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             MEDIOEVO RUSSO

a cura di Aldo C. Marturano, pag. 38/2


 

Monumento a Vytautas Didysis

   

PARTE II

Un altro potenziale avversario di Mosca era morto già l’anno prima: il rivale di Demetrio (e dunque anche di Basilio) Michele di Tver’! A quanto pare questa città è ormai rassegnata ad un suo ruolo inferiore nella Bassa e sta per entrare sotto l’ala moscovita. Anzi! Qualche anno prima Michele, su pressione dei  parenti Lituani, aveva sottoscritto un accordo con Basilio in cui si dichiarava che non avrebbe mai più accettato il jarlyk di Gran Principe di Vladimir anche se concesso dall’Orda spontaneamente, ma in cambio avrebbe preteso aiuti da Mosca nel caso di scontri con i Cavalieri Portaspada (cosa abbastanza improbabile!). 

Michele non era mai stato così battagliero come un suo antenato omonimo né come suo nipote omonimo che incontreremo più avanti. Lo abbiamo visto a Sarai una sola volta cercare di sottrarre il jarlyk a Demetrio, ma poi aveva rinunciato e si era messo da parte abbastanza pacificamente e aveva accettato le condizioni volute da Mosca. Manteneva contatti diretti col Patriarcato costantinopolitano e quando era stato chiesto aiuto contro i Turchi che minacciavano la capitale sul Bosforo aveva mandato soldi e doni di gran valore insieme con Mosca. Da uomo pio quando la tempesta turca sembrava essere passata, si racconta che in cambio dei doni inviati aveva richiesto un’icona santa tutta per sé. Era ormai giunto a tarda età quando fu assalito dal male che lo avrebbe portato alla tomba (la peste!). Deciso di andare in convento per le sue ultime ore con Dio, dettò le sue ultime volontà: l’udel  fu diviso fra i suoi tre figli e il nipote (il quarto figlio era già deceduto) avvisando ciascuno delle condizioni sottoscritte con Basilio. E proprio in quei giorni aveva ricevuto il segno della gratitudine patriarcale e cioè l’icona miracolosa del Giorno del Giudizio richiesta portata dal prete Daniele passato da Costantinopoli nel suo ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa! Michele sembrò riaversi e ordinò di portargli immediatamente l’immagine per poterla baciare e perciò guarire. Si alzò dal letto per andare di persona incontro a Daniele, si salutò con tutti i suoi e si avviò alla chiesa dove il prete l’aspettava. Mentre camminava però sentì che gli mancavano le forze e, fattosi accompagnare in Convento, si fece monaco e morì qualche giorno dopo, senza neppure il conforto dell’icona. Per inciso, aggiungiamo che il prete Daniele rimase famoso nella storia russa non tanto per questo episodio, quanto invece per aver lasciato una specie di guida per il pellegrino russo che va in Terra Santa.

Tuttavia la rivalità con Tver’ non era per niente finita. Infatti il figlio di Michele, Giovanni, aveva tutt’altri piani e non riconobbe l’accordo fatto da suo padre. Da anni si trovava in dissidenza presso l’Orda di Sarai e a questo punto non gli restava che richiedere il jarlyk…. sebbene non di Gran Principe di Vladimir, ma almeno per il suo udel, formalmente rispettando il patto paterno, per garantirsi l’indipendenza da Mosca! Basilio non reclamò e accettò suo malgrado lo status quo contando su quella città comunque per l’aiuto futuro nel caso di azioni militari contro Novgorod-la-Grande.

A nostro avviso tutte queste mosse, sia moscovite che lituane, erano una specie di piano d’assedio intorno a Novgorod-la-Grande, sempre alla stregua di quanto abbiamo detto al principio del capitolo, più che contro i piani moscoviti… Nel 1401 c’è ancora una nuova mossa: Convocato (con la complicità di Cipriano, naturalmente) l’Arcivescovo novgorodese a Mosca, il prelato viene imprigionato nel Convento dei Miracoli all’interno della cinta del Cremlino e trattenuto per… ben tre anni! Fu un vero scandalo, ma procurò poi dei vantaggi? E come mai Cipriano aveva avallato una tale mossa eccessiva e pericolosa?

Facciamo un passo indietro.

Se ben ricordiamo Cipriano aveva lasciato Novgorod con un anatema sulla città che non aveva mai ritirato, ponendo così in imbarazzo la stessa autorità arcivescovile. E Novgorod aveva tentato tutto affinché la grave misura ecclesiastica fosse revocata al più presto! Era stata mandata allora una delegazione perché intercedesse presso S. S. Antonio a Costantinopoli, saltando Cipriano (e cioè Mosca). Naturalmente si usarono in quell’occasione tutti i ricatti possibili: dall’arma delle grandi donazioni a quella della minaccia d’abiura, ossia di passare al Papa di Roma. Il Patriarca, già informato da Cipriano, consigliò insistentemente ai bojari novgorodesi di trattare direttamente col Metropolita e magari anche con il principe di Mosca! Insomma per farla breve con la loro solita praticità i novgorodesi decisero di chinare la testa. Si accettò di abrogare la legge “autonomistica” e dopo aver pagato ben 350 rubli al Metropolita. La storia però non aveva trovato ancora una conclusione perché tre anni dopo Cipriano, come era di regola nel passato, si era recato senza essere invitato a Novgorod per il mese giudiziario, secondo una vecchia usanza non più in vigore. Né venne da solo, ma addirittura con un inviato di Costantinopoli con la scusa di far visitare questa importante arcidiocesi e affinché constatasse de visu lo stato dei fatti…

Grande accoglienza, imposizione delle mani sull’Arcivescovo Giovanni, ma niente giudizi o sentenze da emettere e dunque niente prebende da incassare. Che fare? Cipriano, a causa della presenza dell’inviato greco, decise di soprassedere da misure estreme e benedisse con gran solennità la città, prima di essere accompagnato lungo il fiume sulla via del ritorno insieme al suo ospite.  L’anatema finalmente era stato ufficialmente tolto…

Al ritorno a Mosca però Cipriano si lamentò con forza e Basilio promise al “suo” Metropolita che i novgorodesi l’avrebbero pagata cara e, dopo aver ponderato bene la situazione, con il consenso di Vytàutas e sfruttando la scusa che la ricca città del nord continuava a mantenere i suoi traffici con le città anseatiche del Baltico infischiandosene dell’ostilità dei tedeschi verso la Lituania e verso Mosca e la “sua” santa Chiesa, mandò i suoi plenipotenziari (insieme a quelli di Vytàutas beninteso!) a Novgorod, per esigere la rottura immediata degli accordi coi tedeschi “eretici” dell’Hansa!

Era una richiesta assurda e inaccettabile per i novgorodesi benché comprensibile se fatta da parte di Basilio e la risposta più logica non poté essere che la seguente: «Principe Basilio! Noi facciamo accordi con chi vogliamo e con chi ci conviene e quindi siamo in pace con voi, con Vytàutas ed anche con i tedeschi!».

In definitiva quelle richieste erano delle provocazioni fatte apposta ed infatti, non appena i bojari se ne tornarono a casa con la risposta negativa, l’armata moscovita, già pronta, si mosse per occupare con l’aiuto di Vladimiro di Serpuhov Volok Lamskii, Mercato Nuovo e Vòlogda. Da Mosca viene annunciato a chiare lettere che ogni accordo precedente non è più in vigore! Volok Lamskii viene addirittura ceduta a Svitrigaila, altro fratello di Jogaila, per ben 10 anni, sebbene… sotto la supervisione di Vladimiro di Serpuhov!

Che fare? Anche i novgorodesi rispondono con un analogo proclama di abolizione degli accordi, ma dopo qualche tempo (anche per la conseguenze economiche che ne seguirono), chiesero di negoziare nuovi patti. Anzi! Colsero ingenuamente l’occasione della chiamata del loro Monsignore a Mosca da parte del Metropolita (anche questa era una scusa di Basilio concordata con Cipriano) per affiancarlo con una delegazione bojara di tutto rispetto e con… tanti doni!

Monsignore, apparentemente chiamato per questioni ecclesiastiche, incontrò Basilio e lo benedisse, dicendo: «Sire, Gran Principe! Ti benedico e ti prego di accogliere benevolmente le richieste del mio gregge novgorodese!». Le richieste erano abbastanza semplici: Che si rilasciassero e si restituissero tutte le città occupate da Mosca! Purtroppo neppure Monsignore riuscì a smuovere Basilio e così, passato l’inverno, i bojari novgorodesi attesero invano che l’Arcivescovo Giovanni tornasse a Santa Sofia. Finalmente Monsignor Giovanni tornò e tenne una riunione con i bojari che espressero le loro preoccupazioni e i loro dubbi.

