Sei in: Mondi medievali ® Castelli italiani ® Emilia Romagna ® Provincia di Modena |
TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI MODENA
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
Fermando il puntatore del mouse sulla miniatura di ogni foto, si legge in bassa risoluzione (tooltip) il sito da cui la foto è tratta e, se noto, il nome del suo autore: a loro va riferito il copyright delle immagini.
= click image to enlarge / clicca sull'immagine per ingrandirla.
= click also image to enter / puoi entrare nella pagina anche cliccando
sull'immagine.
= click image to castelliere.blogspot / clicca sull'immagine per
castelliere.blogspot.
= click image to wikipedia / clicca sull'immagine per wikipedia.
«Alle pendici del monte Mamoro, sulla cima di un’altura fitta di castagneti che domina la vallala del torrente Rossenna, sorge il castello di Brandola. Una stradina in salita che si fa largo tra il verde dei boschi conduce all’arco d’ingresso del fortilizio che immette in una stretta e lunga striscia pianeggiante fiancheggiata da diverse abitazioni, costruite sui resti di più antiche fortificazioni. Che l’impianto odierno ne ricalchi uno d’epoca molto più remota è dimostrato dall’evidente stratificazione delle murature, la cui parte più bassa poggia sulla viva roccia. Ciò sta ad indicare che il perimetro difensivo non ha subito ampliamenti nel corso dei secoli e che dopo ogni distruzione il castello è stato ricostruito sulle fondamenta di quello originario risalente al XIII secolo. Alcuni edifici conservano tuttora elementi tipicamente difensivi come feritoie, mini massicci e caditoie. In posizione leggermente rialzata rispetto alle altre costruzioni sorge la chiesa, oggi sconsacrata, eretta nella seconda metà dell’Ottocento. Pare che proprio in questo punto, che è il più elevato dell’altura, fosse ubicato un primitivo fortilizio, la cui erezione è fatta risalire all’XI secolo. Del complesso castellano fanno parte anche l’edificio della Podesteria che tuttora mantiene un aspetto severo ed imponente, ed il campanile, in origine una delle torri del castello».
http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/300772
«Il Palazzo dei Pio, comunemente detto Castello, come noi lo vediamo ora, visivamente unitario benché composto da edifici disomogenei per datazione e caratteristiche, è una struttura che si estende da est a ovest tra le due piazze principali della città (l'antica piazza Re Astolfo a est e la rinascimentale piazza dei Martiri a ovest). L'apparente uniformità è data dalla facciata principale di ponente che è costituita, oltre che dalla parte centrale rinascimentale, dalla aggiunzione estense degli anni Ottanta del Cinquecento a nord e dalle cosiddette "Stanze del Vescovo" a sud, a congiungere la parte centrale rispettivamente con la torre del Passerino a nord e col Torrione di Galasso o degli Spagnoli a sud. I numeri del palazzo: 11 sono i secoli di vita di questa parte della città, dalle origini della struttura del castello a oggi. Oltre 14.000 sono i metri quadrati di superficie del palazzo, che comprendono cortili, porticati, terrazze, sale affrescate, loggiati, una cappella, ma anche uffici, sale conferenze, sale espositive, il tutto concentrato in tre Musei, un Archivio, una Biblioteca e il Castello dei Ragazzi, una struttura attrezzata per le attività dei più giovani. Oltre 160 metri è lungo il fronte del palazzo sulla piazza dei Martiri. Infine 6 sono le fasi storiche della vita del palazzo che abbiamo individuato nei suoi 11 secoli di storia: la fondazione del castrum carpense, l'oppidum opulentissimum dei Pio, Alberto Pio e il Rinascimento, la fase di degrado estense, la riscoperta ottocentesca del palazzo, il futuro del palazzo dei Pio. ...».
http://www.palazzodeipio.it/palazzodeipio/Sezione.jsp?idSezione=36
CASTAGNETO (resti del castello)
«Castagneto deve il suo nome alla selva di castagni che ancora oggi lo circonda. Tracce di un probabile castello si ritrovano nella parte più alta del paese, chiamata ancora "castello" che certo doveva costituire, con la torre sottostante, un unico corpo fortificato comprendente le case e le mura adiacenti fino alla chiesa posta ai suoi piedi. La chiesa, dedicata a S. Lorenzo, è stata completamente ristrutturata in seguito alla distruzione subita durante la Seconda Guerra Mondiale e non è possibile risalire all’origine precisa; dovrebbe comunque risalire al XIII secolo».
http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/canali_tematici/frazioni/castagneto.aspx
CASTELFRANCO EMILIA (forte Urbano)
«Il Forte Urbano venne eretto nel 1628 nell’attuale territorio di Castelfranco E., sulla via Emilia poco fuori dalla cinta muraria verso Modena, per voler di papa Urbano VIII della famiglia romana Barberini. Poco prima era giunto a Castelfranco Giulio Buratti che aveva redatto il progetto, insieme ai colleghi Mola e Costa. Buratti era considerato l’esperto di costruzioni fortificate e di disegno architettonico dello Stato Pontificio. La grande fortezza venne terminata nel 1634, come attesta un documento ufficiale redatto dallo stesso Buratti, ma la tradizione invalsa finora vuole che siano trascorsi più di venticinque anni per la conclusione dei lavori. In effetti, dalle ricerche condotte si evince che sono numerosi i documenti che riguardano gli appalti e i contratti stipulati fra i soprintendenti e i costruttori appaltatori, segno delle difficoltà sia di reclutamento degli uomini, sia di reperimento dei mezzi di trasporto e degli strumenti necessari al lavoro. Per quanto attiene alla descrizione del Forte Urbano siamo facilitati nella lettura monumentale da alcune piante e dalla cartografia antica della fine del 700. Il corpo centrale è costituito da un recinto quadrato con quattro baluardi dedicati a San Paolo, a San Pietro, a Santa Maria e a San Petronio. Sui quattro baluardi vi erano torri e costruzioni in cui risiedevano gli alloggi dei militari, all’interno dei quali stavano anche cucine, cantine e spazi di servizio. All’esterno di Edificio Cuccoli questo corpo quadrato vi era una cintura a forma di stella in cui erano ricavati fossati, terrapieni e contrade. Nella fortezza erano presenti granai, forni, macellerie, un ospedale, una chiesetta e un cimitero, oltreché l’armeria. A partire dalla seconda metà del Settecento inizia rapidamente il declino del Forte Urbano fra calamità naturali, cattiva organizzazione interna, nonché eventi bellici: la fortezza viene vieppiù demolita e depauperata anche nel suo aspetto architettonico fino a quando, nel 1944 venne bombardata. Ripristinato in età moderna, il forte è adibito ora a casa di lavoro».
http://www.castelfranco-emilia.it/da_vedere.html
«Nel vasto complesso edilizio ex distilleria Bini, nel 1993 durante lavori edili, sono stati riportati in luce alcuni tratti delle fondazioni murarie della cinta difensiva di epoca bassomedievale. Poiché si era manifestata all'istante l'importanza dei reperti, vennero condotti scavi archeologici che hanno consentito di evidenziare il tratto di mura attribuibile al castrum medioevale/Borgo Franco. In particolare le mura emerse dalla zona ex Bini sono riferiti al tratto della cinta difensiva nei pressi della Porta Bologna: Castelfranco Emilia venne fondata nel 1226/27 ad opera di Bologna e venne fortificata prevedendo la costruzione di due porte, una rivolta a Bologna (Porta Bologna), l'altra a Modena (Porta Modena). Il muro emerso nel comparto Bini appartiene alla cinta difensiva che volge a Bologna e per un breve tratto alla rocca magna risale probabilmente alla fine del XIV secolo. è composto di mattoni di varie dimensioni, in parte irregolarmente disposti, legati con malta di calce idraulica con elementi di cocciopesto. Nella zona più interna alla Rocca Magna furono scoperte le tracce delle abitazioni trecentesche, i cui resti materiali sono conservati nel Museo Civico Archeologico».
CASTELFRANCO EMILIA (palazzo Piella)
«Nel cuore del centro storico di Castelfranco Emilia, all'ombra della chiesa parrocchiale di Santa Maria, sorge questo palazzetto signorile, ex-canonica, da poco riportato al primitivo splendore per le opere di bonifica e ristrutturazione intraprese dalla Curia di Bologna e dall'Amministrazione Comunale. Il palazzo Piella, dal nome della famiglia che lo abitò per oltre un secolo, si configura come uno dei più antichi edifici del paese, costruito fin dai tempi della fondazione di Castrum Franchum tra il 1226 ed il 1228, certamente con caratteristiche e materiali diversi da quelli attuali. Prestigiose sono le notizie tramandate nel tempo che vedono questa dimora quale tappa occasionale di principi ed alti prelati, quali l'imperatore Carlo V d'Asburgo e il cardinale Carlo Borromeo. Alla fine del '600 o all'inizio del '700 l'immobile passò dalla famiglia Gavucci ai nobili bolognesi Piella e furono loro che ne ampliarono la struttura, dando al palazzo la consistenza attuale. Nel 1806 l'edificio fu acquistato dall'arciprete monsignor Luigi Sanmarchi che, con testamento del 1820, lo lasciò in eredità ai parroci suoi successori con le funzioni di canonica della chiesa di Santa Maria. I Piella mantennero comunque una residenza a Castelfranco, lungo l'odierna via omonima, in quello che per tutto il XIX secolo fu appunto indicato come Casino Piella. Una mappa del catasto napoleonico del 1810 mostra con dovizia di particolari il giardino all'italiana ricavato nell'area retrostante il palazzo: ideato e realizzato per volontà della famiglia Piella, comprendeva aiuole di forma geometrica, il pozzo nella parte centrale, un ninfeo dipinto sullo sfondo. E' questo l'unico giardino riportato dalla mappa, per cui è da ritenersi fosse il più importante del paese. Fu distrutto all'indomani della seconda guerra mondiale, ma nel 1950 le sue caratteristiche furono riportate nella creazione del giardino pubblico dell'abitato su di un'area delle antiche fosse castellane. Da poco si sono conclusi importanti lavori di manutenzione e consolidamento tali da riportare l'importante edificio a nuovo splendore. Al piano terra è stato ricavato il Museo Archeologico del comune di Castelfranco nella parte meridionale che si affaccia sulla via Emilia; la porzione settentrionale e tutto il resto del palazzo ospitano il Centro di Attività Pastorali».
CASTELFRANCO EMILIA (villa Sorra)
«Villa Sorra è una delle più importanti ville storiche del territorio modenese. Nel suo parco troviamo quello che è considerato l'esempio più rappresentativo di giardino "romantico" dell'Ottocento estense ed è da molti ritenuto il più importante tra i giardini informali presenti in Emilia Romagna. Se i singoli elementi che costituiscono il complesso (villa, edifici rustici, serra, parco storico, rovine romantiche, vie d'acqua, giardino campagna) hanno tutti un rilievo non solo locale, la coesistenza degli stessi dà luogo ad un campione pressoché unico di paesaggio agrario preindustriale, di inestimabile valore storico, culturale e ambientale. La tenuta, che conserva ancora oggi il nome dei Sorra (nobile famiglia che edificò il complesso e ne ebbe la proprietà per quasi due secoli), è dal 1972 di proprietà dei Comuni di Castelfranco Emilia, Modena, Nonantola e San Cesario sul Panaro. Al centro del complesso sorge la villa, costruita per volontà del conte Antonio Sorra all'inizio del XVIII secolo su progetto di Giuseppe Antonio Torri. L'edificio, a pianta quadrata e costituito da un corpo centrale sovrastato da un'altana, aveva originariamente un più accentuato volume piramidale dovuto alla presenza di un torrino esagonale che però fu demolito nel dopoguerra e mai più ricostruito. All'interno si possono ammirare diversi affreschi, i decori sulle pareti e le volte delle stanze e le 12 tempere su tela che costituivano l'arredo delle due salette (ora momentaneamente esposte al Palazzo Ducale di Sassuolo). Il Giardino Storico. Costruito nel Settecento assecondando gli schemi formali dell'epoca, nella prima metà dell'Ottocento venne ristrutturato secondo le nuove regole compositive del giardino all'inglese per volere della marchesa Ippolita Levizzani, moglie del conte Cristoforo Munarini Sorra. A seguito di questa trasformazione acquisì una grande fama, divenendo meta di così tanti visitatori da rendere necessario redigere, nel 1852, un regolamento per i "forestieri che potessero intervenirvi". Nel giardino di Villa Sorra compare quasi tutto il repertorio del "giardino romantico", secondo i precetti divulgati in Italia, tra gli altri, da Ercole Silva e Luigi Mabil».
http://www.comune.castelfranco-emilia.mo.gov.it/servizi/Menu/dinamica.aspx...
CASTELLINO DELLE FORMICHE (castello)
«La denominazione Castellino delle Formiche è, con ogni probabilità, il frutto di una errata traduzione popolare del medievale Castrum Formigis che in realtà rimanda al latino formido, formidabilis, cioè castello che incute timore. Il fortilizio del Castellino nel Medioevo fu sede di un ramo dei Malatigni proveniente dalle omonime rocche situate presso i Sassi di Roccamalatina e passò poi, nel '300, ai Montecuccoli che lo conservarono fino al 1623, anno in cui fu aggregato alla Podesteria di Guiglia, anch'essa poi infeudata, dal 1630, ai Montecuccoli. Unica testimonianza del castello è la torre, oggi trasformata in campanile. La chiesa sorgeva anticamente nel vicino luogo denominato il Sagrato ma fu distrutta da una frana. L'attuale chiesa di S. Stefano fu costruita all'interno del castello, presso l'Oratorio di San Lorenzo, documentato fin dal XIII secolo».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_c5.htm
CASTELLO DE' PELOSI (rocca dei Montegarullo)
«L'antica sede della Comunità di Riolunato era presso il fortilizio di castello, eretto su uno sprone che domina la vallata dell'attuale capoluogo. L'elemento più importante della struttura castellana è il mastio, già ridotto a campanile nel sec. XV, ma è ancora perfettamente leggibile l'impianto chiuso a fortezza che attorniava il poggio e che solo dalla parte di levante, in direzione del borgo, era accessibile mediante tre porte protette da un ponte levatoio. Il Castello, un tempo "dei Pelosi", fu tra i prediletti da Obizzo da Montegarullo».
http://www.cmfrignano.mo.it/comuni_territorio/luoghi_interesse_9/castello_pelosi.aspx
CASTELLUCCIO DI MOSCHEDA (ruderi del castello del Monte Belvedere)
«Del potente castello oggi si conservano ruderi dal fascino antico. I resti del maniero si trovano proprio sulla cima del Monte Belvedere, che con i suoi 1140 m. è la vetta più alta di tutta la Comunità Montana. Il castello si raggiunge con il sentiero n° 400/4. Accanto al castello la croce che ricorda il sacrificio di Oliva: una triste leggenda di queste parti».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/home/Sezioni/pagina317.aspx
CASTELNUOVO RANGONE (castello, resti della cinta muraria)
«La prima citazione del nome del paese appare in un atto di donazione fatta dal vescovo Ingone all’abate di San Pietro Ardorico, datato 1025, riguardante terreni e case “in Castro Novo super ripam fluminis Tepidi de mane”, come dire in Castelnuovo, sulla riva destra del fiume Tiepido. È noto che nel XIII secolo il castello e una parte del territorio erano di proprietà dei signori Pico della Mirandola, che vi dovevano tenere un presidio di militi; inoltre nel 1391 il marchese di Ferrara ne investì formalmente la famiglia Rangoni. In quel tempo Castelnuovo, allora detto Rangone, era un borgo fortificato raccolto intorno al castello turrito, protetto da una cerchia murata e da un fossato, presidiato da una guarnigione permanente di armati al soldo dei Rangoni. ... La torre è a pianta quadrata, faceva parte della rocca marchionale dei Rangoni, fu innalzata negli ultimi anni del XIV secolo; era la torre di guardia del borgo murato circondata dal fossato perimetrale, le cui acque erano alimentate dal rio Gamberi e dal torrente Petazzara, secondo qualche autore così chiamato perché sboccava nella fossa in petto, ossia di fronte, al castello. Nel 1865, l’amministrazione comunale acquistò ciò che restava del castello, fece demolire i tratti delle mura rivolti a occidente e a oriente con la porta d’ingresso, abbattere il ponte, spianare le fosse, ricostruire il palazzo feudale già dei Rangoni, adattandolo a residenza municipale, secondo l’antico schema che prevedeva il portico in basso, la doppia fila di finestre ad arco al piano nobile, il coronamento merlato. Il 17 aprile 1945, un bombardamento aereo anglo-americano colpì pesantemente il paese, danneggiando la torre e il palazzo comunale. Nel dopoguerra si provvide all’accurata opera di ricostruzione. Recenti ritrovamenti hanno riportato alla luce anche l’antica cinta muraria del 1200, una delle più antiche d’Italia, nel centro storico del paese».
https://www.facebook.com/CastelnuovoRangone/info
CASTELVETRO DI MODENA (castello, mura)
«In un periodo non ben precisato dell'Alto Medioevo la borgata, che si era insediata sui resti dell'accampamento romano, si divise in due: una ai piedi della collina, la città bassa o borgo, abitata dai contadini, artigiani e, comunque, dai ceti più poveri; l'altra, la città alta fortificata, con un castello di forma quadrata come l'accampamento romano, abitato prevalentemente dalle classi sociali più elevate: nobili, clero ed alta borghesia terriera. Nei secoli V e VI il territorio di Castelvetro fu messo più volte a ferro e fuoco da orde di Barbari, che ne decimarono e dispersero gli abitanti e fecero sì che anche il nome del paese venisse dimenticato. Solo dopo "lungo lasso di tempo" (secondo quanto afferma il Crespellani) nuovi abitatori sopravvenuti nel luogo fissarono le loro dimore nei colli di questa ridente vallata. Nell'VIII secolo Castelvetro era un castello di una certa importanza, anche se non viene ricordato nei documenti con questo nome. Di Castelvetro come fortilizio, si ha la prima notizia scritta in un contratto di compravendita del 988. Gli studiosi di storia locale ritengono che già nell'VIII secolo Castelvetro dovesse essere un castello e che, comunque, agli inizi del secolo IX fosse già una corte vasta e di una certa importanza. Castelvetro diventò capoluogo del feudo e il suo centro storico andò assumendo quelle caratteristiche che ancora oggi sono visibili. Lo schema urbanistico definito in epoca medievale, comprendente il palazzo del signore, le torri, le chiese, si mantenne anche nel periodo rinascimentale, nonostante la costruzione o il rifacimento di alcuni edifici.
In particolare con l'estensione dei domini di casa Rangone, le maggiori necessità, soprattutto sul piano amministrativo, determinarono la costruzione di edifici civili per le classi superiori e il sorgere di una edilizia minore per le classi subalterne. Venne così a mancare la fisionomia iniziale di fortificazione, mentre si riempivano ormai completamente tutti gli spazi entro il perimetro delle mura. I tragici eventi, che caratterizzarono i primi anni del Cinquecento, come i terremoti, - primo fra tutti e più terribile quello del 1501, che interessò tutto il territorio di Modena e provocò danni ingenti - e le epidemie, determinarono la necessità di creare uno "Spedale per i poveri" e di rimediare ai gravissimi danni subiti dagli edifici. Verso la metà del '500 fu pure fondato il Convento dei Minori Osservanti, abbandonato poi nel 1662, nella zona vicino alla chiesa dei S.S. Senesio e Teopompo. Nei secoli seguenti, fino alla fine del dominio dei Marchesi Rangoni, che coincise con l'occupazione francese del 1796, si andò consolidando la funzione rappresentativa e il carattere di "soggiorno gaio e gradito" del centro storico di Castelvetro, dove furono ospitati personaggi illustri come Carlo Sigonio e, soprattutto, Torquato Tasso. ... Il Castello era anticamente circondato da mura, delle quali restano tracce significative nelle zone di sud-est e sud-ovest. La porta situata ad est, insieme con un piccolo tratto di mura, fu abbattuta nel Settembre del 1876 per rendere più agevole l'accesso al Castello. Nello stesso anno "fu pure praticato un taglio alle mura a mezzodì pel nuovo ingresso al Castello che guarda il Cimitero". Successivamente gran parte delle fortificazioni del lato sud furono demolite».
http://www.comune.castelvetro-di-modena.mo.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16615&idCat=16674&ID=16778 - 16783
CASTELVETRO DI MODENA (palazzo Rangoni)
«Non si conosce la data di costruzione del Palazzo Rangoni, ma un edificio, nello stesso luogo, se pure in forma diversa e più modesta, dovette nascere con il castello, intorno all'VIII-IX sec. Il Palazzo ospitava i Signori del Castello e, dopo l'avvento dei Rangoni (sec. XIV), quando Castelvetro divenne capoluogo del loro feudo (sec. XV), l'edificio si ampliò, assunse funzioni e caratteri più marcatamente residenziali e di rappresentanza. Subì, come gli altri edifici del Centro Storico, ingenti danni, nel 1501, a causa del terribile terremoto, che colpì Modena e la sua provincia. Scrive il Tiraboschi in Memorie storiche modenesi (1762): "La rocca cadde dal mezzo in su; il rimanente di essa screpolò fino al piede, di guisa che il 10 marzo 1502 rovinò poi fino alle fondamenta. Ruinò altresì una parte della chiesa, rimasero fessi ed atterrati per due terzi i merli, e distrutto per 20 braccia il muro del castello, dentro il quale le case rovinarono per maggior parte". In seguito a questo tragico evento, i Rangoni provvidero certamente, in breve tempo, alla ristrutturazione del loro palazzo, il quale, già nel 1564, poteva ospitare il poeta Torquato Tasso. L'edificio dovette assumere, proprio in questo periodo, la struttura e le caratteristiche, che ancora oggi si possono vedere: l'imponente entrata, anche per carrozze, l'ampio atrio con decorazioni a grandi conchiglie, il cortile interno, sul quale domina il ballatoio, che mette in comunicazione due ali del palazzo, e lo scalone per accedere al piano superiore. Durante il Rinascimento si arricchì pure di decorazioni, che si possono ancora ammirare nei soffitti di alcune stanze. ...».
