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a cura di Stefania Mola
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Le immagini: pag. 1 la scheda da leggere
Prospetto del complesso monumentale con l’abside della chiesa di S. Pietro in primo piano; sulla destra, la chiesa di Santa Maria
La
fondazione La
chiesa
di Santa Maria Maggiore è una stretta aula a tre navate, sviluppata su tre
campate poggianti su pilastri cruciformi che sostengono archi a sesto rialzato.
L’edificio attuale è coperto da volte a botte lunettata e a crociera,
probabile frutto dei rifacimenti settecenteschi, mentre originale è la cupola
emisferica sulla terza campata della navata centrale. Ritenuto da alcuni
cattedrale di Monte Sant’Angelo, l’edificio viene tradizionalmente
attribuito alla committenza del vescovo Leone, ed alla sua volontà di
trasferire sulla montagna dell’Arcangelo la lontana eco della
cattedrale
sipontina
(almeno per quel che si pensa dell’originaria tessitura della
facciata, che si vuole riecheggiata in quella attuale). La fondazione originaria
occupò un terreno roccioso in forte pendenza, interessato precedentemente
dall’area cimiteriale di pertinenza della chiesa di S. Pietro. Le tracce
concrete della redazione dell’XI secolo potrebbero essere rintracciabili
nell’abside, nel soccorpo e nelle lesene all’interno della facciata. La
riedificazione Al
tempo della reggenza di Costanza d’Altavilla, madre di
Federico II di
Svevia,
si intraprese la ristrutturazione globale della chiesa innestando le prime
esperienze sveve sul robusto ceppo del romanico di Capitanata. Il piano di
calpestio dell’antica chiesa venne ribassato, per accentuare lo slancio dei
pilastri di sostegno e, contestualmente, l’aula venne prolungata verso valle,
sino al limite consentito dall’abside della chiesa di S. Pietro. A conclusione
dei lavori, che iniziarono nel 1198, fu realizzato il nuovo prospetto che
presumibilmente conservò il ricordo dell’impaginazione originaria (a cinque
arcate cieche su lesene, tra le quali furono sistemate preziose losanghe
con il fondo ornato da motivi floreali) arricchendosi però di un esuberante
portale dotato di un protiro pensile poggiato su grifi ed esaltato da una
particolare dovizia di pregevoli ornati. Ancora una volta, nelle forme plastiche
e nel repertorio figurativo (tanto del portale, quanto delle mensole del
cornicione e degli spioventi), emersero gli stretti rapporti culturali
intercorrenti tra la Capitanata e l’Abruzzo (filtrati probabilmente dalla
presenza del vicino monastero di
Pulsano) ma anche le connessioni con esperienze
dell’area occidentale della Francia e con la produzione gerosolimitana.
L’altare fu solennemente commissionato dal canonico Luca nel 1225, mentre il
cantiere procedeva presumibilmente alla realizzazione degli arredi interni. Agli
esiti della cripta della collegiata di Foggia, ed in generale ad opere di età
ormai pienamente federiciana, dovettero invece guardare gli esecutori dei capitelli.
Affresco raffigurante San Michele Arcangelo
Più
tenacemente ancorata al repertorio figurativo bizantino (perdurante grazie alla
fedeltà ai tradizionali modi pittorici, poco aperti alle novità che
investivano invece l’architettura e le espressioni plastiche) fu invece la
prima stesura degli affreschi
di S. Maria, fedeli (nelle effigi dell’Arcangelo
Michele, di San Francesco e dei
Santi vescovi, e nella scena dell’Annunciazione)
a consuetudini largamente diffuse in Capitanata nel corso del Duecento (se non
oltre). L’immagine di
san
Francesco
affrescata in Santa Maria Maggiore fu una tra le più antiche
conosciute nella regione, in omaggio a quella tradizione secondo la quale il
Santo visitò il santuario nel 1216, imprimendo in un sasso la croce a tau
prima di entrare nella grotta, a ricordo della sua umile preghiera. Il
portale Un’iscrizione sovrastante il timpano del sontuoso portale ci informa che nel 1198, regnando Costanza imperatrice con suo figlio Federico, un sacerdote di nome Benedetto diede inizio alla costruzione della fabbrica in onore della Vergine. Non necessariamente dunque tale data si riferisce al portale, che verosimilmente poté essere posto in opera solo a conclusione dei lavori della facciata, o almeno a prospetto impostato. Stilisticamente
infatti ci troviamo di fronte ad un contesto tardoromanico, tipico del Duecento
maturo, siglato dalle caratteristiche esuberanti dell’ornato, contraddistinto
da una certa durezza di intaglio e dall’iterazione meccanica di un repertorio
decorativo diffuso. Nella lunetta,
insieme alla Madonna in trono ed a due angeli, furono effigiate anche due figure
adoranti, nelle quali si sono voluti riconoscere l’imperatrice Costanza ed il
sacerdote Benedetto II, probabile committente della ricostruzione
dell’edificio citato nell’iscrizione. Le sculture del portale, al pari di quelle delle mensole del cornicione e degli spioventi della chiesa, documentano gli stretti rapporti intercorsi tra Capitanata e Abruzzo tra XII e XIII secolo, mediati forse da Pulsano.
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Puglia, Bestetti, Roma 1964, pp. 41-44; F. Jacobs, Die Kathedrale
S. Maria Icona Vetere in Foggia. Studien
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del Duecento in Puglia, Istituto Bancario San Paolo, Torino 1984, pp. 32-34; P. Belli D'Elia, La Puglia
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sacra. San Michele Monte Sant’Angelo il Gargano, a cura di G.B. Bronzini,
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Belli D’Elia, Grenzi, Foggia 1999, pp. 106-111.
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Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.
©2002 Stefania Mola