La missione con gli armigeri novgorodesi lungo la strada incontra un tale che racconta come il principe Teodoro di Rostov, agli ordini di Basilio, è stato mandato a governare nella regione di Vjatka arrogandosi tutti i diritti che una volta appartenevano esclusivamente alla città e ai suoi funzionari… perché soltanto Basilio è autorizzato dal jarlyk. A questo punto, non c’è più scelta! Se Basilio agisce in questo modo, occorre che i novgorodesi agiscano in modo simile e così, mentre Monsignore se ne torna a casa, i bojari e gli armigeri oltrepassano il confine con Lago Bianco e assalgono questa città, la conquistano, la saccheggiano e poi la danno alle fiamme.

Continuarono queste azioni militari fino a Ust-jug che fu devastata e i mercanti stranieri (genovesi per lo più) maltrattati indicibilmente. Da tempo la cittadina era diventata una concorrente fastidiosa di Novgorod (e di Vjatka) per la presenza dei mercanti italiani e il fatto che fosse sotto il controllo di Mosca, aggravava oltremodo il fastidio dei novgorodesi sugli affari delle preziosissime pellicce pregiate.

Non si fermarono però qui. Proseguendo verso sud (avevano armato bel 250 barche!) giunsero alfine dove si trovava Teodoro di Rostov. Costui fu spogliato di ogni cosa e offeso in tutti i modi. Sommamente felici del successo i nostri bojari ritornano a Novgorod con un grande bottino e portando con sé alcuni notabili fatti prigionieri con l’accusa di alto tradimento. Intanto i novgorodesi avevano già mandato a Mosca una nuova ambasciata formata dall’Arciprete di Santa Sofia (l’Arcivescovo evitò, non andando, l’umiliazione di prostrarsi ancora davanti al Principe!), dal tysiazkii, dal posadnik e da due esponenti cosiddetti autosufficienti per concludere le liti in pendenza. Le ragioni della rappresaglia condotta da Novgorod erano abbastanza semplici: La città si era ripresi dei territori che erano da sempre stati di sua proprietà!

Insomma i rapporti fra Mosca e Novgorod erano sempre più tesi e sempre più aspri. Lo stesso Vytàutas con grande opportunismo non teneva né per una né per l’altra parte ed anzi lasciava che i due avversari si sfibrassero a vicenda tanto che (fra i vari dispetti vicendevoli) accadeva spesso e volentieri che qualsiasi fuggitivo da Mosca o dai territori sotto influenza moscovita fosse sempre benaccolto nella città novgorodese o presso i Lituani. Già questo la dice molto lunga sui rancori che si andavano accumulando.

D’altronde quali diritti poteva vantare Mosca su Novgorod-la-Grande? Nessuno concretamente, sebbene Basilio (sempre sotto l’egida di Cipriano e il tacito consenso di Vytàutas) scegliesse di rifarsi alle antiche tradizioni che stavano scritte nelle Cronache dei Monasteri in cui la repubblica dipendeva da Kiev e tutto il resto.

è il 1406! Cipriano muore lasciando la sua grande eredità spirituale (per la verità dobbiamo dire che rimase nascosta nei suoi scritti per lungo tempo) alla dinastia moscovita e a tutti i Grandi Russi, quella di ricostruire l’Impero Romano Cristiano universale… da Terza Roma!

è l’occasione buona per Vytàutas per raccogliere sotto la sua ala quest’alta carica ecclesiastica, sottraendola all’influenza di Mosca. Fa sapere al Patriarca che avrebbe preferito che fosse nominato quale successore un monaco greco che viveva già in Lituania, monsignor Teodosio Arcivescovo di Polozk, e mandò quest’ultimo di corsa a Costantinopoli. Basilio come al solito non sapeva che fare e si limitò ad inoltrare la sua preghiera al patriarca di dare l’incarico alla vecchia maniera e basta. Il Patriarca intanto aveva scelto un altro monaco a nome Fozio e costui era già a Costantinopoli per l’imposizione delle mani. Vedendo cadere il suo candidato, Vytàutas va su tutte le furie e mette in opera varie manovre per impedire a Fozio di raggiungere la sede moscovita… Anzi! Appena sa del suo arrivo a Kiev senza mezzi termini gli comunica che Kiev è la santa e vera sua residenza e che quindi si dimentichi di Mosca.

Il povero Fozio dovette ubbidire e rimase. Pensate che s’insedierà a Mosca solo nel 1409!

Proprio in quell’anno Jogaila avevano incominciato la sua campagna propagandistica contro i Cavalieri Teutonici che occupavano il territorio polacco quando ormai di pagani non ce n’erano più. Non trova però l’appoggio presso suo cugino. Anzi! è ancora occupato con Novgorod e il nord e, in particolare, in un accordo con l’Ordine Livonico del 1398 era chiaramente detto che Vytàutas avrebbe aiutato i Cavalieri a piegare e a conquistare Pskov e i Cavalieri, a loro volta, l’avrebbero aiutato a conquistare Novgorod in barba ai voleri di Jogaila. Dunque non ha tempo per partecipare alle mosse di Jogaila ed ora che è giunto il momento giusto, nel 1405, con la scusa che Novgorod ha accolto in città Giorgio di Smolensk suo nemico giurato (e genero di Basilio!), dichiara guerra alla città! Entra dapprima nel territorio di Pskov dove si scontra. Devastazioni, prigionieri, incendi: tutta la regione lungo il fiume Velikà viene messa a soqquadro. Contemporaneamente manda una lettera a Novgorod in cui si impone quasi sotto forma di ultimatum di accettare la protezione lituana esclusivamente da lui e mai più da Jogaila e dai suoi luogotenenti, se si vogliono evitare guai maggiori.

Naturalmente Pskov appollaiata su una collina e circondata dai due fiumi Pleskavà e Velikà (in russo il fiume Grande) era una fortezza abbastanza difficile da conquistare, ma l’intenzione del principe lituano era solo di spaventare e minacciare indirettamente Novgorod-la-Grande. Basilio volle essere anche lui partecipe ed aveva dato il suo nullaosta affinché il figlio di suo fratello Costantino che era in quel momento in ingaggio a Novgorod andasse in apparente aiuto di Pskov e contro Vytàutas. Forse era stanco delle improvvisazioni di suo suocero o osò troppo quando in quei frangenti dichiarò che gli avrebbe fatto guerra «per aver invaso il territorio di Pskov che è demanio del principe di Mosca» e per non averlo avvisato prima. In realtà erano esagerazioni perché di proposito gli aiuti novgorodesi a Pskov arrivarono solo quando Vytàutas si era già ritirato con il bottino e tanti prigionieri!

Per di più, quando Pskov cercò di convincere i novgorodesi ad unirsi a loro per assediare Polozk, la risposta suggerita da Basilio fu in questi termini: «Monsignore non ci ha benedetto per questa impresa in Lituania e Novgorod non ci ha detto di andare con voi contro i tedeschi». Che fare? I cittadini di Pskov rimandarono indispettiti a casa i novgorodesi e si diressero da soli verso i territori lituani.

Non ottennero però grandi risultati e solo l’anno dopo, stavolta col consenso di Mosca, assedieranno Polozk, ma senza riuscire ad espugnare la città benché l’assedio durasse ben tre giorni! Come d’abitudine si devastarono e si saccheggiarono i dintorni e si ritornò a casa soddisfatti, almeno di essersi parzialmente vendicati e del bottino che ripagava le spese sostenute…

Quella vendetta di Pskov provocò naturalmente la contromisura di Vytàutas nella regione di Polozk e di Vitebsk, tanto odiosa quanto inutile: la persecuzione religiosa dei novgorodesi e dei cittadini di Pskov che risiedevano in territorio lituano! Questi erano facilmente riconoscibili dal loro dialetto e dal loro vestire! è logico che ci fu un conseguente fuggi-fuggi verso nordest della gente perseguitata e gran parte di questa fu persino accolta da Mosca e alloggiata nei dintorni.

