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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 31 |
è
comprensibile che la Chiesa cominciasse il suo lavoro di
catechizzazione dei “russi” partendo dai tre centri
“cittadini”, prima di altri, e cioè da Kiev, da
Novgorod-la-Grande e da Polozk. In primo luogo s’individuarono i
sacrari pagani più importanti nei dintorni di questi gorod
(quelli trovati a Kiev erano già stati sostituiti da chiese o
semplicemente distrutti) per quanto fu possibile utilizzare le
delazioni dei neoconvertiti e al loro posto si eressero le chiese
(utilizzando le stesse querce che costituivano i sacri boschi). Come
fare però a continuare l’opera evangelizzatrice senza aver degli
uomini culturalmente preparati e in numero sufficiente? Gli uomini
giusti agli inizi costituì logicamente il problema più grosso. In
vari momenti della vita della Chiesa Russa dei primi anni si ovviò
con preti e monaci venuti dalla Grecia, ma soprattutto dalla Bulgaria,
vista la comunanza dell’idioma, poi, con un faticoso tirocinio del
personale locale e sfruttando moltissimo il diaconato, si fecero altri
passi avanti. Finché
non giunse il tempo di Jaroslav il Saggio (fine del XI sec.), lo
sforzo materiale delle gerarchie ecclesiastiche risultò abbastanza
limitato, a quanto appare, tanto che costui, allo scopo di rafforzare
la propria posizione in tutte le Terre Russe e conoscendo bene il
ruolo ideologico del Cristianesimo avendolo visto “al lavoro” in
Svezia, decise di costruire a Kiev la più grande chiesa in mattoni
mai vista in Europa, dopo Santa Sofia di Costantinopoli. La nuova
chiesa e la ripianificazione della città alta di Kiev superò in
magnificenza tutto quanto san Vladimiro aveva fatto fino ad allora in
Terra Russa e la Chiesa (della Decima) eretta da quest’ultimo
insieme col terem (pure eretto da lui) passarono in secondo
piano. Jaroslav inoltre non si limitò solo a costruire la chiesa per
Kiev, ma dette tutto l’aiuto possibile affinché questa città
diventasse il più importante centro religioso delle Terre Russe ed
avesse più mezzi per penetrare nel territorio adeguatamente. Per
costruire fece venire dei maestri d’arte bizantini e non solo per
Santa Sofia di Kiev, ma con l’impegno che anche a Novgorod e a
Polozk si costruissero delle cattedrali simili e altrettanto sfarzose
fatte di mattoni! Solo così la Chiesa Russa aveva ora i suoi teatri
dove rappresentare lo spettacolo divino e dove formare i suoi
predicatori da inviare nei più reconditi punti abitati. Infatti, con gli ingegneri vennero al seguito prelati, monaci e preti e non lontano da Kiev (ma sempre compreso nel territorio della città) fu concesso al Metropolita (greco, naturalmente) di avere una sede degna dove educare le nuove gerarchie russe nell’area che diventerà il famoso Monastero delle Grotte (Pecerskaja Lavra). A questo punto le processioni e le celebrazioni cristiane tanto decantate dai mercanti di san Vladimiro quando le avevano contemplate a Costantinopoli, cominciarono alla grande nelle tre grandi città russe!
La
presenza del Cristianesimo in Terra Russa, almeno per l’osservatore
esterno, sembrava così in via di consolidamento e di affermazione. Le
processioni (come d’altronde in tutta l’Europa cristiana) si
cominciarono a snodare in ogni occasione con grande solennità per le
strade cittadine e il “gran teatro” rappresentato soprattutto da
Santa Sofia di Kiev (anche le chiese di Novgorod e di Polozk erano
dedicate alla Santa Sapienza di Dio ossia a Santa Sofia!) era sempre
occupato da manifestazioni religiose senza precedenti. Né tutto ciò
fu più eguagliato neppure in seguito, almeno a Kiev, quale sede
politica principale! Non poteva essere altrimenti giacché la Chiesa
ben sapeva quanto fosse importante impressionare la gente e quando
fosse altrettanto importante reclutare nuovi adepti, con un sicuro
consenso individuale e una salda convinzione missionaria, evitando i
bastoni e il fuoco o la spada come era avvenuto nel 988-989 per la
conversione dei renitenti a Kiev e a Novgorod. Riflettiamo
però un momento su alcuni punti, prima di proseguire con la nostra
storia. Oggi che abbiamo la pubblicità in TV o su megamanifesti, i
film etc. non è facile capire come mai la gente di tanti secoli fa si
fermasse per le strade per ore incantata allo spettacolo di una
processione di preti salmodianti e agitanti un turibolo emanante
stranissimi profumi, di immagini lucenti e luccicanti, di colori e
festoni etc. etc., se non ricordassimo che il rito e la ritualità
fanno parte del nostro agire quotidiano. E non parliamo soltanto dei
riti religiosi indirizzati alla divinità affinché continui a
proteggerci, ma anche del vestirsi, mangiare, bere, parlare e
camminare etc. che nel mondo medievale erano ancora parte integrante
del “della vita”… In realtà poi (Eibl-Eibesfeldt insegna!) i
riti umani (quali essi siano!) risalgono ad un vecchio meccanismo di imprinting
biologico presente in tutti gli animali e forse sono innati nei geni
della nostra specie! Per l’uomo il rito è diventato fondamentale e
nessuno di noi riuscirebbe a farne a meno proprio perché per suo
mezzo acquistiamo più sicurezza nelle nostre azioni e affrontiamo le
vicissitudini con maggiore tranquillità. I nostri genitori
c’insegnano i loro e noi ne aggiungiamo di propri. Oggi forse non
servono più tanto per avvicinarci all divinità, ma altro era nel
Medioevo ed altro nelle Terre Russe… Era
logico che davanti a riti nuovi e pittoreschi come quelli dei
cristiani più aperti alla partecipazione dei fedeli rispetto a quelli
un po’ più misteriosi dei templi pagani i più smaliziati dei
kieviani ne fossero almeno incuriositi, ma la gente più semplice ne
fu sicuramente accattivata e impressionata sin nell’intimo. Né il mir
poteva far eccezione e, sebbene molto più lentamente e con resistenze
enormi, dovette accettare la presenza di questi nuovi riti cristiani
che penetrarono quasi subdolamente fra i contadini! Il
mir era anch’esso un mondo pieno di riti e sbarazzarsene
tutto d’un colpo per avere la libertà di scegliere poi una nuova
fede al posto della vecchia era un sacrificio pressoché
impossibile che in Terra Russa non avvenne, se non con gran
fatica. L’arrivo del “dramma liturgico (deistvo/действо
in russo)” nel mir sembrò un attacco proditorio
all’incolumità fisica dello smierd tanto che questi capì
che poteva salvarsi soltanto difendendo la propria antichissima fede
nascondendola. D’altro canto quelle processioni non invasero subito
il mondo del mir e, siccome rarissimamente lo smierd si
recava in città perché non ben accetto dal potere che temeva sempre
le sue sommosse e le sue proteste di piazza, le notizie sulle chiese
cristiane sfarzose di pietra, sulle processioni indimenticabili, sulle
liturgie solenni e cantate della nuova fede rimasero oggetto delle
favole e dei racconti reboanti dei forestieri (non dimentichiamo mai
l’attività incessante e fanatica dei kalekì perehozhie!)
