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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 38/1 |
Vytautas Didysis
Il dominio di Demetrio del Don (Dmitrii
Donskòi) fu diviso fra i figli: a Basilio, il maggiore, andava
Mosca e le sue dipendenze, a Giorgio, Zvenigorod e Galic’, ad Andrea
Mozhaisk e la lontana (ma economicamente e strategicamente molto
importante) Lagobianco nella Terra di Perm’ e infine a Pietro, la
piccola Dimitrov o Dmitrov. Se localizziamo questi nomi sulla carta
geografica vedremo che essi si trovano, più o meno, lungo le rive del
Volga e dei maggiori affluenti nel suo corso superiore e tutti –
questo è notevole! – confinano con la regione di Mosca. Oltre ai territori pare poi che al
primogenito fossero passati in
eredità anche alcuni progetti politici da perfezionare e da portare a
compimento… Quali? Dopo la spedizione punitiva di
Toqtamysc’ del 1382 (alla quale abbiamo
accennato) per ribadire
l’autorità di Sarai su Mosca, già vendicarsi poteva essere il
primo obbligo istituzionale di Basilio benché nel testamento
spirituale di Demetrio tramandato dalle Cronache non siano chiaramente
espressi suggerimenti sul come comportarsi per liberarsi dalla
soggezione dei Tatari. Qui si legge una semplice chiosa: «… se
Dio farà cambiare l’Orda, i miei figli non cercheranno vie di
scampo in essa…». Ciò però vuol dire tutto e niente e per di
più Basilio “in gioventù” era stato per molto tempo un ostaggio
di Sarai, finché non era stato liberato per i buoni uffici degli
uomini del principe lituano Vytàutas e trasferito in Moldavia. Dunque
doveva conoscere bene i Tatari o per lo meno avere con loro una certa
famigliarità e parlare la loro lingua… Per queste ragioni se Basilio in realtà
avesse avuto in serbo qualche velleità di affermarsi quale
“erede” della Rus’ di Kiev e contro i Tatari, come si crede di
leggere nelle parole di Demetrio da parte di qualche autore russo,
certamente non è in questo documento che va cercata. Né esiste una
scelta ben chiara da parte della Chiesa Russa del sovrano moscovita
quale Riunificatore delle Terre Russe rispetto al lituano, fino
a questo momento! Saranno le circostanze successive a decidere e a
suggerire al Metropolita di vedere negli epigoni della dinastia
moscovita i Riunificatori… in nome di Cristo! Una di queste circostanze è, a nostro
avviso, la nuova figura di sovrano di concezione occidentale che si va
propagando in questi anni nel nordest. In precedenza abbiamo parlato del sistema
di governare le Terre Russe come un affare “privato” della
famiglia dei Rjurikidi attraverso la famigerata lestviza, ora
al contrario il nuovo modello che va di moda proprio attraverso
l’esempio della Lituania è quello del monarca assoluto “benedetto
da Dio” e non più investito dell’autorità dovuta all’anzianità
o per il fatto di ricevere il jarlyk di Gran Principe dai
Tatari. A parte tutto questo Cipriano
(favorevolissimo al matrimonio di Basilio con la figlia di Vytàutas)
è accolto a braccia aperte a Mosca in virtù della sua carica.
Pimen’ ormai è morto e, quando qualche anno dopo muore anche san
Sergio di Radonezh, Cipriano è libero da ogni concorrente e la
vecchia partita è definitivamente chiusa e la Chiesa Russa ritorna
una e con un’unica autorità giurisdizionale su ortodossi
“lituani” e ortodossi “russi”! è vero! La capitale istituzionale della
Bassa rimane ancora Vladimir-sulla-Kljazma dove Alessandro Nevskii si
era fatto proclamare Gran Principe nella Cattedrale dell’Assunzione
tantissimi anni prima. è vero che, benché questa città
continuasse ad esser considerata la sede naturale del principe
anziano, da tempo ormai, non appena ottenuto il jarlyk da
Sarai, il Gran Principe era obbligato venire qui per farsi incoronare
dal Metropolita, ma poi l’incoronato poteva decidere di continuare a
risiedere nella città di provenienza e ad occuparsi dei propri
affari. Vladimir dunque aveva sostituito, senza una ragione giuridica
vera, Kiev in queste funzioni e per questo andava fatta una scelta per
svuotarne l’importanza. Ma quale città poi mettere al suo posto?
Demetrio aveva già fatto il passo fatidico ed aveva invitato e
accolto presso di sé il Metropolita a Mosca con la scusa di
garantirgli protezione e sicurezza. Contro chi? Non si riesce a capire
bene… Poi con la confusione creatasi intorno a
questa carica ecclesiastica e col fatto che anche il Metropolita aveva
bisogno di un jarlyk dai Tatari per non pagar tasse sui
latifondi ecclesiali che si andavano sempre più accrescendo, abbiamo
visto come la faccenda era andata a finire. A Vladimir d’altronde
continuava a risiedere il Gran Baskak (esattore capo delle
imposte tataro) che faceva da occhi e orecchie per il khan di
Sarai e la presenza di questo personaggio era un problema di cui
andava tenuto dovuto conto. Se però guardiamo alla Chiesa Russa dal punto di vista religioso, ci accorgiamo che ad essa è dato il ruolo di interpretare i disegni divini ai quali è affidata tutta l’umanità e le azioni politiche di coloro che Dio ha scelto per governare “santamente” gli uomini! Ora però che si profilavano più centri di potere nelle Terre Russe (Lituania, Mosca, Tver e Novgorod, senza dimenticare Kiev) come fare a guidare un principe “santo”, se Dio non indica qual è quello giusto? Certo! Un Metropolita eternamente itinerante “alla ricerca dell’eletto da ungere” o “da consigliare e porre sulla retta via” potrebbe essere utile, ma, se fosse così, come intervenire tempestivamente su questo Gran Principe (chiunque esso sia) quando ce n’è bisogno? Al contrario che in Occidente la
situazione di frammentarietà degli stati russi, la limitatissima
osmosi fra città pensante e sudditi operanti, la quasi inesistente
stratificazione in classi della società medievale russa (ora che la
funesta presenza di due Metropoliti era risolta) aveva portato finora
solo sconquasso nel monopolio del pensiero ecclesiastico (erano
apparse le prime eresie!). Dunque andava rimesso tutto di nuovo nei
canali della dottrina ufficiale “unitaria” aborrendo addirittura
qualsiasi pensiero laico e laicista. Il sovrano doveva proteggere, sì!,
la Chiesa, ma anche sottostare alle indicazioni che Dio gli dava
attraverso i suoi “santi uomini”! Soltanto così la Chiesa Russa,
unica organizzazione “pensante” delle Terre Russe, concepisce un
futuro stato riunito sotto l’egida di Cristo ed elabora la teoria
della santità della Rus’, purché ri-unita: è
la
teoria storico-religiosa della missione del Sobiratel’stvo Rusi… Dall’Occidente intanto, dopo la
conquista di Costantinopoli nel 1204 da parte dei Crociati, era venuta
una spinta simile e la riunione di tutti i popoli cristiani era già
in corso… sotto l’autorità papale che stava avendo tanto successo
politico! Dobbiamo anche dire che le relazioni fra le due Chiese,
Cattolica latina e Ortodossa greca che vicendevolmente si condannavano
da secoli come scismatiche, sono mantenute e sono ancora buone. E
allora, c’è una possibilità realistica di riunire latini e
ortodossi? Cipriano lavorerà per questo dalla decentrata Mosca
alleandosi e appoggiando le mosse politiche ora di Jogaila,
sicuramente cattolico romano, e ora di Vytàutas, sebbene
quest’ultimo passi con disinvoltura da un battesimo all’altro e
litighi aspramente col cugino. La Chiesa Russa dipende comunque da
Costantinopoli (il Patriarcato è ridiventato ortodosso con Michele
VII Paleologo, sebbene rimanga in trattativa coi Latini per
l’Unione), ma il Patriarca non sembra aver più l’autorità di
prima per intervenire e appoggiare Cipriano efficacemente, ora che ci
sono duri contrasti con l’Imperatore. Sul Bosforo infatti Giovanni V
Paleologo (fautore di Cipriano che allora era ancora monaco a Monte
Athos) addirittura è passato alla fede latina, unica condizione – a
suo dire – per avere un aiuto militare contro i Turchi che gli
rubano lembo per lembo il territorio utile dell’Impero, e il
Patriarca in carica ha già dichiarato che non a niente a che vedere
con questa operazione che considera una questione strettamente
personale dell’Imperatore! Dai documenti che leggiamo ci pare che da questo lato Cipriano è in pratica abbandonato a se stesso e, se occorre scegliere la protezione di uno dei signori della Bassa, sarà quella del più promettente. Ora come ora però, se dovesse scegliere con chi stare nel mondo, dovrebbe accollarsi la pesante responsabilità di accrescere la confusione che regna nella regione quanto a supremazia. Perciò, prudenza! Basilio potrebbe essere il candidato buono! In particolare, dato che Vytàutas è anziano e non ha altri figli oltre Sofia, il knjaz moscovita, da unico genero, potrebbe essere benissimo il suo successore e Cipriano potrebbe giocare su entrambi i tavoli, russo e lituano, per riunificare il Regno di Cristo! In quel XIV secolo poi, sempre a causa
delle beghe della Chiesa Russa, s’è aggiunta alle altre questioni
la sospettata minaccia di proclamazione dell’autocefalia da parte
dell’Arcivescovo novgorodese quando la Chiesa del nord paventa degli
attentati alla “sua” indipendenza amministrativa! Qui s’inserisce la parte che Vladimiro
di Serpuhov può avere in questa questione. La sua soggezione a
Basilio è totale e lo sappiamo. è il suo padrino visto che il
ragazzo gli era stato affidato da Demetrio e poi perché è molto più
vecchio di lui ed ha tantissima esperienza, ma sarà stato anche
geloso dell’influenza di Vytàutas sul ragazzo, quando era stato
sottratto alle grinfie di Sarai e tenuto presso il lituano invece di
essere subito restituito a suo padre a Mosca. “Zio”
Vladimiro dunque controlla col suo udel gran parte delle
