inaugurò la dinastia dei Lancia dall'appellativo che si era guadagnato avendo servito come lancifero, in gioventù, presso la corte di Federico Barbarossa. L'accostamento tra la dinastia dei Lancia e l'attributo "delle Lanze" (delle Lance) è doveroso, in quanto Castagnole è l'unico comune piemontese a potersi fregiare di una tale denominazione. Sempre dal Codex Astensis è possibile ipotizzare che a Castagnole Lanze sorgesse un castello medievale come dimora del conte; il castello fu probabilmente abbattuto nel 1255 con la caduta del contado di Loreto. Documenti discordanti accreditano che Bianca Lancia (anche conosciuta come Bianca di Agliano) fosse o la figlia di Manfredo I o di Bonifacio di Agliano, con cui la vedova di Manfredo si era risposata. Bianca Lancia è stata l'ultima moglie dell'imperatore Federico II di Svevia: è quindi assai probabile che da Manfredo discenda il figlio di Bianca, Manfredi ... A partire dal XIII secolo Castagnole entrò a far parte dei domini del Comune di Asti, seguendone poi per sempre la storia, le vicissitudini e gli assoggettamenti alle diverse signorie che lo controllarono. Nel XIV secolo il luogo di Castagnole rientrava nei domini dei Visconti: risulta infatti dalle carte comunali un giuramento di fedeltà della Comunità di Castagnole delle Lanze a Valentina Visconti, che aveva avuto in dote tale feudo con tutto il resto della "Patria Astese" per le nozze con Luigi di Valois, duca d'Orléans. Da notare che dalla fine del XIV fino agli inizi del XVII secolo, Castagnole Lanze fece parte del Capitaneato d'Astesana, e come tale non fu mai infeudato, ma sottoposto al diretto dominio del governatore di Asti. Nello stesso periodo il paese fu fortificato da una robusta cinta di mura dotata di torrioni cilindrici, della quale purtroppo restano pochissime tracce. Dopo alterne vicende il territorio passò, nel 1573, a Emanuele Filiberto di Savoia. Da questo momento il comune viene assoggettato a due signorie: da un lato il feudo degli Asinari e dall'altro la signoria della famiglia di Catalano Alfieri, signore di Magliano e di Castagnole. Agli Alfieri subentrarono nel 1797 i conti Birago di Borgaro Torinese (che presero il nome di Birago-Alfieri), agli Asinari invece, per investitura ereditaria, i marchesi Carron di Saint Thomas, la cui signoria si esaurì nel 1836. Con i marchesi di Saint Thomas e con la famiglia Birago-Alfieri cessò in Castagnole delle Lanze ogni residuo di dominazione feudale, e dal 1850 il comune seguì i destini di casa Savoia e poi del Regno d'Italia».
Castagnole delle Lanze (torre panoramica)
«...Nonostante sia situata dove c’era il castello, la torre non ne ha mai fatto parte. Infatti le due costruzioni hanno mancato l’appuntamento per oltre 600 anni: il castello è stato demolito nel 1255, mentre l’attuale torre risale al 1880. Nel 1878 il proprietario di borgo castello, l’attuale ubicazione della torre, era la famiglia Tartara. Secondo un documento d’archivio, si apprende che il Tartara, di origine vercellese, aveva preso a lavorare la seta greggia, ma non gli era andata bene. Dal fallimento che ne derivò, fu costretto a vendere tutto. Il nuovo proprietario divenne così il conte Paolo Ballada di San Robert, torinese amante dell’arte medioevale e appassionato entomologo (da ciò il suo nomignolo, “’l cunt di babi”). Per 20.000 lire acquistò il corpo del fabbricato civile e rustico con annessi beni, ivi compresa quella “piccola montagna con terreno coltivo, gelsi e poca vigna”, che oggi corrisponde al Parco della Rimembranza. Fatto l’acquisto il conte aveva apportato miglioramenti alla proprietà, costruendo balconi, rimodernando i muri, rinnovando gli interni e, tra l’altro, provvedendo a far erigere “nel centro del terreno boschivo in corrispondenza della montagnola” una torre. Questa è strutturata in un piano terreno, un piano inferiore e un piano superiore. La costruzione comportò una spesa di 9.000 lire. Il progetto prevedeva ancora un piano, ma la popolazione di Borgo Castello si oppose, temendo per la stabilità della torre e per la propria incolumità. In seguito, nel 1883, il conte decise di vendere tutti i suoi beni di zona Castello al Comune di Castagnole, a cui serviva un fabbricato da adibire a scuola. Nonostante il valore del complesso venne calcolato in circa 30.000 lire, il conte si accontentò di “un’annua vitalizia pensione” di 2.900 lire, che gli venne versata dal 1884 al 1888, anno della sua morte. ... Dal 2012 il Parco e la Torre ospitano un percorso museale dedicato al conte Paolo Ballada di San Robert ...».
Castagnole Monferrato (resti del castello)
«Ancora oggi è possibile seguire lo snodarsi della cinta muraria, in alcuni punti tuttora solida nella propria arcaica struttura, altrove bisognosa di restauri e che fascia, protendendosi con speroni e contrafforti, il ripido balzo del terreno. Rimangono dell'antica fortezza di frontiera, ultima rocca monferrina contro le bramosie astigiane e sabaude, alcuni avanzi con arcate trecentesche in cotto e tufo, con massicci muri maestri. Una torretta incorporata in abitazione privata, un muro, un frammento di baluardo testimoniano quanto il tempo e gli uomini hanno purtroppo cancellato o alterato dell'antico edificio. Il fianco rivolto a sud, osserva il Vergano, risulta il più interessante, costruito com' è in mattoni a vista, su ripida scarpata e con due eleganti finestre ogivali con fascia bicolore in cotto e tufi alternati, risalenti al Trecento. Sotto di esse s'aprono due finestre di stile rinascimentale di linea pura e di sobria ornamentazione di pietra. Anche la fiancata est conserva finestre e portali gotici. Nel castello fu costruita la chiesa detta appunto di Santa Maria in castro che funzionò, in certi periodi di emergenza, anche da parrocchia».
http://www.comune.castagnolemonferrato.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Il-castello...
Castel Rocchero (borgo, palazzo Comunale)
«Come la maggior parte dei borghi astigiani, Castel Rocchero deve la sua origine a un presidio militare posto a guardia e difesa della via di comunicazione che da Acqui conduce in Valle Belbo. Già praticata in epoca romana e mai caduta in disuso neppure nei secoli bui delle invasioni barbariche, la strada era facilmente controllabile dal castello (castrum) che sorgeva sul punto più alto e scosceso (ruché, rocca, rupe) della collina, interamente circondata da possenti mura di cui ancora a metà Ottocento era possibile scorgere i resti. Le prime notizie storiche risalgono al 967, quando il paese è compreso fra i possedimenti di Aleramo insieme a numerosi altri borghi e mansi compresi fra il Tanaro e l'Orba, la cui giurisdizione fu affidata dall'imperatore Ottone a questo suo vassallo che divenne il capostipite della gloriosa dinastia dei Marchesi di Monferrato. ... I suoi successori, tra alterne vicende, seppero ritagliarsi un ruolo di primo piano nello scenario politico e bellico dell'Italia medioevale e anche la fortezza di Castel Rocchero divenne un punto strategicamente importante, tanto da essere oggetto di contese e guerre tra i vari potentati del Piemonte meridionale. Nel 1310 il marchese Bonifacio di Incisa riesce finalmente a riunire Castel Rocchero al suo dominio, dopo l'investitura imperiale ricevuta in Asti. Il periodo di relativa tranquillità dura però solamente qualche decennio, perché il cambio di padrone arriva prontamente nel 1336, quando il marchese di Monferrato Teodoro I Paleologo infeuda il paese al ricco Obertone Scarampi (di famiglia mercantile astigiana), ricevendo in cambio ben 12.236 fiorini d'oro, una somma enorme per l'epoca. Il figlio di Obertone, Baldovino, ebbe solo una figlia femmina, Beatricina, che andò sposa al conte Alberto di Biandrate di San Giorgio, la cui famiglia esercitò per lungo tempo il dominio su Castel Rocchero.
