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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 33 |
La Russia al tempo dei Variaghi (da it.vikipedia.org)
Nell’esposizione
che qui segue cercherò di chiarire proprio questi punti. Prima
di tutto è molto probabile che i Variaghi si movessero nel Baltico
qualche decennio prima dei Vichinghi nel Mare del Nord perché lungo
l’entroterra baltico orientale si trovano molti siti in cui le
commistioni fra locali e scandinavi svedesi risalgono ad epoche
alquanto più antiche rispetto alle prime scorrerie dei Vichinghi
registrate in Occidente, e questo è già importante. Se
abbiamo una carta della Scandinavia sotto gli occhi e se teniamo
presente che nei tempi passati essa era considerata un’isola
circondata dal Mare Oceano (cioè era situata ai margini della Fine
del mondo, secondo gli antichi geografi) possiamo subito accorgerci
che, data una ragione per lasciare le proprie terre e cercarne delle
altre lontane, i norvegesi per recarsi nelle Terre Russe avrebbero
dovuto fare un giro vizioso tutt’intorno alle coste fino a Capo Nord
e sempre col timore di essere inghiottito nel Mare della Morte,
nell’Oceano! I più fortunati sarebbero entrati nell’odierno Mar
Bianco e avrebbero potuto risalire la Dvina settentrionale (e sappiamo
che ci fu chi lo fece!). Un’alternativa che evitava l’Oceano era
di passare le montagne che dividono le coste svedesi da quelle
norvegesi (le cosiddette Alpi Scandinave) e portarsi sulle coste
baltiche dove però ci sarebbero state delle difficoltà perché ci si
introduceva in terre non proprie! Detto
questo, dobbiamo chiederci: che cosa spingeva queste genti a migrare
ora, a lasciare in questi anni le coste di casa propria per andare in
terra straniera? Così impostata la questione però è in realtà
falsa. Infatti non bisogna assolutamente pensare a migrazioni di
interi popoli come quelle germaniche verso l’Impero Romano dei
secoli anteriori alla ricerca di nuove terre da sfruttare per vivere.
Non c’è prova di ciò dopo la vera migrazione dei Goti, partiti
dalle stesse lande. Nel caso dei Goti comunque abbiamo addirittura uno
storico del VI secolo, Jordanes o Jornandes, vescovo di Crotone, che
scrisse nel 531 raccogliendo le tradizioni orali (che allora si
conservavano molto bene) le famose Gesta dei Goti. Qui si trovano non
solo gli itinerari seguiti, le ragioni della necessità di lasciare la
terra avita, ma anche i nomi delle genti con i quali i Goti vennero a
contatto e talvolta descrizioni anche puntuali di costumi, di lingue
di popoli che appaiono la prima volta nella storia europea del Grande
Nord. La
tradizione ivi riportata racconta dunque che un fosco mattino nella
Terra dei Goti si raccolsero a concione le famiglie dei maggiorenti
per discutere di una situazione che ormai stava diventando invivibile:
La comunità si era talmente accresciuta che la precarietà della
locale agricoltura e delle altre risorse di cibo disponibili non
permetteva più di nutrire a sufficienza tutti. Si decise allora di
dividere il popolo in tre gruppi e poi di tirare a sorte quale di
questi avrebbe lasciato la patria per sempre. Ciò avveniva nel 150
d.C. Il gruppo scelto dalla sorte dunque lascia le coste svedesi più
o meno dalle parti dove si trova oggi Stoccolma e si dirige verso
sudest. Il primo fiume che incontra è la Vistola che viene percorsa
tutta contro corrente. La geografia che illustra questa penetrazione
attraverso terre oggi polacche è abbastanza chiara per Jordanes e la
riporto qui di seguito come indicazione ulteriore: «Nel Nord nei flutti salati del Mare Oceano c’è una grande isola: La Scandinavia. Ha la forma di una foglia di albero di limone con i lati frastagliati, distesa per il lungo e chiusa in se stessa. Pomponio Mela informa che essa si trova sul Kattegat dove infatti il Mar Oceano arriva con le sue onde. La parte anteriore (orientale) è proprio davanti alla foce della Vistola che nasce nei Monti della Sarmazia e arrivato in vista della Scandinavia si divide in tre rami e si versa nell’Oceano (qui c’è una qualche confusione con l’Elba) dividendo la Germania dalla Scizia. L’isola scandinava ad Oriente ha un grande lago (è il Malaren) …. e in Occidente è bagnata da un mare immenso che la tocca fin nel nord ed è innavigabile…». La
