GLOSSARIO RAGIONATO DELLE OPERE DI FORTIFICAZIONE
a cura di Ester Lorusso, con la collaborazione di Alfredo Magnatta
Fig.
1.
Castel del Monte (Andria, provincia di Bari) visto dall'alto.
Nel significato più completo e corretto l'espressione designa tutte le opere, provvisionali e non, utilizzate nel XIII secolo (dal 1220, anno delle Costituzioni di Capua al 1266, anno della morte di Manfredi) per difendere il dominio svevo dell'Italia Meridionale, mentre nell'accezione comune indica lo specifico sistema castellare ereditato e trasformato da Federico II di Svevia prima e successivamente, in misura largamente inferiore, da suo figlio Manfredi.
Tale organizzazione politico-militare, e quindi difensiva, si basa sui castra e sulle domus: castelli fortificati i primi, palazzi muniti fortificati i secondi, ubicati al margine del tessuto urbano al fine di accentuare l'autorità e la magnificenza del sovrano, ma entrambi direttamente assoggettati al controllo da parte del potere centrale.
Origini ed evoluzione storica
Le fortificazioni sveve sorgono o si sviluppano sulla scorta di un chiaro ed omogeneo disegno politico-militare, che tende ad eliminare gradualmente gli episodi isolati di difesa e le linee difensive ereditate dai Normanni e a sostituirli con maglie difensive più o meno dotate di apprestamenti militari all'interno, all'esterno o al margine delle città, con funzione tanto di difesa da attacchi esterni ed interni, quanto di evidente e deterrente presenza dell'autorità centrale. Per tale ragione si identificano quasi sempre con le strutture castellari regie, privilegiate e potenziate rispetto alle fortificazioni murarie urbane in quanto identificazione del potere centrale.
A tale proposito la legislazione di Capua del 1220 risulta essere una fonte preziosa per comprendere l'atteggiamento di Federico II nei confronti delle opere di difesa e fortificazione, poiché sancisce la riorganizzazione, su basi più solide e sicure, del regno ereditato dai Normanni ed il rafforzamento degli elementi di centralismo e di controllo delle spinte autonomistiche interne.
Con essa, infatti, si ordinano la confisca e la distruzione di tutti i castelli e le fortezze eretti dopo la morte di Guglielmo II (1087) ed estranei alla Corona e si autorizza l'Imperatore a decidere la sorte delle costruzioni ubicate all'interno del demanio.
L'attività edilizia sveva obbedisce, dunque, ad una politica di grande prestigio e si attua secondo tre diverse categorie di interventi: demolizione, restauro e costruzione, prevalentemente di castelli.
L'opera di demolizione si articola, a sua volta, in due fasi: una prima identificabile con l'intento di Federico II di abbattere le fortificazioni costruite nel regno dalle "Universitates" (le comunità cittadine) e dai signori feudali circa quarant'anni prima, per riaffermare l'autorità dello Stato; ed una seconda, voluta da Manfredi, contro castelli e città dimostratesi antisveve, al fine di difendere l'autorità centrale.
L'opera di restauro mira, invece, a rafforzare quasi tutti i castelli costruiti dai Normanni, specie nelle località ritenute strategicamente più importanti, secondo una dichiarata volontà di ristrutturazione militare del Regno. Le fortezze mantenute in funzione vengono, quindi, rafforzate ed arricchite di nuovi dispositivi difensivi, come mura più robuste spesso inclinate a scarpa, ma anche munite di un maggior numero di torri circolari - più adatte al tiro di fiancheggiamento e alla difesa radente -, di caditoie, merlature e torrette (le lambertesche) agli angoli delle cortine murarie o a difesa delle porte. Un programma molto intenso di consolidamenti, restauri e ristrutturazioni che comprende anche la costruzione di cappelle nelle domus ereditate dal periodo normanno.
L'opera di costruzione, infine, impossibile da paragonare, per imponenza e vastità, a qualunque altra effettuata dalle dominazioni precedenti affianca nuove e possenti costruzioni militari a sofisticati e lussuosi impianti sia residenziali che militari.
Caratteristiche costruttive
Con la salita al trono degli Svevi l'architettura difensiva, analogamente ad altri aspetti dell'amministrazione del Regno, compie un notevole progresso ed origina quei magnifici esempi di castelli ammirabili in diverse località del Mezzogiorno.
Tuttavia a Federico II si deve anche la costruzione, oltre alle fortezze edificate ex novo o restaurate per infittire la rete difensiva su tutto il territorio governato, di numerosi palazzi e residenze di caccia, nei quali tenere corte con tutto il seguito e trovare adeguato alloggio nelle località migliori o preferite per l'arte venatoria.
In ogni caso il principio-base cui tali fortificazioni rispondono è manifestare la presenza e la magnificenza dell'imperatore, per cui i castelli, specie se realizzati per sua espressa volontà, si trasformano in custodie di opere d'arte ed i palazzi, con funzione simbolica, in raccoglitori di dispositivi difensivi.