correnti di fiume che Novgorod-la-Grande usa per entrare nel Volga da
destra e perciò costituisce una leva importante e ricattatoria verso
la ricca città del nord dalla quale dipende tutta l’economia della
Bassa! Per quanto riguarda Novgorod (attenzione a non confonderla con
Novgorod-della-Bassa) aggiungiamo che (ufficialmente non dipende da
Sarai non avendo bisogno di jarlyk per esistere), senza
un’agricoltura sviluppata nel suo territorio, questa città è
obbligata a comprare i cereali dalla Bassa e così per il quieto
vivere già dal tempo di Alessandro Nevskii si è piegata (per non
tagliarsi i viveri!) a pagare una tassa “tatara” molto consistente
e ad accettare per la propria difesa militare un Rjurikide! La tassa
non era pagata regolarmente e talvolta non era arrivata neppure nelle
tasche del khan in carica e proprio sulla raccolta di questa
tassa un famoso avo di Basilio, Giovanni (detto a ragione il
Borsello ossia col linguaggio della gente semplice, Ivàn Kalità),
si era costruita la ricchezza dell’udel moscovita ed aveva
inaugurato la scalata economico-territoriale-politica che Demetrio,
con l’aiuto di Vladimiro di Serpuhov, aveva poi continuato. Dunque,
se Mosca vuol crescere, deve contare su Novgorod-la-Grande e tenere
sempre ottimi contatti con Vladimiro di Serpuhov. Forse per questo motivo il Monastero
della Trinità, sede del grande san Sergio di Radonezh, viene affidato
alla protezione di Vladimiro. Ecco dunque che in Terra Russa, siccome
la Chiesa in quegli anni resta l’unica istituzione che fa politica unitaria,
la storia dei Rjurikidi può continuare solo all’ombra della
“loro” Chiesa e noi siamo dell’avviso (ci perdonerete la
digressione) che l’eredità bizantina dell’Impero Moscovita era da
questo angolo di visuale un’eredità legittima che non poteva che
sfociare nell’atteggiamento estremo verso il resto del mondo che
ebbe e consolidò Giovanni IV detto il Terribile, vero ed ultimo
Romano Imperatore e nipote diretto di quel Basilio di cui stiamo
parlando in queste righe. Fissati questi punti, continuiamo allora
il nostro racconto… Forse al nostro lettore più informato sembrerà strano che nel
nostro discorso non sia ancora entrata la Morte Nera che devastò
l’Europa dal 1347 al 1351 e in varie altre ondate anche negli anni
successivi. Fu un avvenimento talmente micidiale da svuotare
letteralmente quasi tutte le istituzioni feudali d’Occidente,
cambiando radicalmente le interrelazioni fra uomo e uomo, fra regno e
regno, fra Terra e Dio. In realtà neppure le Terre Russe ne
restarono immuni, se non per qualche tempo. E stranamente! Infatti la
peste si era propagata dalla Cina, aveva attraversato le steppe
ucraine ed aveva assalito i Genovesi proprio a Caffa sul Mar Nero
prima di proseguire per l’Italia e propagarsi in Europa
occidentale… Tuttavia la peste giunse pure qui, ma
anni più tardi e non fece altrettante vittime come in Occidente a
causa della diversa distribuzione della popolazione e della
limitatissima comunicazione fra città e campagna. Per questa ragione
non provocò mutamenti altrettanto incisivi nel potere vista
l’organizzazione famigliare dei Rjurikidi dove fra i tanti figli,
con grande probabilità qualcuno sopravviveva sempre. Soltanto
Novgorod, dove il numero di abitanti era maggiore di qualsiasi altra
città russa dello stesso periodo e dove non esisteva una dinastia
regnante, ne risentì pesantemente tanto che fu costretta a diminuire
e a diversificare la propria produzione di merci per la mancanza di
mano d’opera in quel XIV secolo. I suoi traffici verso il sud
cambiarono di consistenza e di valore e, soprattutto, di direzione!
Certamente la peste fu solo una delle cause di queste “mutazioni”
novgorodesi, mentre risultò determinante per la ripresa economica
della città la crescita dei mercati europei occidentali i quali, dopo
le ondate della sciagurata epidemia, erano ora diventati più attivi e
con nuove e maggiori domande d’acquisto. Ecco perché sia l’Hansa
di Lubecca sia i Cavalieri Teutonici, pur reduci dalla peste, proprio
in questo scorcio di secolo si affermano nel Baltico come i mediatori
di questi traffici e crescono commercialmente operando quasi
all’unisono (le due organizzazioni d’altronde erano nate dai
benevolenti della stessa città, sebbene per scopi differenti).
C’era di sicuro una differenza! Se i Cavalieri destavano qualche
sospetto di tentata conquista quando siglavano accordi, l’Hansa da
questo punto di vista era certamente più neutra e quindi le si
offrivano più possibilità di aprire proprie rappresentanze “sotto
casa” dei governanti russi e così a Novgorod oltre alla Corte di
san Pietro l’Hansa aveva ora incorporato anche quella di sant’Olaf,
una volta appartenuta ai Goti dell’isola di Gotland e in altre
parole costituiva il
maggior partner commerciale della repubblica nordica! Dell’Hansa ne
godevano però pure Polozk e Smolensk dove c’erano altri uffici
anseatici, tranquillamente accettati dai regimi principeschi
russo-ortodossi… Ciò però non limitava la dipendenza
“alimentare” del nord dalla Bassa. Certo, Novgorod poteva comprare
le derrate alimentari dall’Occidente, ma i costi sarebbero stati
eccessivi. è
molto importante tenere conto di quella situazione
novgorodese poiché è proprio contro la repubblica e le sue alleanze
che Basilio e Vytàutas dirigeranno il loro sguardo e le loro
ambizioni. D’altronde Novgorod doveva pagare le forniture della
Bassa e lo faceva con i traffici attraverso il Volga. Il fatto però
che l’Orda d’Oro, in quello stesso tempo, evidentemente non
riusciva più a controllare tutti i territori soggetti con i vari capi
locali continuamente in lite fra di loro per la percezione dei dazi
lungo le rive, avevano reso questa via d’acqua poco sicura e,
vedendo che lungo il fiume si ripetono continui atti di guerra ormai
quasi regolarmente ad ogni bella stagione, erano più le barche
piratesche che quelle dei mercanti. Mosca, malgrado il vantato controllo
sulle vie d’acqua interne, soffre più degli altri udel per
non riuscire ad imporre la propria politica per un dominio unitario e
alla fine risulta esercitare un controllo (soltanto parziale!) lungo
la scorciatoia fluviale nord-sud interna (dalla riva destra del Volga)
da Volok Lamskii, il grande deposito logistico di Novgorod, fino al
fiume Kljazma. Più in là soprattutto a partire dalla confluenza di
Novgorod-della-Bassa (ossia Nizhnii Novgorod) non può impedire
che regni la confusione delle competenze. Infatti, passata
quest’ultima città, i balzelli non si pagavano più e soltanto -
come una volta - ai Bulgari della Kama (quelli che in futuro si
chiameranno i Tatari di Kazan’), ma si erano moltiplicati e
rincarati poiché ciascun capo locale rivierasco voleva la sua parte a
scapito di Sarai. La prima mossa che Basilio fa come Gran
Principe però è quella di rito. è
giunto infatti il tempo di sposare
Sofia figlia di Vytàutas (Basilio ha ormai 17 anni e ha conosciuto la
ragazza in Moldavia quando questa si trovava lì con suo padre!) e così
un bel giorno i bojari moscoviti Alessandro Polje, un certo Bjelevut e
un certo Sjelivan si recano in Prussia, dove in quel momento padre e
figlia si trovano ospiti dei Cavalieri Teutonici, per trasferire la
promessa a Mosca e celebrare il tanto sospirato matrimonio col rito
ortodosso. Questa è una mossa molto azzardata dal punto di vista
religioso da parte di Vytàutas , ma sembra che in quel momento i
Cavalieri non avessero delle direttive rigide a riguardo. La giovane è figlia unica (un fratello
sembra essere morto prematuramente) e viene così affidata al parente
più anziano, il principe lituano Giovanni figlio di Olghimont, e la
carovana, attraverso le Terre di Novgorod (chiamate i Quinti),
discende verso Mosca dove finalmente si celebrerà il tanto atteso
sposalizio. L’evento fu epocale per tutta la Bassa perché indicava
a chiare lettere da che parte si sarebbe posta la Lituania in caso di
litigi fra i Rjurikidi e come le Terre Russe ormai rientrassero nella
sfera d’influenza lituana e, chissà in futuro, anche in quella
della Chiesa di Roma. Basilio non può però trascurare il peso
di Sarai. Una prassi non consolidata prescriveva che il Gran Principe
che, dopo la consacrazione a Vladimir da parte del Metropolita, di
presentarsi per il jarlyk a Sarai e fare omaggio al khan
Toqtamysc’. Basilio esegue tutto secondo la tradizione e in più
avvisa il Metropolita che il jarlyk che va a prendere non potrà
pagarlo tutto da solo dalla sua cassa di principe mezza vuota, ma che
la Chiesa deve coprire una parte dei costi! Non ci sono soldi,
Santità! La missione finalmente è pronta e parte
diretta all’Orda nel 1392. è
stata preparata con cura e viene
perciò accolta con grandi onori. Ciò non basta poiché tutti notano
che questa cortesia è solo l’apparenza dovuta alla parentela di
Basilio con Vytàutas (molto stimato da Toqtamysc’) e quindi, senza
perder tempo, s’intavolano le richieste e gli argomenti che stanno
più a cuore. Altre però sono le preoccupazioni del khan
che s’aspetta un’invasione del Tamerlano da un momento all’altro
e quindi costui tergiversa e rimanda. Timur i-Lang da Samarcanda (il
Tamerlano) si trova in campagna militare proprio a sud del Caspio e
l’Orda ha interesse che i russi collaborino sia offrendo aiuto
militare (e ce n’è bisogno!) sia standosene tranquilli senza creare
troppi problemi. Ritorneremo su questo un po’ più avanti… Ad ogni buon conto, non ci crederete, ma
Basilio rimane a trattare a Sarai per ben tre mesi! Al rientro tuttavia ha ottenuto molte
cose: Ha evitato di lasciare troppi uomini a guerreggiare per il khan.
