Sei in: Mondi medievali ® Medioevo russo |
MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 18/1 |
La data certa della fondazione della città di Novgorod è ignota e tuttavia la si può collocare con buona approssimazione intorno al IX secolo d.C. poiché è proprio con la chiamata di Rjurik dalla Svezia che se ne comincia a parlare. Che poi questa discesa di Rjurik dalla sua centrale di Ladoga alle rive del lago Ilmen per fondare la Città Nuova sia una leggenda “politica” inventata dal monaco amanuense che scrisse le Cronache al servizio del principe Jaroslav di Kiev, questa è una questione delicata e controversa. Nelle
opere di Costantino VII Porfirogenito, imperatore romano e grande studioso delle
nazioni ai confini dell’Impero della seconda metà del IX sec. d.C., è
nominata per la prima volta una città nel lontano nord chiamata Neuogard
e questa non può che essere Novgorod. Nel
X sec. d.C. alcuni viaggiatori del sud musulmano nominano una Città degli Slavi
nel lontano nord da dove provengono pellicce e schiavi (Medinat us-Salabija)
e anche questa città non può essere che Novgorod. Nelle
Cronache
Russe
invece per questo stesso periodo è detto che la gente che viveva
sulla riva nord del Lago Ilmen era divisa fra tre “villaggi” abitati dagli
Slaveni, dai Nérevi e da Liudi (ossia le Persone, probabilmente per
indicare altra gente non esattamente classificabile dal punto di vista etnico
per le conoscenze del tempo) e difatti dagli scavi fatti in città ed intorno ad
essa sono ben riconoscibili questi tre cantoni (konez in russo)
che dovrebbero corrispondere ai tre abitati di cui sopra. In seguito, con la
costruzione del Deposito Fortificato da parte dei Variaghi (Detìnez in
russo) e la confluenza dei villaggi detti in un solo grande abitato, nacque la
Città Nuova ossia in russo Novyi Gorod o Novgorod, come oggi ancora si
chiama. Dunque
possiamo dire che la città esistette come tale già verso il principio del IX
sec. d.C. e che fu dominata dagli Sloveni o Slaveni di etnìa palesemente slava
i quali, secondo le Cronache Russe, provenivano addirittura dalle rive del
Danubio. Come
per tutte le città famose, anche per Novgorod circolarono delle leggende popolari
sulla sua fondazione, e noi abbiamo scelto di riportare una curiosa tradizione
che era ancora ricordata in un florilegio (antologia) russo del 1665 che
sembrano confermare quanto abbiamo detto poc'anzi. Qui
si racconta come due condottieri fratelli, Sloven e Rus, lasciato il Mar Nero (Mare
degli Sciti, come erano chiamati gli Slavi orientali dai Greci), con le loro
genti si misero alla ricerca di un posto dove stabilirsi, puntando in tutte
direzioni. Finalmente, dopo 40 anni di peregrinare nel nord, raggiunsero un
grande lago sulle rive del quale decisero di stabilirsi. Al lago dettero il nome
della sorella Ilmer’ (chiaramente il Lago Ilmen) e sulle rive del fiume che
scorreva verso nord edificarono una città cui dettero il nome del maggiore
dei due, chiamandola perciò Slovensk la Grande, cioè Novgorod. Il
racconto conclude questa parte con la frase «…da allora gli Sciti che
venivano da queste parti si chiamarono Sloveni…». Noi
abbiamo però parlato anche di un altro popolo coinvolto nella fondazione della
città e cioè dei Variaghi. Che ruolo ebbero costoro in questo evento? è
evidente che i Variaghi (così era chiamati i Vichinghi, per lo più svedesi,
che frequentavano le coste baltiche dell’est) vagavano nella zona dei Grandi
Laghi poiché i reperti più notevoli che si trovano scavando da queste parti
sono i cosiddetti “tesori di monete” (in russo sklady), che di solito
sono abbinati a oggetti di sicura origine scandinava, ma non solo! Essi provano
prima di tutto che c’erano degli intensi traffici commerciali con il sud
arabo-musulmano! Tuttavia la presenza anche di monete dell’Europa occidentale
ci aiuta ad immaginare che i traffici, benché in misura minore, andassero anche
verso ovest e che questa intensa attività si può datare intorno al VIII-IX
sec. d.C., molti secoli prima del traffico baltico dell’Hansa germanica,
dunque! Il
lago Ladoga, come abbiamo già detto, anticamente si chiamava Nevo, come il nome
del suo emissario che si versa nel Baltico e che oggi attraversa San Pietroburgo,
la Nevà. Il
primo approdo per chi entra nel sistema dei fiumi russi del nordest dopo aver
attraversato controcorrente la Nevà è proprio su questo immenso lago vicino
alla foce del fiume che proviene da Novgorod e qui si trovano i più antichi
resti di insediamenti variaghi, nella antica città di Ladoga (oggi Stàraja
Làdoga). Questi reperti sono di molto anteriori a quelli trovati più a
monte del Volhov proprio perché Ladoga risulta essere la più antica città del
nord russo. Il
nome della città è certamente scandinavo, Aldeighja, Aldeighjuborg, ma
è riconoscibile come una denominazione che i Finnici che abitavano la regione
prima degli Slavi e degli Scandinavi dettero alla foce del Volkhov ossia Alde
Joghi o fiume basso, poiché nel versarsi nel lago, questo fiume deve
superare alcune rapide, non facilmente transitabili con barche a basso
pescaggio. Anche
qui abbiamo la prova archeologica che, se fino alla prima metà del IX secolo si
può caratterizzare una presenza slavena e finnica, a partire dalla seconda metà
la prevalenza di reperti scandinavi (variaghi), prova che in realtà, in pieno
accordo con il racconto delle Cronache Russe, in quest’ultimo periodo esiste
anche una “signoria” variaga nel bacino del fiume di Novgorod. Perché
i Variaghi si spostarono verso sud? Che cosa li attirò verso il Lago Ilmen? Ci
fu forse una catastrofe a Ladoga che li costrinse ad abbandonare la città per
il sud, una carestia o una pestilenza? Nelle
Cronache russe su questo trasferimento esiste la versione molto romantica cui
abbiamo accennato sopra. Questa in pratica dice che a causa delle liti continue
fra le genti che abitavano intorno a Lago Ilmen, gli Slaveni e i popoli a loro
alleati chiamarono d’oltremare un certo Rjurik affinché costui con i suoi
uomini e la sua organizzazione armata mettesse ordine nella regione. Detto-fatto,
Rjurik giunse a Ladoga con i fratelli Sineus e Truvor e vi si insediò e, prima
da questo avamposto sul Lago Ladoga e poi dalla città sulle rive settentrionali
del Lago Ilmen, divise tutta la regione in tre parti di cui una la curò
direttamente, mentre ai suoi fratelli affidò le altre due. Così Sineus si
stabilì a Lago Bianco (Bjelo Ozero) e Truvor a Izborsk, nelle vicinanze
di Pleskov (oggi Pskov) sul lago Peipus (chiamato anche Lago dei Ciudi).
