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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI PISTOIA
in sintesi
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Borgo a Buggiano (villa Bellavista)
«La Fattoria di Bellavista si forma con il nome di "Fattoria di Borgo a Buggiano" alla fine del ‘500, a seguito di estese bonifiche realizzate da Francesco 1. I poderi sono nella zona prospiciente il bacino lacustre del Padule, tranne quello di "Bonavista", fulcro della fattoria, sito poco a sud di Borgo a Buggiano. Nel 1616, al termine di lavori iniziati nel 1610, gli edifici del podere di Bonavista sono composti da: un palazzotto di due piani con "arme del Granduca"; uno stabile contiguo adibito a granaio, magazzino, stalla e abitazione; una cantina e la casa dove stava il lavoratore. Dal 1638 inizia a comparire il nome "Bellavista". La fattoria, di ben 45 poderi, viene acquistata da Francesco Feroni nel 1673. Il contratto prevede anche la costituzione in favore dell'acquirente di privilegi, che gli permettono di dar vita ad un vero feudo. Bellavista è infatti un esempio di quel fenomeno di "rifeudalizzazione" delle campagne favorito nel ‘600 dai Medici, interessati sia ad alimentare con la vendita di terre e privilegi le casse granducali, sia a legare alla propria politica le più importanti famiglie dello Stato. Al Feroni si concedono libertà commerciali, esenzioni fiscali, la possibilità di fare colmate, diritti di pascolo e l'erezione della fattoria "in titolo di Contea o Marchesato ...". Una vera investitura feudale, quindi. II Feroni, negli anni dal 1673 al 1678, fa eseguire diversi lavori: si ristrutturano le case da lavoratore, si fa un mulino ed una fornace, si amplia il palazzo mediceo aggiungendo, sulla destra a formare una L, un nuovo corpo per destinarlo a stalle e granaio. Nel 1695 la famiglia Feroni è riconosciuta come "nobile di vera nobiltà generosa". L'idea di celebrare questo successo con la costruzione di una nuova Villa, che competesse in bellezza con quelle delle altre famiglie nobili, senza dubbio risale a questo periodo. Ma a concretizzarla è il figlio di Francesco, Fabio. L'ottantaduenne Francesco muore infatti il 17 gennaio 1696. I lavori iniziano nel maggio dello stesso anno. Completate le decorazioni e le sistemazioni a verde, la Villa, nel secondo decennio del ‘700, appare in tutto il suo splendore, del quale ci paria anche la famosa stampa settecentesca di Giuseppe Zecchi, che evoca un'atmosfera di ricca vita di corte.
Ma già si sono affacciati i primi problemi. Innanzitutto questa presenza feudale non è indolore per le comunità vicine, con le quali il marchese entra in conflitto per la riscossione delle tasse del macinato e del sale. La causa si trascina per oltre trenta anni. Un'altra controversia, ancor più grave, insorge fra il Feroni e lo Scrittoio delle Regie Possessioni: alcune opere di bonifica fatte eseguire dallo Scrittoio su terreni della limitrofa fattoria di Altopascio provocano l'impaludamento di molti poderi del feudo, con grave danno economico per i Feroni; già nel 1717 buona parte delle terre risulta "infrigidita". Questa causa è lunga e dispendiosa e invano i Feroni si adoperano in grandiose opere di bonifica, con ingenti somme spese in colmate e nella deviazione del fiume Poscia. Il valore dei poderi diminuisce e la proprietà, rimasta sostanzialmente intatta per tutto il ‘700, subisce le prime amputazioni con il nuovo secolo. Ben presto, ai Feroni non resta che la Villa ed il podere intorno. Nel 1829 anche questa viene venduta ai Buonaguidi di Borgo a Buggiano che la destinano a propria abitazione Passa poi ad Ermanno Kanzler, generale pontificio. La Villa torna agli splendori del passato. Nei primi due decenni del ‘900, a Bellavista soggiornano personaggi famosi ed artisti (fra i quali il musicista Lorenzo Porosi). Ma nel 1926 la Villa viene spogliata di arredi e oggetti e stessa sorte tocca alla Cappella. Nel 1933 viene acquistata dalla Banca delle Marche e degli Abruzzi di Ancona, che la cede alla Poligrafica F. Salvati di Foligno. Infine, nel 1938, diviene proprietà del Ministero dell'Interno, che la destina all'Opera Nazionale Assistenza Vigili del Fuoco. Sede di una colonia elioterapica, poi di un ospedale militare durante la Seconda Guerra Mondiale, diviene quindi casa di riposo per gli stessi vigili. Negli anni ‘50 l'antica fattoria medicea viene radicalmente trasformata e ampliata per ospitare un collegio dell'Istituto Nazionale per gli Orfani Figli di Vigili del Fuoco. Nel 1968, la Villa e l'Istituto vengono abbandonati. Oltre venti anni di penoso abbandono. Nel 1992, finalmente, la Villa ritorna a vivere. Attualmente è in fase di allestimento nei locali del piano terra un museo storico regionale del Corpo dei Vigili del Fuoco. è imminente la ristrutturazione degli edifici del complesso annesso per ospitarvi un centro di soggiorno termale per le famiglie dei Vigili del Fuoco. Secondo gli intendimenti dell'ente proprietario, successivamente dovrebbero avviarsi anche i lavori di restauro della Villa».
http://www.comune.buggiano.pt.it/comune.aspx?lang=ita&nome=vicende_storiche&tab=villa_bellavista
Buggiano Castello (resti della rocca, palazzo Pretorio)
«Fino al 1775 sede del Comune e della Podesteria, è un vero e proprio tesoro a cielo aperto rimasto intatto nell' aspetto medievale. Nella sua incantevole piazzetta, alla sommità del colle, ecco il Palazzo Pretorio del '200, con la facciata costellata dagli stemmi dei Podestà susseguirsi nei secoli; nell' interno si conservano affreschi quattrocenteschi. Alcune sale ospitano I'archivio storico del Comune. Nella sala maggiore si riunivano i rappresentanti del popolo e ci fu un periodo in cui agli assenti era comminata una multa da pagarsi con grani di pepe, l'oro nero del Medioevo. Di fianco, la Chiesa di S.Niccolao, del 1038, in stile romanico; ha tre navate e possiede un ricco patrimonio artistico (un preziosissimo Fonte Battesimale ed un bellissimo ambone del XIII sec. , pitture cinquecentesche di G. Brina, della scuola di A. Del Castagno e di Bicci di Lorenzo). Ricchi gli arredi sacri conservati nel Museo Parrocchiale. Contigua alla Chiesa è l'antica Abbazia con un bellissimo chiostro. Sempre nella parte alta del castello vi sono notevoli resti della Rocca. Due porte, resti di case torri, I'ex Convento di S. Scolastica, L' Oratorio di S. Martino e la settecentesca Villa Sermolli, completano il patrimonio monumentale». «Dopo la soppressione del 1866, molti edifici ecclesiastici furono venduti alle istituzioni governative. Infatti il palazzo comunale di Borgo a Buggiano era anticamente il vecchio monastero di Santa Marta, che subì a tal scopo numerosi lavori che ne cambiarono la struttura originaria. L'architetto Paciarelli che si occupò del progetto creò un frontale a bozze, un loggiato e un terrazzo in pietra serena. Il vecchio monastero è databile intorno alla prima decade del1'500 ed ospitò inizialmente alcune suore dal monastero di Santa Scolastica di Buggiano che vi si trasferirono fino al 1866, quando l'intera comunità venne spostata a Montecatini Alto».
http://www.comune.buggiano.pt.it/le_frazioni.aspx?le_frazioni_id=2 - http://www.toscanissima.com/buggiano/buggianopalazzocomunale.php
CALAMECCA (resti del castello)
«Il toponimo Calamecca è documentato già nel VIII secolo, ma soltanto dalla metà del XI secolo vi sono testimonianze di un insediamento organizzato importante tappa su antichi percorsi viari, a Calamecca confluivano le strade che dalle valli del pesciatino raggiungevano Pistoia attraverso Femminamorta, Casore del Monte e Serravalle Pistoiese. Il castello, raso al suolo nel 1182 dai pistoiesi per essersi ribellato alle magistrature cittadine, fu ricostruito durante il XIII secolo, quando i documenti par[ano di un Castello novum de Calamicca. Il borgo, seppure alterato dalle molte giustapposizioni di fabbricati ad uso abitativo, conserva traccia delle strutture medioevali e un decoroso aspetto cinquecentesco nella chiesa parrocchiale dedicata a San Miniato e in alcuni nobili palazzi, uno dei quali ospitò, nel 1530, Francesco Ferrucci prima della battaglia di Gavinana, dove il condottiero perse la vita».
http://www.pistoia.turismo.toscana.it/oldsite/comuni/piteglio/piteglioframeset.htm
a cura di Fernando Giaffreda
COLLE DI BUGGIANO (borgo medievale)
«Colle di Buggiano, un grazioso borgo medievale del XVI secolo, è situato su un'altura tra i paesi di Massa, Buggiano e Cozzile. è quasi certo che la sua posizione originaria fosse a un un chilometro di distanza da quella attuale, cambiata successivamente per una maggior sicurezza. Colle Buggiano e i paesi vicini si trovano lungo quella che era l'unica strada per Lucca e Pistoia, e nel Medioevo era un frequentato luogo di passaggio per i viaggiatori che sostavano nelle numerose taverne. L'alto numero di viandanti che frequentavano quella strada indusse l'ordine dei Cavalieri di Malta a costruire un chiesetta proprio all'ingresso del paese. Il nome del paese è da attribuire alla costruzione di un castello sul colle di Pietrabona, chiamato successivamente Colle, per accogliere i superstiti di Castiglione, sconfitti a seguito di una battaglia contro gli Altopacesi; i quali non riuscendo inizialmente a fronteggiare i Buggianesi, si rivolsero contro gli abitanti di Castiglione. La pieve romanica di San Lorenzo, che si trova nella piazza adiacente alle mura del paese, si può datare intorno al 1230. Affiancata da un alto campanile, presenta affreschi del XVI secolo e un Crocifisso di legno del XIV, attribuibili al Tiarini, Foschi e alla scuola dell'Allori». Da vedere anche le due porte e il Palazzo Petrucci.