In più ha nelle mani un riconoscimento della sua autorità su alcune
città russe lungo il Volga che interessavano in particolar modo!
Soprattutto ha “carta bianca” sulla presa di possesso di
Novgorod-della-Bassa dove ora c’è suo cugino Boris! L’azione è
immediata. Appena giunto nelle vicinanze di Kolòmna, sulla via del
ritorno da Sarai, manda a Novgorod-della-Bassa i suoi bojari insieme
con i rappresentanti di Toqtamysc’ per annunciare il passaggio di
proprietà della città. In precedenza Boris aveva già paventato
queste manovre contro di lui e aveva radunato i suoi per un consulto.
Il capo dei suoi bojari, un certo Rumjanez, “comprato” da Basilio,
lo aveva convinto allora che valeva la pena accordarsi con Mosca e
perciò, quando la delegazione moscovito-tatara è sotto la città, è
proprio Rumjanez in persona che dà ordine di aprire le porte. I bojari moscoviti corrono subito al
campanile maggiore, radunano la popolazione al suono delle campane ed
annunciano che il nuovo signore della città sarà un namestnik
di Mosca. E Boris? Il povero principe insieme con la sua famiglia è
stato messo ai ferri e sotto scorta armata mandato fuori! Il colpo grosso dunque è fatto! Una
volta impadronitisi di questa postazione daziaria, il Volga è
completamente sotto controllo moscovita fino a Kazan’. Oltre
Novgorod-della-Bassa infatti sono andate a Basilio anche le cittadine
di Gorodez, che si trova un po’ più a monte, ma anche Murom e Mesciòra
dalla parte di Mosca! Naturalmente si tratta ora di mantenere queste
posizioni e logicamente si prevedono scontri frequenti con gli altri
principi parenti. Un esempio immediato? I nipoti del sopra
nominato Boris, fra cui un certo Simeone, avevano continuato a sedere
sui troni di Suzdal in quanto Basilio li aveva lasciati indisturbati
dove erano, ma poi costoro, non appena nel 1394 seppero che Boris era
morto, sfruttando la scusa della loro visita a Sarai per la conferma
del jarlyk per il proprio udel e dintorni, cercarono di
ricomprarsi anche quello di Novgorod-della-Bassa. E così qualche anno
dopo, uno dei due discendenti di Boris, Simeone, con l’aiuto di un
contingente tataro (non mandato da Sarai, ma sicuramente da qualche
capetto locale intorno a Kazan’ di cui lo storico Pcelov dà il
nome: Jetjak) assedia Novgorod-della-Bassa, per riconquistarla
alla sua famiglia. Basilio manda i suoi armati ausiliari con
a capo il fratello Giorgio e dopo qualche scaramuccia, i Tatari e
Simeone sono ricacciati verso sud (fra i Mordvini finnici della zona).
Mosca però non vuole ricevere ulteriori sorprese dai figli di Boris né
scontrarsi coi Tatari inutilmente. Manda a cercare Simeone e compagni
per metterli sotto chiave. è
suo fratello Giorgio che ha
l’incarico della battuta che dura ben tre mesi! Costui riesce però
a trovare e a catturare la moglie di Simeone, Alessandra. La deporta a
Mosca, dove costei rimane finché il marito non si piega a riconoscere
Basilio quale principe anziano e ad interrompere ogni ulteriore azione
di disturbo. E un altro paletto é così definitivamente piantato per
il controllo del Volga poiché sembra che in questa campagna si riuscì
a sottomettere a tributo persino Kazan’… Tuttavia non è finita… Ora gli occorre
una collaborazione incondizionata da parte Vladimiro di Serpuhov perché
teme defezioni anche da parte sua. è vero! Ha sottoscritto un
trattato di amicizia eterna dove era persino detto espressamente che:
«Se io stesso, Basilio di Mosca, mi trovo assediato nella mia
città e riesco a farti fuggire, tu uscirai, ma lascerai in ostaggio
presso di me tua moglie e i tuoi figli e i tuoi fidi bojari e così
farò io nel caso che fossi io ad esser fuggito, perché lascerò a te
mia madre, i miei fratelli e i bojari miei». Un accordo di ferro
in piena regola… ma ne occorre uno ulteriore nel quale adesso appaia
la cessione di Volok Lamskii a Mosca, in cambio di Gorodez per
Vladimiro. E anche questa spartizione è fatta affinché non sorgano
mai più liti con lo “zio” e tutto avvenga con il tacito assenso
di Sarai e di Vytàutas… Sebbene a quel che sembra Basilio non
doveva eccellere granché rispetto agli altri suoi fratelli, salvo
testardaggine e durezza come vedremo in seguito, ciò non toglie che,
in questi primi anni da Gran Principe si sta dando parecchio da fare
nell’espansione sistematica dell’udel. Ed ora finalmente la sua meta prossima è
Novgorod-la-Grande… Come abbiamo detto, per tradizione la
repubblica del nord prendeva ad ingaggio per periodi definiti e
rinnovabili il figlio primogenito del Gran Principe kieviano affinché
facesse da comandante militare alle truppe di difesa della città e
del territorio annesso in caso di scontri e guerre. Da quando Kiev però
non contava più come prima (o meglio per Novgorod l’itinerario via
Kiev non era più interessante) e il baricentro politico dei Rjurikidi
si era spostato a Vladimir-sulla-Kljazma, il comandante militare
poteva a questo punto essere chiunque dei figli o degli uomini fidati
del Gran Principe rjurikide con regolare jarlyk. Con tale veste
Basilio perciò invita i novgorodesi a Mosca affinché “scelgano”
il rappresentante militare (in russo namestnik) che
lui offre! Quella volta i novgorodesi non si fecero pregare: per loro
un namestnik moscovita o uno lituano o uno di un’altra città
non faceva molta differenza! L’importante era però che si
rispettassero i vecchi privilegi d’autonomia della città (concessi
da Jaroslav figlio di san Vladimiro di Kiev secoli prima) e comunque
sperando… che il namestnik sapesse fare il suo lavoro!
L’accordo fu trovato lungo queste linee, benché con qualche
ambiguità interpretativa, e Novgorod accettò quale capo delle forze
di difesa della città il bojaro Eustachio Syt (o Sysc’), moscovita.
Risolto il problema del namestnik
per Novgorod e della promessa di quella città di incrementare i
traffici, restavano le questioni pendenti con la Lituania che ad ogni
occasione cercava di ingerirsi degli affari di Mosca. Per
quest’ultima circostanza è bene sottolineare due aspetti: La
personalità forte e decisa di Sofia e quindi la sua forte influenza
sul marito accondiscendente, i costanti contatti di costei con suo
padre e l’accordo fra suo padre e Jogaila e fra suo padre e i
Cavalieri Livonici e Teutonici. In realtà fra questi due cugini il Gentlemen’s Agreement sarà ufficialmente stilato soltanto nel 1395 nella cittadina di Krevo, ma già in questi anni si stava cercando una linea comune di pace. A Krevo infatti fu messa per iscritto la parola fine alle beghe personali che stavano insanguinando le Terre Russe e i due principi lituano-russi si accordarono per una collaborazione perpetua. Anzi! Subito dopo la firma con una grande e solenne cerimonia a Vilnius Vytàutas viene proclamato e benedetto “cattolicamente”, vita natural durante, Granduca di Lituania e delle Terre Russe e Fratello Minore (cioè vassallo) di Jogaila, mentre quest’ultimo rimane – ormai è il suo destino – nella sfera politica della Polonia di cui è già re. Come si vede in questo discorso Mosca è tenuta assolutamente fuori! Quella fine di secolo vede dunque grandi
rivolgimenti nella regione e questi coinvolgono un po’ tutti, chi più
e chi meno da nord a sud tanto che non fa meraviglia la presenza dei
polacchi alla corte tatara che operano per conto di Vilnius o dei
Tatari in quella moscovita. Vytàutas ha grandi mire sulla Bassa del
Volga, e probabilmente il matrimonio di sua figlia con Basilio fa
apparire ai suoi occhi questo dominio già come parte del suo
Granducato, senz’altro ostacolo. D’altronde i Lituani sono
strettamente imparentati con quasi tutti i principi della Bassa (pure
con Vladimiro di Serpuhov!), attraverso i cosiddetti matrimoni
dinastici, e perciò non si sentono degli estranei in nessuno di
quegli udel! Ciò vuol dire che, se Vytàutas aveva promesso
moltissimi suoi interventi politici ai Cavalieri Teutonici in questa
zona, se e quando fosse asceso al potere supremo nelle Terre Russe e
se costoro in cambio gli avessero offerto dei vantaggi sul Baltico o
contro suo cugino Jogaila, non aveva detto delle millanterie… L’unica incognita non governabile in
questo quadro restava la Chiesa il cui regista lontano era il
Patriarca di Costantinopoli che, in certo qual modo, si muoveva contro
il Papa di Roma (capo supremo dei Cavalieri!). Come avremo notato
nelle beghe intestine della Chiesa Russa, benché fosse la seconda
figura della gerarchia ecclesiastica kieviana, l’Arcivescovo di
Novgorod – questo è importante – non compare quasi mai. Come mai?