che passavano dal mir per descriverli (e in parte per
riprodurli) abbagliarono dunque di più chi invece viveva in città.
Nel mir ne arrivò l’eco e, come noi abbiamo cercato di
spiegare, per il multietnico paese “russo” la frattura culturale
esistente fra gorod e mir continuò a restare
incolmabile… Dobbiamo
spendere qualche parola però per questi eventi liturgici spettacolari
che la Chiesa Russa usò all’inizio della sua storia in Terra Russa
non soltanto sotto forma di processioni, ma anche di spettacoli
teatrali veri e propri. Erano numerosi e riproducevano con l’aiuto
di alcuni fedeli adeguatamente istruiti alcuni degli episodi giudicati
più importanti nelle Sacre Scritture. A. Korinfskii ci informa che
fra il XV e il XVII sec. molti di essi furono aboliti o caddero in
disuso tanto che ne rimasero solo quattro: quello detto della Grotta (Pesc’noe),
quello del Giudizio Universale, quello dell’Entrata a Gerusalemme
sull’Asinello e infine quello del Lavaggio dei Piedi, distribuiti
lungo le stagioni dell’anno. In particolare il Dramma della Grotta
era sentitissimo come festa cittadina a Novgorod-la-grande dove si
svolgeva in maniera particolarmente pittoresca e possiamo capirne il
perché, in una città di grande influenza sul proprio hinterland e
situata in mezzo a lande pochissimo abitate del Grande Nord, ma fra
popolazioni difficili da piegare alla fede cristiana! La celebrazione
resistettecon pochissimi mutamenti fino al XIX secolo!
La
storia della Chiesa Russa delle origini dunque, se vista in questo
quadro storico, si capisce meglio per l’aspro accanimento nelle sue
battaglie in una guerra (d’altronde mai vinta finora!) costante
contro il Paganesimo Slavo, ancora potente e radicato. Tenendo
presenti queste enormi difficoltà logistico-economico-culturali,
possiamo giustificare pure i compromessi e le conseguenze di una lotta
sorda durata per secoli e manovrata sostanzialmente dalla città di
Kiev. La
Chiesa Russa ciononostante era figlia di Costantinopoli e sapeva bene
come ovviare a tutti questi problemi e come utilizzarli a suo favore
con le sue esperienze molto antiche di evangelizzazioni dei
”barbari” e degli Slavi balcanici, sebbene… circostanze come
quelle trovate nelle Terre Russe non fossero mai capitate prima! Aiuterà
il nostro intento persino una breve scorsa nella situazione
dell’Impero Romano verso la seconda metà del X sec. La necessità
di riaffermare la propria sovranità sui territori della Penisola
Balcanica e nel Mar Nero, per contrastare il rafforzamento dei
Musulmani e per fermare l’espansione degli Ottoni nell’Europa
dell’Est e i territori del nordest, a partire dalla riva sinistra
del Danubio, erano ben conosciuti a Costantinopoli per la verità e si
sapeva anche quanto erano difficili da penetrare. Conquistarli?
Possibile, ma costosissima impresa! E comunque in quei frangenti del X
sec. un progetto assolutamente irrealistico per l’Impero, se non
dopo aver ripreso la perduta Bulgaria del Danubio. L’idea albergò
nella mente di qualche imperatore, ad esempio in Costantino VII
Porfirogenito, ma la scelta obbligata fu un’altra: Mantenere
relazioni pacifiche e amichevoli coi Cazari e col loro centro politico
di Itil sul Volga finché questo Impero era in grado di controllare il
traffico vitale proveniente da quell’area. L’Impero Cazaro, quale
protettore correligionario degli ebrei di Kiev che facevano da
intermediari commerciali, rappresentava ancora un’entità politica
di tutto rispetto in quegli anni. Tuttavia allo stesso tempo si cercò
l’amicizia dell’èlite slavo-variaga quando questa apparve
abbastanza affidabile nella sua pretesa di dominare l’enorme area
dal Baltico al Mar Nero. Anzi, quando nel 965 d.C. Svjatoslav conquistò
Tmutarakan sullo stretto di Kerc’ ai Cazari, l’importanza di
questa élite si accrebbe per Costantinopoli… La
storia russa deve ringraziare questo interesse quasi ossessivo dell’imperatore
Costantino VII per le Terre Russe e per l’élite al potere a Kiev
(sembra che si fosse innamorato di Olga, la famosa nonna di san
Vladimiro!) se abbiamo informazioni sulla nascita dell’ethnos
“russo” a Kiev. Con lui e già prima di lui, erano già stati
stipulati trattati di amicizia fra Costantinopoli e Kiev e, come
appariva, il legame politico era abbastanza durevole. Nel
980 (Costantino VII era ormai defunto e Olga pure) Vladimiro aveva
preso il potere e aveva imposto Perun e il suo Olimpo, ma, Kiev
cosmopolita dal punto di vista religioso (si veneravano da sempre
diversi dèi per le diverse etnìe presenti), oppose qualche
resistenza. La situazione però stava rapidamente cambiando. I Cazari
erano in sfacelo e Costantinopoli sembrava essere più in auge per
cui, poco alla volta, Vladimiro si avvicina all’imperatore Basilio
II, tanto più che c’erano stati già vari tentativi da parte
dell’Occidente di coinvolgerlo nel consesso dei regni franchi,
interessatissimi clienti compratori delle preziose merci russe.