Il XV secolo vede da un lato il radicarsi di potentati locali - come i Dagna di Acqui che ottengono il diritto sui pedaggi - dall'altro il consolidarsi dell'autorità del Marchese di Monferrato, che nel 1435 ha la conferma del feudo da Ludovico di Savoia. Nel frattempo la popolazione è impegnata in una violenta contesa con Acqui per l'uso dei boschi. La situazione degenera in vere e proprie zuffe a mano armata tra gli abitanti di Castel Rocchero, cui sono alleati quelli di Castelvero, Ricaldone, Alice e Montabone, e i proprietari acquesi delle foreste. Le scorribande non vengono fermate né dagli editti marchionali, né dalle punizioni corporali; gli Acquesi alla fine reagiscono devastando e incendiando le case di Castel Rocchero, nel 1495. Con il passare dei secoli si alternano anche le famiglie nobili a cui è affidata la giurisdizione feudale. Nel 1526 è la volta di Ottavio, Giovanfrancesco e Agostino di Santa Maria ad essere investiti di parti e porzioni del luogo, castello, redditi, ragioni, beni, diritti e giurisdizione; ad essi si aggiungono, nel 1534, i fratelli Pietro, Antonio e Alessandro De Sburlati. Solo nel 1635 Federico Aldobrandino di San Giorgio riesce a riunire nelle sue mani tutta la giurisdizione e l'intero castello, ma gli Sburlati continuano ad avere poderi e pedaggi fino al 1708 e oltre. Il 7 luglio 1714 metà castello viene nuovamente venduto a Francesco Beltrambi, infeudato dal duca di Mantova. ... Il palazzo Comunale. Eretto nel XII secolo per volontà dei marchesi di Monferrato, con funzioni difensive, l'edificio originale più volte rimaneggiato nel tempo, fu distrutto nel 1946. Oggi sede comunale, l'edificio non conserva più caratteristiche militari ma presenta forme signorili: la facciata principale è intonacata ed il balconcino in pietra è sorretto da quattro mensole. All'interno ha mantenuto strutture seicentesce individuabili nelle volte a crociera dell'ingresso, nella volte a botte e nelle ampie sale interne».
Castell'Alfero (castello dei conti Amico)
a c. di Federica Sesia
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Castellero è un antichissimo borgo, sorto ai piedi di una torre per segnalazioni. Nel Trecento il castello venne raso al suolo durante il conflitto tra guelfi e ghibellini. Successivamente fu feudo dei Pietrini e dei Ponte, che lo ricostruirono. La storia del paese appare strettamente legata alle vicende del castello ed ai suoi passaggi di proprietà. I Solaro nel 1312, appoggiati dai Provenzali di Ugo del Balzo, siniscalco di Roberto d'Angiò, occupano il castello di Agliano e, secondo il De Canis, sconfiggono i De Castello a Castellero, dove distruggono la rocca, tenuta dai Ghibellini Pulsavino. Da queste vicende appare evidente che il castello di Castellero rappresentava, durante le lotte civili, una roccaforte anti-guelfa. Sulle rovine del piccolo castello coinvolto nelle vicende sanguinose del 1312 venne riedificata una fortezza che dalla precedente costruzione demolita prese il nome di Castellero, o “castellaro", termine talvolta usato per indicare un castello distrutto. Ciò nonostante la ricostruzione è stata talmente accurata che il castello si presenta pieno di fascino e di interesse storico, artistico ed architettonico. Nel tempo, infatti, l’antico maniero è stato completamente rinnovato e in parte accresciuto con complessi costruiti in varie epoche successive: interventi del Seicento e del Settecento, attribuiti in gran parte alla famiglia Ponte, hanno realizzato un’elegante dimora campestre che, come unica memoria di un passato bellicoso, conserva la torre, caratterizzata da una merlatura a coda di rondine, che svetta sull’attuale piazza comunale. ...
Nel Trecento il castello venne raso al suolo durante il conflitto tra guelfi ed i ghibellini. Successivamente fu feudo della famiglia Ponte, che lo ricostruì. Emergente la figura di Pietrino de Ponte, Gran Maestro dell’ordine gerosolimitano. La storia del paese appare strettamente legata alle vicende del castello ed ai suoi passaggi di proprietà. Oggi l’antico maniero, al centro di un panorama di non comune ampiezza, permette una proiezione a 360° dell’orizzonte sfiorando la pianura di Villanova, le colline dell’Albese e di Torino, le prealpi, per poi contemplare nei giorni sereni le cime alpine disposte a corona da sud a nord-est. Verso il Tanaro l’osservatore ha dinnanzi a sé il Monferrato e le Langhe.Per quanto in generale stato di degrado, il castello resta senza dubbio il monumento più significativo ed evidente di Castellero d'Asti, la cui torre spicca ben visibile. Di struttura romboidale, è alta 30 metri e si può accedere sulla sommità salendo gli oltre 100 gradini. Anche la struttura del castello ne rivela le imponenti dimensioni e certamente non mancano le suggestioni legate alla magia di questo antico edificio, preceduto da un parco di oltre 300 mq di estensione, con ampi porticati e saloni che ancora lasciano percepire l’idea della loro grandezza e bellezza, grazie ad una serie di soffitti a cassettoni. Un’opportuna azione di restauro, capace di restituirne il passato splendore, potrebbe rendere questa struttura un motivo di interesse assoluto e grande valore».
http://www.comune.castellero.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx... - ...Castellero
«Il castello di Castelletto Molina è di origine medievale ed è circondato da imponenti muraglioni di cinta, anticamente ancor più elevati e con merlature ghibelline. Dalle mura sorgono ancora cinque torri: il “torrione' principale a base rotonda e mozzato nella parte superiore; la “torre dei prigionieri' che è composta da una base con pronunciata scarpa e un corpo cilindrico culminante con un tetto che copre una merlatura ghibellina. All'interno oltre alla parte seminterrata con un accesso a piano e due a botola, si contano tre piani. Alcune feritoie del terzo piano con forte strombatura rivelano l'uso, nel periodo più recente di vita del castello (XVII e XVIII secolo) di armi da fuoco a media-corta gittata. La torre conteneva le antiche carceri e una prigione sotterranea. Un'altra torre è denominata “la torre di guardia' ed è a pianta quadrangolare; la “torre del Belvedere' anch'essa a base quadrata e formante un corpo avanzato, e infine la “torre di vedetta' a sbalzo da uno sperone delle mura. Le torri conservano le merlature originarie e presentano numerose feritoie e aperture di offesa e difesa. Vennero ricoperte con tetti nel XVI secolo. Il castello di Castelletto Molina è riportato in un affresco del XVI secolo convenzionalmente accanto a quello di Riccaldone, entrambi dipinti dal frate Ignazio Danti di Perugia (l’affresco si trova nella Galleria del Vaticano detta “delle Carte Geografiche' dove sono dipinti sui muri e sulle volte tavole di castelli e chiese d’Italia). All'interno del complesso si trovano due edifici: uno civile denominato “il Palazzo', probabilmente ricostruito intorno al 1670 dalla contessa Ottavia Thea Porta, e l'altro chiamato la “Casa Rustica'. L'edificio seicentesco è composto da numerosi saloni tra i quali il salone d'entrata caratterizzato da un notevole soffitto ligneo a cassettone e accanto al quale è situata una Cappella Gentilizia, con al suo interno un pregevole dipinto di San Francesco da Paola, e che viene aperta al pubblico due volte all'anno per la celebrazione della messa. Il resto del castello è oggi abitato da diverse famiglie comproprietarie; alcune sue parti sono state trasformate in residenza di campagna».
http://www.comune.castellettomolina.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Il-Castello&comune...