CASTELVETRO DI MODENA (torre dei Prigionieri)
«Costruita con materiale simile a quello utilizzato per la facciata del Palazzo Rangoni, alta più di una ventina di metri, aveva una base simile a quella della Torre dell'Orologio. In un primo tempo veniva utilizzata come carcere (e vi sono ancora segni simili all'interno); in seguito (dopo il 1815) fu ristrutturata ed adibita a diversi usi. I restauri del 1998 hanno riportato la Torre all'antico splendore. è di una evidenza sorprendente ed impressionante per chi entra nel Centro Storico dal lato Sud. Questo percorso, attualmente, è obbligatorio per chi usa un qualsiasi mezzo di trasporto; motivo in più per esaltare la centralità che la Torre assume. ... La torre, situata sul lato Ovest di Piazza Roma, ha pianta quadrangolare; le sue dimensioni sono, esternamente, di 6,31 m x 6,12, ma la base è leggermente allargata, ha la struttura a scarpa, che le conferisce maggiore stabilità; raggiunge circa 22 m di altezza. La parte terminale, alta 3,50 m e sostenuta da mensolette in sasso, assume la caratteristica forma a sporgere e su di essa poggia la copertura a quattro falde. Dopo i recenti restauri, ha riacquistato, soprattutto all'interno, i suoi caratteri originali. Vi si accede da una porta, che immette nell'ambiente al piano terreno. Qui è attualmente collocato il Punto Informativo; inoltre, per mezzo di una botola, comunica con un altro locale interrato, da dove un cunicolo conduceva fuori del Castello. Attraverso una ripida scala, in quercia, ad un'unica rampa, si giunge al primo piano, dove, un'angusta scala a chiocciola, in mattoni e sasso, conduce al secondo piano, in cui è tuttora visibile la pesante porta, che chiude l'antica prigione, sui muri della quale restano i "graffiti" di qualche sventurato detenuto. Continuando a salire per la stessa scala, si raggiunge il terzo piano, costituito da un'ampia stanza, sormontata da volte a crociera, che presenta quattro finestre, una su ogni lato, dalle quali si osserva tutto il Castello con la vallata sottostante. Attraverso una botola, che si apre nel soffitto, è possibile accedere al sottotetto».
http://www.comune.castelvetro-di-modena.mo.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16615&idCat=16624&ID=19815 - 16782
CASTELVETRO DI MODENA (torre dell'Orologio)
«La Torre dell'Orologio è a pianta quadrata con la base a scarpa per allargare lo spessore dei muri e quindi aumentarne la stabilità. Essa rappresenta ciò che resta dell' antica struttura fortificata nel lato est del castello, i cui ultimi resti furono demoliti nel 1934-35, quando furono eseguiti i lavori di costruzione della piazza Roma. La Torre dominava la cinta muraria, l'ingresso del castello e tutto il territorio circostante, comprese le strade di accesso al borgo e le torri poste intorno. L'interno era diviso in più piani raggiungibili successivamente attraverso scalette a rampanti rettilinei. I primi due piani, sostenuti da volte a botte con sezione ad arco semiacuto, corrispondono alla parte originaria e più antica. Subì varie trasformazioni nel corso dei secoli: dopo il 1326, anno in cui fu distrutta dai soldati del condottiero Versuzio Lando, fu riedificata dai Rangoni. Nel corso del '500, dopo la parziale distruzione a causa del terremoto del 1501, mutò i suoi caratteri essenziali, soprattutto quando l'avvento delle artiglierie fece sì che risultasse superata la sua funzione difensiva. Ridotta a campanile, la costruzione venne alquanto modificata: si ricavò una cella campanaria, con quattro ampie monofore a tutto sesto su ciascuno dei suoi lati, e venne inserito un orologio sovrastante l'antica meridiana. La misurazione del tempo rappresenta certamente un'altra importante funzione svolta dalla Torre. A questo proposito si nota come, nel corso dei secoli, si è passati dall' orologio solare - posto sul lato sud, ancor oggi visibile e recentemente restaurato - all' orologio meccanico, funzionante a pesi e contrappesi collegati alla campana e a due o quattro quadranti, fino all'attuale orologio elettrico. Negli anni Settanta la Torre fu oggetto di vari restauri e, avendo raggiunto un'inclinazione di 16° sul baricentro, si dovette ricorrere ad opere di consolidamento delle fondazioni».
COSTRIGNANO (torre del Castellaccio)
«Costrignano faceva parte delle terre della Badia ed è citato per la prima volta in documenti del 1029 in cui l'arciprete di Rubbiano dona alcune terre di Costrignano alla chiesa di S. Geminiano a Modena. In località Poggio, nella prima metà del 1100, quale punto strategico per la difesa, fu costruito un castello, affidato dall'abate ai capitani Da Baiso; fu poi distrutto dai modenesi tra il 1155 e il 1156. Sorgevano anticamente altri due fortilizi, dei quali non resta attualmente traccia, in località Castellaro e Campagnola. Al Castellaccio si può ancora vedere, invece, la torre medioevale in origine parte di un fortilizio, fatto costruire dopo il 1252 dall'Abate di Frassinoro utilizzando il ricavato della vendita d'alcuni beni in quel di Levizzano. La torre del Castellaccio conserva ancora il muro originario con feritoie verticali ed un portale a mensole concave con architrave triangolare. Nel 1173 gli uomini di Costrignano giurarono fedeltà ai modenesi a Susano; nel 1197 è comune autonomo, con tre consoli e 33 capifamiglia, status che mantenne almeno fino al 1306. In seguito al declino dell'abate di Frassinoro fu assoggettato ai Montecuccoli. Successivamente fu dato in feudo ai Mosti ed ai Sabbatini in quanto parte della Podesteria di Medola prima e di Rancidoro dopo. Una slavina distrusse quasi tutto il luogo nel 1652 e l'attuale chiesa Parrocchiale di S. Margherita (1886) mostra conci della precedente configurazione zoologica».
«A solo 7 Km. dal paese di Marano, sopra un poggio ricoperto di ginestre, nella pace dei prati sorge Denzano. L'insediamento di Denzanum risale con tutta probabilità all'epoca bizantina come parte dell'apparato difensivo del Castrum Feronianum. Appartenente al feudo dei Signori da Campiglio fin dal XI secolo, dal '400 fino alla fine del '700 fu dominio dei Rangoni e anticamente fu sede di un castello di cui resta soltanto una torre quadrata del sec. XI (priva di copertura), alta circa una quindicina di metri, alla quale si accede attraverso un portale a ogiva in cotto. All'interno del castello esisteva una chiesa che successivamente fu ampliata e dedicata all'Assunta, divenendo chiesa parrocchiale. La chiesa di Santa Maria di Denzano compare negli elenchi delle decime del secolo XIII quale cappella soggetta alla Pieve di Fanano che, a sua volta, dipendeva dall'Abbazia di Nonantola ed era dunque postazione lungo il percorso della Via Romea Nonantolana. Della primitiva costruzione rimane la sola abside, in stile romanico, databile al XII sec. ...».
http://www.parcoluoghidellanima.it/_ITA_ANIMA/luoghi_dettaglio.aspx?cod=73
FANANO (torre del Poggiolo, piazza Ottonelli)
«Era la piazza d’armi del castello di Fanano. La tradizione vuole che fosse un luogo sacro in cui esisteva un “fanum” ( recinto sacro o tempio) d’origine latina. Nella piazza spiccano due torri, la più imponente detta Torre del Poggiolo (a pianta quadrata, si eleva su un’altura, appunto “il poggiolo”) era l’antica torre dei Balestri dove di notte si accendevano i fuochi per orientare viandanti e pellegrini lungo la valle d’Ospitale verso Pistoia e Roma. Costruita presumibilmente attorno al 1570 ha resistito agli attacchi del tempo ed alle guerre e mostra ancora i danni subiti durante il terremoto del 1741. L’altra torre invece, nel XV accolse la prima campana della comunità, che nel 1609 fu trasferita nell’attuale torre dell’orologio. Il forte castello di Fanano, menzionato nel XIII secolo fu più volte incendiato e, assieme alle mura “Baraccane”, fu completamente abbattuto per ordine del duca di Ferrara, Alfonso I, nel 1532».
http://www.comune.fanano.mo.it/Storia/Monumenti.html
FANANO (torre dell'Orologio, palazzo Lardi)
«Posto all’inizio di Via Sabbatini, fu costruito nel 1340 come sede del Corpo di fanteria, ebbe funzioni di gendarmeria con annesse prigioni ed in seguito residenza privata. Nel 1433 ospitò Cosimo de’ Medici durante l’esilio da Firenze e nel 1439 vi trovò ricovero papa Eugenio IV di ritorno dal Concilio di Ferrara. Nel XVI secolo fu abbellita la facciata in stile toscano dove spicca il portale. Nel 1607 fu acquistato da Pietro Lardi, nobile ferrarese inviato dagli Estensi a Fanano in qualità di commissario; la famiglia Lardi ne mantiene tuttora la proprietà. L’annessa Torre dell’Orologio, un tempo a guardia della porta del castello, fu innalzata nel 1609 per far posto al meccanismo con campanone dell’orologio, opera di un valente artigiano locale. Rimasta di proprietà del Comune è stata oggetto di completo restauro nel corso del 2005».
http://www.comune.fanano.mo.it/Storia/Monumenti.html
«Il toponimo compare nelle forme Saletta e Salata. La località è posta su una strada che, staccandosi dalla provinciale, scende al Rio Torto per poi risalire fino al castello di Monfestino, identificata come un'antica strada ducale. Il palazzotto della Salata di Festà fu la residenza della famiglia Nobili che discendeva dai Malatigni, i potenti feudatari delle omonime rocche situate presso i Sassi di Roccamalatina. L'edificio, ascrivibile al primo cinquecento, riveste particolare interesse storico e architettonico. La torre porta alla sommità pregevoli elementi di colombaia e un soffittino di gronda in mattoni disposti a denti di sega e mensole del tipo a T, mentre le finestre della torre e dell'abitazione sono in arenaria variamente decorate e conservano all'interno gli usuali sedili in pietra. Nella costruzione spicca, per la raffinata decorazione rinascimentale, un bellissimo portale architravato datato 1516, opera, come di altri nella zona, di mastro Antonio d'Ambrosino, probabile architetto dell'intera, elegante costruzione».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_d4.htm
FESTÀ (torre campanaria, resti delle mura, casa Rastelli)
«Si giunge al borgo di Festà seguendo le indicazioni dal fondovalle, per ripidi tornanti in direzione Pavullo. La sua posizione, quasi a picco sulla Valle del Panaro, ne fece la sede di un'importante roccaforte in età medievale. Oggi rimangono parte delle mura ed una torre, alta una ventina di metri, adibita a campanile. La Chiesa, che occupa il luogo dell'antico castello, è dedicata alla Natività della Vergine ed è in stile neoclassico, composta da una navata centrale ed una sola navata laterale. Aggrappato al colle, sotto la Chiesa, merita la visita un complesso di edifici in pietra denominato Casa Rastelli. La presenza della famiglia Rastelli in Festà è documentata fin dal XVI secolo e la casa che tuttora porta questo nome dimostra agiatezza e decoro. Diversi corpi di fabbricato sono collegabili ad una torre con cornicione di colombaia in laterizio a denti di sega, completata da una piccola altana. Notevoli sono due portali in arenaria, uno dei quali con architrave modanato, l'altro decorato da motivi geometrici. Completa la corte un oratorio datato 1711 dedicato a san Francesco di Paola, che presenta la tipologia usuale nell'area appenninica modenese. Un'interessante loggia, che presenta su un lato colonne monolitiche in arenaria che sostengono travature in legno con mensole finemente scolpite, collega l'oratorio ad un altro edificio che ospita il forno e vani di servizio».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_d3.htm
FINALE EMILIA (castello delle Rocche)
PRIMA E DOPO IL SISMA DEL MAGGIO-GIUGNO 2012
«Il Castello delle Rocche mantiene intatto l'impianto quattrocentesco ed è il monumento che più si identifica con la città. Fu costruito nel 1402 da Nicolò III d'Este che ne affidò i lavori a Bartolino Ploti, autore dei castelli di Ferrara (1385) e di Mantova (1395). Un fossato lo circondava su tre lati, mentre sul quarto il fiume costituiva un naturale elemento di difesa. Nel 1425 Giovanni da Siena lo adatta a residenza degli Estensi. Vengono abbattute parte delle cortine merlate per dare luce al prezioso loggiato a tre ordini. Gli interni vengono affrescati ad opera di pittori e decoratori. E viene costruito un elegante ingresso al castello per via d'acqua sul lato est. Divenuto di proprietà comunale nel 1864, il castello fu sottoposto ad una prima serie di importanti interventi di restauro e consolidamento a partire dal 1896. Fino alla metà del ‘900 il castello è sede delle carceri mandamentali. Intorno agli anni '80 viene intrapreso il lungo e ambizioso progetto di restituire funzionalità pubblica all'edificio. Parallelamente ai lavori di restauro, interrotti e ripresi più volte, sono state effettuate ricognizioni archeologiche che hanno permesso di conoscere le strutture più antiche dell'edificio, nonché di recuperare preziosi reperti archeologici oggi esposti nel Museo Civico. Il castello è sede del Museo Civico e viene aperto al pubblico su prenotazione ed in occasione di eventi».
http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/38/344
FINALE EMILIA (torre dell'Orologio o dei Modenesi)
PRIMA E DOPO IL SISMA DEL MAGGIO-GIUGNO 2012
«Del 1213 è La Torre dei Modenesi, o dell’Orologio, dichiarata monumento nazionale; è dotata di un’edicola superiore contenente la più grande campana di bronzo di Finale (1055 kg.) rifusa nel 1770; alta 32 m. è collegata ad un’altra torre minore in via Torre Portello».
http://www.vacanzeitinerari.it/schede/finale_emilia_sc_3329.htm
«"Fu una rocca fortificata nel tempo gramo dell’ Italia, ora è un giardino verdeggiante", recita una lapide posizionata nel giardino. Tito Livio la menziona in una cronaca del 487, la notizia è certa, meno l’identificazione geografica. Certa è invece la bolla col la quale nel 1038 Bonifacio VIII la cedette in dono al Vescovo di Modena-Nonantola. Attorno alla Rocca di Fiumalbo, strategicamente importante perché in zona confinaria, punto strategico per il controllo della vallata e passaggio obbligato tra Emilia e Toscana, si svolsero cruente battaglie per il controllo del territorio e per l’utilizzazione dei pascoli delle e zone d’ alpeggio e dei boschi sulle cime della Val di Luce, del Balzo delle Rose, del Giovo. In epoca più recente Fiumalbo fu alleato ma mai sottoposto agli Estensi condizione che indusse il Duca di Modena Francesco III a demolire la fortificazione nel timore che potesse passare in mano al nemico. Il terreno che poteva avere la consistenza di un dirupo brullo e riarso fu acquistata assieme ad altra proprietà dal podestà del paese Giov. Battista Coppi che con opera da certosino acquistò anche il Mulino del Danti posto alla sua base, una miriade di orticelli circostanti fino a compattare lo spazio attuale. Iniziò l’opera ciclopica della costruzione delle gradonate che la circondano, della scalinata d’ accesso, il recupero dei fabbricati. Documenti d’epoca rappresentano la torre secondaria in corso di ristrutturazione mentre la torre principale figura smantellata e diruta. La torre secondaria porta la data del 1859, nel 1878 le vestigia della torre principale sono scomparse, il loro posto è occupato dall’ attuale casa d’ abitazione. La pianta della casa è inconsueta per l’epoca e studiata con idee innovative, tre vani ogni piano completamente disimpegnati, generosa finestratura sui lati Est, Sud, Ovest parete cieca a Nord. Il fabbricato conserva ancora tutte le caratteristiche della costruzione, originaria, muri di pietra di forte spessore, solai di legno di castagno, mobili della tradizione artigianale dell’epoca. Nella torre minore, posta in posizione leggermente più elevata sono ricavati quattro vani è notevole l'ubicazione che permette di spaziare su tutta la vallata. Sempre nelle foto del 1860 si vedono apparire nel giardino le prime piante che ora hanno dimensioni imponenti. ...».
http://www.agenzialarocca.it/beb%20la%20rocca/index.html
FOGLIANO (torre d'avvistamento o torre "della strega")
«Il territorio di Fogliano è un susseguirsi di orti e giardini ben tenuti e di case ben integrate con il paesaggio. Qui si può godere ancora di una benefica oasi di pace e di silenzio, con strade immerse nel verde e animali al pascolo nei prati. La parte più abitata di Fogliano è Torre delle Oche. La sua chiesa è dedicata al Santo Redentore. Il cimitero di Fogliano risale al 1808. Sulla strada per Fogliano si scorgono i resti di una antica torre di avvistamento risalente al XIII secolo».
http://www.maranellocity.com/ita/info_dettaglio.aspx?cod=4
«Con i suoi 800 anni e oltre, il Castello di Formigine si presenta come una formidabile “macchina del tempo”. A questo straordinario viaggio, dal Medioevo fino ai giorni nostri, è dedicato il Museo Multimediale, che conserva e racconta al visitatore la storia del castello e dei suoi abitanti Le indagini archeologiche condotte nel castello, dal 1998 al 2006, hanno permesso di far luce sulle origini di Formigine. In questo luogo, fin dal X secolo, sorgeva una chiesa dedicata a San Bartolomeo, con un ampio spazio adibito a cimitero. Nel tempo, la chiesa divenne un punto di aggregazione per la popolazione delle terre circostanti, fino alla formazione di un abitato. Un’importante tappa nello sviluppo di questo insediamento fu la fortificazione del luogo, che avvenne nel 1201, anno in cui il Comune di Modena decise di assicurarsi il controllo del territorio per contrastare il rivale Comune di Reggio Emilia. Dalla fine del ‘300 il castello passò sotto il controllo delle varie signorie locali: gli Adelardi, i Della Rosa, gli Estensi ai quali fu sottratto dai Visconti, per essere poi concesso in feudo ad Azzo da Castello al quale seguirono, dal 1405, i Pio. Questa signoria trasformò la fortificazione in castello-residenza, dando ad essa l’aspetto che conserva tuttora, con palazzo marchionale e parco interno inseriti in una cinta muraria, munita di quattro torri angolari e di un corpo di guardia. Nel 1599 con la morte di Marco III, ultimo discendente dei Pio di Savoia, Formigine torna agli Estensi che, nel 1648, lo cedettero in feudo ai Calcagnini ai quali rimase per tre secoli.
Restauri, rifacimenti in stile e completamenti caratterizzano gli ultimi due secoli (XIX e XX), dai quali emerge una netta distinzione tra funzione pubblica e funzione signorile del castello. Nell’aprile del 1945 il centro di Formigine subisce devastanti bombardamenti aerei che danneggiano anche il castello, dove periscono molti di coloro che qui avevano cercato rifugio, tra i quali i conti Calcagnini, proprietari della rocca. Nel 1946 il castello fu acquistato dall’Amministrazione comunale per trasformarlo in nuova residenza municipale. Dopo i restauri ultimati nel 2007 il castello è un luogo che ospita eventi ed è sede del Museo e Centro di documentazione allestito con le installazioni multimediali e interattive di Studio Azzurro, centro milanese di ricerca artistica, che dialogano con la ricerca scientifica diretta dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, raccontando luoghi, persone e storie del passato. Il parco interno al castello si presenta come una rigogliosa arena verde dove le antiche torri fungono da scenografico fondale e dove è possibile visitare l’area archeologica che conserva i resti dell’antica pieve e le tracce dell’annesso cimitero medievale. Le sale del castello possono essere affittate per eventi istituzionali. È presente anche un ristorante negli splendidi ambienti affrescati dall’artista di fama internazionale David Tremlett e un’enoteca dove si possono gustare vini e cibi tipici».
http://www.castellidimodena.it/page.asp?IDCategoria=287&IDSezione=5876
«L’asprezza del paesaggio che si offre alla vista di chi percorre la salita alla rupe scoscesa di Gaiato conserva la memoria di un oscuro passato. Risale comunque, come Pavullo, all’insediamento dei Liguri Friniates, che fecero di Gaiato un ottimo punto di controllo e di difesa. Collocato a m. 926 s.l.m., l’antica torre di Gaiato, unica testimonianza rimasta di un importante castello, fu costruita sulla sommità di un monte dalla singolare forma conica e rappresenta il punto più alto del territorio di Pavullo. La parte vecchia di Gaiato conta solamente poche case raggruppate intorno alla chiesa e di scarso rilievo. La parte nuova di Gaiato (Pianelli) si è sviluppata sul colle che domina il vecchio nucleo da cui dista circa 3 km. ed attualmente rappresenta il centro economico e turistico della frazione. La chiesa di Gaiato fu costruita in località "Mercatello" nel 1755 e fu dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Da vedere sono i borghi medioevali di Oppiano, Ca’ Bagata, Mercatello, La Ca’, Piano del Monte, Ca’ Brusiano».
http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/canali_tematici/frazioni/gaiato.aspx
Gargallo di cantone (Torre Stoffi)
a
cura di
Federico Trombi
«Situata nel comune di Polinago, la Podesteria è la parte più importante di quanto è rimasto conservato dell'antico Castello, edificato su di un cinghio impervio a dominio della valle del torrente Rossenna, tra boschi e crinali calanchivi, a 450 metri di altitudine. Oggi, la Podesteria di Gombola è un attrezzato ostello, con 54 posti letto complessivi ricavato nella vecchia casa del Podestà, recentemente ristrutturata nel rispetto delle forme originarie e dei principi della moderna bioedilizia. I vecchi camini, i pavimenti in pietra e in legno, le oscure prigioni, le scalette anguste, la veranda panoramica, le stanze, sia piccole che collettive, ricevono sempre nuovi amici e visitatori. ...».
http://www.parcomedioevo.it/_ita_medioevo/luoghi_dettaglio.aspx?cod=32
GUIGLIA (castello, torre del Pubblico o dell'Orologio)
«L'antico Castello di Guiglia, distrutto da un violento incendio nel 1361 venne ricostruito in circa quarant'anni, e completato verso la fine del XIV secolo. A tale fase è ascrivibile la torre attuale e l'ala orientale del castello, un tempo munita di ponte levatoio. Danneggiato dal terremoto del 1571, fu successivamente oggetto di saccheggi fino a quando, nel 1630, il Marchese Francesco Montecuccoli iniziò lavori di radicale trasformazione dell'antica rocca in sontuosa residenza nobiliare della sua famiglia. In tale occasione fu rimosso il ponte levatoio e chiusa la vecchia porta a oriente, furono ampliati gli appartamenti e creato un nuovo e prestigioso accesso, l'attuale, costituito da un alto portale sormontato da un timpano sostenuto da colonne attraverso il quale si accede ad una loggia decorata da pregevoli stucchi. All'interno delle mura esisteva anche un convento di Carmelitani, con l'annessa chiesa. Alla fine dell''800 il castello fu messo all'asta perché gli eredi dei Montecuccoli non pagavano le tasse e in seguito fu trasformato in albergo. Il pregevole complesso, dopo travagliate vicende, è infine divenuto di proprietà comunale. La torre del Pubblico, collocata davanti all'originario ingresso della rocca, (risalente presumibilmente da una data letta dallo storico Giannotti all'anno 1535), ha pianta quadrata, portale in cotto ad arco a strombo ed è sormontata dalla cella campanaria arretrata dotata di campana seicentesca. L'edificio attiguo sembra fosse la Casella in cui si svolgevano le adunanze della Comunità. Nei pressi del Castello sorge l'Oratorio della Madonnina che fu fatto costruire alla fine del XVII secolo da Ottavia Caprara, vedova del marchese Giambattista Montecuccoli, per ospitare un'immagine dipinta su carta della Beata Vergine di San Luca, precedentemente collocata su un pilastrino posto presso la ripa del Campo superiore ed alla quale erano attribuiti numerosi miracoli. La costruzione fu terminata dal figlio Raimondo nel 1715 e pochi anni dopo vi fu traslata l'immagine. ...».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_c2.htm
IDDIANO (torre, resti del castello)
«...Dell'antico castello, di cui si parla ancora in una cronaca del 1630, restano solo alcuni elementi significativi: un percorso che gira intorno al monte sul probabile tracciato delle mura, tratti di sottomurazione, alcuni edifici costruiti direttamente sul ciglio del poggio, altri ai piedi con funzione residenziale e naturalmente la torre. La torre di Iddiano, di rilevanti dimensioni, a pianta rettangolare, con muratura del tipo "a filaretto", presenta nel basamento alcuni rappezzi nella muratura (lato Ovest) indicativi forse della presenza di un vano cisterna scavato nella roccia; l'ingresso attuale è stato ricavato a piano terra, sotto al vano del portale originario sopraelevato, che presenta un arco leggermente ribassato in conci perfettamente integrati nella muratura. Sulla parete Nord del secondo piano si trova un portale a tutto sesto a vano strettissimo che doveva comunicare con la dimora feudale costruita nel sito della chiesa attuale. Si notano feritoie a forte strombatura interna e al quarto piano, sui lati Est ed Ovest, finestrelle con architrave arcuato. La parte superiore è stata ristrutturata per ricavare la cella campanaria con apertura su quattro fronti di bifore in un vano di sagoma archiacuta».
http://www.appenninoonline.com/escursioni/pavullo/iddiano.html (a cura di Claudio Caselgrandi)
«La torre di Lavacchio è probabilmente l’unica torre di vedetta rimasta nel Frignano caratterizzata da una sezione più snella delle torri difensive e da una cortina muraria priva di finestre. Il recinto della torre è ancora rilevabile nelle tracce del terrapieno che la circonda. La chiesa di S. Anna, consacrata nel 1552, presenta un campanile a vela sviluppato sul protiro centrale coperto con volta a botte e sovrastante bifora, secondo una particolare tipologia che l’apparenta a quella maggiore di Montecuccolo. Sul piazzale antistante la chiesa sorge ancora la vecchia canonica, mentre il cimitero, una volta sistemato sul sagrato, è stato spostato in un recinto a valle della chiesa».