Poi Sineus e Truvor morirono prematuramente e Rjurik accentrò nelle sue mani il
governo di tutta la regione. Questa
è più o meno la versione ufficiale ammessa nel XII secolo. La realtà però deve
essere stata notevolmente diversa, secondo noi. Noi
sappiamo che le bande variaghe visitavano la costa del Baltico orientale solo
nella bella stagione, e dopo aver ricavato il guadagno che riuscivano a mettere
insieme nel più breve tempo possibile ritornavano di solito in patria (più o
meno nelle numerose isole intorno alle odierne Gotland e Åland), in attesa di
prepararsi alla prossima spedizione dell’anno dopo. Pochi erano coloro che si
insediavano stabilmente lungo le desolate spiagge dell’odierna Lettonia ed
Estonia. Naturalmente, in seguito col crearsi di legami di amicizia o, più
probabilmente, di soggezione armata con le genti locali, questi predoni
scandinavi ridussero le razzìe nei villaggi degli indigeni e cercarono delle
alleanze più stabili, come ad esempio con gli Slaveni che abitavano sulle
sponde sud del Lago Ilmen. La
precarietà e la bassa resa dell’agricoltura a quelle latitudini aveva infatti
guidato l’evoluzione della società slavena sempre più verso lo sfruttamento
dei prodotti delle immense foreste e all’accaparramento di quel che
accumulavano le genti raccoglitrici, ma poi, siccome per la vendita di questi
prodotti nei mercati del sud servivano gli uomini armati che scortassero i
convogli fino ai grandi mercati compratori, si trovarono così le giuste
connivenze con le bande variaghe. Queste
alleanze in realtà erano basate su un sistema mafioso diffusissimo nel Grande
Nord, quando si rapinavano periodicamente i popoli raccoglitori o pescatori che
non esistevano come nazioni unitarie con un governo regolare. Al
tempo di Rjurik, inoltre, nella regione non c’erano soltanto questo capobanda e
i suoi fratelli perché a Polotesk (Polozk, nella Bielorussia odierna) ad
esempio, c’era un altro scandinavo di nome Ragnvald (in russo Rogovolod)
che la faceva da padrone e un po’ più a sud un altro ancora di nome Tur (zona
della città di Turov). Ognuna di queste bande era già alleata con gli
Slavi del luogo (Krivici e Dregovici) e controllava i propri itinerari diretti
lungo i fiumi, cercando di non scontrarsi mai con le altre! Ad
un bel momento, i Variaghi di Ladoga decidono di scendere a sud e di sconvolgere
questa situazione, certamente per guadagnare di più. Costruiscono il loro
Deposito, giusto nelle vicinanze delle rive settentrionali del Lago Ilmen e in
esso, per timore di rappresaglie, catturano e trattengono in ostaggio i figli delle genti locali,
soprattutto finniche e baltiche, alle quali rapinano sia le merci sia gli
schiavi bambini da vendere. E
possiamo subito immaginare come apparisse Novgorod quando ancora non era
un’unica città. Sulla riva sinistra (di solito la riva occidentale dei fiumi
russi è quasi sempre più alta di quella orientale a causa della pendenza di
tutta la Pianura verso sudest, cioè verso la depressione caspica) si erige
minaccioso il cosiddetto Detinez (traducibile con molta probabilità come
Deposito Blindato dei Bambini), mentre sulla riva destra si trovavano le
cascine degli alleati Slaveni e, un po’ più lontano e discoste, quelle
abitate dagli altri. Tutti questi gruppi di persone partecipano insieme, chi più
e chi meno,
allo sfruttamento delle genti finniche. Quando
la Nuova Città sarà definitivamente nata, vorrà dire che la fusione fra le
due élites (militare o variaga e civile-mercantile o slavena) più organizzate
e più potenti sarà ormai cosa fatta… a scapito di tutti gli altri!