spedizione ebbe successo e il nome dei Goti si sparse per tutta
l’Europa e la sua fama fu tale che ritornò nel nord come la
realizzazione di un grande sogno popolare. Fu un’impresa molto
importante poiché suggeriva a chi ne avesse voglia nei secoli
successivi di intraprenderla ancora una volta. Secondo me, è quasi
sicuro che da qui nacque quel desiderio di volgersi a sud dove c’è
ricchezza (nel Medioevo intesa come coltivazioni e abbondanza di cibo)
e il calore del sole per tutto l’anno, dove
ci sono città bellissime etc. etc. Anzi! Se per i Goti di
allora la meta ultima era Roma in Italia, in seguito essa divenne Roma
Nova, ossia Costantinopoli per le genti del nord… è
dunque la stessa per i nostri Variaghi, sebbene le condizioni
incontrate dai primi Goti (loro antenati) nel nuovo ambiente erano
molto cambiate nel VIII-IX secolo
d.C. e perciò le sollecitazioni per
spiegare la spinta dei Variaghi verso le coste baltiche meridionali e
orientali sono diventate altre. Faccio
un’ipotesi. Mentre in Norvegia sono arrivate informazioni sugli
insediamenti dei monaci irlandesi, sulle abbazie, sui conventi
organizzati con villaggi annessi che si trovano sulle coste francesi e
comunque sulle coste delle isole che sono ad occidente, in mezzo
“all’innavigabile” mare Oceano attirando l’attenzione di
questa parte della Scandinavia, la notizia dell’esistenza di
un’altra Roma nel sud situata più ad oriente e della sua
magnificenza è più attraente per gli Svedesi perché probabilmente
si sentono geograficamente più vicini ad essa.
è
questa la città
che affascinerà questo nord e che le saghe ricordano genericamente
col nome di Città Grande (Mikla Gardha). è
giunta notizia
che ci sia anche la possibilità di essere ingaggiati a far da scorta
armata a convogli commerciali oppure a re e imperatori o ancora a far
da truppa speciale nelle spedizioni contro altri popoli molto ben
pagati. Non solo! Verso sud si trovano altre città enormi dei
saraceni non meno ricche e belle di quella dei cristiani,
e allora: dove trovare un modo migliore per vivere invece di
restare un questo duro e precario nord? Come
un qualsiasi avventuriero che ha deciso di dare una svolta alla sua
vita, i Variaghi cercano una vita migliore e usavano quel che sapevano
fare meglio (anche per ragioni di dimensioni corporee, vista la scelta
dei giovani che era fatta prima di ammetterli nelle bande in
partenza): la guerra, o meglio detto, l’arte di combattere nel corpo
a corpo! Le loro armi sono anche le migliori, dato che qui le
importano dal Regno Franco dove, ai tempi, c’erano fior di maestri
nella lavorazione delle lame d’acciaio (le lame da Damasco
giungeranno invece posteriormente). Se
osserviamo bene il Mar Baltico esso è un mare interno molto piccolo
in confronto al Mediterraneo ed è pienissimo di isole, quasi che mi
viene di fare il paragone con l’Egeo! Voglio dire che muoversi da
una costa all’altra è molto facile e molto semplice e non c’è
bisogno di navi attrezzate per le tempeste del Mare del Nord o per le
lunghe traversate. Qui sono assolutamente inutili! A poche miglia
dalla costa c’è la grande isola di Gotland. Poco oltre, cabotando
verso nordest, c’è già la costa della Curlandia e le isole che
chiudono il Golfo di Riga e qualche miglio più avanti si arriva alle
isole che invece sbarrano il Golfo di Finlandia dove oggi si trova San
Pietroburgo. In queste circostanze geografiche non si deve credere ai
documentari o alle storie di Vichinghi dell’est che viaggiano anche
qui su enormi e pittoresche navi. Un qualsiasi svedese alla ricerca di
avventure non aveva difficoltà ad approdare sulle coste baltiche di
fronte a lui e, se aveva fortuna, vi si stabiliva e si rifaceva una