«Le prime notizie certe del Castello di Levizzano, eretto come baluardo difensivo contro gli Ungari, sono contenute in un documento datato 890 dal quale risulta che apparteneva alla chiesa di Modena. In questo periodo era, forse, semplicemente costituito da una rocchetta, cinta da un fossato. Altre notizie troviamo in un documento del 1038, riguardante la concessione del castello, da parte del vescovo di Modena, al marchese Bonifacio di Toscana, padre di Matilde di Canossa. Intorno al Mille la fortificazione era decisamente ampia. Alla fine del IX secolo, si presentava come un semplice insediamento fortificato di 2750 mq e, in caso di assedio, poteva ospitare tutta la popolazione della zona con animali e masserizie. La struttura consisteva in una cinta muraria, al centro della quale era posta la torre detta "Torre Matildica", di forma quadrata, avente anche la funzione di mastio ossia luogo di comando, essendo residenza del signore, mentre nella zona sud è ubicata una cappella dedicata ai SS. Adalberto ed Antonino, ora sconsacrata. Dagli inizi del sec. Xll appartenne alla famiglia Levizzani, fino al 1337. Nel 1342 il castello di Levizzano passò alla famiglia Rangoni, che lo tenne fino alla conquista napoleonica (fine del XVIII sec.). La successiva introduzione della polvere da sparo e l'uso di armi più potenti obbligò i feudatari a costruire nuovi mezzi di difesa, come le mura di fortificazione, che furono rinforzate o ricostruite. A partire dal sec. XII il complesso fortificato fu restaurato e ampliato; in particolare, accanto alla torre posta a protezione dell'ingresso al Castello, venne eretta una parte del Palazzo feudale, destinato ad essere ingrandito attraverso vari interventi successivi, per prendere il posto del mastio (Torre Matildica) come dimora del Signore. è probabile risalga nello stesso periodo la costruzione di una galleria sotterranea, che unisce il corpo del Castello alla Torre.
Intorno al XVI secolo, consolidatosi il potere dei Rangone e mutate le condizioni sociale e politiche, gli edifici subirono importanti trasformazioni: venne assumendo più importanza la funzione residenziale e si dedicarono alla sistemazione del Palazzo signorile. Risalgono infatti a questo periodo le cosiddette "Stanze dei Vescovi", al pianterreno, il cui soffitto presenta affreschi degni di nota. Stemmi di famiglia ornano il soffitto a cassettoni, insieme con fregi e figure allegoriche; nella fascia alta delle pareti, all'interno di riquadri, sono affrescate scene di ambiente cavalleresco, bozzetti d'argomento amoroso, momenti di caccia, ma anche paesaggi rurali con piccoli villaggi, castelli, che richiamano i luoghi circostanti. Le dimensioni e la struttura del Castello rimangono invariate nel corso dei secoli seguenti. La torre Matildica, fin dalle origini, aveva funzioni di avvistamento, ma rappresentava anche un luogo di comando - mastio -, dato che vi si trovava l'abitazione dei signori del castello. La torre Matildica attuale, posta ad oriente, non può essere quella originaria, se non molto trasformata. Si hanno notizie certe, tra l'altro, di restauri effettuati dalla famiglia Rangoni nel XVIII secolo, all'epoca in cui fu rifatta la chiesa all'interno del castello. Di pianta quadrata, con struttura muraria mista in mattoni e pietra, è coronata da un apparato a sporgere, in mattoni, forse quattrocentesco o della seconda metà del secolo XIV, costituito da mensolette, che reggono merli di foggia ghibellina, fra loro uniti superiormente da archi, che portano il tetto a quattro falde. Gli interventi di restauro sono stati effettuati nell'Ottocento e nel Novecento, dopo che il Castello venne in possesso del Comune di Castelvetro e gli importanti lavori di recupero terminati nel 2007, hanno interessato oltre il 70% dell'intero fabbricato, sia all'esterno che negli interni, rendendolo perfettamente funzionale. Da porre in particolare evidenza il restauro delle stanze dei vescovi, con il recupero degli antichi soffitti lignei e delle decorazioni affrescate. I lavori, in gran parte finanziati con fondi del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, hanno consentito di recuperare un immobile di valenza storica culturale unico nel suo genere; e che oggi si presenta utilizzabile a tutti gli effetti».
LIGORZANO (torre della Bastiglia)
«Ligorzano compare per la prima volta in una carta dell'Archivio capitolare di Parma del 1039 col nome di Legorzanum Castrum, che indicava probabilmente l'antico fortilizio costruito a sostegno del Castello di Monfestino del quale rimane la torre merlata detta “Torre della Bastiglia”. ...».
http://www.mondonatura.info/davedere/ligorzano.html
«Anche questa località [Medolla] vanta un passato illustre, le cui tracce sul territorio sono purtroppo andate perdute per successivi rimaneggiamenti. Rimangono in vista alcuni baluardi di notevole interesse storico. Nella frazione di Malcantone è visibile un’imponente torre a cinque piani - muro con base a scarpa, cordolo e marcapiani in cotto - quale testimonianza della presenza di un notevole complesso fortificato quattrocentesco appartenente ai Montecuccoli, importante famiglia modenese. La torre di Malcantone è uno degli esempi di torre-fortezza meglio conservati dell’intera provincia. Prima di proseguire lungo l’itinerario, merita percorrere le strade poco frequentate di Medolla, che vanta le presenza di ben 17 corti rurali e ville padronali con annesso parco per lo più risalenti al Cinque-Seicento».
http://www.provincia.modena.it/allegato.asp?ID=26166
MANZOLINO (palazzo Griffoni-Aldrovandi)
«Questo elegante edificio, le cui origini si perdono nei secoli più lontani, si trova a Manzolino; sembra che già nel XIV secolo, in questo medesimo luogo dove allora si trovava il terrapieno delle mura del castello, sia stato costruito un importante palazzo in stile gotico che fungeva da abitazione signorile di una famiglia di cui però non è stato tramandato il nome. Agli inizi del '500 apparteneva invece ai conti Griffoni di Bologna, i quali provvidero ad atterrare l'antica costruzione per edificarne una nuova usando anche le pietre delle stesse mura. Il nuovo palazzo era di proporzioni assai più modeste rispetto all'attuale, aveva finestre piccole e quadrate ed una sola porta d'ingresso si apriva verso levante. Nel 1666 la torre delle mura, costruita dall'Abbazia di Nonantola nel 1034, crollò sul fabbricato costruito appena un secolo e mezzo prima, se ne rese allora necessaria l'immediata ricostruzione. La nuova struttura non subì altri interventi fino all'ultimo decennio del '700 quando fu ceduta al conte Pietro Aldrovandi di Bologna il quale apportò modifiche sostanziali al complesso per renderlo più consono al gusto del tempo. Nel 1807 il conte Pietro donò il palazzo alla Comune di Manzolino, successivamente l'edificio fu acquistato dai Rosa. L'attuale proprietà, infine, ha disposto provvidenziali lavori di ristrutturazione e conservazione che hanno rinnovato il prestigio architettonico dell'antica dimora».
http://www.comune.castelfranco-emilia.mo.gov.it/servizi/Menu/dinamica...
«Situato in una posizione strategica, come sentinella all'accesso nel Frignano, il castello, ancora esistente, fu costruito verso l'anno Mille da una nobile famiglia di Marano, gli Arardini o Araldini. Si sospettava che fosse di origine "matildica": infatti Matilde di Canossa fu signora di Modena durante il Sacro Romano Impero e fece costruire numerose chiese e castelli nell'Appennino reggiano e modenese. Dopo alterne vicende, il maniero fu acquistato nel 1936 dal professor Giuseppe Graziosi, pittore e scultore di fama, che vi abitò e vi lavorò. Oggi il castello appartiene a privati e non è visitabile».
http://www.maranello.it/kcms/KWeb/Viewer.aspx?pkEntity=cd8384e9540d4d5c95b646f33037c190...
MARANO SUL PANARO (Colombarone o villa Montecuccoli)
«Nel 1676 una rovinosa inondazione causata da una piena del Panaro distrusse le coltivazioni tra Marano e Vignola, alterando il corso del fiume. Per evitare analoghi pericoli futuri, Giovanni Battista Montecuccoli, feudatario di Guiglia e di Marano, costruì dighe e sbarramenti che riportarono il Panaro nel suo antico alveo, verso Guiglia e Savignano, bonificando la zona. Sulle Bonificazioni di Marano il marchese Montecuccoli costruì poi una residenza di campagna composta da una grande torre a colombaia (da cui il nome) sovrastante un loggiato con pilastri ed archi a tutto sesto. L'assetto attuale della costruzione, oltre alla predetta torre con cornicione di colombaia in cotto e soffittino di gronda a sguscio, consta della villa padronale, di abitazioni per i braccianti, della scuderia e dell'antica bigattiera per la coltura del baco da seta. Le finestre e le bifore, di gusto neo- romanico, rilevabili in un'ala del vasto fabbricato, denunciano l'eclettismo degli interventi delle ristrutturazioni ottocentesche. Nella scala di ingresso, un bassorilievo in marmo riproduce lo stemma dei Montecuccoli».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_d1.htm
MARANO SUL PANARO (resti del castello dei Montecuccolo, borgo)
«Marano sul Panaro è un paese antichissimo e il suo territorio fu abitato fin dall'Età del bronzo. La storia del paese si identifica fin dal Medioevo con quella del suo castello di cui si ignora la data di costruzione, ma che è citato dalle fonti d'archivio già nel 1100. Attorno al castello sorsero le abitazioni del borgo, la chiesa, il cimitero e Marano, ricco e ben munito, si inserì nel gioco politico delle grandi città, in particolare di Modena e Bologna. Fu parte della lotta tra Guelfi e Ghibellini e fu di proprietà degli Estensi e soggetto ad altre importanti signorie. ...».
http://www.parcoluoghidellanima.it/_ITA_ANIMA/luoghi_dettaglio.aspx?cod=41
MIRANDOLA (castello dei Pico di Mirandola, palazzo Ducale)
«Il Castello di Mirandola
costituiva un complesso molto imponente, composto da diversi edifici
costruiti in epoche differenti. In tutta Europa, a partire dal XVI secolo,
acquistò fama di roccaforte leggendaria ed inespugnabile. Orgoglioso simbolo
del potere militare della famiglia Pico, il Castello era rappresentato dal
poderoso e massiccio torrione fatto erigere da Giovan Francesco II Pico nel
1499-1500 su progetto di Giovan Marco di Lorenzo da Lendinara. L’edificio
risultava solidissimo ed isolato, in quanto non era possibile accedervi se
non tramite un ponte levatoio che metteva in comunicazione la torre con il
terzo piano di un vicino fabbricato del Castello. Questa costruzione
rientrava peraltro nel progetto pichense di poter sempre più valorizzare
città e signoria, emulando in grandezza e splendore i centri di Mantova e
Ferrara, che potevano vantare magnifiche dimore signorili.
Nel Quattro/Cinquecento. Nel corso degli anni, il Castello di
Mirandola ebbe modo di qualificarsi come vasta e splendida reggia, in cui
era possibile ammirare diversi spazi di nobile ed alto pregio artistico. Tra
il 1465 ed il 1467 si registrò un episodio artistico di altissimo livello
all’interno del Castello, allorchè un grande protagonista dell’arte
rinascimentale, il ferrarese Cosmè Tura, realizzò un ciclo di dieci tavole –
andate perdute – per la biblioteca del Castello, su commissione di Giovan
Francesco I Pico. Durante la seconda metà del 1400 le stanze del Castello
ospitarono la nascita di due personaggi di grandissimo rilievo: Giovanni
Pico innanzitutto, una delle figure fondamentali e cruciali del pensiero
dell’Umanesimo e del Rinascimento, e Giovan Francesco II, anch’egli
importante filosofo e uomo di cultura. E fu proprio quest’ultimo, che resse
con alterne fortune lo stato mirandolese, a costruire nel fossato del
Castello l’”isola giardino” (1524), luogo ameno e destinato alla meditazioni
del Principe umanista. L’isola venne distrutta anni dopo per lasciar spazio
al bastione difensivo del Castello, che venne successivamente adibito a
giardino di corte.
Nel Seicento. Nel Seicento il Castello accrebbe splendore e
magnificenza grazie al mecenatismo dei Pico e alla loro volontà di affermare
il prestigio della propria corte. Alessandro I Pico fece perciò costruire
nella zona nord-orientale del Castello due “quartieri” che costituirono un
vero e proprio nuovo palazzo ducale. Al loro interno artisti come Jacopo
Palma il Giovane e Sante Peranda affrescarono numerose sale e diverse opere
d’arte vennero collocate all’interno degli appartamenti signorili. Molte di
queste opere andarono perdute, ed altre (ritratti di esponenti della
famiglia Pico e le tele dei cicli pittorici “Età del mondo” e “Storia di
Psiche” di Sante Peranda) furono trasportate al palazzo ducale di Mantova,
dove sono tuttora conservate. Sotto il Ducato di Alessandro II Pico il
Castello si ampliò ulteriormente grazie alla costruzione della “Galleria
Nuova”. Questo fabbricato, caratterizzato dalle ampie arcate rivolte a nord
in direzione delle campagne ed affrescato dal pittore Biagio Falceri, fu
realizzato per accogliere un’importantissima quadreria acquistata dal Duca
Alessandro II a Verona nel 1688. Questa ala del Castello, che ospitava 300
opere, includeva dipinti provvisti di straordinarie attribuzioni, con nomi
di artisti quali Leonardo da Vinci, Raffaello, Caravaggio, Tiziano e molti
altri.
Nel Settecento e oltre. Il Castello di Mirandola raggiunse così verso
la fine del XVIII secolo il momento della sua massima estensione e del suo
pieno fulgore. Esso occupava un vasto quadrilatero all’estremità nord-ovest
della pianta di Mirandola. Si trattava di un grande quadrilatero, chiuso
intorno da un fossato e con le caratteristiche proprie di una città nella
città. Nella zona nord orientale di tale quadrilatero sorgevano le residenze
ducali, fra la piazza e l’attuale viale Circonvallazione. Nell’area
retrostante sorgevano i giardini e s’innalzava il grande torrione di Giovan
Francesco II. Nella zona meridionale il quadrilatero era chiuso da tre
torri, una delle quali, affacciata sull’attuale piazza Costituente, venne
abbattuta nel 1883. All’interno di questo grande complesso vi erano
magazzini, prigioni, sale dell’archivio e della macelleria, grandi cantine,
il pozzo, il mulino, l’orto botanico, locali di servizio e di presidio
militare, l’arsenale. A partire dei primi decenni del Settecento il Castello
di Mirandola iniziò a subire pesantissime distruzioni e modifiche che ne
alterarono pesantemente i caratteri e comportarono un periodo di grave
decadenza per questo nobile ed importante edificio. Fu creato così un teatro
d’opera sfruttando parte degli ambienti del palazzo ducale, a cui si
aggiunsero varie manomissioni tra Otto e Novecento.
è stato ufficialmente
restituito alla città il 4 giugno 2006 il Castello dei Pico. L’edificio è
stato completamente ristrutturato con un intervento pari a 20 milioni e 440
mila euro. Il Comune di Mirandola ha contribuito acquistando una parte dei
locali restaurati con 8 milioni e 180 mila euro. Al Comune spettano inoltre
le spese di gestione e di promozione delle iniziative, che sono state
stimate in circa 180 mila euro l’anno. La Ras Assicurazioni Mirandola, che
ha contribuito con un milione e 192 mila euro, vi ha ricavato la sua nuova
sede. ...».
http://www.castellopico.it/index.asp?ind=storia.htm&idLingua=1 - http://www.castellopico.it/index.asp?ind=storia_oggi.htm
«Questo elegante palazzo signorile, da ritenersi incompiuto verso nord, fu edificato nella seconda metà del XV Secolo. Originariamente di proprietà della famiglia Buffali, già nel 1518 il palazzo passò alla famiglia Bergomi al quale rimase per parecchi decenni. Nell’800 fu acquistato dai Montanari e quindi - nel 1898 - venne acquistato dalla Cassa di Risparmio di Mirandola, che ne detenne la proprietà fino al 1912. Palazzo Bergomi, con l’odierno fronte porticato che chiude la prospettiva sul lato ovest della piazza, ha assunto l’aspetto attuale nei primi anni del ‘900, dopo essere stato sottoposto a interventi di restauro finalizzati».
http://www.terredipico.it/page.asp?id=38&id2=17&id3=24
«Questo importante edificio, sede del Comune, esisteva già prima del 1468, anno in cui fu edificato - per volere della contessa Giulia Boiardo Pico - il loggiato prospiciente la piazza Costituente. Alla fine dell’Ottocento si rende necessaria una pesante ristrutturazione, con totale demolizione e ricostruzione del loggiato ad opera dell’arch. Vincenzo Maestri di Modena. Le colonne del loggiato riportano le unità di misura in uso all’epoca. è del 1784 la realizzazione dell’odierna piazza Mazzini, che rende necessario demolire le case adiacenti al palazzo per lasciare spazio ad un porticato per il commercio del grano, nelle forme di un loggiato molto semplice in stile tuscanico, opera dell’ingegnere mirandolese Angelo Scarabelli-Pedoca. Nel 1928-1930, l’architetto Mario Guerzoni riorganizza gli spazi interni del palazzo, progettando la chiusura del cortile centrale e la sistemazione di un imponente scalone interno. All’interno ormai non resta più nulla delle vecchie strutture del palazzo, è tuttavia da segnalare la "Sala Granda", che si estende per tutta l’area del loggiato e che presenta un interessante soffitto in legno a cassettoni. Nella sala sono collocati alcuni dipinti provenienti da edifici mirandolesi».
http://www.terredipico.it/page.asp?id=38&id2=17&id3=7
MIRANDOLA (palazzo della Ragione)
«Unico esempio mirandolese di architettura pubblica medievale, il palazzo nacque per ospitare il Podestà. In origine la struttura si presentava con un porticato a due larghe arcate rotonde sull’antifacciata ed una ad arco acuto, di cui rimangono solo pochi indizi impressi nella muratura della facciata odierna».
http://www.terredipico.it/page.asp?id=38&id2=17&id3=8
«Camminare per Modena offre la possibilità di addentrarsi, all’interno del centro storico, tra strade e viottoli che conservano tutt’ora un aspetto tipicamente medievale. In particolare chi desideri seguire un itinerario tra angoli di autentico medioevo dovrà perdersi nelle vie intorno a Largo San Giacomo, e alla Chiesa di San Giacomo, nei pressi del Duomo. Qui sono ancora visibili gli antichi archi sporgenti in cotto, e molte sono le case che conservano un’impronta e un assetto medioevale. Un susseguirsi di case accostate, come a stringersi in un unico complesso, si appoggiano l’una sui muri portanti dell’altra. Lunghe file di stretti porticati costruiscono un tracciato di vie asimmetriche. La costruzione dell’impianto urbano di questa zona venne infatti influenzato dalla presenza dei canali, che un tempo si intrecciavano nel cuore della città. È possibile tracciare un vero e proprio itinerario della città, alla scoperta dei palazzi del centro storico, tra i quali si devono ricordare almeno Palazzo Ferrari Moreni in via Rua Muro 60 e, al n. 78, Palazzo Ghisellini, mentre in via dei Servi, strada che attraversa una delle zone più antiche della città, si dovrà fare una sosta per ammirare le eleganti arcate rinascimentali di Casa Morano, Casa della Valle, e ancora le decorazioni fittili rinascimentali di Casa Agazzotti, nonché il cinquecentesco Palazzo Fontana. Proseguendo per Corso Canalchiaro, al n.70 si ammirerà la sobria austerità del quattrocentesco Palazzo Fogliani, mentre al n. 269 di via Emilia sorge superbo e signorile Palazzo Solmi, che, ad esclusione di alcuni archi gotici superstiti, ha perduto l’impronta medievale, in virtù del rimaneggiamento settecentesco che gli conferì l’attuale nobile facciata tripartita e sopraelevata al centro».
http://www.volipindarici.it/pianidivolo/modena/mo_06.htm
MODENA (palazzo Comunale, torre dell'Orologio)
«Fa da cornice al lato nord-orientale di Piazza Grande il bel porticato del Palazzo Comunale realizzato rispettando il modulo originario adottato da Raffaele Rinaldi detto il Menia nel progetto seicentesco, fu compiuto a più riprese e completato nel 1825 con l'aggiunta di tre arcate alle cinque già esistenti sul lato destro. Nelle sue forme attuali l'edificio presenta una coerente unitarietà nata dal lavoro di uniformazione e compenetrazione di una serie di singoli edifici costruiti in epoche diverse come sede della Comunità e successivamente, a partire dal XVII secolo, ristrutturati e armonizzati allo scopo di organizzarli in un unico omogeneo complesso edilizio. Attualmente, i locali al piano terra posti sotto al portico orientale, presentano una serie di bassorilievi che decorano l'arco di ingresso della "Loggia delle contrattazioni", opera di Benito Boccolari e Dante Zamboni (1938). La Torre dell'Orologio sorge nel luogo ove pare esistesse l'antico torrazzo che fungeva da Arengario del Popolo e assume l'aspetto attuale fra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI secolo. Nel 1480 il quadrante dell'orologio venne decorato con gli stemmi Estense e della Comunità da Francesco Bianchi Ferrari. Nel 1508 venne eretta, su disegno di Bartolomeo Bonascia, la cupola ottagonale al vertice della torre e nel 1520 venne costruita la balaustrata che corona la mole quadrangolare. Nel 1730 un nuovo orologio, opera di Ludovico Riva, venne istallato, mentre nel 1868 Ludovico Gavioli ideò quello che ancora oggi si trova nel palazzo, con due quadranti: uno in Piazza Grande e l'altro in Piazzetta delle Ova, distante ben 40 metri ma funzionante con lo stesso meccanismo. Nel 1761 venne costruita, per opera di Domenico Puttini, la balaustrata in marmo che recinge il balcone dell'Immacolata: la statua della Madonna venne qui collocata nel 1805. Un'altra statua della Madonna col Bambino e San Giovannino, opera in terracotta di Antonio Begarelli oggi conservata presso il Museo Civico d'Arte di Modena, aveva in precedenza ornato la facciata del palazzo. Il corridoio di accesso al Palazzo e la Sala della Torre Mozza. L'entrata principale si trova in Piazza Grande: qui, all'altezza della prima arcata del portico ad oriente, si apre il grande scalone rinascimentale di accesso che immette alla loggia, dalla quale si accede all'interno del palazzo, dove sono visitabili alcune sale del primo piano. Attraverso un corridoio ornato da opere di pittori modenesi della seconda metà dell'Ottocento si accede, a destra di fianco all'ascensore, alla Sala della Torre Mozza, così chiamata perché è qui ancora visibile il muro di un'antica torre civica che testimonia le origini medievali del Palazzo. ...».