Alla fine Basilio, come è evidente, aveva appoggiato tutta l’azione di Vytàutas sebbene avesse fatto mostra coi suoi armigeri di volersi scontrare con lui. E sul fiume Vjazma genero e suocero s’incontrano e si  dividono lo scacchiere e ora Basilio da una parte e Vytàutas dall’altra cominciano a devastare tutta la zona per mettere in ginocchio per prima Novgorod-la-Grande, la più lontana, ma poi anche  Pskov, la più vicina, giudicate ree di tenere rapporti amichevoli… coi Cavalieri Livonici! E gli accordi con questi ultimi? In fumo…

Aggiungiamo che queste azioni concordate di suocero e genero mettevano sempre in allarme Sarai la quale attraverso propri segreti canali cercava di mettere zizzania fra i due parenti ora sfidando l’uno ora attaccando l’altro. In una di queste “liti” nel 1408 Vytàutas e di Basilio si incontrano sulle rive opposte, stavolta del fiume Ugrà. Qui le trattative andranno per le lunghe per i troppi festini, ma si concluderanno con la pace, e, cosa molto importante, si definisce il fiume Ugrà quale confine fra i due campi di influenza. Dalla riva sinistra è Lituania e dalla riva destra è Mosca. E così si chiude il ciclo di ostilità fra suocero e genero in barba alle manovre di Sarai…

Nubi nere si levano all’orizzonte però! I Tatari non perdonano! La notizia pervenuta a Mosca è che si organizzano per scendere in campagna militare. Contro chi? Probabilmente sia contro Basilio sia contro Vytàutas poiché il vecchio Jedighei considera illegittimo ogni accordo fra suocero e genero. Si è fatta anche l’ipotesi che i Cavalieri Livonici avessero messo il loro zampino in questi preparativi, ma non si può affermarlo con sicurezza dai documenti…

In breve un bel giorno del novembre del 1408 sotto il Cremlino moscovita si presentano i Tatari e Basilio ha appena il tempo di asserragliarsi in difesa, mentre tutta la città bassa (il Posàd) è data alle fiamme. Neppure Vladimiro di Serpuhov riesce ad organizzare una resistenza efficace visto che si trova anche lui nel Cremlino. Basilio intanto è già riuscito a lasciare Mosca per rinchiudersi nel nord a Kostromà a tentare di smuovere i fratelli a dargli una mano. In realtà questi, Andrea e Pietro, sono a Mosca insieme a Vladimiro di Serpuhov e non riescono a passare alcun ordine ai loro bojari. Jedighei però non ha intenzione di espugnare la città, ma solo di fare bottino nella regione intorno e quindi non è molto propenso ad un lungo assedio. Anzi! Cerca di riattizzare l’inimicizia tradizionale con Tver’ e manda i suoi a ”dare ordine” al principe Giovanni, figlio del defunto Michele, perché accorra sotto le mura Mosca con i cannoni che ha ricevuto dalla Lituania! Giovanni però ha un problema: deve da una parte rispettare il patto con Mosca e dall’altra obbedire al Tataro, pena la perdita del jarlyk d’indipendenza! Come fare? La soluzione che troverà sarà quella di tirarla per le lunghe, andare molto piano con i cannoni che pesano e impicciano e non arrivare mai…

Intanto gli uomini di Jedighei in giro da una città all’altra vicina requisiscono e saccheggiano. Persino il complesso monasteriale di san Sergio di Radonezh (oggi Sergiiev Posad) viene devastato! Per tre settimane va avanti così, finché Jedighei non viene raggiunto dalla notizia che in sua assenza suo figlio sta per essere rovesciato dal riapparso Toqtamysc’. A questo punto disposto a ritirarsi proclama che, se gli si paga un certo riscatto, se ne andrà. Si raccolgono 3000 rubli (una somma considerevolissima!) e i Tatari alla fine si ritirano…

Jedighei lascia una lunga lettera a Basilio tramandataci nei seguenti termini (testo adattato da ACM): 

Ossequi da Jedighei a Basilio! Ecco qui il nostro jarlyk e ti dico che mi ha mandato il nostro khan d’accordo col suo consiglio di stato. Abbiamo saputo che tu hai in ostaggio i figli di Toqtamysc’ e per riprenderceli siamo venuti da te in forze. Non solo per  questo però perché ci è stato anche detto che i nostri mercanti e i nostri inviati quando vengono a farti visita sono trattati abbastanza male. Ciò non va bene! Nel passato il tuo udel ha sempre mostrato soggezione al khan e ha sempre pagato quanto doveva. Ha sempre trattato con deferenza i nostri messi e nostri mercanti e certamente lo sanno i tuoi anziani come avveniva prima. Ora invece non ascolti neanche loro e fai male! Quando era khan Temir Kutlug non ti sei fatto vedere. è diventato khan Sciadi beg (questo era il figlio di Jedighei!) e non hai mandato nessuno dei tuoi a fargli omaggio. Dopo tre anni che Sciadi Beg è stato il tuo khan, ora lo è diventato Bulat Sultan (nipote di Jedighei) e di nuovo nessuno dei tuoi è mai venuti a Sarai per l’omaggio dovuto. Ma non sei forse tu il Gran Principe? Non è un tuo uomo Teodoro Kosc’ka? Quello sì, che è un uomo dabbene e ti ha ricordato qui, presso di noi a Sarai! Non sono alla tua corte suo figlio Giovanni, il tuo detentore della cassa principesca e i vecchi consiglieri? E tu perché non li ascolti? E perché vuoi comportarti da canaglia e uccidere servendoti di loro? Non lo fare. I giovani non sanno mai consigliare il giusto! Se vuoi rimanere sul tuo trono allora ascolta gli anziani e pensaci per bene. Mandaci dunque quanto da sempre abbiamo avuto da voi come ai tempi del khan Giani Beg e vedrai che non avrai guai, né tu ne i tuoi sudditi… Se vuoi aumentare i tuoi territori con la conquista devi lavorare duro… E ricordati che se qualcuno dei tuoi parenti principi o la Lituania ti offendono, non vorrai forse vendicarti? Eccoci pronti allora a darti una mano. Manda l’informazione e Sarai sarà a tua disposizione. Non eravamo d’accordo per un rublo ogni due aratri? E dove è andato a finire questo denaro?

Il tono della lettera non è esattamente minaccioso, ma di rimprovero severo e dunque Jedighei non vuole proprio inimicarsi Basilio del tutto. Tuttavia Mosca è a terra. Il colpo inferto è stato duro e parecchi prigionieri sono stati catturati e trasferiti a Sarai. L’esito insomma è stato spaventoso e non si può che leggere le Cronache per capire quale grande colpo era stato sferrato quella volta di quel lontano 1408.

Fu dolorosissimo vedere … come un solo Tataro si trascinava dietro anche 40 giovani incatenati e come li batteva senza alcuna pietà. Molti erano caduti in battaglia, ma altri era morti anche per il gelo e per la fame e… in tutte le Terre Russe tutte le famiglie furono colpiti nel loro interno e le lacrime furono molte e inconsolabili e il dolore e i singhiozzi si udirono dappertutto da Rjazan’ fino a Galic’ e fino nel nord a Lagobianco… (testo ridotto da ACM). 

A questo punto davanti a tutti questi insuccessi siamo convinti che Mosca è davvero incapace di tenere a bada i Tatari e Basilio ora come ora sarebbe impotente ad affrontare gli avvenimenti che lo incalzano. Se davvero c’era stato insomma, dov’era andato a finire lo spirito battagliero di Kulikovo Polje?

Neppure Vytàutas gli dà un aiuto. è forse d’accordo con quanto fatto da Sarai ai danni di Mosca? Già nel 1410 il Lituano aveva raccolto migliaia di Tatari contro i Cavalieri Teutonici… Come mai per Mosca adesso invece non si trovano modi per fermare il Tataro? Insomma, secondo noi c’è qualcosa che le Cronache  ci hanno nascosto.  Ci deve essere stato forse un accordo silente o segreto fra il Lituano e il khan di Sarai per fare in modo di tenere Mosca in crisi permanente, sebbene Sarai poi continui ad incolpare la Lituania per la protezione offerta a Toqtamysc’ e ai figli di questi.

Jedighei segue la solita politica in cui Mosca è ancora la realtà politica di una città piccola e ribelle sperduta nella foresta tanto che, quando aveva lasciato i dintorni l’ultima volta, restituisce Novgorod-della-Bassa ai figli del defunto Boris, così maltrattato da Basilio anni prima, e costoro sono addirittura incaricati (e per questo Jedighei mette a disposizione un buon contingente di Tatari armati) di rimettere ordine a Vladimir per reinsediare il Gran Baskak. Per Sarai occorre ridare una rinnovata dignità a Vladimir-sulla-Kljazma e mettere il guinzaglio a Mosca… Vladimir dunque verrà attaccata a mezzogiorno quando la gente dorme e sarà sottoposta al saccheggio.

