Sei in: Mondi medievali ® Castelli italiani ® Piemonte ® Provincia di Asti |
TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI ASTI
in sintesi, pagina 2
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
Fermando il puntatore del mouse sulla miniatura di ogni foto, si legge in bassa risoluzione (tooltip) il sito da cui la foto è tratta e, se noto, il nome del suo autore: a loro va riferito il copyright delle immagini.
= click image to enlarge / clicca sull'immagine per ingrandirla.
= click also image to enter / puoi entrare nella pagina anche cliccando
sull'immagine.
= click image to castelliere.blogspot / clicca sull'immagine per
castelliere.blogspot.
= click image to wikipedia / clicca sull'immagine per wikipedia.
Incisa Scapaccino (castello nuovo)
«Sulla piazzetta San
Giovanni si ammira un palazzotto novecentesco denominato Castello nuovo, in
stile neogotico, con portale e doppia fila di finestre di particolare
interesse».
http://www.comune.incisascapaccino.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Il-Castello-Nuovo&comune=Incisa...
Incisa Scapaccino (resti del castello medievale)
«Il castello d’Incisa è di origine piuttosto antica e fu sede dei marchesi di Incisa, signori molto potenti, i quali hanno avuto una parte di tutto rilievo nella storia della zona. Proprio per questo motivo, la fortificazione, nel corso dei secoli, fu al centro di numerosi episodi bellici. Secondo alcune fonti, l’origine del castello di Incisa risale probabilmente al XI secolo, anche se notizie certe si hanno soltanto nel 1161, quando viene acquistato da Alberto di Bonifacio Del Vasto, che ne acquisì il titolo marchionale. Incisa fu capo di un potente marchesato, i cui confini rimasero immutati per numerosi secoli. Esso si estendeva sui due versanti della valle inferiore del fiume Belbo, dalle alture di Vaglio, alle prime distese della pianura alessandrina, comprendendo tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo, il castello di Incisa, le terre di Vaglio, Cerreto, Castelnuovo, Betonia, Bergamasco e Carentino, nonché parte della Sezzadina, nella valle del Bormida ed i castelli di Montaldo, di Rocchetta Tanaro, Bruno, Fontanile, Mombaruzzo, Castelletto Molina, Ricaldone ed Alice. Il castello venne parzialmente distrutto alla fine del XIII secolo, e restaurato nel secolo seguente. Fu in parte nuovamente distrutto da una mina durante l’assedio avvenuto nel 1514 da parte del marchese Guglielmo del Monferrato. Il castello, nuovamente restaurato, andò in rovina durante le aspre guerre di successione del Monferrato, la fortificazione venne occupata sette volte tra il 1613 e il 1657, dai vari contendenti. La parte antica del borgo si trova alla sommità del colle che sovrasta il paese e vi si accede attraverso la quattrocentesca porta di Valcazara , che presenta un ampio arco centrale fiancheggiato da una minore posterla e forte strombatura. Qualche notizia sulla sua struttura e sulle opere che nel corso del tempo avevano reso famosa questa fortezza, ci pervengono da fonti documentarie del Quattrocento e in particolare da alcuni atti notarili conservati nell'archivio di Stato di Alessandria. Dalla loro consultazione si possono conoscere i nomi delle porte, i ponti levatoi, le mura, il fossato che le circondava, la chiesa dedicata a San Michele e le altre opere di difesa.
L'unità topografica medievale era costituita dal "castrum", il centro di potere dei marchesi d’Incisa, e dai due borghi, la Villa e le Ghiare che sorgevano attorno al nucleo fortificato protetti dalla cerchia di mura. Il castello di Incisa era protetto da un secondo ordine di mura e si ergeva sulla parte più elevata del colle a picco sulla sottostante pianura. Tra i due recinti correva la contrada "de barbacanis" (l’attuale Via Umberto I). Ai margini della contrada si affiancavano le umili abitazioni dei rustici e le "apoteche" che formavano, lungo il versante orientale del colle, la Villa i cui confini sono precisati nella rubrica XXXIII degli Statuti. Nella cerchia muraria esterna si aprivano tre porte: la porta dei Rota, dal nome delle famiglie che abitavano nei pressi, era all'estremità meridionale della contrada "de barbacanis" ove oggi si apre il “largo Artizia". La porta di San Giovanni, così detta dal nome del patrono della prevostura alla quale tendeva, si trovava alla estremità opposta della medesima contrada dove oggi vi è il piazzale intitolato al capitano di vascello L. Bezzi sul quale si affaccia il palazzo secentesco Beccaria Incisa. La Porta di Valcanzara, aperta verso la metà del secolo XV, fu costruita per dare una più comoda comunicazione al convento dei carmelitani fondato in quegli anni sul poggio che prospetta la valle del Belbo. Da qui dipartiva la seconda cinta muraria del borgo di cui rimane qualche traccia di mura, e in un tratto conserva una torre cilindrica sporgente da un bastione. Il "burgo Glarearum", che traeva il nome dalla vicinanza al letto del Belbo, occupava l'area posta a ridosso delle falde occidentali del colle. Era anch'esso cinto di mura interrotte da due porte: una nella parte superiore comunicante con la Villa e sormontata da una alta torre; la seconda, detta "subtana", dava comunicazione con la "ruata", la strada percorsa dai mezzi di trasporto su ruote. Le opere di difesa furono abbattute nel luglio del 1514 dal marchese Guglielmo di Monferrato che da tempo aspirava ad impadronirsi d'Incisa. Del castello medioevale non rimane che un moncone di torre alla sommità del colle; il materiale edilizio del distrutto castello venne riutilizzato per la costruzione di case civili, e nel 1732 per l'edificazione della chiesa parrocchiale».
http://www.comune.incisascapaccino.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Il-Castello&comune=IncisaScapaccino&des...
«Anche Loazzolo appartenne ad Aleramo - il mitico capostipite della marca che si estendeva per gran parte del Basso Piemonte - e fu dato in eredità a uno dei suoi figli. Di qui, di generazione in generazione, fu infeudato a Bonifacio del Vasto, poi ai Del Carretto, infine a Guglielmo di Busca. Le poche notizie storiche disponibili vengono desunte da alcuni documenti del Codex Astensis e sono relative ad atti di dedizione al comune di Asti da parte degli uomini di Loazzolo, dipendenti dai signori di Canelli, stipulati nel 1217 e rinnovati nel 1274, anno in cui il 4 di ottobre avvenne la reale presa di possesso del castello. Gli Astigiani erano particolarmente interessati a garantirsi un accesso sicuro al mare, per permettere ai loro mercanti di trafficare indisturbati senza pagare pedaggi ad Acqui o ai signori delle Alte Langhe, soprattutto dopo che Bonifacio di Ponti, forte del dominio esercitato su Roccaverano, impose uno stretto controllo sulle grandi vie di comunicazione che passavano nel suo territorio. Il castrum di Loazzolo serviva proprio allo scopo di difendere e proteggere la via - secondaria ma vitale - che scendeva in valle Bormida e poi risaliva sulla Langa di San Giorgio per scendere nuovamente a Spigno. Come d'usanza, il Comune di Asti diede Loazzolo in feudo a nobili locali ... Il castello fu abbattuto nel secolo XV. Sorgeva alla sommità della collina, a monte dell'attuale paese. Da alcuni testi di storici locali si deduce che agli inizi del Novecento c'era ancora qualche resto 'visibile da lontano per la sua torre mozza, avanzo di un diruto castello che fu dei Galvagno di Bubbio'. Oggi rimane solo una parte del muro perimetrale che non rende ragione della complessità e della posizione strategica di un edificio da cui era possibile ricevere o inviare segnalazioni a Vengore, Roccaverano, San Giorgio, Perletto, Monastero, Bubbio. ...
L'archeologia rivela a Loazzolo episodi inattesi. Il centro fortificato, fino al XIII secolo, non si trovava nel luogo attualmente occupato dal borgo, ma era arroccato su un caratteristico sperone roccioso a nord est del concentrico, singolarmente isolato e progressivamente eroso dall'azione congiunta di due piccoli corsi d'acqua. Il luogo si chiama ora Sant'Andrea ed è stato oggetto di una interessante campagna di scavo condotta nel 1994 dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte. Diversi tratti murali, che già da vario tempo si scorgevano tra la vegetazione dell'area sommitale del rilievo, erano oggetto di svariate supposizioni circa la presenza di un villaggio antico. Risulta inoltre di particolare interesse, in un documento del 1217, il fatto che esso venisse sottoscritto 'in castro Lovazolijs iuxta turrium', indicando così un preciso elemento topografico. Nella seconda metà del Duecento tuttavia si parla già di un castrum e di un castrum vetus, un fatto che si può interpretare come indicativo della contemporanea presenza di una nuova struttura fortificata accanto a una più antica. In questo momento si deve verosimilmente riconoscere l'avvenuta creazione del nuovo insediamento, cioè l'attuale paese, e il segnale del progressivo abbandono del precedente. La ricerca archeologica si è quindi orientata prioritariamente al recupero planimetrico delle strutture visibili e le operazioni di rilevamento, rese non facili dalla vegetazione, hanno permesso l'individuazione di numerosi tratti murari che sembrano descrivere un piccolo villaggio di circa 8500 metri quadrati».
«In epoca medioevale, il territorio di Maranzana era controllato dai marchesi di Incisa. Nel 1180 il marchese Del Bosco stipulò un patto d’intesa con Alessandria, ricevendo in feudo parte del territorio alessandrino e, luogo di grande importanza strategica, il feudo di Maranzana. Nel 1221 il feudo di Maranzana divenne proprietà degli Astigiani che, giurando fedeltà ai vescovi, ricevettero in cambio il territorio. Dopo intricate ed alterne vicende, nel 1477 parte del feudo passò agli Occimiano e nel 1590 Antonio di Biandrate divenne feudatario del territorio. Questi, nel 1634, aliena il castello di Maranzana a Filippo Caresana la cui famiglia, pochi anni dopo, passò il possesso alla famiglia Ghilini i quali, a loro volta, nel corso del XIX secolo cedettero la proprietà ai Pozzi. Oggi, il blocco principale del castello è suddiviso in due proprietà private che lo utilizzano come abitazione. Il castello di Maranzana è ubicato all’interno del concentrico del paese, ed il complesso costituisce un valido esempio di costruzione fortificata e s'impone per la grandiosa e austera struttura muraria, alleggerita da alcuni elementi di qualità architettonica e decorativa. È caratterizzato da una grande cinta muraria d'importanza protettiva e strategica, prospettante la vallata del torrente Cervino a nord-ovest e aprendosi ad est verso il concentrico, mediante un ponte che anticamente era "levatoio" e che ancora adesso permette l'accesso al castello. Da questo lato le mura si chiudono attorno all'antica torre (preesistente al corpo del castello) che ripete nei suoi fregi, a dente di sega, i motivi ornamentali su tutto il perimetro delle mura che dominano la piazza centrale. Alla fine del XVI secolo risultava intorno al ricetto una fossa in cui stagnavano le acque piovane. La maestosa costruzione ha conservato alcune parti importanti, malgrado i rimaneggiamenti eseguiti nel corso del tempo, fra le quali: l'imponente torre quadrata che presenta alla base una muratura a scarpa e in alto un bel fregio, a dente di sega; il grande fabbricato che s'innesta sulla torre con andamento ad angolo ottuso; il tracciato delle cortine (circa due metri di muratura) e la bella torre angolare circolare, anch’essa decorata a denti di sega, ma, purtroppo rimasta vittima di una manomissione, riguardante una loggetta ricavata nella sua parte superiore, ottenuta distruggendo il coronamento e la merlatura. A Maranzana, come anche in altri castelli monferrini, è interessante far notare una costante caratteristica: la compresenza di torri quadrate e tonde nello stesso maniero. L'alternanza di torri tonde e quadre nei castelli della zona non è quasi mai una casualità, ma si può affermare, con tranquillità, che si tratta di uno stile di costruzione ben preciso, che consiste nell'edificare, generalmente, le torri ad angolo in forma circolare, mentre, il mastio o comunque la torre sovrastante l'ingresso in forma quadrata o rettangolare. Tale particolarità si presenta raramente in altre Regioni d'Italia».
Marmorito (resti del castello dei Radicati)
«Avvolto nel verde del Monferrato, immerso in un'atmosfera antica ed affascinante, sorgeva il Castello di Marmorito, del quale oggi possiamo ammirare i resti delle mura che sovrastano il paese in prossimità della Chiesa dell'Immacolata. Il castello risale al X secolo e fu di proprietà dei conti Radicati, di conseguenza fu legato alla sorte degli altri castelli di proprietà della famiglia nobiliare; subì vari attacchi da parte delle potenze straniere interessate al Marchesato del Monferrato e, nel corso del 1600, durante la Guerra di Successione per lo stesso Marchesato, fu semidistrutto dall'esercito spagnolo. ... Curiosità: per la costruzione della Chiesa Parrocchiale di Aramengo pervennero laterizi ed altri materiali da un distrutto castello dei Conti Radicati, probabilmente proprio quello di Marmorito. Oggi restano le mura diroccate avvolte dall'edera, e c'è ancora chi, di notte, giura di sentire il suono delle catene di un fantasma solitario».
http://www.comune.passeranomarmorito.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=4f71e0ec-f870-4b35-9cf7-459db...