Castello di Annone (borgo, ruderi del castello)
«Castello di Annone nasce come insediamento romano posto sulla Via Fulvia, al nono miglio da Asti. Il villaggio romano sarebbe stato uno dei tanti minori, se non fosse nato a ridosso di una rocca incuneantesi fra il Tanaro da un lato e la nuova strada dall'altro, e se Asti non avesse assunto già nell'alto Medioevo, un ruolo di grande importanza nella vita della regione. Su quello sperone di una lunga catena collinare, affiorata dal mare in Era Quaternaria, avevano trovato rifugio e sistemazione i primi abitanti della terra astigiana. Su quello stesso sperone, millenni dopo, all'inizio del secolo X, Berengario I, marchese di Ivrea e conte di Asti, decise di erigere un castello alle porte della città, a sua difesa, contro le frequenti incursioni ungare di quel tempo. La rocca e il castello si rivelarono ben presto un eccezionale punto strategico per il controllo della regione e di Asti in particolare, fiorente città di mercanti e finanzieri sia in epoca vescovile che comunale. Annone, con il suo vasto territorio ancora in gran parte coperto da un ricco Forestum e comprendente Cerro, Quattordio, Refrancore, divenne la chiave di volta della vita politica ed economica di Asti rivolta verso la ricca valle del Po. Lo sapevano bene i primi consoli della città che nel 1095 si fecero consegnare dal vescovo, suo signore, villaggio e castello di Annone (ed è da tale donazione che si fa iniziare la vita del Comune di Asti). Lo sperimentò anche l'imperatore Federico Barbarossa che fece di Annone una sua Castellania per controllare il Piemonte occidentale e la stessa Torino. Sotto la casa sveva, col Barbarossa prima e poi con Enrico VI e Federico Il, il Forestum fu diradato e sui dossi soleggiati s'insediarono cascine, si coltivarono viti, si favorirono pascoli, nacquero nuove comunità E nella piana acquitrinosa, posta fra il castello e i possessi astesi, calarono i benedettini della vicina abbazia di San Bartolomeo di Azzano a coltivarla e renderla fertile Ai piedi del castello si costruì un Hospitalis per viandanti e pellegrini, si cinse il nuovo borgo di robuste mura e di un ampio fossato che ne aumentava le difese; agli abitanti fu riconosciuto il diritto di amministrarsi con propri Statuti.
Mutate le condizioni politiche dell'Astigiano, gli annonesi decisero di sottomettersi al Ducato di Milano, diventandone il baluardo occidentale contro i Savoia, l'ultimo bastione cui Ludovico il Moro si era aggrappato, dopo averlo nuovamente fortificato, nel tentativo di contrastare la discesa delle truppe di Luigi XII, re di Francia. Annone seppe mantenere il proprio tribunale e le proprie leggi locali e fruire delle esenzioni accordategli da Milano ducale e poi spagnola. Sulle sue terre si allargavano, intanto, le proprietà dei benedettini di Azzano, che avevano da tempo il controllo religioso delle sue chiese e dei beni annessi: così Annone divenne sede di un Priorato di tali abbazie. Inserita fra il Monferrato e i Savoia provò più volte gli orrori delle guerre di successione, prima e dopo la distruzione del castello. Entrò a far parte del Ducato di Savoia agli inizi del Settecento, ma la sua gente doveva essere di tiepida fede sabauda se i nuovi Signori ritennero opportuno mantenere in vita la dogana, tra Quarto e Annone, sino al 1799. Soppressi gli ordini religiosi nel 1802 e distrutto l'antico monastero di Azzano, il governo francese donò alla chiesa di Annone il bell’altare maggiore dell'abbazia, come si può leggere tra le carte del suo Archivio storico. Importanti sono le testimonianze storiche del suddetto Archivio, e preistoriche della collina su cui sorgeva il castello (dove si trovano interessanti reperti archeologici), oltre a testimonianze tardo settecentesche come il Palazzo Medici del Vascello e il Palazzo comunale (inizio '900)».
http://www.comune.castellodiannone.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Storia&comune=CastellodiAnnone...
Castelnuovo Belbo (resti delle mura del castello)
«Pur essendo in provincia di Asti, ma distando solo una ventina di chilometri da Alessandria, Castelnuovo Belbo può essere considerato uno di quei centri monferrini facilmente raggiungibili da ogni località del nord-ovest della nostra penisola. Paese dalla storia millenaria, vide le proprie origini intorno all'anno Mille, sorgendo come fortezza a difesa del vicino castello dei Marchesi d'Incisa, signori di quell'importante marchesato di cui Castelnuovo fece sempre parte chiamandosi appunto d'Incisa, almeno fino alla fine del Seicento. E' certo che è sempre stato territorio appetito da molti; gli Sforza, i Marchesi del Monferrato e i Gonzaga cercarono a più riprese di impadronirsi di queste terre strategicamente poste nella bassa valle del Belbo. Signori di Castelnuovo furono i Trotti, i Trotti Gonzaga, i Collaredo, i Trotti di Valperga di Masino, i Serbelloni e i Busca, tutte importanti famiglie della nobiltà milanese che si alternarono a questo dominio almeno sino ai primi anni del secolo scorso. Nella seconda metà dell'Ottocento il paese diede i natali a monsignor Lorenzo Delponte, vescovo della Diocesi Acquese. Oggigiorno rimangono alcune testimonianze del passato, quali l'abside della chiesetta campestre di San Biagio, a struttura romanica e i resti delle mura del castello in pieno centro abitato lungo la via anticamente detta "del Fosso", proprio in relazione al fossato che circondava il castello».
http://www.comune.castelnuovobelbo.at.it/Home/Guidaalpaese/tabid/21939/Default.aspx?IDDettaglio=9109
«Castelnuovo Calcea conserva il suo nome di origine romana: Castrum Novum, a cui si è aggiunto "ad calcarias" a causa della vicina strada romana a cui si dovevano effettuare frequenti rincalzi e manutenzioni. Paese di antiche origini prima dei romani fu abitato dai Liguri Statielli, quindi dai Celti ed infine dai Galli. Al termine della dominazione romana arrivarono i Longobardi a cui seguirono i Franchi. Prima di essere ceduto nel 1735 ai Savoia, il paese fece parte del Ducato di Milano. Situato nell'area centrale del paese del turrito castello di origine medioevale oggi non restano che i bastioni e la torre di avvistamento. Eretto nel 1154 per volere dei marchesi d'Incisa venne distrutto dai savoiardi nel 1634, ma fu ricostruito più volte perché subì numerose distruzioni durante le guerre che insanguinarono il Monferrato nei due secoli successivi. L'ultimo importante restauro è avvenuto nel XVII secolo in cui furono rifabbricate le torri, il dongione e riparata la parte situata a ponente danneggiata da grave incendio. Attualmente l'area del castello e della vestigia che ancora restano dopo i vari crolli subiti (1945-1952-1961) è di proprietà del Comune di Castelnuovo Calcea, che nel 1985 ha acquistato il sito. Nel 1989 si sono avviati i primi interventi di pulizia e di recupero delle strutture murarie (cortile, ingresso). Nel 1998 viene finalmente consolidata e recuperata la torre circolare di avvistamento (simbolo dello stemma comunale), alla cui ombra è stato ricavato un ampio cortile, suggestivo palcoscenico di varie manifestazioni estive (serate danzanti e gastronomiche, concerti, rappresentazioni teatrali...). Nell'estate 2004 vengono sistemati "La terrazza degli Ulivi", il camminamento sotterraneo che accede sulla sommità dell'area, adibita a verde pubblico e punto panoramico "Dagli Appennini alle Alpi". Caratteristiche della visita. La visita, libera e non guidata corre lungo il perimetro esterno. Quello che resta oggi visitabile risale alla ricostruzione del XVII secolo e le uniche tracce della medievale struttura sono visibile nel portone di ingresso e nelle torri. Attualmente l'area che il Castello anticamente occupava è stata adibita a Parco Pubblico».
