Alessandro
Cannavò |
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I
cammini del Medioevo
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«Sono un aiuto all’identità
nazionale», afferma Prodi. L’Italia dei
Comuni punta sulla Francigena e la Carolingia
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Sarà il successo inarrestabile del Camino di
Santiago che nel 2004, anno santo composteliano,
ha visto 180 mila europei a piedi per i sentieri di Spagna; ma anche la sua passione
per le due ruote che lo porta a scoprire nelle domeniche emiliane l’Italia dei percorsi secondari.
«Se andassi al governo, mi piacerebbe ripristinare
le strade dei viandanti e dei pellegrini», rivela Romano Prodi a Bruno Vespa nella
lunga conversazione per Vincitori e vinti. Le
stagioni dell’odio dalle leggi razziali a Prodi e
Berlusconi, in libreria dall’8 novembre. «Vorrei
ripristinare la via Francigena che dalla val di Susa scende alla pianura padana, scavalca
l’Appennino alla Cisa e arriva a Roma - dice il
Professore al giornalista -. Poi la via Romea.
E ancora la strada fra Roma e Brindisi, dove i pellegrini s’imbarcavano per Gerusalemme».
E a Vespa che gli chiede che cosa intende per
«ripristinare», Prodi spiega: «Vuol dire costruire
sui vecchi itinerari cammini in cui si possa andare a piedi, in bicicletta, a cavallo. Aprire
piccoli alberghi e agriturismo, guidare i turisti
verso meravigliosi monumenti nascosti. Incomincerei
dalla parte più vicina a Roma, da Siena verso il Viterbese, attraverso la val d’Orcia». Prodi non ha dubbi: «La nostra identità
nazionale la si costruisce guardando non solo al futuro ma anche al passato. E tutto questo
costerebbe una somma davvero modesta: accanto alle autostrade e alle ferrovie, bisogna
far rivivere anche gli antichi cammini».
Il sogno da premier di
Prodi troverebbe una realtà già avviata. Da alcuni anni
molte amministrazioni locali hanno capito l’importanza
dei cammini storici per cogliere un nuovo tipo di turismo. A cominciare
dalla via Francigena, la strada segnata nel 990 da
Sigerico, arcivescovo di Canterbury, che ha diverse
ramificazioni e che nella sua parte più occidentale
si collega alla rete viaria diretta a Santiago. L’associazione della via Francigena,
che ha sede a Fidenza (storicamente un punto di incontro delle strade dei pellegrini che
andavano alla tomba di Pietro) raggruppa 48 città, tra cui Aosta, Vercelli, Pavia, Siena, Viterbo
e Roma, 7 province, la regione Lombardia. «Un impegno che non ha colore politico,
un’intesa trasversale», dice l’onorevole Massimo
Tedeschi di Ds, promotore di un progetto di legge («lo depositerò entro il 2005») nel quale
confluiranno anche la via Carolingia (o Romea) e la Roma-Brindisi (Francigena del
Sud) citate da Prodi, e la Rotta dei Fenici, unico
itinerario marino promosso dal Consiglio Europeo.
«Per la Francigena, il primo risultato
di questo sforzo comune sarà la completa mappatura del percorso che presenteremo alla
Bit nel prossimo febbraio. La legge, oltre a finanziare i progetti di recupero delle strutture
di accoglienza e di riqualificazione del paesaggio,
servirà a regolare i diritti di proprietà per garantire il passaggio dei viandanti».
Se la Roma-Brindisi si snoda lungo l’Appia
antica modificata nel I secolo da Traiano, l’ultima
scoperta è la via Carolingia sulle tracce del viaggio di Carlo Magno (durato 4 anni) da
Aquisgrana verso Roma per l’incoronazione a imperatore avvenuta la notte di Natale dell’
800. Il percorso scende lungo l’Adriatico prima
di puntare verso la capitale, mentre la Francigena dopo gli Appennini è un strada
che corre accanto al Tirreno. La via del potere e quella dello spirito: due mondi paralleli, non
solo geograficamente.
Alessandro
Cannavò
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