http://www.unesco.mo.it/palazzo_comunale.php?unesco=28b0002cb4afab1d0f19c40222df08c7
«Nella sua lunga storia Modena raggiunge il massimo splendore nel Seicento diventando capitale dello Stato Estense. Nel 1598 il duca Cesare trasferì da Ferrara a Modena la residenza della corte Estense, dando così prestigio e benessere alla città geminiana. Il vecchio castello esistente, le cui origini risalgono al 1288, mal si sposava con le esigenze di una corte raffinata e amante del lusso come quella estense. è proprio sull’antico maniero che il nuovo duca Francesco I, nel 1634, inizia la costruzione di una nuova dimora, affidando il compito all’architetto Vigarani prima e a Bartolomeo Avanzini poi. Il risultato è davvero eccellente con una costruzione dalle caratteristiche barocche importanti che ancora oggi viene ammirata come uno degli esempi italiani più prestigiosi di questo stile particolare. La sua lunga facciata con corpo centrale sopraelevato e due torrioni alle estremità è imponente; le grandi finestre, decorate da balaustre con statue, danno direttamente su Piazza Roma ora degli Estensi nel cuore del centro cittadino. Dalla porta centrale si accede al Cortile d’onore e quindi al suggestivo Scalone d’onore che conduce direttamente alle eleganti sale della Corte Estense. Arrivati nei piani superiori ecco il Salone d’Onore con il suo soffitto affrescato nel Settecento dal Franceschini, a seguire altre sale tutte riccamente decorate. Merita una particolare citazione il famoso Salottino d’oro, ovvero lo studio di lavoro del duca Francesco III, che nel 1756 lo fece arredare con pannelli interamente rivestiti di oro zecchino; una ulteriore testimonianza dello sfarzo della corte Estense. Con la fine del Regno Estense avvenuta nel 1859, con l’abbandono del duca Francesco V, si conclude la storia di Modena capitale e della sua corte dopo tre secoli di splendore, lasciando però in eredità alla città monumenti ed opere di grande valore. Dal 1947 il Palazzo Ducale è diventato la sede della prestigiosa Accademia Militare dell’esercito italiano. All’interno del Palazzo Ducale è possibile visitare la preziosa Biblioteca e il Museo storico dell’Accademia con cimeli delle guerre risorgimentali e delle due guerre mondiali. Ogni anno il Palazzo Ducale ospita la suggestiva cerimonia del giuramento degli allievi ufficiali e alcuni concerti durante il festival delle bande militari che si svolge a Modena nel mese di luglio».
http://www.terredimodena.it/il-palazzo-ducale-di-modena
«A fianco dell'abside del Duomo, si proietta verso l'alto, agile e slanciata, nelle sue armoniose proporzioni, la torre Ghirlandina, simbolo della città di Modena. Il vezzeggiativo con cui i modenesi l'hanno battezzata ha origine dalle balaustre in marmo che ne incoronano la guglia, "leggiadre come ghirlande". Edificata come torre campanaria del Duomo, la Ghirlandina ha tuttavia rivestito fin dalle sue origini un'importante funzione civica: il suono delle sue campane scandiva i tempi della vita della città, segnalava l'apertura delle porte della cinta muraria e chiamava a raccolta la popolazione in situazioni di allarme e pericolo. Le sue possenti mura custodivano la cosiddetta "Sacrestia" del Comune, dove erano conservati i forzieri e gli atti pubblici, come la celebre trecentesca Secchia rapita (ora in copia), vile e supremo oggetto di contesa tra modenesi e bolognesi nell'infuriare della storica battaglia di Zappolino (1325). Il dibattito sulla cronologia della Ghirlandina è tuttora aperto perché mancano, per le prime fasi costruttive, fonti storiche dirette, andate perdute in un incendio nel corso del Duecento. I primi cinque piani della torre furono probabilmente eretti in epoca romanica e terminati entro il 1169 o 1179, come dimostra un'iscrizione incisa su un rilievo a motivi vegetali di reimpiego murato nel paramento lapideo al di sopra della seconda cornice marcapiano, sul lato orientale della torre. L'ultimo piano e la guglia ottagonale, squisitamente gotica e in origine ornata da numerose guglie, furono innalzati su disegno di Enrico da Campione tra il 1261 e il 1319. L'esterno della Ghirlandina è caratterizzato da un ricco apparato scultoreo e da un rivestimento lapideo per il quale è stato utilizzato molto materiale di reimpiego proveniente da Mutina romana, come è stato dimostrato dalle indagini scientifiche effettuate durante la recente campagna di restauro iniziati nel 2007. Ogni cornice marcapiano è caratterizzata da archetti pensili semplici o intrecciati e da protomi figurate, molte delle quali sono state sostituite con mensole geometriche in occasione di passati restauri. Negli spigoli delle prime tre cornici, vi sono inoltre dei prestigiosi blocchi angolari scolpiti con figure fantastiche desunte dai bestiari medievali (prima cornice), figure animali (seconda cornice) e figure umane (terza cornice). All'interno della Ghirlandina, al quinto piano si trova la cosiddetta Stanza dei Torresani, un tempo abitata dai custodi della torre, nella quale si possono ammirare degli importanti capitelli scolpiti probabilmente dagli stessi Maestri Campionesi. I più importanti sono il Capitello dei Giudici, il Capitello di David e il Capitello dei leoni».
http://www.unesco.mo.it/ghirlandina.php?unesco=28b0002cb4afab1d0f19c40222df08c7
«La frazione di Monfestino e il suo castello rappresentano la storia del territorio serramazzonese. Non si conosce l'epoca della sua costruzione. La fortificazione, per la sua posizione strategica, essendo posta su uno sperone che domina la sottostante pianura, quasi certamente costituiva un avamposto dello sbarramento difensivo del Castro Feroniano, mentre la parte inferiore assunse il nome di Terra della Balugola, divenendo proprietà della Chiesa di Modena che l'infeudò ad una famiglia che dal luogo prese il nome: i Da Balugola. Il Feudo comprendeva: Farneta (oggi Riccò) dove avevano il castello i Balugola, Pazzano, Valle, Rocca S. Maria, Montagnana, Selva, S. Dalmazio, Ligorzano, Fogliano, S. Venanzio, S. Stefano, Festà, Ospitaletto, Coscogno. Nel 1239, a seguito della penetrazione nelle prime colline degli armati bolognesi e dei Savignano i Balugola subirono l'incendio e la distruzione del loro castello di Farneta. Tutto il territorio del Feudo, con il passare del tempo, venne occupato dai Savignano che si insediarono nella turrita fortificazione di Monfestino rimanendovi sino al 1364, anno in cui ne ricevettero, da parte del Marchese di Ferrara la custodia. I da Savignano governarono ufficialmente la Podesteria di Monfestino sino al 1406, quando dopo un'ennesima ribellione, Nicolò III d'Este mandò contro di loro il fedelissimo capitano Uguccione Contrari, che li vinse sotto le mura della loro fortificazione di Savignano portandoli prigionieri a Ferrara. A seguito di ciò, ad Uguccione Contrari fu donata anche la Podesteria di Monfestino. Con la morte cruenta, avvenuta a Ferrara nel 1575, di Ercole Contrari, terminò la dinastia dell'importante famiglia Contrari. Durante l'occupazione napoleonica (1796-1814) e il periodo della restaurazione (1814-1859) le singole comunità della Podesteria di Monfestino subirono parecchie e differenti aggregazioni ad altre realtà territoriali e comunali. Quando finalmente nel 1859 fu ricostituita l'antica Comunità, Monfestino aveva però già perduta la sua importanza strategica rispetto a un borgo posto sulla strada che congiungeva Modena alla Toscana e l'Europa al centro Italia: Serramazzoni».
http://www.parcoluoghidellanima.it/_ITA_ANIMA/luoghi_dettaglio.aspx?cod=16
MONTALBANO (resti del castello)
«È attestato per la prima volta nel 1186 in un atto di vendita che viene redatto entro il castello di Montalbano. Le poche vestigia di tale castello (resti di poderosi portali a tutto sesto e di murature quattrocentesche) furono inglobate nel secolo XVII nella nuova canonica dove rimangono visibili nel lato sud est. Lo stesso toponimo Il Cassero tuttora testimoniato nella tradizione popolare, rimanda alle strutture difensive del castello. Anche il borgo sottostante, al centro del quale sorge la splendida Chiesa di Santa Maria Assunta, un tempo era fortificato ed era possibile accedervi solo da tre porte, purtroppo demolite in tempi recenti. Nella piazzetta del borgo primeggia il loggiato cinquecentesco sostenuto da colonnette caratterizzate da raffinati capitelli. Numerosi nel borgo sono i portali in arenaria, di varie forme, che vanno dal tipo a mensole o a ogiva quattro/cinquecentesca, per culminare nel seicentesco portale in tufo che segnava l'accesso alla corte dell'antica osteria del paese. È presente nel borgo anche un portale ad arco a tutto sesto in mattoni, recante sopra la volta un bassorilievo che raffigura uno stemma. Proveniva da Montalbano l'antica famiglia dei Bondigli alla quale appartenne Giuseppe Maria, insigne giurista, Consigliere di Stato e Segretario del duca Francesco III d'Este».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_c6.htm
MONTE ORSELLO (resti della rocca)
«Il nome di Monte Orsello è da collegarsi più che all'omonimo animale a quello di qualche notabile Orso o Orsello. Il luogo fu sede di un castello passato in potere dei Bolognesi in seguito al testamento del Marchese Azzo d'Este nel 1308 ma già alla fine dello stesso secolo tornò ad assoggettarsi agli Estensi. Dopo un periodo di appartenenza ai feudi dei Contrari (XV secolo) e dei Boncompagni fece parte, fino alla fine del Settecento, del Marchesato di Vignola sotto la giurisdizione di Savignano. Di questo ricco passato restano alcune testimonianze in alcune costruzioni dell'antico abitato. ... Della rocca originaria rimangono testimonianze in un voltone di passaggio in conci in arenaria e in una torre trecentesca con copertura a due falde, paramento murario a conci di arenaria a filaretti regolari e coppi d'angolo invetriati. A valle della torre, dove si diramano le due strade che portano alla parte alta del borgo è situato l'oratorio seicentesco di San Pellegrino detto dell'Ospitalino in riferimento all'ospizio qui esistente nella seconda metà del XVI sec. Costeggia il borgo l'antica Casa Cantelli, ove nacque Jacopo Cantelli, insigne "cosmografo ducale" del quale è detto più diffusamente nella sezione dedicata a Ville, Corti e Torri colombaie».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_c3.htm
MONTEBARANZONE (ruderi del castello)
«Il paese di Montebaranzone, frazione del comune di Prignano è situato a più di 500 metri di altitudine sulla strada che da Sassuolo conduce a Serramazzoni e Prignano. è sicuramente un luogo di grande interesse storico per le sue vestigia matildiche. Si trova citato per la prima volta in un atto di donazione di terreni del 1307. Il nome deriverebbe dal pre-latino "barranca", burrone. La storia del paese è legata alla figura di Matilde di Canossa, una delle donne più importanti della storia italiana. Fanno menzione di questo luogo le storie per malattia grave di cui sofferse la Contessa nell'anno 1114, in età di sessantasette anni. Proprio per volontà di Matilde, come ricorda il Bucciardi, fu eretto il castello di Montebaranzone, munito di torri e di un muro di cinta comprendente anche un sito residenziale. La Contessa amava molto questo luogo dove era solita trascorrere lunghi periodi. Colpita da una grave malattia nell'anno 1114 venne a Montebaranzone per trovare un po' di tranquillità e curarsi con l'acqua che sgorgava in località "fontana fredda". Nel 1197 Montebaranzone, punto di convergenza di un ampio territorio circostante, si sottomise a Modena. Della fortificazione matildica oggi non restano che pochi ruderi, visibili sulla cima del monte Castello. Sono le tracce delle basi della rocca nella parte più elevata, dove ora si trova una maestà di recente costruzione. Lungo il rapido percorso che porta al borgo si notano tracce di una casa torre con finestrella monolitica a tutto sesto e altre a feritoia. Più avanti alcune case conservano traccia di portali trecenteschi in conci squadrati con rosa a quattro punte nella chiave d'arco».
http://www.parcomedioevo.it/_ita_medioevo/luoghi_dettaglio.aspx?cod=45
«Dell’antico insediamento fortificato di Montebonello rimangono solo la torre e alcuni edifici contigui di indubbio impianto medievale, nonché la chiesa, ampliata nei secoli successivi. Il complesso è arroccato su un’altura rocciosa circondata dal percorso che immette alla piazzetta antistante la pieve. Sulla piazza si affaccia un lungo fabbricato composto da varie unità edilizie che si sono progressivamente sostituite alle fabbriche medievali, conservando solo l’impianto planimetrico e consistenti tracce murarie. Accanto alla pieve, di indiscusso valore storico-artistico, sorge la canonica, saltuariamente utilizzata come residenza turistica. La torre è in pessime condizioni e necessita di un intervento di recupero».
«In un documento del 998 d.C, relativo al distretto del Castrum Ferionianum, divenuto ormai una circoscrizione o distretto giurisdizionale civile e militare corrispondente all'intero territorio del Frignano, compare la prima menzione di Montecenere. Nel 1394 Montecenere viene infeudato da Gaspare Montecuccoli, sotto la cui casata rimase fino al 1797; fu a capo di Podesteria, alla quale appartenevano Olina e Camatta, ma nel XVIII secolo fu aggregato a quella di Montecuccolo. La Rocca Montecuccoli è una torre di dimensioni imponenti a pianta rettangolare (8x7 mt.) con muratura di rilevante spessore, del tipo a filaretto. La parte basamentale si allarga a scarpa ma non presenta riseghe rispetto alla parte superiore. Il piano terra originariamente non aveva accessi dall'esterno e risulta diviso da un muro di spina in due vani coperti a volta. Il portale originario era notevolmente sopraelevato secondo un accorgimento tattico difensivo già in uso presso i Bizantini e adottato in tutte le torri medioevali della zona. Sulla torre sono presenti due portali a vano molto ristretto, uno sul lato est, l'altro su quello ovest ed è quest'ultimo che bisogna ritenere portale d'accesso, per la lavorazione particolarmente curata e massiccia del parametro murario, per la particolare dislocazione planimetrica a filo con la parete interna del vano già riscontrata nelle altre torri del Frignano centrale. Il portale opposto poteva dare accesso ad un ballatoio ligneo o ad un ponte volante che lo metteva in comunicazione con il resto della dimora feudale, ora scomparsa. Sotto questo portale, in posizione centrale, si aprono una feritoia e, in asse con questa, in alto, una monofora arcuata a doppia strombatura, piuttosto rara in una torre. Sulla parete sud della torre campeggia una finestra di dimensioni maggiori, di introduzione più tarda, probabilmente rinascimentale; in particolare evidenza su questo lato sono i buchi lasciati per il ponteggio alla quota di imposta del basamento. Questa torre doveva essere il mastio (torre primaria, più alta e forte) del castello».
http://www.parchidicultura.it/_ita_medioevo/luoghi_dettaglio.aspx?cod=46
«La frazione di Montecorone dista dal capoluogo circa 6 km, ed è situata sulla via omonima, traversa che congiunge le due provinciali per Bazzano e per Vignola. è ubicato in Montecorone il Sasso di Sant'Andrea, monolite di arenaria visitato e scalato dai turisti. Da ricordare anche la sorgente di acqua solforosa curativa. ... Nel 1279 venne attestata l'esistenza di un castello cinto da un muro di fortificazione, nel 1408 fu uno dei castelli donati dal Marchese Nicolò III ad Uguccione dei Contrari che lo unì alla podesteria di Savignano del Marchesato di Vignola, con il quale condivise le vicende politiche. La Chiesa di Santa Giustina nominata per la prima volta nel 1277, domina il borgo di impianto medievale di pregiata bellezza, contraddistinto da edifici di pietra decorati da portali di arenaria e finestre ad arco, e dal seicentesco oratorio di San Rocco. Di grande interesse storico paesaggistico è l'insediamento cinquecentesco di Zocchetta vecchia, già documentato nel 1271, composto da diverse costruzioni con decorazioni in arenaria, e da una caratteristica edicola votiva del XVII secolo. Di pregio artistico sono anche il nucleo settecentesco di ca' Barattini, una corte chiusa comprendente una casa padronale con oratorio, una abitazione rurale, e l'oratorio della Natività della Vergine».
http://www.zocca-viva.it/montecorone/montecorone.htm
«Il castello o meglio “rocca di Montecreto” è una fortificazione medievale i cui tratti salienti sono ancor oggi visibili sulla sommità del monte al termine di Via Castello. In particolare lo schema di accrescimento edilizio della fortificazione è basato sul mastio (la parte più antica), ancora oggi presente, trasformato in campanile, da più ordini di mura che racchiudono il nucleo più antico (podium della rocca) e la stessa Via Castello. Attualmente, oltre al mastio rimane l’aspetto tipicamente ambientale in quanto da esso sono visibili i castelli e le torri circostanti che sfruttavano un antichissimo sistema di avvistamento incrociato dei nemici. Sul “podium” della rocca è collocata anche la Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista, pesantemente rinnovata nel Seicento occultando una costruzione più antica; al suo interno sono visibili molte opere d’arte come i leoni stilofori che reggevano i piedritti del portale della rocca (sec. XIV), il fonte battesimale di scuola toscana (sec. XVI), l’arco e l’affresco del distrutto Oratorio di S. Rocco (sec. XVI), il pulpito in arenaria di scuola toscana (sec. XVI), il crocifisso medievale di scuola toscana (sec. XIV-XV) ed alcune interessanti pale d’altare su cui spicca un quadro di Ascanio Magnanini, pittore Fananese del Cinquecento. STRADA MEDIEVALE FORTIFICATA (Via Castello): La strada che dalla piazza porta al sito dell’antica rocca medievale rappresenta un esempio unico in tutto il Frignano di nucleo fortificato in cui le stesse case, addossate le une alle altre costituiscono una vera cortina impenetrabile. La strada interna, lastricata in masselli di arenaria è racchiusa tra due ali di antiche case che conservano portali, motivi araldici, edicole votive e frammenti di reimpiego tipici dell’edilizia medievale e rinascimentale frignanese. CASA BORRA (Via Castello): Casa Borra è la più importante abitazione storica del paese; il grande palazzo cinque-seicentesco presenta una corte interna sulla quale si affacciano le due ali residenziali con ampio sporto di gronda sorretto da imponenti travature. Al centro delle coperture svetta una torre colombaia che presenta un cordolo in arenaria che divideva i locali sottostanti dalla colombaia stessa. Ad ogni angolo della casa, inferiormente alle mensole del sottotetto, sono presenti alcune “marcolfe” (maschere apotropaiche in arenaria) scolpite ad altorilievo a simbolica guardia della casa e dei suoi abitanti.».
http://www.comune.montecreto.mo.it/canali_tematici/montecreto_1/visitare.aspx
«Il Castello di Montecuccolo, con l'annesso borgo medievale sorge nella località omonima (m. 873 s.l.m.) a circa 3 km dal centro di Pavullo. La prima menzione scritta della località "mons qui vocatur Cuculi" risale al 1027, epoca in cui viene occupato da una famiglia di feudatari che il Sorbelli ritiene discesa dalla Germania. Il Comune di Pavullo nel 1961 ha acquistato il castello e ha promosso, a partire dal 1970, un progetto generale di restauro tendente al completo recupero funzionale di tutto il perimetro costruito. In particolare nel 2009 cade il IV centenario dalla nascita (1609-2009) del Generale Raimondo Montecuccoli. Cosmopolita ed “europeista”, il Montecuccoli viene celebrato con un importante progetto di valorizzazione del Castello dove nacque Saranno conclusi entro l’anno il progetto relativo all’attivazione della foresteria dove trovano sistemazione i servizi di accoglienza e l’allestimento di una sezione storica e biografica dedicata a Raimondo Montecuccoli. Questa nuova offerta culturale intende rappresentare il coronamento dell’anno montecuccoliano con l’apertura di una vetrina dei prodotti enogastronomici del territorio e l’attivazione di un laboratorio permanente per attività didattiche affini rivolte alle scolaresche. Insieme ai nuovi allestimenti, con le collezioni artistiche “Il Paese ritrovato” di Gino Covili e “Raffaele Biolchini” grafiche e sculture, e con il Museo Naturalistico del Frignano “Ferruccio Minghelli”, il Castello si offre oggi al pubblico in una veste compiuta e accogliente proponendo un percorso culturale e turistico che unisce arte, storia e scoperta del territorio.
L’impianto architettonico è estremamente interessante e corrisponde alla tipologia classica del castello medioevale. Si rileva infatti la torre principale isolata nel punto più elevato del monte e il palazzo feudale ingrandirsi per corpi di fabbrica successivi (sempre staccati dalla torre per garantire da questa l’estrema difesa), contestualmente a tre cinte murarie concentriche e convergenti sul mastio, fino ad abbracciare tutta la sommità del monte. Questo tipo di struttura a compartimenti è comune ad altri grandi castelli del vicino scacchiere matildico, come Canossa e Carpineti, cui Montecuccolo è legato anche per altri aspetti tipologici e formali. La fabbrica assume quello sviluppo lineare fortemente direzionato, costituito da cinque corpi fortemente integrati col cortile-giardino interno alle mura. L’impianto Castello di Montecuccolo viene completato con la costruzione del “corpo di guardia” all’interno della terza cinta e il consolidamento del borgo fortificato sottostante disposto in modo tale da formare con di S. Lorenzo, costruita sul posto delle antiche scuderie una quarta formidabile cerchia di mura. Il materiale di costruzione, pressoché esclusivo, è il sasso (arenaria macigno), impiegato sia per le pietre della murata, sia per le lastre di copertura, abbinati al legno dell’ordito strumentale dei solai e del tetto. Per quanto l’architettura sia improntata a criteri di massima essenzialità e severità, consoni alla tipologia e all’epoca dell’insediamento, essa è fortemente caratterizzata da una diffusa e spiccata maestria scalpellina, specialmente evidente nel torricino della scala a chiocciola, nella lavorazione dei portali, delle finestre e sedili contrapposti nei frontoni degli splendidi camini superstiti con stemmo sbalzati dal vivo della pietra, tra cui meritano di essere segnalati due esemplari presenti nel borgo».
