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             MEDIOEVO RUSSO

a cura di Aldo C. Marturano, pag. 35


Il salmone (лосось)

       

   

Il pesce era il cibo più frequente! Ne abbiamo già accennato in qualche altra parte di questo lavoro, ma qui vogliamo mettere a fuoco alcuni aspetti magici di questo animale acquatico che frequentava gli innumerevoli corsi d’acqua e i moltissimi laghi e paludi della foresta russa. Se lo consideriamo dal punto di vista nutrizionale come fonte di proteine animali, certamente il pesce era un cibo quasi necessario per lo smierd per una sana ed equilibrata alimentazione, se, invece, pensiamo alla sua importanza culturale allora possiamo dire che, mentre per il nobile variago che viveva a Kiev nell’XI-XII secolo il pesce era un cibo di basso rango poiché non richiedeva alcuna impresa di forza per farsi catturare, al contrario per lo smierd era un cibo sopraffino. La Chiesa Ortodossa teneva il pesce in gran considerazione proprio perché San Pietro era stato pescatore e Cristo stesso era rappresentato da un pesce (in greco derivato da un acronimo). Addirittura quando Cristo, essendo risorto, si rivolge ai suoi apostoli, chiede (Vangelo di S. Luca, cap. 24, 41-42): «Avete della carne? E gli diedero un pezzo di pesce arrostito e del miele». Ecco, qui è condensata tutta la posizione ufficiale della Chiesa rispetto ai due tipi di alimenti! Malgrado ciò nella cultura russa dell’élite il pesce continuò ad esser ritenuto un cibo inferiore destinato agli smierdy! Per quanto riguarda invece la posizione religiosa degli antichi Slavi verso il pesce la faccenda è più complicata.

Di quale pesce però parliamo? Marino o fluviale, o forse meglio di marino-fluviale come il famoso Salmone? Se non altro, ciò è importante dal punto di vista delle tecniche usate per pescare. Possiamo già dire con Maguelonne Toussaint-Samat, benché si riferisca al pesce di mare, che «…La straordinaria fecondità del pesce e la rapida rigenerazione dei banchi immediatamente suscitarono l’idea del rinascere e della perpetuità dei cicli stessi». Per capire subito come questo cibo potesse essere altamente apprezzato per la sua abbondanza nelle acque della Pianura Russa e per la sua fecondità. Se guardiamo meglio la Pianura Russa e immaginiamo di dover disegnare i confini della Rus’ di Kiev fino al XIII sec. possiamo facilmente renderci conto che i territori di questo enorme ed esteso stato che avessero confini diretti con il mare non ce ne sono! A sud la striscia che costituisce la riva settentrionale del Mar Nero era nel periodo da noi contemplato ancora sotto il dominio dei vari nomadi, salvo la piccola Tmutorakan che si affacciava sul Mar d’Azov, separata dal resto dell’antico stato russo. A nord sia Novgorod che Polozk o Pskov erano di molto arretrate rispetto alle acque del Mar Baltico… Tutto questi c’impone a credere senza alcun problema che i pesci che gli smierdy consumavano erano normalmente di acqua dolce! Inoltre è doveroso aggiungere che le varietà a causa di certi circuiti chiusi delle acque interne di pesce è enorme e non si riesce nemmeno ad elencarle tutte perché ne rimane sempre qualcuna irriconoscibile rispetto a quelle note nel resto d’Europa.

A parte ciò possiamo leggere nelle Cronache che la lotta fu veramente dura fra l’élite al potere che consumava carne a non finire e la Chiesa che cercava di introdurre il salutare (per chi già mangiava troppo) digiuno periodico settimanale o durante la Quaresima, riferito giusto alla carne. Per questo problema a Kiev ci furono addirittura delle rivolte dei nobili stessi riportate nelle Cronache. Il nobile si oppose sempre a chi volesse sostituire il superiore alimento carneo con l’inferiore pesce. Addirittura ci fu una minaccia di scomunica per il potente Knjaz Andrea Bogoljubskii di Vladimir-sulla-Kljazma proprio per questa questione nel XII secolo che rese inviso questo principe al clero che alla fine portò ad una congiura contro di lui e fu ucciso…

La spiegazione per questa rigidissima posizione della Chiesa nella Quaresima verso l’élite al potere (situazione abbastanza generale in tutta l’Europa, dobbiamo aggiungere) forse è riscontrabile anche nel motivo tecnico (secondo le concezioni sanitarie del tempo) che la Toussaint-Samat ci dà: «Occorreva mangiar qualcosa (al posto della carne). Perché proprio pesce? Per la sua qualità di alimento eucaristico? Sicuramente c’è dell’altro. (Sappiamo) … che la carne e il grasso erano considerati alimenti rossi, grassi e caldi capaci perciò di produrre euforia e talvolta eccitazione. Il pesce per la sua associazione con l’acqua è freddo bianco e poco grasso, triste quando non calmante!… Allo stesso tempo (rinunciare alla carne per il pesce nella Quaresima) era una mortificazione dei sensi che in teoria conduceva all’ascesi e quindi come un modo di redimersi dal peccato una volta all’anno!».