vita sposando una ragazza figlia dei locali. Di tanto in tanto sarebbe
anche tornato in patria dai suoi, proprio in vista della facilità di
intraprendere il viaggio di andata e ritorno e, allo stesso tempo,
avrebbe portato a conoscenza del suo giro di amicizie le esperienze
che aveva fatto in quelle terre che ora erano la sua nuova patria. Se
riusciamo ad immaginare tutto questo, ecco che il quadro delle attività
dei Variaghi nel Baltico diventa sempre più dettagliato e più
realistico, rispetto alle fantasiose ricostruzioni di autori poco
informati. Penso anche che sia chiaro a questo punto che l’attività
sanguinaria (secondo il nostro modo di vedere moderno) e la necessità
di scorrerie lampo intraprese dai Vichinghi non possono essere
ribaltate ai Variaghi alla stessa maniera! Le grandi navi, i knoerrar,
erano più necessarie sull’Oceano e allora lasciamo i Vichinghi nel
loro Mare del Nord… a fare i Vichinghi! Un
altro punto mi serve qui fissare onde non deviare il mio lettore lungo
informazioni errate e fantastiche. I Variaghi non sono un popolo in
cammino alla ricerca di una terra dove stabilirsi per sempre, ma sono
delle bande ben organizzate che partono per un’impresa oltremare che
frutti loro tanta ricchezza da poter tornare in patria a riprendersi
il posto sociale nella comunità che hanno lasciato o che li ha
scacciati. Sono certamente dei corsari ancora a metà fra predoni e
mercanti… ma sono anche i precursori dell’Hansa germanica di
qualche secolo dopo che batterà le loro stesse rotte per mare e per
terra! Ciò non contraddice il fatto che altri pochissimi loro
congeneri siano invece dei sedentari che cercano di integrarsi nelle
realtà straniere, benché Variaghi si riferisca come termine
(dobbiamo sempre accettare l’uso invalso nelle Cronache Russe) agli
immigrati armati e non a quelli che abitavano nelle Terre Russe già
da tempo “pacificamente”. Infatti
mi pare di poter distinguere nella nomenclatura fissatasi qui nel nord
due tipi di nuovi arrivati svedesi: Variaghi
e Kolbjaghi.
Kolbiag
compare più tardi nella zona di Polozk e di Pskov ed indica un
portapacchi, un trasportatore semplice, un traghettatore, cioè una
specie di postino o guida che sa dove andare. Questa funzione è molto
importante per chi voglia viaggiare lungo i numerosi corsi d’acqua
della Pianura Russa. Infatti chi naviga contro corrente, se non
conosce la strada per giungere al traguardo prefisso, corre il rischio
di imboccare ad una confluenza il corso sbagliato e perciò una guida
che conosca bene l’andamento dell’itinerario, man mano che ci si
addentra nel folto, è importantissima. La guida poi deve non solo
conoscere il luogo, ma saper anche parlare le lingue dei nativi e
aggiustarsi con loro, insomma in altre parole: deve essere uno che
vive nella zona o che comunque può presentarsi come persona
affidabile soltanto per chiedere informazioni. Da storici
contemporanei sappiamo (ma si fa così ancor oggi in tutto il mondo)
che l’uso dei locali era di dare informazioni sbagliate agli
stranieri curiosi (aspettandosi sempre guai da questi intrusi) proprio
per deviarli dai villaggi nascosti nella foresta. Io in altri lavori
addirittura, visto che di solito la guida si metteva in cima alla fila
di barche che conduceva verso la meta, l’ho chiamato più
pittorescamente sperticatore e vedremo avanti anche perché. Ritorniamo
ora ai Variaghi che danno inizio alla loro avventura per mare. Come
si sono organizzati? La parola Variag
ci dà il primo indizio: sono giovani scapoli presi a contratto
determinato! A quei tempi significa aver scelto di stare un gruppo in
cui c’è un capo che comanda e organizza e che sa dove andare e che
cosa andare a fare. Il gruppo prevede di andare in un certo luogo,
fare un certo bottino e tornarsene. Per accedere al gruppo bisogna
prestare giuramento su un progetto, su un’intrapresa (che non viene
svelata nei dettagli) e aver cioè accettato una vara!
Così si diventa varing/væring.
