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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI BERGAMO
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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ALBEGNO (resti del castello dei Solza)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«...Numerose furono le devastazioni territoriali, alle quali si cercò di porre fine con la costruzione, nel XIII secolo, di un imponente castello nella frazione di Albegno, ai tempi separata amministrativamente sia da Treviolo che da Curnasco: in quel contesto la zona venne occupata dalla famiglia Suardi, di schieramento ghibellino, che diede grande importanza strategica al borgo. Gli scontri raggiunsero l'apice nel corso dell'anno 1405, quando Treviolo fu sottoposto ad un violento attacco perpetrato dalla famiglia guelfa dei Colleoni di Trezzo sull'Adda, che distrussero edifici ed uccisero numerosi abitanti schierati con la fazione a loro avversa. La situazione ritornò alla normalità soltanto all'inizio del XV secolo, quando irruppe la Repubblica di Venezia che, grazie ad una serie di interventi mirati, riuscì a ristabilire un equilibrio sociale ponendo fine alle lotte ed a risollevare l'economia, favorendo lo sviluppo agricolo. Questo nonostante i terreni non fossero particolarmente fertili, a causa della loro natura alluvionale e ghiaiosa, a cui si pose rimedio creando una serie di piccoli canali irrigui. Il luogo di maggior rilevanza è il castello di Treviolo, risalente al periodo medievale, esistente già nell'XI secolo e menzionato tra i castelli di quel periodo posti a difesa della città di Bergamo. Le vestigia di tale edificio si trovano sulla piazza Monsignor Benedetti, la principale del paese. Distrutto dai Colleoni di Trezzo con il pretesto della guerra fratricida tra guelfi e ghibellini, ma solo ed esclusivamente per mire espansionistiche e di possesso del territorio, dopo la pace di Ferrara ritornò di proprietà dei nobili Solza, la famiglia che dal 1300 circa ne è rimasta proprietaria fino all'inizio del XIX secolo. Dell'edificio sono rimasti la torre, l'ingresso e una porzione della cinta muraria. La testimonianza più evidente e significativa dell'antico maniero si trova oggi sul lato occidentale, a metà lunghezza, da cui si innalza una torre di ingresso sporgente verso l'esterno e con tracce di ponte levatoio. Le murature sono in ciottoli disposti a spina di pesce nei corpi di fabbrica, e in mattoni rinforzati agli angoli da cantonali di pietra nella torre».
http://castelliere.blogspot.it/2016/06/il-castello-di-martedi-28-giugno.html
Arzago d'Adda (castello dei De' Capitani)
«Il fabbricato di Arzago d'Adda detto "Il Castello", in via Porro, nei pressi della Parrocchiale, conserva resti cospicui della costruzione tardo cinquecentesca e dell'assetto seicentesco: nel muro di cinta vi sono due notevoli portali a tutto sesto iscritti in cornici rettangolari; uno di questi è sovrastato da statue. Dell'assetto seicentesco avanza il portichetto di tre archi a sesto scemo sorretti da due colonne e capitelli in pietra. Le strutture portanti sono in mattone misto a ciottoli di fiume. I soffitti sono in legno e il manto in coppi. Materiali compositi negli elementi di supporto. Epoca di costruzione: seconda metà sec. XVI - sec. XVII. Uso attuale: parte del bene: abitazione; parte del bene: cultuale; parte del bene: ludico» - «Molto importante è il castello della famiglia de Capitani d'Arzago, situato in via Porro, nei pressi della Parrochiale, che venne ristrutturato nel XVI e XVII secolo, adibito a residenza signorile, presenta ancora le mura d'ingresso in mattoni, con due notevoli portali a tutto sesto iscritti in cornici rettangolari; uno di essi (quello centrale) è sovrastato da quattro piccole statue raffiguranti le quattro stagioni. Dell'assetto seicentesco avanza il portichetto di tre archi a sesto scemo sorretti da due colonne e capitelli in pietra. Le strutture portanti sono in mattone misto a ciottoli di fiume. I soffitti sono in legno e il manto in coppi. Poi, però, il castello fu venduto e divenne un'osteria fino al secolo scorso. Nell'edificio, durante i restauri sono stati ritrovati degli affreschi raffiguranti fregi allegorici e, nella parte posteriore, è stato ritrovato lo stemma dei de Capitani d'Arzago, che prima non era visibile. Di questo stemma si parla anche in un manoscritto anonimo di fine Ottocento, conservato nell'archivio parrocchiale di Arzago, riguardante la famiglia de Capitani: ''...nell'antico castello, ove in oggi trovasi un'osteria di campagna, affatto lombarda, vi è tuttora dipinta l'arma de Capitani d'Arzago.''. Oggi è di proprietà comunale e da alcuni anni vi si svolgono manifestazioni estive all'aperto».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/RL560-00019/ - http://castelliere.blogspot.it/2017/11/il-castello-di-lunedi-20-novembre.html
BERGAMO (castello San Vigilio)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il Castello di San Vigilio si
trova sul colle omonimo, nella parte nord della Città alta di Bergamo. Situato
ad un'altezza di circa 496 metri s.l.m., è una costruzione che da sempre è posta
a difesa dei colli della città Orobica, considerati una porta d'accesso
strategica verso la città stessa. Dalla sommità della struttura difatti è
possibile controllare l'adiacente monte Bastia, nonché i paesi sottostanti. Tra
questi vi sono sia quelli posti nell'antica val Breno (Valbrembo e Paladina) che
l'intera spianata di Almenno, un tempo zona di grandissima importanza con il
nome di Lemine. Oltre a questi si possono aggiungere i borghi collocati lungo la
strada che porta all'imbocco della Val Brembana, nonché una grande visuale sulla
catena montuosa delle Prealpi Orobie. Questa condizione di eccellenza
altimetrica portò il colle di San Vigilio ad essere un ottimo luogo di
avvistamento, tanto che si pensa che già in epoca romana vi fosse collocata una
piccola torre di avvistamento.
Tuttavia le prime notizie di una fortificazione risalgono all'incirca al VI
secolo, anche se fino al IX secolo non vi si verificarono episodi di rilievo. In
quel tempo infatti nella zona si era insediata una piccola comunità
ecclesiastica, la quale vi costruì un piccolo edificio di culto intitolato a
Santa Maria Maddalena. Le dimensioni del luogo sacro erano tuttavia molto
ridotte, tanto che questo non veniva identificato come santuario o chiesa, ma
con l'appellativo di cappella. Conseguentemente la piccola fortezza che si era
creata nel corso dei tre secoli precedenti venne chiamata Castello della
Cappella. La posizione era tanto vantaggiosa strategicamente che ben presto
cominciò ad essere al centro delle mire delle personalità militari più in vista,
tanto che nel 889 il futuro re d'Italia Arnolfo di Carinzia ne decise la
conquista, a scapito della piccola comunità religiosa presente, che si oppose
fieramente, ma che nulla poté contro i militari Franchi. Tra i difensori del
luogo si segnalò il chierico Gotefrido strenuo oppositore del re tanto da essere
giustiziato dallo stesso. Il luogo venne quindi utilizzato per fini militari,
principalmente come roccaforte a scopo difensivo e con un'elevata importanza
strategica, tanto che nel 1166 il Consiglio Comunale della città di Bergamo
decise di edificarvi un castello dalle maggiori dimensioni. Questo venne
ulteriormente ingrandito e rafforzato con l'arrivo della potente famiglia dei
Visconti, i quali nel 1335 ne completarono la fortificazione.
Il secolo successivo vide l'inizio della dominazione della Repubblica di Venezia, durante il quale la struttura assunse un ruolo di primissimo piano nella gestione della città. Numerose modifiche vennero apportate alla struttura sul finire del XV secolo, tra cui i quattro torrioni muniti di cannoniere e feritoie, collegati tra loro con un muraglione di cinta di forma poligonale, nonché un fossato di protezione. Difatti nel corso del XVI secolo vi si verificarono numerosi assedi, tra cui si segnalano quello del 1509 in cui il Provveditore veneto fu attaccato dalle truppe francesi del Ducato di Milano, situazione ribaltata tre anni dopo, quando i militari della Serenissima ripresero il controllo del forte dopo mesi di scontri, durante i quali i soldati transalpini riuscirono a lungo a tenere in scacco gli avversari. Nuovi scontri si ebbero l'anno successivo (1513), con protagonisti gli Spagnoli che, interessati al controllo della Lombardia, fecero largo utilizzo di cannoni e colubrine, danneggiando la struttura.