Inoltre i successi militari bizantini ottenuti con la riconquista
della Bulgaria Danubiana ebbero una grande eco qui nel nordest e l’èlite
variago-russa fu definitivamente convinta che un’alleanza più
solidale con l’Impero Romano d’Oriente era una mossa politica
molto importante. Roma
Nova però non può accettare legami permanenti con popoli non
cristiani, considerati nella splendente capitale del Bosforo al pari
di animali! Di qui le perplessità e l’evoluzione
dell’atteggiamento religioso di Vladimiro verso il Cristianesimo.
Alla fine però decide, dopo averne parlato bene e a lungo coi suoi,
di cambiar bandiera e Perun è abbandonato per Cristo! E non è
tutto! Kiev diventa tutta cristiana (salvo gli ebrei, che proprio per
i loro unici e preziosi servigi di intermediari commerciali
internazionali conserveranno uno statuto speciale!) e, dice la
Cronaca, subito dopo toccò a Novgorod-la-Grande dove la conversione
addirittura finì nel sangue e nelle fiamme e così anche a Polozk!
Per le regioni del Volga invece questo cambiamento di fede risultò un
po’ più difficile e si sa che il vescovo destinato a
Rostov-la-Grande fu ucciso e un altro cacciato finché non si
intervenne, ancora una volta e più decisamente, con la forza, ma
solo… nel XII secolo! Fu
la preoccupazione per i traffici a convincere Vladimiro a cambiar
religione? O forse il timore di far la fine della Bulgaria Danubiana?
In realtà, se così pensassimo, avremmo perso di vista lo spirito dei
tempi e l’intelligenza dell’uomo. è
probabile che fosse una moda del tempo, diventar cristiani, e, quanto
ad essere invasi dalle truppe costantinipolitane, un pericolo
immediato non c’era. In realtà, dopo anni di frequentazioni a
Costantinopoli, dopo anni di discorsi con gli ebrei rahdaniti di Kiev,
dopo le visite di ecclesiastici dall’Occidente e le notizie di
nascita di stati slavi nei Balcani, non potevano più mancare gli
elementi che consentissero di riflettere meglio sul come entrare di
diritto nei circuiti politici internazionali, mantenendo la propria
indipendenza politica. Restava qualche dubbio… Quale orgoglioso
sovrano avrebbe accettato una religione nata in difesa dei derelitti e
dei reietti della società schiavistica romana al posto di una
religione di dèi vittoriosi con le armi in mano? Quale sovrano
avrebbe mai accettato che la propria sovranità discendesse in qualche
modo da Roma? Benché
la Chiesa Cristiana avesse già superato la sua inferiorità
ideologico-politica di protettrice delle classi dominate rispetto al
Paganesimo delle classi dominanti e che con la sua capillare
organizzazione si fosse ormai arrogata l’eredità di mantenere
integro l’Impero Romano dopo le vicende di quegli anni in vista
dell’avvento del Regno di Cristo, ben più potente ed eccelso, con
il potere imperiale nelle mani di Basilio II, l’Imperatore
continuava ad essere all’apparenza più potente del Patriarca. Era,
sì!, sacro come lo era stato durante il Paganesimo Romano, ma ora era
obbligato a muoversi nell’ambito della Religione Universale in cui
Dio-Padre gli aveva concesso per la durata della vita il potere
temporale (l’imperatore unto) e soltanto la dottrina della Chiesa
era davvero l’unica garante della sacralità di quel potere. Siamo
nell’era del cosiddetto cesaropapismo e non è sempre molto chiaro
chi comandasse a Costantinopoli nel nome del Dio che concede il
potere: l’Imperatore o il Patriarca? Secondo
l’escatologia cristiana, naturalmente qui da noi semplificata,
Cristo comunque sarebbe ritornato sulla Terra per riprendere, insieme
al padre, il possesso di tutto il mondo insieme con tutti i suoi
abitanti, proprio partendo da Roma (in questo caso da Roma Nova sul
Bosforo). Quando ciò sarebbe avvenuto, nessuno lo sapeva con
esattezza, ma poteva essere anche subito! Questo sarebbe stato il
Giorno del Giudizio Finale! Dunque, all’erta! Tutti sarebbero stati
giudicati secondo le azioni condotte nella vita terrena, prima di
essere assegnati o al Paradiso o precipitati nel buio dell’Inferno
dove regnava il Demonio! Colui che avesse governato sugli uomini, un
sovrano senza un’autorizzazione divina (e cristiana), avrebbe subito
i castighi più gravi e più indicibili proprio per aver esercitato il
potere illegittimamente! Chi, al contrario, avesse già la fede
cristiana non aveva nulla da temere poichè si sarebbe salvato! Con
questo quadro minaccioso e terribile il famoso filosofo,
descritto nelle Cronache Russe a colloquio con Vladimiro prima della
conversione, deve averlo convinto ad abbracciare il Cristianesimo con
tutti i suoi vantaggi! Ed ecco che cosa arrivò a Kiev con la nuova
fede! Una teoria delle società umane governate secondo le leggi
cristiane da un signore designato da Dio e il cui regno faceva parte
di un consorzio di altri regni, tutti più o meno assoggettati
all’Impero Romano d’Oriente! Kiev
e le Terre Russe diventano così la Metropolia della Tauroscizia,
ma non una colonia di Bisanzio! Il Patriarcato costantinopolitano
al più presto invia da Sebaste (oggi Sivas in Turchia) Teofilatto
come primo Metropolita, ma non per dirigire la politica di Kiev!