Moasca (castello Pacherano-Secco Suardo)
a c. di Federica Sesia
Mombaldone (borgo, resti del castello dei marchesi del Carretto)
«Immerso nei calanchi, come un´oasi in un deserto di tufo ingentilito dalle ginestre, Mombaldone è l´unico borgo della Langa Astigiana ancora cinto delle mura originarie. Passeggiare per la sua unica via centrale, da cui si dipartono vicoletti e passaggi, archivolti e cortili, significa compiere un percorso della memoria, un viaggio a ritroso nel tempo. Il colore dominante è il grigio delle case e l´ocra dei muretti a secco, ravvivato di tanto in tanto dal rosso dei vecchi coppi piemontesi lasciati affiorare in abili restauri. L´antico borgo castellano, di carattere medievale, ancora ben conservato, è sorto in epoca romana in prossimità del percorso della via Aemilia Scauri, tratto della più famosa via Julia Augusta che dalla ligure Sabazia (Savona) immetteva ai varchi per la Padania. L´abitato si snoda in due settori separati dal castello, oggi in rovina. Le unità edilizie, caratterizzate da strutture medievali, offrono particolari costruttivi in pietra arenaria, dai davanzali alle finestre, dai portali (alcuni con stemma carrettesco) ai voltoni. Molte sono le facciate in pietra a vista (pietra serena e pietra di Langa). L´impianto urbanistico è semplice: a schema lineare servito da un´unica strada maestra, lastricata in ciottoli e sternìa. L´abitato è rafforzato verso la valle da forti muraglie difensive. Partendo da via Cervetti, si può ammirare la Porta d´ingresso al ricetto, ad arco acuto, intatta nella sua forma di origine medievale. Essa costituisce l´accesso al borgo antico, il cui agglomerato a stesura lineare con asse sulla strada maestra è ricco di residenze di impianto rinascimentale, rimaneggiate, abbellite o ripristinate tra la metà del Seicento e i giorni nostri. Sulla piazza Umberto I, epicentro del borgo, convergono le maggiori emergenze monumentali. La prima è l´Oratorio dei SS. Fabiano e Sebastiano, edificato sul fossato del castello nel 1764, su disegno di Pietro Barozzi, e restaurato nel 1995-1997: l´ampia e sobria aula, con decorazioni del 1883, ospita attualmente convegni, mostre, riunioni, manifestazioni culturali e musicali. La seconda è la Chiesa parrocchiale di S. Nicola, costruita a pianta esagonale nel 1790, sempre sul fossato del castello, opera di Giovanni Matteo Zucchi: l´interno custodisce tele secentesche (fra cui alcune di Giovanni Monevi) e un gigantesco organo realizzato dai torinesi Fratelli Collino nel 1885.
Oltrepassata la piazza, la strada s´inerpica verso la sommità più elevata del borgo, dove il paese si disperde nella campagna. Si fiancheggia ciò che resta del Castello (XIII-XIV sec.), parzialmente demolito nel 1637. Al centro del Castello si erge una torre quadrata, ora poco più che un rudere, diroccata non solo dal tempo e dall´incuria ma anche per volontà nobiliare. Fu, infatti, il marchese Aleramo del Carretto, alla cui famiglia fin dal 1209 fu concessa l´investitura del feudo di Mombaldone, a donare nel secolo scorso parte delle pietre della torre per consentire l´ultimazione del tratto di ferrovia che collega Mombaldone a Spigno. I discendenti dei Del Carretto sono ancora oggi insediati nel Castello: non dominano più sugli abitanti, ma vegliano amorevolmente sulla conservazione del borgo e della sua identità storico-culturale. In via Roma, infatti, tra il muraglione del Castello e l´oscura Portiola - un antro sorretto da volte in pietra a vista che metteva in comunicazione la strada maestra con la ripida discesa in fondo alla quale stava, vicino al fiume, l´abbeveratoio dei cavalli pronti ad essere cavalcati in caso di fuga precipitosa - si trova il palazzo detto la Fortezza. Il massiccio edificio con esterni in pietra a vista, documentato già nel 1209 e a più riprese rimaneggiato, dal 1981 è sede dell´Aldilà, un ristorante di richiamo internazionale, dove la marchesa Gemma Del Carretto conduce i suoi ospiti in affascinanti saloni d´atmosfera illuminista con arredamento "giuseppino" e "teresino", quindi settecentesco. E la storia nobiliare della famiglia è qui ingrediente irrinunciabile. Tralasciando il borgo, di moderno insediamento, formatosi a partire dal 1870 intorno alle costruzioni ferroviarie della linea Acqui-Savona, si può cercare, a nord del ponte sul Bormida, il vecchio Molino di Mombaldone (XVI-XVII sec.). L´antica costruzione ha nei secoli assicurato la sopravvivenza alla comunità locale, ma è ormai priva delle originarie attrezzature».
http://www.borghitalia.it/pg.base.php?id=4&cod_borgo=716
Mombaruzzo (palazzo Pallavicini)
«Bell'esempio di palazzo nobiliare del sec. XVII che ha conservato integra la struttura; è spoglio di arredi, ma ha conservato affreschi e decorazioni al piano nobile. Costruito tra il 1635 e il 1645, rappresenta l’unico caso di autentica villa genovese in stile seicentesco in terra astigiana. Proprietà e simbolo delle Tenute Damiano, il palazzo domina il paese di Mombaruzzo. Nato come fulcro del potere feudale dei marchesi Di Negro Pallavicini sulla signoria di Mombaruzzo, il castello è rimasto nelle mani dello stesso casato per più di tre secoli, sino a quando, nel 1977, la famiglia Damiano l’ha acquistato insieme a gran parte delle proprietà fondiarie. I grandi saloni voltati del piano nobile conservano ancora i pavimenti originali in cotto e gli importanti e raffinati affreschi databili tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Al pianterreno, invece, vi è la bella cucina settecentesca, raro e perfettamente conservato esempio di ambiente aristocratico adibito alla preparazione dei cibi. Da sempre chiuso e segreto agli occhi degli stessi abitanti del paese, solo entrando a far parte delle Tenute Damiano il palazzo ha aperto le sue porte al pubblico. Oggi è spesso cornice austera e affascinante di mostre ed eventi culturali e sociali di carattere locale. In collaborazione con il Comune di Cassine vi si svolge una parte del Corso di danza medievale, con la realizzazione dell’evento finale aperto al pubblico».
http://www.lecollinedelmare.it/index.php?option=com_content&view=article&id=40:palazzo-pallavicini-sec-xvii-mombaruzzo...
«La torre (sec. XII) rappresenta probabilmente il nucleo più antico del paese. Fu dotata, in epoca medioevale, di un complesso orologio meccanico, con pesi che scorrevano fino alla metà della sua altezza. La funzione originaria era quella di consentire, tramite segnali luminosi, le rapide comunicazioni con le altre torri di avvistamento, tra le quali anche quella di Casale Monferrato».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=1699
Mombercelli (resti del castello)
«Nel 1125 anno in cui per la prima volta viene citato in un documento, Mombercelli faceva parte della contea di Loreto. Ma si tende a ritenere che la sua fondazione sia da collocare in epoca longobarda. Verso il Mille, questo centro assai dotato di strutture fortificate, estendeva il suo dominio anche sulle terre di Malamorte (Belveglio) e Vigliano. Nel 1160 il comune di Asti strinse con Mombercelli, che gli aveva giurato fedeltà, un'alleanza militare e provvide ad edificare una propria torre nel recinto del castello. Durante le lotte tra guelfi e ghibelli Mombercelli fu teatro di vicende sanguinose. prima con la conquista del paese ad opera di Martino Alfieri, poi con la riconquista astigiana accompagnata da spoliazioni e massacri. Nel 1342 si afferma, sull'Astigiano, il dominio di Galeazzo Visconti. Ma Mombercelli, con altri centri vicini, non venne compreso nei beni dotali concessi a sua figlia Valentina e finì direttamente nell'orbita del ducato milanese: vi doveva rimanere per oltre tre secoli, fino al 1736 quando passò nei domini sabaudi. Come "feudo imperiale" poté a lungo beneficiare di alcuni privilegi che furono alla base della sua fortuna commerciale. Di estrazione milanese era anche la famiglia che dal 1538 e per secoli, dominò il castello del luogo: i Maggiolini, in comproprietà con i Bellone e gli Asinari di Bernezzo. ...» - «L'antico Castello, posto sul colle che domina il concentrico, è ridotto ad un insieme di possenti ruderi: si osservano gli imponenti muraglioni di sostegno e contenimento della rocca fortificata, al culmine della quale rimangono i resti del mastio».
http://www.comune.mombercelli.at.it/web-comuni-new/dettaglio... - http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages...
«Un documento del 1161 parla del castello che sorgeva al culmine del Bricco di San Giovanni, descrivendolo come una costruzione dotata delle più moderne difese dell'epoca. Quel primo castello forse sorgeva a monte dell'attuale, anch'esso sul Bricco San Giovanni. Da quel lontano 1161 il castello, insieme con il feudo di Monale, passò nelle mani di vari proprietari, seguendo le alterne vicende della storia. Fu dei Montenatali, del vescovo di Asti, del Comune di Asti (a cui lo assegnò il Barbarossa), passò ai Gardini, fu teatro delle lotte fra ghibellini e guelfi e subì la distruzione ad opera di questi ultimi. Il feudo fu restituito ai Gardini nel 1309 e il castello fu riedificato dagli Asinari, che ne erano entrati in possesso. Una parte del feudo apparteneva anche agli Scarampi, ricchi banchieri astigiani, ed essi, quando nel XVI secolo il feudo venne frazionato in ventesimi, ne conservarono a lungo la quota maggiore. Nel 1796, soppressi i feudi, gli Scarampi rimasero proprietari del castello; l'ultima Scarampi sposò un Malabaila di Canale e la loro figlia, erede del castello, lo portò in dote al conte Carlo Gani di Genova; ancor oggi il castello appartiene alla famiglia Gani. Il castello in mattoni, massiccio, su pianta ad "U", è circondato da un giardino cintato, in parte pianeggiante, ricavato nel XVII secolo spianando un versante della collina sulla quale è stato costruito. La merlatura bifida, che orlava cortili e torri, è stata otturata da un sopralzo, ma è ancora ben visibile su tutto il lato sud ed in altre zone. Ben conservato è il doppio fregio a denti di sega, che corre sotto la merlatura lungo le facciate sud ed est e che costituisce motivo peculiare di questa ed altre costruzioni della zona. All'interno sono ben conservate le cantine, i sotterranei e le pitture di alcuni soffitti di epoca relativamente tarda (a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo)».
«Fu costruita dai guelfi a difesa del territorio, sotto al distrutto castello, in modo molto primitivo e rudimentale, con assi e fascine, anche per interrompere i contatti fra i Signori di Monale e i ghibellini Pulsavino, proprietari del castello di Castellero. La Bastita, il cui nome significa "Castello del basso sito", divenne proprietà dei Gardini, padroni anche del vecchio castello; nel 1378 ne entrarono in possesso gli Asinari; nel 1382 Luchino Scarampi, commerciante e banchiere astigiano, residente a Genova e presta denaro del re di Aragona e Catalogna, acquistò una parte del feudo di Monale e la Bastita stessa. Nel 1500 il feudo fu frazionato in ventesimi, dei quali gli Scarampi mantennero la quota maggiore. La Bastita, portata in dote da una Scarampi ai Conti Malabaila di Canale, venne venduta ai Galvagno, famiglia d'importanti giuristi e proprietari terrieri del luogo. La figlia di Filippo Galvagno sposò Desiderato Chiaves, autore drammatico e uomo politico, prima Deputato, poi Ministro dell'Interno e Senatore del Regno d'Italia; ancora oggi la Bastita appartiene alla famiglia Chiaves».
«Il fiume si insinua fino a pochi metri dalla torre meridionale del castello, a dimostrazione che l'edificio non nasce a scopo difensivo bensì, evidentemente, come corpo abazziale. In origine monastero era composto dalla torre campanaria, dalla chiesa (due colonne dai capitelli romanici si vedono ancora trasformate in fontana in uno dei cortili) e da un corpo di fabbrica corrispondente più o meno all'attuale perimetro interno del cortile, dove si notano piccole finestre medioevali a tutto sesto, probabili punti luce delle celle monastiche. Il primo intervento importante di cui si abbia notizia certa risale agli anni 1394 1405, quando i marchesi Antonio e Galeotto Del Carretto sostengono ingenti spese per fortificare il paese. è presumibile che in quell'occasione sia stata operata la più profonda trasformazione dell'edificio, mutandone sostanzialmente la forma. Il risultato attuale si raggiunge però solo dopo rimaneggiamenti barocchi e rinascimentali, non tali comunque da stravolgere nei caratteri fondamentali la linea tardo-trecentesca conferita dai Del Carretto. L'edificio si colloca attualmente nella piazza inferiore del paese, alla quale si può accedere salendo per una caratteristica alzata a ponte (il Puntet), attraverso una delle porte di ingresso della antica cinta muraria; la piazza mantiene ancora in parte l'antica pavimentazione in pietra fluviale. Il prospetto est è composto da una serie di strutture coordinate costruite in epoche diverse, tra i quali spicca una loggetta rinascimentale a due arcate con colonnina centrale in pietra. Il lato ovest, sulla piazza della torre, presenta, a coronamento del muro, una sottile parete a mattoni pieni con fregio geometrico in rilievo in basso. La facciata principale rivela invece una completa rielaborazione seicentesca, fregiata da imponenti lesene di gusto barocco.
Di qui, attraverso un ampio porticato con volta a crociera (sulla destra si vede ancora l'arco gotico che costituiva l'ingresso originario), si penetra nel cortile interno dell'edificio, dominato dal doppio scalo ne che, a sinistra per chi entra, porta al complesso di terrazzi del primo piano, dove si aprono diverse porte d'ingresso, tra cui una, murata, sicuramente trecentesca. L'interno - visitabile in estate in occasione della rassegna Castelli aperti - è una successione di ampie camere con pavimenti a mosaico e soffitti a vela e a crociera di cui alcuni affrescati a motivi floreali e geometrici o con figure femminili, talvolta mitologiche. Il secondo piano è raggiungibile attraverso due diverse scale: una principale a duplice rampa, che conduce all'appartamento, oggi abitazione privata nella parte meridionale; l'altra, secondaria, che partendo da un angolo del terrazzo del primo piano porta alle torri e al sottotetto del blocco nord. I sotterranei, raggiungi bili da varie entrate direttamente aperte sul cortile interno, sono caratterizzati dalla fusione di elementi architettonici diversi, fra i quali comunque risaltano le pavimentazioni e i soffitti a crociera della fine del XIV secolo. Di particolare rilevanza nel complesso architettonico è la torre. Giunta fino a noi in ottime condizioni, ha però rischiato alla fine del XVIII secolo la demolizione perché bisognosa di profondi lavori di restauro. Alta 27 metri, presenta su tutti i lati quattro ordini con fregi e archetti pensili, in mattoni i due inferiori e in pietra quelli superiori. In alto si aprono due ordini di finestre con arco a tutto sesto, di cui quelle inferiori in conci bicolori. Merita anche un cenno la parte sotterranea recentissimamante restaurata in cui si possono ancora vedere i resti di un mulino e del basamento di un torchio».
http://www.comune.monasterobormida.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=il-castello&comune=monasterobormida...