Ma fu con la costruzione delle Mura di Bergamo che il castello venne interessato da un progetto volto a farne un baluardo inespugnabile: venne infatti deciso di cingere la parte collinare della città con un'imponente cinta muraria. Il castello di San Vigilio, che la dominava dall'alto, vi fu collegato ad essa tramite un passaggio segreto sotterraneo che partiva dalla parte nord delle mura, denominata Forte di San Marco. I lavori portarono inoltre sia alla demolizione della torre centrale (tipica dei castelli medievali), al fine di garantire maggiore spazio alle guarnigioni militari, che all'allargamento della struttura in direzione della città, permettendo la creazione della casa del castellano e degli alloggi dei soldati. La pianta dell'edificio, arricchita dalla fastosa porta d'accesso, opera dell'architetto Mauro Codussi, assunse una forma simile a quella di una stella. Il potenziamento della struttura comportò la creazione anche di un passaggio segreto da una torre ad una casamatta, oggi inutilizzabile a causa di una frana che vi ha crato un piccolissimo laghetto, nonché l'installazione di grandi cisterne per la raccolta dell'acqua. Si prese anche in considerazione la possibilità di abbassare il colle Bastia, a causa del fatto che in un eventuale attacco il nemico avrebbe potuto piazzarvi dei cannoni con cui colpire i difensori del castello. Quest'opzione venne tuttavia accantonata, lasciando intatto il paesaggio collinare adiacente.
L'importanza che il castello aveva assunto fu resa tangibile dal fatto che, quando le truppe francesi della Repubblica Cisalpina entrarono in città a causa del disfacimento della Repubblica di Venezia, sancito con il Trattato di Campoformio, come prima cosa si insediarono nel castello di San Vigilio. Due decenni più tardi il poter fu preso dagli austriaci, i quali intrapresero una politica di smantellamento della principali strutture militari. Nel 1829 furono infatti demolite alcune parti del castello, tra cui la monumentale porta di accesso. Sul finire del XIX secolo l'intera struttura fu ceduta a privati, che vi insediarono un ristorante e diedero il via, nel 1912, alla creazione di una funicolare che collegava il castello con il piazzale attiguo alla Porta Sant'Alessandro, coprendo una distanza di 621 metri con un dislivello pari a 91 metri. Nel frattempo l'intera struttura era stata riacquistata dal comune di Bergamo, che ne decise il recupero, rendendo accessibile al pubblico l'intero castello nel 1962. Anche la funicolare, che funzionò fino al 1976, venne ripristinata nel 1991, quando si conclusero i lavori di restauro. Attualmente è ancora possibile visitare il passaggio segreto che collegava il Forte di San Marco con il castello stesso, grazie all'attività del gruppo speleologico Le Nottole, che garantiscono visite guidate su prenotazione».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_San_Vigilio
«Nel 1355, appena conquistata Bergamo, Bernabò Visconti iniziò ad erigere sul Colle San Giovanni la Cittadella - la cosiddetta “Firma Fides” - imponente costruzione militare che doveva proteggere la parte occidentale della città. In realtà, sembra che lo scopo principale perseguito dal Visconti fosse quello di affermare visibilmente la propria signoria sulla città conquistata. Osserva infatti il Labbaa che il complesso della Cittadella era visto "soprattutto come strumento per tenere in soggezione la città, in quanto permetteva di mettere in sicurezza il presidio consentendone al contempo il soccorso e il rifornimento dall'esterno". In ogni caso, sotto il profilo della difesa, la Cittadella era indubbiamente complementare alla Rocca, costruita sul colle Sant'Eufemia: come è stato giustamente osservato, il centro storico della città veniva racchiuso tra i due colli fortificati, che formavano un unico complesso difensivo, flessibile e coordinato. Per le mutate tecniche ed esigenze belliche e per espandere la città, intorno al 1518 Venezia demolì le attrezzature militari della «Firma Fides» e destinò l'area agli usi civili. Ne approfittò la famiglia dei Lolmo che nel 1523 - su progetto di Pietro Isabello - costruì un palazzo con la facciata che si inseriva fra due torri della fortezza. Nonostante le tracce dei numerosi interventi subiti, la struttura si è ben conservata: ciò è stato messo in luce dai restauri effettuati negli anni ’60 del secolo scorso. Recentemente è stato recuperato - con un ottimo restauro - un importante dipinto del Quattrocento, che spicca sopra uno degli archi della facciata e rappresenta uno stemma del Leone di San Marco. All’interno di quel che rimane dell’antica struttura, si trovano due importanti istituzioni museali: il Museo di Scienze Naturali “Enrico Caffi” ed il Museo Civico Archeologico».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/bergamo/cittadella-bergamo
«La zona collinare di Bergamo è sempre stata importante dal punto di vista strategico-militare, sia per la conformazione orografica, sia perché costituisce un naturale crocevia tra la parte orientale della Pianura Padana e l'Europa centrale, attraverso la Valtellina. Chiunque governasse la città sentì il bisogno di difenderla con mura possenti. Tracce di mura romane si trovano ancora in alcuni tratti di Via Vàgine e di Via degli Anditi; a Bergamo però le Mura per antonomasia sono quelle costruite in periodo veneziano. Nel 1428 Venezia successe ai Visconti e procedette ad ampliare il sistema difensivo di cui era dotata la città. Fu potenziata La Rocca viscontea con l’aggiunta del torrione, tuttora esistente, e - nella seconda metà del Cinquecento - fu costruita una cintura di bastioni, noti come le Mura Venete, lunga più di sei chilometri. La cinta circondava la città alta e la trasformava in una vera e propria fortezza. Fu adottata la costruzione del tipo “a bastioni” per poter contrastare gli attacchi sferrati con armi da fuoco. La cinta era costituita da 14 baluardi, 2 piattaforme, 32 garitte, 100 aperture per bocche da fuoco, due polveriere e varie porte d’accesso. Il conte Sforza Pallavicino, governatore generale, decise che le mura dovessero essere costruite secondo le nuove regole dell’arte della guerra. La nuova struttura fortificata comportò la demolizione di oltre 500 edifici lungo il tracciato, tra cui case, basiliche, monasteri, chiese. Il progetto fu steso dall’architetto militare Buonaiuto Lorini: Paolo Berlendis seguì i lavori che, iniziati nel 1561, furono completati nel 1588. Le mura, che costituiscono una delle più significative fortezze realizzate da Venezia in terraferma, non vennero mai utilizzate per azioni militari pur essendo il risultato di concezioni difensive all’avanguardia per quei tempi. Lasciate così ad uso civile esse cominciarono ad essere demilitarizzate gà all’inizio dell’Ottocento: attorno ad esse si realizzò il viale interno, ombreggiato da ippocastani e platani e si provvide all’abolizione dei terrapieni ed alla riduzione ad area verde delle zone sovrastanti gli spalti e i baluardi. Al di sotto delle mura vennero consolidate quelle attività agricole ed orticole, già esistenti, che donano ancora oggi all’ambiente una bellezza paesaggistica unica nel suo genere. Le mura, oggi in parte proprietà comunale e in parte demaniali, vennero ripulite per intero ed in parte restaurate nel 1976 e nel 1984. Questo sistema difensivo fu completato con la costruzione nella Città Bassa delle Muraine, per proteggere i borghi che si erano sviluppati fuori delle mura medievali. Per la difesa della Città Alta Venezia disponeva di strutture militari, le cannoniere, poste in punti strategici lungo le mura. Queste permettevano l’alloggiamento dell’artiglieria e potevano essere a cielo aperto o sotterranee. Le cannoniere a cielo aperte erano postazioni costruite sul bordo superiore delle mura e sono andate quasi completamente perdute ne rimane un esempio nel Forte di San Marco. Le cannoniere sotterranee potevano essere strutture completamente ipogee, oppure avere solo qualche porzione interrata (la sala di manovra e le bocche cannoniere). Parte integrante delle cannoniere o strutture separate potevano essere le cosiddette “sortite”, ossia le gallerie che permettevano ai militari di uscire ai piedi delle mura per azioni sul campo».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/bergamo/mura-di-bergamo
«Nel 1500, quando Bergamo era sotto il dominio veneziano, la Serenissima ritenne opportuno fortificare la città contro eventuali invasori. Nonostante il progetto fosse contrastato dal popolo di Bergamo, nel 1561 fu dato inizio alla costruzione della cinta muraria, abbattendo centinaia di case e monumenti importanti. Nelle mura furono realizzate, ai quattro punti cardinali, quattro porte: S. Alessandro, S. Giacomo, S. Agostino e S. Lorenzo, tutte munite di portoni, saracinesche, ponti levatoi e cancelli. La più "oltrepassata" è Porta S.Agostino, di disegno semplice, realizzata in arenaria grigia. Superato il grande piazzale della Fara (con parco annesso) ed imboccando la via Fara si giunge a Porta S.Lorenzo, conosciuta dai bergamaschi come Porta Garibaldi (l’eroe dei due mondi, che vi passò nel 1859). Da Colle Aperto, grande terrazza alla sommità di Città Alta, si può ammirare Porta S. Alessandro, dove sorgeva la chiesa omonima, demolita per costruire le mura. Scendendo dalle mura, lungo il percorso, ci si imbatte in Porta S. Giacomo, la più grandiosa e suggestiva, realizzata in marmo. Osservando le sezioni delle porte è possibile constatare come fossero state studiate per assolvere a due compiti principali. Al pianterreno organizzate per i passaggi e controllo da parte del corpo di guardia, che oltre al controllo del traffico, provvedeva all'esazione dei dazi e alla vigilanza urbana; sopra le aperture, verso l'esterno, erano piazzati i meccanismi di manovra delle saracinesche e dei levatoi. In più queste porte dovevano rappresentare per il cittadino motivo di sicurezza e d'orgoglio; per lo straniero, fonte d'ammirazione, di rispetto e di monito".