http://www.toscanissima.com/buggiano/colle-di-buggiano.php
Collececioli (torre del Vitoni)
«La cosiddetta Torre del Vitoni si trova sul poggio di Collececioli, in mezzo ad un oliveto, ma è ancora oggi ben visibile dalla strada che va verso San Baronto. Molto probabilmente, insieme alle torri di Porciano e alla fortificazione del Colle di Montefiori, la torre del Vitoni faceva parte del sistema difensivo posto a guardia della sottostante Valdinievole e delle antiche strade che, inerpicandosi su per il Montalbano, conducevano a Porciano, a San Baronto e a Pistoia. La torre attualmente in condizioni assai precarie è realizzata completamente in pietra, si sviluppa in una pianta quadrangolare ed ha ampie monofore sovrapposte che si aprono in corrispondenza dei piani di calpestio».
http://www.comune.lamporecchio.pt.it/citta/itinerari/itinerario-4-torre-del-vitoni-collececioli
Collodi CASTELLO (borgo fortificato, villa Garzoni)
«Avvicinandosi al paese si può scorgere l'antico borgo o Castello di Collodi - posto a 244 metri sul livello del mare. Di questo si hanno notizie già dalla fine del XII secolo, come un villaggio di origine militare, poiché si trovava sul confine tra i territori avversari: quello lucchese e quello fiorentino. Collodi fu conteso dai due stati confinanti per lungo tempo, finché nel 1442 divenne avamposto fortificato della Repubblica di Lucca. Collodi Castello sembra una vera e propria "cascata" di piccole case arrampicate lungo il pendio di un colle scosceso, quasi trattenute nella "caduta" dall'imponente architettura barocca della Villa Garzoni, sorta sulle rovine del castello medievale. Nella parte alta del paese si trova la Chiesa Romanica di San Bartolomeo, la cui torre campanaria un tempo doveva far parte del sistema difensivo, di cui rimangono parti delle mura. Questi ed altri caratteristici dettagli del borgo, perfettamente conservato grazie anche al divieto di transito dei mezzi a motore, si possono ammirare percorrendo a piedi i suoi vicoli lastricati in pietra. Lo storico Giardino Garzoni, che affianca la villa, forma con essa un complesso riconosciuto come monumento nazionale; è uno splendido esempio di giardino barocco, realizzato nel '6oo e fu ricomposto con nuovi arredi nel secolo successivo, infine è stato restaurato nel 2007».
http://www.comune.pescia.pt.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/73
«Il paese è ubicato tra Calamecca e Lanciole tra due torrenti il Folognolo e la Lanciolana ed è circondato da boschi. è appartenuto, a differenza dei castelli confinanti, alla fazione guelfa e poi panciatica. A Crespole ha avuto sede Spino da Trivulzio dè Panciatichi, del quale è stato la roccaforte ed il braccio armato, quando il 16 febbraio 1290 conquistò Lanciole cacciandone i ghibellini, che avevano già subito la stessa sorte a Calamecca, ad opera dello stesso Trivulzio. ... è stato anticamente uno dei castelli più importanti della vallata con la differenza, rispetto agli altri,che esso non si è mai ribellato a Pistoia, ma ne è stato un fedele alleato e pertanto era militarmente il più potente castello della Val di Forfora, avendone fatto Pistoia una base sicura ed affidabile, essendo inoltre il castello prossimo ai confini dei bellicosi lucchesi. Dell'originario castello medievale è oggi visibile soltanto qualche traccia delle antiche strutture difensive. Durante le dominazioni medicee il castello divenne residenza privilegiata di nobili famiglie, i cui stemmi ornano ancora oggi le facciate dei palazzi, alterati nelle strutture originali dalle ristrutturazioni tardo cinquecentesche».
http://www.comune.piteglio.pt.it/index.php?pagina=pagine&id=342
«Il castello di Gavinana (PT), nell’omonimo comune, fu fondato su un antico “castrum” romano; il borgo fortificato di Gavinana fu dato ai conti Guidi nel 1191 dall’imperatore Arrigo VI. In epoca rinascimentale se lo concessero le fazioni avversarie dei Panciatichi e dei Cancellieri. E nel 1530 ebbe luogo qui il famoso combattimento che costò la vita a Francesco Ferrucci, storico comandante dei fiorentini. In passato il borgo fortificato aveva tre porte: la “Porta Piovana”, la “Porta Papinia” e la “Porta Apiciana”. Ed è nella parte alta del borgo che si ergevano la rocca e una torre d’avvistamento. Il castello e il Borgo è liberamente visitabile. In occasione dell’Ascensione avviene una caratteristica processione pomeridiana nota con il nome di “bacio dei Cristi” (dalle due croci che sono portate in processione per due diversi itinerari fino a che si incrociano nel centro del paese). Altra opportunità di festa per il bel borgo fortificato è il 15 agosto. Il castello è raggiungibile da Pistoia sono 26 km su strada statale 12 per l’Abetone fino al bivio di Gavinana. Di qui al centro del paese sono altri 3 chilometri».
http://www.guidatoscana.net/castello-gavinana-pistoia/112.htm
LAMPORECCHIO (villa di Carraia)
«La villa di Carraia è un antico edificio che sorge nell'omonima località, nel comune di Lamporecchio, in provincia di Pistoia. Posta su un colle sulla strada che collega Lamporecchio a San Baronto. Costruita a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo, dalla nobile famiglia dei conti Manni di Pistoia, sopra un loro fortilizio medievale, è tutt'oggi di loro proprietà. Inizialmente si presentava come un castello con quattro torri agli angoli, ma nel corso del XVIII secolo le due torri posteriori furono eliminate per consentire un "allungamento" della villa stessa, che ne aumentò la volumetria. Oggi abbiamo la facciata principale con le due torri rimaste che si affaccia sulla vallata verso Lamporecchio e che nei giorni tersi consente la vista sino al faro del porto di Livorno. I restauri alle facciate eseguiti negli anni dalla contessa Anna Maria Manni Lucarini attuale proprietaria, ne hanno riportato in luce gli antichi splendori; attualmente i restauri proseguono all'interno di un'ala posta anteriormente sul lato sinistro, bruciatasi con un incendio negli anni trenta del Novecento. La villa, circondata da un giardino all'italiana con statue, era al centro di una vasta tenuta agricola che comprendeva 47 poderi e case da lavoratore, altre quattro ville (Belvedere di sopra, Belvedere di Sotto, Varazzano e Giugnano) ed una cappella gentilizia dedicata a San Sebastiano, che oggi non è più parte della proprietà, non è più consacrata al culto ed è adibita ad abitazione civile. Su una delle due torri della facciata è incastonata una lapide in pietra datata 1772, fatta mettere dall'allora proprietario conte Giuseppe Manni in ricordo di una falda acquifera da lui scoperta e fatta confluire in una fontana collocata sul muro della torre stessa. ...».
http://www.comune.lamporecchio.pt.it/attachments/article/141/4_1_schede_immob_RV.pdf
«Lanciole, paese appenninico della Val di Nievole, situato nel Comune di Piteglio è, con Crespole e Calamecca, uno dei tre castelli medioevali della Val di Forfora. Castello di frontiera tra le terre di Pistoia e quelle di Lucca è una fortificazione, con assetto urbanistico tipico dei borghi fortificati dell’XI-XII secolo, con la rocca sul punto dominante e le case che si allargano in settori concentrici sulle pendici del monte. Ad oggi sono visibili tratti della cinta muraria, il rudere di una torre circolare e la traccia di una grande porta sul fianco occidentale del campanile. La chiesa dedicata a San Bartolomeo è sicuramente di origine medioevale anche se oggi ha l’aspetto di una chiesa del Settecento con navata unica. Circondato da una fitta vegetazione costituita prevalentemente da boschi di castagno, a mt 601 sul livello del mare, delimitato dal torrente Lanciorana che confluisce nella Pescia Maggiore, appare al viaggiatore come un borgo di altri tempi, adagiato sulla cresta del colle. Si può raggiungere percorrendo la strada provinciale 34 che risale il fiume Pescia, passando da Pietrabuona, Calamari e Pianacci oppure per la statale che proviene da Pistoia attraversando la Macchia Antonini e Crespole; la costruzione della strada risale al 1931, oggi è asfaltata mentre prima solo una tortuosa mulattiera collegava il paese alla città di Pescia».
http://www.lanciole.it/pagina-di-esempio
a cura di Fernando Giaffreda
MARLIANA (castelli del territorio)
«Marliana, Montagnana, Momigno, Casore del Monte e Serra costituirono nel medioevo un gruppo di castelli fortificati sorti su un territorio che si estendeva tra la pianura e i monti appenninici. Marliana domina il colle tra le valli dei fiumi Vincio e Nievole, ed è circondata da fitti castagneti. L’antico castello, già documentato nel XII secolo, andò distrutto nel 1177 durante la guerra con Montecatini e fu ricostruito in pochi anni. Il borgo ebbe un ruolo di primo piano nella lotte tra Lucca e Pistoia e conobbe poi un lungo periodo di pace sotto la dominazione fiorentina. L’abitato conserva il suo suggestivo impianto urbanistico, arroccato intorno alla chiesa di san Niccolò, documentata fin dal 1373 e trasformata nel Seicento e poi nell’Ottocento. Di fronte ad essa sorge l’oratorio seicentesco della Compagnia di Sant’Antonio Abate, spazio oggi dedicato a manifestazioni culturali».