Nasce
la Cleptocrazia variago-slava o
Mafia dei Rus… Questa
mafia lascia che ciascun “villaggio” si governi da sé purché non sia
riconosciuta altra autorità suprema, se non quella della mafia. Questa, in
cambio di una protezione da nemici esterni, in realtà inesistenti, si farà
pagare con pellicce, schiavi, miele e cera. Tutta questa merce, preziosissima a
quei tempi, sarà raccolta nel Detinez e, quando sarà la stagione buona
in cui vengono gli intermediari dal sud a comprare, sarà tutto venduto a solo
vantaggio blocco sociale dominante. Questo
è in realtà l’ordine che Rjurik stabilì! Solo
successivamente nacque l’esigenza di controllare il grande mercato slavo
meridionale ossia la grande città di Kiev che aveva buonissimi rapporti con una
delle più grandi e ricche capitali del mondo del X secolo, Costantinopoli, e
Novgorod, quale maggior fornitore della merce che si vendeva a Kiev, concepirà
un piano per estendere il tipo di regime terroristico e rapinatore del nord,
anche qui, nel sud.
Vladimiro I Svyatoslavich A
questo progetto parteciperà Vladimiro, il figlio bastardo di Svjatoslav,
fuggito o mandato con suo zio a Novgorod. Quando tutto sarà pronto ecco che
Vladimiro, dopo aver eliminato Ragnvald e forse anche Tur, dopo aver ucciso i
suoi due fratellastri che dominavano Kiev e dintorni, si impadronisce di
quest’ultima città e la fa capitale del nuovo dominio che chiama Rus. Vladimiro
però, agendo in questo modo, ha tradito il progetto originario novgorodese! è
stato allettato dal tipo di stato che i Cazari del Volga e Bisanzio gli
propongono, ma non ha realizzato affatto l’idea di Novgorod capitale, malgrado
siano stati i novgorodesi a finanziare tutta la sua impresa. Oltre
a ciò Vladimiro, che aveva conquistato la sua nuova posizione a Kiev con la
protezione del dio Perun, dopo aver fatto erigere un santuario a questo dio suo
personale protettore, d’accordo con suo zio Dobrynja che opera a Novgorod, fa
abbattere il simulacro del dio Volhov, venerato nel nord, e vi fa erigere al suo
posto il simulacro di Perun, visto che questo dio è risultato vincente. Quest’atto
proditorio è importante perché rientra nelle concezioni del potere dell’uomo
di quei tempi e non deve meravigliarci. La concezione medievale della guerra, comunissima nel
nord pagano, era che colui che esce vincitore da uno scontro
armato, non vince tanto per sua bravura o per la preponderanza delle sue truppe
o altra circostanza più causale, ma perché, quando si è gettato
nell’impresa, si è votato ad un dio e, avendo vinto, vuol dire che questo dio
lo ha favorito. Questo quindi richiede a colui che ha prevalso un
riconoscimento, che è proprio quello di erigergli un simulacro e un luogo di
culto e sicuramente una sfilza di sacrifici umani. Dunque
Perun ha vinto su Volhov attraverso Vladimiro! Come
abbiamo visto Volhov però è il nome del fiume di Novgorod (il dio che si
manifesta agli uomini come una corrente d’acqua perenne è una concezione
magica delle acque apportatrici di ricchezza), l’emissario del lago Ilmen, ma
convenzionalmente, dato che esiste una sorgente vicinissima alle rive
settentrionali del lago che forma una corrente che si versa nella corrente
maggiore, si credeva che proprio questa fonte impersonasse il Volhov e fosse
l’espressione visibile del dio, signore dell’acqua che scorre senza fermarsi
mai e vero figlio della Gran Madre Terra! Ora che Perun ha prevalso, anche il
Volhov si sottomette… Insomma
ci troviamo di fronte ad un mondo ancora dominato dalla magia e dal mistero
religioso, ed è molto importante che lo notiamo adesso poiché queste tradizioni
e questi usi magici, a dispetto dell’introduzione del Cristianesimo con
concezioni del mondo molto più complicate, ma pur sempre di natura
amgico-religiosa, durarono a Novgorod fino al XVI secolo d.C.! E
Perun, quando vincerà il dio cristiano, verrà abbattuto e sostituito di
conseguenza! L’archeologia,
se oggi poi volessimo sapere dove questo cambio di divinità avvenne, ci dà una
mano! Siccome in novgorodese Perun suona Peryn, il santuario di questo
dio è ancora oggi rintracciabile nella toponomastica locale. Esisteva
infatti un monastero, fra i cinquanta diversi che riempirono tutta la zona
intorno a Novgorod, chiamato di Peryn proprio vicino alle sorgenti del
Volhov, poco più a sud di Novgorod attuale. Qui, fra le piccole correnti che si
versano nel grande fiume, si forma una specie di penisola triangolare e, quando
si sciolgono i ghiacci estivi, questa diventa addirittura un’isola. Su
quest’isola del fiume una spedizione archeologica, diretta dall’archeologo
V. V. Sedòv, scoprì intorno agli anni ’50 del secolo scorso il famoso Santuario
fino a quel momento rimasto sotto la sabbia. Esso è molto simile a quelli
ritrovati in area slava nella Germania orientale e lungo il litorale marittimo
della Sassonia. è costituito da una spianata elevata rotonda con tutt’intorno
degli avvallamenti, anch’essi circolari, come il disegno di un grande fiore.