PORTA S. AGOSTINO. Si trova alla sommità di Viale Vittorio Emanuele II, una delle vie più importanti della città moderna e fu edificata in pietra nel 1574-1575, su progetto di Paolo Berlendis, pare su una struttura lignea preesistente. La Porta costituisce il principale accesso alla Città Alta e quindi è la più trafficata delle porte. Tuttavia, essa si trova da sempre all’interno della cinta delle Muraine, e quindi non svolse mai funzione di casello daziario; in ogni caso, il posto di guardia di questa porta fu l’ultimo ad essere tolto. Nel 1826 il Bonomini dipinse a fresco lo stemma imperiale sul frontone. In seguito, la struttura subì diversi restauri. La porta è a pianta quadrangolare; il locale centrale si sostiene su quattro pilastri e presenta una volta a crociera, ingresso a tre fornici, un tetto a padiglione con ampio sottotetto. La facciata è ripartita in tre fasce verticali: il frontone centrale termina con pinnacoli alle estremità; sopra l'ingresso principale e la posterla si notano ancora i tagli causati dalle catene dei ponti levatoi. La fontana di sfondo fu costruita nel XVI secolo.
PORTA S. LORENZO (PORTA GARIBALDI). è la minore tra le aperture nelle mura, ma fu la prima ad essere costruita: prese il nome dalla chiesa che sorgeva sul sito, demolita per la costruzione delle mura. Nel 1615 la porta fu chiusa perché ritenuta poco controllabile da eventuali attacchi dalle valli Brembana e Imagna; fu riaperta nel 1627 a seguito delle richieste degli abitanti della Val Brembana e delle terre di Ponteranica e Sorisole.
PORTA S. ALESSANDRO. Fu una delle prime porte realizzate nella cinta delle mura venete. Dopo essere stata utilizzata per scopi militari, Porta S. Alessandro divenne casello daziario, e tale rimase fino alla fine del XIX secolo. La costruzione attuale è il risultato di una serie di modifiche e di lavori eseguiti nei primi decenni del Novecento, con i quali - in particolare - fu aperto il fornice di sinistra, e furono eliminate alcune botteghe edificate nella parte interna. Oggi nelle vicinanze della porta S. Alessandro, parte una delle funicolari di Bergamo che raggiunge il borgo di San Vigilio, dove oltre alla bellissima vista panoramica, c’è il castello da visitare.
PORTA S. GIACOMO. La Porta risale alla seconda metà del Cinquecento e pare si dovesse aprire più ad est, ma fu costruita nel luogo attuale per motivi economici. Il ponte in muratura fu costruito nel 1780, all’epoca del podestà Contarini. Lo stemma del Leone di San Marco ricorda ancora la dominazione veneziana. All’inizio dell’Ottocento, la porta fu rimaneggiata per allargare lo spazio davanti al neoclassico Palazzo Medolago Albani. Nel 1939 furono eliminati dei vani e aperti i due fornici laterali. La facciata - sovrastata da due pinnacoli - si caratterizza per due belle semicolonne toscane, con modanature. Dal 1907 è detta “Porta Garibaldi” perché da qui Giuseppe Garibaldi, con i Cacciatori delle Alpi, entrò in Bergamo l’8 giugno 1859. Oltre la porta si snoda una piacevole passeggiata con continui scorci panoramici sulla città moderna e sulla montagna.
PORTA NUOVA. La Nuova porta della città venne aperta nelle Muraine, le mura daziarie medioevali, la cui demolizione è stata ultimata nella notte di capodanno del 1900. I due propilei, disegnati da Giuseppe Cusi nel 1828 sono realizzati da Antonio Pagnoncelli nel 1837. L’intervento si conclude con il tracciato della strada ferdinandea, il nuovo asse viario di collegamento con la Città Alta. Oggi risulta essere lo snodo centrale viario e pedonale della città moderna».
http://bergamo2000.blogspot.it/2009/05/bergamo-attraverso-le-mura-e-le-porte.html
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«La Rocca sorge sul colle di Sant'Eufemia, in posizione strategica per la difesa della città. Un nucleo originario di fortificazione risale ai Celti del IV secolo a.C. e fu mantenuto dai Romani, che qui innalzarono un altare a Giove. La costruzione medievale fu iniziata nel 1331 da Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, ma fu completata nel 1336 da Azzone Visconti, che aveva conquistato Bergamo nel 1332. La Rocca ebbe sempre una funzione militare e mantenne tale funzione anche nel periodo napoleonico e nel successivo periodo di dominio austriaco. La struttura è costituita da un mastio a pianta rettangolare, con quattro torri quadrate agli angoli, collegate da camminamenti e con merlatura ghibellina. La fortezza subì nel tempo vari rimaneggiamenti e restauri, specie durante la dominazione veneziana. In particolare, nel 1455-1458 i veneziani aggiunsero il torrione circolare di sud-est e, verso la fine del Cinquecento, il fabbricato per alloggiare gli artiglieri. Il torrione veneziano, privo di merlatura, è alto 23 metri e si divide in tre piani. L'edificio interno per gli artiglieri, detto “Scuola dei bombardieri”, era a due piani; il secondo è stato abbattuto agli inizi del Novecento. Nel Novecento la proprietà del complesso passa al Comune di Bergamo, che inizia un profondo restauro, volto a ridare alla fortezza il suo aspetto originario. Nel 1927 il Parco adiacente la Rocca è dedicato ai caduti della prima guerra mondiale. Poco dopo, i locali dell’ex Scuola dei bombardieri vengono destinati al Museo del Risorgimento, ampliato nel secondo dopoguerra con una sezione dedicata alla Resistenza. Dal 2004 la Rocca ospita la sezione del Museo storico di Bergamo dedicata all’Ottocento».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/bergamo/la-rocca
«Meno brillante [di quello della torre del Gombito] il presente della Torre del Galgario (un nome che deriva probabilmente da calchera o calcarium, forno da calce), in fondo a via Frizzoni. Di forma cilindrica, con la base del tronco conica, un tempo era ricoperta da un tetto di tegole. Oggi è l'unico resto delle 33 torri merlate di modesta altezza che scandivano il tracciato della cinta muraria (le Muraine) al tempo della Repubblica di Venezia. Costruite tra il 1430 e il 1438, per lungo tempo presidiarono il confine daziario cittadino, collegandosi all'antica cortina difensiva medievale di Città Alta. All'inizio del Novecento la soppressione del dazio portò all'abbattimento delle Muraine, diventate ormai un ostacolo alla crescita della città. Nonostante qualche anno fa si discutesse di un restauro, oggi la torre si presenta abbandonata, così come la vicina Caserma Montelungo, quasi a ricordare che anche i simboli cittadini devono fare i conti con la prosaica realtà dei bilanci e dei progetti» - «è uno dei pochi frammenti superstiti della cinta cinta difensiva Veneziana abbattuta nel 1901. è costituita da un basamento scarpato in grossi blocchi di arenaria sul quale si innesta, a partire dal redondone, il corpo cilindrico sempre in blocchi di arenaria ma di minor dimensione. La parte sommitale e la merlatura sono un rifacimento dei primi decenni del XX secolo. Epoca di costruzione: ante secondo quarto sec. XV».
http://bergamo.corriere.it/bergamo/notizie/cultura-e-spettacoli... - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede...