MONTEFIORINO (rocca, torre del Mercato)
«Situato tra macchie boscose e verdi pascoli ricchi di fiori ed erbe aromatiche, il paese si trova su un colle da cui si può osservare lo splendido panorama dei monti Cimone e Cusna. La sua storia è legata indissolubilmente a quella della rocca, che domina il paese, e dalla quale è possibile ammirare a nord est, sul Monte Santa Giulia, il santuario (antica Plebs de montibus), a est Costrignano e Susano, di fronte Vitriola, con il borgo medievale, e in basso Savoniero. La storia di Montefiorino ha inizio nel 1060, data della sua fondazione da parte di Beatrice di Lorena, ma la rocca fu eretta nel 1170 dagli abati Bernardo e Guglielmo da Montecuccolo per proteggersi dal pericolo delle incursioni modenesi. Era inizialmente di struttura massiccia, fortificata. Attorno ad essa sorsero nel 1235 le mura del castello più volte distrutto e ricostruito. Fra il 1318 e il 1320 fu edificata la Torre del Poggio, detta Torre del Mercato, superstite dell'ultima cinta di mura del castello. Montefiorino fu teatro di incursioni e battaglie (ad es. nei pressi di Saltino fra l'esercito dei Montecuccoli e le milizie di Passerino da Bonacolsi nel 1320), ma rimase possedimento dei Montecuccoli, poi fu sotto il dominio estense fino al 1452 e podestà ducale sino all'epoca del dominio francese. Durante i secoli la rocca sostenne vari assedi, fu distrutta, incendiata, rimaneggiata fino all'odierna struttura di 13 metri. Nel 1944 Montefiorino fu nuovamente sede di distruzione da parte dei nazifascisti, che accusavano la popolazione del luogo di simpatizzare per le formazioni partigiane. Fu in questo anno che la rocca divenne sede della Repubblica Partigiana di Montefiorino, prima manifestazione di volontà democratica popolare, che ebbe vita autonoma fino all'agosto dell'44. Oggi la rocca è sede comunale, e all'interno si possono ancora vedere le loggette del cortile e i sotterranei-prigione; vi ha sede il museo storico della resistenza partigiana».
http://modena.itinerarionline.it/colline_modenesi_montefiorino_sc_3390.htm
MONTEFORTE (ruderi del castello)
«Del castello di Monteforte restano alcune importanti vestigia: le mura di cinta e quelle interne, una torre campanaria, l’oratorio, la cisterna e il portale trecentesco di accesso che è stato trasformato, dopo la distruzione del maniero, in cella campanaria. Anche la chiesa del castello, oggi Oratorio di S. Antonino, è giunta fino a noi ed è possibile ammirare al suo interno gli affreschi del XV secolo, riportati alla luce, agli inizi degli anni ‘70, dal prof. Uber Ferrari. Citato tra i castelli più potenti del Frignano, la sua origine, con tutta probabilità, risale al XI sec., periodo in cui ne sorsero molti altri nella zona. Monteforte fu a lungo Comune, e nel XIII sec. ebbe Capitani propri, che erano in amicizia ora coi Bolognesi, ora coi Modenesi. Nel 1340 si era assoggettato agli Estensi. Questi ne investirono i Monteccucoli, che lo unirono alla Podesteria di Montese. Come Rocca di confine, Monteforte subì incursioni, assalti, incendi, omicidi, ruberie, ecc…da parte dei Bolognesi. Le continue discordie con la famiglia “Tanari” di Gaggio Montano ne segnarono la storia».
http://lollox80.ilbello.com/index.php?option=com_content&view=article&id=73&Itemid=244
«Il Castello di Montegibbio si innalza su un poggio, nelle prime colline sassolesi, a circa 6 km. dal paese. I diversi edifici sono disposti attorno ad una corte centrale, la cui forma, ellittica, ne testimonia l'adattamento alla sommità della collina. Le prime notizie del borgo medievale risalgono al X sec.: stando ai documenti il castello fu innalzato nel 920 dai canonici della Cattedrale di Parma per difendere dalle incursioni degli Ungari i territori in loro possesso (Castellarano, Sassuolo e Fiorano oltre a Montegibbio). Fu poi ceduto a Bonifacio di Canossa e tra XI e XII sec. ebbe un importante ruolo strategico per la figlia Matilde. All'inizio del '300 passò ai della Rosa, signori di Sassuolo, che lo fortificarono nel 1321. Raso al suolo nel 1325 da Francesco Bonaccolsi, capitano di Modena e ghibellino, fu ricostruito nel 1326. Montegibbio e il suo castello seguirono poi le sorti di Sassuolo, passando agli Estensi nel 1375 e ai Pio nel 1499. Nel terremoto del 1501 il castello fu rovinato totalmente. Nel 1599 passò di nuovo sotto agli Este insieme a Sassuolo, ma nel 1636 la terra di Montegibbio fu ceduta alla famiglia dei conti Boschetti che ricostruirono il castello e tennero il feudo fino al 1676. Dopo vari passaggi nel 1851 il castello divenne proprietà della famiglia Borsari e subì un totale rifacimento: i lavori di ricostruzione e restauro terminarono nel 1872. Dell'architettura medievale è rimasto solo il mastio, che, sebbene alterato, conserva ancora l'originario portale sopraelevato. All'interno del borgo, cui si accede attraverso un portale in pietra arenaria e laterizio (nella prima foto a lato, di Luigi Ottani come le seguenti, il portale e, sullo sfondo, il mastio), si trovano alcuni fabbricati rustici, il Palazzo Signorile, la Chiesa di San Pietro e la canonica. Gli interni del Palazzo, affrescati con temi e motivi di gusto medievale, sono ancora arredati con mobili, tendaggi, lampadari e suppellettili originali. Nel 1970 il castello fu acquistato da imprenditori sassolesi. Dal 1972 è proprietà del Comune di Sassuolo, della Provincia e del Comune di Modena.Nel maggio 2003 all'interno della corte è stata inaugurata l'Acetaia comunale di Sassuolo, curata dai custodi dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena - Comunità di Sassuolo».
http://www.sassuolonline.it/montegibbio.htm
MONTEQUESTIOLO (torre, resti del castello)
«Il nome dell'insediamento è da ricollegarsi al toponimo Mons Cristioli latino. La località di Montequestiolo, come risulta dai reperti ora conservati presso il Museo Civico Archeologico di Modena, fu sede di un insediamento riferibile all'età del bronzo recente, XIII secolo a.C. Durante il Medioevo vi sorgeva un castello infeudato alla famiglia Montecuccoli ed una chiesa che fu sede parrocchiale. La residua torre del castello con poca terra colà situata appartenne alla famiglia Rangoni a partire dal 1626. Dell'antica rocca rimane ora la predetta torre databile al XIV secolo e coronata, forse nel tardo cinquecento, da elementi di colombaia e rondonaia e da un cornicione di gronda in tufo. Un portale trecentesco ad arco a tutto sesto rilevabile nella parte alta della parete nord collegava la torre, attraverso probabili strutture lignee, alle vicine costruzioni del castello. Ben conservato è il vano della cisterna, adiacente la torre. Ai piedi del castello si trova l'antico borgo, un tempo disposto a corte chiusa, di cui restano alcuni edifici tra cui uno cinquecentesco che ha subito pesanti interventi di restauro e che presenta nella facciata un portale ad arco a tutto sesto. Al suo interno, nell'ampia cucina, è conservata tuttora la pavimentazione in lastre di arenaria e un pregevole camino con architrave elegantemente inciso. Lungo le scale che portano al piano superiore rimangono tracce di motivi decorativi dipinti».
«In mancanza di testimonianze documentarie ed archeologiche certe, si può supporre che la Rocca venisse edificata nella prima metà del XIII secolo. Il castello fu assaltato ed incendiato già nel 1254, quando gli abitanti si ribellarono al Podestà di Bologna Bartolomeo Fuga, uccidendo anche il castellano. A causa degli accaniti e continui scontri tra bolognesi e modenesi subì danni molto pesanti, tanto che nel 1390 fu necessario provvedere ad una ricostruzione, successivamente alla quale il castello passò al conte Cesare Montecuccoli. Probabilmente a questa fase risale l'assetto attuale della Rocca, mentre la torre fu completamente ricostruita nel 1393. Dopo un periodo di relativa calma, le furiose lotte tra le famiglie Tanari e Montecuccoli durante il XVI secolo danneggiarono la Rocca, che fu oggetto di significativi restauri a partire dalla metà del secolo successivo. Da alcune relazioni sullo stato della Rocca, redatte nel 1666, si ricava che nella cinta muraria - molto più articolata di oggi e comprendente anche la chiesa e la canonica - si aprivano quattro porte; oltre all'edificio che vediamo ancor oggi esistevano un altro vasto corpo di fabbrica che inglobava la base della torre, tre prigioni, orti e frutteti. Il tutto versava in un pessimo stato, e l'edificio sotto la torre era già parzialmente crollato. Per tutto il '700 si susseguirono perizie sullo stato della Rocca, crolli parziali e frettolose ricostruzioni; restauri più accurati furono eseguiti dopo il 1840 - a questa fase risale il camminamento sopraelevato con le bombardiere lungo la cinta muraria interna, costruito con le macerie dell'antico edificio ormai demolito - e nel 1888 fu risanata anche la torre. Dopo i pesantissimi danni subiti durante i bombardamenti del 1945, e la frettolosa ricostruzione del dopoguerra, la Rocca è stata accuratamente restaurata e definitivamente restituita all'uso pubblico nel 1998».
http://www.museo.comune.montese.mo.it/web_italiano/museo_rocca.htm
MONTETORTORE (resti del castello)
«La menzione più antica dell'insediamento risale al 1179 quando viene citato in una donazione di terre. Fin da tempi molto antichi il borgo fu fortificato e il castello fu, per la sua posizione geografica assai favorevole, ripetutamente conteso fra i Comuni di Modena e Bologna, fino alla sua distruzione avvenuta nella prima metà del '200. Esso era stato infatti edificato in posizione tale da impedire ogni ulteriore costruzione che ne limitasse la vista. Esso venne tempestivamente ricostruito e conobbe nei secoli alterne vicende venendo danneggiato da battaglie e dall'incuria. Sono tuttora presenti alcune testimonianze di questo edificio, costituite da resti di muri con un portale ad arco a sesto acuto del torrione, da una delle torri trasformata in campanile nella prima metà dell'800, da un'interessante cisterna coperta da una poderosa volta a botte. La chiesa, più volte ingrandita nel tempo e che aveva subito gravi danni dall'ultimo conflitto mondiale, è ora interamente restaurata. La sua dedicazione, fin dal medioevo, a San Geminiano, rivendicava l'appartenenza del castello alla città di Modena. La vasta canonica, anch'essa restaurata, è il frutto di diverse fasi costruttive intorno ad un primitivo nucleo quattrocentesco, tuttora testimoniato da un portale in arenaria che reca tracce di gravi incendi e da feritoie dell'epoca».
MONTOMBRARO (resti del castello, borgo)
«La prima menzione del castello di Montombraro risale al 1110; dopo essere stato distrutto nella spedizione dei bolognesi del 1271, la sua area di appartenenza politica si spostò alternativamente dai Comuni di Modena a quello di Bologna a causa della sua posizione di confine. Nel 1409, Niccolò III lo diede, con altri castelli, ad Uguccione dei Contrari che lo aggregò alla Podesteria di Savignano di cui seguì le vicende politiche fino al 1797. Sull'antica area castellana sorge la vecchia chiesa parrocchiale, di epoca tardo trecentesca, a cui sono annessi un piccolo cimitero ed il campanile. La chiesa di S. Salvatore domina il centro storico che conserva il suo impianto originario. Un importante complesso è il collegio S. Carlo, edificio settecentesco di belle proporzioni situato al centro del paese. Interessante anche il complesso di casa Erbolani. Da segnalare, in area privata ma visibile, la presenza del castagno secolare con il tronco di otto metri di circonferenza, considerato di età millenaria, che una non documentata ma gentile storia racconta fosse l'albero sotto il quale riposò Matilde di Canossa. Nell'area sono presenti altri castagni secolari posti in filari seguendo il cosiddetto "impianto matildico"».
http://www.appitour.it/it/appitour/place/montombraro/
MONTOMBRARO (torri di Fontanini di Sotto)
«Il nucleo dei Fontanini è, senza dubbio, tra quelli di maggiore interesse storico ed architettonico dell'intero territorio di Zocca. Il toponimo prende il nome dalla presenza di una sorgente di grande portata. Ad una prima casa torre, ora abbassata, coronata da una colombaia con cornicione in mattoni disposti a denti di sega, è collegata una serie di fabbricati nei quali si apre un portico passante costituito, a monte, da un'unica apertura ad arco a sesto ribassato e a valle da due poderose arcate. Al centro della corte un fabbricato, nuovamente adibito ad abitazione dopo un accurato restauro, presenta finestre in arenaria di notevole pregio artistico: al piano inferiore sono del tipo ad arco a sesto acuto, mentre al piano superiore sono architravate con cornice modanata a sguscio e raffinate decorazioni che ne permettono la datazione al pieno cinquecento. Nella parete a monte di quest'ultimo edificio si segnala una balestriera in arenaria. L'alta torre cinquecentesca che sovrasta il nucleo è caratterizzata da un doppio ordine di aperture di colombaia e da un raffinato soffittino di gronda costituito da mattoni disposti in mensole a T e in corsi a denti di sega. Le finestre della torre, ora tamponate, sono poste unicamente sul lato che si affaccia sull'antica strada medievale e denotano chiaramente l'originaria destinazione abitativa della costruzione. Dalla cronaca del Capitano Ercole Auregli sappiamo che gli abitanti dei Fontanini si salvarono dalla peste del 1630».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_d12.htm
«è una frazione circondata da importanti castelli e fortificazioni. La sua Torre, una delle più rilevanti testimonianze dell’architettura medioevale montana, dominava il versante di Niviano, imponendosi sul paesaggio ondulato e scosceso. Svolse un importante funzione di collegamento con Monteobizzo, Gaiato, Lavacchio e Verica. La chiesa di Montorso, oggi modernamente ristrutturata, è situata ai piedi del monte ove sorge l’antica torre ed è dedicata a S. Margherita di Antiochia».
http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/canali_tematici/frazioni/montorso.aspx
«L’importanza del borgo, sorto sul percorso che collegava quasi in linea retta i paesi di Pompeano, Montegarullo, Miceno, Monzone, Camatta e Olina, è chiaramente attestato dai resti del recinto fortificato e dalla torre, collocata su un affioramento roccioso in posizione elevata (ora trasformata in campanile). Raccolti intorno al primitivo recinto fortificato, rimangono diversi caseggiati per lo più in pessimo stato di conservazione, in parte rimaneggiati o ristrutturati ed ampliati di recente. L’antico “palazzo comunale” rappresenta il punto focale della struttura urbana di Monzone e con la sua mole domina le altre costruzioni che si affacciano sulla piazzetta. La funzione pubblica e di governo, come pure l’evidente carattere di rappresentanza del palazzo, hanno evidentemente richiamato per la sua esecuzione maestranze comacine già attive agli inizi del XIV sec. nell’Appennino Tosco-Emiliano. Numerosissimi sono infatti gli elementi architettonici decorati con simbologia comacina. Al palazzo propriamente detto, segue sulla strada, un edificio impostato alla stessa altezza e con finestre allineate a quelle della “Domus Comunis Fregnani”; il fatto denota un ampliamento dello stesso palazzo per esigenze occorse in un periodo successivo, ampliamento del tutto organico, come denota anche la continuazione della cornice al secondo piano e la lavorazione più semplice ed anonima dei particolari architettonici. L’aspetto attuale del palazzo, pur mantenendo la sua imponenza, risulta mortificato dai condizionamenti imposti dall’uso privato, sotto forma di ristrutturazioni più o meno compatibili».
«I primi documenti storici sul territorio di Nirano compaiono a partire dall'XI secolo: nel 1078 viene nominata per la prima volta la chiesa di S. Lorenzo di Nirano, dipendente dalla vicina pieve di Rocca S. Maria. Dal secolo successivo é documentata la presenza di un castello, che era parte di una linea di fortificazioni lungo il Fossa. L'organizzazione del territorio ruotava attorno a questo borgo fortificato e al villaggio di Villa, ma case sparse erano situate sulle dorsali delle colline, dove boschi e terreni brulli si alternavano a vigneti, piantagioni di fichi e oliveti; alcuni olivi secolari rimangono ancora oggi tra Villa e Nirano. Durante le lotte tra guelfi e ghibellini il castello subì vari assalti e incendi; nel 1386 entrò a far parte dei possedimenti degli Estensi, dai quali venne ceduto nel 1499 ai Pio di Savoia. Nel castello di Spezzano, tra le cinquecentesche vedute che illustrano i possedimenti di Marco Pio e della moglie Clelia Farnese, il castello di Nirano compare cinto di mura e munito di torri difensive. Ma già nel 1603 il conte Paolo Brusantini lo descriveva così: "Ci è Nirano il cui castello per essere anch'egli diroccato e picciolo il territorio non ho che dirci sopra, solo che il sito é ameno, pieno di vigne, olive e fertile assai; è buona gente ch'attende a lavorare...". Nel 1609 Nirano tornò alla Casa d'Este e nel 1859 divenne frazione del comune di Fiorano. Oggi, scomparse le mura, ha comunque mantenuto l'aspetto del borgo medievale, con una torre isolata a breve distanza da alcuni vecchi edifici addossati all'antica chiesa».
NONANTOLA (porta del castello)
«Antica porta di accesso al Castello, conserva tracce evidenti del passo carraio e pedonale oltre alle feritoie che alloggiavano i bolzoni in legno per alzare ed abbassare il ponte levatoio. L'esistenza di un batti ponte si può desumere da una delle formelle che adornano il sarcofago di S. Silvestro, posto all'interno della Chiesa Abbaziale, opera di Silla de' Longhi. Nel bassorilievo,commissionato nel 1568 dai nipoti del conte Guido Pepoli, lo scultore ha immortalato la traslazione delle reliquie del Santo attraverso la porta nord del Castello per essere poi tumulate nella cripta dell'Abbazia e successivamente nel sarcofago sopracitato, dove si trovano tuttora».
http://www.danieleincerti.it/l_abbazia_di_nonantola.htm
NONANTOLA (torre dei Bolognesi)
«La Torre dei Bolognesi, detta anche "del Cassero" o "Salimbeni" o "Rocca", insieme alla Torre dei Modenesi, è l´unica torre rimasta del possente sistema difensivo di Nonantola che comprendeva, in passato, oltre alle mura anche sei torri. La Torre dei Bolognesi, a pianta quadrata e costruita in mattoni a vista, presenta varie finestrelle fornite di archivolto ed è sormontata da merli guelfi parzialmente coperti da un tetto in coppi rifatto negli anni settanta. l´edificio fu costruito nel 1307 dai Bolognesi, come recita un´iscrizione marmorea oggi murata nell´ingresso del Palazzo vecchio della Partecipanza in piazzetta del Pozzo. Per valorizzare questa antica struttura è stato studiato un intervento di consolidamento statico e di riconversione funzionale. Il progetto, finanziato dalla Fondazione e dal Comune di Nonantola, prevede il ripristino dell´integrità muraria e il suo consolidamento, seguito poi da una serie di interventi per l´adeguamento della Torre alla funzione di sede per l´archivio storico comunale e per un museo dove potrebbe essere allestito e valorizzato il materiale relativo alla storia della comunità di Nonantola di epoca moderna, alla Partecipanza Agraria, alle trasformazioni e all´evoluzione del paesaggio agrario».
http://www.fondazione-crmo.it/attivita2.php?id=36
NONANTOLA (torre dei Modenesi o dell'Orologio)
«La torre chiamata “Torre Vecchia o dei Modenesi o dell'Orologio” fu costruita dai Modenesi nel 1261 per ospitare un presidio di soldati a controllo del borgo di Nonantola. Il 1261 fu l'anno in cui il Comune di Modena stipulò un lodo con il cenobio nonantolano in cui si sanciva la perdita della giurisdizione temporale dell'abate di Nonantola a favore della comunità modenese. Gli anni che precedettero il lodo e la costruzione della torre furono caratterizzati da una serie di tentativi da parte dei Modenesi di conquistare i territori nonantolani: alle mire espansionistiche modenesi i Nonantolani tentarono di opporsi cercando aiuto da più parti, nel 1131 si allearono con i Bolognesi contro i Modenesi ma prima che la guerra scoppiasse venne stipulata la pace anche grazie all'intervento e alla minaccia di interdetto del papa; ciononostante i Modenesi continuarono a cercare di sottomettere alla propria giurisdizione Nonantola che per anni fu contesa tra Modena e Bologna. In quegli anni l'Italia era travagliata dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini; anche Nonantola fu travolta dalla guerra e passò dal controllo dei Guelfi, alleati con i Bolognesi, nel 1248 a quello dei Modenesi nel 1249 per volontà di Bologna per poi ritornare ai Bolognesi nel 1307. La torre dei Modenesi era un elemento fondamentale del sistema difensivo medievale di Nonantola; questo apparato di difesa si era modificato nel corso dei secoli: partendo da un sistema di fossati a ridosso del complesso abbaziale si arrivò, a metà dell'XI secolo, all'innalzamento della cinta muraria voluta dell'abate Gotescalco, che racchiudeva uno spazio che comprendeva il monastero e le abitazioni della comunità rurale. A questo periodo storico sono riferibili le tracce di una porta fortificata che conduceva al monastero; le strutture appartenenti a questo sistema di accesso al borgo, che si conservano ancora in minima parte in alzato, sono state indagate durante agli scavi archeologici condotti nel 2004 dall'Università Cà Foscari di Venezia.
Nel XIV secolo vennero costruite numerose strutture annesse alla torre: sul lato ovest fu edificato un rivellino (fortificazione indipendente posta a protezione della porta di accesso alla fortificazione) preceduto da un ponte e sul lato est un altro edificio di rinforzo; fu costruita anche una porta sul margine nord della torre che la collegava con l’angolo nord-ovest della cinta muraria, la torre era ormai parte integrante della Porta del Borgo (allora completamente modificata rispetto alla fase del 1261). Nel XVII secolo la torre fu adibita a prigione e 2 edifici si impostarono su quelli precedenti bassomedievali: a est, fin dal 1623, era presente la casa del custode del carcere e ad ovest era attestato un altro edificio dal 1620 (nel 1833 documentato come negozio Allegretti). Tra 1920 e 1925 vennero demolite le mura del borgo e con esse il fabbricato a 3 piani sul lato est della torre, quello a un solo piano ad ovest e la Porta Vecchia. Durante il XX secolo la torre fu adibita a casa per i poveri e, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu un rifugio antiaereo; oggi è la sede delle attività culturali musicali di Nonantola. La torre, costruita in mattoni, si presenta con una pianta quadrata di 10,7X9,63 metri, ha un altezza di 30,5 metri ed è divisa in 5 piani. La merlatura guelfa con cui originariamente terminava è stata in parte murata e ricoperta da un tetto con in cima un torricino che ospita la campana comunale. Sul prospetto ovest è collocato un orologio documentato dal XVI secolo. ...».
http://www.comune.nonantola.mo.it/cultura_e_turismo/itinerari_storici_artistici_e_naturalistici...