Nel centro del “piazzale” si elevava la statua del dio e negli avvallamenti
intorno invece si trovavano i simulacri di altri dèi minori e dei fuochi
eternamente accesi. Fu
proprio qui che dovette prodursi lo spettacolo dell’abbattimento dell’enorme
statua di legno di Perun che aveva già sostituito quella del Volhov e che ora,
qualche anno dopo il Battesimo di Kiev voluto da Vladimiro, di nuovo lo zio
Dobrynja, in presenza del nuovo vescovo cristiano Gioacchino e con l’aiuto di
un certo “generale” Putjata mandato anche lui da Kiev, faceva abbattere il
simulacro pagano vinto dal dio cristiano, e lo mandò a finire nelle acque del
fiume, mentre si proclamava il nuovo dio protettore ufficiale della città e si
poneva mano alla costruzione della prima chiesa di Novgorod! Con
queste cerimonie il cambio di regime è compiuto ed accettato da tutti gli
abitanti della città e si conferma la dipendenza di Novgorod da Kiev. Tuttavia
prima del nuovo regime instaurato da Vladimiro, secondo lo storico Platonov,
Novgorod già pagava il suo tributo a Kiev, come le altre città lungo il Dnepr
e nella misura già fissata da Oleg che le aveva costruite, intorno alla prima
decade del X secolo. Il tributo che copriva in pratica le spese di logistica, i
pedaggi etc. per i traffici e per i mercanti che da Kiev passavano era pari a
300 o 3000 grivne (questa era una moneta d’argento fatta a forma di
filo spirale ravvolto su se stesso di vario peso). Soltanto a poco a poco, col
passar del tempo e col mutare delle direzioni dei traffici, Novgorod si era “
praticamente emancipata” dalla soggezione di Kiev e, finché non fu oggetto
delle bramosie dei principi kieviani, ebbe uno spazio politico tutto suo. Questo
comunque non significava che non esistesse un progetto di instaurare uno stato
novgorodese a Kiev. Anzi! Le vicende che seguirono la morte di Oleg (signore di
Ladoga!) lo provano, sebbene un suo discendente, Svjatoslav, credesse più in un
trasferimento del centro di potere slavo-orientale sul delta del Danubio che non
rimanere a Kiev. A
questo punto ai novgorodesi si presentò l’occasione buona per tentare il
colpaccio e mettere sotto controllo la grande città russa del sud. Si trattava
solo di trovare un campione per l’impresa! Vladimiro fu il primo. Dopo il suo
voltafaccia e il suo battesimo, si trattò ora di sforzarsi di convincere il
figlio Jaroslav a rovesciare Kiev. L’élite
novgorodese farà dunque un altro tentativo, ma anche questa volta il progetto
non si realizzerà: Vladimiro morirà prima di scontrarsi con suo figlio
Jaroslav su questa questione e quest’ultimo si insedierà a Kiev al posto di
suo padre! Ed ancora una volta lo sfavillio delle nuove costruzioni, le
cerimonie solenni e i vestiti importati dalla Grecia attireranno un riurikide
nella lussuosa rete di sovrano tronfio della sua ricchezza. Insomma
Novgorod rimase ancor una volta una realtà politica, lontana dalle altre realtà
politiche europee e sola con le sue grandi spinte verso l’indipendenza
assoluta! Una
cosa però risulta chiara: senza le forniture di Novgorod, con la domanda
crescente delle merci nordiche, Kiev non può prosperare, né vivere e per
questa ragione tutti gli sforzi dei rjurikidi (abbiamo chiamato così la
dinastia principesca kieviana) saranno sempre concentrati ad assicurarsi,
almeno!, l’alleanza economica della città del nord. La
città dunque non rimane legata politicamente a Kiev per molto e, mentre
Jaroslav è considerato il principe maggiore della Pianura Russa, Novgorod
riesce già a farsi concedere uno statuto particolare che si chiamerà appunto
lo Statuto di Jaroslav. Purtroppo
di questo fantomatico documento nulla ci è rimasto, se non riferimenti e
richiami, perché è andato o perduto o distrutto al tempo della conquista della
città da parte di Giovanni III. Prima
di proseguire la nostra storia, sarebbe bene tuttavia rivisitare questi luoghi
da turisti della storia e vedere meglio dove ci troviamo, intraprendendo una
visita “guidata” della zona al tempo del massimo splendore della città: il
XII-XIII secolo! Prima
di tutto diciamo che Novgorod e dintorni è il sito forse il più scavato della
Pianura Russa dagli archeologi per molteplici ragioni. Possiamo ricordarne
alcune dicendo che qui nacque la storia russa, che questa città è la più
grande città del Medioevo europeo e perciò c’è ancora moltissimo da
riportare alla luce e infine che è stata la più grande città di legno mai
costruita nel nostro continente. Grazie
a queste circostanze e al lavoro di eminenti storici ed archeologi possiamo
quasi, metro per metro, ricostruire l’aspetto reale di questa comunità così
famosa e così importante che segnò la storia russa in tutte le epoche. Partiamo
da Russa (oggi Russa la Vecchia, in russo Staraja Russa),
la città alla confluenza fra il fiume Porusija e Polist’. Qui ci sono le
famose sorgenti di acqua salata, da cui per bollitura e concentrazione
successiva si ricava il sale che, una volta pigiato in forme di legno ben
determinate con peso costante, si vende nelle steppe del sud perché rende le