http://www.montagnatoscana.org/?page_id=554
Massa e Cozzile (borghi, castello)
«Il comune di Massa e Cozzile, in provincia di Pistoia, è costituito da due borghi: quello di Massa, di origine romana e Cozzile, di epoca succesiva. I due centri sono collegati da un'antica strada romana ancora percorribile. All'interno del castello di Massa, è possibile visitare la pieve romanica di Santa Maria Assunta e il monastero della Visitazione, mentre nel Castello di Cozzile, è possibile ammirare il Palazzo de Gubertanis. Massa è uno dei borghi più antichi della Valdinievole, come attestano i numerosi reperti (monete, urne cinerarie ed epigrafi), rinvenuti nei suoi paraggi. Si ritiene che tra il IV ed il III secolo a.C. l'attuale castello si sia sviluppato come centro agricolo romano. Fortificata nel Medioevo (è ancora possibile ammirare le antiche "Porta ai Campi" e "Porta Fontana"), Massa è citata fin dall'XI secolo insieme al castello di Verruca, quest'ultimo presente da prima del Mille e nominato in un diploma imperiale del X secolo di Ottone III. Cozzile è comparso più tardi, ma comunque sempre in epoca medievale. Massa, sebbene dotata fin dal 1208 di statuti autonomi, è stata posta da sempre sotto l'autorità di Lucca. Passata poi a Firenze a partire dal 1339, si trova insieme a Cozzile al centro delle guerre per il possesso della Valdinievole combattute tra Pistoia, Lucca, Firenze e Pisa. In epoca granducale il comune autonomo di Massa si trasforma in una podesteria che ha avuto vita fino al tardo Settecento. Con le riforme leopoldine, infatti, la comunitas di Massa viene aggregata a quella di Buggiano. Il comune di Massa e Cozzile si afferma autonomamente solo dopo la Restaurazione del 1814. In seguito al Congresso di Vienna, che riorganizza i domini del deposto impero napoleonico, il rientrante Granduca concede la separazione tra Buggiano e Massa». «È un piccolo capolavoro neogotico. Il castello di Massa e Cozzale di antico, nel vero senso della parola, ha ben poco. Il disegno è merito del senese Giovanni Paciarelli che vi lavorò nel tardo Ottocento per conferirgli l’aspetto di un maniero medievale. Oggi il castello in ottime condizioni è di proprietà privata. Orario di apertura: il castello, per il momento è visitabile all’esterno».
http://www.turismo.intoscana.it/intoscana2/export/TurismoRT/sito... - http://www.italiadiscovery.it/news/toscana... (a cura di Silvia Brunori)
«Del castello di Montesommano si hanno notizie documentarie a partire dal 1005, quando dipendeva dalla abbazia di Sant'Antimo in Val d'Orcia e fu in parte ceduto a Ildebrando degli Aldobrandeschi. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1218 il castello fu venduto al Comune di Lucca, benché già da alcuni anni gli abitanti del castello si fossero costituiti in comune rurale con proprie magistrature. Il colle di Monsummano fronteggia quello di Montevettolini, borgo di origine medioevale, anch'esso sottomesso alla Signoria fiorentina. Fondato intorno al XII secolo e sottoposto alla città di Pistoia nel 1227, il castello di Montevettolini si costituì in libero comune nel corso del Duecento, divenendo rifugio per i fuoriusciti fiorentini e lucchesi durante le acerrime lotte tra guelfi e ghibellini, finché si arrese ad Uguccione della Faggiola dopo la sconfitta dei guelfi a Montecatini nel 1315. Sotto il dominio di Lucca fino alla morte di Castruccio Castracani, Montevettolini e Monsummano aderirono nel 1328 alla Lega della Valdinievole contro Firenze, città alla quale dovettero tuttavia sottomettersi dopo aver subìto l'assedio di Gherardino Spinola, nuovo signore di Lucca. L'ingresso nell'orbita fiorentina consentì al castello di Montevettolini una vita fervida e ricca, animata tra l'altro dall'attività delle dodici confraternite del paese, e divenuta ancora più prospera quando i primi granduchi medicei lo elessero a luogo di sosta per la caccia, e ciò lo favorì rispetto al Castello di Monsummano, già in forte declino fin dalla fine del Trecento. L'appartenenza al distretto fiorentino soffocò invece lo sviluppo della comunità di Monsummano, che già dalla fine del XIV secolo, configuratasi come borgo rurale, si avviò verso una progressiva decadenza, determinata anche dal rimpaludamento dei terreni circostanti il colle e dalla conseguente interruzione dei percorsi viari».
http://www.comune.monsummano-terme.pt.it/citta/citta-storia-tradizioni/storia-di-monsummano
Montale (castello della Smilea)
a cura di Fernando Giaffreda
Montecatini Alto (resti della rocca)
«Montecatini Alto era un castello di origine romanica a 299 metri di altitudine e proprio questo antico castello che fu sede del comune fino al 1905 ha dato origine alla Montecatini che oggi conosciamo. Inizialmente l'unica Montecatini esistente era quella sulla collina, e le terme altre non erano che una palude sottostante il castello. Era però risaputo fin dall'antichità che le acque di tale palude avevano capacità curative, infatti il patrimonio termale di Montecatini era probabilmente già noto agli Etruschi e ne abbiamo documenti che ne parlano risalenti al 1387, però non era mai stata data sufficiente importanza a tale fenomeno. Nel 1530 si provvide a contenere in vasche i bagni termali, che avevano assunto i nomi di "mediceo" o "tondo", e "dei merli" o "della rogna". La zona era comunque rimasta insalubre a causa del ristagno delle acque. Grazie al Granduca Leopoldo che fece costruire dei canali per lo smaltimento delle acque il territorio fu recuperato, inoltre per facilitare l'uso delle sorgenti termali fece costruire degli stabilimenti Fu così che iniziò a prendere vita anche un secondo borgo, Montecatini Terme, prima conosciuto come "Bagni di Montecatini", appunto perché facenti parte del comune di Montecatini Alto. Quindi nel 1905 i Comuni di "Bagni di Montecatini" e "Castello" furono due. Nel 1940 il "Castello" diventò una frazione dei "Bagni", divenuti ormai una stazione termale internazionale. Le mura avevano una circonferenza di quasi due chilometri con sei porte di accesso, furono distrutte nel 1554 da Cosimo I dei Medici; oggi rimane solo la porta di "Borgo". Delle molte torri , alcune sono state incorporate nell'abitato del campanile alla pievania, una fa parte dei resti della rocca; una terza è quella dell'orologio e un'ultima è antistante al Convento di Santa Maria a Ripa (sec. XVI). Quest'ultimo è l'unico rimasto custodito dal 1861 dalle monache benedettine. L'antico convento Agostiniano di Santa Margherita invece oggi ospita una Casa di Riposo. Il Convento dei carmelitani (1296) fu ricostruito nel 1764 ed oggi è sede di una casa di cura. L'Oratorio di San Sebastiano con il suo prezioso portico secentesco si è ben conservato. La Chiesa di San Pietro Apostolo costruita su disegno di Antonio Zannoni, conserva nelle colonne, nei capitelli e nella facciata i segni della sua origine romanica. Nell'adiacente Museo sono custoditi preziosi arredi e suppellettili; un reliquiario gotico, la testa della patrona della città, Santa Barbara, una Maestà lignea del secolo XII, una Natività ed un Trionfo di Cristo, attribuiti ad autori illustri come Del Sarto e Orcagna. Nel 1315 Montecatini Alto visse il suo avvenimento più importante, cioè quando fu teatro e vittima della sconfitta subita da Firenze (di cui era alleata) per opera del ghibellino Uguccione della Faggiola, Signor e di Pisa e di Lucca, e di Castruccio Castracani. Di questo episodio storico sono rimasti interessanti documenti. Montecatini Alto vanta una piazza principale ancora lastricata con la pavimentazione di pietra, resti, stemmi, lapidi, portali e l'antica cancelleria Comunale salvatasi dalla distruzione del 1554, e poi trasformata nel "Teatro dei Risorti"».
http://www.montecatini.it/montecatini_alto.htm
Montevettolini (borgo, resti del castello)
«Alle falde nord occidentali del Montalbano, a poco più di quattro chilometri dal centro di Monsummano Terme, sorge il borgo di Montevettolini, arroccato sulla sommità del colle, a 187 metri sul livello del mare. Fondato intorno al XII secolo e sottoposto alla città di Pistoia nel 1227, il castello di Montevettolini si costituì in libero comune nel corso del duecento, divenendo rifugio per i fuoriusciti fiorentini e lucchesi durante le acerrime lotte tra guelfi e ghibellini, finchè si arrese ad Uguccione della Faggiola dopo la sconfitta dei guelfi a Montecatini, nel 1315. Sotto il domino di Lucca fino alla morte di Castruccio Castracani, Montevettolini aderì nel 1328 alla Lega della Valdinievole contro Firenze, città alla quale dovette tuttavia sottomettersi dopo aver subito l'assedio di Gherardino Spinola, nuovo signore di Lucca. L'ingresso nell'orbita fiorentina consentì al castello una vita fervida e ricca, animata tra l'altro dall'attività delle dodici confraternite del paese, e divenuta ancora più prospera quando i primi granduchi medicei elessero Montevettolini a luogo di sosta per la caccia. Alla fine del XVI secolo Ferdinando I incaricò Gherardo Mechini e Domenico Marcacci di costruire la possente villa, oggi di proprietà dei principi Borghese, che domina il paese dall'estremità occidentale della cinta muraria.