Che cosa occorre saper fare? Innanzitutto bisogna essere prestanti,
saper maneggiare le armi e cioè spada e ascia di guerra e saper anche
ingegnarsi a lavorare legno e ferro quando occorra. Se ci sarà da
battersi ci si batterà e si morirà. Prima di partire quindi ci sarà
un convito dove tutto questo verrà celebrato e sancito da una solenne
bevuta come è costume qui nel nord quando si siglano i patti! Nel
gruppo non sono ammesse donne, salvo talvolta quella del capo… Non
sappiamo se i Variaghi ricorressero anche loro al berserkr come i loro congeneri Vichinghi, ma sappiamo invece
che erano certamente buoni bevitori e pronti a tirar fuori l armi per
farsi giustizia da sé alla prima offesa ritenuta grave. La nave (o le
navi) che armano non è grande perché ogni equipaggio non supera la
quarantina di persone (anche questo lo sappiamo dalle Cronache) ed ha
vela e remi. Probabilmente ha due prore come il knoerr
vichingo in modo da non doverla manovrare troppo quando si inverte il
senso di marcia dopo un approdo. Io addirittura sono convinto che la
si lasciasse a secco in un posto sicuro prima di addentrarsi nelle
correnti fluviali proprio perché le imbarcazioni più adeguate sono
quelle che gli slavi o i finnici usavano lungo i loro fiumi e dunque
bisognava rivolgersi a loro per averne o fabbricarne una simile. Dunque
il tempo è arrivato, il mare è libero da ghiacci, la stagione
promette bene e si salpa! Nel
IX secolo la situazione
delle coste dipende dalle voglie dei Vendi (in questo etnonimo sono
conglobati tutti gli Slavi presenti nel bacino dell’Elba e della
Vistola) che si sono attestati su fino al mare, hanno il santuario
nazionale ad Arkona nell’isola di Rügen e difendono le loro terre
dagli intrusi. Arenarsi sulle loro spiagge è pericoloso perché si
corre il rischio, mentre si fanno i tentativi di riportare la propria
barca in mare di essere improvvisamente circondati (i Vendi erano in
agguato fra gli alberi presenti già a qualche venti-trenta metri dal
bagnasciuga!), spogliati letteralmente di tutto, fatti prigionieri e
venduti schiavi nel sud! Dunque queste coste non saranno toccate e si
deve proseguire verso est. Se la banda ha una guida esperta, magari si
prende anche la strada in mezzo alle isole (oggi) estoni che chiudono
a nord l’enorme “lago di mare” che è il Golfo di Riga giungendo
facilmente alla foce della Dvinà (chiamata dai lettoni Daugava),
altrimenti si prosegue e si giunge alla foce della Narva (fiume non
lontano da Tallinn) che non è molto bene in vista, ma che porta verso
il grande lago Peipus (o, come lo chiamano i russi “dei Ciudi” o
“di Pskov”) e fino a Pskov. Neanche questa è una rotta molto
battuta… Dunque
si continua fino all’entrata del moderno Golfo di Finlandia. Qui
c’è la foce della Nevà! è
una foce larga e la corrente del
fiume non è molto forte poiché il dislivello fra il lago Nevo (oggi
Ladoga) e il Mar Baltico è di circa 5 m distribuito lungo una
settantina di km! Si naviga dunque agevolmente sebbene contro
corrente. Mantenendosi più o meno al centro il fiume è quasi diritto
e i pochi affluenti sono facilmente distinguibili dalla presenza di
canneti e si evitano facilmente. A vista dalla costa lacustre si
arriva ad una specie di penisola abbastanza elevata e finalmente ecco
la foce del Volhov. è
stato però un deserto finora! Non c’è un’anima viva… Solo dopo
questa penisola si sono scorti i fili di fumo che salgono dalle case
del villaggio su palafitte sulla riva destra del fiume (noi, con i
Variaghi, siamo arrivati lungo la riva sinistra). Non fidandosi di
approdare presso questi stranieri, i Variaghi avranno fatto sosta
sulla penisola dove infatti si trova Ladoga, una base logistica che è
ancor oggi abitata sulle rovine della vecchia stazione variaga. Ha
oggi una fortezza costruita in mattoni nel XVI secolo e porta il nome di
Ladoga la Vecchia (Stàraja Làdoga). Le tracce della
postazione sono più tarde di quelle del villaggio finnico che si
trova di fronte sull’altra riva e ciò ci conferma che i Finni erano
presenti lì molto prima dell’arrivo degli Svedesi. Anzi! Ci dice
che i due gruppi vivevano separatamente e probabilmente Ladoga era