Allora, se così era, lo smierd che “si mortifica” tutto l’anno è forse più santo del Knjaz? Una posizione teoricamente inconciliabile…

è probabile che avremmo saputo di più su queste questioni se avessimo avuto più notizie, ma purtroppo, come giustamente ammette il grande storico russo B.A. Rybakov: «I Cronachisti [russi] che guardavano la vita dalle finestre delle celle dei monasteri o da quelle della corte principesca non amavano riportare nelle pagine delle Cronache i racconti delle rivolte e dei tumulti (dei contadini). Amavano riferirsi al loro compito come quello di raccontare solo delle battaglie e del coraggio dei (nobili) guerrieri». E non di quello che mangiavano o non mangiavano gli smierdy, aggiungiamo noi!

Un’altra questione, anche se non sempre ben evidenziata, ma sicuramente con un suo peso ideologico-politico specialmente a Kiev, era che mangiando il pesce (senza fare troppe distinzioni fra specie e specie e tra gli altri animali delle acque) ci si distingueva, come cristiani, dagli ebrei kieviani molto numerosi ed economicamente dominanti che celebravano anche loro la Pasqua con grande ardore, ma non consumavano altro pesce se non quelle specie con le squame…

Sebbene oggi molti pesci che si pescavano una volta nelle acque russe sono estinti o sono emigrati altrove a causa dell’inquinamento, è possibile ricostruire una panoramica della loro diffusione da quanto l’archeologia ha ritrovato e da quanto è detto nelle Cronache e negli atti della Chiesa Ortodossa Russa oggi tornati in auge per la consultazione pubblica.

Vediamo meglio quali consumi di quali pesci erano più comuni.

Chi si allontanava da casa per almeno una giornata intera si forniva di pesce secco… Chi partiva per un lungo viaggio, si forniva di pesce secco…C’era però anche la domanda di pesce secco e salato che veniva dalle città che ne esportavano. Da dove veniva il pesce? Chi l’aveva pescato e quando? Una fonte interessante sulla varietà di pesce che si pescava nei tempi medievali è citata da A. Korinfskii: la Lista delle Parole concernenti l’Arte di Costruire le Imbarcazioni (il titolo in verità è un po’ più lungo in russo: Список с cуднаго дела слово в слов как был суд у Леща с Eршом) del XVIII secolo. Qui si nominano non solo i pesci esistenti, ma talvolta anche come si fa per pescarli e quali sono le stagioni giuste.

La pesca di solito può aver luogo (pescare era un lavoro da uomini!) quando lo smierd non è occupato nei campi ed infatti per san Pietro e Paolo ossia il 29 giugno ecco che nel mir appaiono i mediatori/compratori del pesce ancora da pescare. Costoro si accordano per un certo quantitativo, scegliendone le specie e le dimensioni, sul prezzo da pagare allo smierd sotto forma di oggetti e strumenti utili, e ci si dà appuntamento in un giorno adatto per venire a prelevarlo dopo la salagione o l’essiccazione.

Si pesca con la lenza e con l’amo. Ci si incammina verso il fiume o il lago molto presto di mattina, quando i pesci si fanno prendere più facilmente perché il Vodjanòi (v. oltre) è più ben disposto! Il burchiello aspettava capovolto a riva di essere lanciato sull’acqua e la pesca durava naturalmente fino all’imbrunire tanto che i pescatori preferivano mangiare sul posto una parte dei pesci piccoli che avevano catturato e quindi invendibili e portare i più grossi a casa.

Un signor pesce era di solito il Salmone (losos’/лосось) che si faceva addirittura prendere con le mani nelle acque della Dvinà Settentrionale, ma il Luccio (sc’ciuka/щука) era considerato il vero re dello stagno o del lago, la cui presenza veniva subito notata dal pescatore perché, quando c’era un luccio, non si vedevano altri pesci… Era un pesce che, una volta pescato, di solito era già prenotato dal “signore locale” essendo uno dei più saporiti e più pretesi dai nobili. Soltanto la testa restava allo smierd. Un individuo di 5 o 6 anni era un bella preda e la testa era pure una ricompensa ambita perché cercando bene in essa si poteva trovare, se si aveva fortuna, un piccolo osso a forma di sole (ossia una croce) che portava la buona sorte.

