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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 35 |
Il salmone (лосось)
Di quale pesce però parliamo? Marino o fluviale, o forse meglio di marino-fluviale come il famoso Salmone? Se non altro, ciò è importante dal punto di vista delle tecniche usate per pescare. Possiamo già dire con Maguelonne Toussaint-Samat, benché si riferisca al pesce di mare, che «…La straordinaria fecondità del pesce e la rapida rigenerazione dei banchi immediatamente suscitarono l’idea del rinascere e della perpetuità dei cicli stessi». Per capire subito come questo cibo potesse essere altamente apprezzato per la sua abbondanza nelle acque della Pianura Russa e per la sua fecondità. Se guardiamo meglio la Pianura Russa e immaginiamo di dover disegnare i confini della Rus’ di Kiev fino al XIII sec. possiamo facilmente renderci conto che i territori di questo enorme ed esteso stato che avessero confini diretti con il mare non ce ne sono! A sud la striscia che costituisce la riva settentrionale del Mar Nero era nel periodo da noi contemplato ancora sotto il dominio dei vari nomadi, salvo la piccola Tmutorakan che si affacciava sul Mar d’Azov, separata dal resto dell’antico stato russo. A nord sia Novgorod che Polozk o Pskov erano di molto arretrate rispetto alle acque del Mar Baltico… Tutto questi c’impone a credere senza alcun problema che i pesci che gli smierdy consumavano erano normalmente di acqua dolce! Inoltre è doveroso aggiungere che le varietà a causa di certi circuiti chiusi delle acque interne di pesce è enorme e non si riesce nemmeno ad elencarle tutte perché ne rimane sempre qualcuna irriconoscibile rispetto a quelle note nel resto d’Europa. A parte ciò possiamo leggere nelle Cronache che la lotta fu veramente
dura fra l’élite al potere che consumava carne a non finire
e la Chiesa che cercava di introdurre il salutare (per chi già
mangiava troppo) digiuno periodico settimanale o durante la Quaresima,
riferito giusto alla carne. Per questo problema a Kiev ci furono
addirittura delle rivolte dei nobili stessi riportate nelle Cronache.
Il nobile si oppose sempre a chi volesse sostituire il superiore
alimento carneo con l’inferiore pesce. Addirittura ci fu una
minaccia di scomunica per il potente Knjaz Andrea Bogoljubskii
di Vladimir-sulla-Kljazma proprio per questa questione nel XII secolo
che rese inviso questo principe al clero che alla fine portò ad una
congiura contro di lui e fu ucciso… La spiegazione per questa rigidissima posizione della Chiesa nella
Quaresima verso l’élite al potere (situazione abbastanza
generale in tutta l’Europa, dobbiamo aggiungere) forse è
riscontrabile anche nel motivo tecnico (secondo le concezioni
sanitarie del tempo) che la Toussaint-Samat ci dà: «Occorreva
mangiar qualcosa (al posto della carne). Perché proprio pesce?
Per la sua qualità di alimento eucaristico? Sicuramente c’è
dell’altro. (Sappiamo) … che la carne e il grasso erano
considerati alimenti rossi, grassi e caldi capaci perciò di produrre
euforia e talvolta eccitazione. Il pesce per la sua associazione con
l’acqua è freddo bianco e poco grasso, triste quando non
calmante!… Allo stesso tempo (rinunciare alla carne per il pesce
nella Quaresima) era una mortificazione dei sensi che in teoria
conduceva all’ascesi e quindi come un modo di redimersi dal peccato
una volta all’anno!». Allora, se così era, lo smierd che “si mortifica” tutto
l’anno è forse più santo del Knjaz? Una posizione
teoricamente inconciliabile… è probabile che avremmo saputo di più su queste questioni se avessimo
avuto più notizie, ma purtroppo, come giustamente ammette il grande
storico russo B.A. Rybakov: «I Cronachisti [russi] che
guardavano la vita dalle finestre delle celle dei monasteri o da
quelle della corte principesca non amavano riportare nelle pagine
delle Cronache i racconti delle rivolte e dei tumulti (dei
contadini). Amavano riferirsi al loro compito come quello di
raccontare solo delle battaglie e del coraggio dei (nobili)
guerrieri». E non di quello che mangiavano o non mangiavano gli smierdy,
aggiungiamo noi! Un’altra questione, anche se non sempre ben evidenziata, ma
sicuramente con un suo peso ideologico-politico specialmente a Kiev,
era che mangiando il pesce (senza fare troppe distinzioni fra specie e
specie e tra gli altri animali delle acque) ci si distingueva, come
cristiani, dagli ebrei kieviani molto numerosi ed economicamente
dominanti che celebravano anche loro la Pasqua con grande ardore, ma
non consumavano altro pesce se non quelle specie con le squame… Sebbene oggi molti
pesci che si pescavano una volta nelle acque russe sono estinti o sono
emigrati altrove a causa dell’inquinamento, è possibile ricostruire
una panoramica della loro diffusione da quanto l’archeologia ha
ritrovato e da quanto è detto nelle Cronache e negli atti della
Chiesa Ortodossa Russa oggi tornati in auge per la consultazione
pubblica. Vediamo meglio
quali consumi di quali pesci erano più comuni. Chi si allontanava da casa per almeno una giornata intera si forniva di
pesce secco… Chi partiva per un lungo viaggio, si forniva di pesce
secco…C’era però anche la domanda di pesce secco e salato che
veniva dalle città che ne esportavano. Da dove veniva il pesce? Chi
l’aveva pescato e quando? Una fonte interessante sulla varietà di
pesce che si pescava nei tempi medievali è citata da A. Korinfskii:
la Lista delle Parole concernenti l’Arte di Costruire le
Imbarcazioni (il titolo in verità è un po’ più lungo in
russo: Список с cуднаго
дела слово
в слов как
был суд у
Леща с Eршом)
del XVIII secolo. Qui si nominano non solo i pesci esistenti, ma talvolta anche come si
fa per pescarli e quali sono le stagioni giuste. La pesca di solito può aver luogo (pescare era un lavoro da uomini!)