Moncalvo (resti del castello Marchesi del Monferrato, palazzi, mura)
«Di un'opera fortificata, tenuta da signori locali, si ha notizia dal 1133; alla fine del secolo questa passava interamente in mano ai marchesi di Monferrato che ne fecero la loro principale residenza per buona parte del sec. XIII. Dopo il 1309 i Paleologi si trasferirono a Chivasso, ma il castello di Moncalvo continuò ad essere abitato dai famigliari, e rimase comunque una delle più importanti opere difensive del marchesato per ancora due secoli. L'abbandono e la progressiva demolizione iniziarono nella seconda metà del '600. Nonostante esistano molte attestazioni circa la grandiosità di questo complesso, non rimangono in concreto che poche e tardive descrizioni, un incisione dei primi anni dell'800 di cui sembra perso l'originale e i frettolosi schizzi del Rovere eseguiti nel 1849. A queste fonti iconografiche possono essere affiancate le descrizioni scritte fatte dal Saletta e dal Casalis; mentre numerosi accenni contenuti in documenti medievali e nelle storie più antiche si riferiscono a vari ambienti degli edifici residenziali o ai particolari del sistema difensivo. Il nucleo originario dell'íntero complesso dovrebbe localizzarsi lungo il lato est della cortina, sull'area che una carta del 1878 indica col termine "masso"; in realtà la parte emergente della grande massa rocciosa che fa da base al castello. Essa costituisce la peculiarità fondamentale di quest'opera fortificata, giacché tutti gli ampliamenti successivi si sono avvalsi di questo elemento naturale sia per formare il terrapieno che per riempire la muratura della cinta difensiva. L'assetto finale del complesso aveva definito uno sperone roccioso, separato dalla città con un taglio nella roccia davanti al lato sud, organizzato in due alti gradoni di cui l'inferiore era collegato con le mura urbiche (a questo livello erano la chiesa e la porta del soccorso), mentre il superiore era chiuso da ogni lato da mura con torri angolari. Scomparsi da tempo tutti gli edifici costruiti sui due terrapieni, e riempito il fosso del ponte levatoio non rimangono che parti delle due cinte. Tuttavia anche i pochi resti visibili fuori terra rivestono un grande interesse documentario per l'eccezionale, qualità del manufatto, nonchè per le ben più numerose informazioni che potrebbe fornire se solo potesse essere studiato coi metodi dell'archeologi».
http://www.provincia.asti.it/hosting/moncalvo/piantina/castello.htm
Moncucco Torinese (castello dei Grisella)
«Il castello di Moncucco, così come si presenta ora, risale ai secoli XIV-XV, ma porta su dì sé i segni evidenti di ampliamenti e modifiche del XVIII e del XIX secolo. è un edificio grandioso ancora recintato da solide mura. Una torre di notevoli dimensioni sporge da una delle fiancate, mentre una seconda è posta al centro dell'edificio, come raccordo fra le due maniche del castello. Esso domina il paese e da esso si può ammirare un magnifico paesaggio che dalle colline del Monferrato si estende alle colline del Piemonte meridionale e a quelle torinesi, a Superga e all'arco alpino. La prima attestazione dell'esistenza del castello di Moncucco è contenuta in un diploma imperiale del 5 ottobre 1164. In esso l'imperatore Federico I confermava al marchese di Monferrato una lunga serie di possedimenti già nelle sue mani, fra cui appunto il castello di Moncucco. Signori del luogo fra XII e XIV secolo furono gli avvocati del vescovo di Torino. Essi si occupavano di proteggere gli interessi vescovili in campo civile e con tale incarico li troviamo presenti ad importanti avvenimenti della storia piemontese di quel periodo. Nel '200 nacquero in questo castello due cavalieri templari: i fratelli Nicolao e Iacopo. Il primo fu arrestato e processato nell'isola di Cipro; il secondo ricoprì la carica di Gran Precettore d'Italia dell'Ordine del Tempio. A partire dalla seconda metà del '200 i Signori di Moncucco si trovano ad essere via via sempre più assoggettati al Comune di Chieri, col quale nel 1258 venne stipulato un patto di alleanza. Il legame con Chieri fu seguito, fra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, da un periodo di instabilità politica al termine del quale Moncucco si ritrovò a fare parte del marchesato di Monferrato fino al 1631 quando, in seguito al trattato di Cherasco, entrò a far parte del ducato di Savoia. La Chiesa di Torino continuò però a possedere diritti su Moncucco e concesse investiture ai Della Fraita (1303) e ai Balbis (1345).
Nel 1413 l'imperatore Sigismondo confermò il possesso di Moncucco ai Marchesi di Monferrato che nel 1442 diedero il feudo ai Solaro di Chieri. La giurisdizione ed il possesso del castello vennero poi suddivisi in terzi. Uno di questi terzi nel 1490 fu alienato alla famiglia nobiliare casalese dei Grisella, che nel corso di fasi successive acquistò anche le altre porzioni del feudo. Essi mantennero la propria giurisdizione su Moncucco fino alla metà del XVIII secolo. Ad essi subentrarono, attraverso complesse vicende altre famiglie nobiliari. Nel 1662 un terzo del feudo fu ceduto dai Grisella a Tomaso Luigi Scarampi di Monale dal quale passò nel 1736 a Eleonora Margherita di Saluzzo Scarampi, baronessa di Cardè e contessa di Moncucco e Monale, che nel 1748 lo cedette ai Carron di San Tommaso, marchesi di Avigliana. Con l'estinzione della linea principale di questa famiglia nel 1794 Moncucco fu infeudato a Tommaso Solaro di Govone. Alla sua morte, avvenuta nel 1822, il castello passò alla nipote Tommasina. Quando nel 1837 essa morì il castello passò alla famiglia del marito, il conte Luigi Melano di Portula. Nel 1855 venne acquistato dall'Amministrazione Comunale, cui tuttora appartiene. In esso hanno sede attualmente le Scuole dell'infanzia e primaria statali, il Museo del Gesso (in cui sono illustrate le fasi di lavorazione e l'impiego del gesso nell'architettura rurale del Basso Monferrato fra XVI e XIX secolo)».
http://www.comune.moncucco.asti.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=167fe578-e5c7-4be3-9074-06ab0e283415&comune...
«Forse fu la famiglia di Mondonio a voler la costruzione di un castello in questa località. E secondo la tradizione orale, già alla fine del 1100 sulla collina di Mondonio esisteva soltanto una fortificazione, mentre il villaggio restava situato nel fondo accanto alla chiesa di Raseto. Pertanto la situazione geografico-politica in un certo periodo del Medioevo risultava essere la seguente: Mondonio e Pino retti da Signorie locali, poi assoggettate ai marchesi del Monferrato, confinanti con la contea di Cocconato retta dai Signori di Radicata, alleati anch'essi dei Monferrato e con Castelnuovo, legato alla Repubblica di Asti. Ben si comprende quindi la posizione difensiva in cui doveva trovarsi il nostro feudo di confine, tanto da doversi provvedere alla costruzione di un forte castello. Dai pochi resti pervenuti fin a noi, possiamo ipotizzare che Mondonio era cinto da almeno due cerchia di mura, entro cui sorgeva il castello con più torri e una cappella. Una porta di accesso al secondo recinto era situata, secondo il De Canis (nella sua Corografia Astigiana, 1814), poco prima dell'attuale forno. Così come un profondo fossato cingeva il maniero, seguendo il suo letto le vie di S. Rocco, Cavallone, Turco, confluendo poi nell'attuale piazza Balbo precisamente in un grosso stagno, che fino alla metà dell'800 si poteva ancora vedere. Un'altra torre doveva sorgere ove adesso si trova il terrazzo della casa parrocchiale ed un'altra nei pressi della casa detta del Piasset a fianco del campo da bocce.
Poche sono le vestigia del campo tramandateci: una parte di un muro di costeggio al castello in via Cavallone, le fondamenta della casa parrocchiale, in cui sorgono, dalle sue cantine, frammenti di una torre e diverse parti su cui è fondato l'attuale castello tra cui poderose mura con feritoie e antiche finestre. Vi è poi la torre a fianco del castello, situato proprio sul punto più alto del paese, costruita, secondo alcuni, nella prima parte del 1160. È una torre di vedetta che forse serviva anche per segnalazioni. Essa non ha alcun accesso esterno ma solo due finestre e diverse feritoie; vi si arriva attraverso un sotterraneo collegato con il cartello oggi del tutto impraticabile. Innumerevoli sono i pozzi e i cunicoli, alcuni mattoni, che popolano la cima del colle. Chissà dove portano tutti questi sotterranei? Certamente qualcuno dava accesso in aperta campagna unica via di uscita e di salvezza, quando il castello fosse stato cinto d'assedio. E sappiamo che molte volte Mondonio fu messo a ferro e fuoco dai suoi nemici. Uno dei bastioni che controllava la prima cinta muraria era situato al fondo di via Giunipero, nel luogo detto "cortile dei Peila". Ed un altro, di configurano le fattezze, era sito in cima di via S. Rocco. Data questa approssimativa ricostruzione, appare che Mondonio doveva presentarsi in quei tempi come un forte castello con torri, spalti, bastioni che certamente diedero del filo da torcere agli attaccanti. La quasi totale distruzione di questa fortificazione si ebbe sul finire del 1400».
http://www.comune.castelnuovodonbosco.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=70466877-5977-486...
«La struttura urbana di Montabone è ancora quella del ricetto medioevale fortificato, con l'accesso difeso da una robusta porta urbica ad arco - che costituisce oggi, dopo i restauri, un gentile e suggestivo invito all'ingresso nel paese la via centrale costellata di edifici in pietra e, alla sommità, un vasto spiazzo vagamente circolare, attualmente destinato ad attività ludiche e ricreative e a giardino pubblico, dove aveva sede il probabile castello, di cui si sono perse le tracce. Dalla planimetria catastale si può comunque supporre la presenza di una possente e ben difesa piazzaforte, che dominava sulle valli del Belbo, della Bormida e del torrente Bogliona. Delle costruzioni accessorie, su una via nei pressi della piazza, resta l'antico pozzo comune, preceduto da un portico delimitato su tre lati da arconi in pietra a tutto sesto. Tra le belle case padronali di cui è ricco il paese, con eleganti murature in arenaria, tetti in coppi, balconi fioriti e angoli pittoreschi, spicca la parte antica dell'attuale edificio comunale (tutto il lato verso la strada è invece opera recente). Qui sono conservati begli esempi di volte, scaloni e camini edificati in diverse epoche dal tardo Medioevo al Settecento, tra cui il monumentale camino della sala consigliare con cappa decorata da stucchi in gesso e, in alto, un'arme gentilizia dei signori di Montabone» - «».
Montaldo Scarampi (resti del castello)
«A testimonianza dell'esistenza del castello di Montaldo è rimasto in piedi solo più un piccolo pezzo di muro. Durante gli scavi eseguiti a mano gratuitamente dai Montaldesi si scoprirono, per tutta la lunghezza dell'odierna piazza Romita (nel 1928), le salde fondamenta dei muri del nostro castello che si congiungevano ai resti del muro ancora in piedi. Erano fondamenta molto spesse in mattoni cementati da calce durissima che opponeva una dura resistenza allo sgretolamento dietro ai forti colpi di piccone. Dalle annotazioni manoscritte a lato di una immagine, tratta questa da una esposizione fatta a Roma dai Savoia, risulta che il nostro castello venne costruito fra il 700 e il 740. Esaminando l'immagine [la prima in alto] risulta che il nostro maniero aveva ai suoi angoli quattro torrioni merlati. Anche dalle testimonianze di chi visitò il nostro castello poco dopo che gli squadroni di cavalleria spagnola lo distrussero, risulta che la rocca di Montaldo era "assai forte e ne facevano ancora fede i suoi bastioni che allora ancora esistevano ed occupavano tutta la vetta del colle". Il marchese Del Vasto attesta che nell'anno 1000 il castello di Montaldo era il migliore tra i tanti castelli da lui posseduti. Aveva bastioni possenti, molto estesi, alti e di lassù si poteva ampiamente sorvegliare le valli circostanti, le strade che le ripercorrevano e i castelli dei comuni vicini. Dal 740, data in cui si asserisce che sia nato il nostro castello, all'anno 1000 intercorrono 260 anni. Di tale periodo mancano testimonianze. ...».
http://www.comune.montaldoscarampi.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=87ef5c31-b9aa-4707-ac0e...
Montechiaro d'Asti (fortificazioni, torre Civica)
«La creazione del locus novus di Montechiaro d’Asti, documentata da un manoscritto del 1200, fu patrocinata dal Comune di Asti. Il paese sorse lungo la dorsale dello spartiacque tra la Valle Versa e la Val Rilate, di cui l’asse principale del borgo, l’attuale via Roma, segue con precisione l’andamento. A protezione del borgo furono costruite le alte mura che si intravedono ancora oggi nelle pareti di alcune abitazioni lungo piazza del Mercato, sul lato settentrionale del centro storico, nonché in numerosi altri punti del paese. Il percorso delle fortificazioni si può seguire lungo Via Vittorio Emanuele III, via Gerardi e piazza del Mercato. Nelle mura si aprivano tre porte in direzione dei tre borghi circostanti preesistenti: Piesenzana, Mairano e Maresco. La porta settentrionale, quella verso Mairano, corrisponde all’attuale Torre civica; essa rappresenta ancora oggi il principale ingresso pedonale del paese. Le fortificazioni costruite a difesa del paese, più volte riadattate nel corso del Medioevo, sono ancora leggibili e riconoscibili in diversi punti seguendo l’andamento ad anello di via Vittorio Emanuele III, via Gerardi e piazza del Mercato. Su quest’ultima piazza si affaccia la Torre civica, costruita a protezione dell’antica porta settentrionale: l’attuale percorso pedonale di accesso al borgo conduce alla base della Torre, dove si apre il suggestivo passaggio coperto che conduce alla piazza principale di Montechiaro d’Asti, Piazza Umberto I. è probabile che l’ultimo tratto in salita, prima del passaggio sotto la Torre, fosse assicurato da un ponte levatoio. Il bastione che sostiene il fianco della Chiesa parrocchiale di Santa Caterina, all’estremità nordoccidentale del borgo, conserva tra i laterizi alcuni conci di arenaria scolpiti con motivi ad intreccio caratteristici dello stile romanico. A livello del sagrato, il muro di mattoni è attraversato da due cornici a denti di sega. Negli edifici circostanti, oltre alla ripresa delle cornici, sono conservate parti delle murature medioevali. Di particolare pregio è, in questa parte di mura, una superstite finestra a sesto acuto con profilo modanato.