Eppure il vladyka (monsignore) in questi ultimi anni era
diventato più potente personaggio di Novgorod, quasi un vero
principe-arcivescovo di modello tedesco! A ben riflettere sulla questione
novgorodese neppure Basilio poteva agire senza guastare le proprie
relazioni col suocero e proprio per questo motivo Mosca premeva su
Monsignore per attirarlo dalla sua parte, usando con discrezione i
partigiani locali ben pagati e le proprie spie. Ciò però non
bastava. Senza dover ricorrere alla forza, occorreva lasciare agire il
Metropolita, l’unico superiore nella gerarchia! Mosca tentò anche
questa via, sebbene poi quando si accennava alle relazioni fra Mosca e
Novgorod-la-Grande non si diceva mai che la prima volesse assoggettare
la repubblica e si continuava a dire nel linguaggio diplomatico del
tempo che, secondo i “costumi del passato” (po starinù in
russo) la repubblica apparteneva al Gran Principe! Cipriano è dunque una pedina molto
importante e ormai lo conosciamo. Bulgaro di nascita e cultura (era
nato a Tirnovo la Grande), ma scrittore entusiasta nella nuova lingua
grande russa, è ritornato a Mosca nel 1390, ed ormai si trova sotto
la protezione di Basilio e addirittura benedice qualsiasi mossa del
Principe tesa alla riunificazione delle Terre Russe. Per rendersi
utile e ingraziarsi di più il “suo” rjurikide, cerca in primo
luogo di penetrare in modo più diretto nell’amministrazione del
patrimonio ecclesiastico che continua ad accrescersi in tutta la Terra
Russa, per poterne disporre e controllare con maggiore efficacia i
contadini e affezionarli al sovrano che risiede a Mosca. Propone di
lasciare amministrare i villaggi che sorgevano intorno ai numerosi
monasteri, da “laici timorati di Dio” (ma nominati su
raccomandazione di Basilio!) invece che dai monaci, affinché la gente
nuova che si raccoglieva in questi novelli nuclei abitativi e di
lavoro imparasse a diventare parte di una comunità che contribuiva
materialmente alla costruzione della nuova Rus’. A questa riforma
“democratica” (in realtà colonialista, se vogliamo usare
un termine moderno) gli rispose una specie di rivolta degli
ecclesiastici implicati, perché i conventuali affermarono che i
villaggi “non andavano toccati” da mani profane ed anzi, ad
evitare ulteriori ingerenze dal centro moscovita che mandava esperti e
stranieri a dirigere l’economia del convento, molti di questi
istituirono in tutta fretta delle scuole per formare propri monaci che
facessero da amministratori e da economisti! Non doveva rendersi
necessario richiederne da fuori anche perché i “moscoviti”
avevano fama di spioni! Un’altra piaga che fu eliminata furono i
frati questuanti. I conventi, infatti, per arrotondare le loro entrare
mandavano in giro i frati (imitando gli ordini poveri
dell’Occidente, i Francescani soprattutto!) e questi erano diventati
talmente numerosi ed assillanti da suscitare il fastidio e le ire
persino degli altri prelati locali che fino ad allora li avevano
tollerati, ma ora, temendo che diventassero veicoli di eresia e di
propaganda politica “latina”, ne fu impedita la funzione. Abbiamo raccontato tutto questo per dare
un’idea della personalità e
dell’autorità di Cipriano il quale, con la profonda conoscenza
della realtà delle Terre Russe che si ritrova, per qualche anno sarà
occupato esclusivamente in frequenti viaggi pastorali per
riorganizzare le diverse diocesi… eccetto Novgorod! Subito dopo la morte di Pimen’
tuttavia, insinuandosi il timore di qualche mossa inconsulta da parte
di Monsignore del nord verso un’ulteriore autonomia in campo
religioso che portasse (addirittura!) alla “secessione” verso il
mondo cattolico lituano, Cipriano si vede apertamente sollecitato a
rimettere le briglie al vladyka novgorodese! Nel 1391 sarebbe
pure pronto per la sua visita all’Arcivescovo novgorodese! Manca
solo l’invito! Monsignor Alessio (questo era il nome
dell’Arcivescovo novgorodese allora in carica!) sulla nomina di
questo Metropolita non era stato d’accordo per principio e quando
gli si chiese di invitarlo, siccome il Sinodo locale premeva
sull’accettazione del prelato consacrato dal Patriarca, preferì
dimissionare e si ritirò in convento. Al suo posto fu nominato
Monsignor Giovanni e Cipriano alfine poté recarsi con tutta
l’ufficialità necessaria nell’Arcidiocesi del nord. Non dobbiamo però pensare che il Sinodo
locale e la Vece che avevano eletto Monsignor Giovanni,
avessero rinunciato alle loro prerogative autonomistiche, ma
certamente la scomparsa di Alessio dalla scena mostrava una qualche
apertura nella politica “ecclesiastica” novgorodese diretta a
mantenere in certo qual modo tranquille relazioni con Mosca… ora così
strettamente legata alla Lituania! Vytàutas stesso ormai si
confermava signore di Kiev e aveva appena richiamato da Novgorod suo
nipote Lugven Simeone per farsi dare una mano nelle diverse operazioni
repressive militari nelle steppe ucraine. Dunque vediamo che cosa
ci richiede Sua Santità! Cipriano, non appena ricevuto l’invito,
arriva subito in città e fa la sua richiesta di abrogare certe misure
amministrative “anti-metropolita” che non gli consentivano più di
incassare le solite prebende. La risposta però è deludente e chiara
da parte dei novgorodesi: «Santità! Noi abbiamo giurato davanti
a Dio di essere sempre come un unico uomo e, dopo aver messo il
suggello alla nostra nuova legge, abbiamo anche suggellato le nostre
anime». E Cipriano: «Datemi dunque quella legge ed io
stesso, come capo della Chiesa, la strapperò e distruggerò i
suggelli, liberando Novgorod da un giuramento ingiusto davanti a Dio e
assolvendo tutti voi dall’aver commesso un così grave peccato (verso
la mia persona)!». Non ci fu niente da fare! Cipriano
dovette andarsene deluso, lanciando irritatissimo il suo anatema su
tutta Novgorod! Naturalmente anche Basilio rimase male e adirato e per
ripicca tirò fuori la questione dei mancati pagamenti della famosa Tassa
Nera per Sarai. Mandò al nord i suoi legati con la richiesta
della rata dovuta e, con quella, fece dire di essere pronto (i legati
ne erano stati espressamente incaricati) a sospendere la legge sui
tribunali (anti-metropolita) per discutere meglio con Cipriano e
togliere lo scomodo anatema. Il rifiuto dell’Arcivescovo fu netto! Che cosa c’entrava il Principe di Mosca con gli affari della Chiesa? Mosca però stavolta non la lasciò
passare e si ritorse e in modo abbastanza duro, ma scontato…
occupando Mercato Nuovo (Torzhòk) e sigillando tutti i
depositi alimentari! Si dice che questa volta l’azione
moscovita fu veramente dura e spietata e chi poté dei mercatesi fuggì
con moglie e figli a Novgorod o verso gli altri Quinti (così si
chiamavano i territori novgorodesi intorno) lontani. Chi restò a
Mercato Nuovo infatti fu costretto, suo malgrado, ad accettare
malvolentieri le regole nuove (e le tasse e le corvées) che il bojaro
moscovita Massimo andava fissando per conto del suo principe.
Addirittura il culmine fu raggiunto quando costui fu ucciso e, alla
ricerca del suo assassino, furono trovati ben settanta presunti
omicidi! Questi furono deportati a Mosca, dove, come esempio della
durezza imparata presso i Tatari di Sarai (così si mormorò allora),
i responsabili furono condannati a morte, previe terribili torture
pubbliche eseguite da aguzzini specializzati nella Piazza del Mercato
di Mosca (oggi Piazza Rossa). Furono posti sulla ruota, le loro membra
stirate e staccate a poco a poco, mutilati in vari modi finché
stremati per il dolore e il sangue versato morirono fra lo sgomento di
tutti gli astanti che raramente avevano visto una spietatezza del
genere e così da vicino. Fu una brutta faccenda che la Chiesa Russa
persino giustificò provocando ulteriori rancori. Novgorod dovette
capitolare e sicuramente in previsione di vendette future pagò una
parte della Tassa Nera e ricompensò Cipriano affinché togliesse
l’anatema alla città mentre, allo stesso tempo, sospendeva la legge
novgorodese anti-metropolita. In
tutto questo è inutile vedere concessioni e pentimenti perché nella
realtà i tafferugli impedivano il traffico commerciale e dunque non
conveniva a nessuna delle parti in causa complicarli ulteriormente.