In realtà non è un saccheggio di per sé, se non invece una punizione per i moscoviti che vi dominano. Le Cronache scritte dai monaci naturalmente metteranno in risalto in questa occasione il martirio di un certo prete di nome Patrizio al quale era affidata la Cattedrale dell’Assunzione in nome del Metropolita di Mosca. Siccome noi sappiamo che la chiesa era anche un forziere è chiaro che costui custodisse tutti quegli oggetti preziosi insieme coi fedeli rifugiati presso di lui in uno scantinato. I Tatari irrompono nella chiesa e, non riuscendo a trovare le ricchezze previste né persone da mandare schiavi, cominciano a torturare il prete perché sveli dove ha nascosto uomini e cose. Patrizio si fa maltrattare fino alla morte, ma non dice nulla e la gente e le suppellettili “sacre” sono salve. Non così la chiesa e lui stesso! Diventerà un santo martire contro gli infedeli! E la profanazione del tempio cristiano? Soltanto un avvertimento per Basilio e il suo Metropolita!

Vytàutas comunque è ancora impegnato nel nord con suo cugino Jogaila contro i Teutonici nella famosa Battaglia di Grunwald Tannenberg, e Jedighei sapendo di aver campo libero si spinge fino in Crimea, dove fa base Toqtamysc’ con i suoi fidi.

Mosca perciò langue senza poter reagire come vorrebbe. Muore anche Vladimiro di Serpuhov, ma nel suo testamento ribadisce ai suoi figli di servire il Gran Principe di Mosca senza mai ribellarsi! Anzi! Siccome Radonezh e il Monastero di san Sergio si trovano sotto la giurisdizione di Serpuhov, il testamento viene redatto proprio dall’igumeno del convento e i figli devono sottoscriverlo! Quindi niente defezioni in questa parte così importante della regione moscovita!

A Sarai a Bulat Sultan intanto è successo ora il khan di Astrahan Timur Aghlen, quando Vytàutas trionfante ritorna dal nord e di nuovo rinnova il suo appoggio ai discendenti di Toqtamysc’, e così nel 1412 uno di questi, Zeleni Sultan, riesce a salire sul trono di Sarai e a Jedighei dalle steppe ucraine viene impedito di tornare sul Volga. 

Insomma le circostanze si fanno sempre più stringenti e a Mosca occorre un po’ di tempo in pace per riprendere le forze. Ritorna sempre il maledetto problema del pagamento del jarlyk al nuovo khan che si può coprire soltanto se Novgorod-la-Grande paga la famosa tassa annuale (detta “nera”). Così nel 1412 Basilio su sollecitazione del suocero, ora che a Sarai c’è un protetto di Vytàutas, scende per il Volga e si reca dal khan. Tuttavia all’arrivo di Basilio il nuovo khan è cambiato ancora perché Zeleni Sultan è stato ucciso da suo fratello Kerim Berdei che ora è sul trono. Qualche risultato l’ottiene, parlando sempre a nome di suo suocero, ma sono solo esiti parziali perché per il momento non ci sono né uomini né mezzi per prendere posizioni diverse.

Lasciamo per un attimo Basilio e rivolgiamoci ancora a Vytàutas e ai suoi rapporti con la Chiesa Russa. Non era stato mai d’accordo con suo cugino che ora si mostrava sempre in preghiera e sottomesso ai voleri del Papa e dei suoi messi e si sentiva cattolico solo in superficie, se così si può dire. Per la lui la scelta religiosa era fatta in base alle convenienze politiche. Si racconta come ancora nel 1414 avesse permesso senza batter ciglio che si svolgessero nella bella stagione celebrazioni pagane in Samogizia! D’altro canto, apprezzava ancor meno l’atteggiamento papale ostile verso gli ortodossi. Così, se nelle regioni sotto governo polacco (e cioè di Jogaila) non erano permessi e puniti duramente i matrimoni fra cattolici ed ortodossi (questi ultimi non erano nemmeno ammessi in carriere statali!), Vytàutas nei suoi domini concedeva la piena libertà. Quel che però non gli andava era vedere il Metropolita sempre a Mosca mentre le maggiori prebende le raccoglieva nelle sue terre e fra i suoi sudditi. Non poté fare granché finché Cipriano fu vivo (quest’ultimo sapeva come tenerlo buono!), ma appena questi morì le dispute per il Metropolita ricominciarono. Abbiamo detto della proposta di monsignor Teodosio di Polozk e come invece da Costantinopoli arrivasse il nuovo prelato, Fozio, dopo ben tre anni d’attesa e di litigi.

Avevamo lasciato Fozio a Kiev nelle mani di Vytàutas il quale soltanto nel 1410, mentre aveva il suo bel da fare contro i Cavalieri, gli permise di andare a Mosca “in visita pastorale”. Non si deve però pensare che tutto si svolgesse in maniera così semplice. Quando Fozio tornò a Kiev appena passato l’inverno, Vytàutas gli fece sapere ancora una volta che se intendeva far la spola fra le due città doveva allora chiedere al Patriarca di nominare un altro Metropolita per i fedeli ortodossi di Lituania che lo sostituisse per sempre. E poi se ne sarebbe potuto restare a Mosca.

Che fare? Occorreva andare a Costantinopoli per discutere della faccenda. Stranamente però, quando Fozio chiese l’autorizzazione per partire, gli fu negato ogni permesso di viaggiare. Non restava che andarsene a Mosca di nascosto, con tutta la cassa metropolitana e seguire l’altro famigerato itinerario. Naturalmente i Lituani lo aspettavano al varco. Lo spogliarono di tutto e soltanto dopo lo lasciarono proseguire.

Intorno nel 1414 poi un sinodo speciale composto dal vescovo di Cernìgov, Polozk, Galic’, Smolensk, Holm, Cerven’ e Turov, città abbastanza importanti nelle regioni sotto il dominio lituano, invocò l’intervento di Vytàutas contro Fozio perché costui stando sempre nella Bassa, trascurava le loro diocesi. Accusarono ancora una volta il Metropolita di raccogliere troppi soldi e di non passare alcunché alle diocesi lituane. Vytàutas accolse le lamentele, requisì tutte le proprietà metropolitane e consigliò ai vescovi di scegliersi un nuovo Metropolita esclusivamente per le diocesi ortodosse della Lituania (cioè per Kiev, Volynia e Lituania propriamente detta) e per la nomina ci avrebbe pensato personalmente. I prelati lo fecero, ma imposero che lo scelto fosse consacrato dal Patriarca non essendo il Sinodo in forza per poter nominare una tale carica.

Fozio, presente al Sinodo, sperava che il Patriarca avrebbe capito e si sarebbe rifiutato di consacrare un altro prelato al suo posto e cioè il monaco Gregorio Zamblak scelto dal sinodo “lituano”. Infatti questo fu respinto! Vytàutas non si rassegna e ricorre ad un’altra arma. Riunito il sinodo a Novogrudok fa proclamare dai vescovi presenti Gregorio Zamblak, Metropolita di Kiev. Si risalì ai tempi di Clemente Smoljatic’ tanti anni prima in cui a Kiev c’erano stati due Metropoliti contrapposti uno greco e uno russo e per giustificare questa presa di posizione. Il Sinodo approvò anche la mozione con la quale il nuovo Metropolita per le Terre Lituane e per la Volynia non avrebbe mai rinnegato la religione ortodossa né l’autorità del Patriarca costantinopolitano. Gregorio era però una persona molto intelligente e saggia e, benché avesse tutti i numeri per occupare il nuovo soglio di Kiev e Volynia, non voleva mettersi contro Fozio. Non riuscì però ad impedire che i prelati russi della Bassa accusassero in una lettera al Patriarca che Vytàutas volesse dividere la Chiesa Russa e volesse mettere gli uni contro gli altri usando Gregorio Zamblak stesso che, per questa ragione, fu maledetto e scomunicato.

è il 15 novembre 1415 e intanto a Mosca tutto tace…

Alla Battaglia di Grunwald Tannenberg del 1410 combattuta nel territorio sedicente polacco, ma ancora sotto l’Ordine Teutonico, fra Vytàutas e Jogaila da una parte e i Cavalieri dall’altra, i due cugini, giunti a Marienburg, la centrale dell’Ordine, avevano rinunciato a coronare la loro vittoria con la definitiva conquista del castello e del suo complesso perché di fronte all’assoluta imprendibibilità dell’enorme fortezza s’accorsero di non essere all’altezza dell’impresa. Malgrado ciò, dopo la battaglia alcuni termini dei rapporti fra i due cugini, fra Vytàutas e suo genero Basilio e fra Jogaila e i Cavalieri cambiarono.