Il programma difensivo svevo porta, dunque, alla creazione di vere e proprie catene di castelli dislocati in ogni parte del Regno e caratterizzati principalmente dall'impianto, riconducibile agli stilemi dell'architettura classica (ed in modo particolare all'assialità del "castrum", inteso nel suo originale significato) e realizzato sulla base di precisi calcoli matematici e di geometrie lineari regolari.
Gli edifici sono organizzati in volumi a pianta quadrata e rettangolare, con ali munite di torri cilindriche o poligonali in corrispondenza degli angoli ed ambienti distribuiti ad anello intorno alla corte centrale, ed articolati secondo un intento costruttivo che risponde ad una logica indipendente dal contesto nel quale interviene, operazione, questa, possibile grazie al rinnovamento morfologico dell'impianto generale e ad accorgimenti tecnici appresi dallo stesso Federico II in Terrasanta.
Il materiale impiegato è quello locale, spesso sottratto - come all'epoca consueto - ad edifici antichi e posto in opera secondo la ormai consolidata tecnica della muratura "a sacco".
La dimensione dei conci varia seconda della natura della pietra: se compatta (come i calcari) i blocchi sono cavati secondo i relativi piani di sfaldatura e quindi la loro altezza è variabile; se, al contrario, più friabile e porosa (come le arenarie), l'estrazione avviene con opportuni strumenti e quindi le dimensioni sono costanti e rispondenti a precisi sistemi di misura. In entrambi i casi la struttura muraria è costituita da due paramenti a faccia vista, preferibilmente realizzati con conci simili ed opportunamente ammorsati tra loro, e da un "sacco", ossia un riempimento costituito da scampoli di pietrame amalgamati con malta di calce spenta e sabbia finemente macinata, secondo una tecnica già ampiamente nota ai romani.
Esempi
L'architettura militare sveva è documentabile soltanto in minima parte mediante riscontri diretti sul campo, per difficoltà legate o all'inglobamento delle strutture in altre di epoca successiva o al carattere di rudere delle stesse.
La Puglia è, comunque, la regione italiana con il maggior numero di castelli sicuramente attribuibili al periodo federiciano, con i trentaquattro edificati dalle fondazioni, i diciotto preesistenti ampliati ed i sedici mantenuti in efficienza. Tra tutti questi rivestono particolare importanza, per ubicazione e caratteristiche costruttive, quelli di Bari, Trani (di impianto normanno, considerato il modello dell'impianto-tipo del castello federiciano), Gioia del Colle (figg. 14-16), Barletta e Sannicandro (tutti in provincia di Bari), oltre a quello di Brindisi, eretto su pianta trapezoidale con numerosi elementi di spoglio provenienti dall'anfiteatro romano e da altri antichi edifici cittadini.
Tuttavia massima espressione di grandiosità ed unicità delle fortificazioni sveve sono il castello di Lucera (Foggia) e Castel del Monte (anche fig. 1), nei pressi di Andria (Bari), oggetto di continui studi da parte di generazioni di esperti ed appassionati di storia medievale per l'originalità compositiva e l'accuratezza esecutiva.
Notevole è anche il Castel dell'Ovo a Napoli, ma altrettanto degni di nota, ancora, sono i castelli federiciani di Sicilia, tra i quali si distinguono quello di Enna (figg. 7-10), chiamato "Castello di Lombardia", e quelli di Siracusa (figg. 11-13) e Catania (figg. 2-6), caratterizzati dall'impiego enfatico di torri cilindriche.
Tra i palazzi sicuramente attribuibili alla volontà federiciana compare quello in marmo di Foggia, importante punto di riferimento politico - che si vuole costruito su disegno dello stesso imperatore e per quasi trent'anni -, del quale i contemporanei hanno decantato sale, cortili, statue e fontane ormai riscontrabili, purtroppo, tranne minimi resti, soltanto nelle fonti bibliografiche. Di altre simili residenze restano alcune tracce a Palazzo S. Gervasio e ad Apricena, entrambi in provincia di Foggia (prescelti per la vicinanza dei laghi di Lesina e Varano, luoghi di caccia agli uccelli acquatici e palustri), nonché a Gravina (Bari), un tempo circondata da estesi boschi.
Manfredonia (Foggia), invece, viene fondata ex novo da Manfredi, figlio di Federico II, e dotata di mura e di una
torre quadrata.
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lle immagini per ingrandirleFigg.
2-6. Il castello Ursino di Catania.Figg. 7-10. Il "castello di Lombardia" di Enna.
Figg. 11-13. Il castello di Siracusa.
Figg. 14-16. Il castello di Gioia del Colle (Bari).
Indicazioni bibliografiche
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Santoro
L., Castelli
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WILLEMSEN C. A. - ODENTHAL D., Puglia. Terra dei Normanni e degli Svevi, Bari 1978.
©2003 Ester Lorusso