carni delle pecore e delle capre più saporite! Russa, per inciso, è anche la
patria dell’arcivescovo novgorodese Martirio del quale faremo conoscenza un
po’ più in là. Russa
si trova sulle rive meridionali del lago Ilmen, praticamente allo sbocco dei due
fiumi sopra detti nelle acque del lago. Dopo averlo attraversato tenendoci
quanto più al centro della superficie dell’acqua, per evitare le secche e non
perdendo di vista i canneti fitti e bassi lungo le rive, giungiamo alla riva
nord ed entriamo nella corrente del Volhov. Sempre navigando verso nord lasciamo
alle nostra spalle il Convento di Peryn che ormai conosciamo e abbiamo
notato subito per le sue cupole dorate. Subito dopo scorgiamo il grande
complesso dell’altro convento: il monastero di San Giorgio, il più importante
della città, che sorge quasi a guardia dei confini meridionali. Fu fondato da
Jaroslav figlio di Vladimiro ed è da sempre il luogo di sepoltura dei rjurikidi. Passato
questo convento che fa da porta fluviale alla città vediamo a destra la
cosiddetta Cittadella (in russo Gorodisc’ce), ossia la residenza
privata del namestnik del quale scopriremo dopo le funzioni. Questa è
una specie di isoletta in mezzo al fiume visto com’è circondata da canali e
piccoli affluenti del Volhov. è tutta recintata da un alta palizzata con pali
appuntiti in cima e fra di essi torreggia la cupola della chiesa dove il
principe-namestnik si reca di solito a pregare. Di
qui già s’intravedono le cupole delle chiese e le mura della città ormai
bene in vista! Essa sorge infatti a qualche versta (questa è una misura
antico-russa pari a circa un chilometro) discosta dalle rive del lago e, come
vediamo, è tagliata nel bel mezzo dal fiume Volhov. Di qui la Riva di Santa
Sofia, sulla nostra sinistra, e di là la Riva del Mercato, sulla destra. Vediamo
subito che ha una pianta quasi circolare, e ci dicono che in origine si
costruirono le prime mura di cinta del Detinez, naturalmente in legno, e
poi si estesero alle costruzioni su entrambe le rive opposte del fiume. La
Riva Sinistra del Detinez, si chiamò, dopo l’introduzione del
Cristianesimo, Riva di Santa Sofia, dal nome della cattedrale fatta costruire da
Jaroslav, il quale riconobbe un eguale importanza di questa città rispetto a
Kiev, dove pure era stata costruita una cattedrale con lo stesso nome (ad
imitazione di Santa Sofia di Costantinopoli). è
bene fermarsi qualche momento su questa chiesa. Rispetto
all’omonima chiesa di Kiev, quella novgorodese è leggermente più piccola,
perché così imponeva l’uso nel caso di una cattedrale in una città non
capitale. Ricorderemo che il rjurikide Oleg, quando decise di stabilire la sua
centrale a Kiev, proclamò questa città, a detta delle Cronache Russe, la Madre
delle Città Russe e quindi ne stabilì il rango di vera capitale della Rus. Come
le altre chiese cristiane del Medioevo, Santa Sofia costituì anche il luogo di
sepoltura degli arcivescovi e anche dei principi più eminenti della città e
quindi è anche logico trovarvi i sarcofaghi di Vladimiro figlio di Jaroslav,
che completò la costruzione del tempio, con quello di sua madre Anna, come pure
la tomba del primo arcivescovo della città, il greco Gioacchino di Chersoneso
in Tauride o quella del famoso (vedremo poi perché) successore, monsignor Luca
Zhidiata o ancora del vescovo Giovanni e di Martirio di Russa. Quest’ultimo
vescovo mise a punto uno degli accessi (quello del lato sud) al tempio che perciò
si chiamò «le Porte di san Martirio». Si
raccontava che quando il vescovo Luca Zhidiata aveva dato ordine ai pittori
greci di dipingere la cupola con la mano di Gesù Cristo Pantocratore
benedicente, costoro la mattina dopo avevano trovato il dipinto con la mano
chiusa. Benché stupiti per il prodigio pensarono ad un proprio errore e così
la ridipinsero. L’indomani questa stranezza invece si ripeté: La mano era di
nuovo chiusa! Insomma il terzo giorno sentirono una voce che diceva: «Pittori,
o miei pittori! Non mi dipingete con la mano benedicente perché io con questa
mano mantengo in vita questa città! Quando vedrete la mia mano aperta che
benedice, allora vorrà dire che è giunta l’ora della fine di Novgorod!».
Ed ecco perché oggi il visitatore guardando il Cristo sulla volta della cupola
lo vede con la mano benedicente: «Perché la libera Monsignor Grande Novgorod
è ormai solo un ricordo dei tempi lontani… Il
portale occidentale principale della chiesa viene chiamato «di Chersoneso»
benché sia stato sicuramente fabbricato in Germania presso gli artigiani di
Magdeburgo, perché vi appare la figura del vescovo di questa città sassone e
dunque risalirebbe al XII secolo. Come sia arrivato fin qui non è invece
assolutamente noto. Le altre porte del lato meridionale sono invece chiamate «le
Svedesi», perché sembra che siano state smontate dalla chiesa della città
svedese di Sigtuna, come bottino di una razzia compiuta dai novgorodesi insieme con i Careli e gli
Estoni, sempre intorno al XII-XIII
secolo. Quanto
ciò sia vero, neanche in questo caso possiamo dirlo!