A
parte questa impostazione della vicenda, come giustamente fa notare
N.M. Nikol’skii, in quegli anni (fine del X sec. d.C.) a
Costantinopoli entrare in una carriera “ecclesiastica” era
diventato talmente popolare che fra chierici, preti e servi (insieme a
bancarottieri e reietti) il numero di questi “dipendenti della
Chiesa” si era accresciuto in modo spropositato e non solo nella
capitale, ma anche nella seconda città dell’Impero, Salonicco, dove
c’era la foltissima colonia bulgara fuggita tempo prima per
dissidenza con lo zar bulgaro “apostata” Simeone-Michele e
sospettata anche di Bogomilismo, eresia, questa, molto simile a quella
dei Catari che rifiutava le gerarchie ecclesiastiche. Il
monachesimo inoltre dominava la moda greca a quei tempi. Nato come
movimento laico di persone disperate che non riuscivano a sbarcare il
lunario in altro modo se non vivendo come indicato da Cristo in
astinenza sessuale e nella frugalità massima, si era diffuso
costituendo talvolta intere comunità agricole senza alcuna proprietà
privata. Sempre sotto stretta sorveglianza dei vescovi, normalmente
questi “ribelli” che inneggiavano alla povertà in nome di Cristo
ne venivano fuori a volte condannati come eretici! Anzi! Dopo le
ultime leggi emesse da Basilio II (il futuro cognato di Vladimiro) i
monaci isolati vivevano in modo sempre più precario per mancanza di
terra da coltivare e non riuscivano a trovare una sistemazione
adeguata in un Impero che si vedeva sempre più ridotto del proprio
territorio. Perciò la nuova Metropolia costituì l’occasione buona
che aprì nuove prospettive, di guadagno per i mercanti di
professione, di possibilità di misurarsi con una nuova realtà ricca
ma selvaggia per le gerarchie ecclesiastiche greche (alte) e bulgare
(basse) “senza lavoro” e, per i monaci più avventurosi, di
rimettersi a vivere secondo i loro principi ma non più coi pericoli e
le ristrettezze che c’erano a Costantinopoli e dintorni. Tutto
cominciò sotto la protezione (e il sostegno finanziario della decima!)
dei Rjurikidi, ma, proprio a causa di ciò, prima d’ogni altra cosa
la Chiesa sentì il dovere di rafforzare se stessa come partner
politico primario del principe (Knjaz). Di certo Vladimiro, si
fidava più dell’appoggio consolidato dei suoi Variaghi che non dei
nuovi chierici venuti al seguito della sua nuova moglie e quindi il
suo primo dovere era stato quello di convincere la sua druzhina
della validità della scelta fatta e che Vladimiro era comunque e
sempre dalla loro parte. Superato questo problema, le prospettive dei
nuovi arrivati dal sud si allargano e si accrescono quando viene
concesso ai vescovi locali (oltre alla decima del principe) il diritto
(a pagamento!) del controllo dei pesi e delle misure, i giudizi
(pagati!) sulle liti per le eredità e il diritto di famiglia! Non
possiamo negare che le spese (specialmente militari!) per gli
interventi a largo raggio sulla popolazione dell’hinterland kieviano
e delle altre aree collegate erano tante e altissime essendo i
villaggi, da quanto ci riferiscono ancora nel XVII sec., nascosti e
sparsi nel fitto di foreste estesissime, ma la Chiesa Cristiana che da
secoli era stata, dal tempo di Costantino il Grande, l’arma segreta
per governare l’immenso impero attraverso la religione, non poteva
rinunciare ad espletare lo stesso servizio qui nelle Terre Russe al
servizio del Knjaz di Kiev. Fu
l’inizio di un’impresa titanica! I problemi davanti ai quali ci si
trovò erano molto più complicati di quel che si era creduto e
sperato. Il territorio era vastissimo e difficile da percorrere, non
esisteva una geografia definita né un censimento degli abitanti e in
più la gente parlava varie lingue. La pretesa del potere secolare
kieviano però era molto chiara e pressante: La Chiesa deve agire non
soltanto per il riconoscimento internazionale della dinastia rjurikide,
ma anche per consolidarne la posizione politica in tutto il
territorio, comprese quelle regioni che si andavano via via
incorporando! Possiamo
notare da qualche episodio raccontato nelle Cronache che questo
rapporto fra Knjaz e gerarchie ecclesiastiche non fu tutto rose
e fiori e riusciamo ad immaginare come nel Knjaz covasse sempre
il timore di passare sotto la sovranità bizantina alla minima
debolezza e proprio per il tramite della Chiesa. Così
la Chiesa prese subito decisioni abbastanza pratiche. Niente
multietnicità, ma un solo popolo russo! Una sola lingua per
comunicare! L’obbligo ferreo da parte del Knjaz di lasciare
partecipare il più intimamente possibile la gerarchia ecclesiastica
alla vita politica e che il consiglio della Chiesa e del suo sistema
ideologico diventassero l’unica via da seguire. Si mangia troppa
carne! Quindi rispetto assoluto dei digiuni canonici il mercoledì e
il venerdì oltre a quelli lunghi preparatori per le feste più
importanti. Si mangia troppo nel terem e poco nel Podol!