Vytàutas ora diventava più libero nei territori “lituani” e si sentiva investito di una maggiore autorità sul destino e sulla vita della Bassa e sulle imprese politiche di Basilio e cambiava anche l’atteggiamento suo verso il “nodo” novgorodese! E questo spiega il tenore di una lunga lettera mandata congiuntamente da Jogaila, Vytàutas e Lugven a Novgorod senza informare Basilio nel 1412 in cui si legge:

Noi vi avevamo proposto di essere con noi  contro i Cavalieri e voi avete allora rifiutato. Bene, ciò non ha guastato molto i nostri rapporti con voi. Poi vi abbiamo mandato Nemir e Zenobio figlio di Bratosc’b e voi avete detto loro che Novgorod non può acconsentire alle richieste del Re di Polonia perché è in amicizia con la Lituania e perché è in amicizia anche coi Cavalieri. Noi abbiamo poi richiamato il principe Lugven, con i Cavalieri abbiamo stilato un atto di pace eterno, ma anche con gli ungheresi e con tutti i vicini confinanti. E voi? Avete dimenticato la parola data. Ancora avete combattuto contro le nostre genti e le avete persino offese chiamandole “pagane”. Per di più avete accolto il nostro nemico, il Principe Giorgio di Smolensk! Lugven ha detto anche che si scusa, ma deve sciogliere il giuramento fatto con voi a suo tempo, perché Lugven in questo patto è dalla parte nostra.

In verità il tono è vagamente minaccioso, ma non prelude a scontri sanguinosi. Anzi! Nel 1414 Novgorod manderà una delegazione per trattare, come già aveva fatto Pskov qualche mese prima. è da notare che anche stavolta Novgorod viene trattato come uno stato a sé stante dai Lituani e non come dominio tradizionale moscovita…

Successivamente Lugven ritorna a Novgorod in pratica con l’ordine di costituire là un partito lituano affinché questa città si convinca “per autonoma decisione” a far parte del Regno di Vytàutas o per lo meno ad orbitare intorno ad esso. Anzi! Fu forse proprio per eliminare le perplessità dell’Arcivescovo sulla sua non necessaria obbedienza al Metropolita che risiede a Mosca che Vytàutas fece eleggere alla Metropolia di Kiev il già nominato Gregorio Zamblak!

Basilio, sornione, ma soprattutto privo di risorse materiali, aspetta che la situazione evolva…  Altro non può, se non cercare di avere un qualche peso nel decadente Impero Romano d’Oriente e sul Patriarca! In quegli anni infatti non solo manderà doni e sostanze a Costantinopoli, ma anche sua figlia andrà in sposa al futuro Giovanni VII Paleologo! Questa sua forzata inerzia evidentemente lascia più spazio a Vytàutas.

Il Lituano si scontra ancora una volta con Jedighei che, avendo ceduto Sarai ai figli di Toqtamysc’, aveva cercato di rifarsi un regno nelle steppe ucraine dove era rimasto bloccato anni prima, disturbando gli interessi lituani nella zona. Sappiamo che alla fine, pur di finire la sua vita in pace, il Tataro aveva mandato una lettera al Vytàutas accompagnata da tre cammelli coperti da eleganti drappi rossi più 27 cavalli della steppa e in essa c’era scritto che sia Jedighei sia Vytàutas erano ormai dei vecchi (ritorna sul suo modo di vedere) e che dovevano lasciare il loro posto ai giovani. Il sangue che avevano versato era ormai stato inghiottito dalla terra e che la cattive parole che si erano dette l’un l’altro erano state portate via dal vento per sempre. Dunque ora i loro cuori erano vuoti dall’odio e dovevano far la pace! E la pace fu fatta, proprio mentre giungevano le prime notizie di un vecchio flagello proveniente dalle steppe: la peste bubbonica.

Nel 1417 infatti ecco come è descritta nelle Cronache:

Si è colpiti improvvisamente e improvvisamente si cade come urtati da un grosso animale e la febbre comincia a divorarti. Dicono di aver sentito un colpo nel mezzo del petto o fra le scapole e di non sapersi tenere più in piedi. Ed ecco con la febbre si comincia a tossire senza potersi fermare, ma non è sputo che viene dalla bocca, ma sangue… E poi si comincia a sudare e si è percorsi da brividi e tremiti terribili che fanno battere tutte le giunture. Compaiono poi bubboni su tutto il corpo, specialmente fra le cosce o sotto le ascelle o sul collo e talvolta sotto gli zigomi deformando il viso dell’infermo orribilmente. Si muore dopo pochissimi giorni oppure si sopravvive svuotati e dimagriti come non mai, ma a questi miracolati è concesso vivere per sempre in mezzo ai morti! Se il bubbone è blu allora ci sono solo tre giorni di vita ancora, se invece è rosso allora c’è la speranza di sopravvivere

La peste arrivò dal Baltico. Attraversò Novgorod, Ladoga, Russa, Pskov, Mercato Nuovo, Tver, e s’insinuò funesta dappertutto, fin nei monasteri. Ne morivano tanti che i vivi non riuscivano più a seppellirli e dovevano lasciarli lì sulla strada ai corvi e ai cani. Certe case rimasero con due o tre persone vive, delle venti o trenta che vi abitavano, e moltissime rimasero completamente vuote. I credenti che volevano morire in vesti d’angelo, come si diceva a quel tempo, appena sentivano qualche stranezza dentro il proprio corpo correvano a farsi monaci e così a volte infettavano tutto un convento, senza che nessuno lo sospettasse.

Chi l’aveva portata? E perché Dio puniva i cristiani così violentemente? Sulla Piazza del Mercato di Novgorod-la-Grande furono bruciati ben 12 maghi (volhvy) perché accusati di portar la peste! E non bastò…

Contro il flagello, oltre alle preghiere e al digiuno, la Chiesa trovò un modo nuovo per combatterlo in città, naturalmente senza successo: La costruzione di una chiesa in “un solo giorno”, chiamate in russo obidenki ossia ”dell’espiazione dei peccati”! Naturalmente non erano chiese molto grandi, erano più che altro cappelle, ma in quei terribili giorni si videro persone affaticate a trasportare tronchi sulle spalle e sui cavalli, sulle barche e con le gomene a piedi, e poi a lavorarli con ascia e sega per costruire finalmente la chiesa, guardando il sole che pian piano calava, e, appena finita, si correva a chiamare il prete per benedirla e a dir la prima messa. Solo così tutta la gente intorno si sentiva quasi sicura di salvarsi dal flagello. E fu veramente terribile quest’ultima ondata pestifera. Un visitatore tedesco, un certo Kranz, riferì che a Novgorod e dintorni  erano morte ben 80 mila persone in soli sei mesi! La stessa cosa avvenne a Mosca e a Tver… Come conseguenza della peste, seguì di nuovo una diminuzione delle forze lavoro e una pesante carestia sfociando in una crisi economica mai vista che non trovava più sbocco! Aggiungiamo che questo decennio si chiuse con altri eventi naturali terribili. Fra gli altri:

·           nel 1419  cadde la neve a settembre per settimane facendo morire tutte le messi

·           nel 1421  un’inondazione tenne sott’acqua Novgorod-la-Grande per settimane

·           nel 1422 la temperatura nella Bassa scese a livelli bassissimi e raramente raggiunti prima con conseguente pesante carestia…  

Facciamo allora il punto della situazione per prepararci agli eventi che seguono.

Se abbiamo avuto l’impressione che Mosca stia preparando chissà quale riscossa contro le numerose ingerenze dei parenti lituani, in realtà non è proprio così. L’udel di Basilio è un regno non tanto grande, in grande crisi economica, ma anche politica e morale, proprio perché ha da contrastare un suocero che, malgrado alcune incertezze, sta andando sempre più in auge in tutte le Terre Russe battendolo  in popolarità.

Costantinopoli invece è in piena decadenza, sia materiale che spirituale, in seguito al rafforzamento della potenza turca negli ex territori dell’Impero Romano in Anatolia e in Tracia e ciò porta, com’è naturale, all’indebolimento cronico dell’autorità del Metropolita e al suo allontanamento dalle eparchie russe, senza avere alle spalle un forte e autorevole Patriarcato. I diversi vescovi ortodossi dunque sono fondamentalmente incerti sull’autorità del loro superiore e, chi più e chi meno, seguono delle politiche molto autonome nella gestione dei propri affari. Di qui gli sforzi sempre maggiori di Fozio, che si sente unico responsabile della Chiesa Russa, a combattere come può per affermare la propria autorità personale, partendo dall’eparchia più importante ossia da Novgorod.