http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=69
Castelnuovo Don Bosco (torre dei Rivalba)
«Castelnuovo don Bosco: paese che si appoggia su rilievi di morbida pendenza, felicemente assolati, molto favorevoli alla coltivazione della vite. Per questa ragione il sito ha accolto insediamenti abitativi fin dall'epoca romana, come testimoniano i ritrovamenti archeologici nelle frazioni Ranello e Nevissano. A partire dalla seconda metà del XII secolo Castelnuovo vive vicende alterne: sottoposto dapprima ai marchesi di Torino, successivamente diventa territorio conteso dal Marchese del Monferrato, dai comuni di Asti e Chieri e, non ultimi, dai locali Signori di Rivalba; feudatari locali con influenza anche su Moriondo e Mombello, i Signori di Rivalba governarono queste terre nella seconda metà del XIII secolo. Nel 1559 si registra l'effettivo assoggettamento di Castelnuovo ad Emanuele Filiberto di Savoia. Oggi il paese deve la sua notorietà ai santi che qui ebbero i natali: Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso e Domenico Savio, che in frazione Mondonio visse e morì, nonché del beato Giuseppe Allamano. Al centro del borgo, nel punto più elevato, svetta l'antico sito del Castello dei Rivalba, di cui oggi possiamo ancora ammirarne la torre medievale di imponente struttura quadrata; la torre è testimonianza parziale di quanto, nel Quattrocento, costituiva l'intera fortezza. Il basamento del torrione ancora evidente, si integra alla preziosa chiesa annessa, la Madonna del Castello, il cui sagrato si trasforma, in pochi passi, in un generoso belvedere aperto su uno dei più incantevoli panorami che Castelnuovo possa vantare. La torre ed i resti del castello possono essere visitati raggiungendo la sommità della salita, al culmine nella parte alta del paese. Da questa prospettiva si osserva l'ampio arco collinare e montuoso che circonda Castelnuovo. Il percorso di visita prosegue percorrendo in discesa la sinuosa e scoscesa Via Mercandillo, a metà della quale la Parrocchia di Sant'Andrea richiama l'attenzione per i riferimenti storico-religiosi legati alla vita di Don Bosco e apre la vista sulla antica area mercatale ora valorizzata dal vecchio portico coperto, restaurato recentemente e restituito alla preziosità di spazio pubblico che possedeva nei secoli scorsi».
http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=75
Cerro Tanaro (resti del castello)
«Indirizzo: Piazza Ballario, Cerro Tanaro. Informazioni: di proprietà privata, si visita solo esternamente. Sec.: XIII-XIV. Castello medioevale (ghibellino) del sec. XIII-XIV probabilmente fu già residenza dipendente da Pomposa fin verso la metà del secolo XVI, e fu abitata dai monaci della Grangia che si prendevano cura delle anime dei cerresi e accudivano alla cappella di San Giovanni, oltre che al lavoro di bonifica dei campi. Già a quei tempi l'abbazia aveva ruolo di difesa del borgo, ma in seguito fu trasformata definitivamente in castello».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=911
Cerro Tanaro (torretta degli Adorni)
«Indirizzo: nel centro abitato, Cerro Tanaro. Informazioni: di proprietà privata, è possibile la visita esterna. Sec.: XVII-XVIII. La torretta, casaforte del secolo XVI, fu fatta costruire dagli Adorni. Da segnalare, la meridiana sulla facciata Ovest».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=978
«La sua estensione non doveva essere tanto breve e ristretta, come sembrano far credere le attuali condizioni del luogo. Le tracce di mura che ancora si rinvengono qua e là, da un capo all'altro, fanno pensare invece a una costruzione piuttosto ampia e massiccia. Il castello doveva essere ben fornito di aperture e comunicazioni anche segrete. Fino a non molti anni fa esisteva ancora un cunicolo che dalle prime case del quartiere portava fin sotto i resti della torre. L'abitato era poi ben definito e racchiuso nelle mura che si estendevano al di sopra della chiesa di Sant'Antonio con la Porta Soprana, scendevano a ovest, come ancora risulta dagli avanzi emersi di tanto in tanto dagli scavi del terreno, e terminavano all'attuale arco di casa Brezzo con Porta Sottana. La realizzazione di un'area verde, con pista da ballo e parco giochi, ha permesso di far rivivere l'intera parte alta del paese, che resta tuttora il centro della vita sociale di Cassinasco».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=1487
a c. di Glenda Bollone e Federica Sesia
«L’antico castello venne probabilmente costruito intorno all’anno Mille sul punto più alto della zona dominante la Valle Tinella. Il paese viene citato per la prima volta in un documento che risale al 1196. Alla fine del XIII secolo Coazzolo, che apparteneva alla Diocesi di Alba, venne conquistato dagli astesi, per cui tutti i suoi possedimenti passarono alla famiglia Cacherano di Asti. Il castello domina la campagna circostante da tempi immemorabili; è datato 1287 il primo documento che attesta la sua esistenza. Per circa tre secoli dimora dei feudatari Cacherano, nel 1592 il castello e tutti i possedimenti vennero concessi in feudo a Beatrice di Portogallo come dono per le nozze con Carlo III di Savoia. In epoca barocca il castello è stato “ingentilito” con interventi esterni, il tutto per cancellare il suo aspetto medievale e trasformarlo, secondo i dettami dell’epoca, nell’elegante palazzo gentilizio che ancor oggi si può osservare».
http://www.produttorimoscato.it/pdi/dettaglio/id/11
Cocconato (palazzo del Comune)
«Il quattrocentesco palazzo, con belle finestre in cotto decorato, rappresenta uno dei rari esempi per il Piemonte di edifici civili in stile gotico. Il palazzo ha un cortile con portici a sesto acuto, sui quali si affacciano piccole botteghe artigiane. La costruzione, a pianta irregolare che segue l’andamento della strada, ha tre piani fuori terra dalla parte verso la via e due dal lato del cortile, dove si trova l’ingresso del Municipio. Il cortile del Collegio (il nome ricorda la sede della scuola per l’insegnamento della grammatica, della retorica e dell’umanità fondata nel 1754) è chiuso dalle carceri mandamentali, significativo esempio di edificio di servizio ottocentesco».
«Parzialmente nascosta dagli alberi, la Torre di Cocconato è uno degli elementi caratterizzanti il paesaggio del comune monferrino. Oggi villa privata, l’edificio ha avuto una lunga ed interessante storia che inizia nei primi anni del X secolo. A quell’epoca i conti Radicati, Signori di Cocconato, costruirono alla sommità della collina il loro castello, al quale si accedeva attraverso due porte. Parzialmente distrutti nel XIV e XV secolo, a seguito delle guerre tra Guelfi e Ghibellini e fra il marchese di Monferrato e i Visconti di Milano, gli edifici fortificati vennero ricostruiti alla fine del 1400. Ma nel 1556 il castello, disputato tra tedeschi e francesi, venne da questi ultimi definitivamente distrutto e rimase pressoché intatta solamente la torre. Il terreno sul quale sorgeva venne venduto, intorno al 1800 dai Conti Radicati a Pietro Sarboraria. In quegli anni nella costruzione fu installata una stazione per il telegrafo ottico Chappe, voluto da Napoleone per collegare Parigi con Milano e Venezia. Nel percorso fra Torino e Milano i siti più adatti vennero individuati nelle colline del Monferrato, piuttosto che nella pianura padana, dove la frequente nebbia avrebbe cagionato problemi per la visibilità dei segnali. Così dalla torretta del Palazzo Madama di Torino i segnali erano trasmessi alla stazione di Superga e da questa ad Albugnano e quindi a Cocconato, distante in linea d’aria circa 6 km. Qui prestavano servizio come addetti il proprietario della torre e suo figlio, con compenso di £ 1,15 al giorno ciascuno. Da Cocconato i segnali erano inviati a Villadeati e via via a tutte le altre stazioni, fino a raggiungere il capoluogo lombardo. Il telegrafo ottico venne utilizzato per le comunicazioni fra Italia e Francia dal 1809 al 1814 e successivamente ancora per alcuni decenni per i collegamenti con Albugnano e Villadeati, fino all’introduzione del telegrafo elettrico.