Sicuramente
Santa Sofia e l’arcivescovado annesso furono costruiti sulle rovine del Detinez
e il complesso includeva non solo gli appartamenti del vescovo (in russo vladyka,
corrispondente al cattolico monsignore), ma anche un salone che veniva
chiamato, benché in realtà non lo fosse, il «Vestibolo della Casa di Santa
Sofia». Qui ebbero luogo le più importanti riunioni della storia della città,
man mano che l’autorità del vescovo superò quella di qualsiasi altro
personaggio o funzionario novgorodese. Qui il vescovo con una solenne cerimonia
prendeva pieno possesso della sua funzione, dopo che gli erano state “imposte
le mani” dal Metropolita di Kiev. Questa conferma e questa benedizione
metropolitana avvennero fino al 1156, ma successivamente a causa dei disordini
politici che accadevano in quegli anni a Kiev, i novgorodesi decisero di
scegliersi il vescovo da soli, senza aspettare il greco nominato dal Patriarcato
di Costantinopoli né la benedizione metropolitana. In
realtà un primo tempio di legno dedicato a Santa Sofia in quest’area del Detinez
era esistito già prima della costruzione della chiesa in mattoni e questo
tempio era andato a fuoco nel 1045. Così il suo spazio era stato concesso a
Sadko Sytinic’, un ricco bojaro al quale furono attribuite famose, ma
sicuramente leggendarie,
imprese. Costui vi costruì la chiesa dei santi Boris e Gleb proprio in
fondo alla via chiamata «del Vescovo» (in novgorodese Piskuplei). Il
Detinez (qui nelle città del circondario novgorodese i cremlini
delle città si chiamano quasi sempre così, al contrario che nelle altre città
russe) era poi circondato da un muro proprio e da un fossato tutto intorno, più
una porta principale che guardava il Volhov e la testata sinistra del ponte. Al
di là di questo muro si stendeva la parte di città dove abitavano i bojari più
importanti e più ricchi, chiamati «i Bojari di Santa Sofia». La Riva
Sinistra era, a partire da queste seconde mura, divisa da due vie, tutte
pavimentate con tronchi di legno orizzontali messi strettamente l’uno accanto
all’altro come un meraviglioso tappeto srotolato, in tre settori chiamati
rispettivamente dei Nèrevi (Nerevskii), della Periferia (Zàgorodskii)
e degli Uomini (Ljudin). Ogni
settore era poi attraversato da strade proprie interne diritte e parallele che
conducevano talvolta all’esterno della città attraverso porte secondarie. Le
porte delle mura erano fatte a forma di torri con tetto a quattro spioventi e
talvolta avevano delle cappelle sulla cima dedicate a vari santi. Ad esempio la
Porta che dava direttamente sul Ponte Vecchio era dedicata alla Vergine Maria
Che Piange, la cui santa icona aveva salvato Novgorod nello scontro con Andrea
Bogoljubskii, principe di Suzdal… Analogamente alle porte, c’erano negli angoli delle mura, facenti da rinforzo, delle torri che portavano anch’esse dei nomignoli propri.
Di fronte a Santa Sofia c’era il glorioso Ponte Vecchio, un enorme ponte di legno forse ad una sola campata che costituiva l’orgoglio dell’arte dei carpentieri di Novgorod, il quale univa la Riva Sinistra con la Riva Destra. A
causa della presenza del grande mercato all’ingrosso (Torgovisce)
proprio vicino al porto che naturalmente si stendeva lungo questo lato del
fiume, la Riva Destra era chiamata “del Mercato”. Il
Ponte Vecchio era stato costruito proprio per unire immediatamente il Detinez
con la residenza “pubblica” del Principe mandato da Kiev, il cosiddetto
Palazzo di Jaroslav con la corte antistante che sorgeva vicino alle mura che
costeggiavano il fiume sulla Riva del mercato. Dato che uno dei compiti del
principe mandato da Kiev, il namestnik, era quello di dirimere le
liti e di esprimere giudizi e sentenze, questa costruzione con il suo grande
spiazzo era un vero e proprio tribunale principesco ed il ponte costituiva il
luogo dove i boia locali, su ordine del principe, eseguivano le sentenze
capitali, giustiziando i malfattori, gettandoli legati nelle acque del fiume.
Successivamente ,quando al namestnik non fu più permesso abitare dentro
le mura del Detinez, la Corte di Jaroslav diventò anche il luogo di
riunione della Vece, l’Assemblea Cittadina che governava e legiferava
nella città, oltre ad ospitare le cerimonie pubbliche più importanti, sia
laiche che religiose. Vicino
alla Corte di Jaroslav c’era la famosa Chiesa di San Giovanni, detta «sulle
marne» (a causa delle fondamenta che poggiavano su questo tipo di argilla
comunissima da queste parti), dove aveva sede la Congrega o Ghilda
dei Giovannini ossia dei mercanti di miele e cera. Essa era la Ghilda più
importante dato che riforniva i candelai di mezza Europa per l’illuminazione
delle chiese e dei palazzi reali. Aveva proprie regole e per diventarne membri
si pagava l’incredibile somma di 50 grivne d’argento, somma che non
era a disposizione di chiunque! Era proprio la campana vicino a questa chiesa
che chiamava la gente alle assemblee popolari di cui abbiamo parlato al
principio del nostro racconto! Nel
XII secolo era di moda ormai da qualche anno che i bojari o i mercanti appena
arricchiti costruissero in città una chiesa dedicata al proprio santo
protettore. Chi poteva la costruiva di mattoni e talvolta anche di pietra,
mentre altri le innalzavano in legno, ma tutte artisticamente lavorate, e in
esse si facevano poi seppellire insieme agli altri membri della famiglia. Su
questa Riva si trovavano tutte le officine dei diversi mestieri esercitati a
Novgorod e rigorosamente controllati dalle Ghilde e quindi c’erano intere vie
dove ci si poteva approvvigionare di qualsiasi tipo di manufatto o di servizio
di qualità. Lo storico Janin desume dai numerosi reperti di “ferri del
mestiere” la presenza di ben 150 diverse specializzazioni… Anche
la Riva del Mercato era divisa da un canale in grandi settori cittadini: quello
Slaveno (Slavjanskii) e quello dei Falegnami (Plotnizkii). Questi
due settori insieme con i tre della riva opposta costituivano l’inizio dei
cosiddetti Quinti Novgorodesi (Pjatiny), ossia le divisioni dell’enorme
territorio che dipendeva dalla città tutt’intorno fino agli Urali e fino alla
Dvina di Polozk, come gli spicchi di un’enorme mela! Ma
chi aveva costruito o finanziato la costruzione delle mura di cui abbiamo
parlato? Dalla Cronaca detta Ipatevskaja leggiamo che nell’anno 1114, mentre era sindaco (posadnik in russo) di Ladoga un certo Paolo,
il principe Mstislav di Kiev mise mano al rinnovo delle mura della città e
nello stesso anno anche a quelle di Novgorod. Dunque una parte dei soldi che
Kiev percepiva quale tributo da parte di Novgorod (ma pure per il mantenimento
del suo namestnik) quella volta furono spesi per rafforzare e rinnovare
la difesa della città… Sottolineiamo questo perché in altre occasioni sarà
addirittura l’Arcivescovo della città che coprirà parte delle spese per il
restauro delle mura! Perché
avere delle mura difensive in un territorio che poi era già sotto controllo?