NOVI DI MODENA (torre Civica o dell'Orologio)
PRIMA E DOPO IL SISMA DEL MAGGIO-GIUGNO 2012
«La prima fonte storica appare già dall'anno 979 con l'appellativo di Castrum Nove. Nel corso del XIV secolo il castello subì diversi attacchi dagli Este fino ad essere raso al suolo. Novi era all'epoca oggetto delle mire espansionistiche di varie famiglie poiché occupava una posizione di confine tra le Signorie degli Este, Pio di Savoia, Pico e Gonzaga. Nel 1530 Novi passò sotto la famiglia degli Este il cui dominio durò sino all'arrivo di Napoleone Bonaparte. Novi di Modena è stato colpito dai terremoti dell'Emilia del 2012, in particolare dal sisma del 29 maggio 2012 che nel comune hanno causato una vittima e vari danni alle strutture industriali ed agricole, e lesionato alcuni edifici. Nel giorno 3 giugno a Novi di Modena è stato registrato l'epicentro del terremoto delle 21.20 con magnitudo 5.1. ... Risale al XVIII secolo la costruzione della Torre civica chiamata comunemente Torre dell'orologio, originariamente all'ingresso dell'antico borgo, conservava al suo interno una campana donata alla comunità dal Alberto III Pio nel 1523. La Torre dell'orologio è stata distrutta dai terremoti del 2012».
http://it.wikipedia.org/wiki/Novi_di_Modena
«Nel XVI secolo la nobile e potente famiglia Malvasia di Bologna divenne proprietaria di molti terreni a Panzano. Qui i Malvasia fecero riedificare, su precedenti insediamenti medievali, il loro castello (Castello Malvasia). Esso è ancor oggi certamente uno dei monumenti più imponenti e meglio conservati del territorio comunale e che di certo merita una visita. La più antica notizia dell’inizio dell’edificazione del castello risale al 1599, connessa a Cornelio Malvasia, che nutriva una grande passione per l’astronomia: per questo motivo il castello viene arricchito di una torre che divenne sede di un osservatorio astronomico. Alla morte di Cornelio il castello, non avendo questi diretta discendenza, fu ereditato dal ramo secondario della famiglia Malvasia. Fu Cesare Malvasia ad apportare al castello grandi migliorie: riedificò completamente la facciata di ingresso a sud e sopraelevò l’ala ovest della corte interna, ricavando nuovi appartamenti padronali. A Cesare Malvasia successe il figlio e dopo di lui i legittimi eredi, restando quindi il castello di proprietà della famiglia fino al 1867. La struttura del castello di Panzano ricorda, con la sua imperiosa torre centrale sulla facciata e con l’elegante cortile d’onore, le “delizie estensi” del territorio ferrarese, ma disponendo anche di ampie strutture di servizio per l’attività agricola, i proprietari dimostrarono di mantener saldo il controllo sugli interessi economici del territorio da loro gestito. Esternamente, il castello è caratterizzato da due torri merlate, una del XVII secolo, l’altra del 1735 rifatta dal Conte Cesare Malvasia. Le torri originariamente erano tre, ma quella astronomica crollò all’inizio di questo secolo; in passato esse erano arricchite da affreschi di cui, ancora oggi sono evidenti le tracce; fra di esse è riconoscibile un grande stemma del casato Malvasia.
Tra le varie cose che si possono ammirare all’interno del castello vi sono gli splendidi apparati pittorico-decorativi: al piano nobile, nel salone campeggia un’importante pittura di Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi che risale al XVII secolo. Interessante la cappellina completamente decorata dai pittori Lorenzo Pisanelli e Scipione Bagnacavallo, attivi dal 1609 al 1612: in essa sono riconoscibili i ritratti dei più illustri esponenti della famiglia Malvasia. L’attuale proprietario del castello conserva, nello spazio destinato un tempo ad ambienti di servizio, una delle collezioni di auto d’epoca più importanti d’Italia. Accanto al portone principale, balza all’occhio il meccanismo di funzionamento del vecchi mulino. Il mulino Malvasia, unitamente al mulino della Pieve, è tra i più antichi del territorio. Pare infatti che entrambi siano già citati all’epoca della donazione del canale Torbido fatta dal re longobardo Astolfo al cognato Anselmo (anno 752): il percorso del Torbido coincideva all’incirca con quello dell’antico Zena/Gena. Dal 1496 quando la famiglia Malvasia si stabilisce a Panzano, inizia l’attività del mulino e della sua notevole produzione. Nel 1593, Monsignor Innocenzo Malvasia, procede allo spostamento del mulino, che originariamente si trovava all’interno del castello nel secondo cortile, nella posizione che il mulino occupa attualmente, previa modifica del corso del canale. La proprietà ha proceduto ad una accurata ristrutturazione di tutto il complesso e consente la visita alle stanza in cui sono conservate le macine ancora in buon stato».
http://www.castelfranco-emilia.it/da_vedere.html
PAVULLO NEL FRIGNANO (palazzo Ducale)
«Fatto costruire dal duca Francesco IV nella località di montagna allora più facilmente raggiungibile da Modena, grazie alla via Giardini, già realizzata nella seconda metà del ‘700, fu progettato da Sante Cavani ingegnere, matematico e professore dei Cadetti Pionieri, secondo i canoni neo classici del tempo con un preciso impianto simmetrico. La posa della prima pietra avvenne il 1° novembre 1830, con una fastosa cerimonia della quale si sono rinvenuti interessantissimi documenti nell’archivio comunale. In quell’occasione, come era usanza dei tempi, si posero nelle fondazioni, entro cassette di piombo, medaglie e monete a testimonianza del periodo storico e del duca allora regnante. La direzione di questo primo periodo fu affidata al cap. ing. Sigismondo Ferrari: i lavori andarono a rilento fino all’autunno del 1835 anno in cui furono sospesi i lavori per poi riprendere nella primavera del 1838 sotto la direzione del cap. ing. Armodio Cavedoni. Nel 1846 Francesco IV muore, gli succede suo figlio Francesco V il quale usa il Palazzo come residenza estiva per poco più di un decennio fino all’Unità d’Italia. In quell’epoca il Palazzo era così utilizzato: piano sotterraneo per le cantine, piano terreno per servizi e cucine, piano nobile, comunicante con il Parco attraverso il pontile sul retro, per la residenza della famiglia reale; secondo piano per le stanze della servitù. L’architettura del Palazzo si avvale anche di un accurato studio degli elementi di arredo esterni, come lo scalone di accesso dalla via Giardini, a doppia rampa ellittica e le recinzioni modulate su piastroni tondi di varie dimensioni, da quelli piccoli della Fontanina e del Palazzo dei Cacciatori, fino a quelli grandi di accesso al Parco».
PIANORSO (ruderi del castello di Rancidoro)
«Pianorso e le ville limitrofe (Montecerreto, Cà Beneventi, Casaruola e altre) appartennero, forse già prima del Mille, alla famiglia dei nobili da Gomola, i quali avevano il centro fortificato del loro territorio nel castello di Rancidoro. I nobili da Gomola giurarono a più riprese fedeltà agli Estensi; in seguito Pianorso e le ville circonvicine passarono dal governo immediato degli Estensi a quello mediato dei Montecuccoli sotto la giurisdizione di Medola. ... La torre di Rancidoro, ora un casolare arroccato su Pianorso e sul Rossenna, entro i resti dell'antico castello dei da Gomola, poi dei Montecuccolo, è situata su alto sperone in una posizione particolarmente favorevole di dominio sia dal punto di vista difensivo che giurisdizionale. ...».
http://www.parcomedioevo.it/_ita_medioevo/luoghi_dettaglio.aspx?cod=71
«Il castello di Pompeano si erge su una roccia scura, di origine vulcanica sottomarina, detta Ofiolite Serpentina. L’antico borgo sembra una visione dell’immaginario romantico, con la chiesa di San Geminiano al Sasso, arroccato sulla grande rupe ofiolitica. A questi luoghi si accede percorrendo la rampa che sale dal paese, quindi varcando l’arco gotico del portale. In questo modo ci si ritrova dentro la cerchia delle mura merlate, in parte superstiti, dove s’innalzano i ruderi del castello che sino ai primi del Quattrocento apparteneva ai conti Da Gombola, con il torrione duecentesco e la torretta colombaia cilindrica. Il vicino palazzetto in pietra era la dimora dei successivi feudatari e conserva all’interno un salone monumentale con un grande camino, un soffitto a travature dipinte e pareti decorate nel Seicento con gli stemmi delle famiglie nobiliari. La piccola chiesa, intitolata a San Geminiano, risale al 1179, anno dell’assoggettamento di Pompeano al Comune di Modena».
http://www.visitmodena.it/luoghi_ascoltare/tutti_luoghi/polinago_castello_pompeano.aspx
PRIGNANO SULLA SECCHIA (torre di San Michele, Casa Berti)
«Antico insediamento etrusco e poi romano, il paese, a 37 km. da Modena, è situato fra dolci declivi e splendidi panorami, piuttosto discostato rispetto ai principali percorsi dell’Appennino; il territorio è costituito, in gran parte, dalla pendice meridionale del monte Pedrazzo (m. 716 s.l.m.) mentre a settentrione si estende al di là del crinale avvicinandosi a Sassomorello, Pesacrola, Pigneto e Castelvecchio. All’ingresso dell’abitato il campanile di S. Michele, una torre romanica superstite della chiesa non più esistente; Casa Berti, significativo esempio di edificio padronale del ‘600 con casa-torre. Uscendo dal centro si incontra la Chiesa di S. Lorenzo. Nei dintorni borgate di grande interesse tra cui Castelvecchio con i suoi edifici a corte, Montebaranzone con costruzioni risalenti all’epoca matildica e numerose case-torri».
http://modena.itinerarionline.it/appennino_modenese_prignano_sulla_secchia_sc_3351.htm
RENNO DI SOPRA (ruderi del castello, torre)
«Renno e la sua Pieve costituiscono uno degli "enigmi" più affascinanti della nostra storia territoriale. Il trasferimento della Pieve da Pavullo a Renno rappresenta un punto decisivo per la svolta nella storia del borgo. Con molta probabilità, Renno era un importante centro fiscale, per la raccolta delle imposte nella zona del Frignano, e giuridico, per l’amministrazione delle terre pubbliche e la continua documentata presenza di giudici che operavano su una vasta area. Il borgo era presumibilmente spostato su Renno di Sopra dove ancor oggi è possibile rinvenire tracce di un importante castello altomedioevale la cui decadenza coinciderà con l’ascesa della potenza militare e difensiva di Montecuccolo».
http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/canali_tematici/frazioni/renno.aspx
«Il nucleo abitato riveste notevole importanza dal punto di vista storico architettonico. Gli edifici che lo compongono, in parte gravemente modificati e rimaneggiati, sorgono su di un impianto originario tre quattrocentesco di cui si conservano numerosi e significativi elementi. I fabbricati sono disposti in modo da circoscrivere una corte da cui si accede attraverso un passaggio coperto. All'interno di questo è collocata una nicchia votiva dedicata alla Madonna. Nell'edificio adiacente al passaggio permangono, dalla parte esterna, alcune finestre cinquecentesche decorate con motivi rinascimentali mentre sul lato che si affaccia verso la corte si trova un portale in arenaria con architrave datato 1514. Nell'edificio vicino, pesantemente rimaneggiato, vi sono tre portali in arenaria di cui due con arco a sesto acuto ed uno con architrave. Al centro della corte si eleva una torre tre quattrocentesca in cui sono ancora presenti numerosi elementi architettonici originali, nonostante i lavori di stuccatura».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_d7.htm
«Se siete interessati alle dimore storiche e non disdegnate affatto un po’ di nozionistica, non potete fare a meno di leggere queste righe e poi correre a visitare la Grilla, elegante edificio con torre di origine tre-quattrocentesca, poi in seguito modificato, che si trova a Rocca, in via Grilla, nella zona alta del paese, non lontano dalla Chiesa Parrocchiale. Alla Grilla tutti i particolari architettonici evocano il prestigio e l’importanza della famiglia che l’ha abitata nel ‘500, quella dei Grilli, di origine veneta. Si narra che si rifugiarono proprio nella nostra beneamata Roccamalatina con l’intento di sfuggire alle ire della Serenissima. Tanto per iniziare il portale datato “13 marzo 1517”, che vi si presenta in tutto il suo splendore non appena arrivate alla Grilla, con tanto di stemma gentilizio, poi parecchie finestre in arenaria, architravi decorati e mensole con figure zoomorfe. ...».
http://www.roccamalatina.com/La%20Grilla.pdf
«Su un pendio immersa tra campi e vigneti lungo la strada che, fuori dall’abitato di Rocca, porta verso Zocca, a sinistra della provinciale, sorge “La Valle”, nucleo formato da tre edifici di cui uno ad uso abitativo e due agricolo. La casa ha una torre cinquecentesca coperta a quattro falde, allargata alla base. Da notare il soffitto a gronda con elementi disposti a dente di sega e mensole a T, i caratteristici fori per rondoni, le finestre. ...».
http://www.roccamalatina.com/La%20Valle.pdf
«Lungo la strada vecchia che dal campo sportivo conduce ai Sassi, sulla sinistra dopo l’abitato di Pugnano c’è una strada che conduce a “La Vignola”. Il toponimo deriva dal latino vinea, vigna, vigneto. La sua esistenza è attestata in un documento del 1378 e citata in un testamento del 1437. L’insediamento è costituito da una casa con torre e da un fienile. La torre, posta lateralmente rispetto all’abitazione, dispone di una copertura a quattro falde, di fori per rondoni disposti regolarmente, di un cordolo di colombaia su due lati in elementi di laterizio disposti regolarmente su più corsi, in linea e a dente di sega. ...».
http://www.roccamalatina.com/La%20Vignola.pdf
ROCCAMALATINA (torre del Castellaro)
«Il nome di Roccamalatina trae origine da una famiglia nobile, i "Malatigni", che per circa due secoli e mezzo, fra il XII ed il XIV secolo, dominarono una parte abbastanza estesa del territorio. La località, a metà strada fra Guiglia e Zocca deve la sua notorietà alle imponenti guglie di arenaria, autentici monumenti della natura alti circa 70 metri, i Sassi di Roccamalatina, speroni rocciosi che dominano la valle del Panaro derivati da stratificazioni più resistenti all'erosione rispetto al terreno circostante. I Sassi, inespugnabili roccaforti naturali, ospitarono fin da tempi antichissimi insediamenti fortificati. Forse già durante la dominazione bizantina costituirono un caposaldo della linea difensiva approntata dall'esercito contro i Longobardi. Ora i Sassi di Roccamalatina rivendicano la loro importanza naturalistica e paesaggistica, pur conservando vestigia delle antiche glorie. Attorno ad essi è nato il Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina, un'oasi di natura incontaminata con grandi possibilità escursionistiche, a piedi, cavallo o bici. L'ambiente dei Sassi è caratterizzato da una fauna ricchissima (es. falchi, volpi, donnole, scoiattoli, caprioli, faine, ecc.). Anche la flora presenta una notevole varietà (es. castagno, carpino nero, roverella, cerro, acero campestre, ecc.). Ai piedi dei Sassi il grazioso Borgo dei Sassi (Rocca di Sopra) è arroccato ai piedi del Sasso della Croce: sono visibili fabbricati ben conservati con portali del '300 e '400 e l'Oratorio della Madonna dei Sassi, con bassorilievi del '400. Sull’altare dell’Oratorio si trova, in una nicchia, la statua della Beata Vergine Maria considerata dalla popolazione di Roccamalatina protettrice del paese. Il borgo ospita anche un Centro Visitatori del Parco. Nelle vicinanze si trova il Castellaro, nucleo abitato situato in posizione panoramica di fronte ai Sassi sulla sommità di un accentuato pendio, costituito da diversi edifici. Numerosi sono gli elementi architettonici significativi che ne documentano l'origine tre-quattrocentesca. Nei pressi dell'abitato, su un affioramento di roccia, si eleva una imponente torre d’avvistamento del ‘400 isolata a pianta quadrata. Probabilmente faceva parte dei quattro fortilizi: della Rocca di Guidone presso il Sasso di Sopra, della Rocca di Sigizio presso il Sasso di Sotto, della Rocchizzuola e appunto del Castellaro, coi quali i Malatigni realizzarono un ottimo sistema difensivo».
http://www.prolocoguiglia.it/page.php?15
ROCCAMALATINA (torri di Pugnano)
«...Il termine Pugnano ha origini romaniche (da Punius o da Aponius) ed è documentato dall’anno 1000. L’insediamento di Pugnano sorge lungo la strada vecchia, e conta numerosi edifici che risultavano in possesso della famiglia dei Malatigni già nel 1378. L’edificio più importante, nella parte a valle, è una casa-torre del ‘300 riccamente ornata con finestrelle in arenaria con arco a sesto acuto, portali decorati ed incisi. Sul retro vi è aggregato un edificio con torre cinquecentesca. A quattro piani, ha una bella cornice di gronda con mattoni disposti a T, a dente di sega e in linea, ed è decorata con fori per rondoni disposti armonicamente. Come altre dimore storiche di Rocca, anche questa oggi purtroppo non è abitata».
http://www.roccamalatina.com/Pugnano.pdf
«Questo castello, costituito da una roccaforte naturale che si erge su uno sperone roccioso del monte Rocca, era probabilmente un antico castelliere preistorico ricco di grotte e caverne fino ad oggi non ancora esplorate. Si ritiene che il blocco roccioso sul quale sorge Roccapelago fosse un antico castelliere preistorico, ciò sarebbe dimostrato da due punte di frecce silicee di età eneolitica ritrovate nella zona. Prima menzione di un “Castrum Pelago” si trova in un documento del 753. Alla realizzazione della Rocca collaborarono tutti gli uomini del Pelago, acquisendo il diritto di potervisi rifugiare in caso di pericolo. Roccapelago appartenne probabilmente sin dal XII secolo ai Gualandelli, fu in seguito dal 1240 feudo dei Montegarullo, di cui subì le conseguenze della politica bellicosa specialmente sotto Obizzo da Montegarullo. Nel 1393, essendosi Obizzo ribellato agli Estensi, Roccapelago subì l’assedio dei Lucchesi alleati della casa d’Este, che si impossessarono del castello. Nel 1396 Obizzo riuscì a riappropriarsene e Roccapelago rimase ai Montegarullo fino al 1408 quando un potente contingente militare, al comando di Uguccione dei Contrari, riuscì a catturarlo e a portarlo prigioniero a Ferrara. Nel 1586 nel perimetro del castello ormai abbandonato, venne costruita la nuova chiesa di Roccapelago. La forma quadrata, massiccia, senza archi, senza colonne e senza volte fa ritenere che il suo vano fosse stato la sala del maniero di Obizzo. Il campanile fu eretto a spese della popolazione nel 1765, utilizzando una torre del vecchio castello. Altri lavori di restauro vennero eseguiti nel 1925 a causa dei danni di un terremoto. Recentemente sono state recuperate quattro antiche sale che attualmente ospitano il museo "Sulle orme di Obizzo da Montegarullo". ...».
ROSOLA (torre Rangoni-Macchiavelli)
«Anticamente denominata Muzzano, Rosola, dopo essere stata in potere dei bolognesi, ritornò agli Estensi divenendo, verso la fine del XIV secolo, possedimento dei Montecuccoli. Nel 1454 Borso d'Este la infeudò ai conti Ugo, Venceslao ed Uguccione Rangoni, alla cui famiglia rimase fino ai giorni nostri. Unica superstite dell'antico castello di Rosola, la cui memoria permane tuttora nel toponimo della località, è la torre duecentesca, mozzata, che è l'edificio più antico della zona. Recentemente donata al Comune dai marchesi Rangoni, è stata restaurata. La torre presenta un paramento murario in bozzette di arenaria disposte a filaretto. All'altezza del primo piano è posto il portale ad arco a tutto sesto, in conci di pietra, che segnava l'originario ed unico accesso alla torre, certamente collegata alle altre strutture castellane da passerelle o balchi lignei. Una volta a botte copre l'alto vano sottostante al quale, prima dell'apertura dell'attuale pertugio laterale, si accedeva unicamente da una stretta botola. Proviene da questo luogo il tesoretto, costituito da un boccale con manico di color verde contenente più di milletrecento monete d'argento databili tra il IX e l'XI secolo, rinvenuto nell'800 in un predio parrocchiale e che testimonia l'importanza del castello nei tempi antichi».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_c11.htm
«La località è citata, per la prima volta, in un documento nonantolano del 1048 e successivamente compare tra i possedimenti dell'Abbazia di Nonantola. Visto da lontano Samone appare come un bianco campanile che svetta tra i boschi che declinano verso il fiume Panaro. Man mano che ci si avvicina, il borgo appare in tutta la sua importanza, con la sua struttura difensiva a chiocciola ancora intatta. Un fascino che dal medioevo è arrivato direttamente ai giorni nostri. Il borgo antico di Samone, che domina dall'alto la parte più recente del paese, è raccolto attorno al campanile seicentesco e alla Chiesa parrocchiale di San Nicola costruita all'inizio del '700 ed ampliata nel corso dell'800. All'interno del borgo, in una casa-torre con finestra in cotto trecentesca, si trova anche la Mostra Permanente della Tigella. Interessante anche il Metato di Samone. Si tratta di un piccolo fabbricato di due piani adiacente alla canonica, destinato all'essiccazione delle castagne provenienti dai castagneti di proprietà parrocchiale. è stato ripristinato al suo uso originario a scopi didattici, in collegamento con la vicina esposizione permanente sulla tigella, per mostrare come avveniva l'essiccazione delle castagne».
http://www.prolocoguiglia.it/page.php?20
PRIMA E DOPO IL SISMA DEL MAGGIO-GIUGNO 2012
Le foto degli amici di Castelli medievali (foto dell'aprile 2017)
«La prima notizia sull'esistenza di un nucleo fortificato a San Felice compare in un documento del 927 d.C. dove viene citato il "Castellum Sancti Felicis". è probabile che questo primo fortilizio non avesse strutture murarie, ma fosse semplicemente costituito da un terrapieno perimetrale, circondato all'esterno da un fossato e forse sormontato da una palizzata in legno, secondo un modello castrense ampiamente diffuso nell'area padana proprio nel IX-X secolo. Al suo interno si trovavano povere abitazioni costruite con pareti di legno e argilla e con tetto di solito in materiale vegetale e raramente in laterizio. La Rocca nelle sue forme attuali risale in gran parte al XIV-XV secolo e la sua nascita si deve alla volontà di Obizzo III d'Este. Scavi archeologici effettuati nel 1987-88, in occasione dei primi lavori di restauro, hanno dimostrato che almeno l'imponente maschio, la torre più alta dell'intero complesso, risale sicuramente alla metà del XIV secolo. è verosimile che nella fase originaria anche la Rocca avesse forme piuttosto semplici e fosse costituita da un recinto fortificato di forma quadrata, con un'alta torre di avvistamento (il maschio appunto) al quale si raccordava una cortina muraria dotata di due ingressi, uno sul lato nord e uno sul lato sud. Anche se non si ha una documentazione certa al riguardo, è probabile che l'attuale aspetto architettonico del fortilizio risalga per buona parte a un intervento degli inizi del XV secolo, tradizionalmente attribuito all'opera di Bartolino da Novara che, stando alla testimonianza dello storico sanfeliciano Giuseppe Costa Giani, nel 1406 si recò a San Felice "per porre il castello in istato di migliore difesa". In effetti, la pianta quadrilatera, con torri angolari e porta-torre al centro del lato di ingresso, e la diffusa presenza dell'apparato a sporgere, sia sulle torri che sulle cortine murarie trovano significativi riscontri in numerosi altri fortilizi dell'area padana degli inizi del XV secolo e in particolare in alcuni castelli progettati e fatti costruire proprio da Bartolino. Documenti d'archivio ci documentano che lavori di "affortificamento della Rocca" vennero effettuati pochi anni dopo, nel 1421. In tempi più recenti nel cortile interno della Rocca sono stati elevati, in diversi momenti, alcuni edifici ora utilizzati come sedi culturali e istituzionali. Sul lato nord fu costruita la cosiddetta "casamatta". Addossato al muro perimetrale ovest è stata innalzata, a seguito di interventi successivi, una grande fabbrica che è sede della Sala del Consiglio Comunale e della Sala di Cultura "Quinto Tosatti". ...».
