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VITO RICCI

 

San Nicola tra mercanti e naviganti

 

  

   

   
In occasione della festa liturgica di S. Nicola si è svolta un’interessante iniziativa realizzata dalle Associazioni culturali “Il Borgo delle Arti” e “Historia”. Si tratta di un progetto che muove dalla forza aggregante del Santo Taumaturgo e della sua presenza nell’identità dei baresi. È anche un modo per ricordare la figura del Santo Patrono non solo l’8 maggio, in occasione della ricorrenza della traslazione, ma anche in altri momenti dell’anno. La direzione storico artistica dell’evento è stata curata da Stefano Latorre, presidente dell’Associazione “Historia”. Accanto ad un momento di dibattito su san Nicola tra fonti storiche e tradizione folklorica che si è tenuto il 4 dicembre presso la chiesa di S. Giovanni Crisostomo, il 5 e il 6 ci sono state delle visite guidate e delle rievocazioni medievali nel borgo antico (mercato medievale, performances teatrali, giocolieri, degustazione di pietanze medievali), con il coinvolgimento degli abitanti, affiancati da specialisti.

Al dibattito hanno partecipato il prof. Raffaele Licinio, ordinario di Storia medievale nell’Università di Bari, nonché direttore del Centro di Studi Normanno-Svevi, l’attore e regista Dante Marmone, e Vito Giuss Potenza regista del film Nicola, lì dove sorge il sole. Ha moderato Stefano Latorre.

Licinio ha esordito ricordando la reticenza e la scarsità di fonti storiche sull’episodio del 1087. Ha sottolineato come tale vicenda dovrebbe più correttamente definirsi furto piuttosto che traslazione, termine alquanto rassicurante ma non veritiero nel rappresentare i fatti. Tra l’altro, all’epoca, era quasi normale che gli occidentali trafugassero reliquie dall’Oriente per dare lustro alle proprie città. E lo stesso avvenne per i marinai baresi: più che la fede, fu la convenienza a dettare il furto delle ossa di san Nicola da Mira, che ebbero un valore emblematico per la città di Bari. Licinio, da non credente e storico, non ha la certezza che le ossa conservate nella Basilica siano quelle del santo: bisognerebbe datarle con il carbonio 14. Ma anche se questo esame fornisse un esito negativo, cambierebbe qualcosa? È la domanda che Licinio si pone. Su molti piani assolutamente no, è la risposta secondo il medievista. Quello che importa è l’identità costruita nel tempo sulle reliquie. San Nicola è stato per secoli, ed oggi ancora, una speranza, è un concetto che non consiste semplicemente nelle ossa.

Vito Potenza ha ricordato gli esami condotti sulle reliquie negli anni Cinquanta dal prof. De Martino, con i quali si stabilì che si trattava di resti umani, e di quelli condotti dal prof. Introna di recente, sebbene senza riesaminare le ossa. Nuovi esami andrebbero fatti, la scienza odierna ha fatto passi da gigante rispetto all’epoca del prof. De Martino e nuove tecniche di analisi sono disponibili.

Marmone nel suo intervento ha affermato il suo interesse, più che per la santità di Nicola, per l’uomo Nicola. La santità discende da una grande umanità. Ha ricordato una sua pièce teatrale di qualche anno fa intitolata La festa dei pazzi, ispirata al Medioevo e a san Nicola. Di fronte al popolo scontento che viveva una vita grama e quasi impazziva, i potenti compresero di aver bisogno di qualcuno per risolvere questa situazione. Da tale necessità nacque l’impresa dei marinai, solo che costoro portarono da lontano un uomo vivo, non le reliquie. Era un uomo che parlava bene e l’avrebbero fatto santo. Dinanzi a tale “minaccia” i potenti preferirono farlo uccidere, da morto sarebbe stato più utile per i loro scopi, mentre il popolo piangeva sulla sua tomba. La figura del santo usata come mezzo dal Potere.

Ma qual era il quadro storico della città di Bari alla vigilia della traslazione nicolaiana? Che città era Bari? Ad illustrarlo è stato Licinio. Nel 1054 era avvenuto lo scisma d’Oriente che aveva separato la chiesa greca da quella latina. La maggioranza dei baresi era di rito greco – Bari sino al 1071 era stata la capitale dei domini bizantini in Italia –, una strenua minoranza era di rito latino e al suo interno pure divisa tra i seguaci di papa Urbano II e quelli dell’antipapa Clemente III. A Bari e in Puglia c’era grande confusione, c’erano tante fazioni, poi nel 1071 i nuovi conquistatori giunti dal nord, i Normanni, avevano assediato e preso Bari. Tuttavia in città con il nuovo governo non c’era stato un ricambio immediato. Era in pratica una situazione estremamente complessa ed esplosiva.

Il deus ex machina di questa vicenda è l’abate Elia, un abile monaco lungimirante e “traffichino” come tutti i baresi, che gestisce tutta la vicenda delle reliquie che avrebbero potuto portare alla vittoria una fazione sulle altre. Invece Elia riesce ad farne un elemento unificante e di identità della città di Bari. «Elia era un personaggio che sapeva fare propaganda con le reliquie», ha detto Licinio, «basta vedere quante ne raccolse per la Basilica, e le reliquie erano l’oro dell’epoca, rendevano ricchi e la città diventava importante». Elia e le ossa di san Nicola sono i fondatori dell’identità di Bari. Si è fatto un cenno all’episodio dello scontro tra le guardie del vescovo Ursone, che non accettava un santo orientale essendo fedele al rito latino, e il popolo barese, ben raccontato nel film di Potenza. Su questo le fonti storiche sono lacunose, accennano ad uno scontro senza tuttavia specificarne bene la portata. Storicamente comunque lo scontro avvenne.

San Nicola ancora oggi è l’elemento fondante dell’identità barese, e deve essere punto di partenza di tanti percorsi e progetti culturali come quello realizzato dalle Associazioni “Il Borgo delle Arti” e “Historia”.

 

Vito Ricci

 

 
 
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