Negli anni in cui fu frequentato dalla corte medicea, il borgo si arricchì di sontuose dimore patrizie, molte delle quali conservavano pregevoli opere d'arte. Nel 1775 Pietro Leopoldo istituì la Comunità delle Due Terre unificando amministrativamente i territori di Montevettolini, dell'ormai decadente castello di Monsummano e del capoluogo Monsummano Terme, in continua espansione. A difesa del castello si elevavano sei torri, cinque a pianta quadrata (una di esse è il Campanile) ed una ottagonale, detta "dello Sprone" o "delle Murina", ad ovest, subito sotto l'abitato. Davano accesso al paese tra porte: quella "del Montaletto",distrutta nel 1830, quella "del Vicino", a nord, detta anche "del Malvicino" e poi "dei Barbacci", l'unica che si conserva ancora integra, e la porta detta "del Cantone", inglobata nella villa medicea, ma ancora ben visibile. La stessa sorte subì anche la rocca che dominava dall'alto il paese. Dell'ultima e più ampia cinta muraria, di cui rimangono oggi pochi resti, si ha notizia nel 1366, quando, per ordine della Signoria Fiorentina, le mura furono restaurate e munite di bertesche. Più volte riadattate nel corso dei secoli, furono in gran parte abbattute a partire dal 1607, per costruire una strada di circonvallazione. Nel borgo esistevano due oratori, quello di San Francesco, ad ovest della chiesa, presso il quale fu istituito un ospedale durante la peste del 1348, e quello del Corpus Domini, in Piazza Bargellini, oggi sede della Filarmonica "A. Tonini" e del Comitato del "Santissimo Crocifisso". L'edificio dell'antico Palazzo Comunale, che dal XIII secolo rappresentò il potere politico ed amministrativo del castello, conserva intatta la suggestione del suo glorioso passato. Sulla facciata sono affissi stemmi dei podestà, in pietra e ceramica invetriata, mentre al piano terreno sono ben visibili a sinistra la loggia che si apriva sulla strada e a destra la porta di accesso all'antica torre di guardia inglobata nell'edificio. Torri medievali furono utilizzate anche per il campanile della Chiesa. Quello più antico, abbattuto nel 1729, era incorporato all'interno dell'edificio ecclesiastico, mentre la torre campanaria attuale, realizzata nel XV secolo adattando un'altra torre di guardia, è addossata al presbiterio ed impostata su una galleria voltata a botte che dalla via detta del Portone immette nella piazza Bargellini».
http://www.comune.monsummano-terme.pt.it/citta/i-centri-storici-di-monsummano-terme/montevettolini
Montevettolini (villa Medicea)
«La villa medicea di Montevettolini si trova all'estremità settentrionale del colle poco distante dalla pieve di S. Michele Arcangelo, dalla canonica e dalla piazza del Comune. La villa fu fatta costruire dal Granduca Ferdinando I e la sua realizzazione venne affidata a Gherardo Mechini, nominato nel maggio di quello stesso anno "Architetto di Sua Altezza" e già capo maestro a servizio del Granducato fin dal 1581; venne realizzata fra la fine del cinquecento e il primo ventennio del seicento. L'edificio per tutto il periodo successivo rimase pressoché immutato nel suo aspetto complessivo e mantenne i propri caratteri austeri, presentando una fisionomia imponente e severa, che ha l'aspetto di fortilizio; è intonacato di bianco con semplici angolature in pietra e con i profili di porte e finestre fatti con conci di pietra serena, liscia o a bugnato. Fu costruito incorporando nel fabbricato alcune strutture preesistenti del sistema difensivo del borgo. Alla nuova costruzione, infatti, furono annesse la rocca e una delle sei torri della cinta muraria: quella della porta del Cantone. Queste strutture furono in gran parte smantellate e una parte del materiale venne riutilizzata per realizzare il nuovo edificio. La rocca e la torre furono unite da un corpo di fabbrica a due piani, oltre quello terreno, dei quali il primo è quasi interamente occupato da un vasto salone di rappresentanza. Il lato sinistro dell'edificio, quello in cui è stata incorporata la torre, è più alto di un piano perché situato su un dislivello del terreno; su questo lato appena sotto la gronda del tetto si alternano, con un ritmo molto serrato, piccole finestre e aperture simili a guardiole. Lungo tutto il perimetro del palazzo all'ultimo piano si ha una successione, piuttosto regolare, di finestre quadrate con mostre in pietra e piccole feritoie sottostanti, lo stesso ritmo lineare si ripete per le più grandi aperture del piano nobile, mentre al piano terreno finestre e porte sono aperte senza rispettare questa scansione. L'aspetto di fortilizio del palazzo è accentuato da quattro garitte, anch'esse munite di feritoie guardiole».
http://www.rondomontevettolini.it/pg010.html
«Storicamente Pescia si è sviluppata a partire da due nuclei funzionali differenti: quello dedicato alla vita pubblica ed al commercio si affaccia sulla riva destra del torrente Pescia di Pescia, quello dedicato alle attività religiose e monastiche, invece, si estende sulla riva sinistra. Il primo nucleo si concentra simbolicamente nella grande Piazza Mazzini, nel Palagio e nei torrioni, il secondo nel Duomo e nella Porta Fiorentina (1732); i due centri, attorno ai quali si sviluppano una fitta rete di vicoli e rughe, sono connessi fra loro dal caratteristico Ponte del Duomo. Secondo alcuni ritrovamenti archeologici e testimonianze scritte, si presume che Pescia sia stata fondata dai longobardi, che qui vi posero un insediamento. E appunto il nome del fiume omonimo prima e dell'insediamento poi deriva da un adattamento latino di una parola longobarda, pehhia, dalla radice germanica *bak- che significa fiume, torrente (cfr. tedesco Bach e inglese beck). Poco più di tre secoli dopo la fondazione dell'abitato, Pescia, indipendente, rimase coinvolta quindi negli scontri tra guelfi e ghibellini. Di parte ghibellina, venne a scontrarsi con Lucca, di parte guelfa, e venne invasa e distrutta nel 1281, ma già pochi anni dopo cominciò la ricostruzione con l'aiuto degli stessi lucchesi. Durante il medioevo Firenze e Lucca si contesero la città, il cui comune sorgeva al confine tra le due repubbliche. Dopo un tentativo d'invasione fallito da parte di Pisa, la città passò sotto il dominio della Repubblica di Firenze. ... Gli edifici cittadini principali sono il Palazzo del Vicario (sec. XIII-XIV), attuale sede del municipio comunale, con la sua torre campanaria, il Palagio o Palazzo del Podestà (edificato tra il XII ed il XIII secolo, è ora sede della Gipsoteca “Libero Andreotti”), la Villa Sismondi (sede della Biblioteca comunale), il Duomo (intitolato a Santa Maria Assunta), la chiesa di San Francesco in stile gotico, il Teatro comunale Giovanni Pacini (disegnato dall'architetto pesciatino Giovanni Antonio Tani nel 1717 e poi più volte ristrutturato), l'Ospedale (edificato in diverse epoche e dedicato ai Santi Cosma e Damiano) e la Villa e Giardino Garzoni (sec. XVI) a Collodi. ... Il centro storico di Pescia è diviso in quattro quartieri: Ferraia (Piazza Mazzini, Ruga degli Orlandi, Piazza Santo Stefano), San Francesco (Piazza San Francesco, via Cesare Battisti, Ricciano), Santa Maria (Piazzetta Ducci - popolarmente nota come "Sdrucciolo del Duomo", via Giuseppe Giusti, via Giovanni XXIII) e San Michele (Borgo della Vittoria, via Giovanni Amendola, Casacce); i quattro quartieri si sfidano a settembre nel Palio dei Rioni».
http://it.wikipedia.org/wiki/Pescia
«A nord del Comune di Pescia si trova il territorio dell'alta valle del fiume omonimo, chiamata da sempre Valleriana. Rinominata dal ginevrino Sismondi , giunto esule a Pescia alla fine del secolo XVIII, "Svizzera Pesciatina", è senza dubbio una delle zone più belle della Valdinievole. Per raggiungere questa regione bisogna prendere la via Mammianese nord, direzione Pietrabuona-Abetone. Superata una zona abbastanza pianeggiante, è possibile vedere alla propria destra al di là del fiume, la chiesa romanica di S. Lorenzo a Cerreto. Più avanti dopo circa 2 km ci dà il benvenuto la porta naturale della "Svizzera Pesciatina", il paese di Pietrabuona. Situato su un poggio in posizione strategica, nel medioevo il paese è stato luogo di sanguinose battaglie fra fiorentini e pisani. Nella parte bassa è visitabile il Centro di documentazione della carta e a seguire l'antica cartiera "Le Carte" sede del museo della carta, che raccoglie le testimonianze di una secolare e prestigiosa attività. La chiesa è dedicata ai santi Matteo e Colombano e conserva al suo interno due statue lignee molto antiche che rappresentano S. Matteo e S. Michele. Nella zona retrostante alla moderna architettura è ubicata l'antica chiesa all'interno del castello.
Immettendosi nella strada della Val di Torbola e deviando poi sulla sinistra si raggiunge il paese di Medicina. Il castello è noto per l'antica chiesa dedicata ai S.S. Sisto e Martino. Costruita nel XV secolo corona l'alta collina boscosa sulla cui sommità si distende l'abitato sul quale svetta il campanile della chiesa, che si suppone fosse un'antica torre di guardia. Ritornando sulla strada della Val di Torbola si raggiunge poi il paese di Fibbialla di Valleriana. L'entrata è segnata dalla rettoria di S. Michele, attorno alla quale si articola l'abitato. All'interno sono custodite alcune tele sei-settecentesche di un certo interesse ed una scultura quattrocentesca raffigurante la Vergine Annunziata. Dopo Fibbialla troviamo il castello di Aramo. Sorge su di un picco a strapiombo sulla sottostante val di Torbola; il paese è stato teatro più volte di aspre contese intorno al '400, saccheggiato e in gran parte distrutto. Al culmine dell'abitato sorge la chiesa di S. Frediano. Riprendendo l'itinerario ben presto si arriva a S. Quirico. Si tratta di uno dei più bei castelli della Valleriana. Collocato sul versante orientale del Monte Battifolle, è un paese che offre la vista di tutte le valli. Nel centro troviamo suggestivi vicoli che si incrociano e passano ora sotto le abitazioni attraverso piccoli tunnel, ora presso incantevoli pergole o tettoie. Nella parte più alta del paese si trova una bella piazza arredata da una fontana in pietra con una vasca quadrangolare. In posizione più bassa si trova la chiesa dedicata ai SS. Quirico e Giuditta. Di notevole interesse è il "Museo della Civiltà Contadina", realizzato all'interno della Casa Vacanze "Il Frantoio" e visitabile su prenotazione.