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«La torre del Gombito, con i suoi 52 metri di altezza, che sarebbero stati addirittura 64 se, nell'800, non si fosse provveduto a demolire la parte superiore, pare per motivi di sicurezza. La sua particolare e strategica posizione, in corrispondenza del principale incrocio cittadino (compitum in latino significa bivio, crocicchio), ha probabilmente portato, nel corso dei secoli, al nome attuale di Gombito. Per avere una migliore visione, è consigliabile salire lungo via Lupo, dalla quale la torre appare in tutta la sua imponenza. Caratterizzata da una compatta ed elegante struttura in pietra, che presenta pochissime e piccole aperture, la torre evidenzia in pieno la sua originaria vocazione militare. Eretta nel XII secolo, mantenne la sua funzione difensiva fino al '500, quando venne convertita a usi civili, trasformandosi nella "torre dell'hostaria del Gombedo", come risulta da una relazione del Capitano veneto Da Lezze, datata 1596. Nel 1849 la torre fu coinvolta nei movimenti risorgimentali che agitarono anche Bergamo: dalla sua sommità, i cittadini in rivolta spararono contro la torre della Rocca, presidiata dalle truppe austriache, le quali risposero minacciando l'abbattimento parziale dell'antica torre. Donata al Comune nel 1877, e restaurata agli inizi del '900, la torre del Gombito continua a svettare sulle strette vie selciate della città medievale, ora percorse da migliaia e migliaia di turisti, che non possono fare a meno di ammirare questo vero e proprio grattacielo, vecchio almeno 800 anni che sovrasta e vigila la città».
http://www.savoldelli.net/castelli/torri/torre_gombito.html
a c. dell'Associazione di Promozione Culturale e Turistica Pro Bianzano
a c. dell'Associazione di Promozione Culturale e Turistica Pro Bianzano
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Nel XIV e XV secolo a Boltiere era presente un castello, che racchiudeva quasi certamente il primo nucleo d'insediamento nel comune. Lo dimostra la struttura urbanistica del centro storico di Boltiere, con nel mezzo l'area anticamente fortificata, dove oggi è la chiesa e altre costruzioni, definita appunto castello, attorno al quale v'erano un fossato e una strada. Dal nucleo centrale partivano quattro strade, verso le quattro direzioni principali, Bergamo, Milano, Ciserano e Brembate. Entrambe le strade giunte nelle vicinanze del centro di Boltiere subivano una strozzatura, utile a garantire e a fortificare ulteriormente il castello. Tutte le altre strade erano vicoli chiusi, come lo sono alcuni ancora oggi, proprio a garanzia e a controllo degli accessi al centro del paese. Le modifiche che si sono succedute nel corso degli ultimi secoli, hanno in parte snaturato la struttura urbanistica originaria dell'abitato, anche se alcuni elementi sono visibili ancora oggi. Il castello di Boltiere fu coinvolto nelle vicende della storia e sembra giocò un ruolo relativamente importante nel XV secolo, quando le guerre tra guelfi e ghibellini imperversarono nel nostro territorio. In particolare fu vivo lo scontro con i Colleoni di Trezzo (Guelfi) e molti in quegli anni furono i saccheggi e le distruzioni. è probabile che il Castello di Boltiere, in quanto presidio militare, fu distrutto o abbandonato durante il '500, quando con l'evoluzione delle tecniche di guerra e il massiccio utilizzo delle armi da fuoco, le numerose fortezze medievali, nate nei secoli precedenti, cessarono la propria funzione di roccaforti, e alle piccole rocche e castelli si preferirono possenti mura a difesa dei centri abitati più importanti. Il castello di Boltiere, in quanto insediamento abitativo, rimase e rimane tutt'ora, anche se nei secoli ha cambiato molte volte la propria struttura. ...» - «...all’interno del recinto chiamato castello, era presente una torre la cui base è ancora visibile. Il centro storico di Boltiere è racchiuso entro questo recinto, definito a nord dalla Torre dell’ex acquedotto, risalente alla prima metà del secolo XX, realizzata in foggia di torre merlata, a memoria dell’elemento difensivo che qui trovava posto. Di fronte si sviluppa una corte, che faceva parte di una dimora signorile, che conserva alcuni segni del passato».
http://www.comune.boltiere.bg.it/schede.aspx?azione=schede&id_sottosezione=251&id_sezione=131 - http://www.prolocotreviglio.it...
BRIGNANO GERA D'ADDA (castello-palazzo Visconti)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«La permanenza ancor oggi del nome "castello" attribuito al Palazzo, fa supporre che l'originario nucleo difensivo di Brignano occupasse una porzione dell'attuale Palazzo Vecchio: le recenti opere di restauro hanno permesso di evidenziare strutture fortificate in prossimità di un preesistente ponte levatoio, le cui tracce sono visibili nella zona di raccordo tra Palazzo Vecchio e Palazzo Nuovo. Nel corso del XV secolo, con la definitiva investitura feudale fatta dal Duca di Milano Galeazzo Maria Visconti ai fratelli Pierfrancesco e Sagramoro, il fortilizio assume una connotazione maggiormente residenziale, avviando così la serie di interventi che porteranno, nel XVII secolo, alla completa trasformazione del Castello in Palazzo.
Benché i documenti d'archivio siano piuttosto scarsi di notizie circa gli edifici proprietà dei Visconti in Brignano, possiamo supporre che la sede residenziale dei feudatari fosse all'interno del Palazzo Vecchio, che in un documento del 1523 viene definito parte dei Signori Pallavicino e Ottone Visconti (del ramo di Sagramoro) e parte della Signora Antonia Visconti e del fu Signor Alfonso (del ramo di Pierfrancesco); nel documento citato ad un certo punto si rinviene una breve descrizione del (castello ovvero palazzo del luogo dì Brignano, con i suoi edifici (rustici annessi), sala, camere, quattro canepa solares, vari puthea, e con descrizione dei mobili rinvenuti. Un altro documento, datato 1551, cita il "Palazzo sito nel Borgo di Brignano", con tutti i "suoi edifici" tra cui la "cassina e stalla" e ancora altre "case, la colombara (torre colombaia), e altri edifici con corte, orto ovvero giardino" che confina con la strada pubblica ovvero la fossa del Borgo e con i beni di Pietro Francesco Visconti, con tutte le sue pertinenze. Tale descrizione, oltre a far supporre già l'esistenza di due complessi architettonici distinti (Palazzo Vecchio e Palazzo Nuovo) ci permette di immaginare il Palazzo Vecchio come un complesso di edifici di notevole estensione, arricchito dalla presenza di un orto ovvero un giardino, cioè un orto con fini anche ornamentali, oltre che puramente produttivi.
Un intervento di ampliamento che interessa la parte attualmente denominata Palazzo Vecchio può essere fatto risalire alla prima metà del XVII secolo: la conformazione delle facciate del Palazzo, la foggia delle cornici delle finestre e il sistema decorativo del soffitto a cassettoni del salone del piano nobile confermano tale attribuzione cronologica; tracce di affreschi seicenteschi emergono nelle sale del Palazzo, mentre la data 1675 riportata nella Sala del Trono indica che a tale epoca erano conclusi gli affreschi della stanza e quindi anche le strutture erano state completate. Sempre nella Sala del Trono sono visibili tracce di affresco precedenti ai dipinti datati 1675, a conferma dell'ipotesi che la costruzione del Palazzo può essere fatta risalire al XVI secolo, e che a tale epoca fosse già arricchito con motivi decorativi e ornamentali. Sicuramente già esistente nella seconda metà del XVII secolo anche la parte occidentale di Palazzo Nuovo: tracce di affreschi seicenteschi sono visibili nell'ala meridionale del Palazzo, mentre nell'ala ovest è ben visibile, in una sala del piano nobile, la data 1668.
