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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 60 |
Kiev, il muro di cinta del Podol.
Dagli scavi fatti Kiev appare, come abitato organizzato, una città non molto antica (≈ IX sec.) benché l'area intorno fosse frequentata già da secoli. Ben difesa e circondata com'è da una palude estesa e difficilmente attraversabile da nordovest e dalla larga ansa del fiume Dnepr giusto prima delle forti rapide (ben 7 fino alla foce, ne conta Costantino VII!), ha una posizione militarmente invidiabile e la si può considerare strategica per l'asse fluviale nord-sud della Pianura Russa. La steppa in pratica finisce sulla riva sinistra, di fronte a casa, possiamo dire, ma è importante saperlo per l'altro asse nord-est sud-ovest o Via dell'Okà che unisce Kiev a Bulgar sul Volga via terra e giustifica il ruolo di centro logistico e di luogo di scambio di Kiev in correlazione con i traffici lungo il Dnepr che incrocia. Kiev si lascia dividere facilmente in una Città Alta e una Città Bassa per la presenza delle colline che sovrastano a circa una quarantina di metri sul livello della piatta e estesa riva del fiume. Su questo fantastico palcoscenico già al tempo di Vladimiro gli avvallamenti intercollinari erano stati riempiti per ottenere un più ampio spazio che comprendesse le costruzioni del palazzo (terem) e del santuario col pantheon pagano (kapišče) di cui abbiamo parlato. Jaroslav (1037) aveva allargato ancor più quello spazio, vi aveva costruito una cinta muraria, in massima parte di legno e intervallata da porte monumentali, al cui interno aveva sistemato costruzioni ancor più grandiose di quelle di suo padre con l'aiuto di ingegneri e architetti greci. Non sappiamo se abbia mai visitato la capitale sul Bosforo come suo padre, ma certamente in Costantinopoli vide il miglior modello da imitare, benché, suo malgrado, scoprì pure quanto fosse costosa la nuova tecnica del mattone cotto per il dispendio di legna da ardere necessaria. Era certo l'unica tecnica possibile affinché le costruzioni durassero in eterno dato che questa pietra fatta dall'uomo non si consumava facilmente né subiva la distruzione del fuoco, ma non si poté d'un colpo solo passare dal legno al mattone. Alla fine molte costruzioni rimasero ancora fatte di legno per gli anni a venire. Persino la pavimentazione delle strade continuò ad essere fatta di questo materiale, almeno in via provvisoria... Se Mosca riuscì a trovare nei secoli seguenti non molto lontano la pietra bianca per ricoprire il suo Cremlino, a Kiev i Carpazi erano, sì, vicini, ma il trasporto di lastre di pietra in grandi quantità dalle cave risultò praticamente non fattibile. D'altronde le città russe, come tante altre città medievali, escluse Roma d'Occidente e Roma d'Oriente, erano costruite soprattutto in legno. Questo prodotto serviva anche per riscaldare nei lunghi e rigidi inverni nordici e, vedersi ora tirar giù alberi in grandissimo numero per farne mattoni e costruire un tempio ad un dio ancora non ben conosciuto, sembrò alla gente davvero un sacrilegio e un grave attentato al benessere collettivo. Ci fu un'aspra opposizione che le CTP giudicano soprattutto come religiosa e pagana e la nuova chiesa russa intervenne sopendo le proteste fin nei villaggi della foresta dove gli alberi erano abbattuti. Il fatto di aver ordinato che pure in altre due città ossia Novgorod e Polozk si procedesse a costruire templi cristiani più o meno uguali a quelli kievani e di essere riuscito nell'intento, ci dice che alla fine Jaroslav aveva davvero in pugno il potere e l'autorità per governare fin nelle lontane terre nordiche da lui considerate parte della Rus' di Kiev. Insomma, chi approdasse sotto la Città Alta, abbracciava già con lo sguardo verso l'alto immediatamente le punte del tetto del terem e dei palazzi vicini con le bandiere nel vento. Notava pure il possente baluardo di legno che circondava le colline e s'accorgeva allo stesso tempo di avere di fronte a sé un'altra barriera di legno, seppure di imponenza minore, che costituiva il muro di cinta del Podol/Podil o Città Bassa. In quest'area di riporto del fiume si trovavano tutte le attività industriali e mercantili disseminate nelle varie costruzioni. Al centro del Podil c'era una grande piazza del mercato e, quando ancora c'era il paganesimo imperante, qui sorgeva l'effigie del dio dei mercanti Veles/Volos detto anche il dio nero. E non era l'unico mercato esistente a Kiev giacché il vescovo cattolico-romano Titmaro di Merseburgo che visitò la città ai tempi di Vladimiro dice di aver saputo di ben 8 altri mercati esistenti in città, probabilmente quasi tutti localizzati nel Podil. Chi ne avesse diritto o uno speciale invito, dal Podil poteva pure accedere alla Città Alta attraverso una delle porte fra cui la più importante era la Porta d'Oro. C'era addirittura la Porta dei Giudei a riprova che gli ebrei Cazari abitavano