abitata solo stagionalmente, visto che gli scandinavi non ci hanno
lasciato grandi tracce di intensa raccolta di generi alimentari né
indicazioni di conflittualità permanente. A
questo punto occorre decidere il da farsi perché il tempo stringe e,
se si deve proseguire per il sud, sarà meglio affrettarsi per
organizzarsi adeguatamente. Dobbiamo sempre tener presente che le
visite di queste bande, quando esse divennero più frequenti, al
principio avevano delle date precise da rispettare e quindi se si
partiva un certo giorno occorreva prevedere di tornare entro una
cert’altra data affinché non si fosse bloccati dal maltempo e
soprattutto dal ghiaccio. Possiamo pensare che più o meno il periodo
era come nel calendario posteriore dell’Hansa che regolava, ad
esempio, la chiusura dei traffici fra Novgorod e Lubecca a San Martino
(11 novembre) seguendo proprio quest’antica rotta variaga. Ora
Novgorod la Grande è già all’uscita del fiume Volhov dal lago
Ilmen’ (è l’emissario). Secondo
le Cronache Russe questi Variaghi apparvero nei dintorni dell’area
dove poi sorgerà Novgorod la Grande intorno agli inizi del IX secolo
d.C. e alle loro prime apparizioni s’imposero come predoni e
sfruttatori delle genti locali. Furono una prima volta cacciati, ma
ritornarono alla carica e stavolta addirittura col crisma di salvatori
della sorte degli Slavi (Slaveni) che li pregarono di tornare per
mettere ordine fra loro e le popolazioni locali di altra stirpe
(finnica e baltica). A capo di questi “salvatori” c’erano Rjurik
e i suoi fratelli Sineus e Truvor che si divisero il territorio del
nord con cura e attenzione. Infatti non erano i soli ad essere
presenti come armati e impositori di tributo lungo le coste. Secondo
lo storico del XIX secolo Belaev a Polotesk (oggi Polozk) c’era già
la banda di un certo variago Kvillan che poi passerà il potere ad un
altro variago a nome Ragnvald (in russo Rogvolod), mentre a Turov
c’era il variago Tur (ossia Thor) e, come ci dice la Vita di
santa Olga, a Pleskov (oggi Pskov) c’erano già Variaghi che
vivevano lì integrati ai locali per cui uno dei fratelli di Rjurik (Sineus),
non potendo entrare nella città, si era sistemato lì vicino, a
Izborsk. Ritorneremo su questi punti più in là per ribadire un certo
punto di vista, secondo me, importante per la storia russa delle
origini. Ora però andiamo dalla nostra banda che abbiamo accompagnato
fin qui. La
risalita del fiume si presenta abbastanza difficile perché la
corrente ha lacune rapide e l’ultima è proprio poco prima della
caduta nel lago Nevo (il nome Ladoga
deriva infatti proprio da questa situazione geografica espressa in
finno-carelico con le parole Alode
Jogi ossia Basso
Fiume). La barca variaga abbiamo detto che non serve più e
ce ne procuriamo una di quelle che usano qui senza chiglia. Poi con
l’aiuto dei cavallini aliamo la barca quando le rapide vanno
superate sui rulli lungo la riva oppure con lunghe pertiche la
spingiamo sull’acqua. Tutto questo si può fare accordandosi coi
Finni locali (che le Cronache Russe chiamano genericamente Ciudi) e non semplicemente assaltandoli! Ecco
che la filosofia della violenza dei Variaghi in quest’impresa deve
cambiare… C’era
ancora da fare una scelta. Per continuare verso sud occorreva aver
merce da scambiare e tutte le relazioni necessarie per poter
percorrere senza grandi intoppi l’itinerario fino al mercato che si
rivela subito abbastanza lungo. I Finni hanno informato che un posto
dove si può trovare roba è vicino al lago Ilmen perché è lì che
si formano i convogli e dunque occorre portarsi a quell’altezza. Il
luogo accennato diventerà più tardi Novgorod che in sé non esisteva
alle prime venute dei Variaghi perché è ricordata come città solo
nell’XI secolo. Lo spazio mercato poi come posto di scambio c’era già
ed è più o meno quello che oggi costituisce la cosiddetta Riva del
Mercato di Novgorod odierna. L’archeologia di questa città ce la
disegna come l’insieme di tre punti abitati vicini fra loro: Uno su
un’altura, un altro oltre un piccolo affluente del Volhov e un altro
sulla riva opposta del Volhov corrispondente alla Riva di Santa Sofia.