E allora via, Vladimiro fa cuocere un numero enorme di karavài
e li consegna personalmente casa per casa, tentando di far diventare
tradizione a Kiev la cerimonia della Mensa Gratuita! I nobili hanno
troppe mogli! Al massimo si concede una moglie legittima ed una
concubina, ma non di più! Quindi monogamia dell’élite… E
i villaggi? Ci si affidò alle buone intenzioni dei bojari locali, ma
la cristianizzazione non progredì… Di certo qualche prete (in russo
pop) più ardito di altri si lanciò nell’avventura di
evangelizzare qualche mir, ma quando si presentò da solo alla
ricerca di una sposa, visto che doveva metter su famiglia in loco,
le uniche ragazze che poté trovare erano quelle destinate ad essere
vendute schiave e così invece di integrarsi nella comunità si isolò
ancora di più. Per di più, appena cominciarono a circolare le voci
che aveva intenzione di riformare i costumi e i cibi ricorrendo ai
suoi magici libri scritti, ci furono molti casi in cui il pop
fu invitato a cambiar luogo di residenza! I
maghi e gli stregoni, capirono subito che aria tirava e si
affrettarono a nascondersi e far tutto il loro lavoro di nascosto.
Qualcuno di loro, si raccontava ancora nel XV sec., cominciava a
credere in un maggior potere del Cristianesimo rispetto alle
tradizioni pagane e così si avventurava a nascondersi in un angolo
della Chiesa alla Grande Notte di Pasqua per aspettare che il prete
dicesse: «Cristo è risorto!», e invece di rispondere «è
vero! è
risorto!»,
il mago o la maga pronunciava sottovoce le formule segrete che
dovevano accrescere o restituire il potere magico attenuatosi a causa
della concorrenza del pop! Insomma occorreva dunque darsi da
fare! Proprio quest’atteggiamento della gente del mir verso
la nuova fede nel secolo XI portò ad un periodo di grande fervore
nelle Terre Russe da parte del clero di lingua russa e perciò sono
innegabili i grandi sforzi fatti ricorrendo naturalmente a vari
espedienti, anche molto compromissori ed ambigui. Un
esempio? Nel mir c’era sempre qualche persona o debole di
mente o fisicamente disabile, secondo il nostro punto di vista
odierno. Queste persone erano venerate dalla gente “normale” perché
rappresentavano un modo in cui il Creatore comunicava con gli uomini e
di solito si univano in gruppi, specialmente coi ciechi nati che
solitamente sapevano suonare gli strumenti musicali meglio di altri
per la loro più acuta sensibilità uditiva. Tutti insieme durante la
bella stagione vagavano di villaggio in villaggio suonando e recitando
le byline degli antenati e facendosi interrogare dalla gente.
Qualche volta c’era persino qualcuno che raccontava quello che aveva
visto in lontani paesi con paroloni strani e mostrando oggetti mai
visti prima o persino chi sapeva predire il futuro e chi faceva le
grandi prediche morali. Ebbene gli Handicappati Vaganti (ossia
in russo Kalekì Perehòzhie ai quali abbiamo accennato in
altro luogo) quasi volessero impedire che la gente stesse ad ascoltare
queste cantate pagane cominciarono a frequentare tutti questi mercati
riuscendo ad intrufolare nello spettacolo di piazza e le cantate dei
loro compagni di vagabondaggio le vite e i miracoli di santi (talvolta
addirittura mai esistiti!) e di personaggi biblici dai nomi
stranissimi. I Kalekì Perehòzhie invasati dal nuovo credo
cristiano che talvolta conoscevano abbastanza bene perché avevano
letto i Vangeli (alcuni di questi personaggi erano persino di origine
principesca e dunque letterati!) si spacciavano per inviati speciali
di Cristo! Anche questo fu tollerato e sopportato ai fini della
conversione! La
Chiesa Ortodossa ammise persino la lettura di racconti e dei vangeli
cosiddetti apocrifi, cioè diversi da quelli canonici, purchè il
lettore confessasse di leggere cose non vere e che la lettura gli
servisse in qualche modo per rafforzare la fede. Proprio in seguito a
ciò, nella Rus’ di Kiev si diffusero molte leggende sulla
vita e sulla morte della Vergine Maria, certamente identificata con la
dea slava orientale Terra Umida Madre, e in particolare il
racconto della sua visita nell’Inferno fra punizioni e peccatori
accompagnata dall’arcangelo Michele diventò molto popolare. Nei
racconti si metteva in evidenza il potere di questa donna di
intercedere presso Dio con grande efficacia e ciò impressionò
l’immaginazione collettiva poiché poneva la Madonna allo stesso
livello delle migliori znaharki. Non dimentichiamo che a
racconti simili d’altronde si ispirò lo stesso Dante nello scrivere
la Divina Commedia… Questa venerazione della Vergine “di tipo russo” fu subito messa a frutto e si aggiunse così tutta una serie di feste e di celebrazioni nella vita del mir dedicate alla Madre di Cristo. In particolare la festa del 21 novembre, chiamata dell’Entrata nel Tempio ossia quando Gesù viene presentato nel Tempio di Gerusalemme, divenne molto popolare perché si diceva che la Madonna annunciava che ormai l’inverno era alle porte, ma in più, e questa era la cosa più importante, assicurava che metteva il mondo sotto la sua materna protezione e quindi continuava a vivere. Ai bambini in special modo nelle nuove chiese si faceva quindi cantare la seguente canzone a sua gloria, mentre si distribuivano i biscotti (pirozhkì) fatti con l’ultimo grano della passata raccolta:
Questa
era anche la festa dell’ultimo mercato all’aperto che ora era però
sagra cristiana. Era una di quelle manifestazioni che, accoppiate con
le processioni di rito, la Chiesa ebbe cura di far entrare di forza
negli usi del mir al posto delle pagane guljanie,
conservando lo scopo di far incontrare villaggio con villaggio e
concorrere così ad una più rapida propagazione della fede rompendo
l’isolamento tradizionale. Se
la Madonna diventò la divinità più popolare del Cristianesimo
russo, nelle città dove abitavano i nobili si diffondeva invece
l’idea che l’intercessione dei monaci era migliore, a causa della
loro santa vita e delle loro preghiere per le anime dei morti (pomìnki).
