MARCO
BRANDO |
|
La
Padania si è inventata i
Celti? Il Mezzogiorno
recupera i Normanni
|
|
Il
popolo venuto dal Nord ci ha
lasciato un'eredità di
lunga durata |
|
La
XVI edizione delle «Giornate
normanno-sveve» dedicata ai
caratteri originari della
conquista nell'XI secolo
|
|
|
E se qualcuno
sostenesse che i Celti, per quel che riguarda il
contributo
dato alle fondamenta della cosiddetta Padania,
perderebbero la partita per ko tecnico nel
confronto con i Normanni e il loro ruolo nella
costruzione delle fondamenta del Mezzogiorno?
Perché a quanto pare, pur nelle diversità
delle epoche storiche, proprio non è possibile
reggere il predetto confronto, visto l’apporto
fornito dai Normanni all’identità e diversità
del Meridione; con conseguenze che gli storici
oggi chiamano di
«lunga durata», quelle cioè che lasciano
segni ed eredità in una storia che giunge sino
ai nostri giorni. Insomma: Normanni - Celti, 10
a 0.
Infatti -
malgrado le tesi della «storiografia »
leghista, che propone una forte matrice celtica
padana - dopo l’anno Mille i guerrieri
normanni nel nostro Meridione si dimostrarono
davvero tanto abili nell’arte della guerra (da
mettere in scacco longobardi, bizantini,
musulmani e pure il Papa), quanto capaci aperti,
sul fronte culturale e sociale, nel riuscire a
conciliare quelle culture e organizzazioni
sociali. Un atteggiamento che ha posto solide e
durevoli radici. «E proprio questa
caratteristica propone di giungere ad
un’analisi diversa ed originale sul ruolo dei
Normanni nel Sud», sostiene il professor
Raffaele Licinio, ordinario di Storia medievale
nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo
barese e direttore del «Centro studi
normanno-svevi».
Il professor
Licinio ieri ha presentato all’Università di
Bari il convegno che, da oggi all’8 ottobre,
porterà sedici tra i più noti storici del
Medioevo, docenti in Italia e all’estero, a discutere
dei «Caratteri originari della conquista normanna. Diversità e identità nel Mezzogiorno -
1030-1130». Il convegno si svolgerà, per iniziativa del Centro studi
normanno-svevi e con il sostegno dell’assessorato comunale alle
Culture, nel Salone degli affreschi dell’Ateneo, in occasione delle
«XVI giornate normanno-sveve». Con Licinio hanno presentato l’iniziativa
l’assessore alle Culture Nicola Laforgia e il professor Cosimo
Damiano Fonseca, Accademico dei Lincei e ordinario di Storia
medievale all’università di Bari, vicepresidente
del Centro studi barese nonché Direttore dell'Istituto
Internazionale di Studi Federiciani del Cnr. E, a scanso di equivoci,
il professor Fonseca ha sostenuto che - dovendo scegliere tra il suo
prediletto Federico II di Svevia e i Normanni, per quel che riguarda
l’impronta più forte lasciata nel nostro Sud - non potrebbe che propendere
a favore di questi ultimi. Malgrado che in Puglia ci siano
battaglioni di inguaribili fan di Federico II.
Insomma, la cronaca recente
s’intreccia, com’è inevitabile, con il remoto passato. Anche mille anni
dopo che Rainulfo Drengot, Guglielmo Bracciodiferro, Roberto
il Guiscardo e gli Altavilla, piccoli gruppi famigliari di guerrieri
provenienti dall'attuale Normandia, iniziarono il processo di conquista
del Mezzogiorno. Processo che, un secolo più tardi, nel 1130,
sarebbe sfociato nella creazione del regno di Sicilia, uno Stato destinato
a durare, tra alti e bassi, circa sette secoli. Cosicché il convegno si
propone di rispondere a molti interrogativi. Quali furono, ad esempio, le
cause che favorirono la conquista? E con quali strumenti, tattiche
militari e strategie politiche un pugno di «Franci» (come li definiscono
alcune fonti di quel periodo) riuscì a prevalere sul più potente
esercito, dell'epoca, quello dell'impero
bizantino che possedeva gran parte della Basilicata,
della Puglia e della Calabria?
Non solo: ci si chiederà anche in quale
modo i Normanni riuscirono a sottrarre anche ai Longobardi città e
territori - in Campania e in parte della Basilicata e della Puglia - tra
i più floridi del tempo. E come furono in grado di conquistare la Sicilia,
sottraendola ad una dominazione musulmana che durava tra
più di tre secoli. Furono favoriti? Furono contrastati? Di certo intellettuali
e cronisti dell’epoca, sia laici che ecclesiastici, non furono
teneri con loro. Eppure la loro conquista determinò risultati politici,
sociali, economici che lasciarono a lungo il segno, compresi fenomeni
storici vistosi e decisivi, dalla creazione della
rete di castelli alla feudalizzazione del Mezzogiorno.
Le XVI «Giornate normanno-sveve» dunque accenderanno
un potente riflettore su alcuni dei temi suggeriti da questa impostazione,
anche con nuove chiavi di lettura: i Normanni prima della
conquista; popoli, etnie e territorio alla vigilia della conquista; gli
strumenti e la tattica della conquista; le resistenze e le opposizioni; i
regimi signorili e la conduzione delle terre; i segni sul territorio,
dall'incastellamento all'architettura sacra; le istituzioni politico-amministrative,
comitati, ducati, città, e le istituzioni ecclesiastiche,
episcopati e monasteri; la sacralizzazione della conquista.
C’è grande attesa per il discorso
d’apertura, che sarà tenuto dal professor Pierre Toubert (Università
di Parigi). Lo storico s’impose nel 1973 all’attenzione della
storiografia internazionale con due volumi su Les structures du
Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du XI à la
fin du XII siécle (poi proposti anche in
traduzione italiana), attraverso i quali
dava una nuova interpretazione sui castelli altomedievali, visti come
un elemento fondamentale nello sviluppo dei poteri
signorili; e con i quali mostrò la straordinaria ricchezza
di risultati concretamente accessibili mediante un approccio «globale» alla storia
dei secoli indicati, secondo principi metodologici che
avrebbe più tardi teorizzato in un noto scritto insieme a Jacques Le
Goff. Seguirà l’intervento di un altro storico francese, Mathieu Arnoux
(Université Paris – 7 / Ecole des Hautes Etudes
en Sciences Sociales) su «I Normanni prima della
conquista». Seguiranno i professor Giovanni Cherubini (Firenze)
e Salvatore Tramontana (Messina) su «Popoli, etnie e territorio alla
vigilia della conquista»: l’uno si dedicherà al Mezzogiorno continentale,
l’altro alla Sicilia.
E, a proposito di radici ed etnie,
proprio ieri il professor Fonseca ha svelato (lo si fa notare non per
infierire sulle tesi storiche leghiste ma per dovere di cronaca, ndr) di
aver avuto già nel 1977 la cittadinanza onoraria di Pontida.
è
il paesone lombardo in cui nel 1167 i Comuni padani giurarono l’alleanza
nella Lega Lombarda contro Federico Barbarossa; e dove qualche
secolo più tardi, nel 1990, ottomila leghisti giurarono contro
«Roma Ladrona». Insomma, Fonseca è arrivato ben
ventisette anni prima di Umberto Bossi, dato che
il leader della Lega Nord ha ottenuto la cittadinanza solo il 29 settembre
scorso, per iniziativa di una maggioranza monocolore del
Carroccio. Ai posteri l’ardua sentenza.
Marco
Brando
|
|