Scendendo da S. Quirico dopo pochi chilometri si scorge l'opera d'arte più nota di questo territorio: la pieve dei S.S. Tommaso e Ansano di Valeriana, dichiarato monumento nazionale nel 1875. Un mistero avvolge questa Pieve che sembra testimoniare con la sua solennità architettonica il perdurare della storia antica. Documentata sin dal IX secolo, purtroppo non conserva che pochi reperti dell'antichissima struttura. Ricostruita più volte possiede oggi una forma stilistica piacevole che ricorda l'architettura religiosa lombarda del XII secolo. Nel centro del paese di Castelvecchio si trova l'Oratorio del SS. Rosario, interamente decorato da Storie della Vergine e di Cristo, si tratta di un buon fresco fiorentino di ignoto, databile intorno al XVI sec.; raggiungibile da una piccola mulattiera è posto sotto la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, dove attualmente viene officiata la Santa Messa e al cui interno, strutturato con tre piccole navate, è da segnalare l'altare in stucco policromo dove è ubicato il tabernacolo in legno finemente decorato a foglia oro. Dietro l'altare vi è una pala d'altare, di provenienza dalla Pieve, raffiguranti i Santi Giovanni e Tommaso ai piedi della Madonna con Bambino sul trono datato intorno al XVI sec.. Sul lato destro il crocifisso ligneo con Cristo Sofferente del XVII sec. e il fonte battesimale scolpito in pietra serena. Il Borgo, di origine medievale, mantiene della sua primitiva struttura fatta di suggestive vie castellane che si inerpicano sino alla Chiesa di S. Ansano.
Ritornando sulla strada maestra si prosegue per il paese di Stiappa. Ubicato sulle pendici del monte Battifolle, a 627 metri di altezza, l'antico paese ha segnato per secoli il confine tra il Granducato di Toscana e il Ducato di Lucca. La chiesa di S. Maria Assunta sorge in posizione elevata. L'architettura ecclesiastica denuncia un forte richiamo all'arte romanica. Da Stiappa si scende fino al Mulino del Fontanone, per un percorso di trekking chiamato la "Via del mulini". L'itinerario prosegue fino a Pontito un luogo davvero magico. Il castello (a 749 metri sul livello del mare) noto sin dal IX secolo come possesso dei vescovi di Lucca, sorge presso la sorgente del fiume Pescia. Il borgo ha conservato integro l'impianto fortificato; all'interno l'abitato si articola secondo un particolare andamento piramidale al cui vertice si erge la Chiesa dei SS. Andrea e Lucia, robusta costruzione in pietra di origine romanica. Una passeggiata all'interno di questo paese, la cui forma ricorda un ventaglio rovesciato, adagiato sulla morbida natura incontaminata, svelerà all'occhio del più attento visitatore segni artistici di notevole livello che un tempo esprimevano la dignità del luogo. Ritornando indietro verso sulla strada maestra si può raggiungere il paese di Sorana attraversando il fiume. L'antico borgo, adagiato sulle pendici del Monte Petritulo, prende il nome dalla rocca, della quale rimangono oggi soltanto alcuni resti e che un tempo era detta "sovrana" per la sua posizione a dominio della vallata. La particolare pianta ellittica del borgo culmina nella piazza dove è situata la Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Celebre per la produzione di un particolare tipo di fagiolo dal gusto delicato, Sorana è oggi meta di buongustai a caccia di prelibatezze.
Riprendendo la strada principale che riconduce alla via Mammianese, si possono vedere alcuni stabilimenti per la lavorazione della carta che un tempo furono veramente la gloria dell'imprenditoria locale. La cartiera più famosa è quella Magnani. L'azienda, che vanta antichissime origini, fino a pochi anni fa produceva carta pregiata, lavorata a mano per edizioni di alto pregio e carta moneta per la zecca italiana. Ripresa quindi la via Mammianese, dopo una serie di tornanti appare unica nella sua severità urbanistica, Vellano. Capoluogo riconosciuto della Svizzera Pesciatina e un tempo rinomata località di villeggiatura, il paese - antico Avellanum - sorge in posizione panoramica sulla valle del fiume Pescia. Noto per la sua Pieve già dal X secolo fu un tempo feudo della famiglia Garzoni, nel 1336 Coluccio Salutati redasse quegli statuti che per lungo tempo ne sancirono le caratteristiche amministrative. Nella parte sottostante al castello, fuori dalle mura, si trova la pieve dei SS. Sisto e Martino, che un tempo era annessa ad una antichissima abbazia benedettina. A Vellano è rimasta l'unica cava di Pietra Serena in funzione nella provincia di Pistoia. Oggi nella "Cava Nardini" si continua ad estrarre da oltre 100 anni il prezioso materiale ed a produrre ogni tipo di manufatto, secondo le lavorazioni tradizionali: dal semplice materiale da costruzione, ai manufatti da arredamento e perfino alle sculture, da considerarsi vere e proprie opere d'arte».
http://www.comune.pescia.pt.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/72
«Sul finire degli anni Sessanta, in seguito al sorgere di un cantiere, si rinvennero tracce consistenti di antiche case torri. La presenza di tali antiche strutture, oltre che interessante per il luogo ove sorsero (fuori dal secondo cerchio di mura), acquista rilevanza per “…la presenza, nel piano più elevato della torre, di un robusto arco a sesto acuto, che si richiama ad esempi pisani del secolo XII, a loro volta di derivazione siculo-mussulmana” (N. Rauty, 1968). Nel corso del tempo i restauri sono proseguiti mettendo sempre più in evidenza le interessanti strutture murarie dell’edificio. Una volta completato il restauro alcuni vani sono stati resi fruibili per l’Istituto professionale per l’Industria e l’Artigianato Pacinotti».
http://digilander.libero.it/pistoia_tour/case_torri.htm
Pistoia (fortezza di Santa Barbara)
a cura di Gianluca Iori e Simone Zini
Istituto di Ricerche storiche e archeologiche di Pistoia
«Pistoia conserva ancora leggibili le tre cortine murarie che sin dall'alto medioevo ne hanno caratterizzato il tessuto urbano. La prima cerchia, completata attorno alla metà dell'VIII secolo, racchiudeva una superficie di poco inferiore ai nove ettari e, stando alla documentazione superstite e ai pochi resti, doveva correre lungo il lato interno delle attuali vie: Pacini, Palestro, Cavour, Buozzi, Curtatone e Montanara, Abbi Pazienza e delle Pappe. Le mura, articolate in un doppio giro e separate dal cammino di ronda, avevano alla base uno spessore di sei metri e si innalzavano per circa quattordici con uno sviluppo complessivo superiore al chilometro. La prima cortina difensiva dovette risultare ben presto insufficiente alle esigenze della città, poiché sono noti edifici costruiti al di là di questa già a partire dal X secolo. Sorsero così i borghi extraurbani tra i quali il più antico fu quello di S. Bartolomeo sviluppatosi attorno all'importante abbazia e edifici sacri il cui nome testimonia l'ubicazione oltre le mura. Attorno agli anni trenta del XII secolo il Comune decise di innalzare una seconda cerchia adatta a difendere la città il cui perimetro, rispetto ai tempi antichi, era più che raddoppiato. Le nuove mura correvano con andamento sinuoso da S. Maria a Ripalta sino all'Ospedale del Ceppo per poi piegare verso sud sul tracciato delle attuali vie Chiappettini e Trenfuni. Procedevano, quindi, verso meridione includendo le chiese di S. Bartolomeo e di S. Pier Maggiore fino a S. Maria Nuova, tornando poi verso occidente lungo il tracciato degli attuali corso Amendola, Fedi e Gramsci per chiudere nuovamente a Ripalta. L'ultima cerchia venne innalzata dopo le distruzioni perpetrate nel 1306 dai fiorentini ai danni della precedente cortina difensiva. Le nuove mura che racchiusero i conventi degli ordini mendicanti fondati tra la fine del XIII secolo e gli inizi del successivo, si innalzavano per una quindicina di metri e avevano una base larga tre che si assottigliava ad un metro e mezzo nel camminamento di ronda. Munite di torri e bastioni, dei quali restano visibili l'Ambrogi e il Thyrion, avevano nella fortezza medicea di S. Barbara il punto di maggior presidio. Larghi fossati alimentati dai torrenti Brana ed Ombrone ne contornavano tutto il perimetro aumentandone l'efficacia difensiva tanto che non furono mai espugnate. La terza cerchia è oggi visibile in alcune sue parti lungo gli attuali viali Matteotti e Arcadia Quattro erano gli accessi principali che consentivano l'ingresso alla città dai maggiori centri vicini. Ancora oggi chi proviene da Firenze entra da Porta Carratica, chi da Lucca da Porta Lucchese, chi dalla montagna da Porta al Borgo e chi giunge da Prato lungo la via Montalese, l'antica Cassia, entra da Porta S. Marco. Queste porte indicano anche i quattro rioni cittadini che gareggiano per il palio della Giostra dell'Orso. Le mura hanno resistito integre fino ai primi del XX secolo quando furono abbattute per quello che sembrò il migliore sviluppo della città. ...».