Nel 1836 il Sarboraria chiese al Comune il permesso di abbattere la torre medievale, ormai gravemente degradata, per costruirvi al posto un mulino a vento, ma le autorità si opposero, in quanto l’edificio era un punto caratteristico del paese, nel quale era consuetudine fare il cosiddetto falò ed i fuochi artificiali. La controversia si risolse rapidamente ed il Comune acconsentì la demolizione della vecchia torre a condizione che fosse ricostruita nello stesso luogo, di analoga foggia architettonica e che si potesse continuare ad usare il sito per il falò ed i fuochi artificiali. Nell’autunno dello stesso anno, la nuova costruzione, formata dalla torre circolare, con sopra la struttura portante le pale, ed un piccolo edificio addossato era ultimata e poteva iniziare l’attività del mulino a vento, uno dei pochissimi realizzati in Piemonte. Tuttavia il mulino, probabilmente a causa di difetti meccanici intrinseci e della scarsità del vento, funzionava male e così dopo pochi anni il lavoro venne sospeso e nel 1851 anche le pale e la relativa struttura portante furono smontate. L’edificio fu successivamente trasformato in abitazione, diventando “Villa Giuseppina” (oggi “Villa Pia”): la torre venne completata superiormente con un terrazzo praticabile e all’interno furono ricavati due piani abitativi, con apertura di finestre ad arco acuto in quello inferiore e circolari in quello superiore, mentre l’edificio addosso fu rialzato di un piano nel 1910. Questa è in sintesi la storia di un edificio dal quale, nelle giornate limpide, è possibile godere di un eccezionale panorama: si riescono infatti a vedere la catena delle Alpi e l’Appennino Ligure, nonché molte città tra cui Novara, Vercelli, Saluzzo, Cuneo e, con un buon cannocchiale, perfino Milano, distante circa 100 km in linea d’aria».
Colcavagno (castello dei Balbiano)
«Situata nel Basso Monferrato, a 225 metri sul livello del mare, Colcavagno forma dal 1999 insieme a Scandeluzza il comprensorio unico di Montiglio Monferrato. Edificato nel 1224 da Enrico di Cocconito, signore di Montiglio, sulla struttura preesistente del 1003, il castello fu più volte rimaneggiato fino al 1680, quando - cessate le necessità di difesa - il conte Alfredo Balbiano lo trasformò nell'attuale villa. In una mappa del secolo XVIII sono ancora rilevabili i bastioni. Nel 1910 fu donato alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, conosciuta anche con il nome di Cottolengo (dal nome del suo fondatore san Giuseppe Benedetto Cottolengo), che trasformò il castello per alcuni anni in una Casa di Riposo. Dal febbraio 2010 la proprietà del Castello di Colcavagno è della società Paolo Ferraris s.r.l. di Torino, che tramite la Fondazione Paolo Ferraris ha promosso un progetto per la realizzazione di un Distretto Culturale a Colcavagno, con l'intento di sviluppare ogni sinergia fattibile per lo sviluppo culturale, sociale, turistico ed economico del territorio in ambito europeo. Il Castello diverrà sede di un museo europeo sul restauro, di una biblioteca e di un archivio storico sul restauro archivistico e bibliografico. L'aspetto attuale del palazzo è dovuto alla ristrutturazione del 1680; a quattro piani e con belvedere coperto, non presenta infatti più tracce del passato medievale. Nell'antico salone di rappresentanza, il maniero ospita una cappella in cui ancora oggi vengono talvolta celebrate funzioni parrocchiali. I soffitti affrescati e la cantina sono le parti più suggestive della dimora. L'austero edificio è circondato da un bel parco con viali delimitati da siepi di bosso».
http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/news/dettaglio_news.lasso?-id_news=113
«La ricostruzione di questo edificio è possibile grazie ad un Inventario del 1569 e ad una piantina del 1616, documento che presenta una sommaria descrizione di questa struttura difensiva. Non si deve immaginare il castello secondo quanto l'immaginario collettivo si figura: era piuttosto una massiccia struttura architettonica con scopo eminentemente difensivo, con possenti mura, di cui resta un residuo nella zona prossima alla casa canonica. Fu distrutto nel 1305 dalle forze del Comune di Asti, sorte analoga a quella capitata anche al castello di Cossombrato, e negli anni immediatamente successivi riedificato, tanto è vero che un documento del 18 dicembre 1309, con cui si poneva fine alle dispute tra Asti ed i territori del nord del territorio, ne parla come di una struttura integra. Nel 1617 fu pesantemente razziato dalle truppe savoiarde nel corso di questioni legate ai possessi del Marchese del Monferrato e con la discesa dei soldati dell' imperatore Ferdinando d' Asburgo, i Lanzichenecchi, anche Corsione ed il suo territorio subirono devastazioni e gli effetti della peste di manzoniana memoria (la popolazione passò dalle 220 anime del 1627 alle 130 del 1635). Come poteva essere? Presentava granai, un mulino ed un forno, pozzi per la raccolta e conservazione delle acque, due torri, sulla sommità di una delle quali era situata la prigione ed ampi cortili interni, come risulta dalla ricostruzione grafica del maniero. Dalla torre rettangolare si presume sia stato ricavato l'attuale campanile della chiesa parrocchiale, che secondo la tradizione deriverebbe da una delle scuderie del castello. è fuor di discussione che l'edificio dominasse sull' intero abitato, che si distribuiva tutto intorno ad esso; i materiali derivati dall'abbattimento o dal crollo: già a metà del 1800 si hanno notizie del suo carattere fatiscente, segno evidente dell' abbandono in cui era caduto».
«Il castello di Cortanze, uno dei meglio conservati di tutto l’Astigiano, grazie anche all’importante opera di restauro avviata nel 1997 che ha restituito l’originaria bellezza, è una fortezza grande e possente, che richiama l’architettura militare trecentesca, ed è tra le poche che ancora conserva quasi integralmente l’aspetto esterno medioevale. Ma facciamo un lungo passo indietro, a prima dell’anno Mille, per conoscere le origini del nostro borgo. ... già a partire dal X secolo, con Curtis Anseris si indicava una località abitata la cui prima attestazione risale al 993. Dopo una lacuna documentaria di quasi due secoli, la storia del borgo di Cortanze prosegue con una notizia del 1117 riguardante un tale dominus Bonifacio partecipante, con altri vassalli vescovili, ad una convenzione stipulata in quella data tra il vescovo di Asti e i signori di Govone. Durante questo periodo, a Cortanze si era dunque sviluppata una signoria locale retta da una famiglia in grado di garantire protezione alle popolazioni contadine e subordinata, tramite vassallaggio, al potente vescovo astese; simbolo dell’autorità del dominus loci era il castello. Sebbene la prima attestazione della residenza fortificata risalga al 1153, la primitiva costruzione doveva infatti già esistere all’inizio del secolo XII, al tempo in cui il dominus Bonifacio apparteneva alla clientela feudale del vescovo di Asti. In effetti, nel corso del X secolo, il vescovo aveva assunto vesti poteri sulla città di Asti e sul contado, confermatigli dagli imperatori. Il suo vasto patrimonio territoriale, si presentava densamente incastellato, soprattutto nella zona collinare, dove l’edilizia militare faceva del vescovo astese il più potente signore del territorio; questo dato di fatto spinse molti signori confinati a cercare protezione tramite vassallaggio, che garantiva loro il potere e la proprietà, previo riconoscimento dell’alta signoria del vescovo, al quale, se richiesto, avrebbero messo a disposizione tutte le loro forze in caso di conflitto armato. La presenza di Bonifacio tra i vassalli vescovili nel 1117 trova quindi un preciso riscontro nella dichiarazione di dipendenza stilata nel 1153, quando il possesso del castrum Cortanserii cum pertinenciis suis venne confermato da papa Eugenio al vescovo di Asti Anselmo tramite bolla pontificia e in seguito ribadito negli anni 1154 e 1156, da papa Anastasio IV.
