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FRANCO CARDINI

 

Anima e corpo tra Le Goff e Galimberti

 

    

    

Chi ha "inventato" l'anima? E quando? E a che cos'è servita questa invenzione? E possiamo farne ormai a meno? La cultura moderna e il "processo di laicizzazione" sembrano averci alfine liberati da una lunga schiavitù che - volenti o nolenti - ci obbligava a sottovalutare e addirittura a disprezzare il corpo: è comunque molto diffuso il pregiudizio secondo il quale il cristianesimo si reggerebbe su una visione dualistica del rapporto fra anima e corpo e su una sorta di disprezzo per quest'ultimo.

Si tratta di una visione caricaturale della religione cristiana, che sembra nata perfino al di là dell'osservazione dei caratteri ascetici propri a un aspetto dell'esperienza cristiana. Eppure dovrebb'essere storicamente parlando chiaro che certe filosofie di comportamento si sono affermate semmai a contatto con l'etica protestante di certi ambienti borghesi, specie di quelli dell'Inghilterra dell'Ottocento, e non sono mai state caratteristiche del mondo cattolico. Non a caso, in effetti, la Riforma protestante nacque proprio in reazione, fra l'altro, alla riscoperta estetica della nudità e dell'eros nell'umanesimo e ai costumi del clero cattolico, giudicati lascivi.

è abbastanza buffo da parte di certi settori del laicismo contemporaneo far l'apologia della Riforma protestante e al tempo stesso della "liberazione del corpo", che il protestantesimo ritardò di parecchi secoli. Echi di questi equivoci e di questi pregiudizi si colgono sovente, anche in scritti di studiosi avveduti. Non ne è del tutto estraneo, almeno concettualmente, il bel saggio che Jacques Le Goff dedica a Il corpo nel medioevo (Laterza 2005) e dove si svolge la tesi che, da san Paolo a sant'Agostino, sia maturato nel cristianesimo un "edificio dottrinale antisessuale"; per quanto sia ben chiaro al grande medievista francese che la Chiesa intendeva "controllare" il corpo, non certo negarlo e avvilirlo tout court: e che suo fine ultimo era semmai la codificazione e la regolamentazione delle attività fisiche. Da ciò nasceranno l'etica sessuale non meno che quella cavalleresca o addirittura la gastronomia: etiche e tecniche di controllo e di padroneggiamento, non dogmi negativistici. E Le Goff, che il medioevo lo conosce da quel maestro ch'egli in effetti è, dimostra bene nel suo libro quanto poco "repressivo" sia stato tale lungo periodo della storia europea occidentale.

Eppure, il pregiudizio è duro a venir battuto. Lo dimostra anche l'articolo «L'invenzione dell'anima» di Umberto Galimberti ("La Repubblica" di ieri), dove si auspica la definitiva liberazione di «quella mentalità dualistica che, accanto al corpo, colloca l'anima che Platone ha inaugurato per garantire l'oggettività del sapere, il cristianesimo ha ribadito per dare un
supporto alla fede nell'immortalità, favorendo in questo modo la riduzione scientifica del corpo a materia organica». Per la verità, come Galimberti stesso ricorda, la fede nell'immortalità non è affatto collegata con l'anima (che difatti non è menzionata nel "simbolo niceno", nel Credo), bensì con la resurrezione dei corpi: il che, per quanto sia senza dubbio vero che il cristianesimo, quanto meno tra V e XII secolo, si è profondamente platonizzato, rimanda essenzialmente proprio a una sacralità del corpo inteso come "tempio vivente di Dio" che ha infuso nella materia di cui esso è stato costituito il "nephesh", la forza vitale, ma appunto alitandovi la sua Ruah, il suo spirito divino.

L'ascetismo ha senza dubbio svalutato il corpo: ma, non a a caso, proprio dalle istanze ascetiche sono spesso nate le eresie più pericolose. In punto di morte Francesco d'Assisi, che pur era stato molto rigoroso ed esigenze con "frate Asino", il suo corpo, chiese di poter mangiare un po' di dolce al miele. Non conosco modo più cristiano di morire. Altro che riduzione del corpo a materia organica, roba da fisiologia seicentesca.

 

Franco Cardini

 

 

da "Avvenire" del 6/3/2005

 

  

 

 

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