http://www.comune.pistoia.it/scoperta_citta/scoperta/scoperta_08.htm
Pistoia (palazzo del Capitano del Popolo)
«L’antico Palazzo del Capitano del Popolo sorge nella breve Via di Stracceria, attigua alla Piazza del Duomo. La sua costruzione fu deliberata nel 1282. Sembra, ma non ci sono conferme documentarie, che il Palazzo sia stato per secoli la sede del Capitano del Popolo. Questi si affermò a Pistoia in epoca comunale ed era il magistrato che tutelava gli interessi del cittadini, affiancandosi al potere nobiliare, ed era eletto direttamente dal popolo. La magistratura del Capitano operò fino alla seconda metà del Trecento, quando fu sostituita da un magistrato proveniente da Firenze. Il Palazzo conserva ancora le linee delle grandi bifore ogive e buona parte della massiccia torre in pietra, mozzata. è la risultante di diversi interventi architettonici ben individuabili in tre nuclei costitutivi: la torre angolare, la casa-torre immediatamente a sud di questa e un più basso corpo di fabbrica. Di quest'ultimo rimangono le tracce delle grandi finestre a bifora che conferivano agli ambienti interni il carattere di loggia. Il Palazzo ha subito via via molti rifacimenti, che ne hanno modificato l'aspetto, ma che fanno anche risaltare la sovrapposizione di stili. In archi di pietra a sesto acuto sono state nel tempo inserite bifore in marmo bianco e successivamente finestre rettangolari; quest'ultime sono state distribuite anche in altri punti della facciata su Via di Stracceria. La torre angolare ha subito modifiche durante il radicale restauro ottocentesco quando le originali monofore furono sostituite da bifore. Oggi il Palazzo del Capitano del popolo è destinato ad abitazioni private e ad attività commerciali».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/pistoia/palazzo-del-capitano-del-popolo-pistoia/
Pistoia (palazzo del Comune o di Giano o degli Anziani)
«Alla fine del XIII secolo, quando la città di Pistoia conobbe un periodo di grande floridezza economica e politica, si rese necessario costruire un palazzo più ampio e dignitoso per le magistrature cittadine che sino a quel momento avevano trovato sede provvisoria prima in alcune case private e poi in un più vecchio palazzo di cui oggi non rimane alcuna traccia. Una tradizione diffusa nel secolo scorso, ma non confermata da alcun documento, vuole che il palazzo che ancora oggi è sede dell'amministrazione comunale sia stato fatto costruire dal podestà Giano della Bella, da cui la denominazione di Palazzo di Giano che ancora oggi lo contraddistingue. In realtà già prima della reggenza di quest'ultimo il comune aveva acquistato un nucleo di abitazioni poste all'angolo tra la piazza e l'attuale Ripa del Sale, in prossimità della prima cinta di mura. Viene così a cadere, stando alla più recente storiografia, un qualsiasi ruolo attivo da parte di questo podestà. Le vicende costruttive del palazzo sono assai complesse e ancora oggi non del tutto chiarite, ma nonostante la scarsa documentazione è possibile ricostruirne le principali fasi. Dopo la costruzione del primo nucleo, avvenuta alla fine del Duecento intorno al cortile in cui oggi è stato posto il Miracolo dello scultore pistoiese Marino Marini, il palazzo dei Signori Anziani e del Gonfaloniere di giustizia venne ampliato durante la prima metà del secolo successivo con l'aggiunta, tra l'altro, del portico di facciata che in un primo momento si limitò a sole quattro arcate. Un ulteriore ampliamento avvenne quando furono costruiti gli ambienti confinanti con la Ripa della Comunità, oggi destinati a sede di mostre temporanee, e il palazzo fu innalzato fino al secondo piano. Si provvide anche alla costruzione della quinta arcata di facciata in modo da dare omogeneità al fronte che si caratterizza per la sua originalità rispetto ai moduli dell'architettura pubblica toscana. Verso la metà del XIV secolo il palazzo assunse l'aspetto che tutt'oggi lo caratterizza; sono infatti assai limitate le integrazioni avvenute nei secoli successivi e per lo più riguardano gli ambienti interni che si sono dovuti adattare nel corso del tempo alle nuove esigenze delle amministrazioni che si sono succedute. Della prima metà del Seicento è comunque la costruzione del ponte che unisce il palazzo alla cattedrale in modo da consentire alle Magistrature cittadine di raggiungere direttamente il coro per assistere alle funzioni religiose. Durante la massima affermazione del regime mediceo venne apposto sulla facciata il grande stemma centrale con le armi dei Medici sormontate dalla tiara papale e da grandi chiavi in onore di Papa Leone X, illustre membro di tale famiglia. Comunque sulla facciata non mancano insegne dell'epoca medioevale, quali la testa di marmo nero sormontata da una mazza in ferro che una leggenda popolare identifica con l'effige del traditore della città Filippo Tedici, anche se presumibilmente si tratta del ritratto di Re Musetto II di Maiorca, ucciso dal capitano pistoiese Grandonio dei Ghisilieri durante la conquista delle Baleari nel XII secolo. La testa del Tedici si trova invece sul portale di Sant'Andrea e la tradizione vuole che sia nera perché in segno di spregio vi venivano spente le torce prima di entrare in chiesa».
http://www.comune.pistoia.it/scoperta_citta/scoperta/scoperta_10.htm
«Palazzo Manni a Pistoia è costituito da un complesso di quattro edifici adiacenti. Il principale di questi edifici è a tre piani e presenta dodici finestre per piano, in facciata. La sua posizione è centrale rispetto agli altri edifici di proprietà della famiglia Manni. La muratura a pietre a filaretto, visibile nelle parti in cui l’intonaco è caduto, testimonia le origini medievali della struttura. Alcuni interventi del cinquecento hanno dato all’edificio l’aspetto attuale. Alle origini sul retro di Palazzo Manni era presente un giardino all’italiana, oggi sostituito da altre costruzioni, che nel frattempo si sono aggiunte alla struttura».
Pistoia (palazzo Pretorio o del Podestà)
«L'aspetto medioevale con cui oggi conosciamo il palazzo è il risultato di un rifacimento eseguito alla metà dell'Ottocento. Su progetto dell'architetto Giuseppe Faldi, l'amministrazione comunale, per lo stato di deterioramento in cui versava il vecchio edificio, decise il suo totale recupero. In quell'occasione il palazzo fu ampliato includendo tutte le proprietà adiacenti che così furono riunite in un unico edificio. Il fronte con le sue finestre a bifora fu innalzato di un piano e la facciata fu resa omogenea con un intonaco che simula la pietra. Anche i vecchi stemmi furono ricollocati. Si trattava di una precisa scelta culturale per rievocare, in epoca risorgimentale, quello che era stato il periodo di massimo fulgore della città. Sicuramente dalla seconda metà del Trecento, anno in cui i documenti ci dicono che venne "rinnovato" per la prima volta l'originario edificio, il palazzo fu abitato da coloro che hanno amministrato la giustizia a Pistoia; in epoca medioevale il Podestà e, durante la dominazione medicea, i Commissari fiorentini. Nei primi anni dell'Ottocento, dopo l'abolizione delle magistrature podestarili, il palazzo divenne sede del Tribunale Collegiale e qualche anno dopo del Regio Tribunale di Prima Istanza. Fu a seguito di questo cambiamento e delle nuove esigenze che il vecchio palazzo non riusciva più a soddisfare che fu decisa, come è stato già detto, la sua ristrutturazione e il suo ampliamento. Nel Trecento il primitivo edificio, incentrato sulla corte a pianta quadrata e corrispondente a quello che oggi è lo spazio occupato dalle prime quattro finestre a sinistra, in asse alle quali si apre il portone d'ingresso, fu aggiunto un nuovo corpo destinato ad accogliere gli alloggi delle guardie, le prigioni e le stalle. Nella corte interna come dimostrano gli scranni in pietra dove risiedevano i magistrati, quelli oggi visibili sono stati costruiti nei primi anni del Cinquecento, si svolgevano i processi pubblici. La decorazione a tempera o a fresco con gli stemmi dei podestà e dei commissari che adorna questo loggiato, è datata a partire dal XV secolo, ma fu completata, anch'essa in stile, nell'Ottocento da Bartolomeo Valiani, Ferdinado Marini ed Aurelio Machol che, proprio per il profondo senso campanilistico che guidava l'operazione di restauro, aggiunsero anche alcune scene in ricordo delle epoche più gloriose della città. Le scale presenti sulla destra dell'ingresso conducevano alla grande sala del primo piano, quella in cui ancora oggi si celebrano le udienze, e agli appartamenti privati».
http://www.comune.pistoia.it/scoperta_citta/scoperta/scoperta_12.htm
Pistoia (torre Bemporad [XX secolo])
«La torre fu edificata nel 1927 secondo il gusto neo-medievale che ancora si attardava nella Pistoia di quegli anni».
http://digilander.libero.it/pistoia_tour/torre_bemporad.htm
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Alta circa 30 metri, la Torre di Catilina si erge alle spalle di piazza del Duomo. Interamente costruita in pietra, la struttura porta il nome del politico Lucio Sergio Catilina, passato alla storia per aver cospirato contro la Repubblica ed il Senato romani. Fuggito dalla città eterna, nel 62 a.C. Catilina trovò la morte nei pressi di Pistoia. La leggenda che lo lega alla torre (un tempo più alta di oggi tanto da svettare sopra i tetti delle case in quest`angolo di Toscana) racconta che quest`ultima `guardi` dove fu sepolto il suo corpo. Ristrutturata sul finire del Novecento, la Torre di Catilina è un ottimo punto d`osservazione, soprattutto la sua sommità trasformata in terrazza belvedere».
http://www.holidayhomestuscany.com/vacanze-toscana-citta-di-pistoia-torre-catilina.html
Pistoia (torre di Vanni Fucci)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Torre medievale [ristrutturata nel 1939] è così chiamata in memoria delle tristi imprese del dantesco personaggio, macchiatosi del peccato di simonia per il furto di arredi sacri nella cattedrale di Pistoia».