Su Piazza Umberto I si affaccia il Municipio, alloggiato in un’antica casa-forte costruita a ridosso delle mura e fiancheggiata da una torre. Quest’ultima, detta Torre dell’Orologio, ospita alla sua base la porta di Mairano, uno dei tre accessi medioevali al paese. Oggi l’antica porta costituisce il suggestivo ingresso pedonale del borgo. Il lato occidentale della piazza è costituito dal fianco della Chiesa di San Bartolomeo che si affaccia su via Piesenzana. Su Piazza Umberto I si svolgono le principali funzioni civiche, religiose e sociali della comunità. Piazza del Mercato, caratteristica piazza sottomuro, fiancheggia per un lungo tratto le mura a nord-est del borgo. Lo spazio accoglie da molti anni le partite di tamburello a muro, sport assai praticato nel Monferrato Astigiano. Oggi ospita, anche, fiere e manifestazioni. Dell’antico paese fortificato rimangono ancora oggi evidenti tratti di muraglia e di bastioni che circondano e sostengono il nucleo abitativo più antico. Sull’angolo sud-ovest dell’abitato l’accesso alla via principale, nella parte più alta del paese, è assicurato da una rampa e da una scala che, inerpicandosi sui bastioni, porta alla bella terrazza adiacente il sagrato della Chiesa di Santa Caterina. La zona a sud del nucleo originario, sviluppatasi a gradoni lungo il versante, ha inglobato l’antico profilo delle mura. Più in basso rispetto al recinto originario è stato eretto un muraglione ad archi, i caratteristici voltoni, che regge l’alto terrapieno. Di fronte alla piccola Chiesa di Sant’Anna, lungo via Roma, un piccolo piazzale allestito sopra gli antichi bastioni permette di apprezzare l’estendersi delle colline in direzione nord-est, verso la Valle Versa. Sulla sommità della collina prospiciente si erge la Chiesa barocca di Sant’Antonino. Un po’ più distante, sulla sinistra, s’intravede il boschetto nel quale sorge la Chiesa romanica di San Nazario con il suo alto campanile. Al di sopra dei Voltoni che reggono la parte sud del paese corre via Petratti, tipica strada sopramuro, che costituisce un interessante punto panoramico dal quale si può apprezzare l’andamento delle colline che costituiscono la Val Rilate».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/MONTECHIARO.pdf
a c. di Federica Sesia
Montemagno (borgo, Casa sul portone)
«Gli edifici costruiti sugli stretti vicoli del nucleo originario hanno ballatoi lignei a graticcio in aggetto, di retaggio tipicamente medievale. Essi caratterizzano in modo peculiare i vicoli e sono gli elementi tipicizzanti l’architettura civile locale. ... L'ultimo esempio di portale di accesso delle cinta muraria, risalente probabilmente al XIV secolo. All'interno della Casa sul Portone è visitabile la mostra documentaria permanente che illustra i lavori di recupero del fabbricato. L'ingresso è gratuito» - «Si tratta dell'ultima porta esistente della cinta muraria, risalente probabilmente al XIV secolo. Il fabbricato, di proprietà comunale, consta di più ambienti rimaneggianti in epoche successive. Nel tempo la "casa sul portone" ha assunto funzioni diverse: ha ospitato una scuola, il macello comunale e nella seconda guerra mondiale le prigioni. Al piano interrato conserva una cantina ed un ambiente forse adibito a cisterna. La muratura esterna evidenza un pregevole fregio in cotto. L'insieme delle sale sarà utilizzato sia come sede di rappresentanza del Comune sia come centro culturale polivalente».
http://www.comune.montemagno.at.it/web-comuni-new e ss. - http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=1898
Montemagno (castello dei Conti Calvi di Bergolo)
«Se si osserva Montemagno dall'alto, non può sfuggire l'andamento irregolare del colle su cui svetta la possente mole del maniero. Verso l'anno Mille, quando il territorio era ancora coperto da estese boscaglie muoveva i primi passi la vicenda storica e umana della Comunità di Montemagno. Il nucleo più antico del paese si organizza su un grande colle (Montemagno) intorno ad un primo luogo fortificato, infeudato ai Marchesi di Monferrato. L'impianto medievale, unico nel Basso Monferrato, ancora oggi ben visibile: dalla prima fortificazione, poi divenuta imponente castello coronato da merlatura ghibellina, si dipartono a raggiera dodici vicoli chiusi dai resti delle mura a disegnare il "recinto vecchio". In base a fonti documentarie si ritiene che la storia del castello abbia le sue origini intorno al 981, quando ancora la sua struttura si limitava ad un mastio circondato da un muro e da un fossato. Dal 1164 il castello è di proprietà del Marchese del Monferrato, in conseguenza di una donazione effettuata da Federico Barbarossa. Nel 1269, durante la guerra di Asti contro il Marchese del Monferrato, il castello viene parzialmente distrutto, e nel 1290 è totalmente raso al suolo. In seguito il castello passa di mano in mano a causa di successioni, vendite e permute. Nel 1700 è avvenuta l'ultima trasformazione del castello che, in parte, lo ha mutato in elegante dimora di campagna, circondata da un parco terrazzato: il castello ora è di proprietà della famiglia Calvi dei Conti di Bergolo» - «Osservato dall' esterno, il castello rivela chiaramente le strutture più antiche e le successive opere di ricostruzione. I muri della scarpa, in alcuni punti altissimi, per assecondare l'elevarsi del terreno sul quale poggia l'edificio, sono, in gran parte, ciò che rimane del primitivo castello che doveva essere un fortilizio più che una residenza signorile. Venne poi la parziale ricostruzione al principio del secolo XIV, e ne fan fede le belle finestre ad arco acuto, con il giro policromo, in cotto e tufo alternati, secondo l'uso astigiano, e la ricchissima e ampia fascia di corona, che si ripete anche in cima alle torri, nella quale predominano un giro di archetti pensili e più strisce di scacchi, e gli altri fregi in cotto, eseguiti con cura, a fogliami e viticci, e parte della merlatura, a coda di rondine. Gli architetti settecenteschi aprirono le finestre rettangolari, costruirono i balconi, rifecero, imitando, ciò che era crollato, e sistemarono l'interno. Superato il ponte levatoio, che sovrasta un profondo fossato, siamo nell' atrio e la settecentesca prospettiva che ci si presenta, non priva di pregi e di eleganza, lascia un po' interdetti, poiché la visione dell' esterno ci aveva proiettati in un ambiente ben diverso, più maschio, più severo. ...».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03... - http://www.comune.montemagno.at.it/Web-comuni-new...
Montiglio Monferrato (castello)
a c. di Glenda Bollone e Federica Sesia
«Il nome originale Muratianum Astensium, assegnatogli dai latini, venne successivamente modificato in Moransengum, dopo l'insediamento, intorno al 700 d.C., di un villaggio di popolazioni di origine longobarda. Non si sa nulla dei primi secoli del Medioevo; è comunque certo che sia stato un feudo del Vescovo di Vercelli. Nel 1164 Federico Barbarossa confermò il dominio del marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato. Fino agli inizi del ‘700 la storia del luogo rimarrà legata alle vicende della signoria di Montiglio. In cima a un alto colle sorge il Castello, di antica origine; nel 1680 fu acquistato dal mercante Carlo Andrea Galiziano che assunse il titolo di Conte, e la sua discendenza rimase a lungo padrona del paese. Nel 1704, in seguito all'assedio di truppe francesi che saccheggiarono il paese e incendiarono il castello, il nucleo abitativo si sposò verso l'attuale parrocchiale e il Castello subì radicali trasformazioni che lo portarono ad assumere l'attuale aspetto di residenza signorile, oggi destinata ad abitazione privata. Il maniero, costituito da due corpi uniti ad angolo, di altezza diversa, presenta la parte più interessante nella facciata principale, preceduta da un doppio scalone. Recentemente, l'attuale proprietà ha compiuto un sapiente restauro, destinando parte dell'interno a collezione di opere d'arte contemporanea e il parco a cornice naturale di eventi culturali».
Nizza Monferrato (palazzo Comunale, torre)
«Il Palazzo Comunale è situato in Piazza Martiri di Alessandria o Piazza del Comune, di impianto rettangolare. Il Palazzo Comunale è un imponente edificio, datato intorno al XIV-XV secolo, che, fin dalle origini, ha assolto la funzione di luogo di riunione dei vertici governativi del territorio. Il corpo dell'edificio è a due piani, ciascuno dei quali possiede quattro finestre, con ornamento superiore costituito da una lunetta ad arco. Al di sotto, un larghissimo porticato interno, evidenziato dalla presenza incisiva di quattro archi, sostenuti da quattro grossi pilastri. Tra le due finestre centrali del primo piano, unite da un'austera balconata in ferro battuto, si staglia lo stemma della Città, modellato in argilla. L'intero complesso ha una facciata in mattone naturale. La più importante attrazione sulla piazza, è però, l'antica torre campanaria del Municipio, conosciuta dai nicesi come "el Campanon" ("il Campanone"). Un'altissima realizzazione in muratura, a base quadrata, contenente, nella fascia inferiore, due ampie finestre ad arco, rifinite con stucchi, ed, in quella superiore, un orologio a sfondo bianco, con numeri romani, ed una spaziosa apertura per le campane, che riprende, con il suo arco, in maniera più ricca e completa, lo stile delle precedenti. L'architettura termina con una zona di cinque monofore per lato, sovrastate da una grande merlatura guelfa».
Nizza Monferrato (palazzo Crova di Vaglio)
«Nel centro di Nizza Monferrato si trova questo palazzo, chiaro esempio di residenza nobiliare de XVIII secolo. Progettato dall´architetto Giovanni Battista Nicolis di Robilant, esso presenta una facciata in mattoni dotata di uno stretto porticato a livello strada. All’interno si possono ammirare antichi stucchi e affreschi, oltre che importanti scalinate in pietra che conducono ai due piani superiori. All'esterno, sul lato nord del fabbricato, vi sono fregi con raffigurazioni vegetali e antropomorfe, che fungono da marcapiani e da ornamenti per le finestre. Il prospetto est rappresenta la facciata principale del palazzo, suddivisa in una fascia inferiore di portici con dieci pilastri, e in una superiore, nella quale si alternano finestre incorniciate da lesene e sovrastate da timpani e lunette. Recentemente Palazzo Crova è diventato sede dell´Enoteca Regionale, della Biblioteca Civica, della Condotta Slow Food delle Colline Nicesi e dell´Ufficio Turistico».
Nizza Monferrato (palazzo De Benedetti)
«Di fronte al palazzo comunale, si trova un'altra storica e prestigiosa costruzione: palazzo De Benedetti, appartenente al XVIII secolo. Si presenta come una residenza con un piano ammezzato ed altri tre effettivi, la cui facciata principale è suddivisa in tre fasce orizzontali. In quella inferiore spicca un portone in legno lavorato, mentre ciascuna delle quattro porzioni laterali ad esso (due per lato), distinte con lesene montanti, a bande orizzontali, ospita una porta ed una finestra del semipiano in alto. A livello del primo cornicione si allunga un bel balcone con parapetto in marmo traforato, e ciò apre la vista alla seconda fascia centrale, con- tenente due piani, con rispettivi balconi minori. La sezione superiore è scandita, invece, da 11 finestrelle ad arco. Recentemente, al corpo centrale dell'edificio è stata aggiunta la parte destra, ricostruita secondo le originarie linee architettoniche. Il palazzo ha quindi riacquistato la sua forma armonica».
Olmo Gentile (castello e torre)
«In Olmo si erge ancora il castello, lasciato in stato di abbandono per diverso tempo ma ora in via di restauro; almeno fino a un secolo fa era abitato dalle famiglie Chiesa e Cortina. Si compone di due parti nettamente distinte: la torre e l'abitazione vera e propria. La torre quadrangolare, in pietra arenaria, risale probabilmente al secolo XII e presenta caratteri molto simili a quelle di Vengore e di Visone. Alla sommità sporgono, su quattro lati, dei massicci supporti lapidei, che verosimilmente servivano a sostenere un ballatoio ora scomparso. La parte residenziale invece fu voluta nel 1681 dal vescovo Gozzani in fuga da Acqui, che ne fece poi la sua dimora abituale. All'interno, prima dei radicali restauri, si vedevano ancora tracce di affreschi sullo scalone e su alcuni soffitti - un bel camino e dei pavimenti in pietra squadrata. L'antica porta di accesso al borgo fortificato crollò nel 1951 (restano visibili gli attacchi della costruzione al muro del castello), mentre nella parte posteriore verso l'attuale via Piave vi è una casa cosiddetta 'della servitù', ristrutturata nel 1818 e abitata fino al 1970».
http://www.comune.olmogentile.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=torre-e-castello&comune=olmogentile...