Quello sull’altura è sicuramente slavo, quello al di là del
piccolo affluente è finnico e infine il terzo che è il più tardo è
variago. Come
mai gli Slavi si trovano o si sono fermati a quest’altezza invece di
proseguire verso il lago Ladoga? Forse la ragione è quella
individuata dallo storico Solovjòv due secoli fa e cioè che gli
Slavi da contadini che erano non si spinsero oltre perché il clima
non permetteva loro le solite coltivazioni. A Novgorod si offrono due
possibilità ai Variaghi: darsi come scorta ad ingaggio stagionale per
i convogli che partono per il sud, oppure rifornirsi di merci e
dirigersi autonomamente sulla rotta commerciale. Per le merci ancora
una volta ciò significa o scambiare con quello che si ha oppure
depredare con la forza, se non si ha! La seconda soluzione potrebbe
essere applicata più facilmente visto che i Variaghi sanno fare la
guerra, ma è anche una soluzione senza sbocco perché poi bisognerà
trovare gli intermediari che gestiscono
i traffici e sottoporli alle azioni di forza e così via fino al
prossimo punto daziario dove bisognerà scontrarsi con gli armati
locali. Riuscita questa azione una volta, la prossima non sarà più
possibile perché l’ambiente si ritorcerà ostilmente verso di loro
e addirittura sarà preclusa pure la via del ritorno! Dunque ancora
una volta rinunciare all’atteggiamento “vichingo”… Che
fare? Adeguarsi all’ambiente e presentarsi come
vere e proprie “forze dell’ordine” a servizio dei capi
locali! E chi sono i capi locali? Dalle notizie che abbiamo, l’élite
sono gli Slavi qui sebbene siano gli ultimi arrivati dal Centro
Europa. Vi si sono istallati stabilmente soltanto nel X secolo mentre
hanno cominciato da subito a tessere delle relazioni coi popoli già
presenti prima di loro. Da contadini possono offrire ai Finnici
derrate alimentari in continuità in cambio dei prodotti della foresta
e della tundra nordica. Non ci fermeremo qui sul tipo di prodotti che
i Finni procuravano e che erano apprezzatissimi nei mercati del sud ed
ammetteremo soltanto che ci si accorse subito del valore delle merci
offerte e della possibilità che si offriva agli Slavi che avevano i
loro agganci nel sud di organizzare dei traffici commerciali molto
convenienti! Certamente non era una cosa nuova giacché già dai tempi
di Tacito sappiamo che questi traffici si erano consolidati
commerciando ambra e avorio (sia fossile dei mammut sotto il ghiaccio
sia dai denti di tricheco)… Vediamo
allora gli itinerari e la logicità della loro esistenza. Il
primo itinerario che sarà in funzione per moltissimo tempo è quello
lungo la Dvinà di Polozk. Gli Slavi di Polozk sono attestati molto
all’interno rispetto alla foce del fiume che sbocca dove oggi si
trova Riga e ciò si spiega con motivi sia ecologici che di spazi
disponibili. Infatti i Polociani ossia la lega di tribù slave che
occupava la regione era arrivata in loco ed aveva dovuto fermarsi
perché la zona era occupata da popoli a loro affini: i Baltoslavi da
cui scaturiranno le nazioni Lituania e Lettonia. Non ci sono tracce di
conflittualità nell’archeologia locale e quindi possiamo pensare
che queste genti riuscivano a convivere senza litigare.