L'intervento sicuramente più significativo e di cui abbiamo chiara memoria nelle testimonianze grafiche di Marc'Antonio Dal Re, è quello operato da Giovanni Ruggeri architetto romano, nei primi decenni del XVIII secolo. Dal Re, nella presentazione del Palazzo di Brignano, sottolinea la presenza in tale luogo di "due palagi cospicui", ovvero di due palazzi di notevoli dimensioni, che vengono unificati con l'intervento ruggeriano, L'unificazione, decorativa e fisico spaziale, viene attuata con la costruzione dell'anfiteatro d'ingresso che immette in Palazzo Nuovo, ma anche attraverso la realizzazione dell'articolato programma decorativo eseguito negli interni e negli esterni di Palazzo Nuovo e Palazzo Vecchio. Il secolo XVIII segna il grande splendore, ancora oggi visibile, di Palazzo Nuovo: viene realizzato il giardino scenografico e vengono affrescate interamente le quaranta sale, le gallerie e i quattro monumentali scaloni. Anche Palazzo Vecchio doveva essere arricchito con pregevoli cicli di affreschi e con un giardino ornamentale di notevole interesse, come testimoniano i disegni di Dal Re e come si può intravedere dalle tracce di dipinti ancora oggi presenti nelle sale. La minor fortuna di Palazzo Vecchio nei secoli successivi ne ha purtroppo segnato un degrado che ha contribuito alla perdita di preziose testimonianze pittoriche, di cui abbiamo un breve assaggio nelle scenografie dello scalone d'accesso alla Sala del Trono e nei trompe d'oeil che si possono ammirare nel portico e nelle sopraporte della loggia d'onore. Non firmati i dipinti dello scalone e delle sale di Palazzo Vecchio (eccezion fatta per i già citati ritratti della Sala del Trono, opera di F. Meda), benché una comune matrice narrativa e lessicale permetta di ascriverne la paternità ai fratelli Galliari, operativi a Palazzo Nuovo, come testimonia la firma prese. ...».
http://www.comune.brignano.bg.it/categoria.php?ID=225
CALVENZANO (torretta circolare)
«Il territorio di Calvenzano conserva i segni dell’insediamento romano ma reperti archeologici permettono di supporre l’esistenza di nuclei abitati anche in epoca pre-romana. Probabilmente in epoca alto medioevale gli abitanti, per difendersi dalle incursione nemiche, rinforzarono le loro abitazioni realizzando corti rurali fortificate che ancora oggi caratterizzano il centro storico. A miglior difesa venne realizzato anche un recinto fortificato che però venne abbattuto definitivamente nel corso dell’ ottocento. Possiamo però apprezzare due ville signorili: la Villa ex Torri Morpurgo, arricchita da un pregevole giardino di foggia ottocentesca e la Villa ex Torre di impianto settecentesco. Nell’area dell’antico castello oggi chiamata Piazza Vittorio Emanuele II troviamo una torretta circolare edificata nella seconda metà dell’Ottocento, erroneamente indicata come superstite dell’antico castello».
http://www.prolocotreviglio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=250&Itemid=329&lang=it
Canonica d'Adda (villa ex Pagnoni)
«La presenza di un abitato già in epoca romana è testimoniata da alcuni reperti archeologici. Nel corso dei secoli il centro storico di Canonica si sviluppa lungo il fiume e si integra armoniosamente attraverso le architetture che si sono consolidate. Tra queste vi è la Villa ex Pagnoni, residenza privata preceduta da un ampio giardino ottocentesco e con l’ingresso caratterizzato da due torrette merlate. Troviamo inoltre diversi cortili ognuno dei quali mantiene caratteristiche specifiche ascrivibili all’uso e alle proprietà dei luoghi» - «Villa Pagnoni fu edificata in epoca rinascimentale e ristrutturata tra il XIX ed il XX secolo, è dotata di una pianta ad U con affreschi sia sulle pareti interne che su quelle esterne e di un giardino rigoglioso».
http://www.prolocotreviglio.it/index.php?option=com_content&view... - http://it.wikipedia.org/wiki/Canonica_d'Adda#Villa_Pagnoni
Caravaggio (palazzo Gallavresi)
«Lasciamo la chiesa [parrocchiale] alle spalle e prendiamo per via Marconi che ci conduce in Piazza Garibaldi, dominata da Palazzo Gallavresi, sede del Municipio dal 1947. Non è nota la data in cui il palazzo venne costruito; probabilmente non prima della seconda metà del Duecento considerando che gli archi del portico della facciata sono gotici, stile architettonico che si diffuse lentamente nelle città lombarde. L'edificio fu sede del Comune già dagli inizi del XIV secolo; passato di mano a privati nel corso degli anni, venne riacquisito (acquistandolo dalla famiglia Gallavresi) appena dopo la Liberazione per trasferirvi la sede Municipale allora collocata in via Mangone. Il palazzo è stato ristrutturato nel 1981. Al centro della facciata, sopra i portici, figurano medaglioni in marmo dei fautori dell'unità d'Italia, opera dello scultore Giovanni Spertini (Pavia 1821-Milano 1895). All'interno uno scalone d'onore con cielo decorato conduce alla Sala Consiliare, barocca, con soffitto a cassettoni e una fascia decorativa con una loggia popolata da putti alati musicanti; i lampadari in ferro battuto sono di Alessandro Mazzucotelli e Tancredi Guerrerio. Il pavimento è in mosaico, con lo stemma della città. All'ingresso della sala un busto, opera di Enrico Pancera, raffigura Emilio Gallavresi, nato in questo edificio, che fu dimora della sua famiglia, il 15 marzo del 1856; deputato al Parlamento nelle fila del Partito Socialista, svolse un ruolo rilevante nella vita politica della Bassa Bergamasca. Alle spalle del busto due ritratti (i coniugi Manusardi, stimata famiglia caravaggina) opera di Luigi Cavenaghi. Le altre tele della sala sono del Moriggia, col Cavenaghi autore degli affreschi del Santuario. Di quelli eseguiti dal Moriggia si possono ammirare nell'atrio alcuni disegni preparatori. Nell'adiacente ufficio del Sindaco altre preziose opere: spiccano una Madonna in trono col bambino, di Nicola Moietta, pittore caravaggino del cinquecento; e sei tavolette raffiguranti episodi della vita di Maria e Giuseppe, anch'esse del Cinquecento, opera del caravaggino Cristoforo Ferrari De' Giuchis. In fondo alla sala Consiliare invece, nella Sala Giunta, sono state allocate, dopo un recente restauro, alcune tele del XVII-XVIII secolo appartenenti alla chiesa di San Bernardino. Le tele sono corredate, a parete, di esaurienti note illustrative. ... In fondo a via Prata, in corrispondenza dei numeri civici 27 e 29, si trova una casa la cui costruzione risale certamente alla fine del XIV secolo: le finestre a sesto acuto e dai davanzali sporgenti sono tipiche di quel periodo».
http://www.comune.caravaggio.bg.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=17227&idArea=17232&idCat=18506&ID=18627...
Caravaggio (porta Nuova, mura medievali)
«L'Arco di Porta Nuova fu terminato nel 1709, eretto in occasione della Incoronazione della Beata Vergine al Santuario concessa da Roma nel 1708 e celebrata nel 1710, e in quella festa inaugurato. L'Arco è imponente; sull'attico un gruppo marmoreo, di autore ignoto, riproduce il miracolo dell' Apparizione; sulle porte laterali due angeli di marmo rustico reggono trombe di rame; nella nicchia sottostante ci sono la Madonna con Giannetta (in marmo bianco) e un putto che teneva, nella mano del braccio mancante che si ruppe cadendo al suolo alcuni anni fa, un giglio dorato proteso verso il Santuario. Porta Nuova fu di fatto il quinto accesso a Caravaggio che tra l'XI e il XII secolo aveva quattro Porte: Folcero, Seriola, Prata e Vicinato. Nel 1788 per la proibizione ad effettuare sepolture nel centro fu aperta Porta Specchio (in fondo all'attuale via Banfi) che conduce al Cimitero. Gli accessi danno sulla vecchia circonvallazione che con minime variazioni segue il tracciato del fosso difensivo che scorreva ai piedi delle mura medievali. Le mura furono abbattute nella seconda metà del XIX secolo; resta intorno a Caravaggio l'ampio fossato qui perfettamente visibile alla destra dell'Arco. Proprio alla fine di questo tratto, in una zona invisibile dalla strada, durante i lavori di sistemazione della spalla del fosso è stata rinvenuta nel 1995 la base di un torrione appartenente alle mura».
http://www.comune.caravaggio.bg.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=17227&idArea=17232&idCat=18506&ID=18616...