Passerano Marmorito (castello Radicati)
a c. di Federica Sesia
«Il castello di Piea d'Asti vanta origini estremamente antiche; La prima citazione di Piea risale al 832 mentre del suo "castrum" fa menzione il papa Anastasio in una bolla del 1154; nel 1199 i primi signori, i De Playa, che si insediano a Piea diventano cittadini astesi; ma il rapporto con il Comune di Asti che si stava gradualmente espandendo nel contado diventa a loro sfavorevole Nel 1206 Guglielmo di Piea giura fedeltà vassallatica ad Asti; alla fine del Duecento una parte del castello forse spettava al Comune di Montechiaro; il feudo di Piea risulterà pertanto frammettato in più parti fino al 1372 , anno in cui il feudo di Piea verrà suddiviso tra Piea e iconti Roero. Finalmente dopo il 1434 Ludovico Roero alleatosi con il marchese Paleologo di Monferrato riuscirà ad impossessarsi di Piea ottenendo così l'investitura di tutto il feudo. Nel 1436 Conradino Roero riesce a recuperare il maniero ed a restituirlo al vescovo. Il castello torna così ad un unico signore nel 1473 quando ne viene investito Percivalle figlio di Conradino. Nel 1687 a seguito delle aspre battaglie il castello appare in cattive condizioni fino a quando dopo varie contese tra i Savoia e la Santa Sede il conte Carlo Roero dà inizio ai lavori di restauro il maniero perderà a mano a mano il suo aspetto austero di vera roccaforte per tramutarsi in palazzo gentilizio "dimora di loisir" a quest'epoca risale la realizzazione della sfarzosa '"Sala da ballo" ossia Salone Galliari e delle sale auliche attigue. Agli inizi dell'Ottocento passerà per via ereditaria al marchese Faussone di Clavesana e in seguito a fine Ottocento diviene proprietà dell' illustre famiglia genovese dei Bombrini; attualmente il castello è residenza privata e sede prestigiosa di un museo d'arte antica. Di notevole pregio artistico gli affreschi datati 1762 ad opera dei celebri pittori Bernardino Fabrizio e Giovanni Galliari maestri del "Trompe l'oeil", un'imponente scalone d'entrata realizzato su un progetto del famoso architetto Filippo Iuvarra ed importanti lampadari di Murano impreziosiscono gli eleganti ambienti. Grandioso l'impianto dei parterres di giardino all'italiana che adornano il parco secolare e la spettacolare fioritura di 40000 bulbose ogni primavera nel mese di aprile in occasione della ormai celebre manifestazione floreale de "Il Narciso Incantato"».
http://sito.castellodipiea.com/cenni-storici
«Sulla sommità del colle, circondato dalle case del borgo, si eleva il Castello, testimone del passato. Edificato probabilmente nel secolo XIII, subì, con il trascorrere del tempo, molti interventi di ristrutturazione che ne modificarono l'aspetto, fino a quando, nel 1944, fu assoggettato al vincolo posto dalle Belle Arti che vieta arbitrarie trasformazioni. Le sue antiche mura custodiscono i ricordi di nobili famiglie tra le quali, con certezza, ricordiamo i Radicati, gli Avogadro, i Miroglio, i Frejlino, gli Scozia. Privato dell'imponente torre circolare, che un tempo lo caratterizzava, oggi il Castello si presenta con la sua facciata settecentesca, intonacata di recente, che cela il resto della costruzione di impianto medioevale. Agli inizi dell'800 l'avvocato astigiano De Canis così descriveva il castello di Pino: in due convien dividere il castello: il più vecchio, ossia i residui del primo, non consistono che in un vecchio dongione a foggia di torre quadrata e in vari edifizi irregolari fabbricati in diversi tempi e di niun uso fuorché a riporvi le derrate, i vini del conte Freilino che colà possiede dei tenimenti di beni; quello poi delli Scozia, tolta una vecchia rotonda torre merlata ed avente nel suo fondo un tetro carcere o piuttosto un trabocchetto, è di moderna struttura e fabbricato in diversi tempi; ivi sono competenti alloggi mobigliati nei quali vedonsi delle tavole di buona mano, ivi tengono abitazione quasi annuale gli Scozia».
http://www.comune.pinodasti.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=07f75aa6-84ec-415c-9bd6-0e8248d8b757&comune...
Portacomaro (ricetto, bastione)
«Caratteristica saliente di Portacomaro è il suo Ricetto, risalente al X-XI sec., luogo fortificato e racchiuso da mura edificato per proteggere le case, i magazzini, i granai e gli edifici più importanti del paese. Per secoli il Ricetto è stato il rifugio degli abitanti in tempo di guerra, il centro del potere religioso e civile, l'ombelico del paese. A Portacomaro il piano degli edifici del Ricetto risulta sopraelevato di una decina di metri sul livello della piazza Marconi. Il Ricetto è stato infatti ricavato mediante parziale taglio della cima della collina, successivamente rivestito da muri in mattoni, ed è quindi costituto da un blocco di tufo compatto su cui sono stati costruiti numerosi edifici; altri locali sono stati parzialmente scavati nel tufo (p. es. il Torrione) oppure semplicemente addossati. Un tempo il Ricetto non era circondato da un giro completo di mura; il terrapieno inoltre esercitava una notevole pressione sui muri ed erano all'ordine del giorno crepe, rigonfiamenti e crolli. Molti documenti del Comune dimostrano che lavori di consolidamento, di rifacimento e di ampliamento dei muraglioni erano frequenti ed in effetti l'opera non si presenta affatto organica e omogenea. Mappe dell'inizio del XVII mostrano le mura interrotte nei punti dove la collina presentava fianchi scoscesi e rive boscose che costituivano di per se stesse una sufficiente difesa. In particolare il muro era interrotto in corrispondenza del fondo del gioco del pallone, più o meno all'altezza della fine delle scuole e nel tratto che gira sotto la chiesa prima dell'abside. In questo punto un breve tratto di una decina di metri è ancora oggi privo di costruzioni e presenta l'aspetto che doveva avere secoli addietro. Le mura non hanno mai avuto un fossato di difesa, malgrado il nome antico di Piazza Boè, detta "al Fossà" (il fossato) possa trarre in inganno. Il fossato in questione era una vasca di raccolta dell'acqua piovana che occupava il lato della piazza a ridosso del muro, essa però ben lungi dall'avere una importanza difensiva era soltanto un punto di raccolta delle acque di scolo ed utilizzato come abbeveratoio per il bestiame. Il fossato venne ricoperto verso la metà del secolo scorso per il rischio le epidemie di tifo che la presenza di acqua stagnante e poco pulita comportava ...
Sulla piazza, ingentilita al centro da un giardinetto con fontana, si affacciano la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo ed il Municipio. Il terzo lato è occupato da case di privati, mentre il lato verso le mura è libero e costituisce una splendida terrazza panoramica sulle colline del Monferrato. Sul Ricetto si trovano anche la canonica, l'oratorio, l'edificio scolastico con le scuole elementari e medie, una costruzione che probilmente un tempo era una torre, poi convertita in carcere mandamentale e successivamente in serbatoio dell'acquedotto ed una serie di case di privati. Dietro al Municipio c'è la chiesa dell'Annunziata o chiesa "dei Batì". Facendo il giro delle mura si notano due altri accessi al Ricetto, costituiti da ripide scalinate. Una poco prima dell'abside della chiesa parrocchiale porta nel vicolo che va verso le scuole, l'altra in cima alla breve salita che porta a Via Durando porta invece sull'angolo della canonica. La seconda, quella che porta alla canonica, è la più antica, anche perché via Durando era un tempo un sentiero che portava ad una cappella ora scomparsa ed alla località San Michele dove un tempo sorgeva un castello chiamato Castel Guelfo o Castel di Gioan Grasso Verde (dal nome del feudatario) che vigilava sulla valle dei Berruti dove passava la via che, nel Medio Evo, portava da Asti a Casale. Il castello, caduto in mano di truppe mercenarie nel 1414, venne riconquistato e distrutto dal governatore di Asti Lodovico di Montegaudio per impedirne ogni possibile futura riconquista. Vestigia delle fondamenta di una torre a base quadrata ed un tratto di cunicolo che forse la collegava al Ricetto sono stati rinvenuti durante l'impianto delle vigne che ricoprono la collina».
http://www.comune.portacomaro.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=e8c25c3c-ce6f-43f4-91f9-43bf68077ccb&comune...
Primeglio (resti del castello)
«Del Comune di Primeglio si hanno cenni nelle cronache fin dal secolo XII; in seguito la sua storia politico-sociale si legò a quella di Passerano e della famiglia Radicati, da cui nacque il ramo "Conti di Primeglio", tuttora esistente. In tempi più recenti, da Comune autonomo con Schierano, nel 1929 Primeglio è stata accorpata a Passerano, allora sotto la provincia di Alessandria. Successivamente, quando il 1° aprile 1935 fu ricostituita la provincia di Asti, Passerano con le sue frazioni venne assegnata a quest'ultima. In quegli anni contava più di 200 abitanti ed usufruiva di servizi propri come, ad esempio, la scuola elementare. ... Il Castello, di incerta datazione, permane di proprietà dei Radicati fin dopo gli anni Venti, epoca in cui viene ceduto ad un imprenditore locale che, oltre a restaurarlo, ha ingrandito la parte sinistra, dotandola di un loggione, e modificato la torre medievale in torre con merli ghibellini. Negli anni '50 venne venduto ad una famiglia americana, per poi essere ceduto all'attuale proprietario negli anni '80. Attualmente si presenta in ottimo stato, con un parco ben curato nel quale spicca un antico e maestoso cedro del Libano».
Refrancore (complesso fortificato del ricetto, torre campanaria)
«Recentemente identificato negli edifici circostanti la chiesa di San Martino, alla sommità del centro storico, il nucleo fortificato è databile agli inizi del XV secolo. Le antiche strutture, in gran parte ancora visibili, mostrano un piccolo insediamento di circa 65x40 m. con cinta fortificata costituita dagli stessi edifici. La torre-porta e l'edificio accanto ad essa diventeranno, alla fine del Cinquecento, la chiesa parrocchiale con annesso campanile» - «La torre. Simbolo del paese, si erge sulla piazza IV Novembre e rappresenta ciò che rimane dell’antica chiesa campestre di San Sebastiano, sede della confraternita omonima. La torre campanaria è alta oltre venti metri e presenta una lieve pendenza verso l’abitato sottostante. San Martino. Si erge alla sommità della collina, nel cuore del ricetto quattrocentesco. L’edificio è affiancato dalla massiccia torre-porta del borgo fortificato, trasformata a inizio Seicento a campanile. La chiesa fu eretta alla fine del XVI secolo in sostituzione di una più antica, anch’essa intitolata a san Martino, probabilmente situata nei pressi del castello, e rimaneggiata nel corso dei secoli. Ora sconsacrata, è stata oggetto di restauri volti a conservare l’intero sistema delle volte, del presbiterio e delle cappelle».
http://www.comune.refrancore.at.it/Home/Guidaalpaese/tabid/20391... - http://www.editris2000.it/pdf-agende/AGENDA%20refrancore.pdf
«Poco lontano dal paese [Montiglio Monferrato], si trova la frazione Rinco. La piccola borgata è di una bellezza unica. Praticamente ogni casa è curata nei minimi dettagli, con particolari costruttivi in cotto che solo la mano di un artista ha potuto creare: alternanza di cordoli, bugnati, decori, elaborate fenestrature aggettanti sulla strada, cornicioni. Il tutto fa da corona ai resti del ricetto, ad una torre quadrata, lunga e stretta ed un castello magnifico con pianta ad “U”, eretto nel medioevo ma ristrutturato ed ampliato nei secoli successivi che nel tempo non ha certo perso il suo fascino e trova, nella cornice del piccolo borgo, la sua giusta valorizzazione. ... Il comune di Rinco fu soppresso nel 1916 e unito a quello di Scandeluzza. ... Le prime carte medievali di Rinco risalgono al 981 con la presenza dei signori di Rinco di stirpe germanica. Nel 1164 Federico Barbarossa riconobbe Rinco come facente parte del dominio del marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato. Il castello-palazzo seicentesco fu costruito dal capitano dell’esercito Monferrino Giovanni Domenico Mazzola nel 1640 e questi divenne il primo conte di Rinco. L’ultimo conte fu il Generale Cesare Lomaglio che non avendo discendenza, adottò un suo parente stretto lasciandogli la sua fortuna, ma non ebbe mano felice. Attualmente la proprietà del castello è di una società che ne ha ricavato 18 appartamenti ristrutturati e destinati a casa-vacanze» - «La torre quadrata che svetta su Rinco ha origini intorno al 1300; la bella residenza è del 1646 come il palazzo a fianco, il quale fu ristrutturato attorno a metà '800. Attualmente questo palazzo è divenuto una sorta di residenza con molti recentissimi appartamenti ed ha un bel parco. Il maniero appartenne durante la sua storia a nobili famiglie quali i Castelletto, i Deati ed i Pallio. Il castello ha subito varie ristrutturazioni a causa di saccheggi e distruzioni».
http://www.comune.montigliomonferrato.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu... - http://www.valleversa.it/castello/index.htm
«La storia antica di Roatto, a differenza di tanti altri comuni dell' Astigiano, sembra non sia mai stata interessata da episodi bellici: non si ha alcuna documentazione, infatti, delle vicende del suo castello che, senza scosse, si è trasformato in residenza signorile, seguendo un modello di sviluppo che ha interessato numerosi fortilizi astigiani. L'assenza di atte stazioni documentarie significative ha impedito di risalire con certezza all' origine del suo toponimo,che l' Oliveri (1965) farebbe derivare da rubus, rovo, o da "ruà", cioè borgata. Il Castello appare oggi profondamente trasformato: dall' aspetto massiccio e robusto, si caratterizza per la torre semicilindrica che sporge parzialmente da un edificio minore, ricavato forse da una parte del complesso originario. Circondato da un piccolo parco con alberi ad alto fusto, non manca tuttavia di un suo fascino, favorito senza dubbio dalla suggestiva posizione collinare. Venne costruito in epoca imprecisata dai Montafia, discendenti del conte di Vercelli, Manfredo, signori di Roatto, Maretto, Tigliole, Montafia ed altri luoghi ancora. ...».
http://www.mepiemont.net/paesi/prov_at/roatto.html
«La località risulta infeudata da prima dell' anno Mille ai Radicati di Cocconato: costoro detennero il dominio del paese per un lunghissimo periodo di tempo, pur cedendo talora (ad esempio nel XIV secolo) l'alta sovranità ai marchesi di Monferrato. Alla fine del XVI secolo essi, sottomettendosi ai Savoia, conservarono tuttavia i propri diritti feudali e li mantennero fino al principio dell' Ottocento allorché, morto il conte Eustachio Radicati, passarono per eredità ai Nicolis di Robilant. Sulla sommità del colle, circondato dall'abitato di Robella, sorge l'imponente Castello, a pianta irregolare, probabilmente di origine trecentesca, ma ampiamente rimaneggiato fra il XVI e il XVIII secolo per adattarlo a residenza signorile. È preceduto da uno scenografico scalone a due rampe ed è sormontato da una torre su cui Carlo Bernardo Mosca, autore della scalinata, eresse nel 1823 una incastellatura in ferro destinata ad ospitare una specola. Intorno al castello vi è un ampio parco. con grandi viali e piante di pregio. Nei pressi dell'ingresso al maniero è situata la Parrocchiale di San Giacomo apostolo, di antica fondazione ma più volte rimaneggiata».
http://www.mepiemont.net/paesi/prov_at/robe.html
Rocca d'Arazzo (palazzo Cacherano)
«Il paese si trova in posizione dominante rispetto alla Valle del fiume Tanaro su di un'altura che fiancheggia la sponda destra del fiume a pochi km dal Parco Naturale di Rocchetta Tanaro. Già citata in documenti del 999, Rocca era una delle principali fortezze dell’astigiano, ruolo che mantenne sino al 1644, quando venne smantellata dagli Spagnoli. Il Palazzo Cacherano è un grande palazzo costruito a cavallo dei secoli XVII e XVIII dai conti Cacherano, dal 1882 sede del municipio» - «Il palazzo, già dei signori Cacherano della Rocca, notevolmente modificato nei secoli, è attualmente sede del comune. Nello stesso edificio sono ospitati la biblioteca comuale e l'ufficio postale. All'interno si possono ancora ammirare lo scalone di ingresso ed alcuni saloni».
http://www.astiturismo.it/it/content/rocca-d’arazzo - http://www.comune.roccadarazzo.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu...