I monaci potevano perciò salvare quasi con più certezza dalle pene
dall’Inferno. Così i nobili si affrettarono sia a farsi monaci non
appena si trovavano in fin di vita sia a lasciare in eredità ai
conventi tutto quanto possedevano (o gran parte) affinché si pregasse
per loro dopo la morte. La Chiesa diffuse persino l’idea che chi
moriva intorno a Pasqua era sicuramente diretto in Paradiso, sebbene
fosse costretta a tollerare che il cadavere fosse seppellito con un
uovo sodo colorato in rosso nella mano destra, a maggiore e antica
garanzia, e che il morto fosse seppellito anche molti giorni dopo la
morte reale… affinché risultasse defunto intorno alla Pasqua! Un
altro espediente, stavolta linguistico e concettuale e indirizzato
alla gente più colta, fu adottato dal Metropolita Ilarione (XI sec.)
per cercare di integrare le credenze pagane con quelle cristiane. Nel
suo famoso Sermone sulla Legge e sulla Grazia parla della
Trinità come Dio dei Tre Soli con un chiaro richiamo alla
venerazione degli Slavi per questo astro (Svarog,
Dazh’bog e Hors). Nel XII sec. poi finalmente
comparvero le cosiddette Letture Mensili (Minei cet’i)
ossia una grande raccolta di vite dei santi che dovevano essere letti
ai parrocchiani per far capir loro quale potenza avevano questi uomini
di Dio, rispetto agli dèi pagani ancora temuti e venerati.
Naturalmente le Vite erano adattate e rimaneggiate, talvolta
inventate, in modo che ciascuno potesse scegliersi il santo che più
gli andava bene e venerarlo a casa invece degli idoli pagani aborrendi. Insomma
i tentativi furono tanti e a tutti i livelli e mescolarono talmente le
vecchie credenze pagane con quelle cristiane che oggi è difficile
risalire da queste a quelle. Il
personaggio direttamente implicato in tutto questo lavoro di
“rieducazione” restava alla fine il volenteroso prete semplice e
ignorante, il pop. Sebbene la vita nel villaggio sembrasse
continuare a scorrere indisturbata e sebbene il pop arrivasse
mandato dal vescovo della città vicina e il mir fosse
obbligato ad offrirgli un pezzo di terra da coltivare più un aiuto
materiale per costruire casa e chiesa, l’integrazione col resto
della gente rimase circonfusa di sospetto finché tutti non si
abituarono ad avere un pop “fra i piedi” come una
maledizione divina da sopportare. Anche san Pietro dette una mano
perché fu introdotta la sua festa (insieme con san Paolo) al 29
giugno e il pop acquisì il diritto di far il giro con la sua
famiglia sul suo carro per raccogliere i doni per la chiesa e fare
propaganda religiosa casa per casa proprio in quel giorno. La sua
chiesa però continuò a non essere frequentata come si sarebbe
aspettato, perché la gente non abbandonò la sua ritualità antica
dei banchetti sacri e delle orge pagane e solo se costretta assisteva
alle liturgie. In parte era comprensibile! I banchetti che il
Paganesimo slavo allestiva con grande convivialità di popolo erano
troppo radicati nella tradizione e non potevano essere paragonati,
agli occhi dei contadini, alla ridicola distribuzione di un cibo come
le prosfore (ostie nella liturgia latina e panini
lievitati con un segno di croce nella liturgia ortodossa) fatta dal
prete fra i fedeli presenti all’Eucaristia! Figuriamoci poi, e lo
abbiamo anche detto in altri luoghi del nostro lavoro, che cosa
accadde quando si trattò di far rispettare i numerosi digiuni
prescritti… Poi
a poco a poco intorno a Kiev, Novgorod e Polozk interi villaggi
passarono sotto il controllo dei monasteri quali parti di eredità dei
signori che avevano deciso per la vita monastica prima di morire e i popy
non si presentarono più come ospiti, ma come funzionari della nuova
“amministrazione” ecclesiastica che ora aveva il pieno possesso
del mir! Ciò non bastò a sopraffare le vecchie abitudini e il
colpo più a fondo al Paganesimo Slavo poté essere inferto molto
tempo dopo con la fondazione di monasteri e di conventi nel cuore
della foresta. In verità queste chiese e questi conventi fra gli
alberi furono visti come un sacrilegio vero e proprio verso i vari
spiriti padroni che causò spesso la ribellione armata degli smierdy
che si sentivano attaccati e invasi (ancora una volta a partire
dal gorod) sul proprio territorio. Già i primi conventi erano
sorti fra gli alberi e nelle paludi intorno a Novgorod, Kiev e Polozk
(a detta di Ilarione, il Metropolita sopra nominato, già al tempo di
san Vladimiro se ne contavano 68!) sulle rovine dei sacrari pagani, ma
la vera ondata di nuovi si riversò sul territorio in maniera
sistematica attorno alla seconda metà del XIV sec. e soprattutto
dalla Bassa del Volga fin nel profondo nord. Questi
nuovi conventi, in particolare, ebbero un grande impatto economico e
scientifico sullo smierd di quelle aree. Ecco in qual modo. La
regola adottata era quella Studita elaborata a Costantinopoli
proprio intorno al tempo di san Vladimiro e che fino al XVIII sec.