Negli stessi decenni, i signori del castello di Cortanze dovettero inoltre entrare in relazione con un’altra grande potenza della Chiesa d’Asti: il Capitolo, che poteva rappresentare un concorrente temibile per la proprietà del maniero. Proprio nell’area in cui sorge questa località, fin dal 906, il vescovo di Asti aveva infatti concesso al Capitolo la pieve di Pisenzana (presso Montechiaro d’Asti), attorno alla quale si era andato sviluppando il patrimonio dei canonici che nel 1169 vedevano confermati da papa Alessandro III, lo stesso castello del luogo, le chiese dipendenti, la torre del castello di Cunico e il castello di Corsione, che fino al 1167 era stato per due terzi proprietà di Bonifacio, signore di Cortanze. ... La famiglia Roero, all’epoca rappresentata da Tommaso, assunse l’esclusiva titolarità del feudo nel 1622. I suoi discendenti vennero sistematicamente rinfeudati fino al 1796, anno della soppressione del sistema feudale. I Roero restarono i soli signori del luogo, continuando a possedere il castello per quasi tutto il secolo XIX, in cui però l’antica signoria perse quell’importanza che l’aveva contraddistinta in precedenza e che la portò alla vendita del castello alla fine dell’Ottocento a un certo Duco per 300.000 lire, il quale lo alienò nel 1933 ad Attilio Farina, fratello del noto carrozziere torinese Pininfarina, che lo adibì in parte a magazzino di pneumatici. Il maniero di Cortanze nel tempo subirà ancora numerosi passaggi, prima di giungere alla proprietà attuale. Dopo la rifondazione trecentesca a cura dei Pelletta, nel XVIII secolo i Roero restaurarono profondamente il castello, trasformandolo in residenza nobiliare di campagna. Venne rifatta la torriola a nord e costruita una nuova manica. Mentre strutturalmente nell’Ottocento si interviene nuovamente con opere di consolidamento, specie nel corpo a nord e nella grossa torre. Il castello oggi è completamente restaurato, e al suo interno vi sono degli ambienti degni di nota, tra cui il salone con volte a crociera, con eleganti chiavi in arenaria dalle figure simboliche. Delle due torri originarie, purtroppo, è rimasta solo la grossa torre cilindrica posta all’angolo sud della fortezza, essa è sicuramente l’elemento che più caratterizza il maniero, e che più colpisce il visitatore. La torre è alta 22 metri, e termina con una merlatura “ghibellina” (a coda di rondine). Tali merli, sette in tutto, sono però il frutto del restauro ottocentesco, che ha demolito il coronamento della torre (coperta con tetto a coppi e fregio sotto la gronda) per appunto sostituirlo con gli attuali merli. Nell’occasione la torre fu anche abbassata. Essa è suddivisa su tre piani, con una stanza per piano: la prima di questi è adibita a cappella privata, la seconda ha la forma esagonale con volta a crociera, e all’ultimo piano vi è la stanza detta “la prigione”. ...
L’edificio. In origine la configurazione del castello, ricostruibile congetturalmente, era un tipico esempio di architettura militare minore del basso Medioevo. La zona signorile era situata sul lato più soleggiato, mentre i locali di servizio e gli altri alloggi erano posti nelle restanti ali. La pianta del complesso risultava trapezoidale; gli accessi erano due: il principale allineato alla corte interna era ubicato sul lato libero nord-est, dotato di solida porta e fiancheggiato dalle torri angolari, mentre il secondo era ad ovest. L’ala residenziale, posta a sud, era realizzata a corpo semplice su tre livelli. Il piano seminterrato, che ancora conserva la struttura originale, era costituito da un unico vano voltato con cinque crociere a sesto acuto, ribassate e sottolineate da costoloni in cotto. Queste erano ordite con corsi di mattoni disposti secondo le generatrici delle volte, all’imposta delle quali erano collocati pregevoli capitelli in arenaria, mentre in luogo delle chiavi di volta vi erano raffigurazioni di astri ed animali in arenaria lavorata a basso rilievo. La torre cilindrica sud, l’unica conservata dell’impianto originario, con funzione di fiancheggiamento, era a quattro livelli, coronata da un fregio aggettante, simile a quello delle torrette pensili, tutt’ora esistenti. I vani interni erano voltati a bacile, ad eccezione di quello al piano nobile, con capitelli in arenaria riproducenti figure antropomorfe a rilievo, di stile anteriore all’epoca di costruzione del castello. Delle aperture originali, si conservano probabilmente, soltanto quelle al terzo livello, attualmente tamponate. Finestre ogivali di questa tipologia erano comuni in zona fino al XVI secolo e appaiono su fonti iconografiche relative ai castelli del Trecento. L’ala di raccordo e l’ala nord furono oggetto di numerosi interventi di ristrutturazione che ne stravolsero l’assetto originario, cancellando ogni traccia dell’impianto medievale, già a partire dal XVIII secolo. L’ingente riplasmazione barocca del castello, collocabile nei primi decenni del Settecento, periodo in cui il Piemonte godette di una relativa stabilità politica e di una evidente ripresa economica, rientra tra la moltitudine di interventi dettati dalla moda alla Grand Maniere, importata dalla Francia ed imposta dal gusto della casata giunta da Chambery. ...».
http://www.castellodicortanze.com/?page_id=266
«Il Castello di Cortazzone, che domina imponente sul paese, fu edificato probabilmente nel XIII secolo. Di questa primitiva costruzione, tuttavia, non rimangono tracce. Restano, invece, segni evidenti della riedificazione che fece seguito alla parziale distruzione avvenuta nel XIV secolo, durante le lotte di successione tra i Marchesi del Monferrato, i Visconti e i Savoia. Finestre a sesto acuto affiorano in diversi punti della muratura, così come cornici ornate con mensoline e mattoni posti a denti di sega e merlatura a coda di rondine. Risale alla stessa epoca anche la torre quadrata, rovinata in parte durante la guerra franco-spagnola di inizio Settecento. L’ultima significativa campagna di riadattamento e decorazione del complesso fu intrapresa intorno alla metà del XVIII secolo. Fruibilità: di proprietà privata».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/cortz_castello.htm
«La prima menzione della chiesa di Corveglia risale al 1153, anno in cui il marchese Maginfredo di Romagnano fa un’ampia donazione di beni situati a Pancalieri “alla chiesa di san Giacomo dell’ospedale di Corveglia” («ecclesie S. Iacobi ospitalis de Curte Vetula"). Sorta presumibilmente durante la prima metà del XII secolo come canonica agostiniana in un’area di scarso popolamento, identificabile con un’antica corte donata nel 1001 da Ottone III a San Salvatore di Pavia, Corveglia deve il suo sviluppo alla collocazione presso la strada di collegamento Asti–Torino, in funzione della quale venne fondato il suo ospedale. L’insediamento è quindi in origine una corte agricola gestita da religiosi e pertanto le architetture maggiori dell’insediamento dovevano essere di carattere monastico. Il centro curtense controlla un vasto territorio agricolo ed è sufficientemente ricco da permettersi edifici di alto livello qualitativo (vedi campanile). Benché dal 1154 chiesa ed ospedale appaiano dipendere dalla diocesi di Asti, sappiamo da documenti di pochi decenni più tardi che da Corveglia dipendevano numerose chiese situate nella diocesi di Torino (Santa Maria di Lombriasco, poi ceduta ai Romagnano che intendevano fondarvi un ospedale, nel 1173, san Pietro di Carmagnola, Santa Maria di Cereaglio presso Poirino, San Martino di Cavallermaggiore, Santa Maria di Revigliasco, un ospedale a Chieri e Santa Maria di Rivetta presso Poirino) fatto questo che provocò liti secolari con il vescovo torinese che nel 1183 riconobbe tuttavia a Corveglia le sue dipendenze, contro il pagamento di un censo annuo. Ricca e potente grazie anche alle donazioni di facoltose famiglie astigiane (attestate nel 1193 e nel 1206) la canonica, formata da un preposito e da una decina di canonici, estendeva la sua influenza nella diocesi di Asti, fino alla chiesa suburbana di santa Margherita dei Quattro Ponti a cui era annesso un ospedale: nel 1279 infatti il preposito di Corveglia Guido ne nominava il rettore. Nel XIII secolo Corveglia è un priorato con le caratteristiche proprie di un centro agricolo di pertinenza vescovile; non diventerà però un villaggio seguendo l’evoluzione della maggior parte dei recinti castellani sopravvissuti al Medioevo, perché nel 1248 si inserisce come nuovo centro politico e territoriale la Villanova astense che polarizzerà lo sviluppo dell’altopiano. Nel corso del Duecento probabilmente la canonica era stata fortificata, il campanile doveva fungere da torre e le altre costruzioni chiesa o monastero erano scomparse, spogliate per la costruzione del ‘castello’. Il ‘castello’ ha solo funzioni di controllo del feudo pertinente e quindi prevalentemente agricole; a differenza di altre signorie rurale coeve il diritto di imporre tasse e i poteri giurisdizionali dei signori sono relativi solo alle persone risiedenti nella proprietà. ...
