FRANCO
CARDINI |
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Monaci
in armi. Con la croce e con
la spada
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Gli ordini cavallereschi. Una grande mostra a Roma
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Roma cristiana, fra VI e VII secolo, doveva essere ossessionata dall'immensa
Mole Adriana, il mausoleo cilindrico immenso eretto quale trionfale sepolcro
del pagano imperatore Adriano, colui che nel 135 d. C. aveva distrutto
Gerusalemme. Fu probabilmente per questo che, ai tempi di san Gregorio
Magno, l'enorme monumento venne «battezzato»: sulla cima di esso comparve
l'arcangelo Michele in atto di rinfoderare la spada, in segno di pace.
Quel gesto pose fine a una terribile pestilenza: da allora, la Mole Adriana
sarebbe divenuta Castel Sant'Angelo, splendida e terribile fortezza dei
papi.
Un luogo ideale, la fortezza dell'arcangelo protettore dei guerrieri
cristiani, per ospitare la mostra aperta il 15 dicembre scorso e che
resterà in quella sede fino all'aprile prossimo: sul tema «Monaci in armi».
Un titolo che sembra un ossimoro. Che cosa potrebbe mai esserci di più lontano
dall'immagine del monaco, il mite votato alla preghiera e alla penitenza,
del guerriero? Ma la storia è una riserva inesauribile di paradossi e di
contraddizioni.
In molte religioni, dall'Islam al Buddhismo, esistono
confraternite mistiche le quali affiancano la loro esperienza spirituale
all'esercizio guerriero. Non è in fondo poi così strano che nelle società
tradizionali, che usano sacralizzare ogni atto e ogni momento della vita, si
accordi uno spazio sacro a una dimensione umanamente così intensa dell'agire
come la guerra. Ma com'è stato possibile che ciò sia accaduto anche nel
Cristianesimo, per definizione «religione di pace»? Quanto meno nella
Cristianità latina, là dove la Chiesa aveva dovuto assumersi anche ruolo e
responsabilità di tipo civile, ciò accadde fra XII e XVIII secolo: ed ha
lasciato tracce profonde.
Le esigenze connesse a una Cristianità in
espansione "dalla Spagna alla Siria al mondo baltico", il bisogno di
regolare attraverso un impegno religioso gli ancora barbari costumi delle
aristocrazie cavalleresche, la necessità di creare istituzioni stabili per
la difesa dei poveri e dei pellegrini e per la tutela delle terre che i
cristiani avevano conquistato o riconquistato con la forza, avevano già dato
luogo al crearsi spontaneo di confraternite di guerrieri che, a titolo
penitenziale, si votavano al servizio del prossimo. La Chiesa esitava
nell'accogliere formalmente gli armati all'interno delle istituzioni
regolari del clero: fu necessario l'impegno del più grande mistico della
Cristianità, Bernardo abate di Clairvaux, che nel primo terzo del XII secolo
perorò la causa di un gruppo di «poveri cavalieri» uniti in un sodalizio di
vita comune all'ombra della moschea di Omar, che nella Gerusalemme crociata
era diventata chiesa e ch'era nota come il Tempio del Signore.
Nascevano
così i Templari, il mito dei quali, attraverso leggende ed equivoci
alimentati da libri e da film di successo, è vivissimo nei nostri giorni.
Insieme ad essi, e sul loro modello, altri ordini religioso-militari
nascevano: in essi, accanto ai sacerdoti che naturalmente non
portavano armi, erano inquadrati laici che accanto alle funzioni del lavoro fisico
espletavano anche quelle del combattimento. Nacquero così i Cavalieri di San
Giovanni di Gerusalemme, detti più tardi «di Rodi» e quindi «di Malta», i
numerosi ordini della penisola iberica, quello detto «Teutonico» e quello
detto «dei Portaspada» nel Nordest europeo. I Templari vennero sciolti con
un provvedimento di autorità pontificia all'inizio del XIV secolo, in
seguito a un pretestuoso processo montato contro di loro dalla monarchia di
Francia.
Altri ordini subirono varie vicende, e alcuni di essi conobbero
differenti forme di «processi di laicizzazione». L'Ordine di Malta, divenuto
marinaro, fu insieme con quello toscano di Santo Stefano saldo presidio
della Cristianità nel Mediterraneo fino al Settecento contro la potenza
turca e il pericolo corsaro barbaresco. L'Ordine di Malta, al quale sono
internazionalmente riconosciute le prerogative di Stato sovrano, sopravvive
splendidamente ancor oggi ed ha mantenute, aggiornandole, tutte le
caratteristiche della sua vocazione ospitaliera. È ad esso e alle sue
inesauribili collezioni di armi e di oggetti artistici che gli organizzatori
della Mostra, tenacemente voluta e sostenuta dalla Regione Lazio,
hanno potuto attingere per mettere insieme una straordinaria raccolta di pezzi e
di documenti.
La Mostra di Castel Sant'Angelo è un fatto unico, per qualità
e per significato, nel panorama degli eventi espositivi italiani. Qualcosa
di assolutamente degno del Gran Palais di Parigi e del Metropolitan Museum
di New York. È la dimostrazione che la serietà dell'impegno e della
competenza consentono di far alta cultura e d'imporla anche a livello
massmediale.
Franco
Cardini
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