rimase in vigore in tutti monasteri russi. Amministrati ormai soltanto
da monaci e igumeni russi o di cultura locale, siccome la regola
ammetteva due tipi di attività: il lavoro interno al convento fatto
direttamente dai monaci e quello esterno, in questo ultimo caso, non
potendosi allontanare dal loro luogo di “culto”, i monaci
lasciavano eseguire e affidavano agli smierdy più disperati
appunto il dissodamento della foresta e la successiva coltivazione dei
campi insieme con la cura delle bestie. Dal convento provenivano
soltanto i consigli ricavati dalle esperienze conservate nei libri
magico-divini della letteratura specializzata latino-greca,
costituendo sempre più un modello di produzione “capitalistica”
ad altissima efficenza rispetto alla coltivazione tradizionale che lo smierd
conosceva… A vedere dunque le messi migliori e più abbondanti, la
piantumazione di nuove piante dai frutti succulenti mai visti,
l’orto con erbe e aromi miracolosi portati dal sud buoni per ogni
malanno, lo smierd ne rimaneva incantato, letteralmente. Forse
gli dèi prediligevano i cristiani? Forse i riti e i sacrifici fatti
finora non erano più graditi agli dèi? Insomma lo smierd
s’accorse, confrontandosi con quella superiorità tecnica e
culturale di gran lunga più avanzata, che, attraverso l’opera e
l’esempio della Chiesa, stava per crollare tutto un suo universo
fondato sulla tradizione pagana. In
altro luogo abbiamo detto che lo smierd aveva un computo del
tempo molto diverso dal nostro poiché il suo calendario era nei segni
che la natura dava giorno per giorno (primet) e che lo smierd
ben individuava e interpretava. L’archeologia ci suggerisce che ogni
giorno che passava fosse inciso sullo stipite della porta e i giorni
più significativi erano segnati con tacche particolari. Ebbene, anche
di questo suo modo di ricordare i giorni e i mesi la Chiesa si affrettò
ad impadronirsi e al posto del Giorno delle Allodole, del Giorno
del Rod o del Mese della Mietitura ci pose i suoi santi
lasciando che col tempo si creasse intorno al santo del giorno una
tradizione di eventi e di miracoli che si adattassero più o meno con
il passato pagano. In questo modo san Nicola (Mikula in
antico-russo), vescovo di Mira morto nel 343 e la cui festa cadeva (e
cade) il 9 maggio, approdò nella Rus’ di Kiev e diventò
popolarissimo. A questo santo (detto in russo il Caldo) era
costume dedicare la Festa dei Ragazzi Pastori perché per
questa data i giovani ormai adulti portavano per la prima volta i
cavalli a pascolare! Si accendevano i fuochi nell’ùliza del mir
e si rimaneva a mangiare, cantare e danzare tutta la notte. Vi
partecipava volentieri il pop che benediceva i cibi e che
raccoglieva i vecchi soli e abbandonati da lui invitati (ed istruiti ad
hoc) al convito a raccontare ai giovani astanti le proprie
esperienze, e che stava soprattutto attento affinché non si
scivolasse nelle orge solite. D’altronde san Nicola è noto in tutto
il mondo ormai sotto le spoglie di Babbo Natale (c’era la seconda
festa di san Nicola, detto stavolta in russo il Freddo, il 6
dicembre!) e quindi non ne parleremo oltre. Una cosa curiosa è invece
che il santo ebbe la venerazione dei musulmani di certe zone del Volga
e, a detta di A.A. Korinfskii, questo culto si conservò fino al XIX
secolo! Non
bastarono però i santi e il Cristianesimo si insinuò in punta di
piedi persino nell’izbà. Come? Vediamo un po’ meglio. La
ripartizione dell’izbà in gran parte è rimasta quella che
era nei tempi antichi, ma certe suppellettili hanno cambiato di forma
e di posizione ed altre se ne aggiunsero proprio nei secoli
contemplati nella nostra ricerca. Ad esempio, fu introdotto il tavolo
per desinare ad imitazione… dell’Altare della Chiesa!
Addirittura, non si seppe neppure come chiamarlo. Nell’izbà
non entrò un tavolo vero e proprio, ma uno scranno un po’ più alto
dei soliti e quindi andò bene chiamarlo proprio così: sedia ossia
stol! Questo elemento di arredamento si mutò però nel simbolo
del potere poiché al vecchio (starik, bolsciak, starozhilez)
della casa fu infatti assegnato proprio il posto “a capo della
tavola”. Si sedeva per primo, mettendo in soggezione tutti coloro
che sedevano dopo di lui e, per forza di cose, davanti a lui. L’izbà
che aveva una tavola era dunque stòlnaja (ossia con tavolo,
come era chiamata la città capitale!) e là abitava il più
anziano del villaggio, rappresentante del potere! Il più vecchio era
stata sempre la persona più riverita e più accreditata per parlare a
qualsiasi estraneo a nome di tutto il mir (il ciur era
passato ormai nelle leggende), ma col Cristianesimo diventò
l’interlocutore preferenziale del pop e, per il nobile
locale, addirittura l’affidabile starosta (sindaco)
che raccoglieva il tributo e i prodotti di mezzadria! Lo starozhilez
conosceva infatti molto bene tutte le tradizioni, le usanze, le
famiglie, le parentele, i confini dei campi e delle foreste. Restava
il problema costante di come fare ad accattivarsi le sue simpatie… Purtroppo il pop oltre a tanta buona volontà non disponeva di influenze politiche o di ricchezza tali da poter promettere regali ed onori se l’anziano avesse risposto positivamente a quanto la Chiesa richiedeva e così questi due personaggi si confrontarono talvolta anche con toni molto aspri, come si deduce dalla byline. L’unica ricompensa che il prete cristiano offriva era la salvezza dell’anima dalle pene del fuoco eterno… dopo la morte! Sicuramente il pop invitò lo starozhilez ad associarsi nelle celebrazioni solenni nella chiesa per dare l’esempio agli altri, ma il problema a volte era che il pop non si accorgeva che stava parlando proprio con colui che era il Capo del Paganesimo, il volhv del villaggio… A questo punto lasciamo al lettore immaginare la miriade di controversie che si ebbero in molti di questi incontri, sottolineando ancora una volta alcuni possibili casi sfortunati:
oppure, se si sentiva abbastanza potente, · incitare il mir a cacciare il pop quale ospite indesiderato. Malgrado
tutto questo, noi sappiamo che la distruzione del mondo del mir
era ormai stata decisa ed avviata! E a questo punto riportiamo le
parole di V. N. Djomin che ci sembrano adeguatissime a chiarire quanto
detto sopra, anche in riferimento al famoso e controverso Libro di
Veles annotato dal conte Uvarov nel 1858 ed esaltante il
Paganesimo della campagna. «Non tenendo conto delle misure
draconiane e della politica inquisitoria, alla Chiesa non riuscì in
alcun modo di eliminare ciò che la stessa natura fornisce come
conoscenza. Né i russi né gli altri popoli si separarono mai dalle
relazioni del proprio Paganesimo con l’Universo e col mondo
circostante, sentendosi comunque parte di quel mondo. Come diabolico
marchia la Chiesa il primo trattato cosmologico russo del XII sec. che
parla della fede della gente nel Sole, nella Luna, nelle Stelle e nei
Fiumi e nelle Sorgenti e negli Alberi … e nel Fuoco e negli Animali
e in tante altre cose diverse…». Alla
fine agli smierdy non rimase che perseverare nei loro riti
pagani, salvo che essi (mascherati!) si svolgessero sotto l’egida
della Chiesa e con la partecipazione – economica! – del
pop ossia con la cessione di una parte di produzione
agricola (popova dolja) uguale a quello che percepiva una volta
il volhv come offerta sacrale agli dèi e per il proprio
mantenimento. Prova ne sia (fra le altre!) che si continuò intorno
alla seconda metà di agosto quando si raccoglieva il primo miele, a
portare in Chiesa i favi più abbondanti affinché fossero benedetti,
invece che portarli al sacrario pagano per ringraziare gli dèi che
avevano fatto lavorare bene le loro “operaie divine”… ed una
parte di quel miele veniva ceduta al pop! Il
peggio fu quando la Chiesa, come abbiamo visto, col diritto di
intervenire nel diritto di famiglia cominciò subito a condannare la
promiscuità sessuale ed economica che era negli usi da sempre. Sancì
che la donna e l’uomo che si sposavano, fondavano una nuova famiglia
e che questa aveva il diritto (ed il dovere) di erigersi una nuova
casa, avere una discendenza separata, coltivare campi propri (di
proprietà cioè) e così via. Non solo! Iniziò anche la conta delle
persone quando si obbligò ogni donna incinta a denunciare il prossimo
parto affinché il pop battezzasse il nascituro, nato vivo o
morto,... per salvarne l’anima! Insomma qui si interveniva già
sull’inizio naturale di tutta la società. Era un’impresa titanica
intervenire con cambiamenti così netti in una materia tanto complessa
che contemplava molti eventi della vita di un uomo e della collettività:
Nascite, Matrimoni, Morti, Parentele, etc. E
qui ci si accorse che la figura centrale del mir russo,
malgrado tutte le apparenze di dominanza maschile, da abbattere o con
la quale allearsi era la donna, sia come consorte sia come madre sia
come… znaharka! Sono
state formulate delle ipotesi su un supposto matriarcato primordiale
nelle società slave antiche e probabilmente queste ipotesi
corrispondono a verità poiché rimasugli di questa autorità
femminile traspaiono spessissimo qui e là, persino nel primo corpo di
leggi russe, la Pravda Russkaja di Jaroslav il Saggio,
risalente al XI-XII secolo!
Per questo motivo, dopo l’eliminazione del regime matriarcale e a
difesa del ruolo del maschio nel nuovo regime patriarcale, il sesso
femminile era sottoposto alla stretta tutela del capo-famiglia (la
donna era la prima ad essere venduta in schiavitù o al marito)! Se il
patriarcato era l’evoluzione ultima del mir, esso si presenta
ai nostri occhi come una società troppo chiusa verso le forme più
articolate delle relazioni umane diverse da quelle del padre-padrone.
E’ vero! Questa chiusura ci ha conservato costumi ed usanze che
altrimenti avremmo perso nel tempo, ma è anche vero che, di fronte
allo sconvolgimento che l’élite slavo-variaga al potere e il
suo Cristianesimo stavano portando avanti con la forza lungo le
correnti dei grandi fiumi, tutto questo non poteva non riflettersi
nell’intimo dello sterminato paese. Ciononostante intere aree
geografiche delle Terre Russe si chiusero spontaneamente alle nuove
correnti culturali, assolutamente isolandosi. E’ il caso del famoso Poles’e
(ossia la Foresta altrimenti detta Paludi del Pripjat),
poco a nord di Kiev, o dell’estremo nord intorno all’attuale Arhangelsk
sul Mar Bianco parte del territorio “repubblicano” novgorodese.
Queste regioni continuarono a rimanere “selvagge” e pagane fino al
XVI-XVII sec., sempre secondo la definizione delle Cronache!! Una
cosa non possiamo dimenticare. La Chiesa fu l’istituzione che unificò
e consacrò come lingua veicolare l’antenato delle tre lingue
slavo-orientali che oggi si parlano nella Pianura Russa: il cosiddetto
Slavone Ecclesiastico! Addirittura è ancor oggi un punto di orgoglio
per lo storico ortodosso che affronta lo studio della civiltà
occidentale medievale omogeneizzata dal Cristianesimo Cattolico Romano
che, mentre il russo sapeva sempre di che cosa si parlava nella
liturgia della sua Chiesa, gli altri cristiani europei che dovevano
ascoltare tutto in latino, seguivano il rito senza parteciparvi in
quanto non capivano alcunché di quello che il prete diceva
sull’altare!
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Estratto dal
libro di Aldo C. Marturano: VITA DI SMIERD, Cibo e Magia nel Medioevo Russo (in collaborazione con William Lamberti, presidente dell'associazione dei Ristoratori italiani di Mosca, e con la MGU
- Università di Mosca - Progetto SOKOL), in corso di stampa.
©2006 Aldo C. Marturano