quando lo smierd non è occupato nei campi ed infatti per san
Pietro e Paolo ossia il 29 giugno ecco che nel mir appaiono i
mediatori/compratori del pesce ancora da pescare. Costoro si accordano
per un certo quantitativo, scegliendone le specie e le dimensioni, sul
prezzo da pagare allo smierd sotto forma di oggetti e strumenti
utili, e ci si dà appuntamento in un giorno adatto per venire a
prelevarlo dopo la salagione o l’essiccazione. Si pesca con la lenza e con l’amo. Ci si incammina verso il fiume o il
lago molto presto di mattina, quando i pesci si fanno prendere più
facilmente perché il Vodjanòi (v. oltre) è più ben
disposto! Il burchiello aspettava capovolto a riva di essere lanciato
sull’acqua e la pesca durava naturalmente fino all’imbrunire tanto
che i pescatori preferivano mangiare sul posto una parte dei pesci
piccoli che avevano catturato e quindi invendibili e portare i più
grossi a casa. Un signor pesce era di solito il Salmone (losos’/лосось) che si faceva addirittura prendere con le mani nelle acque della Dvinà Settentrionale, ma il Luccio (sc’ciuka/щука) era considerato il vero re dello stagno o del lago, la cui presenza veniva subito notata dal pescatore perché, quando c’era un luccio, non si vedevano altri pesci… Era un pesce che, una volta pescato, di solito era già prenotato dal “signore locale” essendo uno dei più saporiti e più pretesi dai nobili. Soltanto la testa restava allo smierd. Un individuo di 5 o 6 anni era un bella preda e la testa era pure una ricompensa ambita perché cercando bene in essa si poteva trovare, se si aveva fortuna, un piccolo osso a forma di sole (ossia una croce) che portava la buona sorte.
Anche la Scardola (lesc’c’/лещ) era un
pesce di certe dimensioni e per questo era un onore per lo smierd
servirlo all’ospite e le parti migliori erano la cosiddetta lingua e
il cervello della grossa testa. E così il Pesce Persico (okun’/окунь),
il Gado (nalim/налим) e la Perca
(sudak/судак)… Nel Volga poi vivevano i pesci d’acqua dolce più grandi del mondo e
cioè le diverse specie di Storioni (osjòtr) che potevano
raggiungere l’età di ben 10 anni ed erano allora, quando giungevano
al delta del grande fiume, dei bestioni di varie decine di chili, ma
questi pesci erano per campagne di pesca da fare in gruppo! Il
documento citato poco prima (La Lista etc.) informa che di
Storioni ce n’erano in abbondanza nel lago Niero (Nero/Неро)
sulle cui rive si trova Rostov-la-grande appunto nel bacino
dell’Alto Volga… Tutto questo era permesso solo se il Padrone delle Acque fosse
stato avvisato in tempo. La credenza era che ciascun specchio o
corrente d’acqua o palude o marcita avesse il suo proprio padrone
invisibile, ma sempre attento agli intrusi. Questo spirito era
chiamato Vodjanòi o Vodovìk (dalla radice *vod-
acqua). Chi l’aveva visto diceva che questo spirito impuro aveva la
facoltà di trasformarsi in un essere orribile con le mani a forma di
remi, tutto coperto d’alghe e nudo fino alla cintola. Irritato era
capace persino di saltare fuori dall’acqua sotto forma d’un
mostruoso luccio che vi avrebbe divorato all’istante. Può
addirittura saltare nella rete che avete lanciato e farla a pezzi
liberando così tutti i “suoi” pesci impigliati fra le maglie! E
la vostra barca?
è
in pericolo, con un Vodjanòi arrabbiato.
Come propiziarselo? Innanzitutto il Vodjanòi si risveglia dal
suo letargo invernale soltanto intorno alla metà d’aprile ed è per
questo che i pesci sono abbastanza grandi da poter essere pescati.