Pesto di bacche di ginepro per salmone o altro pesce simile di grossa taglia

Si prendono delle bacche di Ginepro (mozhzhevel’nik ossia Juniperus sp.) secche (quelle fresche sono puzzolenti), dell’Aglio ursino (Allium ursinum sp. in russo ceremscià) e del Rafano forte (Armoracia rusticana sp. in russo hren) si pestano insieme con del burro salato fino ad ottenere una bella mescolanza di un bel colore bruno. Questa salsa si spalma sul pesce grigliato caldo.  

   

Anche la Scardola (lesc’c’/лещ) era un pesce di certe dimensioni e per questo era un onore per lo smierd servirlo all’ospite e le parti migliori erano la cosiddetta lingua e il cervello della grossa testa. E così il Pesce Persico (okun’/окунь), il Gado (nalim/налим) e la Perca (sudak/судак)…

Nel Volga poi vivevano i pesci d’acqua dolce più grandi del mondo e cioè le diverse specie di Storioni (osjòtr) che potevano raggiungere l’età di ben 10 anni ed erano allora, quando giungevano al delta del grande fiume, dei bestioni di varie decine di chili, ma questi pesci erano per campagne di pesca da fare in gruppo! Il documento citato poco prima (La Lista etc.) informa che di Storioni ce n’erano in abbondanza nel lago Niero (Nero/Неро) sulle cui rive si trova Rostov-la-grande appunto nel bacino dell’Alto Volga…

Tutto questo era permesso solo se il Padrone delle Acque fosse stato avvisato in tempo. La credenza era che ciascun specchio o corrente d’acqua o palude o marcita avesse il suo proprio padrone invisibile, ma sempre attento agli intrusi. Questo spirito era chiamato Vodjanòi o Vodovìk (dalla radice *vod- acqua). Chi l’aveva visto diceva che questo spirito impuro aveva la facoltà di trasformarsi in un essere orribile con le mani a forma di remi, tutto coperto d’alghe e nudo fino alla cintola. Irritato era capace persino di saltare fuori dall’acqua sotto forma d’un mostruoso luccio che vi avrebbe divorato all’istante. Può addirittura saltare nella rete che avete lanciato e farla a pezzi liberando così tutti i “suoi” pesci impigliati fra le maglie! E la vostra barca? è in pericolo, con un Vodjanòi arrabbiato. Come propiziarselo? Innanzitutto il Vodjanòi si risveglia dal suo letargo invernale soltanto intorno alla metà d’aprile ed è per questo che i pesci sono abbastanza grandi da poter essere pescati. Tuttavia nel Medioevo prima di mettere le barche in acqua o di andare a pesca, il volhv del villaggio sacrificava, affogandolo, un cavallino di color nero (dopo averlo nutrito con tanta avena e avergli fatto bere molta birra o, in altre versioni, dopo averlo caricato pure di tutte le colpe possibili) e diceva con voce gentile all’indirizzo del Vodjanòi: «Eccoti un nuovo ospite, un nuovo arrivato per la tua nuova casa, nonnino, abbilo caro e sii amico della mia famiglia!». Addirittura, se ci si fa amici di questo spirito, si possono pescare persino dei tesori poiché tutta la roba di valore che il Vodjanòi trova sul fondo delle acque, la raccoglie nel suo palazzo di vetro e la regala a chi preferisce.

Dobbiamo ricordare che quando furono introdotti i primi mulini ad acqua sul Dnepr e sui suoi affluenti, la gente ebbe timore che i pesci scappassero tutti via e che il Vodjanòi non li lasciasse più ritornare nelle acque se non si fossero tolti di mezzo quegli enormi trabiccoli galleggianti. Nelle Cronache Russe i primi mulini sono menzionati intorno al XII sec.. importati naturalmente tramite i greci e si ricorda, in occasione del loro montaggio, che furono legati alcuni animali vicino al mulino affinché il Vodjanòi con un’ondata se li portasse via come offerta per il permesso di sfruttare la corrente senza danno. è curioso che da quel momento in poi il molinaro nella cultura russa fu associato proprio al Vodjanòi diventandone l’amico e il rappresentante visibile e quindi in principio un uomo dai poteri magici pericolosi!

Ma torniamo pure al pesce.

 

A sinistra, la seljànka; a destra, la soljànka.

Con questo naturalmente si facevano zuppe, fra cui ricorderemo la seljànka/ceлянка (da non confondere con l’altra zuppa chiamata soljànka/coлянка), il borsc’c e l’uhà. L’uhà è rimasta la più popolare, ma proprio per questo è diventata una parola in generale usata per indicare dei piccoli pesci messi insieme a cuocere per qualche decina di minuti con varie spezie (inclusi sempre aglio e cipolla), nel cui guazzetto inzuppare il pane… stando attenti alle spine! Un’altra zuppa particolare era la botvin’ja/ботвинья o zuppa di pesce in birra kvas con varie verdure. Questa la si preferiva all’estate quando c’era il digiuno canonico dell’agosto prima dell’Assunzione. La si mangiava quasi fredda…

Alcuni consigli per preparare la seljànka

(da V. Belov, 2000)

I pesci scelti non devono essere di grossa taglia

Latte

Aglio e altre spezie piccanti

Foglie d’alloro secche

Mollica di pan di segala

Uova

Un pizzico di sale

I pesci eviscerati vanno cotti a fuoco molto basso e l’aglio tagliato finemente va messo verso l’ultimo momento della cottura. Uova e latte vanno sbattuti insieme e mescolati al brodetto mentre questo cuoce lentamente. Addensare con mollica di pane.