Roccaverano (resti del castello, torre)
«Si sono conservati alcuni resti del castello (del 1204) e la torre alta quasi 30 metri, con una circonferenza di 26,50 metri e lo spessore del muro alla base di oltre due metri. La sommità è adorna di tre ordini di archetti pensili, sorretti da semplici mensoline, e ogni ordine è sormontato da un motivo ornamentale a denti di sega. La torre presenta un’apertura all’altezza di oltre sette metri, forse collegata da una galleria a volta al secondo piano del palazzo. A ponente c’è un’altra piccola porta che immetteva al primo piano, di più difficile interpretazione per l’assenza di casi analoghi in Piemonte. Il materiale usato per la costruzione è la pietra arenaria, squadrata in blocchi regolari disposti con ordine in file orizzontali. L’elevazione della torre e la sua solidità si giustificano sia come punto di riferimento per i castelli vicini, sia come valido strumento difensivo: all’interno di essa partiva, per i casi disperati, un sotterraneo che conduceva all’aperto. Fra la torre e il muro superstite del castello oggi si estende un parco, ma dal piazzale antistante la facciata si coglie abbastanza bene l’effetto che doveva rendere l’accostamento del massiccio palazzo a pianta rettangolare, lungo e stretto, alla torre cilindrica che lo sovrastava. Il muro rimasto non presenta porte d’accesso, ma soltanto finestre, che ne interrompono la compatta struttura: al piano superiore si aprono sul vuoto tre bifore archiacute con colonnina centrale, sovrastate da cornice in pietra: inferiormente quattro feritoie denunciano l’uso in prevalenza militare del castello. I recenti restauri hanno consentito una fruizione turistica globale dell’edificio, con la possibilità di salire sulla torre e la creazione di una balconata in legno in corrispondenza del primo piano del castello, che permette di affacciarsi alle bifore per una veduta d’insieme e sopraelevata della chiesa parrocchiale e della piazza».
http://archeocarta.org/roccaverano-at-torre-del-castello-e-torre-di-vengore/
Rocchetta Palafea (torre, mura)
«Le prime notizie storiche certe risalgono al 960, quando sicuramente doveva già sorgere un imponente castello nel sito attualmente occupato dal borgo, castello che le poderose mura ricavate nei fianchi della collina lo rendevano una fortezza inespugnabile. L'importanza strategica del luogo è tale che l'imperatore Oddone si preoccupa di redigere un diploma con cui dona ai Colombo di Cuccaro numerose località, tra le quali Calamandrana e Rocchetta Palafea. Ben presto tuttavia si estese anche sul contado il dominio della Chiesa di Acqui, che riuscì a scalzare l'autorità dei conti di Acquesana e a farsi concedere, il 30 giugno 1116 dall'imperatore Enrico V, la giurisdizione su vari territori compresi tra il fiume Tanaro e la Bormida, tra questi anche il castello di Rocchetta Palafea. Subentrano in seguito con titolo feudale i signori aleramici di Ponzone, che nel 1211 cedono nuovamente il paese con relative pertinenze al vescovo di Acqui Ugo Tornelli, innalzando sul castello il vessillo della Chiesa che, ancora nei secoli successivi, si arrogherà il diritto di infeudare i vari e numerosi signori che si succedono nel dominio del paese. ... Dell’antico e imponente castello fortificato, demolito agli inizi del XVII sec., restano ormai solo le poderose mura di sostegno del terrapieno. La sommità dell’altura accoglie la torre quadrangolare (26 m.), edificata in epoca medioevale, con funzione di controllo del territorio e della viabilità. I restauri, ultimati nel 2004, hanno dotato il monumento di una scala interna. Dalle quattro aperture a tutto sesto si può ammirare l’ampio panorama circostante. Costruita in pietra tufacea appena sbozzata, con inserti decorativi in mattoni che creano un felice motivo cromatico, presenta un coronamento a duplice ordine di archetti pensili in stile romanico, di aggraziata fattura».
http://www.comune.rocchettapalafea.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=Cenni... - ...Mura%20e%20Torre
Rocchetta Tanaro (castello dei Marchesi di Incisa della Rocchetta)
«...Le vicende medioevali anteriori al 1000 sono legate agli Arduinici dalla "offersione" da parte di Olderico, marchese di Torino, della cappella di Flexo alla Abbazia di Pomposa. Successivamente agli Aleramici con il marchesato d'Incisa, che nel 1155, alla discesa in Italia del Barbarossa estese la propria giurisdizione sul territorio della "Rocheta", già pertinenza prima della Chiesa e poi del Comune di Asti. "Rocheta" viene citata per la prima volta nel diploma del 1041, quando l’ imperatore Arrigo III conferma il paese quale possedimento del vescovo d’Asti. Da questo documento si ricava quindi che, avendone avuta la conferma imperiale, "Rocheta" apparteneva già da molto tempo prima alla Chiesa di Asti. Con l’ avvento in Italia di Federico Barbarossa il feudo passò ai Marchesi di Incisa. La ormai documentata esistenza della fortezza di Priamissa "ad petram missam", la torre cilindrica e resti delle mura e di parte dell'antico castello, tuttora residenza della famiglia, restano testimonianza della secolare presenza degli Incisa alla cui storia cavalleresca e feudale fu legata fino al 1700 la vicenda rocchettese. Dopo la pace di Costanza gli astigiani ritornarono in armi e si ripresero Rocchetta e la difesero anche contro le pretese del marchese del Monferrato nel 1193. Successivamente la diedero in feudo ai Marchesi di Incisa, ma sotto il dominio della città di Asti. Con la venuta in Italia degli angioini di Carlo I i marchesi d’Incisa voltarono bandiera e, ribellandosi agli astigiani, si allearono con i francesi. Gli astigiani sconfissero gli angioini e li ricacciarono oltre le Alpi, quindi nominarono i Bertali, nobili astigiani, nuovi signori di Rocchetta che si impadronirono del castello e lo rinforzarono con uomini e munizioni, migliorando la difesa della frontiera a sud del Tanaro. ...».
http://www.comune.rocchettatanaro.at.it/testi.php?id_testi=90
«La casa-torre, risalente al XII secolo, con base a scarpa, si articola su sei piani di cui il primo, il quarto e l’ultimo coperti da volte a botte e gli altri, in origine, da solai di legno. Il terzo piano, quello dell’ingresso, ospitava la cucina con grande camino e lavandino; gli interni sono illuminati da feritoie ai piani inferiori e da finestrelle ai piani superiori. L’attico era in origine coronato da una triplice serie di archetti pensili monolitici, a sesto ribassato; la copertura è a terrazza. Anticamente un ballatoio ligneo con scala permetteva l’accesso da un camminamento della vicina cinta muraria» - «Recentemente restaurata in occasione del Giubileo del 2000, è un bell'esempio di edificio difensivo medioevale; ha base scarpata, sei piani e copertura a terrazza, in origine coronata da merli. Tutt'attorno restano le mura di cinta del mastio castellato. Nel 2005 è stato completato inoltre il restauro di tutta l'area circostante la torre costruendo i percorso di accesso. è interessante l'iscrizione posta sopra la porta di ingresso nel 1323 in cui si ricorda la costruzione del castello ad opera dei signori Alessandro e Bonifacio Asinari di Asti: Anno Dmi MCCCXXIII / hoc castru fecer / aeduficari Dni Alexan e Bnifacius de Asina / riis de Ast».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni... - http://www.comune.sangiorgioscarampi.at.it/web-comuni-new...
San Martino Alfieri (castello)
«Il castello, costruito dal 1696 al 1721 su disegno dell’ingegner Bertola, conserva l’arredo originario delle sale. Edificio del XVIII secolo circondato da grandi alberi secolari propone una pregevole Orangérie e, oggi, si può ammirare il risultato di un intervento richiesto nel 1815 dal marchese Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno ad opera di Xavier Kurten, architetto paesaggista tedesco che ebbe il compito di trasformare il giardino formale in un parco secondo il nuovo gusto romantico all’inglese permettendo al Piemonte di avvicinare la cultura locale ai gusti europei nei quali il romanticismo è fenomeno dominante e il gusto per l'arte dei giardini sua diretta manifestazione. Egli ampliò il parco avvalendosi della collaborazione dell’architetto Melano già noto in paese. A questi si deve anche la sistemazione urbanistica e il progetto di una nuova chiesa parrocchiale e della casa comunale».
http://www.comune.sanmartinoalfieri.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=il-castello&comune=SanMartinoAlfieri...
San Marzano Oliveto (castello degli Asinari)
«Citato dall'Alfieri come "San Marzano di Acquosana", i primi documenti riguardanti il castello risalgono alla nascita del Contado di Acquosana (l'antico territorio di Acqui Terme). Il castello, forse di origine romana, ad opera degli Asinari assunse le caratteristiche di un vero e proprio baluardo difensivo costruendovi ai quattro lati torri angolari quadrate, una delle quali è ancora munita di caditoie. Dopo l'occupazione degli Spagnoli nel 1655, gli Asinari ne ripresero possesso e trasformarono la fortezza in residenza di campagna. Opera imponente e suggestiva, è ora adibita a convegni, manifestazioni e aste. Le sue antiche cantine con archi e volte ricordano l'interno di una cattedrale gotica e dalla sua splendida terrazza - giardino si ammira uno dei panorami più belli della zona. La chiesa parrocchiale, dedicata a San Marziano, sorge sulla piazza del Castello» - «Fortezza di origine medioevale al centro di numerose vicende di guerra, fu trasformato in dimora signorile per opera degli Asinari nella prima metà del ‘600. Il castello appare in lontananza come una massa grandiosa raggiungibile a mezzo di ripida salita che conduce a ridosso dei bastioni. Il complesso è costituito da un corpo di fabbrica racchiuso da quattro torri angolari, quadrate e massicce. Le facciate sono munite di scarpa non molto pronunciata e hanno tre ordini di piani fuori terra. Varcata la soglia si accede all’ampia terrazza-giardino da dove si ammira il bel panorama della vallata. A sinistra sorge un edificio porticato, aggiunto alla costruzione originaria nel secolo scorso imitando lo stile medievale. Il castello vero e proprio che sorge sulla destra conserva ancora l’impianto originario, anche se il portale è stato restaurato nel 1884. Nell’atrio, da dove si diparte lo scalone per il piano superiore, è degno di nota l’antico pozzo d'acqua viva. Le sue antiche cantine con archi e volte ricordano l'interno di una cattedrale gotica».
http://www.comune.sanmarzanooliveto.at.it/web-comuni-new... - http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx...
San Paolo Solbrito (castello di Solbrito, "castello" di San Paolo)
«Castello di Solbrito. L’esistenza del Castello di Solbrito è documentata a partire dal XII secolo. Situato in posizione dominante sui bordi del Pianalto, nei pressi della Chiesa di San Pietro, era caratterizzato da una torre merlata che fu abbattuta nel XX secolo. Il Castello è oggetto di un’importante operazione di recupero della struttura. A testimonianza dell’antico parco che circondava il Castello rimane oggi un centenario cedro dall’imponente mole. Fruibilità: proprietà privata. ... L’antico Castello di San Paolo, con il ricetto, la Chiesa parrocchiale e il villaggio sorgevano nella Valle del Traversola. Da questa antica collocazione del Castello e del Borgo deriva il vecchio nome del paese San Paolo della Valle. Oggi dell’insediamento a valle non vi è più alcuna traccia, mentre alcuni resti dell’antico Castello sono ancora leggibili».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/sanpaolo.htm
San Paolo Solbrito (palazzo dei conti Gay di Montariolo)
«Tra le case gentilizie presenti nel tessuto urbano del paese è particolarmente interessante, in via Oreste Gay, il Palazzo dei Conti Gay di Montariolo, elegante dimora recentemente restaurata databile tra il Settecento e l’Ottocento. L’edificio è circondato da un bel parco a disegno all’inglese che è stato recuperato contemporaneamente all’edificio. Esso è racchiuso da un alto e lungo muro di recinzione a mattoni a vista. Fruibilità: proprietà privata».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/sp_gay.htm
Schierano (resti del castello)
«Schierano è una borgata di notevole rilevanza architettonica, con edifici in pietra e mattoni a vista che si aprono su grandi loggiati, disposti intorno a quello che un tempo era il Castello. Dell’antico maniero resta la torre medioevale quadrata, riutilizzata come campanile. Da segnalare anche i due edifici religiosi, la Chiesa settecentesca di San Grato, protettore delle coltivazioni» - «Dell'antico castello - distrutto nel corso delle guerre tra francesi e spagnoli - non rimane che la torre quadrata in pietra, adattata a campanile. Non visitabile».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/PASSERANOMARMORITO.pdf - http://www.astinternational.it/servizi/informazioni...