Come faceva Novgorod a controllare gli immensi spazi intorno? Ne parleremo fra
poco… Per
intanto continuiamo il nostro viaggio verso nord. Lasciamo
ora la città alle nostre spalle e proseguiamo lungo la corrente del Volhov.
Lasciamo il convento di sant’Antonio posto a guardia del fiume a nord e, ad
una cinquantina di chilometri dalla foce, ci accorgiamo che il fiume non è più
navigabile con sicurezza. Infatti le acque precipitano in una specie di bassa
gola dove ci sono delle rapide insuperabili con le barche che abbiamo finora
usato. Qui dobbiamo trasbordare il carico e trascinare le imbarcazioni con
attenzione lungo le rive tirate dalle gomene a cui sono attaccati degli animali
da tiro. Finalmente
si giunge in vista della foce dopo aver percorso circa 300 verste da
Novgorod.
Siamo in un villaggio tipicamente finnico (che esiste ancor oggi). Alla nostra
sinistra si eleva una specie di basso promontorio, sulla sommità del quale si
intravedono le torri del Detinez di Ladoga, verso la quale ci stiamo
infatti dirigendo. Abbandoniamo
ora definitivamente la lodka da fiume e ci imbarchiamo su una nave per la
navigazione baltica. è probabile che incontreremo mercanti di Gotland a
Ladoga perché per loro il proseguimento per Novgorod è interdetto, se non
hanno il permesso speciale. è
difficile capire, rimanendo su una nave, quando si passa dal lago al fiume, poiché
le acque entrano in un letto fluviale talmente largo che la Nevà sembra essere
la semplice continuazione del lago, se non fosse per la maggiore rapidità della
corrente in unica direzione. La Nevà è lunga una settantina di chilometri
prima di sboccare nel Baltico, ma i novgorodesi avevano una piccola postazione
proprio vicino alla foce del fiume: Koporiè, nella Terra degli Ingri (in russo Izhory),
gente finnica che viveva lungo l’affluente Izhora, oggi parte del territorio
della città di San Pietroburgo! Koporiè
era forse il vero porto di mare di Novgorod. Tuttavia è bene dire che non
dobbiamo immaginarci questo paesaggio che abbiamo attraversato simile a quello
intensamente popolato di oggi. Assolutamente no! Da Ladoga fino al mare
c’erano solo foreste fitte e paludi e… niente altro! I
mercanti proseguivano di qui lungo la costa meridionale baltica verso la vicina
isola di Gotland, dove avevano un loro insediamento nella città di Visby già
nell’XI secolo. Un’altra
rotta che i novgorodesi seguivano per giungere ad esempio fino a Londra, dove
c’era la loro chiesa e il loro deposito per le pellicce, era quella della
Dvina settentrionale. Giunti
alla foce di questa Dvina si proseguiva via mare dopo aver doppiato l’odierno
Capo Nord proseguendo lungo la costa norvegese fino a Londra. In questo caso però
era necessario l’accordo coi Norvegesi di Trondheim e di Bergen e la costanza
di percorrere ben 3000 miglia marine, più o meno. Dalle
Saghe islandesi però, per quanto esse siano credibili, sappiamo che questa via
fu tentata anche dagli stessi Norvegesi. In una saga regale raccolta da Snorri
Sturluson nella sua Edda nel XII secolo si racconta di un certo Karl che
d’estate si reca nella Terra di Perm. Karl e i suoi si fermano in un mercato
locale finnico. Qui, spendendo pochi soldi e con qualche azione piratesca,
accumulano un carico di tantissime pellicce di gran valore (scoiattolo,
zibellino, castoro) e subito dopo si allontanano lungo il fiume settentrionale.