Brevemente possiamo dire che le più importanti diocesi nella Bassa rimangono quella di Vladimir-sulla-Kljazma e quella di Rostov-la-Grande, ma sono un nulla rispetto a Novgorod. In particolare Mosca in sé ha un’importanza religioso-politica solo per la presenza del Metropolita entro le mura del suo Cremlino, ma niente di più. Per di più la Metropolia della Rus di Kiev è ormai divisa da Vladimir o da Mosca. L’altro  Metropolita Gregorio Zamblak è ancora in funzione e, quando morirà nel 1419, lascerà il suo posto a Gerasimo che sarà consacrato dal Patriarca di Costantinopoli nel 1433! La frattura non si risanerà mai più!

Neppure il Papato Romano ha più l’autorità che ha avuto finora. Nel 1408 si giunge ad avere ben tre Papi! Inoltre si va diffondendo l’idea del cosiddetto Conciliarismo in cui il Papa di Roma non è più un sovrano anche temporale (e addirittura il più autorevole in quanto sedicente rappresentante del potere divino universale), ma deriva tutta la sua autorità dal Concilio dei Vescovi e dei Prelati che lo eleggono e che quindi hanno la prerogativa di deporlo, in caso di comportamenti ritenuti gravemente illeciti.

Nel 1414 finalmente si apre il Concilio di Costanza, molto importante pure per il mondo slavo in generale  sebbene indetto dal Papa di Roma. In questa sede viene riconosciuta l’idea di nazione che fino a quel momento non era impersonata dal popolo e dalla cultura particolare, ma dal principe che la dominava, e viene sancito il fatto che «da padrone che era stato, il Papa era ora il servo della Chiesa, un semplice funzionario, e la Chiesa poteva sempre limitare, modificare o anche togliergli il potere che il Concilio Generale gli aveva conferito» (citato da W. Ullmann).

Di qui si può subito comprendere perché i Cavalieri Teutonici (e il loro ramo Livonico) cominciano a muoversi più indipendentemente di prima ed addirittura presto si sentiranno in grado di costituire uno stato a sé, non più dipendente dal Papa e con politiche diverse, specie verso i popoli della Pianura Russa, e di qui, sottolineiamolo, verso Novgorod che non sarà più vista come una terra di scismatici o di eretici, ma come un “possibile” stato col quale confrontarsi e con il quale trattare.

E Mosca? Segue pedissequamente le politiche lituane (non ne ha altre!) perché questo è l’unico modo per non essere schiacciata fra Vilnius e l’agonizzante Sarai.

Su consiglio di Vytàutas e su pressione della moglie Sofia, Basilio ha già introdotto il principio giuridico che sul trono di Mosca non sarà più il principe più anziano della famiglia a sedere, ma un figlio in vita del principe defunto, in modo che non ci siano spezzettamenti del territorio e non nascano inutili lotte famigliari, come è stato finora. Addirittura ci sono stati tramandati ben due testamenti spirituali stesi molti anni prima da Basilio. In uno destina il suo patrimonio al primogenito e nel secondo, steso evidentemente un po’ più tardi, fa la stessa cosa, ma stavolta lascia tutto a Basilio Junior. Ciò è spiegabile col fatto che ebbe tre figli maschi e che due gli premorirono, uno in tenera età e l’altro a nome Giovanni nel 1417. Nei due documenti comunque è chiaro invece che moglie, figli e nipoti sono affidati interamente alla protezione del suocero Vytàutas o del suo successore affinché vegli che non ci siano inutili liti e confusione dopo di lui.

Nel 1420, quando si viene a sapere delle sue intenzioni testamentarie, c’è uno scontro con suo fratello Costantino sulle nuove regole sul trono di Mosca rispetto alla tradizionale lestviza, tanto che Costantino è costretto a cercare rifugio a Novgorod…

Questi fatti sconvolsero per qualche tempo la Bassa, disconoscendo ogni autorità giurisdizionale a Basilio sul patrimonio di famiglia, com’era invece era stato nel passato, e di qui il timore di questo principe per assicurarsi la protezione del suocero. A parte ciò, Vytàutas, per conto suo, non aveva grande interesse a mantenere Mosca e dintorni troppo potente nella Bassa e considerava la città in cui, chiunque sedesse sul trono, non era altro che il suo luogotenente. L’unico tassello che manca per avere un impero consolidato e ricco sotto di lui è Novgorod-la-Grande…

Abbiamo già raccontato come la Lituania ha già cercato di conquistare la città del nord e non c’è riuscita per varie ragioni, mentre Mosca è ricorsa e ricorre ai continui ricatti economici e religiosi, anch’essa con fallimenti palesi. Sembra perciò che l’unico modo per sgretolare o deviare il potere bojaro-democratico della repubblica attraverso sia il finanziamento di partiti a favorevoli a Mosca o a Vilnius. Entrambi quindi si mettono a sovvenzionare fazioni politiche bojare pro o contro e, siccome poi queste fazioni si compongono anche del popolino che vota nella Vece (l’assemblea popolare cittadina), è difficile controllare tanta gente “anonima” da lontano… se non si coinvolge la Chiesa che può incidere profondamente dagli altari sulle coscienze cittadine individuali. Insomma ancora una volta torna in ballo l’Arcivescovo! Per questo motivo faremo sempre più attenzione alle persone che siederanno sulla cattedra di Santa Sofia di Novgorod.

In quello stesso anno i novgorodesi incontrano i Cavalieri Livonici sulla Narva. Nell’incontro c’è il Maestro Provinciale, Siefert, il Commendatore livonico di Reval, Dietrich, e, in una specie di rappresentanza moscovito-lituana (ma senza alcun peso politico), il principe Teodoro figlio di Patrizio il Lituano. Per Novgorod c’è il posadnik in carica più un altro collega in pensione e tre bojari. Viene siglato un accordo per la definizione dei famosi  confini fra la repubblica e le aree rivierasche del Baltico e ci si accorda che per i traffici e l’eventuale logistica si discuterà con l’autorità della città di Reval in presenza di Monsignore, a Novgorod. Dunque il Volga e la sua Bassa contano sempre di meno!

Nel febbraio del 1425 muore Basilio, in seguito alla nuova ondata di peste, e lascia il trono, almeno secondo le nuove regole “latine” di successione, a suo figlio di appena 10 anni di nome pure Basilio (che abbiamo chiamato appunto Junior, come diremmo noi oggi, ma noto nella storiografia come Basilio II) sotto la tutela di sua madre Sofia. Questo ragazzino era il più piccolo rimasto vivo. Anzi! Alla sua nascita non c’erano stati presagi favorevoli: Sua madre stava quasi per morire e, se non fosse stato per l’intervento divino (come riportano le Cronache) di san Giovanni Battista e del suo Monastero, madre e figlio sarebbero morti!

A parte la nota folcloristica, dovrebbe filar tutto liscio e invece ad opporsi a quella successione è, primo fra tutti, lo zio Giorgio che vuol sedere sul trono appellandosi alle vecchie regole e al testamento di Demetrio del Don! Naturalmente trova l’opposizione dei bojari e della cognata Sofia! Ci sono lunghe trattative e un armistizio… che dura fino al 29 giugno 1425!

Giorgio evidentemente non è soddisfatto e si ritira nella sua Galic’ ad affilare le armi. La questione deve essere risolta e chi la può dirimere? Il khan! Nel 1431 zio e nipote perciò si recano a Sarai e, guarda caso!, il jarlyk è di Basilio, con una calda raccomandazione da parte del khan Ulu Muhammed di pagare il famoso vyhod ossia la tassa annuale di soggezione a Sarai!

Pieno di rancore Giorgio, non appena sa che la cerimonia d’incoronazione del nipote sta per aver luogo addirittura, scandalo enorme!, non più a Vladimir, ma nella cattedrale moscovita dell’Assunzione a Mosca in presenza del rappresentante del khan, manda i suoi ad impedirlo minacciando subito la guerra.

Il fatto che lo zio Giorgio tenga molto al trono di Mosca denuncia due cose: o il riconoscimento della maggiore importanza strategica e politica di questa città sulle altre della Bassa, oppure una cassa piena di soldi da saccheggiare (!!), ma lo capiremo meglio nel seguito del nostro racconto.