Quel che ci deve meravigliare invece è la parte di Mosca che si erge,
senza giustificazione storica, a far da arbitro supremo su qualsiasi
questione. Né dimentichiamo che Basilio si muove a briglia sciolta
soltanto perché Vytàutas
è occupato in altre faccende. Gli
eventi nel frattempo incalzano nel bacino del Volga e, come si temeva,
Toqtamysc’ da novello Cinghiz Khan si lancia, non tenendo conto dei
consigli del suo baskak Jedighei, alla conquista di Samarcanda
mentre Tamerlano è occupato in Persia. Tamerlano naturalmente si
vendica appena può e in uno scontro sbaraglia il nostro khan
nelle steppe ad est del Volga e mette in ginocchio Sarai. Poi sembra
voler proseguire nel sud delle Terre Russe, ma poco sotto Kiev,
ripiega e si ritira in altre direzioni. L’Orda intanto sembra andare
in pezzi dopo questo insuccesso, ma Toqtamysc’ invece ripresosi si
dirige di nuovo su Samarcanda. Lo scontro avviene stavolta in una zona
chiamata Ornan nella Steppa della Fame ove il nostro khan è
ancora una volta battuto e stavolta deve fuggire lontano dalle ire di
Tamerlano. Si rifugia in Crimea, ma il Tamerlano lo scova e lo
trascina in battaglia. Sulle rive del Terek nell’Anticaucaso i due
si scontrano ancora una volta. Tutta la Bassa trema per paura della
rappresaglia del Tamerlano poiché questo, battuto Toqtamysc’, sta
risalendo su per le steppe verso nord. Basilio, come già suo padre,
lascia Mosca nelle mani del vecchio Vladimiro di Serpuhov e si rifugia
a Kolomna con la scusa che di là potrà controllar meglio il fiume
Oka. Cipriano
è a Mosca, non sapendo dove rifugiarsi, rinchiuso a pregare nella
Chiesa dell’Assunzione. Tamerlano è ormai vicino a Kazan’ e sembra intenzionato a scovare il khan di Sarai ovunque questi si trovi nel nord. Basilio è sempre in attesa trepida cercando di raccogliere sempre più forze intorno a sé benché riconosca che poco potrebbe fare contro la furia e la fama vittoriosa di Tamerlano. L’unica difesa rimasta è la mano di Dio e la protezione della Vergine. A questa infatti ricorre il Metropolita che incita tutti i moscoviti ad implorare la salvezza della Terra Russa presso la miracolosa icona della Vergine che Andrea Bogoljubskii aveva portato da Vysc’gorod a Vladimir. Intanto
il Tamerlano fatti i conti che non vale la pena impegolarsi in un
paese sconosciuto fitto di alberi decide di ritornare a sud e lungo la
steppa ucraina poi dirigere verso occidente. Alla fine rinuncia a nche
a questo progetto poiché non trova alcun traguardo interessante nella
steppa deserta e, siccome il sogno della sua vita è quello di imitare
Alessandro Magno come si diceva allora, la sua meta è l’India.
Torna quindi verso il Caucaso, si ferma a svernare a Sarai fino
all’estate del 1396 e in seguito abbandona definitivamente il Volga
ritornando a Samarcanda dove si prepara alla spedizione indiana. Fu
la Vergine a fermare Tamerlano sul fiume Sosnà? Nessuno lo sa e
dunque non possiamo dirlo con certezza. Cipriano al contrario ne fu
sicurissimo. Si disse che la Vergine era venuta in sogno a Timur Aqsaq
(così si chiama Tamerlano nelle Cronache Russe!) e lo aveva avvertito
che se avesse osato profanare la Terra Russa, grandissimo male gliene
sarebbe incorso. Comunque sia Mosca è salva e nel 1395 la santissima
icona della Vergine con una solenne processione lungo il fiume Kljazma
da Vladimir è trasferita definitivamente nella Cattedrale a Mosca e
consacra in tal maniera il ruolo “santo” della nuova capitale
della Bassa. è
curioso leggere N. A. Polevoi quando riporta le voci che si diffusero
fra la gente su quell’evento. «Si è compiuto un miracolo
glorioso, una grande meraviglia per tutti! L’apparizione della
Madonna ha impaurito e spaventato il cattivo imperatore. Lo ha messo
in tale grande agitazione che il suo cuore si è riempito di timori,
la sua anima si è addolorata e le sue ossa hanno tremato. Ha
vacillato, la sua testa rasata [ci si riferisce qui all’uso dei
nomadi nobili di radersi la testa e lasciare solo un ciuffo che veniva
poi raccolto con un anello] è stata volta altrove da una forza
irresistibile. Non siamo stati noi a mandarlo via né i nostri
eserciti, ma l’ira di Dio…». Chiaramente l’evento fu
suggellato dalla Chiesa da una festività a memoria della “Salvezza
di Mosca” da ripetere ogni anno: il 26 agosto! Il
più bello è che Basilio rientrò a Mosca quando ormai tutto era
compiuto e Cipriano fu capace di proclamare che la Vergine gli aveva
evitato la battaglia con Tamerlano affinché proseguisse il compito
affidatogli (quando?) di “Riunificatore delle Terre Russe” e
dunque doveva essere accolto, prima di altri, come un vincitore dei
Tatari… E perché una tale benedizione proprio da Cipriano? Qui
entra una questione ideologica importante per il futuro moscovita che
prelato aveva portato con sé dai suoi Balcani: la famosa Teoria
della Terza Roma. Questa si riferiva alla situazione dei Bulgari
balcanici e affermava che, visti gli effetti della minaccia dei turchi
selgiuchidi in Anatolia dove l’Impero Romano si era
ridotto ormai ad un ristretto e impoverito territorio e nella
disperazione di un futuro che appariva incerto per un Regno Cristiano
Universale, se fosse caduta Costantinopoli (chiamata alla sua
fondazione Roma Nova o Roma Secunda), ci sarebbe stata una
terza Roma, situata ancora più a Oriente. La teoria-diceria era
in realtà scaturita da un monaco bulgaro di Monte Athos il quale, nel
tradurre una cronaca greca del XII secolo in cui si parlava di come
Costantinopoli avesse preso il posto di Roma antica, aveva sostituito
il nome di Costantinopoli con quello della sua Tirnovo la Grande,
quasi profetando che questa città sarebbe diventata la Terza Roma, se
l’Impero sul Bosforo si fosse dissolto sotto i colpi degli infedeli.
Questo finora non era più accaduto, ma quando la leggenda fu scoperta
dagli studi di Cipriano, il prelato, con la sua autorità, la
interpretò come un disegno profetico divino in cui si scopriva che il
riferimento non era ai Bulgari balcanici bensì per quelli della Bassa
(in verità ancora tutti da convertire) e che dunque non era Tirnovo
la Grande, ma Mosca ad aver il ruolo di… Terza Roma! A prova
di ciò, di questo destino fissato da Dio, il Metropolita Pietro –
lo ricorderà espressamente Cipriano molti anni dopo nella vita di
Pietro scritta da lui stesso –
aveva deciso di stabilirsi e di morire
a Mosca e aveva eletto la città a sua cattedra permanente prevedendo
grandi destini per i Rjurikidi locali. Se questo è il destino
profetizzato per la dinastia, non solo Mosca in primo luogo si
abbellisce di costruzioni nuove e importanti, soprattutto chiese, ma
anche le città dell’udel sono ora tenute meglio e il Velikii
Kniaz si attribuisce un’autorità in cui è da solo a dover
decidere di tutto e di tutti nella Bassa del Volga allo scopo di
raccogliere le genti russe intorno alla sua persona. Basilio oserà
persino entrare in contrasto col Patriarca quando proibirà di
nominare l’Imperatore fedifrago Giovanni V nelle liturgie delle
chiese moscovite proclamando (e facendolo sapere a Costantinopoli) che
«Abbiamo una Chiesa, ma non abbiamo un Imperatore». Qui
vale la pena andare un momento più a fondo nella questione. Nel 1396
in realtà l’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo e re d’Ungheria
era riuscito a mettere insieme un esercito contro i Turchi, ma a
Nicopoli era stato clamorosamente battuto. L’Imperatore di
Costantinopoli invece aveva dovuto addirittura riconoscersi vassallo
dei Selgiuchidi che ormai lo circondavano da tutti i lati e pagare
loro una tassa di vassallaggio. Basilio, proclamando di essere figlio
di quel Demetrio che aveva battuti altri Turchi a Kulikovo Pole,
non potè accettare questa posizione e decise la drastica misura
liturgica che abbiamo detto. Sua Santità il Patriarca Antonio gli
ribatté pacatamente che quel suo modo di vedere era sbagliato e qui
confermerà, ma senza volerlo, i fondamenti dell’eredità divina che