http://digilander.libero.it/pistoia_tour/torre_di_vanni_fucci.htm
«Piteglio, arroccato sul crinale appenninico a dominio delle valli dei torrenti Lima, Liesina e Torbecchia, è documentato dal XII secolo come fortilizio sull'importante strada transappenninica che collegava Pistoia alla Garfagnana. Il castello, possesso vescovile prima, poi feudo dei Conti Guidi, passò nel XIII secolo sotto la giurisdizione di Pistoia e. condivise con gli altri castelli montani le aspre contese che travagliavano la città egemone. I Sanguinosi conflitti che opposero ai primi del Trecento i Pistoiesi ai Lucchesi coinvolsero pesantemente i castelli di Piteglio e di Popiglio. Popiglio, per la sua posizione strategica sul confine saccheggiato dai lucchesi una prima volta nel 1302 e una seconda volta nel 322, quando il lucchese Castruccio Castracani se ne impadronì, tenendolo sino alla morte avvenuta nel 1328. La seconda metà del XIV secolo fu per i comuni della montagna caratterizzata da particolari tensioni alimentate dalle continue scorrerie delle fazioni rivali, che dalla città di Pistoia dilagavano per i castelli. Nonostante l'egemonia fiorentina si fosse andata rafforzando con l'istituzione del Capitanato della Montagna, per tutto il XV secolo i castelli parteciparono ai conflitti che opponevano le due potenti famiglie pistoiesi dei Panciatichi e dei Cancellieri, sino a che, imposta la pace ai primi del XVI secolo anche Piteglio, Popiglio e gli altri castelli divennero dominio granducale anche se l'avvento pacificatore del granducato mediceo non migliorò di molto la situazione delle popolazioni montane, spaventosamente impoverite da decenni di scontri. Ancora alla fine del XVI secolo le condizioni di vita erano misere, la penuria alimentare era endemica e l'economia agricola legata in maniera inscindibile all’andamento climatico. Tale situazione si protrasse pressoché invariata per tutto il XVII secolo, poiché solo con le riforme amministrative di Pietro Leopoldo ai Lorena e con quelle ecclesiali del vescovo Scipione de' Ricci le regioni montane poterono adeguare le proprie strutture economiche. ... Piteglio, uno dei castelli che tra il XI ed il XII secolo costituivano il sistema difensivo dei territori montani controllati da Pistoia, conserva delle antiche strutture difensive poche tracce. La rocca, individuabile in parte nell'andamento murario della chiesa parrocchiale, le torri e la cortina difensiva sono in gran parte illeggibili, perché distrutte o inglobate in strutture più tarde. Le antiche case e le viuzze che si arrampicano su per il poggio sino alla chiesa di S. Maria Assunta sono la sincera testimonianza di un abitato di origine difensiva, trasformato, con il passare del tempo, in borgo dalle genuine caratteristiche montane».
http://www.pistoia.turismo.toscana.it/oldsite/comuni/piteglio/piteglioframeset.htm
Popiglio (torri, resti della rocca Securana)
«Le Torri di Popiglio, poste a monte del Paese omonimo, sono i resti della imponente "ROCCA SECURANA", che è stata fino al XV secolo un caposaldo difensivo della montagna pistoiese situato al confine con lo Stato Lucchese, e quindi strategicamente importante per Pistoia prima e successivamente per Firenze. La Rocca Securana ... ha avuto il suo massimo sviluppo e importanza dal XII al XV secolo. Successivamente alla nascita e lo sviluppo delle prime autonomie locali, e la nascita dei Comuni, sotto la spinta di Pistoia (nel 1105 nominò i suoi primi Consoli), la Rocca Securana diventò Comunale verso la metà del XIII secolo, con la liberazione del territorio del dominio feudale. Ci sono notizie che Popiglio e Lizzano già liberi comuni nel 1255 firmarono una divisione territoriale. Infatti la Rocca Securana e già descritta nel Liber Censum del Comune di Pistoia nell'anno 1382 (CASTRUM SIVE ROCCA SECURANE SITUM IN COMUNI PUPIGLI, MURATUM CUM MURIS MERLATIS CUM TORRI ET CUM CITERNA ET DOMO. UNA TURRIS EXTRA ET PROPE DICTAM ROCCHAM QUE DAT SECURUM INTROITUM PRO DIFENSIONE DICTE ROCCHE). Un'altra descrizione si trova nell'archivio comunale di Piteglio nell'elenco degli 'EDIFIZZI MONUMENTALI' compilato dal Regio Commissario nell'ottobre 1903, nel quale le Torri di Popiglio sono definite edifizi d'importanza locale che APPARTENGONO AL COMUNE DI PITEGLIO, e vengono così descritte: Sono due alte torri di pianta quadrata, con mura di notevole spessore, rivestite esternamente di filaretto di pietra con poche e strette finestrelle e sorgono sull'alta vetta che guarda un lungo tratto della Val di Lima, poi aggiunge, ATTORNO ALLE TORRI SONO I RESTI DI MURA CADENTI APPARTENENTI ALLO STESSO EDIFIZIO DEL QUALE ESSE ERANO PARTE. Hanno caratteristiche delle costruzioni del XII secolo. La zona interessata che comprende, oltre alle torri i resti delle fondazioni e della cisterna per l'acqua, che ci permettono di individuare la struttura originaria, occupa un'area di circa 2.500 mq., è facilmente raggiungibile con la viabilità ordinaria (65 Km. da Firenze) e successivamente con un sentiero pedonale di ca. 500 metri. Il sito attualmente si presenta ricoperto da una folta selva di castagni, dove affiorano moltissimi resti di mura, da qui' il nome "CASAMENTI" dato alla zona. Sarebbe auspicabile l'acquisizione di tutta la zona al patrimonio pubblico ed avviare una campagna scientifica di scavi archeologici per recuperare i resti sicuramente consistenti di un antico borgo, che oltre al recupero di moltissimi reperti. ci darebbe sicuramente la sua pianta urbanistica e tantissime altre notizie storiche culturali. Questo recupero, se collegato all'analogo recupero della Rocca Securana, darebbe al nostro Comune, un sito archeologico di interesse nazionale, che creerebbe un indotto di attività per tutta la Montagna Pistoiese».
http://www.comune.piteglio.pt.it/index.php?pagina=pagine&id=362
Porciano (torre di Sopra, torre di Sotto)
«Le due Torri (la “torre di sopra” e la “torre di sotto”), che ben contraddistinguono l’abitato di Porciano e ne costituiscono quasi un simbolo identificativo, risalgono probabilmente al 1200. Si ritiene che, insieme alla torre di Collececioli e alla fortificazione esistente sul Colle di Montefiori, le due torri porcianesi fossero parte integrante di un sistema difensivo a guardia della vallate sottostante. Le torri hanno una pianta quadrata ed un’altezza che è, all’incirca, la metà di quella originaria. Storicamente hanno rappresentato i due poli attorno ai quali, nel corso del tempo, si è andato costituendo il paese di Porciano».
http://www.comune.lamporecchio.pt.it/citta/itinerari/itinerario-9-due-torri-di-porciano
QUARRATA (villa medicea La Magia)
«Il toponimo Magia è documentato a partire dal 1255. La bella villa, ricavata nella prima metà del 1500 da un castello fondato all'inizio del Trecento da Vinciguerra Panciatichi, divenne la lussuosa dimora della famiglia pistoiese che vi ospitò, nel 1536, l'imperatore Carlo V. Si conserva, in memoria dell'illustre ospite, la secchia con la quale l'imperatore avrebbe attinto acqua al pozzo per dissetarsi. La villa, alla fine del XVI secolo, venne acquistata dal granduca Francesco I che, nel 1583, volendola trasformare in villa di campagna, incaricò del progetto l'architetto di corte Bernardo Buontalenti (1536-1608), il quale le conferì i caratteri dell'architettura manierista. Perdute le caratteristiche di residenza fortificata, la torre trecentesca fu trasformata in colombaia, mentre si conserva l'armonioso cortile quattrocentesco. Più volte rimaneggiata a partire dal XVII secolo, quando venne aggiunto lo scalone monumentale, essa subì, nel primo Settecento, importanti modifiche interne. Le scale vennero decorate secondo il gusto barocco e il salone nobile venne affrescato con scene mitologiche dal pittore fiorentino Giovanni Domenico Ferretti (1692-post 1750). La villa, oggi residenza privata, conserva la Galleria del Trucco (così detta dal nome del gioco, simile al biliardo, che vi si conservava), il giardino settecentesco con laghetto artificiale e la cappella di stile neo-gotico in prossimità del giardino romantico. Le antiche limonaie sono sede del Centro di Documentazione Ambientale Montalbano. Riveste un grande interesse l'estesa riserva di caccia, il Barco Reale Mediceo, del quale la villa entrò a far parte per volontà di Cosimo I».
http://www.pistoia.turismo.toscana.it/oldsite/comuni/quarrata/quarrataframeset.htm
SAMBUCA PISTOIESE (ruderi del castello)
«è arroccato su un'altura che fiancheggia la Statale 64 Porrettana, quella che unisce Pistoia a Bologna e che domina la vallata del Limentra, in origine ben protetto da mura merlate. Insieme alla corte di Pavana, faceva parte fin dal X secolo dei domini del vescovado di Pistoia, come risulta da un diploma imperiale di Ottone III del 997, pur dipendendo dalla diocesi di Bologna. Posto a guardia della via Francesca della Collina, importante asse viario di collegamento tra Pistoia e la valle Padana, Sambuca fu a lungo un avamposto di notevole importanza strategica a difesa degli attacchi dei bolognesi, i quali nel 1204, approfittando della guerra tra fiorentini e pistoiesi, la occuparono. In epoca medievale, la storia del castello fu travagliata. Tornata in possesso del vescovado, Sambuca fu da questo ceduta in feudo ai conti di Panico (1223) e nel 1256 il vescovo Guidaloste Vergiolesi ne investì la propria famiglia. Nel 1309 fu venduta al comune di Pistoia per 11.000 lire. Dopo essere caduta in mano di Filippo Tedici (1324) e quindi di Castruccio Castracani, fu conquistata a metà del XIV secolo dai Visconti di Milano (signori anche di Bologna). L'occupazione viscontea durò fino al 1360, quando i pistoiesi con un colpo di mano ne tornarono in possesso. Dal 1375 vi risiedette comunque un contingente dello Stato fiorentino ed entrò a far parte definitivamente dopo l'annessione di Pistoia (seppure subendo ripetuti attacchi ed invasioni nei secoli seguenti) come centro dipendente dal capitanato della montagna pistoiese. Il castello di Sambuca Pistoiese è legato soprattutto al nome di Selvaggia Vergiolesi, la nobildonna amata dal celebre poeta pistoiese Cino Sinibaldi meglio noto come Cino da Pistoia, vissuto a cavallo dei secoli XIII e XIV. Poco rimane della duplice cinta muraria concentrica che avvolgeva l'abitato, scomparsi i due accessi, la Porta Pistoiese e la Porta Bolognese. Notevoli invece i resti della rocca, posta al vertice più elevato delle fortificazioni: avanzi del tracciato delle mura - quasi interamente conservato - e la svettante torre del cassero, conservata per un terzo della sua altezza originaria che superava i 20 metri, con pianta pentagonale, resti di una bifora e del sottostante vano ad arco acuto di accesso».