L’edificio è costituito dall’aggregazione ad un più antico campanile a base quadrata e di due corpi a manica semplice e pianta rettangolare su schema a ‘L’. Il corpo maggiore è disposto con l’asse longitudinale in direzione nord-sud e si sviluppa come il minore in tre livelli fuori terra. Il campanile-torre è l’elemento più antico, ascrivibile a fine XII-inizio XIII secolo. La pianta quadrata misura circa cinque metri di lato e si elevava in origine per circa 18 metri. Le membrature sono in buon laterizio cotto, ordito con regolarità. Gli spazi interni, un unico vano per livello, sono scanditi all’esterno dagli elementi decorativi. Si leggono attualmente sei livelli; i primi due, dal basso, sono voltati rispettivamente con volta a crociera e a botte a tutto sesto; gli orizzontamenti successivi erano in struttura lignea e sono in parte o completamente crollati. La decorazione dei fronti è costituita da una sequenza di monofore, bifore, trifore, una su ciascun lato con capitelli in arenaria decorati con motivi floreali semplici ed eleganti, su colonnine con piede pure in arenaria. I marcapiano sono costituiti da una serie di archetti pensili su peduccio, sovrastati da un bordo a dentelli orizzontali. La parte sommitale del campanile è in parte crollata. Il corpo principale (lato ovest) misura una ventina di metri di lunghezza ed è articolato su tre livelli. L’intera struttura è realizzata in laterizio ad eccezione di capitelli, peducci d’imposta e conci di chiave, che sono in arenaria. Numerose le aperture fenestrate in gran parte ascrivibili alle riconversioni barocche e recenti. Sono originali la porta di mezzeria del fronte ovest con arco acuto decorato in bicromia da conci in cotto ed in arenaria (dotata all’interno delle scanalature per la grata a scorrimento verticale) due piccole arcere a destra della stessa ed un’elegante bifora sul fronte nord, ornata da conci in cotto sagomato. Il corpo Est ha subito le maggiori trasformazioni. A sud-ovest del castello, indicata da un piccolo arco che regge una campanella, sorge la cappella del borgo: un edificio ad una sola navata con abside semicircolare. L’aula, rettangolare, è voltata con una coppia di crociere impostate sui muri d’ambito».
http://archeocarta.org/villanova-dasti-at-campanile-e-castello-di-corveglia
Cossombrato (castello dei Pelletta)
«Il nome del paese sembrerebbe derivare da curtis Embrandi, divenuto in epoca altomedioevale Corsembrando. Verso la fine del XIII secolo con questo nome si indicavano, comprendendoli, i due villaggi ubicati sul crinale della stessa collina tra il castello dei Pelletta, attuale Cossombrato ed il castello di Villa, detta poi San Secondo.Con le guerre contro Guglielmo VII del Monferrato, gli astesi ne fecero un caposaldo contro il Monferrato. Gli homines di Corsembrando si ribellarono nel 1296 costringendo i loro feudatari a fuggire. Nel 1304 fu distrutto il castello di Cossombrato e la stessa sorte toccò, l'anno seguente, al castello dei Pelletta. Nel 1311 i ribelli si accordarono con i loro feudatari e, ad opera degli homines sorse la Villa nova Sancti Secundi, mentre ai Pelletta venne riconosciuto il diritto di ricostruire il castello, tuttora esistente. Anche Cossombrato entrò a far parte, nel 1387 , dei beni dotali di Valentina Visconti, ma i diritti feudali vennero riconfermati ai Pelletta. Anche quando nel 1613 il paese entrò a far parte dei domini sabaudi, questa famiglia mantenne le prerogative feudali su castello e territorio. Il suo blasone, leone rampante colorato d'azzurro, figura oggi nello stemma comunale. Il castello - quello "inferiore" dei due un tempo esistenti - è un vasto edificio costruito ed ampliato a più riprese dai conti Pelletta: ne è derivata una serie di volumi edificati in secoli diversi, una "forma" difficile da cogliere nel suo insieme. La parte più "connotata" è un corpo semicircolare cui è addossata una torre rotonda, che in alcune parti risale al '300. Altre parti sono riferibili al '600 e al '700. Nel 1795 Gerolamo Pelletta lo fece in gran parte abbattere per costruirne uno più sontuoso. Del complesso fanno anche parte un corpo rurale ed una piccola cappella dedicata alla Madonna Addolorata. Dopo essere stato venduto dai Pelletta al cav. Faussone di Germagnano e da questi ai conti Bosco di Ruffino, è passato nel 1978 agli attuali proprietari. Attorno alla costruzione si estende il parco, con svariate essenze legnose assai curate. ...».
http://www.valrilate.it/fotogallery/71.html
«La Rocca è il centro storico di Costigliole d'Asti, paese dal passato antichissimo, come testimoniano toponimi quali "Burio", dall'insediamento preromano dei Liguri Eburiati, la piroga preistorica e la stele romana ritrovate lungo il fiume Tanaro. Costigliole compare per la prima volta nel 1041 in un diploma, quando l'Imperatore Enrico III conferma il possedimento a Pietro, vescovo di Asti. Per alcuni secoli Costigliole appartiene ad Asti, che nel 1198 concede la cittadinanza astese alla comunità. La miniatura del Codex Astensis, a testimonianza dell'atto di fedeltà, è la prima raffigurazione del castello. Costigliole rappresenta infatti un importante centro per la lotta contro il potente feudo di Loreto e i suoi Signori, i Lancia, fedeli lanciferi degli imperatori svevi e discendenti di Aleramo, fondatore del Monferrato (alleanza che si rafforza grazie all'unione di Federico II con Bianca Lancia, da cui nasce Manfredi). Nel 1255 Asti distrugge Loreto e i suoi abitanti si rifugiano a Costigliole. Nei secoli la storia di Costigliole è legata alle famiglie nobili degli Asinari di San Marzano, i Verasis, i Medici del Vascello e i Rorà, signori dell'imponente maniero a pianta quadrangolare contornato da quattro torrioni circolari. Nel corso del ‘500 divenne un'importante roccaforte militare; la sua configurazione attuale si deve all'opera di ristrutturazione dell'Ottocento. A quell'epoca vissero nel castello di Costigliole Filippo Asinari di San Marzano, plenipotenziario di Casa Savoia e fine conoscitore di viti che diede grande impulso alla viticoltura locale, e Virginia Oldoini, che sposò il conte di Castiglione e Costigliole Francesco Verasis, ambasciatrice del Piemonte a Parigi presso la corte di Napoleone III. Oggi il Castello è in parte di proprietà privata ed in parte di proprietà del Comune. Imponente anche il suo parco. Caratteristiche della visita. Il castello, a pianta quadrata con quattro torri angolari, è circondato da un ampio parco. Oggi ha l'aspetto di una signorile dimora settecentesca. Di particolare pregio, è lo scalone, opera di Filippo Juvarra, che varia a seconda del piano a cui si accede. Oggi è sede dell'ICIF (Italian Culinary Institute for Foreigners) dove cuochi da tutto il mondo apprendono i segreti dell'enogastronomia italiana».
http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=204
«Il castello esso sorgeva già nell'XI secolo, possesso e abitazione dei di Cunico, i Signori locali di ceppo longobardo. Il castello e la villa sono ricordati nel 1181, mentre qualche nno prima, nel 1169, è menzionata la Torre del castello di Coaningo con la casa murata. Il castello venne praticamente distruttonel 1613 quando iniziò la guerra di successione ai ducati di Mantova e di Monferrato tra i Savoia e i Gonzaga che durò ininterrotta per tutto il secolo XVII per concludersi nel 1708 dopo infinite distruzioni di castelli e torri monferrini. Del castello unico restano solamente i sotterranei, purtroppo non visitabili».
a c. di Federica Sesia
Ferrere d'Asti (Castelrosso, Castelvecchio)
«Anticamente esistevano due castelli poco distanti uno dall'altro. Il castrum vetus è ancora visibile e presenta una struttura rimaneggiata nel tempo, l'altro, denominato Castelrosso, fu radicalmente modificato nel '700 dall'architetto Filippo Castelli. La visita comprende il percorso naturalistico nel parco, il Castelrosso e le antiche cantine dell'antico castello, in cui si possono degustare gli ottimi vini della zona» - «Il paese, il cui nome allude alla fucina del fabbro, era in origine disseminato sulle colline. Probabilmente all'inizio del Trecento avvenne il trasferimento della popolazione nell'attuale concentrico, dove forse già sorgeva un fortilizio. A Ferrere infatti, a poca distanza l'uno dall'altro, esistevano due castelli: uno rimaneggiato e in parte abbattuto, è oggi adibito a scuola elementare, mentre il Castelrosso, fatto costruire nel 1660 dai signori di Ferrere, è oggi sede della casa di riposo per anziani».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=450 -http://www.monferrato.net/scheda/1/0/0000000087...