Carobbio degli Angeli (castello di Santo Stefano degli Angeli)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il castello medioevale di Santo Stefano degli Angeli si trova nel territorio di Carobbio degli Angeli, piccolo comune della provincia di Bergamo. Ergendosi sullo sperone collinare del paese, domina la pianura da quasi un millennio. I documenti più antichi risalgono al 1039 e ne attestano l'esistenza prima come proprietà dei Grumelli e poi della famiglia ghibellina dei Lanzi. Nato per essere luogo di rifugio in caso di invasione, questa struttura crollò in seguito a causa di eventi bellici. Il castello fu il segno tangibile della volontà di potenza dei nuovi signori, che, gradualmente, occuparono le vie di comunicazione, i passi dei monti, i luoghi elevati, ponendo vincoli politico-territoriali su tutte le terre di loro proprietà, gettando le basi di una conflittualità sia partitica, sia familiare per i secoli futuri; fu l'espressione di un'aristocrazia rurale, desiderosa di difendere il proprio potere e di legarsi indissolubilmente alla terra occupata. Dopo più di 400 anni, nel 1472, a seguito dell'espansione di Venezia sul territorio bergamasco, Riccardo Lanzi donò il castello e l'annessa chiesa di Santa Maria all'ordine dei carmelitani. Il 2 maggio 1475, il papa Sisto IV approvò la fondazione del monastero di Santa Maria degli Angeli. A quel punto i monaci trasformarono il castello in un convento che rimase consacrato fino al 1770, anno della sua soppressione per mano del governo della Repubblica veneta. I frati carmelitani della congregazione di Mantova si ritirarono nel convento di Bergamo. In seguito alla cessione da parte dei monaci, divenne la dimora di villeggiatura dei Sonzogni e subì nuovi riadattamenti: la sagrestia diventò una cappella privata e affrescata da Federico Ferrari e Bernardo Brignoli, mentre alcune decorazioni del salottino furono ad opera di Giovan Battista Salvatoni. Successivamente il castello fu proprietà di diverse famiglie, fino al 1923, anno in cui, attraverso una parentela con i Vimercati Sozzi, la marchesa D'Arcais Valverde ne divenne proprietaria. In un secondo tempo il complesso fu della famiglia Zanchi, i quali commissionarono nuovi affreschi all'interno delle sale ad opera di Emilio Grassi. Il recente restauro, a cura dell'attuale proprietario, ha recuperato e valorizzato le strutture medioevali, tutte in muratura di pietre squadrate, la cinta esterna, il portale archiacuto d'ingresso, il chiostro conventuale e i resti del mastio, la parte della fortificazione più antica».
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_degli_Angeli - il sito del castello: http://www.castellodegliangeli.com
Casirate d'Adda (castello o torre Vecchia)
«Il nucleo più antico e originario di Casirate si trova in quella che appare un po' l'acropoli, corrispondente all'odierna piazza Papa Giovanni XXIII, in cui si trovano il Castello, la Parrocchiale e il Municipio (che oggi ha sede nell'ex-Villa Blondel, a pochi passi da suddetta piazza). "...Sorgeva (il Castello) sul ciglio di una ripa sparsa di boscaglie e sovrapposta ad acque stagnanti, avanzi di inondazioni dell'Adda che gli agricoltori sbattuti sempre dalle guerre, non avevano né tempo né mezzi di inalveare. Intorno al castello, molte povere case, la più parte coperte di paglia, formavano il piccolo borgo di Casirate ...". Così era verso il 1520 il nostro paese secondo Massimo D'Azeglio. Il Castello, già dei Visconti, passato poi ai Menclozzi, successivamente ai conti Candiani, è formato da un grande cortile a cui si accede attraverso un imponente portone e da altri notevoli edifici. Sulla facciata la lapide apposta il 30 ottobre 1955 dall'allora parroco di Casirate, cultore di manzoniane memorie, don Francesco Donati, a ricordo del battesimo di Enrichetta Blondel. ... Non è escluso che l'attuale torre del castello poggi su antiche fondamenta di un torrione romano collocato in posizione strategica a ridosso della "costa", dove si incrociavano le principali vie di comunicazione locali, la Bergamina con direzione nord-sud e le strade basse che collegavano il centro abitato con i guadi del fiume Adda attraverso un'ampia area selvosa, la Selva Greca, che da Fara Gera d'Adda correva ininterrotta lungo il fiume fino a Lodi».
http://www.comune.casirate.bg.it/il_comune.aspx - ...origini_ed_evoluzione_urbanistica.aspx
«Castel Liteggio, o più semplicemente Liteggio, è una frazione del comune italiano di Cologno al Serio, in provincia di Bergamo. Situato all'estremo ovest del territorio comunale, si trova in posizione piuttosto isolata rispetto al capoluogo. Venne fatto costruire nel XV secolo dai Visconti in posizione strategica anche per la posizione immediatamente prossima al Fosso bergamasco, dove correva il confine con la Repubblica di Venezia. Tuttora sono ancora visibili parti di muratura merlata ed il fossato, particolari che lo resero una possente fortificazione all'epoca dell'edificazione. A oggi oltre al castello medievale (che in passato ebbe anche funzione di scuola elementare), sono presenti altre abitazioni, che rendono Liteggio un vero e proprio borgo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Liteggio
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Questo tratto della pianura lombarda porta ancora i segni della divisione in “Centurie” operata ai tempi della colonizzazione romana. Vi transitava una importante ed antica strada, probabilmente già pista preistorica, poi chiamata “Strada dei Malgari” che da Bergamo e le sue valli , passando da Treviglio, si dirigeva a sud verso Crema e Piacenza. Attualmente rimane traccia nella via dei Ceradelli. Nell’anno 1267, inizia la costruzione del “Fosso Bergamasco”, vallo di confine che dividerà trasversalmente, in due entità di diversa competenza politica, la pianura bergamasca dall’Adda all’Oglio per oltre cinquecento anni. I “Rozzone”, famiglia di origini milanesi, acquisisce dalla Comunità Trevigliese, le terre che formeranno l’attuale territorio, edificando verso la fine del XIII secolo, un Castello cinto da fossato. L’edificio era posto a lato della Strada dei Malgari e circa cinquecento metri a sud del nuovo confine di stato del Fosso Bergamasco. Aveva funzione di residenza, avamposto di difesa e postazione di dogana. I Rozzone erano conosciuti ghibellini fra i più accessi della bassa bergamasca e terre limitrofe, furono sempre presenti nelle sanguinose lotte contro l’avversaria fazione guelfa.
Confinanti con i Rozzone, a Brignano Gera D’Adda, c’era la potente famiglia milanese dei Visconti. Costoro, stanchi dei continui soprusi perpetrati contro i loro sottoposti, nell’anno 1386, assaltarono il Castello dei Rozzone con copiose milizie, distruggendo una torre e parte del fronte a sud. Alla fine della battaglia furono sepolti duecento morti, delle due fazioni, all’esterno della fossa. Dopo questa sconfitta, i Rozzone sottoscrissero, nello stesso anno e successivamente nel 1429, accordi di confine e collaborazione con la comunità trevigliese. Nell’anno 1492, dopo una lunga diatriba in merito al sequestro dei beni di Venturino Rozzone, che aveva sgozzato la moglie ed i figli, con un decreto Ducale di Milano, si assegnarono “in feudo” le terre del Castello dei Rozzone alla famiglia Visconti Ajmi di Brignano Gera D’Adda. Alla parentela Rozzone, venne corrisposto un risarcimento in danaro e solo piccole porzioni di edifici in Castel Rozzone. ...»..