http://castelliere.blogspot.it/2011/11/il-castello-di-venerdi-11-novembre.html
San Marcello Pistoiese (borgo fortificato)
«La cittadina, principale centro della montagna pistoiese, vantava un tempo una organica struttura radiale, riconoscibile ancora oggi dalle vedute aeree e da una mirata lettura delle strutture urbane. Lo schema circolare, legato ad esigenze difensive e alla natura dei luoghi, ha avuto origine altomedioevale, quando l'abitato era organizzato attorno alla torre di avvistamento, divenuta poi campanile della pieve di San Marcello. Più tardi venne ampliata la cinta muraria, e le porte, Porta Viti, Porta Poggiolo, Porta Campana e Porta Arsa, vennero aperte in corrispondenza dei quattro punti cardinali e delle importanti strade transappenniniche che raggiungevano il borgo. Tale struttura si è mantenuta integra sino all'età lorenese, quando l'apertura della nuova via Modenese tagliò in due l'antico agglomerato, favorendo l'espansione urbana fuori dalla cerchia muraria».
http://www.pistoia.turismo.toscana.it/oldsite/comuni/sanmarcello/sanmarcelloframeset.htm
SERRA PISTOIESE (borgo fortificato, resti del castello)
«La prima memoria di Serra si ha nel 1040 come roccaforte dei Conti Alberti di Capraia, ceduta poi ai pistoiesi alla fine del XIII secolo. Il castello fu distrutto nel 1327 ma riedificato in poco tempo. Visitando l'antico borgo si coglie subito la particolarità della sua struttura urbanistica, che si snoda lungo il crinale del monte, con una via unisce le due antiche porte di accesso ancora visibili nelle antiche mura. All'interno del perimetro fortificato sorge la chiesa di San Leonardo. Nel campanile, in origine torre di guardia, si apre l'antica porta del castello, sormontata da uno stemma mediceo in pietra. Di particolare interesse è il sito dove sorse la pieve di Furfalo, una delle più antiche del territorio pistoiese, i cui ruderi sono ancora visibili in un bosco tra il paese di Serra e la valle della Nievole».
http://www.serrapistoiese.it/storia.html
a cura di Fernando Giaffreda
«Villa Rospigliosi sorge nel piazzale antistante la villa vecchia di Spicchio, originaria dimora padronale e centro organizzativo delle vaste proprietà che la famiglia Rospigliosi possedeva fin dal Medio Evo nel territorio di Lamporecchio. La villa fu edificata per decisione di Clemente IX durante il suo breve pontificato, durato dal 1667 fino alla morte avvenuta nel 1669. Salito al soglio pontificio, Giulio Rospigliosi, dapprima orientato alla ristrutturazione della sua tenuta di Lamporecchio, ritenne che una costruzione completamente nuova meglio si sarebbe adattata al decoro impostogli dalla sua posizione e quindi inviò nel pistoiese, da Roma, un architetto di fiducia, che nel giro di pochi anni realizzo l'edificio. L'impianto della residenza è costituito da un corpo centrale, interamente occupato dall'ampio salone ovale voltato, chiuso tra due ali laterali sporgenti, ciascuna delle quali è formata da tre ambienti rettangolari coperti da volte a padiglione. Le notevoli dimensioni del locale, la sua altezza, e le pareti interamente affrescate conferiscono alla sala centrale del piano terreno un aspetto decisamente monumentale in cui, più che nell'esterno, sono identificabili i caratteri della cultura barocca. In origine, tuttavia, esisteva un elemento decorativo di notevole importanza anche per l'esterno: invece dell'odierna copertura a padiglione, infatti, a coronamento dell'attico centrale si trovava una balaustra adorna di statue, le quali sono state poi rimosse ed alienate alla fine del XVIII secolo. L'interno del palazzo, riccamente arredato per tutto il Settecento e, probabilmente, anche in seguito fino a tempi più recenti, è stato spogliato durante il nostro secolo, nel corso del quale esso ha subito le vicende del secondo conflitto mondiale ed i furti e le sparizioni del dopoguerra. Il vasto spazio verde interposto fra la cappella ed il palazzo ha subito, nel tempo, numerose trasformazioni, le quali, dalla primitiva configurazione riportata nel Campione de beni di Camillo Rospigliosi (Biblioteca nazionale Centrale di Firenze - Fondo Rossi Cassigoli), dove veniva chiamata "La piazza di Spicchio", lo hanno condotto all'attuale sistemazione caratterizzata dalla grande vasca circolare collocata in posizione centrale. A questo proposito, alcune vecchie foto testimoniano dei mutamenti avuti dopo gli anni trenta ad opera degli Swagher, allora proprietari dell'immobile, i quali, con l'inserimento di grosse siepi disposte geometricamente, intendevano dare alla piazza l'aspetto di un giardino all'italiana. Anche i locali di fattoria hanno subito, nel tempo, alcune significative alterazioni: sono scomparse le spesse cornici che, nella stampa dello Zocchi, inquadravano le finestre, il tozzo campanile con l'orologio ha sostituito, sul tetto, l'alta torre colombaria e sul portale d'ingresso si è aggiunta una costruzione coronata da una fitta serie di archetti goticheggianti».
http://www.sbap-fi.beniculturali.it/index.php?it/473/villa-rospigliosi
a cura di Fernando Giaffreda
«Abbarbicato su una collina ricoperta di ulivi, il borgo medievale di Uzzano Castello si affaccia sulla valle del torrente Pescia ed è visibile da tutta la Valdinievole, anche di notte, grazie a una suggestiva illuminazione. Il paese, che conserva importanti emergenze storiche e artistiche, ha un impianto urbanistico a triangolo, con il vertice segnato dall’area dell’antica Rocca e dalla Chiesa Arcipreturale dei Santi Jacopo e Martino. Rimangono a testimonianza dell’antico castrum ampi e forti brani di mura a terrapieno, spesso inglobate in palazzotti o edifici cinque-seicenteschi. L’antica Rocca, ormai in stato d’abbandono, fu abbattuta nel 1832 dall’Arciprete Giuseppe Buongiovanni, che aveva la necessità d’impiantare un oliveto per il sostentamento suo e della parrocchia. Attenti esami stratigrafici ci permettono di individuare ben tre cerchie murarie, a testimonianza degli ampliamenti cui il borgo è stato sottoposto nel corso dei secoli. Il nucleo originario, risalente al XII sec., doveva trovarsi presso il promontorio della Rocca e aveva come accessi l’arco sottostante il Campanile, antica porta urbana, e la Porta Tassinaia, non più esistente. Il primo, grande ampliamento avvenne presumibilmente nel XIII sec. e incluse l’area della piazza sino all’odierna Via Alessandro Bardelli. L’accesso principale di questo secondo nucleo fu la porta di cui si possono vedere le vestigia in Via del Gorello. L’ultimo ampliamento avvenne nel XIV sec., al momento dell’occupazione fiorentina, e vide la realizzazione della Porta delle Pille, odierno accesso al borgo, e della Porta Nova o Pesciatina, visibile in fondo a Via Giuseppe Garibaldi».
http://www.comune.uzzano.it/storiacastello.shtml
UZZANO (palazzo del Capitano del Popolo)
«Il Palazzo del Capitano, che si affaccia sulla piazza principale, è uno degli edifici di architettura civile medievale più insigni della Valdinievole. È stato sede delle magistrature comunali sino al 1773, quando la casa comunale fu trasferita a Pescia. Sorretto da grossi pilastri in pietra, è di maestosa forma squadrata, con un loggiato al piano terreno e monofore al primo e secondo piano. A seguito di un intervento di recupero e ricostruzione avvenuto tra il 1926 e il 1934 su progetto dell’ingegnere lucchese Umberto Cappelli, presenta una conformazione architettonica vicina a quella delle strutture fiorentine del XIV sec. In realtà, l’edificio attuale è il risultato di una stratificazione assai complessa che ebbe inizio, con tutta probabilità, nel XIII sec. Una vecchia descrizione ci dà questa immagine del suo interno: “A terreno erano: la sala con sotto il pavimento tre buche profonde per la conservazione dei cereali; indi il forno, la cantina e la scuderia. In quella sala dal cui soffitto pendeva una lanterna che durante la notte ardeva di continuo, i magistrati rendevano giustizia, si rogavano gli atti, si concludevano gli affari pubblici e privati. Una scala ripida conduceva al piano superiore a tetto, dove oltre due camere, era la sala del consiglio circondata di cassapanche e con in mezzo la ringhiera, specie di pulpito riservato a chi voleva parlare; ad una delle pareti stava collocato il gonfalone. La facciata con finestre a sesto acuto, era tutta in pietra, così pure il terrazzo. Davano ingresso al palladio due archi, pure a sesto acuto, dove stavano affissi i pubblici atti. Qui risiedeva il podestà, che era di quarto grado e che metteva di cauzione 2400 fiorini”. Nei primi anni Duemila l’edificio è stato oggetto di un nuovo importante restauro, che lo ha riportato all’antico splendore. L’opera ha interessato tutti i livelli dell’edificio, consentendone un pieno recupero e l’utilizzo per attività culturali ed amministrative. Oggi, al pianterreno, è ricostruita un’aula scolastica d’inizio secolo (il palazzo, abbandonata la veste istituzionale, è stato sede delle scuole comunali sino al 1982). Al primo piano, si trova un’ampia sala per le adunanze, al centro della quale si erge un possente pilastro in pietra con stemmi; sulla parete sud, si staglia un affresco risalente al XV sec., raffigurante la Madonna con il Bambino, San Martino e San Jacopo, patroni della Comunità di Uzzano. L’ambiente ospita le sedute del Consiglio comunale in alternanza con la sede comunale di S. Lucia. Al secondo piano, è custodito l’Archivio storico comunale».
http://www.comune.uzzano.it/storiacastello.shtml
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