«A nord di Asti, il paese di Scurzolengo è situato su un colle tra Portacomaro e Castagnole Monferrato, in una parte del basso Monferrato ricca di vigneti. Il comune è facilmente raggiungibile percorrendo la strada provinciale che si diparte dalla statale 457 per Casale, all' altezza di Portacomaro Stazione. L'origine dell' abitato risale probabilmente al periodo longobardo, ma le prime notizie documentarie datano al X secolo e citano il luogo come Scrizelengo o Scricelengo. Dal XII secolo la denominazione coincide con quella odierna ... In epoca medioevale il paese appartenne ad Asti, che nel 1159 fece fortificare il villaggio situato sul confine col marchesato di Monferrato. È probabile che Scurzolengo non avesse propri signori, e comunque nel XIII secolo esso diventò comune regolato da statuti, seppure dipendente da Asti. Nel Trecento l'antico castrum fu sostituito dal Castello, i cui resti sono ancora visibili. Dalla metà del XVI secolo l'edificio appartenne alla famiglia Pergamo, che lo vendette successivamente agli ultimi feudatari del paese, i Cotti di Ceres, che ottennero il titolo comitale nel 1724. Sul piccolo colle dell'abitato, la parte originaria del castello è unita alla parrocchiale, al campanile e alla bella canonica edificata a metà Settecento» - «Il Castello, risalente al XV secolo, è situato nel bel mezzo del paese e si presenta come un unico complesso comprendente la chiesa, con facciata moderna e campanile cinquecentesco, e la canonica in stile barocco. Sono visibili alcune bifore, monofore e feritoie sulle muraglie, un fregio di merli ghibellini che corona quattro ordini di finestre».
http://www.mepiemont.net/paesi/prov_at/scurzo.html - http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=1235
Sessame (ruderi del castello, torrotto)
«Il Castello sorgeva alla sommità di una collina situata a nord-ovest del concentrico, doveva essere una imponente costruzione, ma oggi rimangono soltanto i ruderi all’interno di un’area verde ben recuperata dal Comune di Sessame che ha allestito una zona panoramica da cui si può ammirare la Valle Bormida. Il torrotto. Semplice costruzione a due piani a forma di piccola torre, sorge sulla sommità di un colle a forma conica, ben visibile da ogni località. Da tempo è diventato il simbolo del Borgo. Situato in terreni privati, anticamente è appartenuto all’on. Giuseppe Saracco uomo politico di grande levatura morale, nativo di Bistagno e Presidente del Consiglio dei Ministri nei primi anni del 1900».
«Villa San Domenico è una splendida tenuta rurale di fine ‘800, composta da un corpo rustico e dalla villa padronale in stile liberty». Si trova sulle colline del Monferrato, a soli 5 minuti di strada da Asti e a 30 minuti da Torino.
http://www.villasandomenico.com/VillaSanDomenico-benvenuti.html
Settime (castello dei Borsarelli di Riofreddo)
«L'edificio ha una caratteristica forma a ferro di cavallo e testimonia l'antica origine trecentesca nelle tracce delle torri e negli archi in cotto e arenaria della facciata esterna. Intorno al castello si estende il parco, che costituisce il livello inferiore del giardino pensile all'italiana. Fu parzialmente distrutto al termine dell'occupazione francese nel 1704 e ricostruito negli anni successivi. Le torri demolite dalle mine francesi scomparvero e l'edificio prese l'aspetto di villa settecentesca perdendo definitivamente la connotazione di fortezza medioevale. La tradizionale attribuzione del progetto all'architetto Filippo Juvarra, cui vengono attribuiti anche altri interventi in paese, non è, purtroppo, suffragata da documentazione. Interessanti sono il maestoso portale, il porticato d'accesso e le pitture degli interni».
«Si erge proprio nel centro abitato e ne caratterizza l'urbanizzazione concentrica. Il Castello era chiuso, in epoca medioevale, nel recinto di cui rimangono tracce sul lato a nord. Non visitabile. Si ritiene che l'edificazione del castello possa risalire all'XI secolo. Nel secolo successivo fu possesso dei vari esponenti della famiglia Pelletta. Verso la metà del '500 gravi danni furono arrecati all'edificio dalle truppe francesi. Nel XVII secolo risultava diviso in tre parti spettanti agli Asinari, ai Crova e ai Della Valle. Questi ultimi promossero, verso la metà del '700, interventi di restauro che conferirono all'edificio gran parte dell'aspetto attuale, ossia di elegante residenza, attenuando così i caratteri della casaforte medioevale. Di quest'epoca conserva elementi visibili dalla piazza della chiesa: un'ampia muraglia con tracce di finestroni a sesto acuto. Sulla porta d'ingresso, uno stemma in pietra scolpita che "inquarta" il leone, simbolo dei Pelletta e la torre, simbolo degli Asinari. Attualmente è una dimora storica con Bed & Breakfast con una particolarità: il proprietario offre ai clienti la possibilità di partecipare a corsi di cartascultura da lui stesso tenuti, in quanto esperto conoscitore di questa inconsueta arte».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=1319
Tigliole (castello, palazzo Comunale)
«Anticamente questo [Tigliole] era costituito da due centri distinti, detti l'uno inferiore, l'altro superiore. Il primo scomparve già nel XIV sec. e di esso rimane la magnifica traccia della chiesa romanica di San Lorenzo, risalente al periodo tra l'XI ed il XII sec. Il secondo corrisponde invece al paese attuale. Secondo lo storico [Renato] Bordone, è probabile che in origine Tigliole comprendesse un unico territorio, articolatosi in seguito con l'incremento demografico e con l'affermazione di diverse signorie politiche: Tigliolette ed il suo castello dipesero dal vescovo di Asti fin dalla metà del X secolo, mentre Tigliole ed il suo castello nel XII secolo appaiono sottoposti al vescovo di Pavia. Agli inizi del '200 troviamo infatti quest'ultimo che affida il feudo tigliolese ai nobili astigiani Solaro, che lo perdettero nel 1340 ad opera di Luchino Visconti e Giovanni II di Monferrato. Dopo averlo nuovamente acquistato nel 1353, i Solaro lo cedettero definitivamente nel 1422. Due anni dopo il vescovo di Pavia lo assegnò ai signori Montafia che lo tennero fino al 1577. In tale anno morì il conte Lodovico Montafia senza lasciare eredi maschi; papa Gregorio XIII, allora, ordinò a monsignor Cervia, nunzio apostolico a Torino, di prendere possesso a suo nome del feudo; le figlie del conte, però, si opposero per non perdere i beni paterni e ne seguì una lunga lite. Il centro del paese era il castello, posto sul colle dove sorge oggi il Municipio e che non a caso i Tigliolesi chiamano ancora oggi il Castello sono contenti che sia circondato da un viale di tigli. Documenti ottocenteschi indicano nel castello due torrioni verso sud ed un'altra torre verso est; di esso non rimane traccia se non alcuni massi sotterrati; venne distrutto nel 1553 dai soldati francesi inviati dal conte De Brissac; fu ricostruito dai signori Montafia in dimensioni più ridotte; successivamente passò ai marchesi di Ormea che lo vendettero al conte Salmour d'Andezeno, il quale a sua volta lo cedette ai fratelli Vandero; infine fu acquisito dalla comunità.
Esisteva però un altro castello denominato antico Castelvero (disegno del De Canis), del quale oggi non rimangono che pochi massi coperti dalla vegetazione. Esso sorgeva fra Bricco Barrano (Cantarana) e Valperosa (Tigliole) e rappresentava il centro fortificato del comitato di Serralonga, attestato fin dal 1152. In verità, la questione della sovranità sul paese rimase aperta per oltre due secoli, con fasi alterne di collaborazione e conflitto tra la comunità, il vescovo, il papato ed i Savoia. è noto l'episodio del 1577 in cui il castellano e la ventina di armigeri di guarnigione escono dal castello al rullo dei tamburi e con la bandiera spiegata per consegnare le chiavi al Nunzio, che prende possesso del castello innalzando sulla porta l'insegna del papa Gregorio XIII. L'anno seguente la Curia romana separa i profitti dei beni feudali, concedendoli in affitto, dal governo politico e giurisdizionale di Tigliole (e Montafia), affidandoli rispettivamente ad un castellano (abbà, cioè abate) ed ad un podestà, entrambi designati dal Nunzio e dal 1589 sottoposti ad un Governatore papalino: così fu bloccata l'ingerenza dei Savoia. ... Ormai il castello era in rovina e i Tigliolesi decisero, intorno alla metà dell'800, di ricostruirlo a nuovo in stile classicheggiante come palazzo municipale, esattamente com'è ancora oggi. ... Il sito dove attualmente sorge il Palazzo Comunale anticamente era sede della fortezza del paese. Al riparo dalle sue mura gli abitanti trovavano protezione in caso di assedi. Questa costruzione fu distrutta nel 1553 dai soldati francesi e un secondo castello, più piccolo, fu costruito immediatamente dalla famiglia dei Montafia. Alla fine del 1700, oramai in rovina, venne venduto alla comunità e verso la metà dell’Ottocento, spianato l’antico colle, iniziarono i lavori per la costruzione dell’odierno Palazzo del Comune. L'appalto per i lavori di costruzione di una nuova casa comunale risalgono al 1851 ...».
http://www.comune.tigliole.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=storia&comune=Tigliole&des=Storia - ...palazzo%20municipale
«La muraglia che sostiene la rocca e che si estende a circondare quasi interamente il nucleo originario del paese, dà vita ad una piazza sottomuro e costituisce il centro della vita sociale e collettiva di Tonco. Piazza Vittorio Emanuele II si articola su due livelli collegati da una scala costruita negli anni Venti del Novecento. Piazza San Giovanni conclude l’anello a nord della rocca sotto i bastioni del Castello. Su piazza Vittorio Emanuele II, sulla quale si affaccia l’imponente Parrocchiale, si svolgono le principali manifestazioni che richiamano la partecipazione dell’intera popolazione e di numerosi visitatori. ... L’antico Castello, di grande importanza strategica, fu uno degli avamposti del Marchesato del Monferrato, a controllo della Valle Versa, sul confine con le terre del Comune di Asti. La fortezza resistette nei secoli a continui attacchi fino ai primi anni del Cinquecento quando ne fu decisa la demolizione da parte della comunità. Oggi del tumultuoso passato che vide protagonista il Castello di Tonco e le sue fortificazioni rimangono poche tracce delle mura difensive e dei bastioni. La toponomastica locale segnala ancora la presenza del maniero con via al Castello».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/TONCO.pdf
Vaglio Serra (castello Stella, palazzo dei baroni Crova)
«Molto travagliate furono la sue vicende storiche. I primi signori da cui fu infeudata furono i marchesi di Incisa nel X secolo, per poi passare, dopo essere stata messa a ferro e fuoco dalle truppe di Federico Barbarossa, ai marchesi di Monferrato. Nel 1600 il duca di Mantova Vincenzo Gonzaga la concesse in baronia ai Crova di Nizza della Paglia e successivamente venne inclusa nel marchesato del Monferrato fino al 1703, quando, entrando sotto il dominio dei Savoia, visse un periodo di tranquillità. Ancora esistente è il castello Stella, residenza dell’omonima famiglia, che ha una piccola torre quadrata e mura di sostegno. Sulle vestigia dell’antico castello è stato costruito il palazzo del comune, con il portone d’ingresso ricavato dalle mura».
http://www.italiapedia.it/comune-di-vaglio-serra_Storia-005-111
«La torre civica di Valfenera è tradizionalmente denominata in lingua piemontese ‘ciochè mocc', ovvero ‘campanile mozzo'; questa accezione del termine potrebbe fare ipotizzare l'esistenza di una parte sommitale, poi abbattuta. E' l'emblema dell'antica storia e dell'identità comunale di Valfenera, storicamente conosciuta come ‘città delle sette torri'. è collocata nella parte più alta della piazza centrale del paese, a lato delle sedi 'dei tre poteri' medievali: il Municipio (potere politico), il Palazzo dei marchesi Morozzo della Rocca, ultimi feudatari di Valfenera (potere feudale), e la Chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Bartolomeo e Giovanni Battista (potere religioso). Le torri civiche si diffusero ovunque il governo comunale, raggiunto uno sviluppo molto avanzato, volesse sottolineare la superiorità del governo comunale sui palazzi nobiliari o dei più facoltosi cittadini. La torre civica di Valfenera, edificata certamente con funzioni militari difensive nel quadro di più estese fortificazioni, presenta difficoltà di datazione e di inquadramento. Venne presumibilmente edificata nel ‘300, come baluardo di un castello difensivo, in seguito allo spostamento verso ovest delle fortificazioni e del centro abitato di Valfenera, appartenente alle terre del Marchesato di Saluzzo. Il castello medievale venne demolito nel 1557 dalle truppe francesi guidate dal duca di Brissac nella guerra franco-spagnola che insanguinò il Piemonte durante il XVI secolo. Dopo essere stata elevata e modificata strutturalmente tra il ‘500 ed il ‘600, dalla fine del XVII secolo svolse anche la funzione di campanile religioso e mantenne tale utilità fino al 1952 e, con la costruzione del nuovo campanile a lato della chiesa parrocchiale, cadde in uno stato di abbandono. Ai restauri esterni condotti nel 2004, è seguito nel 2010 l'intervento di restauro e risanamento conservativo dell'interno, consentendone l'accesso. Di particolare interesse e suggestione è il panorama a 360° di cui si può godere dalla sommità: il visitatore può spaziare con lo sguardo sulle colline dell'astigiano e la piana verso Torino, circondata dall'arco alpino».
«A poche centinaia di metri da San Giovanni [chiesa cimiteriale, antica parrocchiale di Roccaverano] svetta l'isolata torre di Vengore, duecentesca, che serviva come vedetta verso la valle Bormida di Spigno, il Ponzone e l'Acquese. A base quadrata, alta e possente viene associata ad una leggenda che collegherebbe la costruzione della torre alla vanità di alcuni roccaveranesi che avrebbero voluto uguagliare la potenza regale innalzando un edificio più grande e possente di quello dei legittimi sovrani ... Attualmente non è agibile, ma sono in corso lavori di ristrutturazione e restauro promossi dalla Comunità Montana-Langa Artigiana Val Bormida che, una volta ultimati, la riporteranno all'antico splendore» - «La torre di Vengore, risalente alla seconda metà del XIV secolo, presenta i caratteri tipici delle torri di avvistamento a protezione del feudo acquese, con pianta quadrata, utilizzo di pietra locale di Langa, feritoie e mensole sommitali a sostegno di un camminamento presumibilmente ligneo ormai inesistente. è ancora presente invece l’ampio fossato di difesa. La Torre di Vengore rappresenta storicamente un simbolo identificativo della popolazione della Langa Astigiana e della Val Bormida, situata in posizione predominante nel territorio del Comune di Roccaverano rimane logisticamente indipendente e in eguale misura punto focale di collegamento con le altre torri dei paesi limitrofi».
http://www.comune.roccaverano.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx... - http://www.astinternational.it/servizi...