L’occupazione di Polozk da parte di bande variaghe è più antica di
Novgorod, ma non sembra imposta con la forza benché la città poi dai
reperti archeologici si trovi spostata nel X secolo rispetto ad un
centro anteriore andato a fuoco. Da Polozk dunque si risale il fiume
Dvinà fino all’altezza del lago di Lepel’. Di qui dopo aver
percorso un breve volok
(spartiacque dove appunto le imbarcazioni venivano tirate a secco e
trascinate da una corrente all’altra sui rulli, come abbiamo detto
prima). Si entra a Borisov (dove c’era la famosa pietra morenica (valun)
che indicava la strada giusta, e si è già sulla Berezinà che è un
affluente del Dnepr e dunque non molto lontani da Kiev. L’altro
itinerario lungo la Narva (o Néreva) segue il breve tratto di questo
emissario del lago Peipus fino alle acque del lago. Attraverso il
primo bacino, entra nel secondo bacino più piccolo inframmezzato da
isole e prosegue per il terzo bacino che si chiama più propriamente
lago di Pskov. Di qui si entra sul fiume Grande (Velikaja)
e lo si risale fino a giungere ad un volok
che lo separa dalla Dvinà per poi proseguire come detto sopra. Da
Novgorod invece si attraversava il lago Ilmen’ dirigendosi verso
sudovest e si entrava in uno degli immissari, la Lovat’che si
risaliva fino a Holm. Qui c’è il volok che separa questa
stazione da Toropez sulla Dvinà e si segue fino a Vitebsk e di lì
sul volok si passa ad Orscia e si è già sul Dnepr. Questa
rotta è quella che le Cronache Russe intendono quando parlano della
Via dai Variaghi ai Greci. Gli
itinerari descritti appena sopra furono in auge finché Costantinopoli
costituì il maggior mercato compratore delle merci del nord, ma poi
decaddero prima con la conquista da parte dei Crociati nel 1204 e poi
con le conquiste dei Tatari (Mongoli). L’altra
rotta per il sud (detta “dei Figli di Sem” perché diretta verso
l’Impero Cazaro ebraico) era da Novgorod verso il Volga che si
prendeva sempre percorrendo il Lovat’ e deviando prima di Vitebsk
lungo la Kasplija che portava a Smolensk per poi risalire il Dnepr che
qui è ancora un fiume giovane vicinissimo alle sorgenti e giungere a
Dorogobuzh dove si passa il volok con l’Ugra che è già un
affluente dell’Oka che corre verso il Volga chilometri più avanti. Tutta
questa rete (e abbiamo tralasciato gli altri possibili itinerari
percorsi in casi di guerre locali o di altre ragioni) deve essere
tenuta sempre libera da impedimenti ed è proprio questo il motivo per
cui Oleg scendendo verso Kiev fonda alcune postazioni variaghe lungo i
fiumi. Questo ci dà motivo per pensare che ci sono alcuni nodi “di
servizio” lungo gli itinerari dove i convogli si fermano per
riposare, per mangiare, per riparare o per agganciarsi ad altri gruppi
prima di proseguire. Questi nodi devono essere difesi. Da chi e contro
chi? Dai Variaghi e contro i Variaghi… Le
bande però non sono venute qui per servire e guadagnare qualche si può,
ma per fare grandi imprese in cui si fanno grandi ricchezze si ritorna
in patria in trionfo: Questi sono gli ideali per i quali i Variaghi si
mettono in moto e rischiano la vita. A questo punto però i loro
interessi si scontrano con quelli degli Slavi, ultimi arrivati qui nel
nord, almeno dal lato del lago Ladoga. A quel che appare dai dati
archeologici gli Slavi scambiano derrate alimentari “conservabili”
e che danno buonissime rese alla cottura contro merci di valore che
però non usano direttamente, ma rivendono ad altri nel sud. Il ruolo
dei Variaghi in questo caso è un innesto pericoloso, se non si
tengono sotto stretto controllo. D’altra parte gli Slavi non sono
genti d’arme altrettanto bravi quanto i Variaghi e dunque occorre
trovare un modus vivendi con loro. Dalle Cronache sappiamo
infatti che i Variaghi in un primo tempo avevano imposto (naturalmente
con la forza) un tributo alle genti slave e finniche del Volhov e che
questo regime era diventato talmente esoso (certamente con la crescita
della domanda nel sud) che tutti si erano ribellati e avevano
ricacciato i Variaghi nel loro Baltico! Secondo la nostra
interpretazione, quanto avvenuto in quest’area non era però
avvenuto a Polozk, ad esempio, dove non abbiamo notizie simili. Anzi!