Tuttavia nel Medioevo prima di mettere le barche in acqua o di andare
a pesca, il volhv del villaggio sacrificava, affogandolo, un
cavallino di color nero (dopo averlo nutrito con tanta avena e avergli
fatto bere molta birra o, in altre versioni, dopo averlo caricato pure
di tutte le colpe possibili) e diceva con voce gentile all’indirizzo
del Vodjanòi: «Eccoti un nuovo ospite, un nuovo arrivato
per la tua nuova casa, nonnino, abbilo caro e sii amico della mia
famiglia!». Addirittura, se ci si fa amici di questo spirito, si
possono pescare persino dei tesori poiché tutta la roba di valore che
il Vodjanòi trova sul fondo delle acque, la raccoglie nel suo
palazzo di vetro e la regala a chi preferisce. Dobbiamo ricordare che quando furono introdotti i primi mulini ad acqua
sul Dnepr e sui suoi affluenti, la gente ebbe timore che i pesci
scappassero tutti via e che il Vodjanòi non li lasciasse più
ritornare nelle acque se non si fossero tolti di mezzo quegli enormi
trabiccoli galleggianti. Nelle Cronache Russe i primi mulini sono
menzionati intorno al XII sec.. importati naturalmente tramite i greci
e si ricorda, in occasione del loro montaggio, che furono legati
alcuni animali vicino al mulino affinché il Vodjanòi con
un’ondata se li portasse via come offerta per il permesso di
sfruttare la corrente senza danno. è
curioso che da quel momento in
poi il molinaro nella cultura russa fu associato proprio al Vodjanòi
diventandone l’amico e il rappresentante visibile e quindi in
principio un uomo dai poteri magici pericolosi! Ma torniamo pure al pesce. A sinistra, la seljànka; a destra, la soljànka. Con questo naturalmente si facevano zuppe, fra cui ricorderemo la seljànka/ceлянка (da non confondere con l’altra zuppa chiamata soljànka/coлянка), il borsc’c e l’uhà. L’uhà è rimasta la più popolare, ma proprio per questo è diventata una parola in generale usata per indicare dei piccoli pesci messi insieme a cuocere per qualche decina di minuti con varie spezie (inclusi sempre aglio e cipolla), nel cui guazzetto inzuppare il pane… stando attenti alle spine! Un’altra zuppa particolare era la botvin’ja/ботвинья o zuppa di pesce in birra kvas con varie verdure. Questa la si preferiva all’estate quando c’era il digiuno canonico dell’agosto prima dell’Assunzione. La si mangiava quasi fredda…
Il pesce secco invece lo si cuoceva in acqua dopo averlo maneggiato per un po’ fra le mani per farlo ammorbidire e rompere in piccoli pezzi oppure lo si masticava con dolcezza in bocca dando tempo alla saliva di ammorbidirlo prima di metterlo in pentola.
Il pesce andava in varie composizioni con farina e acqua e dunque anche
in focacce varie (piroga/пироги)
o come ripieno in varie ricette (ad esempio i rybniki/pибники)
o persino impanato e fritto come una cotoletta (tel’noe/тельное). Né lo smierd disdegnava il caviale di storione (ikrà/икра)
o la bottarga (mjataja/мятая per
coloro che vivevano lontano dal Volga) di vari pesci. Anzi! Il caviale
per il suo sapore salato e per le proprietà afrodisiache che gli si
attribuivano veniva anche pestato e mescolato con la farina nelle bliny
preparate per le feste comandate. La E. Molohovez nel suo libro, Consigli
alle Donne di Casa del 1861, addirittura lo abbina con i Cavoli
Acidi e afferma che: «…il caviale (di storione) darà
al Sauerkraut un buon sapore…», ma non ci assicura che questo
fosse un piatto russo molto antico. Forse avrete notato però l’assenza dell’Anguilla (in russo ugor’/yгopь, Anguilla anguilla sp.) nel nostro discorso, eppure questo pesce risaliva alcuni dei grandi fiumi russi del nord ed era ben noto ai pescatori! Nel loro quarto anno di vita, i leptocefali di questo pesce si trasformavano in piccole anguille e risalivano i fiumi e i laghi russi, penetrando il più possibile all'interno e superando tutte le difficoltà di una migrazione controcorrente. In questo tragitto percorrevano vene d'acqua sotterranee o attraversavano i prati umidi arrivando persino in laghi non comunicanti direttamente con i grandi fiumi. A Novgorod addirittura si raccontava che, se per sbaglio aveste catturato un’anguilla di mattina presto mentre sta migrando e la gettaste via lasciandola guizzare per i campi lungo le rive essa si libererà di tutti i mali che porta addosso, ma… li scaricherà su chi la sta a guardare! Ebbene l’anguilla non era considerato un pesce, ma un serpente maligno che viveva nelle acque come le altre serpi d’acqua! Naturalmente era proibito mangiarne e un vecchio adagio russo diceva che ne puoi mangiare solo se, dopo aver viaggiato per sette città, non hai trovato alcun cibo! Cioè mai!
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Dal
libro di Aldo C. Marturano: VITA DI SMIERD, Cibo e Magia nel Medioevo Russo.
©2007 Aldo C. Marturano