http://turismo.comunesanfelice.net/monumenti/la-rocca.html (a cura di Paolo Campagnoli)
SAN FELICE SUL PANARO (torri, palazzi)
PRIMA E DOPO IL SISMA DEL MAGGIO-GIUGNO 2012
«Situato nella bassa pianura modenese, tra i fiumi Secchia e Panaro, S. Felice fa risalire le sue prime sicure attestazioni all'alto Medioevo, precisamente al X sec. d.C. (Castellum Sancti Felicis). Il villaggio medioevale è identificabile fra la via Terrapieni, la Chiesa, la Rocca e il Municipio, mentre espansioni successive diedero origine al borgo tra il Teatro Comunale e la torre dell'Orologio. Da vedere il Palazzo Comunale (via Mazzini), anticamente costituito da case private, monte di pietà e banco degli ebrei; il Teatro Comunale (via Mazzini), costruito nel 1486 sopra la porta del castello all'incrocio tra le attuali via Campi e via Mazzini, mentre l'attuale edificio fu edificato su un'area attigua nel 1907. La Chiesa Arcipretale (via Mazzini), eretta nel medioevo, si presenta oggi nella restaurazione del 1700 con pregevole campanile del 1611. La Canonica (via Mazzini), datata forse 1520, è monumento nazionale. ... Lungo via Terrapieni, sono conservate anche tre delle quattro torri che facevano parte della cinta murata dell'abitato (il vero e proprio Castello). Il Palazzo del Monte (via O. Ferraresi), eretto nel 1775 per accogliervi il Santo Monte dei Pegni e il dazio, porta sulla facciata una antica meridiana e un affresco rappresentante la pietà; sul lato destro sorge l'oratorio di S. Croce (1725). Il convento di S. Bernardino (via San Bernardino) fu fondato nel 1435 da San Bernardino da Siena. Si ha notizia della Torre dell'Orologio (p.zza Matteotti) sin dal 1594; restaurata nel 1774, si regolava l'orologio a sistema francese. Il Casino del Duca, ora Villa Ferri (via Bergamini) con fogge neo-classiche, rappresenta un esempio di architettura delle dinastie dell'Ancien Régime della regione. La chiesa di S. Giuseppe, o Madonna del Mulino, (via Mulino) fu eretta nel 1425 vicino al molino di S. Felice e ricostruita nel 1648. L’oratorio di S. Croce (via Ferraresi) è del 1725. Nelle vicine frazioni interessanti sono Palazzo Pepoli (fraz. Pavignane, via Grande) nominato in un documento del 1773, e Casino Modena, villa Pezzini (fraz. Rivara, via Cardinala) dalle forme cinquecentesche con torre».
http://modena.itinerarionline.it/san_felice_sul_panaro_sc_3358.htm
«Nel Borgo, consistente per numero di edifici, è da segnalare la presenza di un pregevole ed ampio portale rinascimentale, di accesso ad una corte chiusa. è caratterizzato da un elegante bugnato in arenaria locale, di sapore vagamente toscano e reca nella chiave di volta una scultura che raffigura due giovani che sorreggono uno stemma araldico. In un edificio adiacente è conservato un camino rinascimentale in pietra, riccamente scolpito e di notevoli dimensioni. Diversi altri edifici, seppure a volte oggetto di pesanti restauri, offrono elementi antichi: frammenti di finestre del cinquecento, portali settecenteschi, un'inferriata pregevolmente lavorata, datata 1862. Restauri non sempre rispettosi hanno a volte cancellato i segni del tempo, pur evitando agli edifici la completa rovina. Sul crinale si trova l'oratorio di San Rocco, fatto costruire dopo la peste dal parroco Don Nardi ampliando una preesistente cappella. L'oratorio, ingrandito nei primi anni del '900, fu arricchito anche del campanile di gusto neogotico. ...».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_c13.htm
«La chiesa [di Sassoguidano] è dedicata a S. Paolo e probabilmente è sorta sulle fondamenta dell’antico castello di Sassoguidano che a sua volta fu edificato su una primitiva costruzione difensiva. Il castello di Sassoguidano risale al XI-XII secolo e fu a lungo conteso fra le fazioni dei Gualandelli e dei Montecuccolo. Del castello non rimane alcuna traccia, forse a causa di movimenti franosi. La chiesa occupa il punto più alto del rialzo roccioso che fronteggia il Cinghio di Malvarone, in una straordinaria collocazione paesaggistica con vista sulla sottostante valle del fiume Panaro e del torrente Lerna. La struttura della chiesa è semplice: una breve scalinata conduce a un portale in arenaria sormontato da un architrave triangolare e sostenuto da mensole concave. Il cippo monolitico che sovrasta il portale, presenta delle incisioni a bassorilievo di difficile interpretazione: sembra compaia la data “1200″. Il portale è sovrastato da una piccola finestrella-rosone. La torre campanaria è a pianta quadrata e risale al 1600-1700 quando ci fu il rifacimento della chiesa».
http://placidia.wordpress.com/tag/sassoguidano
SASSOSTORNO (torre "la Torraccia")
«Il comune di Sassostorno era composto da più casali sparsi nel territorio sulla riva sinistra dello Scoltenna: il nucleo rurale di Cà di Malgari è costituito da edifici in parte ricostruiti, ma che conservano ancora elementi dell'edilizia rurale storica. La storia vuole che a Sassostorno esistesse un fortissimo castello assai munito, che fungeva da sentinella dell'alto Frignano; oggi però non restano tracce di questo castello ed è anche difficile collocarlo precisamente. Nella località rimangono i ruderi di un'antica torre medioevale, che probabilmente serviva da antiguardia alla rocca. Nelle vicinanze troviamo: il mulino di Borra l'opificio franato circa 40 anni fa, è censito nella carta idrica d'Italia del 1880); Le Corone, antico insediamento come è confermato da numerosi documenti rogati dal notaio Albinelli (oggi del piccolo borgo rimane solo una casa d'origine medioevale dalla semplice composizione architettonica)».
http://www.parchidicultura.it/_ITA_MEDIOEVO/luoghi_dettaglio.aspx?cod=97
SASSUOLO (centro storico, borghi, castello)
«Pur con qualche ferita, il centro storico di Sassuolo offrirà al visitatore attento non poche sorprese. Ormai perduto il volto medievale della città, restano però non poche testimonianze dei periodi storici successivi: impossibile non restare meravigliati di fronte allo splendore barocco del comparto ducale ... o non compiacersi del colpo d'occhio offerto da Piazza Garibaldi, coi suoi portici elegantemente simmetrici. Palazzi, chiese, ville, teatri e persino un cimitero monumentale: complici anche i molti restauri degli ultimi anni, Sassuolo ha tutto ciò che serve per incantare gli occhi. ... Il primo documento storico attestante l'esistenza di Sassuolo è un atto notarile del 980. Di un vero e proprio borgo, annesso al castello, dà invece notizia il Tiraboschi nel Dizionario topografico all'articolo Saxolum, dove si legge che fin dal XII secolo Sassuolo aveva il titolo di castello con annesso un borgo. Il castello, edificato sulla sponda destra del fiume Secchia, sopra una grande roccia lambita dalle acque e unita alla terraferma, fu ingrandito dai signori della Rosa. Nel 1284 fu ulteriormente ampliato con l'inclusione del borgo, che fu fortificato circondandolo di mura e scavando un profondo fossato (colmato dalle acque del Secchia e attraversato da un ponte levatoio). Il Borgo murato, più volte distrutto e ricostruito sotto i Della Rosa, fu ampliato nel corso del XIV sec., quando si aggiunsero molte nuove abitazioni. Nello stesso periodo andò formandosi un nucleo abitato fuori dalle mura con una propria chiesa (San Giorgio). Dal 1425 è attestata l'esistenza di due borghi fuori dalle mura, sviluppatisi spontaneamente all'incrocio dei due importanti assi viari della pedecollinare via Claudia e della via Montanara. Il Borgo propriamente detto era attraversato dalla via Claudia, che si dirigeva verso Fiorano, e da altre strade di minore importanza mentre il Borgo Superiore era sorto nelle vicinanze della strada per la Montagna (attuale via Cavalotti), che seguiva la sponda destra del Secchia portando da Modena a Lucca. Il Borgo Superiore era bagnato dal canale del comune, utile per l'irrigazione degli orti e come forza motrice per le numerose attività artigianali e botteghe che qui si svilupparono (il primo mulino, dove ora si trova la Peschiera, una fornace per laterizi, una conceria, un follo della canapa, un altro mulino, una fucina da fabbro, una bottega di ferramenta, una calzoleria, una drogheria e un laboratorio di oreficeria). Nei due borghi si accentrò la vita religiosa e sociale del paese, mentre già ogni martedì si teneva un mercato di grande richiamo per l'intera fascia pedecolinnare. Ciascun borgo doveva essere dotato di portici, come testimoniato dall'Arcangeli, secondo il quale nel sec. XV gli "istrumenti" si stipulavano tutti sotto il portico del Borgo, Inferiore o Superiore. ...».
http://www.sassuolonline.it/centrostorico.htm (a cura di Paola Gemelli)
«I recenti interventi di manutenzione operati dall’Amministrazione comunale di Sassuolo all’interno della Residenza Municipale di via Fenuzzi, comprensivi anche del restauro di pregevoli decorazioni pittoriche e di elementi d’arredo, offrono l’occasione per ripercorrere le principali vicende storiche dell’edificio e per compiere alcune riflessioni iconografiche e stilistiche sulle sue pitture murali. Nel Seicento il palazzo apparteneva ai nobili Paltrinieri, illustre famiglia sassolese di cui si ricordano l’architetto Antonio (1654-1717), il poeta e giurista Francesco (m. 1759), il notaio e procuratore Ortensio – citato dal governatore Paolo Brusantini nella sua relazione sullo Stato di Sassuolo del 1603 – e don Alessandro (m. 1722), conte palatino e protonotario apostolico dal 1695, le cui sembianze sarebbero fissate, secondo una condivisibile tradizione, nel Ritratto di prelato dei primi decenni del Settecento, nella Raccolta d’Arte Comunale. Il nucleo più antico della struttura risale almeno alla seconda metà del Cinquecento; risulta edificato, infatti, quando nel 1584 la Confraternita di San Rocco promosse la costruzione della confinante chiesa di Santo Spirito, sconsacrata alla fine del Settecento. Tuttavia è soltanto al 1696, quando il complesso era già stato diviso tra diversi componenti della famiglia, che risalgono le prime testimonianze documentarie, riferite ad interventi presso “la casa di Giovanni Battista Paltrinieri posta accanto alla piazza”. Alcuni anni dopo, è la ricordata Confraternita di San Rocco, presso l’adiacente chiesa di Santo Spirito, ad entrare in possesso dell’edificio a seguito di un lascito testamentario. Divenuto poi residenza della famiglia Prampolini, nel 1749 il complesso fu ceduto alla Comunità di Sassuolo, intenzionata ad acquartierarvi le guardie ducali, che in seguito vi collocò le scuole pubbliche. Conosciuto quindi come “Palazzo delle Scuole”, nel 1773 l’edificio fu destinato ad accogliere il Pretorio, la cui antica sede presso la piazza era stata fortemente ridimensionata a seguito del rifacimento e dell’ampliamento del vicino teatro cittadino, che le aveva sottratto numerosi spazi. Da una perizia di Giuseppe Prampolini, infatti, risulta che nel 1795 il complesso già ospitasse il Monte di Pietà, la Tesoreria, le camere dei Consigli e l’Archivio Pubblico. Cospicui lavori edilizi vennero poi compiuti nel 1854 ad opera dell’ingegnere Giovanni Cionini (1816-1876): oltre al progetto per il rifacimento dello scalone, ne furono presentati altri due: “l’uno dell’alzamento del davanti di detto fabbricato, l’altro dell’alzamento dell’ala interna nel cortile”. ...».
http://www.sassuolonline.it/palazzocomunale.htm (a cura di Luca Silingardi)
«La storia dell’attuale Palazzo Ducale inizia nel 1634 quando il complesso castellano preesistente (già degli Este e poi dei Pio di Savoia) fu trasformato in reggia estiva per volontà di Francesco I d’Este, il giovane duca che riportò agli antichi fasti il casato estense nel ducato di Modena e Reggio Emilia, dopo la perdita di Ferrara nel 1598 e lo spostamento della capitale a Modena. Il palazzo, denominato anche “Delizia” per la sua bellezza in rapporto al paesaggio, rappresenta un vero gioiello dell’arte barocca italiana. Fu realizzato nel cuore della città, circondato da giardini e da un immenso parco secondo il progetto del romano Bartolomeo Avanzini, con soluzioni decorative ispirate dal celebre Gian Lorenzo Bernini e con la partecipazione, in particolare nella realizzazione della Peschiera, stupefacente “teatro delle acque”, dell’ingegnere e scenografo della corte estense Gaspare Vigarani, che lavorò anche per Luigi XIV di Francia. Già sede dell’Accademia Militare di Modena sin dal 1941, dal 29 maggio 2004 il palazzo è in consegna alla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia ed è un museo statale aperto al pubblico. Il recupero del Palazzo, grazie ad un intenso lavoro di restauro e di allestimento museale, consente un utilizzo pieno del piano nobile, con gli Appartamenti ducali e di rappresentanza, ed in parte del piano terra con gli ambienti d’accoglienza e l’Appartamento dei Giganti. Al piano nobile si accede dallo Scalone d’Onore ed è possibile visitare 27 sale che compongono gli Appartamenti Ducali, così definiti perché in origine riservati esclusivamente alla famiglia estense: la Galleria di Bacco, l’Appartamento del Duca, Il Salone delle Guardie, l’appartamento della Duchessa, l’Appartamento stuccato.
Se in alcuni ambienti persistono tracce delle più antiche decorazioni quattro-cinquecentesche, le stanze del piano nobile si presentano oggi nell’aspetto barocco, affrescate entro il 1658 da un’équipe di artisti che seppero ben interpretare la passione artistica e la volontà di magnificenza di Francesco I d’Este. Sono protagonisti della decorazione a fresco il francese Jean Boulanger, pittore ufficiale della corte estense, e i quadraturisti bolognesi Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli, affiancati da numerosi altri pittori, abili plasticatori e scultori. Le sale erano arredate secondo il gusto barocco del tempo con dipinti commissionati dal Duca ad artisti celebri come Guercino e Salvator Rosa. Nelle pareti e nei soffitti sono raffigurati episodi allegorici e mitologici, temi letterari e storici che celebrano la dinastia estense e gli ideali del “buon governo” del duca Francesco. Le raffigurazioni sono inserite all’interno di sorprendenti quadrature, architetture dell’inganno che moltiplicano virtualmente gli spazi alla ricerca degli effetti barocchi dell’illusione e della meraviglia. Nell’Appartamento Stuccato, nelle ricche cornici che accoglievano i dipinti seicenteschi, quasi tutti perduti, sono collocate opere contemporanee di artisti americani ed europei commissionate nel 2001, in occasione della mostra Monochromatic light, da Giovanna e Giuseppe Panza di Biumo per queste sale (opere poi donate allo Stato nel 2005). I dipinti sono in linea con le espressioni concettuali della Minimal Art. Sul piazzale della Rosa, di fronte alla Peschiera, s’innalza la chiesa “palatina” di San Francesco, prezioso episodio del barocco estense. Fu edificata nel 1653, per volere di Francesco I d'Este, da Bartolomeo Avanzini, come cappella ducale collegata al Palazzo tramite un percorso interno. è qualificata all’interno dagli affreschi di Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, con interventi di Jean Boulanger nelle parti figurate. Vi è conservato un Crocifisso, il Santo Tronco, che, secondo la tradizione, era stato ricevuto in dono da Marco Pio da una fanciulla turca durante una crociata».
http://www.visitmodena.it/luoghi_ascoltare/tutti_luoghi/palazzo_ducale_sassuolo.aspx
SASSUOLO (torre Civica o dell'Orologio)
«L'antica Piazza Civile o dell'orologio, a tutti i sassolesi più familiarmente nota come Piazza Piccola, era in parte già esistente nel' 500 ed accoglieva le allora istituzioni pubbliche quali: il Palazzo della Ragione, della Posta, il Teatro. Nel 1676-77 a fianco del Palazzo della Ragione venne costruita la Torre Civica o dell'Orologio, su progetto dell'architetto locale Loraghi. L'ambiente, invero unico, della Piazza, è caratterizzato dalla presenza curiosa di due canalette laterali, le sole parti ancora rimaste di un sistema di canali acquedottistici scoperti che attraversavano una larga parte dell'antico borgo. Nella torre, all'interno di una nicchia, è collocata la terracotta che raffigura la Madonna con il bambino, opera di Antonio Pulici (1799) di recente restauro e che sostituisce un 'immagine distrutta durante l'occupazione napoleonica. Attorno alla cella Campanaria si notano le statue in marmo, opera dell'architetto Giuseppe Maria Soli, in precedenza poste nell'albero della libertà».
SAVIGNANO SUL PANARO (castello)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Pittoresco borgo arroccato, il cui nucleo è ancora perimetrato dalla triplice cinta trecentesca, e già citato dal sec. IX, appartenne dapprima ai Canossa, poi fu conteso fra Modenesi e Bolognesi finché entrò nel Ducato estense a partire dal 1360. Per il toponimo Savignano si ritiene fondata la derivazione dal personale latino Sabinius, forse il locale proprietario terriero. Attraverso un ingresso fortificato si imbocca la strada maestra che, fiancheggiata da case quattrocentesche, sale al pianoro sommitale, dove si trova la settecentesca parrocchiale, di cui si ha notizia in documenti del 1027 e del 1033, nonostante l'impianto odierno risale ad un rifacimento del 1746. Presenta una facciata piuttosto sobria e all’interno conserva una copia in gesso eseguita dal pittore e scultore locale Giuseppe Graziosi (1879-1942) della Pietà del Lucerni. Il Castello, nominato per la prima volta in una pergamena del 1026, è dominato da una torre in sasso sotto la quale si apre un arco sormontato da un affresco di ignoto raffigurante la Madonna col Bambino. Sembra sia sorto su una villa romana sulla sommità del colle, poi fortificata dai Longobardi e in seguito dai Franchi. Il re Pipino (781-810), figlio di Carlo Magno, lo donò alla Chiesa di Modena, che più tardi, nel 1033, lo cedette a Bonifacio Marchese di Toscana, e da quest’ultimo passò in eredità alla figlia, la contessa Matilde di Canossa. Successivamente proprietari del Castello divennero i Vescovi e il Comune di Modena, i Da Savignano, i Contrari e, per ultimi, i Boncompagni. Oggi il Borgo Castello, uno dei più suggestivi della provincia, è stato in gran parte restaurato ed un nuovo monumento ai caduti, che fa da corona a un’opera del Graziosi, è stato eretto di fronte al cimitero del paese. ...».
http://modena.itinerarionline.it/savignano_sul_panaro_sc_3361.htm
SEMELANO (palazzo, Casa del Duca)
«Oggi, con la denominazione di Semelano di Sopra si indica una località comprendente una villa padronale, detta il Palazzo, una casa torre, una casa del quattrocento e gli oratori di Sant'Antonio e della Santa. La casa padronale, di grandi dimensioni, comprende anche fabbricati rustici al secondo piano di uno dei quali sono visibili un portale quattrocentesco a mensole convesse sormontato da un architrave e una finestrella a mensole ora murata. La Casa del Duca, nelle immediate vicinanze, in realtà assai poco riconoscibile dopo la pesante ristrutturazione, è da riferirsi ad un edificio di abitazione databile al XIII secolo, di grande interesse storico- artistico. Dell'originaria costruzione resta, verso valle, un portale ad arco a sesto acuto, in conci finemente lavorati. La primitiva copertura era a due falde e l'altezza assai minore dell'attuale, il paramento murario, in conci sommariamente squadrati e disposti a filaretto. Interventi di modifica risultano la sopraelevazione, la diversa impostazione delle falde del tetto, l'apertura di nuove finestre e del portale a monte, l'aggiunta di un cornicione in mattoni. Si ritiene che l'edificio appartenesse alle fortificazioni del castello di Ponte».
http://www.turismo.montana-est.mo.it/ecomusei/sc_d17.htm
«Il castello di Semese (m 803 s.l.m.), in muratura di pietrame a vista e copertura in coppi, occupa l'estremità di un ampio altopiano, che domina tutto l'orizzonte dell'alta valle del Panaro in un settore critico di permanente contesa tra Esarcato e Longobardi nell'alto medioevo, tra bolognesi e modenesi in epoca comunale, tra dominazione estense e Stato della Chiesa più tardi. L'insediamento castellano è da fare risalire alla fine del '200 a margine dell'antica strada Montese-Pavullo, sulla base di un preesistente presidio longobardo (torre di avvistamento) e prima bizantino, come testa di ponte tra il vasto terrazzamento di Verica e il castrum centrale dislocato sulle colline di Pavullo. Lo sviluppo edilizio del castello ricorda da vicino la prima fase di accrescimento del castello di Montecuccolo, rimanendo la torre isolata rispetto alla dimora feudale costruita sul perimetro della difesa meridionale del castello e cinta da una cortina muraria di forma poligonale, per difenderla a settentrione sul lato meno protetto. Signoreggiato prima dalla potente famiglia dei "Da Verica" dell'omonimo e antichissimo castello, alla fine del '300 viene in possesso dei Montecuccoli che, in virtù della sua felice posizione topografica ed in un quadro strategico proiettato su tutto il Frignano, lo potenzieranno come castello della Pieve di Verica. Nell'atto di donazione del 1387 ai bolognesi dei possedimenti di Gaspare Montecuccoli, signore di Semese, risultano soggette al castello le fortezze di Sasso, Castagneto, Bibone, Monteauriga (Verica), Corogno, Monterastello, Montefolignano, Montemarcio (Cà di Marzo), Monticello.