A Kostromà, Basilio junior (in realtà, sappiamo benissimo che il ragazzo non è ancora in grado di far politica alla sua età e quindi è sua madre coi bojari che agisce al suo posto) cerca di riunire anche gli altri zii Costantino Andrea e Pietro intorno a sé affinché in qualche modo riconoscano la sua autorità e così convincano Giorgio di Galic’ con la forza della ragione evitando scontri armati.

Costantino promette. Si prende l’incarico di placare le ire del fratello e riesce infatti a concludere con lui una pace di un anno… ma armata! In realtà Giorgio ha acconsentito perché gli occorre tempo per riuscire a mettere insieme un’armata abbastanza consistente e delle alleanze opportune prima di muovere ulteriori passi contro Mosca. Non è facile raccogliere armati dopo carestie e pestilenze nei villaggi spopolati dalle ultime calamità e i giovani che si raccolgono intorno a lui sono solo contadini sopravvissuti che cercano di far fortuna rispondendo all’appello e alle promesse del principe di un ricco bottino se riuscirà ad entrare nel Cremlino.

Mosca è perciò in pessime condizioni e, quando Sofia si rivolge al padre per aiuto, questi consiglia di mandare a Galic’ il Metropolita al quale di solito tutti danno ascolto. Fozio si reca da Giorgio, ma, quando quest’ultimo gli fa vedere l’esercito che ha raccolto pronto a partire contro Mosca, diventa chiara la ridicolaggine della minaccia armata e la falsità della sua intenzione di pace. Fozio s’accorge bene che per  Giorgio armare uomini e assaltare Mosca è davvero impossibile nelle condizioni in cui adesso si trova. L’unica realtà è che non ha rinunciato a Mosca in alcun modo e, adiratosi della visita praticamente inutile, lascia Galic’ e se ne torna a casa.

Intanto scoppia ancora la peste che miete moltissime vittime fra i principi, oltre che fra la gente comune, e di conseguenza nella Bassa ci sono dei “naturali” aggiustamenti del potere.

Sempre a Galic’ in particolare, i contadini, visto come si muore velocemente e senza scampo, cominciano a mormorare contro Giorgio dicendo che la colpa di questo malanno è sua, perché ha mandato via il Santo Metropolita e costui, per vendicarsi, ha attirato gli spiriti maligni che ora uccidono senza pietà. Anche Giorgio ne è convinto tanto che corre verso Fozio che si era attardato sulla via del ritorno. Raggiuntolo, chiede che benedica la sua gente affinché la peste finisca e promette che farà la pace come è stato richiesto, accettando Basilio II quale principe anziano!

Fozio acconsente, ma alla peste segue una grave siccità e, a questa, ancora una volta nel ’42 e dopo un intervallo ancora nel ’48…

Non dimentichiamo che tutta l’area intorno a Mosca è il “granaio” della Bassa e di Novgorod e  che quando avvengono questi malaugurati eventi naturali, si corre sempre il rischio di impoverimento non solo economico, ma soprattutto demografico sia per le morti sia perché i contadini fuggono e abbandonano le aree maledette. Un mancato raccolto poi non significa soltanto morte per i contadini locali, ma anche difficoltà di approvvigionamento alimentare per Novgorod-la-Grande!

La situazione favorisce invece Vytàutas che riprende la sua politica di “assimilazione” delle Terre Russe. A Sarai c’è Ulu Muhammed, il figlio del suo pupillo Gelal ed-Din che aveva vissuto presso di lui quando era ancora bambino. A Mosca c’è suo nipote Basilio II e sua figlia Sofia che fa da reggente! Perciò sembra giunto il tempo di fondare un nuovo Regno Russo sotto il suo scettro e la sua corona a modello del regno che ora ha Jogaila.

Questo suo progetto ha però un punto debole: Vytàutas non ha eredi al trono di Lituania, tutt’al più può nominare Basilio II suo erede, ma come imporlo ai sudditi lituani e come annullare gli accordi di Krevo con suo cugino? Bisogna affrettarsi però perché è già in un’età avanzatissima…

E poi al quadro manca sempre Novgorod-la-Grande.

La repubblica in quegli anni di completo disfacimento degli ordini politici pregressi aveva già cercato l’avvicinamento con Vytàutas, riconoscendolo come sovrano maggiore dell’area, ma questi aveva ignorato il bonario tentativo e nel 1426 era entrato nei Quinti intenzionato a condurre una lunga campagna contro la città, dopo essersi presa Pskov. Per fortuna però, poi si era arrestato a causa di altre priorità e si era “accontentato” di 10 mila rubli d’argento per lasciare il Quinto di Ladoga dove era riuscito a giungere.

Nel 1427 c’è un nuovo accordo con Jogaila sulla divisione dei poteri nelle Terre Russe e finalmente a Vytàutas, nel 1429 alla famosa Conferenza di Luzk di cui parleremo più avanti, sarà riconosciuto il diritto di farsi proclamare Re.

Intanto Novgorod ha il tempo di reclamare un accordo sui confini fra Lituania e i Quinti, simili a quelli che sono stati fissati con Mosca anni prima sull’Ugrà. Vytàutas, ancora una volta, decide di risolvere la questione con la pressione armata. Fa fondere una bombarda (sono le prime grosse armi da fuoco arrivate dall’Occidente) così pesante da dover essere trainata da ben 40 cavalli e attacca la fortezza di Porkhov sul fiume Scelon’ sulla via per Novgorod. La bombarda spara e sfonda una parte delle mura, ma allo stesso tempo va in mille pezzi uccidendo molti lituani intorno. Lo spavento è grandissimo, ma l’effetto sulle autorità novgorodesi di Porkhov è immenso! Il posadnik della fortezza, Gregorio, e il bojaro “aggiunto”,  Isacco Borezkii (notiamo questo nome!) infatti decidono immediatamente di capitolare, mettendo mano alla borsa. Da Novgorod arriva persino l’Arcivescovo Eutimio con l’incarico di chiudere la questione a tutti i costi, prima che Vytàutas vada oltre con queste armi diaboliche.

Porkhov pagherà 5000 rubli (e dovrà essere ricostruita) e Novgorod altri 5000 più un migliaio per il riscatto dei prigionieri. Vytàutas allegramente incassa e promette formalmente che non entrerà mai più nei Quinti di Novgorod.

La città in quegli anni non stava attraversando, malgrado tutto, un buon periodo. Tutte le sue attività risultavano sconvolte a causa sia delle calamità naturali che continuavano a susseguirsi sia delle conseguenze che queste provocavano nel lungo termine e sembrava che l’unico modo per uscire dalla crisi fosse la pace e l’unione con le altre forze vicine, fermo restando quanto fosse difficile scegliere fra l’amico e chi non lo era… Dal secolo d’oro della città sono ormai passati quasi 150 anni e il mondo intorno si è trasformato. I commerci internazionali hanno cambiato strada e prodotti e le calamità naturali hanno impedito un ingrandimento del territorio e le vecchie mura raccolgono più o meno ancora gli stessi abitanti del XII-XIII secolo,  sebbene siano sempre un bel numero per gli standard del tempo di varie decine di migliaia di abitanti!

La frequentazione degli stranieri non è aumentata e si è diversificata. Con la venuta dei Cavalieri e con l’introduzione delle nuove tecniche di coltivazione ormai ben sperimentate nella vallata del fiume Reno, lungo la costa baltica alcune coltivazioni si sono intensificate e danno ormai dei raccolti tali da permettere addirittura l’esportazione. La segala ormai ha un’importanza primaria al posto del frumento e dai porti di Riga o Danzica è possibile comprarne, attraverso l’Hansa, in quantità consistenti. A Novgorod l’acquisto dei cereali era stato sempre fatto a livello collettivo e, una volta fissato il prezzo d’acquisto e di vendita, veniva fatto arrivare in città e rivenduto. Altre derrate il cui consumo si era intensificato erano le radici ipogee come le rape o le varie liliacee (aglio, cipolla, dille etc.), mentre i frutti di bosco strettamente stagionali continuavano a raccogliersi coi metodi vecchi. Se qualche frutto si riusciva a seccarlo o a conservarlo addirittura in salamoia, poi si poteva consumarlo durante l’inverno o venderlo al mercato.

La campagna novgorodese al nord del lago Ilmen era poverissima sebbene da poco fosse anche arrivato l’aratro con il vomere di ferro nei campi a sud del lago, dando qualche vantaggio in più ai contadini. Nei Quinti novgorodesi dunque la vita continuava ad essere precaria e l’unica attività che rendeva perché permetteva lo scambio con le derrate “meridionali” era la caccia ai piccoli roditori da pelliccia. Di questi animaletti naturalmente, se la pelliccia veniva venduta, la carne veniva consumata o affumicata per mangiarla in altri momenti di necessità.