http://www.comune.castelrozzone.bg.it/il-comune/il-comune/cenni-storici (a cura di Pietro Ferri)
CASTELLI CALEPIO (castello dei Conti Calepio)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«L’origine del castello risale all’anno 1430, come riportato da un’incisione sull’arco d’ingresso. Il maniero, inserito nel borgo medievale della contrada di Calepio tutt’ora perfettamente conservato, venne edificato al posto di un precedente fortilizio che, distante poche decine di metri in direzione nord-est, fu distrutto dagli attacchi di Niccolò Piccinino nel 1428 e da successivi scontri nel 1437. I ruderi di questo rimasero visibili fino al XIX secolo, epoca in cui Gabriele Rosa ne diede un’esaustiva descrizione: si trattava di una struttura di dimensioni più ridotte e collocata su un promontorio con burroni che lo cingevano su tre dei quattro lati del perimetro. Nel contesto dei suddetti scontri, inseriti nelle lotte tra Bergamo e Venezia, la famiglia Martinengo, proprietaria dell’antica fortezza e di gran parte dei territori della zona, prese le parti della Serenissima ricevendo, una volta terminate le lotte con la vittoria dei veneti, sia l’autorizzazione e l’aiuto economico per la ricostruzione del castello, sia l’investitura feudale delle terre di Calepio, assumendo quindi il nome di Conti di Calepio. Il capostipite del ramo calepino della famiglia fu il conte Trussardo, che diede il via ai lavori del maniero. Inizialmente la struttura fu impostata unicamente per scopi difensivi per trasformarsi poi, con continue aggiunte e modifiche apportate nei secoli, in dimora signorile. Gli interventi maggiori vennero eseguiti tra il XVII ed il XVIII secolo che, cominciati dal conte Orazio da Calepio, videro l’aggiunta di numerose stanze e giardini. Nel 1842, in seguito alla morte dell’ultimo discendente del casato, l’intera struttura venne donata ad un ente che si prendeva cura delle ragazze dei paesi del circondario appartenenti ai ceti meno abbienti. Questo ente in seguito, mutate le condizioni sociali ed economiche degli abitanti a partire dalla seconda metà del XX secolo, abbandonò la sua missione originale per occuparsi della valorizzazione del castello, promuovendo interventi di recupero ed iniziative culturali, tra cui quella dedicata ad Ambrogio Calepio (figlio del fondatore Trussardo I), inventore del dizionario.
Il maniero è posto in ottima posizione panoramica sulla valle del fiume Oglio, la quale forma una scarpata che delimita il lato sud della struttura. La parte ovest è anch’essa difesa naturalmente da Cimavalle, mentre gli altri due lati, Nord ed Est, sono invece protetti da un profondo fossato. Tutto il perimetro è delimitato da una cinta muraria costituita da pietre di piccole dimensioni con una merlatura guelfa, più tardi sostituita o integrata con una a coda di rondine quando il maniero divenne residenza signorile. Il lato a nord possiede alle due estremità altrettante torri: una di piccole dimensioni ed un’altra a base quadrata, probabilmente già esistente prima della costruzione del castello e successivamente integrata in esso, che è posta a fianco dell’ingresso, a cui si accedeva tramite un ponte levatoio. A fianco di quest’ultima se ne trova un’altra, anch’essa antecedente al 1430 ed inizialmente esterna al castello. Parzialmente distrutta dagli scontri della prima metà del XV secolo, a partire dal 1433 venne utilizzata come cappella dedicata a San Maurizio ed integrata al resto della struttura durante gli interventi strutturali attuati nella prima metà del XVII secolo. Questi riguardarono anche l’ampliamento delle mura e l’aggiunta di una nuova ala posta a nord-est a scopo residenziale, nella quale si trovano sia camere con decorazioni ed affreschi di Luigi Deleidi (detto il Nebbia) e tappezzerie francesi, sia un porticato a colonne. Altri importanti interventi interessarono la zona a Sud-Est che venne dotata di contrafforti nell’area perimetrale, al fine di dotarla di due grandi giardini all’italiana, ed una nuova cappella dedicata all’Angelo Custode ed a San Celestino Martire. Quest’ultima, ricavata da uno spazio tra il ponte levatoio ed il portone, venne costruita tra il 1693 ed il 1695 ed al proprio interno vi venne collocato il corpo di San Celestino Martire, da poco scoperto nelle catacombe romane e precedentemente custodito in modo provvisorio presso il vicino Castello di Trebecco. Nell’attuale struttura si possono ammirare anche decorazioni di alta qualità in stile rococò e neoclassico risalenti rispettivamente al XVIII ed al XIX secolo, tra cui gli stucchi attribuibili a Muzio Camuzio e gli affreschi di Innocenzo Carloni. Al centro del cortile inoltre fa bella mostra di sé la statua del fondatore Trussardo da Calepio».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Calepio
CAVERNAGO (castello dei Conti Martinengo-Colleoni)
«Il castello di Cavernago si trova nel territorio di Cavernago, piccolo comune alle porte di Bergamo. I canonici della cattedrale di Bergamo erano entrati in possesso di un'antica costruzione nella stessa località e nel 1470 il celebre condottiero Bartolomeo Colleoni aveva acquistato con atto pubblico la struttura e le relative dipendenze. Alla sua morte il feudo di Cavernago e il relativo castello passarono nelle mani di Gherardo Martinengo-Colleoni marito di Ursina, una delle figlie del condottiero. La costruzione attuale risale al '600, in stile barocco. L'edificio a pianta quadrata, è privo di merlatura e di camminamenti di ronda: questi elementi lasciano intuire che non si tratta di una fortezza militare, come lo è, per esempio, il vicino castello di Malpaga, bensì che fu concepito come residenza familiare, in modo da garantire tutti gli agi che si addicevano ad una famiglia nobile. Il castello era dotato anche di un ponte levatoio, di un fossato (ormai privo d'acqua), di un pozzo centrale, oltre che di un grande giardino. Il castello dopo esser stato acquistato dai conti Giovannelli prima e dal conte Mazzotti Biancinelli poi, ora è di proprietà di un erede del principe Gonzaga di Vescovato».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Cavernago
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il Mazzi afferma che il castello di Chiuduno esisteva già prima del 1000 e secondo alcuni storici, il fortilizio sarebbe sorto per il controllo della strada per Brescia. Col tempo la proprietà andò sempre più frazionandosi a causa di alcune vendite e di molti passaggi ereditari: il numero dei compartecipi si accrebbe di molto poiché alle famiglie dei primi investiti ne seguirono altre forestiere. Oggi la costruzione appartiene al Cav. Ambrogio Magni che con passione e tanto amore ha provveduto alla realizzazione di importanti lavori di restauro. Il primo proprietario noto è stato il vescovo bergamasco Reginfredo e solo nella seconda metà del 1300 venne acquisito da Bernabò Visconti che vi pose un presidio militare. Con una serie incredibilmente lunga di vicissitudini militari il castello venne dominato da moltissimi casati. Sotto la dominazione della Serenissima il maniero venne demolito, ma nel 1447 venne ricostruito nella forma che ancora oggi si può osservare.
Eretto in posizione elevata in prossimità del luogo dove passava la strada romana che collegava Bergamo a Brescia, il castello domina il paese sottostante e le terre vicine. Il castello di Chiuduno doveva essere il perno attorno al quale si articolò il borgo medioevale sorto ai suoi piedi nel rispetto di una regola dell'epoca per la quale i popolani costruirono le proprie abitazioni nelle immediate vicinanze della fortificazione militare. Le costruzioni sono realizzate in pietre di discrete dimensioni, collocate a secco e senza regolarità: gli archi delle porte e delle finestre, le logge e i tetri androni, sono tipici dell'architettura medioevale. Sulla cima del dosso antistante il cortile del castello, immersa nella vegetazione di uno splendido parco, sorge maestosa e possente una torre in pietra edificata probabilmente nella seconda metà del XII secolo. Originariamente la torre era più alta ma venne troncata per ordine della Repubblica Veneta.