lì presso e occupavano con la loro autonomia e autorità una posizione sociale ed economica importante. C'era la cosiddetta Porta dei Polacchi che guardava invece verso i Carpazi etc. Prima di morire nel 1054 Jaroslav, ormai signore assoluto della Rus' di Kiev, riuscì ad inaugurare la seconda più grande chiesa cristiana dell'Europa medievale, anch'essa dedicata a Santa Sofia, come quella di Costantinopoli. La costruisce un po' fuori dalla spianata della Città Alta di suo padre, grandiosa e con una grande spianata libera intorno. Ed ecco qualche misura (da P.A. Rappaport) per darne un'idea al nostro lettore. La superficie totale occupata è un rettangolo di m. 41,70 x 54,60. Ci sono 12 cupole minori distribuite sui lati quadrati del corpo interiore e una maggiore con un tamburo del diametro di ca. 8 m. La chiesa ha ben cinque navate interne e due esterne laterali di complemento. La scelta di ornarla di numerose cupole permetteva al visitatore al vedere le alte e lucenti guglie di immaginare di quale potere e di quanta ricchezza il knjaz kievano disponesse. è notevole l'uso delle scritte in greco nelle chiesa giacché denuncia il fatto che ancora al tempo di Jaroslav non si era ben affermata una lingua ucraino-russa neppure nel clero. Quel che resta oggi della chiesa purtroppo non è quella di prima giacché il porticato con la loggia superiore che la circondava su tre lati non c'è più per cui è difficile ricostruirsi le processioni e le adunate di popolo con il principe, i suoi famigliari e i dignitari della chiesa che salutavano dalla loggia, sfavillanti nei regali vestiti. Come abbiamo detto, Jaroslav permetterà che altre due grandi chiese (sempre intitolate alla Sapienza Divina o Santa Sofia) siano erette a Novgorod e a Polozk, ma con dimensioni minori della cattedrale kievana affinché si riconosca che Kiev è la Madre delle Città Russe. Del terem di Vladimiro e delle sue trasformazioni al tempo di Jaroslav sappiamo pochissimo, ma riteniamo per certo che esso fu rifatto e ampliato e che conservasse magazzini ripieni di ogni ben di dio e fosse fornito di stalle con tantissime cavalcature. Vladimiro aveva voluto che tutti i notabili avessero i loro terem, più piccoli e nelle vicinanze del suo, in modo da poter disporre di loro in ogni momento del giorno e della notte, così come era già per gli armati. La collina dello sbandierante terem comunque conservò il ruolo di “cremlino” tradizionale con mura e porte, ma Jaroslav in parte rifece queste mura che raggiunsero un perimetro di oltre 3 km e un altezza media di 16 m. e la prima chiesa eretta in pietra, detta della Decima, al tempo del battesimo della città, non ebbe più la funzione di forziere delle ricchezze del knjaz che passò in altri luoghi. Se la Città Alta era abitata dalla élite variaga, slava e bulgara chi abitava il Podil? Era gente mista sia dal punto di vista etnico sia dei mestieri. Si potevano sentire parlare più lingue: dalla koiné slava che si stava giusto formando alla koiné pecenego-bulgara come pure il greco. Nelle diverse case-fabbriche inoltre vivevano non soltanto il padrone, ma anche coloro che lavoravano per lui e da lui mantenuti in una quasi schiavitù a pensione completa con figli e moglie. Naturalmente c'erano pure schiavi veri e propri, sebbene vigesse l'uso in certi anni sabbatici di ridare loro la libertà e, se essi stessi lo preferivano, di integrarli al resto della “famiglia”. Non era però il caso per certi mestieri e per certi artigiani che erano talmente preziosi e “unici” da addirittura impedire loro tramite mutilazioni corporali di uscire in strada! Ogni casa era circondata dalla sua cinta di pali verticali di legno più alta di un uomo medio e con una porta rientrante rispetto alla strada in modo di lasciar spazio al traffico di carri e carretti rispetto a chi sostava in questa specie di parcheggio sul davanti del portone d'entrata. Non si aveva però accesso immediato alla abitazione, ma in una corte e qui si poteva scaricare o caricare, dare le bestie da rigovernare etc. Il padrone di solito occupava la costruzione più alta dell'abitato cittadino e da un balcone poteva sbirciare chi veniva e chi andava nel suo cortile prima di incontrarlo. La notte ogni porta esterna veniva serrata bene fino all'alba successiva. Quando parliamo di artigiani non dobbiamo limitarci a pensare alla produzione dell'industria del legno, pur importante per le costruzioni e per il naviglio, perché l'archeologia ci dà informazioni di un'industria metallurgica e di pietre intagliate di buon pregio per la gioielleria, di una della terracotta e di un'altra del bronzo oltre ad industrie alimentari per l'affumicamento e la salagione. Mancano invece per il momento i mugnai... è importante notare che i novgorodesi avevano un magazzino con deposito tutto loro dove gestire autonomamente il prezioso traffico delle pellicce...
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©2012 Aldo C. Marturano.