Dal punto di vista spirituale Novgorod continuò ad essere una città coltissima, a tutti i livelli, ed è sintomatico di questa situazione che proprio qui si poterono elaborare teorie di riforma della vita religiosa, senza elaborare invece teorie politiche per una nuova vita civile come stava accadendo con le borghesie occidentali. Probabilmente si era così avvinti agli insegnamenti della Chiesa, alla staticità della propria vita e della società che un cambiamento di costume o di governo era visto come un peccato grave. E la Chiesa Russa cominciò a diffondere l’idea che tutto il male venisse proprio dalla “latinità”…

Odiare la latinità costò moltissimo a tutta questa parte d’Europa perché in questo modo si sottrasse tutta una massa di persone all’evoluzione tecnologica molto più rapida che coinvolse l’Occidente, ma questo accadrà successivamente. Qui al contrario nelle Terre Russe si inseguiva un ideale di purezza ormai sorpassato, come quello della santità del sovrano e della sacralità del suo agire e anche Novgorod, come diremo, condivise questo modo di vedere. Monsignore infatti capì che per mantenere lo status della sua posizione di potere, occorreva o cristallizzarsi nella struttura immobile della Chiesa Russa di fattura moscovita oppure entrare nel sistema di potere occidentale e legarsi al Papa come principe arcivescovo! La scelta in senso autonomo “occidentale” comunque non sarà fatta e accadrà negli ultimi tempi che saranno i namestniki a lasciare la città e non la città a cacciarli via per inadempienza ai loro compiti. I namestniki stessi constateranno che la società cittadina è diventata… troppo conservatrice!

Dobbiamo immaginare che la Vece (l’Assemblea legislativa cittadina) cominciò ad essere adunata molto più spesso, ma continuò ad essere una specie di spettacolo in cui gli astanti erano invitati e pagati da coloro che facevano da attori protagonisti, costituendo così un pubblico plaudente su comando, ma senza contare politicamente. A Novgorod non c’è un Robespierre o un posadnik coraggioso capace di trascinare le folle dietro un programma politico chiaro. Noi purtroppo abbiamo poche informazioni sulla vita quotidiana della gente comune poiché le Cronache si interessano sempre della classe al potere e poco ci dicono, se non per cenni vaghi e indiretti, su come scorreva una giornata di un cittadino comune. Possiamo solo stimare la popolazione della grande città e l’abbiamo fatto, ma, lo sottolineiamo, con grande approssimazione!

Ad esempio, da quel che abbiamo detto prima sul riscatto pagato a Vytàutas a Porkhov, sappiamo dai documenti che per raccogliere tutti questi soldi, 11.000 rubli e dunque una somma enorme, la città aveva tassato gli abbienti per 1 rublo ogni dieci uomini da loro dipendenti per cui possiamo dedurre che più o meno la gente sotto il diretto governo novgorodese, compresa la città stessa, era di 110.000 persone almeno!

A cosa serve questo dato? Ci dà il metro per giudicare l’importanza che Novgorod-la-Grande aveva per i destini delle Terre Russe tutte e per chiunque se ne fosse impadronito o se la repubblica si fosse costituita in stato a sé.

In questi anni, per quanto detto, Mosca e Vilnius sono occupate a cercare di prevalere l’una sull’altra, ma il punto di vista di Vytàutas, specialmente, è molto diverso da quello di Basilio II sulla repubblica del nord. Quello pensa di poter decidere dei destini della Bassa senza interferenze da parte del nipote che comunque ne potrebbe diventare l’erede e Sofia, col figlio, che vorrebbe assecondare il padre, ma che è intenzionata seriamente a radunare le Terre Russe sotto il proprio scettro (ossia di suo figlio Basilio II). In questa tenzone c’è un segno importante: la Chiesa di Roma ha intensificato la sua azione ideologico-religiosa, nelle Terre Russe sotto il dominio di Vytàutas, da quando a costui  è stata ventilata la possibilità di incoronarlo Re cattolico… come Jogaila. E per questa corona Vytàutas è disposto a tutto. Vuole dominare però un regno grande e ricco e perciò tutte le guerre e guerricciuole nelle Terre Russe che il principe lituano favorisce o conduce personalmente sono lotte per il mercato, per assicurarsi un’economia ricca e favorevole alla sua Lituania, senza la quale un regno non potrebbe sussistere. Con la speranza di diventare re ed acquisire automaticamente attraverso la religione i diritti alla conquista delle terre del nordest, aveva persino coinvolto l’Imperatore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, Sigismondo.

Purtroppo i prelati polacchi che Vilnius aveva mandato al Papa a perorare la candidatura a re erano dalla parte di Jogaila e prospettarono ben altra situazione a Roma, ora che tutto sembrava indicare che unire la Chiesa Ortodossa con quella Cattolica Romana era un traguardo prossimo. In altre parole, se Vytàutas avesse ricevuto la corona di Re della Lituania e della Rus’, sicuramente avrebbe dovuto ascoltare le richieste separatiste dei prelati russi, a partire da quello di Novgorod, e chi poteva garantire che gli eretici sarebbero tornati nel seno della Chiesa di Roma? I prelati russi avrebbero impedito qualsiasi opera di proselitismo ai monaci cattolici, anche in Terra Lituana! Già c’erano stati episodi di intolleranza a Polozk… Dunque c’erano dei problemi e delle trattative ancora da condurre…

La buona occasione per Vytàutas fu proprio la Conferenza di Lucesk (oggi Luzk in Volynia) indetta per vedere tutte le possibilità di mettere pace nelle Terre Russe.

Alla conferenza sono presenti Jagellone Ladislao con l’attuale sposa ed altri notabili polacchi. C’è l’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo e il re danese Eric in rappresentanza della Livonia. Naturalmente c’è Basilio II (con sua madre Sofia) accompagnato da Giovanni di Rjazan’ e Boris di Tver e dal Metropolita Fozio. Ci sono i khan dell’Orda di Sarai e quello dell’Orda di Crimea. è presente il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Portaspada di Livonia e il rappresentante dei Cavalieri Teutonici. C’è infine il legato del Papa e il rappresentante dell’Imperatore di Bisanzio…

Si devono discutere molte cose, ma solo alcune ci interessano da vicino e cioè:

·          Come riunire le due Chiese, Cattolica Romana ed Ortodossa

·           Concedere la corona regale a Vytàutas

·            Separazione politica della Lituania dalla Polonia  

Quando la conferenza si chiuse, in realtà nessuna delle problematiche fu risolta, ma almeno per quanto riguarda Vytàutas si riconobbe che, come signore cattolico e secondo gli accordi fatti con Jagellone, potesse essere incoronato re.

Vytàutas è ormai all’apice della sua gloria e non può più aspettare per avere la benedetta corona, ha quasi ottant’anni! E così il novello futuro re preparò tutta la cerimonia relativa. In primo luogo ordinò la corona in Germania a Norimberga che fosse la più bella e la più ricca possibile e poi organizzò la grande festa.

Non si può evitare di dare qualche dato numerico su questo grande spettacolo organizzato a Trakai,  nel castello nuovo appena finito vicino a Vilnius, poiché dà l’idea del modo di fare di quei tempi.

Si prepararono per il consumo 700 botti di mjod (l’idromele, una specie di acquavite del tempo), oltre al vino per gli stranieri e la birra. Furono scannati ben 700 fra vacche, tori e manzi, 1400 montoni, 100 uri, altrettanti porci enormi e altri cibi prelibati. I banchetti cominciarono subito e continuarono per ben 2 mesi in attesa dell’arrivo della corona e del Legato Papale che l’avrebbe posta sul capo di Vytàutas in nome del Papa di Roma.

Purtroppo Jagellone manovrava affinché tale incoronazione, che avrebbe portato ad una divisione della Lituania dalla Polonia, non avvenisse e ciò, in quel momento storico (siamo nel 1430), significava la fine del potente stato che aveva sognato. A causa di ciò, ma senza far trasparire nulla né negli atteggiamenti né nelle parole, decise di impedire l’entrata in Lituania del Legato Papale (certamente col consenso di Sigismondo). La corona venne sequestrata alla frontiera, fatta in pezzi e divisa fra gli ufficiali doganali.

Risultato? Vytàutas fu talmente scosso quando gli fu dato l’annuncio di quel che era successo che, dopo qualche mese colto da un colpo apoplettico, morì!

   

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©2007 Aldo C. Marturano

  


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