Mosca riceverà da Costantinopoli come Terza Roma. Citiamo da G. Ostrogorsky alcune righe della lettera del Patriarca: «è assolutamente impossibile per i cristiani avere una Chiesa e non avere un Imperatore. Giacché Impero e Chiesa costituiscono un tutt’unico ed è impossibile separarli. … [san Pietro disse] … Temete Dio, onorate l’Imperatore. Non disse “gli imperatori” affinché nessuno pensasse ai cosiddetti imperatori dei singoli popoli, ma disse “l’Imperatore” per indicare che nel mondo esiste un solo Imperatore… e se ora, per decreto divino, i turchi hanno accerchiato il regno dell’Imperatore, egli riceve ancora oggi dalla Chiesa la stessa consacrazione, gli stessi onori e le stesse preghiere … [come]… autocrate di tutti i cristiani ». Malgrado
ciò, vantarsi dell’impresa di suo padre Demetrio non fu considerata
una cosa buona da Cipriano che vedeva questa ostilità contro i Tatari
e i loro affini come un ostacolo alla loro conversione, tanto che
negli Annali Metropolitani Russi iniziati ad essere stesi proprio
sotto questo Metropolita la Battaglia di Kulikovo Polje non è
addirittura neppure menzionata. Basilio dunque deve dimenticare questo
episodio, se vuol essere il primo Riunificatore della Rus’ di
tutti i popoli lì presenti. E inoltre, se questa specie di proclama
sul ruolo glorioso (ma futuro) di Basilio giunse alle orecchie di Vytàutas,
non lo sappiamo con certezza perché il Principe lituano aveva in
mente anche lui dei piani propri per riunire le Terre Russe intorno
alla sua persona… a cominciare dalla repubblica del nord e
includendo Mosca con suo genero! Per
la repubblica del nord, ad esempio, aveva individuato con estrema
facilità che il nodo centrale del traffico diretto in Occidente era
Smolensk e dunque volse lo sguardo su questa città della quale
occorreva appropriarsi. Da tempo diventata un udel
indipendente, questa volta non poté evitare le grinfie lituane. Fra i
diversi Rjurikidi che pretendevano di occuparne il trono, uno di loro
era ricorso addirittura a Rjazan’ per farsi aiutare a dirimere la
questione della successione ed evitare una sempre più ingombrante
ingerenza lituana. Costui a nome Giorgio aveva ricevuto la città come
ricompensa da Vytàutas stesso in cambio dell’aiuto dato quando
avevano assediato insieme Vitebsk per scacciarne Svitrigaila, fratello
di Jogaila. Naturalmente Gleb, il fratello di Giorgio, non era
assolutamente disposto a lasciare il trono dove si trovava bene perché
glielo imponeva Vytàutas e così Giorgio era dovuto ricorrere a Oleg
di Rjazan’ mentre Gleb era rimasto al suo posto. Il fatto di essere
stato chiamato in questione aveva profondamente offeso il nostro Vytàutas
il quale aveva avuto la grande idea di far vendetta senza farlo
vedere. Probabilmente
chiamato in aiuto da Toqtamysc’ contro il Tamerlano aveva fatto
sapere tutt’intorno che in quei giorni un’armata destinata a
dirigersi verso la steppa con lui a capo sarebbe dovuta passare per
Smolensk! Non appena fu in vista della città Vuytàutas richiese
l’omaggio di Gleb il quale non si fece pregare e cadde nella
trappola! Infatti fu immediatamente arrestato e i lituani occuparono
tranquillamente la città. Vytàutas rimase a Smolensk per tutto il
resto della stagione tanto che invitò Basilio a fargli visita.
Insomma la campagna contro il Tamerlano era saltata. Addirittura
Basilio era in compagnia di Cipriano e fra feste e banchetti confermò
il “passaggio di proprietà” di Smolensk da Gleb al suocero! Le
conversazioni fra i tre personaggi avevano tutt’altro oggetto e
rimasero famose perché pianificavano in realtà l’ulteriore
sviluppo paventato nel Grande Nord: Si formava un’alleanza per la
conquista di Novgorod-la-Grande! Nel
frattempo Giorgio, il pretendente escluso, a questo punto pretese con
maggior forza l’appoggio di Oleg di Rjazan’ il quale mise in
marcia i suoi armati. Mosca cercò di fermare Oleg mandando un
suo bojaro di fiducia a parlamentare, ma non bastò perché Vytàutas
decise l’annientamento dell’armata di Rjazan’ e questa volta
Basilio stette a guardare mentre i Lituani intervenivano! Anzi! Attese
suo suocero a Kolomna dove ricambiò l’accoglienza con altre feste e
pranzi in suo onore. In quell’occasione si tornò a parlare di
Novgorod e si decise di mandare un’ambasciata comune per richiedere
alla repubblica di rompere tutti i contratti con i Cavalieri e di
rinunciare in futuro ad accogliere qualsiasi principe dissidente, sia
di Mosca sia di Vilnius, come era accaduto finora. L’ambasciata fu
affidata logicamente a Cipriano che nel 1395 si recò ancora un volta
nel nord ad incontrare l’Arcivescovo novgorodese. Niente da fare!
Cipriano tornò senza alcuna conclusione positiva benché fosse stato
colmato di doni ed avesse benedetto la città con atto solenne. Che
fare? Controllare Novgorod risultava non facile, senza intervenire
direttamente sulle autonomie repubblicane della città e senza
scontrarsi con gli interessi degli altri udel della Bassa del
Volga. In più come spezzare le alleanze molteplici e internazionali
di Novgorod senza causare reazioni pericolose e imprevedibili nel
Baltico? Se gli sbocchi mercantili di Polozk e di Pskov ad esempio (ma
erano minuzie!!) con la fondazione di Riga nel 1202 alla foce della
Dvinà (di Polozk) e di Reval (Tallinn) alla foce della Narva (di
Pskov) erano sotto controllo dei Cavalieri, quelli di Novgorod erano
ancora in Terra Russa e la strategia era molto più delicata e più a
largo raggio... Quel che indispettiva di più erano le pretese di
dominio consacrate addirittura dalla Bolla Papale che aveva proclamato
tutta la regione, compresa Novgorod la Grande, Patrimonium Sancti
Petri, e lasciato mano
libera ai Cavalieri! Passata
la mattana del Tamerlano, di certo avendolo già concordato con suo
suocero, Basilio ricorre alla ritorsione armata. Occupa
proditoriamente una parte del Quinto novgorodese detto Bezhezkaja
che comprendeva il corso superiore della Dvinà settentrionale fino a
Vologda e attende la reazione. A Mosca arrivò di tutta corsa infatti
l’Arcivescovo novgorodese Giovanni insieme con il sindaco Bogdan e
con altri notabili. Protestarono, cercarono con la blandizie e i doni
costosi di rimettere le cose a posto, ma Basilio nicchiò per tutto il
tempo finché l’ambasciata scoraggiata non decise di tornarsene nel
nord per discutere meglio il da farsi. Le
Cronache riportano che la decisione presa in quella occasione dai Gospodà
(il gruppo ristretto dei bojari al governo novgorodese) fu espressa
nelle parole seguenti: «Padre santo! Non possiamo sopportare una
tale soperchieria dal Gran Principe di Mosca, Basilio figlio di
Demetrio, che ci ha sequestrato alla città, ma anche a Santa Sofia,
le città delegate e le loro regioni e vogliamo riprendercele!».
Poi giurarono di far di tutto pur di conseguire quello scopo e tutti
uniti, baciando la croce, aggiunsero: «O riotteniamo le nostre
proprietà oppure offriremo la nostra testa a Santa Sofia»
(ossia
in altre parole, combatteremo). Giovanni li benedisse (era cioè
d’accordo) e il gruppo insieme a tre esperti generali decisero di
fare una ricognizione verso la Dvinà Settentrionale, dove c’erano i
famosi appannaggi del namestnik ora passati inopinatamente in
mani moscovite. Non era logicamente solo una ricognizione, ma una
spedizione punitiva vera e proprio contro quei funzionari novgorodesi
che avevano tradito la repubblica e si erano dati a Mosca senza
pensarci troppo e dunque gli uomini erano armati di tutto punto. Lagobianco (Belo Ozero) fu così data alle fiamme,
Ust-jug assediata e anch’essa distrutta col fuoco, salvo l’icona
della Vergine custodita nella chiesa locale che fu requisita. Insomma
in ogni città fu chiesto il giuramento di fedeltà alla repubblica
sempre alla ricerca dei generali che avevano aperto le porte ai
moscoviti. Trovatili, furono incatenati e trascinati al giudizio della
città. Uno di loro fu subito cucito in un sacco e poi lanciato al di
là del Ponte Grande nelle acque del Volhov, altri due (bojari!)
