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«Il casato degli Hohenstaufen (detto anche «casato di Svevia») prende il proprio nome dal castello che il capostipite Federico di Büren fece costruire nel Württemberg intorno al 1070. La Svevia, regione della Germania sudoccidentale diventata ducato nel X secolo, era passata sotto la signoria degli Hohenstaufen (duchi di Svevia) nel 1079. Gli Hohenstaufen detennero il trono imperiale dal 1138 al 1254 (con Corrado III, Federico I, Enrico VI, Federico II, Corrado IV) e la corona di Sicilia dal 1195 al 1266 (con Enrico VI, Federico II, Corrado IV e Manfredi). La famiglia si estinse nel 1268 con la decapitazione, a Napoli, di Corradino».

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RANIERI POLESE

  

Il codice di Innsbruck

  

Le lettere scoperte nella biblioteca di Innsbruck gettano nuova luce sul sovrano di Svevia.
Federico II il tollerante, ma solo in apparenza 
E il figlio Corrado diventa un esperto di relazioni internazionali

  

Josef Riedmann; sullo sfondo Max Siller

  

Erano conservati nella Biblioteca dell'Università di Innsbruck i circa 200 documenti che riguardano gli ultimi anni dell'imperatore Federico II (1194-1250) e i quattro anni di regno del figlio Corrado IV (1228-1254). Scoperte dall'ex bibliotecario Walter Neuhauser e da Josef Riedmann, titolare della cattedra di Storia medievale, le carte provengono dal convento benedettino di Allerengelberg, che le custodì fino a due secoli fa. Non sono originali, ma copie eseguite agli inizi del 1300 e raccolte sotto un titolo (Notulae Rhetoricales Diversae) che forse lascia intendere che servirono come modelli stilistici, ma che certo non faceva capire la natura del contenuto. Fra questi documenti, trenta sono lettere di Federico II, cento del figlio Corrado IV, le altre provengono da vari papi, da Giovanni re di Gerusalemme, dal Sultano d'Egitto e da altri potenti della metà del secolo XIII. Dell'edizione critica dei testi, tutti inediti, si occuperà l'istituto di Monaco che cura la pubblicazione dei Monumenta Germaniae Historica (MGH).

Trattandosi di un personaggio (Federico II, nipote di Federico Barbarossa, imperatore del sacro Romano Impero, Re di Sicilia e Re di Germania) che da sempre ha affascinato gli storici, e di un periodo (le guerre contro i Comuni guelfi e il tramonto del partito ghibellino), l'interesse per questi documenti è comprensibilmente molto forte. Ma che cosa contengono di nuovo queste lettere? Ci sono, cioè, elementi in grado di riscrivere la storia dei due imperatori?

«Per quanto riguarda Federico II — risponde il professor Riedmann — i documenti non modificano la sua immagine. Possono al massimo aggiungere qualche nota di colore. Diverso invece è il discorso per suo figlio, Corrado IV. Infatti le carte ritrovate moltiplicano le informazioni sul suo breve regno in modo tale da ridisegnare la sua figura. In generale, dalle sue lettere si ricava l'impressione che Corrado abbia seguito in politica le orme del padre molto più di quanto si pensasse finora. Oggi, così, ci appare molto ben inserito nel contesto internazionale, e collegato a una rete di relazioni diplomatiche che si estendeva dall'Inghilterra a tutta l'Europa continentale fino al Medio Oriente. Emerge pure la volontà di Corrado IV di regolare, in ogni ambito, la vita quotidiana degli abitanti del suo regno di Sicilia: si preoccupa dell'allargamento di alcuni porti come Barletta e Salerno, della manutenzione dei ponti, perfino della costruzione di un mulino».

Resta comunque aperta la «questione Federico II», la cui figura e la cui opera hanno sempre appassionato gli storici, soprattutto quelli di area tedesca. «Per la letteratura tedesca su Federico II — spiega sempre Riedmann — occorre fare una distinzione: da una parte ci sono i "ritratti popolari", romanzati, che escono a cadenza regolare, uno quasi ogni cinque anni, dall'altra le opere strettamente scientifiche. In entrambi i generi, comunque, continua ad avere una fondamentale importanza l'opera di Ernst Kantorowicz, pubblicata nel 1927 (Federico II imperatore, in Italia è tradotto da Garzanti, ndr), che traccia un'immagine molto apologetica del sovrano. In ambito scientifico, nel frattempo, il giudizio è divenuto molto più sobrio, per esempio nella biografia in due volumi di Wolfgang Stuerner (il primo volume, Federico II. Il potere regio in Sicilia e Germania. 1124-1220, è stato tradotto dall'editore De Luca, ndr), anche se le riserve e gli appunti di David Abulafia (Federico II. Un imperatore medievale, Einaudi, ndr) non sono stati completamente recepiti».

Federico II, in Italia ma non solo, è stato considerato tradizionalmente un campione della tolleranza religiosa. E a questo proposito il professor Riedmann tiene a precisare: «Quello della tolleranza religiosa è un dato senz'altro da relativizzare. È vero che tollerava, anzi sosteneva sudditi musulmani a Lucera: questo suo atteggiamento, però, era dettato in primo luogo dalla contrapposizione al Papato. Ma nei confronti degli eretici, sia da un punto di vista religioso che politico, Federico II non conosceva tolleranza alcuna».

Per alcuni studiosi italiani, il rapido declino della casa di Hohenstaufen viene visto come effetto di una politica sbagliata di Federico II (per troppo amore della Sicilia perse l'impero), mentre i suoi successori vengono considerati figure di nessuna rilevanza politica. Diversa è però l'opinione di Riedmann: «Ritengo invece che Federico II fu un sovrano molto importante, che lasciò un'eredità molto significativa. Se concentrò i suoi interessi nel Regno di Sicilia, fu perché là aveva possibilità di azione molto più ampie che non nell'Impero vero e proprio. Che i suoi eredi non abbiano potuto proseguire la sua opera dipende, non certo in ultima misura, da fattori biologici». In che senso? «Nel senso che il figlio Corrado IV muore a soli 26 anni, lasciando un figlio, Corradino, di due anni (che per giunta era in Germania con la madre)». E Corradino, a soli 16 anni, catturato dagli Angioini, viene fatto decapitare a Napoli. E con lui si estingue la discendenza.

Proprio qui sta dunque, secondo lo storico tedesco, uno dei motivi principali della fine degli Hohenstaufen. Anche se poi lo stesso Riedmann aggiungere che comunque quegli eredi di Federico II «non seppero tenere nella giusta considerazione le nuove forze sociali ed economiche che si manifestavano nei Comuni. Inoltre (e questo riguarda soprattutto la Germania) l'Imperatore non trovò nessuno in grado di contrastare i monaci predicatori che svolgevano un'intensa opera di propaganda voluta dal Papa».

 

 

Ranieri Polese

 
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