Fontanile (torre degli Ansaldi, mura)
«Nella prima metà del X secolo il paese venne saccheggiato dai Saraceni e in seguito, dal 950, iniziò la costruzione di un borgo fortificato che comprendeva un fossato e due ordini di mura difensive. L'ordine più esterno era a forma rettangolare e aveva quattro torri difensive, che portavano il nome delle famiglie più importanti di Fontanile. Queste mura erano inoltre munite di due porte con altrettanti ponti levatoi: Porta Soprana a Nord-Est e Porta San Giovanni Battista a Sud- Ovest. Fra le torri inizialmente presenti, solo quella Ansaldi esiste ancora oggi ed è ben conservata» - «è rimasta l’unica delle quattro torri tuttora presenti poste ai quattro angoli del primo ordine di mura costituite a rettangolo allungato, che proteggevano gli “Airali”, mentre una seconda cinta di mura, a protezione de “La Villa”, era delimitata da due porte risalenti al X secolo: la Porta Ottoniana e la Porta Maestra. Gli stipiti e gli architravi di queste due porte sono tuttora esistenti, anche se hanno subito notevoli modifiche nel corso del tempo».
http://www.comune.gamalero.al.it/Dintorni/percorso-storico.htm - http://www.comune.fontanile.at.it/web-comuni-new/dettaglio...
«In posizione dominante, l’imponente mole del castello ha conservato l’originale carattere di struttura difensiva, che per secoli ha controllato il transito nella valle sottostante. La strada di accesso si inerpica a tornanti tra le case del paese sino alla base della fabbrica, dove le arcate del versante meridionale, avvolgendo il terrapieno della sommità collinare, fungono da bastionatura. Dalla piazzetta, superata la prima barriera attraverso un portale sormontato da una torretta, si giunge in salita ai piedi della grande torre circolare, la quale con il collegato corpo dell’edificio a tre piani costituisce la parte più antica del castello. La torre, posta all’angolo ovest del maniero, presenta il coronamento seghettato e a denti di lupo; si può notare la sua merlatura ghibellina sormontata dal tetto; il suo interno ha il soffitto a cupola. Da qui, con un tornante a destra, ci si dirige poi all’ingresso al castello che era difeso da una sorta di portico fortificato munito di robusta grata, sormontato da archi policromi. Dopo il portico ed un selciato di mattoni, si accede all’atrio del castello da cui si può salire ai piani superiori tramite una scala oppure accedere al cortile, costruito su due diverse altezze separate da una balconata. Dal cortile inferiore si accede ai locali adibiti un tempo a magazzini sotterranei ed a cucine. Salendo dall’atrio la scala, sulla sinistra si vede la traccia di un arco medievale appartenente alla struttura più antica del castello, poi si giunge al primo piano. Di qui per un corridoio che attraversa tutto l’edificio girando attorno al cortile centrale, si giunge ad un salone decorato a stucchi e con lesene a capitello corinzio, probabilmente del XVII secolo. Dal corridoio si può accedere ad una serie di vaste sale; una di queste aveva la funzione di cappella durante il recente possesso dei Padri Giuseppini. Sul lato di levante un loggiato, il quale unisce i corpi di fabbrica sud e nord separati dal cortile, offre una splendida vista sul panorama delle colline e della Valle Versa. I vani, peraltro numerosi in ogni piano, non conservano purtroppo che scarse decorazioni. Alcune strutture sotterranee, formate da scantinati e gallerie di collegamento ed in particolare un pozzo irto di lance acuminate in cui venivano fatti precipitare ospiti indesiderati tramite una botola celata nel pavimento di una stanza, richiamano alla memoria antiche leggende e storie medievali. La chiesa parrocchiale, neogotica, fu collegata al lato orientale del maniero per permettere l’accesso diretto ai Signori di Frinco.
Il castello è da sempre stato proprietà dei vari feudatari di Frinco, nell’ordine Pelletta, Turco, Mazzetti, poi dei marchesi Incisa di Camerana i quali lo vendettero nel 1893 agli Oblati di San Giuseppe che lo adibirono a casa estiva per i propri studenti. Nel periodo della prima guerra mondiale i locali del maniero ospitarono dei prigionieri di guerra Austro-ungarici, i quali vennero utilizzati per ridisegnare il corso del torrente Versa che sino ad allora era tortuoso e provocava spesso alluvioni. Nel 1487 la Famiglia Mazzetti ottenne dall’imperatore del Sacro Romano Impero la concessione di coniare monete d’oro e d’argento con impresso il proprio stemma. Sembra però che soltanto dopo la seconda metà del secolo XVI abbiano usufruito di tale privilegio. La zecca di Frinco fu invece utilizzata spesso per falsificazioni da alcuni componenti della Famiglia Mazzetti, i quali ingaggiavano alle proprie dipendenze i migliori maestri coniatori e zecchieri quali Geronimo Spada e Giacomino, entrambi di Moncalvo, allo scopo di ottenere i massimi risultati. Le contraffazioni della zecca di Frinco coinvolsero il denaro circolante in vari territori italiani, francesi, spagnoli, svizzeri e tedeschi. ... Il barone [Ernesto Molart, barone di Reineck e di Drosendorf] non usufruì del privilegio di batter moneta e si liberò presto del lontano territorio di Frinco cedendolo al duca di Savoia nel 1614. Lo stesso duca Carlo Emanuele I, lo investì nuovamente ai Mazzetti, ma questa volta senza il privilegio di battere moneta. Nel 1992 il castello è acquistato dalla famiglia lombarda Pica Alfieri che tutt’ora ne detiene la proprietà». [Nel 2011 una frana ha messo a rischio la sicurezza del castello e delle sottostanti abitazioni. Il 5 febbraio 2014 una porzione importante del maniero è crollata sull’abitato, travolgendo la piazza della chiesa e la strada comunale].
http://www.astigiando.it/place/castello-di-frinco/
«La sua origine testimoniata dai muraglioni presenti nelle fondazioni risale alla fine del XIV secolo. Il Castello è stato testimone di lotte politiche ed economiche ed è appartenuto ad importanti famiglie :anticamente feudo dei Gorzano poi per metà dei Cavazzoni di nuovo dei Gorzano poi a seguire degli Isnardi dei Visconti dei Guasco dei Savoia dei Curbis dei Degenova Pettinengo dei Raggio. Oggi è sontuosa residenza privata ... il parco secolare ben 32.000 mq. Attraverso due viali laterali (da cui un tempo passavano le carrozze con i cavalli) ci si introduce al corpo centrale dell'edificio che racchiude una corte interna rialzata nei confronti del parco con al centro un pozzo e sui lati vialetti in ghiaia con siepi sempreverdi e prato all'inglese che rendono ancor più spettacolare l'impatto scenografico e fanno palpare la sensazione di entrare in un altro mondo senza tempo senza spazio in un contesto di supremazia sulla proprietà sottostante. Dall'ampio ingresso con un imponente scalone padronale si accede nell'incantevole salone delle feste rigorosamente affrescato e datato 1633 e l'arazzo seicentesco poggiato sulle pareti rivestite di seta pura ed il camino policromo con stemma nobiliare. Di forte suggestione la biblioteca anch'essa con volte affrescate e un camino in marmo bianco la sala rossa anch'essa con volte affrescate e un camino in pietra arenaria e la deliziosa sala da biliardo. Di grande fascino la Cappella gentilizia consacrata ancor oggi "attiva" con ingresso principale dal parco e la torre con vista sulle Alpi da sempre segno della potenza della famiglia che abitava il Castello».
http://www.esserci.com/dettaglio_file.php?id_file=3&codice=225&tipo_file=F&ln=I&dest=1
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