furono invece chiusi in convento con il consenso dell’Arcivescovo e
un altro riuscì a fuggire non si sa dove. Vendetta era fatta ed ora
ci si poteva ripresentare da Basilio per concludere un patto di
pace… Mosca
accettò e così anche la Lituania, naturalmente chiamata in causa per
l’occasione. Non
pare strana la cosa in sé? I territori che Mosca aveva occupato e che
poi erano stati ripresi da Novgorod erano proprio quelli da cui
venivano quelle merci di alto valore che da qualche tempo non
viaggiavano più come prima lungo il Volga, ma andavano via terra o
via Baltico verso i mercati d’Occidente, fra cui le preziosissime
pellicce di zibellino e l’argento degli Urali! Ora, siccome Mosca
aveva bisogno di questi traffici e di queste merci che riusciva a
cedere a buon prezzo ai Genovesi e ai Veneziani, come avrebbe fatto
ora che aveva rinunciato così facilmente a ritirarsi dalla tenzone da
essa stessa voluta? La
chiave di lettura di questa nostra storia, ma il nostro lettore
l’avrà già capito per quante volte l’abbiamo ripetuto, è
essenzialmente economica. La Rus’ di Kiev era una cleptocrazia
(secondo la definizione di Jared Diamond) e, più che sul tributo che
si sarebbe potuto ricavare dai contadini sudditi, fondava la sua
ricchezza sui traffici che attraversavano il suo territorio in cui le
merci rappresentavano per la stragrande maggioranza quel prelievo
obbligatorio che interi villaggi o regioni erano tenuti a cedere
forzosamente all’élite al potere! Le merci provenivano dalla
foresta che ancora copriva con un fittissimo manto verde l’intera
Pianura Russa e questa, come tale, rappresentava un’immensa risorsa
la cui consistenza non era neppur ben nota agli stessi principi degli udel
dei quali essa faceva parte. Le città adagiate lungo le rive dei
fiumi o dei laghi percepivano i balzelli (di solito sotto forma di una
parte di quelle merci che passavano loro davanti) e i loro principi
Rjurikidi non si limitavano solo ad offrire una minima assistenza
logistica o militare ai mercanti, ma commerciavano essi stessi! Niente
di molto diverso dal resto d’Europa, a parte qui la quasi assenza di
denaro sonante… Orbene, siccome Novgorod-la-Grande racchiudeva la
parte di territorio più ricca, di qui partiva la maggioranza degli
articoli in parte rilavorati negli opifici della città (nelle
cosiddette usad’by bojare oppure nei laboratori privati),
mentre il resto delle Terre Russe proseguiva a produrre con fatica le
derrate alimentari per il sostentamento sia dei contadini sia delle
classi dominanti. Naturalmente
se da un lato la “miniera” foresta andava mantenuta in ordine e
curata (ricordiamo che le merci più preziose come pure l’argento
dai lontani Urali era compreso nei prodotti “foresticoli” di
Novgorod), dall’altra rimaneva un’efficace difesa militare perché
impenetrabile a chi non la conoscesse e giocando in tutt’e due i
casi un ruolo importante nella storia di queste terre! E questa era
una delle ragioni del rallentamento della penetrazione dei Cavalieri
nelle Terre Russe del nord in quegli anni!
Se
le spinte della Crociata Teutonica (e Livonica) nelle Terre Russe
erano ormai in declino, la potenza papale era in pieno sviluppo
ideologico e stava ormai assurgendo ad impero teocratico universale,
con proprie politiche imposte senza mezzi termini ai nuovi potenti, re
e imperatori, che essa stessa creava. Naturalmente da qualche secolo
aveva allungato un occhio ben attento sulle Terre Russe! Addirittura
una parte della foresta nordica era già passata in mano
cristiano-romana (dei Polacchi), ma, siccome la Polonia era ancora uno
stato frammentato e disturbato dalle liti dei magnati locali e non
ancora dominato da un unico signore, la produzione polacca di articoli
di lusso tratti dalle foreste non aveva avuto grande sviluppo. Sarà
il principe lituano Jogaila a proclamare, ma solo in seguito, la
foresta polacca (oggi è quella parte condivisa con la Bielorussia,
attraversata dal Bug prima che questo fiume si versi nella Vistola)
“sua esclusiva proprietà privata” per sfruttarla meglio, come
vedremo… I
Cavalieri Crociati, con base nell’odierna Lituania Lettonia e
Estonia, la cui presenza era stata dapprima invocata dal duca polacco
Corrado di Masovia e autorizzata da Federico II, dopo la morte di
questo Imperatore, erano ora direttamente gestiti dal Papa e dai suoi
vescovi e nel XIV secolo erano diventati in qualche modo quasi inutili.
I pagani del Baltico (i Lituani, dacché i Prussiani erano stati già
decimati con le armi ed i Lettoni dovevano ancora formarsi come
nazione a sé) infatti erano stati convertiti. Forse occorreva mutare
l’obiettivo primario e volgersi sugli scismatici/eretici russi. I
Cavalieri però avevano adocchiato un nuovo traguardo: Costruire un
sistema economico stabile capace di garantire le forniture di materie
prime e di prodotti di lusso sulla direttiva nord-sud ora che le vie
dal Medio Oriente erano passate definitivamente in mani musulmane dopo
il fiasco delle Crociate in Terra Santa. E, guarda caso, non era forse
lo stesso traguardo dell’Hansa? E l’Imperatore del Sacro Romano
Impero, Carlo IV di Boemia, non aveva forse benedetto Lubecca per
questo lavoro congiunto coi Cavalieri? Insomma le due organizzazioni
collaboravano sempre più strettamente e l’Ordine Teutonico stava
acquistando il ruolo di protettore di tutte le attività del Baltico
in nome di Cristo e del Papa di Roma e, di abbandonare il Baltico, non
se ne parlava! L’ascesa
della Lituania e la crescita della dinastia fondata da Ghedimino,
primo grande signore lituano, come casata indipendente dai Rjurikidi
erano proprio il frutto delle sollecitazioni della politica
missionaria dei Cavalieri Teutonici e Livonici e dei consulenti papali
(francescani e domenicani) mandati fra i principi locali. Lo scopo
ultimo era infatti di sbriciolare il potere (che sembrava solido e
monolitico, senza esserlo!) dei Rjurikidi nelle Terre Russe e così i
lituani, neofiti della politica papale e credendo in un’alleanza
automatica coi Cavalieri per l’accrescimento del loro stato
attraverso il semplice battesimo, s’erano invece trovati invasi da
ferventi monaci (polacchi di solito) che facevano missionariato e
interferivano nelle faccende politiche in nome del Cristo
“cattolico”. Ciò diventava un ostacolo nel mantenere gli obblighi
di parentela, legame importantissimo fra i principi delle Terre Russe,
e i buoni rapporti di consenso con quei sudditi che erano da sempre in
stragrande maggioranza fedeli all’ortodossia. In
tal modo, sebbene i lituani avessero tutte le carte in regola per
essere la potenza dominante nelle Terre Russe in sostituzione della
vecchia Rus’ di Kiev, a quanto sembra continuavano ad incappare in
vari malintesi con la Chiesa Cattolica Romana e con la Chiesa
Ortodossa Russa per le decisioni politiche che li coinvolgevano a
volte insostenibili per la loro ambiguità religiosa. Non
dimentichiamo il vecchio principio che il Cristianesimo occidentale
stava introducendo anche qui nelle nazioni nuove: Cuius regio, eius
religio e quindi chi sta sotto quel signore, deve accettare anche
la sua religione! Per
queste ragioni ad un bel momento Jogaila e Vytàutas dovettero
scegliere in nome di quale Cristo governare i propri sudditi e così
l’uno, Jogaila, si legò al Papa di Roma e l’altro, Vytàutas, si
spostò verso Costantinopoli! L’unico neo in questa scelta era che
da Roma ci si poteva aspettare un aiuto militare ed economico, mentre
da Costantinopoli… Ci furono scontri fra i due sopradetti, ma poi,
con l’accordo di Krevo di cui abbiamo già detto, le Terre Russe
erano state inglobate nel Gran Ducato di Lituania che risultava unito
al Regno di Polonia attraverso il loro legame di sangue e, sebbene si
stabilisse che la massima autorità sarebbe rimasto Jogaila
nell’altisonante veste di Re di Polonia (aveva sposato a questo
scopo l’erede al trono polacco Jadviga e disdetto l’accordo fatto
tanti anni prima di sposare invece una sorella di Basilio), Vytàutas,
vita natural durante, rimaneva Granduca di Lituania e delle Terre
Russe. A
questo punto visto che tutto dipendeva dall’avere i mezzi economici
per condurre politiche realistiche e conseguire i traguardi fissati
Vytàutas in questi anni tenta, giocando astutamente fra Cavalieri e
Principi Russi e Jogaila (e suo genero!), di deviare o attirare i
traffici di Novgorod verso il sud ucraino. L’ostacolo maggiore
all’espansione economica fu proprio il potentissimo arcivescovo
novgorodese ossia la seconda personalità ortodossa della Chiesa Russa
che si opponeva in qualsiasi modo all’ingerenza lituana (ma anche di
qualsiasi altra potenza vicina) nei propri affari! Una
“repubblica” come Novgorod restava un’anomalia, a dir poco,
fuori da qualsiasi regola di quel tempo! Per mettere in difficoltà la
“repubblica” occorreva poi saltare l’Hansa germanica e ricattare
i Cavalieri e, allo stesso tempo collaborare con le repubbliche
marinare italiane che sembrano avere ottimi sbocchi economici quanto
la stessa Hansa, guardando come operano da qualche tempo con Mosca che
ha concesso loro un mercato riservato nella cittadina dell’estremo
nord, Ust-jug. Gli itinerari commerciali che portano
alle coste del Mar Nero implicano tuttavia le trattative con i nomadi
che si trovano nelle steppe ucraine! Per tutte queste ragioni Vytàutas si
reca a Königsberg perché, dopo le solite liti con Jogaila, caduto in
una delle sue solite depressioni era andato a consultarsi col Gran