Il regime armato variago locale risulta stabilizzato fino ai tempi di
san Vladimiro e cioè fino al tardo X secolo. A noi sembra quasi che ci
fossero in quei tempi degli accordi fra le bande che partivano (non
molte come possiamo immaginare) dalla Svezia (magari dalla base di
Gotland dove poi si affermerà la città di Visby) sulle zone da
“battere”, e che talvolta si causavano rivalità o eccessi che
disturbavano il traffico commerciale. Per questa ragione di certo
c’era un accordo con l’élite slava locale (principalmente poiché
sia i Baltoslavi che i Finnici erano ancora disorganizzati per questo
verso)… Nella
zona di Ladoga poi gli Slavi, probabilmente dominanti insieme ai
capetti finnici, si accorgono che senza una forza armata per bene non
si riesce a governare i vitali traffici per la vita dell’élite e si
decide di andare a Gotland (probabilmente) per negoziare un qualche
accordo con una banda più forte delle altre che venga nella zona di
Ladoga e prenda le redini
del comando come “terzo membro” (e dunque “ricacciabile” se
non funziona) di tutta la situazione. La Banda di Rjurik si presenta
dunque non come sfruttatore della situazione, ma come difensore dagli
attacchi esterni della altre bande variaghe che vagano nel Baltico!
Questa è la legittimazione del ruolo e della presenza di Rjurik e dei
suoi due fratelli insieme ad una ben nutrita banda di armati. Per
questo motivo il regime che si imporrà e si estenderà con Oleg fino a Kiev e con Svjatoslav fino al
Delta del Danubio e fino al Mar d’Azov, scompigliando il monopolio
dei corsi d’acqua del Volga e del Don (sul Danubio, la sosta sarà
breve) e ponendo tutto in un grande tessuto politico che va dal Mar
Bianco fino al Mar Nero e che non può essere tenuto insieme se non
con la minaccia delle armi! Se
il biologo Jared Diamond chiama questo sistema di dominio cleptocrazia, noi in Europa la conosciamo oggi sotto un altro
nome, e cioè mafia.
Nel nostro caso dato che le vie d’acqua sono quelle che devono
rimanere sotto controllo costante sia per gli interventi militari che
per la raccolta dei beni sottratti senza ricompensa al surplus di
produzione imposto ai villaggi slavi, finnico e baltoslavi, il sistema
variago di potere lo si può ben chiamare Mafia
dell’Acqua! Sarà
dunque questa Mafia dell’Acqua che disseminerà le rive dei
fiumi russi di forti blindati per conservare le merci raccolte e
soprattutto per tenere in ostaggio i figli dei capi che hanno rapporti
permanenti con i Variaghi (nel nord è chiamato infatti Detinez
ossia, secondo la nostra interpretazione, Deposito
dei Bambini)! Ogni città che sorgerà successivamente sarà
sempre dominata da questo forte blindato che poi si allargherà e si
abbellirà e si trasformerà nei vari Cremlini. Come
mai i Variaghi come identità svedese poi scompaiono? E come mai
nascono sotto il nome di Rus’? Secondo noi (e qui siamo disposti
solo a dare una nostra risposta alla prima domanda) le bande hanno una
cultura “nazional-svedese” bassissima, sono costituite da soli
ragazzi scapoli e sono parzialmente dei disperati reietti della loro
società d’origine che cercano quindi di diventar qualcuno. Accolti
in un consesso di gente che invece ha una senso della propria identità
molto forte, assimilati attraverso matrimoni in famiglie nuove non
svedesi o comunque miste, non avendo altro da offrire culturalmente
che la loro abilità a predare… non
possono che slavizzarsi! E che nome darsi poi nella nuova
identità di élite al potere? Uno nuovo, Rus’,
che magari li identifica meglio di altri, forse trovato lì per lì,
forse derivato dai Cazari o altro, non possiamo dirlo con certezza! NOTA
FINALE La nostra discussione è basata su varie ricerche di vari autori che non abbiamo nominato nel testo perché altrimenti sarebbe stato un campo di battaglia di note e noticine, rimandi e inserzioni, che avrebbero distratto il lettore dal fil rouge da noi seguito. Nelle bibliografia seguente perciò chi volesse approfondire troverà i lavori che abbiamo consultato dove ci sono le analisi filologiche, storiche e archeologiche che ci hanno aiutato più di altri.
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©2007 Aldo C. Marturano