MARCO
BRANDO
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San
Marco in Lamis. Cento anni
fa l'eccidio dimenticato
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8
marzo 1905
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Era
la mattina dell' 8 marzo 1905, cento anni fa. E
a San Marco in Lamis, arroccato sul Gargano, «partì da qualche soldato, senza ordine alcuno,
uno o due colpi di fucile per respingere i
rivoltosi, che ...
lanciavano con maggiore ferocia e insistenza i
sassi».
Così recita la
Relazione del
delegato di Ps Volpe, custodita dall'Archivio di Stato di Foggia. Furono feriti
18 dimostranti; quattro gravemente, tre dei
quali poi morirono: due contadini, di 43 e 21
anni, un figlio di contadini, di 16 anni.
Protestavano per le condizioni terribili in cui
erano costretti a vivere i lavoratori delle
terra, lì come in tutta la Puglia e in tutto il
Sud; protestavano per i dazi comunali, che
colpivano loro e schivavano i possidenti,
detentori del potere municipale e non solo.
Per il delegato di Ps non poteva che andare così,
perché «la classe dei lavoratori della terra
ad una ignoranza ed incoscienza grandissima
unisce un carattere oltremodo prepotente,
cavilloso e facile a trascendere in violenza». D'altra parte «il Circolo socialista e la
Lega non valsero né varranno ad educarli ai
sentimenti del giusto e dell'onesto, al rispetto
della legge e delle altre classi sociali».
Insomma, contadini: «tutti ugualmente
ignoranti, prepotenti e capricciosi». Peccato
che per lo più vivessero in un solo locale,
assieme agli animali; e che morissero di fame.
Quella strage raccontata nel volume
L'eccidio
ignorato, edito dalle Edizioni del Sud
e scritto da Michele Galante, con prefazione di
Luigi Masella, è stata solo una di
quelle che colpirono il disperato proletariato
rurale in Puglia, all'inizio del ' 900: l'8
settembre 1902 otto morti a Candela, il 17
maggio 1904 quattro morti a Cerignola, cinque a
Foggia il 18 aprile 1905, quattro a Taurisano l'
8 dicembre 1905, un morto a Torremaggiore il 2
novembre 1907, a San Severo due contadini furono
uccisi durante le manifestazioni del 19 marzo
1908. L'eccidio di San Marco è tuttora ricordato in
paese come lo sciopero «de la jabèlda», «della gabella». A lungo ignorato, permette di
leggere un'importante pagina di storia del
periodo giolittiano.
Non rispecchia una realtà periferica del Sud;
semmai fu il risultato del processo di
trasformazione economico sociale in atto in
Italia. Al centro, lo scontro sociale e politico
dell'inizio del secolo, in Capitanata e in
Puglia, tra «galantuomini» e «proletari». Con le contraddizioni di un movimento di lotta
che giunse ad una vera svolta solo mezzo secolo
dopo, nel secondo Dopoguerra. La posta in gioco,
allora, era la modernizzazione del Mezzogiorno.
Una posta che ancora oggi in un contesto post industriale totalmente diverso non è stata
giocata del tutto.
Marco
Brando
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