Maestro dell’Ordine Teutonico, Corrado von Jüngingen. Costui lo
ospitava volentieri (Vytàutas opportunamente si era fatto battezzare
nella fede cattolica) perché lo considerava una pedina molto
importante nella campagna di dominio sulla Polonia e sulla costa
baltica (i due ordini, Teutonico e Livonico, erano divisi
territorialmente da un tratto di costa baltica in mano a Vytàutas) e
dunque contro Jogaila-Jagellone che reclamava la restituzione di tutto
il territorio concesso da Federico II, visto che la missione
originaria era ormai esaurita e che la Lituania era ormai cristiana e
cattolica. Facciamo allora qualche passo indietro… Vytàutas sta tessendo da tempo una trama
molto complicata e, siccome gli interessi dell’Orda di Sarai sono
pari ai suoi nelle steppe meridionali, nel 1391 non troppo
inaspettatamente, ma sicuramente non con grande sorpresa, aveva
lasciato senza intervenire che i Tatari di Toqtamysc’ movessero
verso il nord del Volga in missione militare…
Il khan ha mandato un suo figlio,
di nome Bektut, per una
spedizione punitiva non contro Mosca stavolta, ma contro la Repubblica
di Vjatka. I pirati-mercanti di questa organizzazione novgorodese
lungo il fiume invece di pagare i balzelli dovuti, disturbano il
traffico nel punto daziario della giovane città di Kazan’. Bektut
riesce a conquistare qualche città in Vjatka e fa anche parecchi
prigionieri, naturalmente avviati in Oriente per essere venduti
schiavi, ma è però penetrato troppo a nord ed ha messo in allarme
non solo Novgorod, ma persino
Mosca che ha i suoi interessi in Ust-jug. Per primi sono i novgorodesi a reagire,
appena venuti a conoscenza dai fuggiaschi di Vjatka della presenza
tatara e, quando i profughi richiesero a gran voce una rappresaglia
esemplare contro gli infedeli di base a Kazan’, avevano
immediatamente risposto all’appello mandando una flottiglia armata
sul fiume. Erano scesi fino a Kazan’, dove avevano compiuto
devastazioni e rapinato tutti i mercanti lì presenti, senza far
distinzioni. L’impresa in sé non era così clamorosa se non fosse
stato per un “piccolo” particolare: Si trovavano in zone dove i
bojari moscoviti consideravano tali manovre “illecite” da parte
dei novgorodesi. Ed infatti, per impedirne di ulteriori, i bojari
convinsero Basilio, non appena si fosse recato dall’Orda per avere
il jarlyk, di fare le proprie rimostranze e lamentarsi che
nella Bassa niente doveva accadere senza avvertire prima Mosca. Questi
furono dunque gli altri argomenti discussi durante la già detta
visita del 1392! Vytàutas lasciò fare quella volta perché
geograficamente era un problema al di fuori della sua portata e attese
gli eventi. Tuttavia sapeva benissimo che l’Orda era sull’orlo del
tracollo e bastava attendere che si sfasciasse completamente, per
avere mano libera fino alla foce del Volga e persino sulla regione
dell’Orda di Nogai, ridotta a poche città in Crimea da quando il khan
Mamai, l’unico capace di opporglisi con le armi, era scomparso dalla
scena del mondo nel 1380. Intanto a Sarai si susseguono sommosse e
sconvolgimenti tanto che Toqtamysc’ è costretto a fuggire e a
lasciare il suo posto a Temir Kutlug che diventa così il nuovo khan
nella capitale dell’Orda d’Oro. L’ex khan si rifugia
presso Vytàutas che lo sta ad ascoltare attentamente e che gli fa
grandi promesse di aiuto. Il Tataro a questo punto è praticamente
nelle mani del suo ospite che con una tale buona carta da giocare
stila con lui un accordo clamoroso riportato nelle Cronache con parole
lapidarie: «Io, Vytàutas, ti rimetterò sul trono di Sarai e tu,
Toqtamysc’, mi metterai su quello di Mosca quale Gran Principe della
Bassa e di tutte le Terre Russe [inclusa Novgorod]!» Non ci sono
commenti da fare su questo accordo, salvo uno: non è sicuro che
l’accordo fosse stato stipulato in quei termini proprio perché era
segreto e il testo tramandato potrebbe essere solo una diceria sparsa
per screditare i due alleati di fronte agli epigoni di Basilio e
giustificare le loro azioni successive contro i lituani in generale e
contro Sarai in particolare. Mosca nel frattempo (e in questa misura
la seguono volentieri tutti gli udel della Bassa) capeggia una
cordata ribelle che non paga più alcun tributo ad un khan
considerato illegittimo, come Temir Kutlug. Che
si accontenti dei doni spontanei che gli fanno i mercanti per
continuare a vivere! Neppure in questo caso si può dire che questa
“ribellione” non rispondesse ad accordi previi con la Lituania
(per favorire Toqtamysc’),
ma ad ogni buon conto Basilio si vede investito di un’autorità che
nessuno gli ha mai ufficialmente concesso. Ed allora come l’userà,
se la userà in futuro? Da parte sua Vytàutas al contrario si
dichiara pronto a scendere in campagna contro l’Orda di Sarai per
togliere di mezzo l’usurpatore Temir Kutlug e ripristinare
Toqtamysc’. è
una dichiarazione di guerra! Il vecchio Jedighei,
ex consigliere di Toqtamysc’, è messo immediatamente in moto e si
presenta puntuale all’appuntamento per scontrarsi coi lituani.
Naturalmente è stato richiesto l’aiuto di Mosca oltre che da Vytàutas,
probabilmente anche dal khan, ma Basilio ha poco da offrire sia
all’uno che all’altro. A Vytàutas però assicura che, mentre il
suocero si muove dal lato sud delle steppe ucraine, i moscoviti
disturberanno Sarai dal lato del Volga. Senza troppa animosità e con
grande ambiguità, sperando che Temir Kutlug interpreti le sue azioni
come pure spedizioni punitive contro i ribelli rivieraschi del Volga
e, se Dio vuole Toqtamysc’ di nuovo sul trono, che questi sia
riconoscente a Basilio. Sofia e i bimbi comunque sono mandati a
Smolensk sotto la protezione lituana… Vytàutas, chiamati a raduno polacchi e
moscoviti (un contingente a capo del quale c’era il vecchio
condottiero di Kulikovo Polje Demetrio Bobrok), con l’armata
va allo scontro sul fiume Vorskla dove si stanno già radunando i
Tatari. Jedighei dall’altra riva, non appena lo
vede arrivare, chiede di interrompere questa guerra. Basterà che gli
venga riconsegnato Toqtamysc’ e se ne andrà. La risposta è un
rifiuto poiché Vytàutas è sicuro della vittoria! Ha con lui persino
i Teutonici che gli hanno mandato un drappello di esperti cavalieri
armati. Per il momento malgrado tutto l’urto non ha luogo perché
s’intavolano trattative su trattative. Le notizie su queste lunghe conversazioni
fra Jedighei e Vytàutas riportate dalle Cronache sono abbastanza
curiose! Sembra che il tataro tentasse di convincere il Lituano a
ritirarsi in ragione del fatto che è alla fine della sua vita (e
invece morirà molto vecchio nel 1430!) e quindi non val la pena
morire in una battaglia come questa. Sarebbe consigliabile accordarsi,
pagare un tributo, restituire Toqtamysc’ e finirla lì. Niente da
fare! Il 12 agosto 1399 lo
scontro c’è. I Lituani si sono presentati con le nuove armi che
circolano ormai in Europa da qualche tempo: i cannoni! Ma questo non
basterà perché Jedighei è un vecchio esperto e sa che questi arnesi
spaventevoli e rumorosi alla fine sono difficili da manovrare e da
guadare mentre i suoi arcieri a cavallo sono mobilissimi e attaccano
da tutti i lati. In poche parole alla fine Jedighei sbaraglia i
Lituani e i loro alleati! Molti knjaz caddero quella volta,
dice la Cronaca, e il Tataro inseguì il nemico sconfitto fin sotto
Kiev. Chiese ed ottenne un indennizzo per fermarsi a quel punto e dopo
aver saccheggiato i dintorni se ne tornò a casa, sebbene senza
Toqtamysc’. Jogaila, appena saputo dell’insuccesso del cugino, pensò bene, come Re di Polonia e futuro signore delle Terre Russe, di cessare ogni atteggiamento ostile contro Novgorod, facendo pervenire alla città tramite suo fratello Lugven, ospite di Mosca da un bel po’ di tempo, il seguente proclama, che sarebbe stato lettoprima di insediarsi quale namestnik, questo occorre sottolinearlo, di Jogaila: «Siccome Sua Maestà Ladislao, Re di Polonia, signore della Lituania e delle Terre Russe e di altri domini, ci ha posto quale protettore sugli uomini e sui nobili di questa città, monsignor Grande Novgorod, così noi al re e alla regina Jadviga, promettemmo e promettiamo, finché saremo i protettori di questa città, di rimanere amici della corona polacca e di non allontanarci mai da essa!». A questa mossa illegittima Vytàutas sicuramente
scivolò in un’ennesima profonda crisi (le Cronache ci dicono che
era fatto così!). Alla fine non si sentiva affatto vinto dall’Orda
d’Oro. Che fare? Novgorod è forse persa? Deve ribellarsi a suo
cugino? O fare intervenire Mosca? E come? Persino Basilio, provocatoriamente secondo noi, fa
sposare suo fratello Giorgio con la figlia dello spodestato principe
di Smolensk. Mettersi contro suo suocero che ritorna perdente dalla
battaglia sulla Vorskla, son forse queste le sue intenzioni? Glielo ha
consigliato Jogaila? La città di Smolensk infatti è e rimane in mano
lituana, ma ora a quale dei due cugini risponderà? Insomma troppe
pedine sono state mosse e la situazione è davvero di stallo… Nel 1400 muore il vecchio Oleg di Rjazan’ suocero
del padre di Basilio e dunque suo zio materno. Era stato un eterno
ribelle in un certo senso. Sempre pronto a battersi per la propria
indipendenza oppure a piegarsi al compromesso, ma comunque
riservandosi la riscossa. Il figlio Teodoro che gli succede è ormai
già legato mani e piedi a Basilio e perciò da adesso in poi
Rjazan’ diventa parte integrante del feudo di Mosca.
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©2007 Aldo C. Marturano