Viene loro detto che è bene che si allontanino velocemente perché la tregua
con i Permiani (sono i Finnici locali) è finita e si possono aspettare un loro
agguato da un momento all’altro. Uno dei soci di Karl, un certo Torir, propone
però, prima di abbandonare definitivamente la regione, di passare da uno dei
santuari dei Permiani dedicato al loro dio Jumala perché qui di solito si
trovano molte offerte di grandissimo valore. Basterà svuotarlo per essere
davvero soddisfatti dell’impresa e poter così ritornare a casa. Infatti,
superato l’ostacolo dei sacerdoti di guardia al santuario, Karl e Torir
trovano collane e argento, oltre alle pellicce, che naturalmente caricano sulla
loro imbarcazione e si allontanano inseguiti dai Permiani! Abbiamo
riportato questo evento perché è evidente che Novgorod doveva poter
controllare queste intrusioni dal nord in qualche modo e vedremo che nel XIV secolo la città incoraggerà sempre più la Chiesa novgorodese a fondare
monasteri fino sotto l’Artico, proprio a scopo di controllo delle coste
settentrionali artiche. Altre
rotte novgorodesi correvano invece verso il sud, lungo i grandi fiumi russi
quali il Dnepr, il Volga e il Don principalmente. Se il Dnepr era quasi tutto
sotto controllo russo, Il Volga e il Don, nei tratti più bassi erano invece
erano sotto il controllo di altri popoli non russi. Abbiamo
parlato di traffici in direzione nord-sud poiché agli albori della storia russa
Novgorod appare come il maggior “produttore” di merci di lusso del nord
Europa e conseguentemente si spiega la necessità per questa città di avere un
vasto territorio intorno, se voleva ricavare dai raccoglitori locali una quantità
quasi costante di quelle merci ogni anno. Purtroppo,
a quanto ci consta, la “raccolta” attuata da Novgorod era un vero e proprio
“commercio di rapina a mano armata” benché questo tipo di sfruttamento
delle risorse non fosse a quei tempi molto diverso da quello che esisteva anche
in altre plaghe d’Europa! A
parte dunque le considerazioni etiche, possiamo subito immaginare che, essendo
il territorio da controllare praticamente immenso, Novgorod aveva bisogno di
“basi logistiche” ben definite, all’interno di esso. Esse erano chiamate pogosty,
dove si tentava di coltivare qualcosa per la sussistenza invernale della
guarnigione e di acculturare la gente locale per farla collaborare con più
entusiasmo! Queste postazioni si rianimavano in primavera quando si facevano le
spedizioni… di rapina all’interno e si svuotavano d’inverno! Molti
pogosty si trasformarono in tutta una serie di colonie in questi gelidi
spazi in gran parte desolati e, quando arrivarono a queste latitudini anche i
monaci, si fondarono numerosi Monasteri, ancor oggi in piedi… I
novgorodesi in questa loro azione colonizzatrice giunsero persino alla scoperta
di Terranova nell’Artico (Nòvaja Zemljà) già nel XI secolo. Nelle Cronache
infatti si narra di un certo Ghiuriata Rogovic’ che mandò alcuni suoi uomini
sul fiume Pjeciòra per poi proseguire lungo il fiume Jugrà fra i Samojedi
degli Urali. Costoro raccontarono ai novgorodesi che più a nord sulle rive del
grande Tre (l’Artico) c’erano altissimi monti, ai piedi dei quali
vivevano delle genti dalla lingua strana che però fornivano pellicce di
altissima qualità e le scambiavano per lame d’acciaio di poco prezzo! A
parte dunque questo importante episodio, la colonizzazione serviva soprattutto a
raccogliere notizie sulle aree dove trovare sempre più prodotti da trafficare,
per poi verificarle e sfruttarle, durante la stagione più conveniente. è
notevole che le genti che i novgorodesi incontrarono nel nord erano quasi tutti
di etnia finnica, benché portassero vari nomi che le Cronache ci hanno
tramandato. Alcuni di questi popoli esistono ancor oggi, benché in gran parte
russificati, ma di altri si conserva appena il ricordo, come abbiamo detto,
nelle saghe islandesi e qui leggiamo che specialmente i loro dei e i loro
sciamani facevano grandissima impressione con le loro trances e
coi loro riti misteriosi. Addirittura, proprio a causa di ciò, la regione dei
Grandi Laghi Nordici era chiamata dagli Scandinavi la Terra dei Maghi (Jotunheimr).
Novgorod,
a dispetto di quello che raccontano alcune Cronache, non raccoglieva la merce da
rivendere sempre in modo pacifico, ma ricorreva spesso e volentieri alle armi e
i poveri finni in questi casi funesti dovevano abbandonare il villaggio,
lasciando tutto quello che avevano raccolto nelle mani degli avidi pirati
novgorodesi… oppure perire o, peggio che mai, esser catturati per esser
venduti schiavi! E non era solo nelle terre finniche che ciò avveniva, poiché
abbiamo notizia che queste scorrerie piratesche di Novgorod fossero condotte
anche lungo il Volga. Questi
ultimi pirati fluviali novgorodesi che improvvisamente apparivano dal folto dei
canneti o degli alberi delle rive, possedevano delle velocissime, ma
capacissime, imbarcazioni chiamate usc’kui, e Mosca (ma anche gli altri
principi del Volga) dovette combatterli per mantenere sicuri i traffici verso
il sud. In
altre occasioni i colonizzatori novgorodesi addirittura fondarono altre
repubbliche di per sé indipendenti, come la famosa Repubblica di Vjatka sul
fiume omonimo che durò oltre due secoli intatta (perché irraggiungibile!)
dalle grinfie di Mosca. Gli avvenimenti che in seguito racconteremo, certamente ci aiutano ad immaginare che il Grande Nord delle Terre Russe fu dominato economicamente senza dubbio alcuno proprio da Novgorod… finché non apparvero i Cavalieri Teutonici. Questi, attestatisi sul Mar Baltico, con perseveranza costrinsero repubblica a recedere pian piano e a condividere i traffici e in parte anche gli interessi politici con le nuove città-porto di Riga e di Reval (oggi Tallinn) protette dai Cavalieri…
|
©2005 Aldo C. Marturano