L'analogia con la tipologia castellana di Montecuccolo si può estendere al "borgo", pure disposto attorno ad una piazza, qui di dimensioni maggiori, con la chiesa, l'osteria, la casa del podestà, nella quale si teneva un importante mercato di sabato. Per inciso può risultare notevole anche il parallelo della evoluzione storica dei due castelli, destinati entrambi a soppiantare i precedenti castelli di pieve (di Renno di Sopra e di Verica) anche se Semese rimase sempre in rapporto di subordinazione a Montecuccolo, castello di valle del Frignano, e maniero avito della grande casata. Una descrizione ed un disegno della prima metà del Seicento, raffigurano il castello munito di tre torri, di cui la centrale, merlata a pianta rotonda, costituiva il "rivellino" che proteggeva la porta principale con ponte levatoio. La cinta muraria attuale, attorno alla torre è una ricostruzione recente ed impropria. La parte alta della torre è stata ristrutturata a cella campanaria alla fine del '500. La chiesa di S.Giacinto, eretta nel 1598 dal marchese Enea Montecuccoli, campeggia sullo spazio orizzontale della piazza e particolarmente sull'ala delle stalle-scuderie-abitazioni coloniche che occupano tutto il lato opposto. Le cinque nicchie che adornano la facciata contenevano le statue del Begarelli (o della scuola) poi trasferite nella Pieve di Verica, a dimostrazione dell'importanza di questo raro e compiuto esempio di architettura aulica (manierista) trapiantato in montagna. Interessante è un rilievo poco distante dal castello, detto di S. Giacomo, con resti di muraglie (che seguitano anche verso nord e verso ovest dentro una fitta boscaglia), probabile sede di un castelliere ligure sul cui tracciato è posto il piccolo oratorio di S. Rocco, antichissima cappella erede, forse, di un edificio di culto pagano».
http://www.parcoluoghidellanima.it/_ITA_ANIMA/luoghi_dettaglio.aspx?cod=20
Le foto degli amici di Castelli medievali
«è un imponente complesso medievale che da un alto sperone di roccia domina il paese di Sestola e le valli dei torrenti Leo e Scoltenna. Fu il più importante presidio estense del Frignano. è sede dei Musei del Castello. La prima menzione del castello di Sestola compare in un diploma dell'anno 753 col quale Astolfo, re dei Longobardi, dona la fortezza all'Abbazia di Nonantola. Le origini del castello sono però molto più antiche: si ritiene infatti che su questo sperone di roccia, alto più di mille metri e a picco sulle valli del Leo e dello Scoltenna, fosse presente una fortificazione fin dalla preistoria. Contesa durante il periodo medioevale tra Modena ghibellina e Bologna guelfa, Sestola nel Trecento entrò a far parte dei domini degli Estensi, che la eressero a capitale della Provincia del Frignano. L'aspetto attuale del castello rispecchia la struttura conferitagli nella seconda metà del Cinquecento per volere del duca Alfonso II. La parte più antica è la "rocca", posta a strapiombo sulla vallata nel punto più alto del complesso e culminante con una robusta torre quadrangolare. Tale nucleo originario mantiene ancora intatto il suo aspetto fortificatorio: si compone infatti di diverse costruzioni unite tra loro in un unico blocco compatto, caratterizzato da elementi tipicamente difensivi, come la torre semicilindrica che sporge dal Palazzo del Governatore e domina a tutto campo lo spazio circostante. Questa prima fortezza si ampliò nel tempo con l'aggiunta di nuove costruzioni fino a comprendere la chiesa di San Nicola e diversi edifici pubblici e privati, tutti circondati da una cinta muraria. Quando il centro abitato si spostò ai piedi del monte, la fortezza arroccata sulla cima accrebbe sempre più la sua importanza militare, tanto che nel Cinquecento fu potenziata per meglio resistere all'impatto delle nuove armi da fuoco e l'intero complesso fu circondato da nuove mura a stella, erette secondo i canoni della più moderna ingegneria militare. Nello stesso periodo, all'interno del nuovo perimetro bastionato, sorsero diversi edifici, alcuni dei quali non privi di un certo pregio architettonico come la Torre dell'Orologio o la Palazzina del Comandante. Alla fine del XVIII secolo, quando Sestola si trovò tagliata fuori dal nuovo traffico commerciale in seguito all'apertura della via Giardini, la Fortezza fu trasformata in un penitenziario che rimase in attività fino al 1866. Sul finire del secolo scorso, quando il nascente turismo dava al paese una nuova possibilità di sviluppo, la Rocca subì un'ulteriore trasformazione ospitando un Osservatorio Meteorologico e un Istituto estivo per la cura dei bambini. La Rocca è di proprietà comunale e ospita d'estate diverse attività culturali. L'interno della Rocca è sede dei Musei del Castello: Museo della Civiltà Montanara, Mostra permanente La stanza dei ricordi di Teresina Burchi e il Museo degli Strumenti Musicali Meccanici».
http://www.castellidimodena.it/page.asp?IDCategoria=287&IDSezione=5849
«è il simbolo storico-architettonico della città di Soliera. è chiamato Rocca Campori anche se lo fecero erigere gli Estensi a scopo difensivo. Il castello è la struttura architettonica che maggiormente caratterizza l'antico borgo fortificato di Soliera, racchiuso da mura ancora evidenti in molte parti e circondato un tempo da un ampio fossato, in origine colmo d'acqua. Fino al 1828 il ponte levatoio sotto la torre dell'orologio rimase l'unico ingresso al borgo. La prima notizia di un castello a Soliera compare già nel 1106; e successivamente in un documento del 1153, epoca nella quale la località faceva parte dei territori assoggettati al Comune di Modena, ma quella antica struttura andò distrutta nella prima metà del secolo XIV. Dopo la crisi del periodo comunale, per il ruolo strategico che Soliera rivestiva per il controllo del territorio fra Modena e Carpi, si contesero il suo possesso gli Estensi, Signori di Modena, ed i Pio, Signori di Carpi. Nel 1370 gli Estensi ebbero la meglio: conquistarono il territorio di Soliera strappandolo ai Pio, e vi costruirono un fortilizio, ovvero, come citano i documenti, un "ben munito castello". Di quell'antica fortezza restano alcune testimonianze nell'attuale edificio, come le tracce di merli ghibellini successivamente inglobati nella muratura o gli sporti che reggevano i camminamenti di ronda. Nel Quattrocento, per concessione di Nicolò III d'Este, il feudo fu assegnato ai Pio, che attorno alla metà del secolo rinforzarono le fortificazioni ed innalzarono entro il perimetro fortificato una rocca, una sorta di castello nel castello. Nel Cinquecento i Pio promossero una serie di interventi edilizi sulla roccaforte militare. L'edificio fu ampliato, sopraelevato, ingentilito in modo da mitigare la sua austera architettura guerresca, e trasformato in "villa" ovvero residenza di villeggiatura. Nel 1599, dopo l'uccisione di Marco Pio di Sassuolo, Soliera tornò agli Estensi. Pochi anni dopo, nel 1636, essi vendettero il castello ai marchesi Campori e concessero loro in feudo i relativi territori. I nuovi proprietari operarono ulteriori consistenti modificazioni al fabbricato: essi lo ampliarono fino alla torre del ponte levatoio, costruendo l'elegante portico che guarda il borgo, ed eressero il maestoso scalone d'onore che collega i piani del palazzo. Attualmente il castello è di proprietà del Comune di Soliera, che lo ha acquistato dalla parrocchia il 12 ottobre 1990 e dopo lunghi lavori di restauro è divenuto sede municipale e della biblioteca civica».
http://www.castellidimodena.it/page.asp?IDCategoria=287&IDSezione=5872
a
cura di Luca
Baradello
SPILAMBERTO (palazzo del Bargello o palazzo Rangoni, portico del Pavaglione)
«Lussuosa residenza medievale dei feudatari, era circondata dal portico del “Pavaglione” (di cui rimane una traccia su Corso Umberto I) sotto cui si teneva, dal 1578, il mercato con dazio del bozzolo da seta. Sull’ultima colonna (ora distrutta), verso la Contrada Granda (Via S. Adriano), venivano affissi gli avvisi pubblici. Dopo che i feudatari, Signori Rangoni, elessero come loro dimora e corte la Rocca, l’edificio fu in vari momenti ed a seconda delle necessità, affittato dalla Comunità per aste pubbliche, riunioni di Consiglio e per alloggiarvi le milizie municipali. Sulle finestre del prospetto ovest sono ancora visibili pregevoli decorazioni in cotto e un lungo braccio mobile di ferro che sosteneva il grande lampione che illuminava il portico».
http://www.comune.spilamberto.mo.it/un_paese_da_scoprire/itinerari_storici_e_artistici/antico_palazzo_rangoni...
SPILAMBERTO (palazzo del Governatore)
«Il Palazzo del Governatore o di Guido II Rangoni è detto anche Comuna Vecchia. Costruito nel 1525 da Guido Rangoni con denaro pubblico ed eletto a sua abitazione, nel sec. XVIII divenne sede del Giusdicente Civile e Penale. Nei secc. XIX e XX fu sede del Comune. Ora è abitazione civile. è ancora visibile sul lato est, murata sotto la prima volta del portico, l’antica epigrafe che ne ricorda l’edificazione».
«La Rocca Rangoni è stata costruita all’inizio del XIII secolo e più volte modificata fino ad assumere l’aspetto attuale. Originariamente orientata verso il Panaro, dalla cui parte era l’ingresso principale, conserva ancora le tracce dell’antico ponte levatoio e delle mura perimetrali. Divenne abitazione signorile dei Rangoni, feudatari di Spilamberto dal sec. XV, negli anni 1650/60, quando fu trasformata da fortezza a residenza. Il balcone che guarda Piazza Roma risale al sec. XVIII, mentre il lato dell’edificio antistante il Panaro mantiene l’aspetto quattrocentesco, con merlature e caditoie. Le Mura Castellane e la Torretta di Guardia sono visibili rispettivamente in Via Savani e in Via Piccioli. La loro prima struttura risale alla prima metà del sec. XIII; racchiudevano il castello all’interno di una pianta rettangolare, con torrette di guardia agli angoli. Dal 19 aprile 2005 la Rocca è di proprietà del Comune di Spilamberto, che l’ha acquistata dalla famiglia Rangoni Machiavelli. è già partito il percorso per la ristrutturazione del palazzo. L’ampio parco è aperto al pubblico ed ospita iniziative e spettacoli».
«è così chiamato il complesso medievale posto all’ingresso principale del paese e costruito a ridosso delle mura di cinta nel sec. XIV dal Comune di Modena per fortificare ulteriormente il castello da ovest. Era costituito da una torre – la più alta dell’abitato e che oggi viene comunemente chiamata Torrione – da ponte levatoio di cui si possono vedere tracce del meccanismo ai lati degli archi della porta principale e da un mastio. Nei primi decenni del sec. XX furono abbattute le ultime porzioni di mura e di terrapieni per fare spazio allo sviluppo urbano del paese e migliorarne le condizioni igenico-sanitarie. A questo periodo risale anche il corpo adiacente munito di scala esterna. Poiché dai suoi alti spalti si domina l’intera pianura fino a Modena e a Bologna e le colline a sud, la torre era un importante punto di avvistamento e di difesa non solo per il castello di Spilamberto, ma per tutto il territorio. Fra i secc. XVI e XVII sui suoi merli fu appoggiata una copertura lignea che vi rimase fino agli anni Quaranta del secolo scorso, quando la torre fu danneggiata dalla guerra. Una delle stanze ai piani più alti della torre ha ospitato le prigioni di cui si possono ancora vedere gli anelli per le catene ed un grande stemma della nobile famiglia Rangoni, per secoli feudataria di Spilamberto. Sulle facciate ad est e ad ovest i grandi quadranti di un orologio “civico” dal sec. XVI permettono ai cittadini di seguire il corso del tempo. Il vecchio orologio è stato più volte sostituito, ma recentemente, a fianco del moderno meccanismo, grazie ad un progetto che ha coinvolto i ragazzi della locale Scuola media, ne è stato ricollocato uno, in mostra, la cui base è riconducibile all’inizio del sec. XIX. Attualmente il Torrione ospita l’Antiquarium, la sede dell’Ordine del Nocino Modenese e si può visitare la “Cella di Messer Filippo”».
SPINZOLA presso Benedello (torre, borgo)
«Benedello è situata in una zona prevalentemente rocciosa su cui ancora oggi torreggiano le sue antiche case, poste con arte sull’estremità della roccia a testimonianza dell’esistenza di un’antica rocca che dominava il borgo antico, a guardia di un antico castello scomparso ormai da secoli ... anche Benedello faceva parte del Castrum Feroniamun. ... Il borgo di Spinzola, costruito sul colle che domina Benedello, è un insediamento a corte che comprende un palazzo signorile dal sontuoso portale ornato da singolari fregi, una torre inglobata nel palazzo, una casa con balchio, gli edifici dei contadini e un oratorio. Fu di proprieta della famigli Benedelli».
http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/canali_tematici/frazioni/benedello.aspx
TALBIGNANO (castello o palazzo Cesis)
«L'edificio si trova nella valle del Rio Maggio, nella parte più a nord del territorio comunale. La struttura massiccia e imponente evidenzia la funzione residenziale della costruzione: fin dalle origini (XVII secolo), infatti, fu dimora dei conti Cesi. Gli elementi più significativi sono le tre torri ed il portale di arenaria» - «Il Palazzo è un complesso signorile costruito ad inizio del Seicento dai conti Cesi. L'imponente struttura si caratterizza per torri dalla forma quadrata posizionate agli angoli. Oggi sono rimaste solo tre delle quattro torri essendo stata abbattuta quella di sud est per motivi di sicurezza. Le torri hanno luci quadrate, colombaie in cotto e copertura a padiglione. All'interno della corte è stata costruita una cappella dedicata alla Beata Vergine, mentre a levante si trova una ulteriore torre cilindrica costruita nel 1650 che ospita una scala a chiocciola. Solo in parte la fastosità dei suoi interni con finiture e affreschi di pregio è sopravvissuta al trascorrere del tempo».
http://web.tiscali.it/studiothinking/frignano/polinago/monpol.htm - http://www.comune.polinago.mo.it/canali_tematici...
«La frazione di Torre Maina, distante 6 km da Maranello, deve il suo nome ad un importante torrione, innalzato nel 996 dalla famiglia dei Maina, feudatari del luogo.Intorno a questa torre sorgeva un castello di cui si possono vedere ancora le mura di difesa. Gli antichi abitanti di Torre della Maina erano dediti all'agricoltura e alla pastorizia. Di notevole interesse è la sua chiesa parrocchiale, di origini romaniche, risalenti al Mille, purtroppo più volte rimaneggiata. Caratteristica del paesaggio sono i calanchi argillosi, ma nell'insieme Torre Maina ha un aspetto curato ed elegante grazie alla bellezza dei prati e dei giardini che la circondano».
http://www.maranellocity.com/ita/info_dettaglio.aspx?cod=4
VIECAVE (torre, ruderi del castello)
«...Il complesso, sviluppatosi in varie fasi di accrescimento quasi a formare una corte, è costituito da una torre contornata dai ruderi del Castello medioevale, da un caseggiato in linea comprendente all'estremità est una casa-torre e dalla parte opposta, staccato, un edificio di servizio agricolo. La torre, tra le più antiche del Frignano, presenta elementi di stile romanico particolarmente evidenti nel portale rialzato sul lato est ed una monofora a doppia strombatura sul lato nord. I ruderi del castello, ricordato come parte dei feudi dei Montegarullo in un trattato di alleanza che questi Signori strinsero con Bernabò Visconti nel 1370, si trovano sul pendio a sud della torre. Terminato il periodo feudale, Viecave dovette continuare a rappresentare il centro di raccordo della popolazione sparsa della zona; alla metà del XV secolo sappiamo con sicurezza che formava un Comune autonomo. Nel 1447, i comuni di Benedello, Chiagnano, Viecave, Iddiano, Monteobizzo si unirono amministrativamente formando la comunità dei "Montis et Unitorum". Ed è questo, appunto, il periodo al quale risale la parte più antica del caseggiato comprendente all'estremità est una casa-torre con colombaia, dove è inserita una bifora d'arenaria di buona fattura. La costruzione aumentò via via nel tempo, in un arco che va dal XV al XVIII secolo. Lo dimostrano, fra l'altro, i cinque portali in grossi conci d'arenaria sagomati: due a mensole concave, tipici del secolo XV, e tre a tutto sesto, due dei quali datati 1565 e 1682. L'organismo così formato è mirabilmente compenetrato su vari livelli con un salire e scendere di sale allietate dai rustici focolari. Alcune finestre, corredate da pregevoli sedili in pietra, sembrano fatte perché l'ospite possa godere, ad un tempo stesso, la vista della fiamma del focolare e la vista di suggestivi panorami esterni».
http://www.viecave.it/cennistorici.html
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Gli abati di Nonantola fondano la struttura difensiva della Rocca di Vignola prima dell'anno Mille. La sua storia passa attraverso vicende e proprietari diversi che ne modificano aspetto e funzioni. Pur non esistendo documenti che attestino con precisione l'anno di fondazione della rocca, si può supporre che finita la dinastia carolingia, sia stata innalzata in difesa dei centri abitati insieme a molti altri edifici. Dopo l'incendio del 1247 ad opera di Re Enzo, figlio di Federico II, gli Estensi la cedono alla famiglia dei Grassoni che la trasformano in una sontuosa villa patrizia. Seguono altri tre casati: quello dei Contrari, investiti del feudo da casa d'Este nel 1401 che, vissuti negli agi e negli splendori della corte ferrarese, la abbelliscono di ricche decorazioni, dei Buoncompagni e di Napoleone. La peculiarità principale è rappresentata dalle tre torri (Nonantolana, delle Donne e del Pennello), e dal ponte levatoio che conduce alla suggestiva Corte e ai Saloni. I nomi di quest'ultimi sono legati agli splendidi affreschi realizzati sotto il patronato dei Grassoni: le sale dei Leoni, dei Leopardi, delle Colombe e degli Anelli sono state scelte per ospitare l'esposizione. Ma l'itinerario prevede altre tappe obbligatorie: alla Sala delle Dame, affrescata con le armi delle spose dei Contrari, a quella del Padiglione, degli Stemmi, con la bellissima finestra affrescata, e a quella dei Tronchi d'Albero. Al primo piano c'è la Cappella decorata secondo i canoni tardogotici del "Maestro di Vignola", con le raffigurazioni della "Storia di Cristo" che testimoniano i legami di Vignola con la corte Estense. Al secondo piano si aprono gli spaziosi locali utilizzati dalle truppe di stanza alla Rocca e dal personale di servizio; l'ultimo è invece occupato dai camminamenti di ronda che percorrono circolarmente l'edificio collegando tra loro le tre torri. Nel 1965 la fortezza è stata acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola che l'ha sottoposta ad un'accurata opera di restauro. Prestigio per eccellenza del paese la Rocca è un simbolo geografico e storico nonché il segno di un'identità culturale che si è aperta a contributi diversi, emiliani, italiani ed europei».
http://www.italica.rai.it/scheda.php?scheda=bologna_rocca
Vignola (torri e mura del borgo)
a
cura di
Federico Trombi
VILLA BIBONE (torre di Ca' Bergantino)
«L’insediamento di Villa Bibone è costituito da due nuclei distinti tra cui si inserisce la romanica chiesa di S. Andrea parzialmente ricostruita agli inizi del Novecento. A destra è il nucleo Cà Bergantino dalla caratteristica torre con casamento annesso, uniche tracce dell’antico castello. A fianco sorgono altri edifici completamente trasformati e destinati a caseificio. Sulla sinistra rimane il nucleo Aia di Lorenzo, formato da due fabbricati collegati ad angolo retto, con loggiato al piano superiore e due rilevanti portali. Questa parte si trova attualmente in discreto stato di conservazione ed è per lo più adibita a residenza turistico-stagionale».
VITRIOLA (resti del castello, torri della borgata Ca’ de Borlenghi)
«II rinvenimento di materiale laterizio risalente all'epoca romana tardo repubblicana suggerisce I'esistenza di antichi insediamenti (probabilmente una fornace) nella località, che però è documentata soltanto a partire dall'XI secolo, quando fu il centro amministrativo di una vasta "corte" estesa sulle basse valli del Dragone e del Dolo, appartenente ai domini canusini. Fu uno dei possessi fondiari donati nel 1071 da Beatrice di Lorena all'erigendo monastero di Frassinoro e costituì l'area settentrionale delle Terre della Badia, il feudo che il monastero signoreggiò nelle due vallate. Un diploma imperiale del 1164 fa esplicito riferimento al castello di Vitriola. Da molti storici e cronisti esso e stato identificato erroneamente con quello eretto sul colle di Montefiorino, che apparteneva al territorio della "corte" di Vitriola. Ma si trattò di due fortificazioni distinte e di epoca diversa. Il castello di Vitriola sorgeva più a monte e a ponente della chiesa di Sant'Andrea Apostolo, che è quella tuttora esistente, benché ampiamente rimaneggiata. Consisteva di tre torri disposte ai vertici di un triangolo, a circa venti metri una dall'altra, collegate da costruzioni minori e circondate da una muraglia. Posto com'era in luogo pianeggiante e facilmente accessibile da ogni lato, aveva scarsa importanza come opera difensiva e fu soppiantato nelle difese della bassa Val Dragone da quello di Montefiorino, costruito successivamente in luogo più adatto allo scopo e meglio munito. Abbandonato e trascurato, il più antico castello di Vitriola finì per ridursi in macerie. Ancora esistente nel 1320, nel 1442 ne restavano in piedi solo le torri, i cui tronconi si conservarono fino al secolo scorso, quando furono definitivamente abbattuti, salvo quello della torre di mezzogiorno, che nel 1860 fu incorporato in una costruzione privata».
http://www.parchidicultura.it/_ita_medioevo/luoghi_dettaglio.aspx?cod=7
VITRIOLA (torretta de' Mucci, altre case-torri)
«"Proprio per la necessità di custodire, ma anche di difendere gli abbondanti raccolti - sostiene il ricercatore Giuseppe Perini, dell'Associazione Culturale Porta Saragozza di Modena e del Centro Studi Storici Nonantolani -, furono costruite le "Case-Torri" o "Case-Forti". Ci sono in altre zone dell'Appennino, ma sono diffuse in Val Dragone a partire dal XII secolo. L'ingresso era al primo piano. Vi si accedeva con una scala a pioli che di notte veniva ritirata". A Vitriola abbiamo visitato la Torre dei Mucci (costruita tra il 1500 e 1600), su tre piani, detta anche "Torre dei Vignaioli" perché, in passato, abitazione del vignaiolo e deposito degli abbondanti raccolti. La copertura a lastre di arenaria, dette anche "piagne", ha resistito fino a due anni fa, poi è sprofondata all'interno dell'edificio, ora "ferito" da uno squarcio ad indicare la sua precaria stabilità. Non la salveranno la cordonatura perimetrale sporgente tra il secondo e terzo piano, né i solidi blocchi di arenaria squadrati, i grossi conci impiegati come testate d'angolo e i muri alla base con oltre un metro di spessore. Le è accanto un ampio sentiero che congiungeva le due sponde della vallata, e per il cui passaggio occorreva, forse, pagare una gabella. "Una decina d'anni fa - dice Walter Albicini, la cui proprietà confina con la Torre - la casa è stata acquistata da una persona non del luogo (forse uno straniero), e recintata con un nastro rosso e bianco che è poi sparito. Il vicino sentiero, fino a qualche tempo fa, veniva attraversato da tanta gente delle borgate che andava al ponte per prendere la corriera. Un sentiero interrotto da un precipizio di cinque metri, a causa della nuova strada asfaltata realizzata a valle".
Stessa scena di degrado per la Casa-Torre "Ca' dei Baroni", del 1500, disposta su quattro piani. Il tetto è crollato a picco da parecchi anni. Mostra un cornicione di colombaia in arenaria a sezione semicircolare, mensoloni in gronda pure in arenaria, portali e finestre con architravi e stipiti squadrati. I rampicanti che la invadono mettono radici nei muri, accelerandone la caduta. Si trova tra un nucleo di abitazioni sei-settecentesche, dove sono visibili i resti di un'altra torre cinque-seicentesca. Resiste meglio in località "Pignone" la Casa-Torre, fortilizio di avvistamento che, edificato tra il 1100 e 1200, domina la valle. La caratterizzano un bel portale a sesto acuto e una finestra a tutto sesto, ora murata, entrambi del Duecento. Nella chiave d'arco si scopre uno stemma con croce inscritta in una cordonatura circolare sovrastante un albero a bassorilievo. L'hanno salvata, in parte, gli interventi ottocenteschi, con incatenatura di tutta la struttura. è possibile sia stata abitata fino a tempi non molto lontani. A qualche decina di metri "La Tardagna", la "Casa-Torre" dello stesso periodo, quasi completamente scomparsa. E altre sono crollate, nel tempo. "Questi edifici - sottolinea Perini - potevano raggiungere 20 metri di altezza. Nella valle e, in particolare, nella zona di Vitriola ce ne sono altre: a Ca' dei Borlenghi, a Ca' de' Bongi". Splendido è l'antico borgo medievale Ca' di Bellucci, con abitazioni in sasso e con una Casa-Torre del XIII secolo, ricostruita nella parte superiore e modificata in vari punti. è di proprietà privata e abitata durante l'estate. Conserva due finestre con arco a tutto sesto e, in origine, portali realizzati in conci accuratamente lavorati».
http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2011/01/07/news/vitriola-sprofondanole-antiche-case-torri-1.377931 (a cura di Michele Fuoco)
ZOCCHETTA VECCHIA (borgo, case torri)
«è composto da diverse costruzioni cinquecentesche, poste nella parte più vecchia del borgo, tra cui una casa-torre del XVI sec. è un bell'edificio a corte chiusa con loggiato ospitante un'antica filanda. Interessante l'edicola seicentesca posta al centro del borgo».
©2012