   

Il pesce secco invece lo si cuoceva in acqua dopo averlo maneggiato per un po’ fra le mani per farlo ammorbidire e rompere in piccoli pezzi oppure lo si masticava con dolcezza in bocca dando tempo alla saliva di ammorbidirlo prima di metterlo in pentola.

Conservare i pesci sotto sale o seccarli nel vento

(da J. Seymour, 1978)

I pesci a carne bianca e di grossa taglia si prestano bene ad essere salati. Prima di tutto si aprono sotto la pancia e si tagliano fino alla coda in modo da togliere la lisca e lasciare il pesce aperto e libero dalle interiora. In un grosso vaso di coccio vengono coperti di sale uno per uno e poi impilati nel vaso. La salamoia che si forma deve essere lasciata fluire via. Per i pesci grandi ci vogliono circa 15 giorni prima che siano pronti e invece per quelli di minor taglia anche una sola settimana.

Per seccare i pesci, chiamati in russo provesnòi, bisogna sempre pulirli come detto sopra. Poi dalle code vanno appesi nel vento e nel sole. Il vento serve a tenere lontani gli insetti e il sole a disidratarli. Per grossi pesci occorrono dai 10 ai 12 giorni, ma bisogna sempre stare attenti che non prendano la pioggia. In questo caso si deve subito tergerli e portarli al caldo in casa vicino alla pec’ka, altrimenti imputridiranno.

Per il salmone o lo storione, ricordarsi di tenere a parte il fegato che va conservato in olio di semi di lino come leccornia.

N.B. (di ACM) I russi ai visitatori dei sec. XVI-XVII sembrarono non saper conservare bene il pesce sotto sale poiché, a dire di questi stranieri, il pesce puzzava sebbene i russi poi apprezzassero molto questo odore sgradevole. De gustibus non est disputandum

   

Il pesce andava in varie composizioni con farina e acqua e dunque anche in focacce varie (piroga/пироги) o come ripieno in varie ricette (ad esempio i rybniki/pибники) o persino impanato e fritto come una cotoletta (tel’noe/тельное).

Né lo smierd disdegnava il caviale di storione (ikrà/икра) o la bottarga (mjataja/мятая per coloro che vivevano lontano dal Volga) di vari pesci. Anzi! Il caviale per il suo sapore salato e per le proprietà afrodisiache che gli si attribuivano veniva anche pestato e mescolato con la farina nelle bliny preparate per le feste comandate. La E. Molohovez nel suo libro, Consigli alle Donne di Casa del 1861, addirittura lo abbina con i Cavoli Acidi e afferma che: «…il caviale (di storione) darà al Sauerkraut un buon sapore…», ma non ci assicura che questo fosse un piatto russo molto antico.

Forse avrete notato però l’assenza dell’Anguilla (in russo ugor’/yгopь, Anguilla anguilla sp.) nel nostro discorso, eppure questo pesce risaliva alcuni dei grandi fiumi russi del nord ed era ben noto ai pescatori! Nel loro quarto anno di vita, i leptocefali di questo pesce si trasformavano in piccole anguille e risalivano i fiumi e i laghi russi, penetrando il più possibile all'interno e superando tutte le difficoltà di una migrazione controcorrente. In questo tragitto percorrevano vene d'acqua sotterranee o attraversavano i prati umidi arrivando persino in laghi non comunicanti direttamente con i grandi fiumi. A Novgorod addirittura si raccontava che, se per sbaglio aveste catturato un’anguilla di mattina presto mentre sta migrando e la gettaste via lasciandola guizzare per i campi lungo le rive essa si libererà di tutti i mali che porta addosso, ma… li scaricherà su chi la sta a guardare! Ebbene l’anguilla non era considerato un pesce, ma un serpente maligno che viveva nelle acque come le altre serpi d’acqua! Naturalmente era proibito mangiarne e un vecchio adagio russo diceva che ne puoi mangiare solo se, dopo aver viaggiato per sette città, non hai trovato alcun cibo! Cioè mai! 

 

                    

Dal libro di Aldo C. Marturano: VITA DI SMIERD, Cibo e Magia nel Medioevo Russo.

    

©2007 Aldo C. Marturano

    


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