«L'edificio che oggi ospita gli uffici comunali è l'unico palazzotto medioevale perfettamente conservato della Langa Astigiana, con il portico al piano terreno ad archi gotici sorretti da tozze colonne in pietra arenaria a rocchi sormontate da capitelli del XIV secolo, raffiguranti immagini geometriche e volute vegetali. All'interno, alcune bacheche accolgono i reperti archeologici romani e paleocristiani rinvenuti durante gli scavi in paese; inoltre è conservata una delle numerose statue-stele in arenaria che ornavano un tempo i filari della vigna di Ca'd Camungein: semplici figure scolpite - in forma maschile o femminile - con chiaro accenno a riti ancestrali di fertilità che il cristianesimo contadino ha ereditato dalla tradizione pagana».
http://www.comune.vesime.at.it/Home/Guidaalpaese/tabid/19461/Default.aspx?IDPagina=7556
Vesime (ruderi del castello degli Scarampi)
«Del castello, demolito dagli Spagnoli nel XVII secolo, restano solo alcuni imponenti ruderi e un torrione recentemente restaurato che faceva parte del sistema difensivo esterno collegato al borgo. L'edificio che oggi ospita gli uffici comunali è l'unico palazzotto medioevale perfettamente conservato della Langa Astigiana, con il portico al piano terreno ad archi gotici sorretti da tozze colonne in pietra arenaria a rocchi sormontate da capitelli del XIV secolo, raffiguranti immagini geometriche e volute vegetali. All'interno, alcune bacheche accolgono i reperti archeologici romani e paleocristiani rinvenuti durante gli scavi in paese; inoltre è conservata una delle numerose statue-stele in arenaria che ornavano un tempo i filare della vigna di Ca'd Camungein: semplici figure scolpite - in forma maschile o femminile - con chiaro accenno a riti ancestrali di fertilità che il cristianesimo contadino ha ereditato dalla tradizione pagana».
http://www.comune.vesime.at.it/Home/Guidaalpaese/tabid/19461/Default.aspx?IDPagina=7554
«Di origine medioevale, più volte distrutto nel corso delle guerre dei secoli XVIXVII e più volte ricostruito, esso aveva ancora all'inizio dell'Ottocento una forma approssimativamente quadrata. Cosi infatti lo descrive il De Canis: "è un vasto edificio quadrato diviso in grandi camere giusta l'uso del secolo in cui fu costruito" (Corografia, c. 209 v.). Il Castello già proprietà dei conti Balbiano fu acquistato intorno alla metà dell'Ottocento dai marchesi Caisotti di Chiusano che ne fecero oggetto di un radicale intervento di restauro ed ampliamento. A questo intervento vanno riferite le due ali laterali nord e sud e lo scenografico loggiato di facciata. Nel 1918 il Castello fu acquistato dal Comune e divenne sede municipale. L'antico Castello appare oggi come un palazzo ottocentesco intonacato e imbiancato. Alti terrapieni sorreggono il giardino articolato su due livelli. A quello superiore sul quale si prospetta la facciata si accede attraverso una simmetrica scala "a forbice". Sulla facciata nord campeggiano due stemmi in marmo uno è lo stemma dei Balbiano l'altro è lo stemma di una famiglia marchionale non ancora identificata. Altro piccolo stemma scolpito su pietra locale probabilmente di cavaliere o nobile non identificato si trova sull'ingresso laterale sud. All'interno dell'androne si trova scolpita entro un medaglione marmoreo il volto della medusa mentre al piano superiore al centro del loggiato campeggia un grande stemma dei Caissotti di Chiusano sorretto da due selvaggi con clava. All'interno della sala consiliare sono conservati tre ritratti cinquecenteschi di cui due di personaggi della famiglia Balbiano e uno del duca Carlo Emanuele I. Interessanti da vedere sono l'antica ghiacciaia ed alcuni ambienti ipogei scavati nel tufo che partono dalle cantine del castello ora utilizzate a ristorante».
Viarigi (torre dei segnali o delle vedette)
«Nel periodo intorno al 1320 si colloca la costruzione della Torre di Viarigi, sulle rovine dell’antico castello, quando il territorio venne restituito al Marchese Teodoro di Monferrato da Matteo Visconti. La torre, legata alla proprietà del feudo viarigino, subì diversi passaggi di proprietà a nobili del Marchesato del Monferrato, da Alberto di Solero (1431), ai conti Biglione di Viarigi (1772), mentre, all’epoca dell’ultimo feudatario, Viarigi era già passato a Casa Savoia, con il trattato di Vienna del 1703. A circa metà del 1800, la Torre e l’area attigua passarono alla famiglia Ferraris di Viarigi che le detennero sino al 1939 quando, a seguito di pubblico incanto, la torre, già dichiarata edificio monumentale nel 1908, venne rilevata dal cav. Aldo Todini e alla sua famiglia rimase sino al 1998, quando l’ing. Pietro Bellettato, l’acquistò per farne dono al Comune di Viarigi. Oggi detta “Torre dei segnali”. La costruzione, così come la vediamo oggi, è frutto di stratificazioni di interventi successivi alla costruzione originaria. Il più importante di questi, avvenuto circa a metà del secolo XIX, coincide con la realizzazione di un rivestimento in laterizi, sui quattro lati della torre, al fine di ricoprire e risanare la quinta muraria esistente. Interventi minori sono stati attuati più recentemente: la sostituzione, nel 1967, delle scale interne in legno, con scale in acciaio; purtroppo, quest’ultimo intervento, attuato per rendere fruibile la torre da parte della comunità, fu più dannoso che proficuo alla costruzione che, lasciata incustodita e aperta a tutti, negli anni ’70-’80 del secolo scorso, subì atti vandalici, con la conseguente distruzione del pianerottolo più alto. Oggi la torre non è visitabile in quanto sottoposta a interventi di restauro strutturale e consolidamento del terreno su cui appoggiano le fondazioni del corpo di guardia
La torre è a pianta quadrata, con base di m 5,80 circa, e si innalza per una altezza complessiva di m 26,5. La parte terminale è leggermente aggettante, con quattro comici ad archetto coronate da una merlatura ghibellina “a coda di rondine”. Le murature sono in mattoni pieni, con uno spessore medio di m 1,20 e presentano alcune finestrelle, ad altezze diverse. La copertura della torre è piana e costituisce un terrazzo praticabile. L’ultimo tratto del percorso è costituito da un condotto circolare (a camino) contenente una scala del tipo alla marinara. Le volte della torre sono a botte, con mattoni disposti di piatto e di taglio, in parte crollate e attualmente non percorribili. La torre presenta un unico accesso, a circa 4,4 m di altezza, in corrispondenza di quello che un tempo doveva essere il terrazzino della guardiola. Lateralmente alla torre, costruita in aderenza e senza ammorsamenti nella muratura, esiste una guardiola a pianta rettangolare, priva di copertura. Essa è realizzata in muratura di mattoni e tufo, a pianta quadrata, con lato pari a m 5,8; i corsi di tufo sono alti circa 50 cm, mentre quelli di mattoni sono alti circa 12 cm. Le pareti dell’ edificio terminano con una serie di archetti pensili. Sulla parete est si aprono due porte ad arco e sulla parete ovest una finestra, anch’essa ad arco, di luce di circa 80 cm. Lo spessore delle muratura appare regolare (circa 50 cm). La volta, del tipo a vela, è completamente crollata, mentre rimangono solo tracce dell’ammorsamento nelle pareti. La copertura del corpo di guardia era di tipo piano e costituiva un terrazzo dal quale era possibile accedere alla porta di ingresso della torre. La pavimentazione del terrazzo, di cui rimangono tracce, era in cotto, con strato di sottofondo in coccio pesto. Invece la pavimentazione interna della guardiola non è attualmente visibile. All’interno della guardiola esiste un camino con focolare e una scala metallica, addossata alla parete est, con rampa ad angolo, che termina con un pianerottolo molto ammalorato, anch’esso metallico che rappresenta l’unico attuale accesso».
http://archeocarta.org/viarigi-at-torre-e-chiesa-di-san-marziano/
«Antica famiglia di Asti, i Monte o De Monte nel sec. XII erano chiamati "De Vigliano" o "Vigliani" dal feudo di cui erano signori. Nel 1135 Azzone, signore di Vigliano, cedette i propri diritti al comune di Asti e, attraverso questa cessione, da signore indipendente diventava vassallo del giovane comune astese. Nel 1189, cessato il periodo turbinoso delle calate del Barbarossa in Italia, postasi decisamente sulla via dell'espansione territoriale, acquistò da Alberto di Lanerio ciò che possedeva del Castello di Vigliano e ne investì i fratelli Ogerio, Tebaldo e Anselmo, il 20 settembre 1192. Nel 1198 Asti stipula un patto di alleanza con il "dominus Pipinus de Vigliano" il quale diventa cittadino astigiano e, come tale, si sottomette a tutti gli obblighi imposti dalla cittadinanza, promettendo di comprare una casa in Asti del valore di venti lire. In questo periodo Asti era in guerra con il Marchese del Monferrato e cercava, evidentemente, di legare a sé in ogni maniera i più importanti signori locali, rendendoli vassalli o "cives Astenses". Con un ultimo acquisto nel 1239 finalmente Asti poté considerarsi padrona di tutto il castello di Vigliano, portando così a termine la conquista di questo caposaldo della Val Tiglione, iniziata esattamente un secolo prima. ... Il castello è, in relatà, la dimora che i De Montibus edificarono sulle rovine dell'antico castello che, secondo i documenti, già esisteva nel 1130. Situato nella parte più elevata dell'abitato, gode di un'eccezionale posizione panoramica. Appare oggi come un semplice edificio a pianta rettangolare che subì frequenti modifiche negli ultimi secoli, perdendo sempre di più l'aspetto dell'antica residenza castellata. La facciata principale è di origine ottocentesca».
http://www.comune.vigliano.at.it/Web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=I-Monte&comune=Vigliano - ...Castello
«A partire dal X sec. si hanno alcuni documenti che attestano il possesso del vescovo di Asti sul paese, passato solo per breve tempo sotto il dominio del marchese del Monferrato per ritornare al vescovo dal 1041 fino al 1198. In quell’anno, il libero e potente Comune di Asti ottenne il possesso ed investì del feudo di Isola i tre fratelli Manfredo, Aicardo ed Aiazzone d’Isola. Con la decadenza politica di Asti, tutto l’astigiano divenne dominio dei Visconti, signori di Milano: Isola venne, infatti, occupata da Galeazzo Visconti nel 1354. Fece parte dei 13 comuni che andarono in dote a Valentina Visconti, sposa del duca d’Orleans. Il paese segui alterne vicende per essere ceduto al marchese del Monferrato, che investì del feudo il suo segretario, Obertino Natta, nel 1409. Sorse così il ramo dei Natta di Isola (non risiedevano ad Isola e lasciavano l’amministrazione ad un castellano) che si estinse dopo circa 150 anni e venne sostituito dal ramo di Alfiano e Cerro Tanaro fino al 1805, anno in cui morì la marchesa Virginia. Il palazzo dei Natta venne acquistato nella metà dell’800 dall’avvocato Iraldi, che divenne sindaco per alcuni anni; attualmente è sede di un albergo, denominato "Castello di Isola"» - «Il Castello di Villa ha origine dopo la metà del Seicento come nuovo castello feudale dei marchesi Natta. Arroccato sulla collina, permette di ammirare l’arco delle Alpi, le dolci colline del Monferrato e delle Langhe. Riportato agli antichi splendori da una sapiente ristrutturazione, ha mantenuto intatta l’originaria struttura (soffitti affrescati e pavimenti in cotto), creando al suo interno un prestigioso hotel finemente arredato».
http://www.comune.isoladasti.at.it/web-comuni-new/dettaglio_menu... - http://www.turismodoc.it/Castello-Di-Villa/index.cfm
«Fra i pochi resti che rimangono dell'antico castrum e del ricetto medievale situato in frazione Villa, vi è la Torre Civica, eretta nel 1600 circa, che è stata adattata a campanile della parrocchiale di San Pietro ed è riconosciuta monumento nazionale».
http://www.astinternational.it/servizi/informazioni/informazioni_fase03.aspx?ID=1053
Villanova d'Asti (Bisocca di San Martino, Bisocca di Supponito)
«Risalgono al XVI secolo le fortificazioni volute dal sovrano francese Francesco I, impegnato a difendere dagli Spagnoli, presenti ad Asti, i territori conquistati. Delle fortificazioni rimangono in piedi, a nord e a sud del paese, due torri di avvistamento a base quadrata, chiamate comunemente Bisòche: la Bisocca di Supponito e la Bisocca di San Martino. Al di sotto delle torri sono stati riscoperti, in tempi recenti, lunghi cunicoli sotterranei utilizzati come vie di collegamento».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/VILLANOVA.pdf
Villanova d'Asti (castello De Robertis, torre Civica)
«Il Castello De Robertis, chiamato anche con il nome dei precedenti proprietari, i Ricchietta e i Villa, è un imponente esempio di revival architettonico ottocentesco. Fu inizialmente convento francescano per poi essere acquistato, intorno alla metà del XIX secolo, dalla famiglia Villa ed essere trasformato nelle forme attuali. Il corpo principale è in stile neogotico e l'affaccio su via Roma si presenta con portico e coronamento neobarocchi. Fruibilità: proprietà privata. ... La Torre Comunale o Torre dell’Orologio si innalza al centro del paese. Essa fu costruita una prima volta nel 1414, in occasione dell’approvazione degli Statuti di Villanova concessi da Valentina Visconti, ma fu distrutta nel secolo successivo per essere subito riedificata nelle forme attuali».
http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/VILLANOVA.pdf
©2015