GIACOMO
ANNIBALDIS |
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A
Castel Fiorentino le
ceramiche di Federico di
Svevia
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Medioevo,
i reperti della Capitanata.
Un libro di Caterina Laganara Fabiano
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Castel
Fiorentino è un luogo magico. Non solo grazie
al rudere di una torre solitaria che si staglia
nel movimento collinare della Capitanata, lì
dove s'increspa in Appennino daunio; né per i
resti di una cittadina medievale «perduta» da
secoli; ma perché evoca la morte di un grande,
nientemeno di Federico II di Svevia, un uomo che
la storia ha ricoperto con la leggenda. Qui -
nell'odierno territorio di Torremaggiore (Fg) -
l'eterno «puer Apuliae» morì in seguito a un
attacco di febbre, nel dicembre del 1250. Il
decesso sembrava «obbedire» a una profezia che
aveva vaticinato la fine del sovrano «sub flore»
(sotto il segno di un fiore).
Castel Fiorentino
è diventata ora una tappa fissa dei fans
dell'imperatore svevo. Eppure questo sito era
rimasto a lungo abbandonato. Solo nel 1982 si
incominciò a investigarlo, con indagini
sistematiche coordinate dall'Università di Bari
(M. Stella Calò) insieme a équipe di
specialisti non solo pugliesi, ma anche dell'École
française de Rome e dell'École des Hautes Études
di Parigi. L'interesse dei ricercatori era
rivolto anche a quella «collana» di cittadine
che il dominio bizantino volle costruire o
fortificare sulle alture della Capitanata come
frontiera contro l'espansione dei Longobardi. La
decisione di edificarle era stata presa dal noto
catapano Basilio Boiohannes, nell'XI secolo.
Questi «castra» furono in seguito abbandonati
e ora vengono indicati col suggestivo nome di
villages désertés.
Gli scavi archeologici a
Castel Fiorentino si protrassero fino al 1994,
mettendo in luce un luogo di culto e il
tracciato di una città medievale, con il
probabile «castello» dove Federico dovette
spirare. Ma soprattutto emerse dagli scavi un
ricco patrimonio ceramico: ben 70.000 frammenti,
databili appunto tra il XIII e il XIV secolo,
pezzi di fattura preziosa e di un certo gusto,
ma anche di uso quotidiano. Che vennero studiati
e catalogati da Caterina Laganara Fabiani,
docente di Archeologia medievale all'Università
di Bari. Essi costituirono, insieme ad altri
reperti, il forte della mostra permanente «Fiorentino.
Il recupero di una città medievale» nel
castello ducale di Torremaggiore. Ora la
studiosa pugliese ne pubblica una nutrita e
rappresentativa scelta nel volume La ceramica
medievale di Castel Fiorentino. Dallo scavo al
museo.
Si
tratta di 135 schede su altrettanti reperti, che
vanno da esemplari di protomaiolica apula a
frammenti di ceramica con rivestimento vetroso
dipinta o sovraddipinta, con incisioni o con
decorazioni a rilievo. E sono boccali e ciotole,
piatti e salsiere, tazze e lucerne, scodelle e
pentolini... Dai frammenti occhieggiano volti
umani, ma anche becchi d'uccello, musi di cani e
cavalli, pesci, nonché fiori stilizzati o
palme, e segni varii. Insieme potrebbero
costituire - sostiene la studiosa - un primo
capitolo sugli studi della ceramica pugliese.
Difatti la produzione ceramica in Puglia è
stata a lungo ignorata. Solo dagli anni '60 del
secolo scorso un gruppo di studiosi si
assumeranno il compito di investigare con più
attenzione questo ambito, catalogando collezioni
private ma anche presentando gli esiti di
ricerche archeologiche. Mostrando quanto la
ceramica, non solo nell'antichità, sia tornata
anche nel Medioevo a mostrare il suo elevato
potenziale informativo.
Giacomo
Annibaldis
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