L'interno dell'edificio non presenta importanti elementi a causa dei numerosi passaggi di proprietà che hanno determinato, nel tempo, usi differenti degli ambienti. Rimangono comunque diversi saloni con la volta affrescata realizzati per abbellire i locali destinati ad uso abitativo e non più militare. Una tradizione locale conferma che i contatti tra il castello e la vicina chiesa di S. Michele erano molto stretti, a tal punto che i proprietari del castello per diritto feudale avevano la possibilità di partecipare ai riti religiosi stando in opportuno luogo ricavato nel recinto dello stesso castello. ...».
http://www.italiadiscovery.it/news/lombardia/bergamo/chiuduno/castello_di_chiuduno/477.php
CISANO BERGAMASCO (torre del castello Vimercati Sozzi)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Rappresenta [il castello] il simbolo del paese, con la sua torre superstite svettante che domina il centro abitato dalla sua posizione sopraelevata. In documenti risalenti al 1021 viene citato il castello di Cisano, appartenente ai conti Visconti Sozzi de'Capitani, famiglia predominante che possedeva numerosi terreni, edifici (tra i quali il castello stesso) ed esigeva il pagamento di decime, tra cui anche un’imposta per l’attraversamento del fiume Adda che avveniva in località La Sosta mediante l’utilizzo di un barcone. Tra il XII e il XIII secolo Cisano fu teatro di scontri tra Guelfi e Ghibellini, che continuarono fino all'accordo di pace firmato a Ferrara nel 1433, nel quale venne sancito il passaggio di Cisano e dei borghi limitrofi alla Repubblica di Venezia. Da allora non si sono più verificati episodi di una certa rilevanza politica nel paese che, forte della ritrovata tranquillità, cominciò ad intraprendere attività economiche che risollevarono la condizione economica e sociale dei propri abitanti. Soltanto alcune carestie e ondate epidemiche di peste di manzoniana memoria misero in seria difficoltà la popolazione, che seppe sempre rialzarsi e riprendere le proprie attività. Nel 1797 Cisano, così come gran parte della provincia di Bergamo, venne annesso alla Repubblica Cisalpina, dominazione che durò fino al 1815 quando subentrarono gli austriaci che instaurarono il Regno Lombardo-Veneto; l’ultimo passaggio di consegne avvenne nel 1859 con l’ingresso nel neonato Regno d'Italia. Nel 1863 assunse la attuale denominazione Cisano Bergamasco».
http://castelliere.blogspot.it/2011/06/il-castello-di-martedi-7-giugno.html
«I primi documenti in cui Ciserano viene citato risalgono al secolo XII: era già presente un castrum, ovvero un recinto fortificato, probabilmente affiancato da una casa torre. Ciò che rimane oggi del castello è una piccola torre passante con una cornice in cotto e piccole aperture di foggia medioevale, databili intorno al XIV-XV secolo. Si trovano anche numerosi corti rustiche denominate stalli che hanno mantenuto l’aspetto originario» - «I primi insediamenti abitativi ci Ciserano risalgono all’epoca romana, come si evince da alcuni reperti, venuti alla luce in località Torchio. Il paese di Ciserano in quel tempo era inoltre attraversato da un’importante strada, in seguito denominata strada Francesca che, congiungendo Milano con Aquileia, caratterizzò la vita commerciale dell’intera zona che ne trasse giovamento. Qualche secolo più tardi la stessa strada divenne percorso abituale delle orde barbariche provenienti dal nord-est dell’Europa, che portarono distruzione e terrore tra gli abitanti locali. Questa fu poi rimessa a nuovo dai Franchi, dai quali prese il nome. Anche Ciserano visse tutte le situazione di instabilità nei secoli sucessivi, tanto da doversi dotare di fortificazioni a scopo difensivo, come evidenziato dalla cinta muraria che proteggeva il borgo, nel quale spiccava un castello con tanto di torre. A questa situazione pose fine l’arrivo della Repubblica di Venezia che, a partire dall’inizio del XV secolo, permise alla popolazione di vivere un’esistenza più tranquilla grazie ad una lungimirante politica in ambito sociale ed economico. A dimostrazione delle mutate condizioni sociali è la trasformazione del castello medievale, inglobato parzialmente nella chiesa parrocchiale, esistente già nel XVI secolo. ... [testo di Mario Colombo]».
http://www.prolocotreviglio.it/it/?option=com_content... - http://www.bergamasca.info/?portfolio=ciserano-e-zingonia-anni-60
«Si suppone che il castello di Clanezzo venne eretto nella prima metà del X secolo da Attone Leuco. Nel XII secolo il castello fu scenario di lotte tra guelfi della valle Imagna e ghibellini della valle Brembilla. Verso la fine del XIV secolo il signore di Clanezzo era Enguerrando Dalmasano noto per i suoi scontri con Pinamonte de Pellegrini, i quali si conclusero poi con la morte di quest'ultimo proprio nel castello di Clanezzo. Superato il periodo delle guerre il territorio bergamasco passò sotto il dominio della Repubblica Veneta. Il castello di Clanezzo, però, rimase un covo di ghibellini pronti a parteggiare ancora per i Visconti, male adattandosi al nuovo regime. I rettori di Bergamo arrestarono diciotto rappresentanti di Brembilla e ordinarono l'evacuazione dei territori brembillesi. Pochi giorni dopo, le milizie della Serenissima invasero il territorio brembillese distruggendo parzialmente il castello. Dopo vari proprietari, nel 1804 il castello passò nelle mani dei Beltrami, i quali incominciarono un'opera di ricostruzione, rifacimento e abbellimento secondo i gusti dell'epoca. I lavori furono poi continuati dai Roncalli i quali diedero all'edificio l'aspetto di palazzotto seicentesco ancora oggi ben conservato. Attualmente il castello è di proprietà di un Istituto di Credito Bergamasco che lo ha dato in gestione a privati per attività di ristoro.
Il castello è situato nel punto dove il torrente Imagna confluisce nel fiume Brembo. Fu costruito in una posizione strategica poiché la conformazione fisica del territorio costituiva un ostacolo insormontabile per i nemici. Questo castello fu distrutto e ricostruito più volte nel corso del basso medioevo. Ha una pianta ad 'L" con i lati rivolti a nord e ad ovest. Molto interessante è il ponte medioevale che con una sola arcata attraversa il torrente assicurando la comunicazione tra la valle Brembilla e la valle Imagna. Anche se è stato costruito più mille anni fa è ancora oggi percorribile. A protezione del ponte vi erano le sentinelle che dimoravano nella torre adiacente. All'interno si può osservare un locale dalla caratteristica volta ad ombrello, interamente affrescato con motivi orientaleggianti. Importante è anche la sala delle foglie, la stanza del caminetto e dei medaglioni, la sala dal soffitto in legno intarsiato e la saletta delle rose. Le differenti tematiche delle decorazioni e degli stili compositi fanno intendere che tali abbellimenti siano stati realizzati in epoche diverse. ...».
http://www.italiadiscovery.it/news/lombardia/bergamo/strozza/castello_di_clanezzo/478.php
Cologno al Serio (resti della rocca)
«La zona di Cologno era già abitata già nell'età del bronzo ma solo nell'843 si legge per la prima volta il nome di Cologno in un documento scritto, quando tale luogo era sotto il dominio franco. Nel 997 Ottone III di Germania nominò i vassalli del vescovo di Cremona, tra i quali c'era anche Ulrico di Cologno, proprietario dell'antico castello. Cologno venne distrutto per tre volte e altrettante volte ricostruito: nel 1167 dal Barbarossa, nel 1192 e nel 1200 dai milanesi. Nel 1222 l'antico castello venne ceduto alla comunità di Cologno e alla città di Bergamo. Tale fortilizio, oggi completamente scomparso, era situato vicino all'antica chiesa di cui oggi rimane solo il campanile. Nel 1293 Cologno fu munita di un grande fossato e successivamente fu costruita la cinta muraria ed il castello vecchio fu sostituito da uno nuovo. Se oggi il castello è riconoscibile nella sua parte esterna che guarda sul fossato, all'interno ha subito radicali cambiamenti in quanto è stato trasformato in residenza civile. Recentemente poi la fortezza è stata ristrutturata in ogni sua parte per collocarvi la sede municipale. Si tratta indubbiamente di un interessante esempio di restauro conservativo e di recupero della storica costruzione agli usi richiesti dalla società di oggi per la quale continua a rivestire una considerevole, anche se diversa, importanza. Struttura Esterna. L'impianto medioevale di Cologno al Serio presenta un buon esempio di borgo fortificato. Il vecchio nucleo abitato era protetto dal fossato colmo d'acqua, dalle mura merlate, dalle quattro torri e dalla rocca, ancora ben conservati. Ancora oggi l'accesso all'abitato è assicurato da quattro porte ricavate nel corpo massiccio di altrettanti torrioni muniti in origine di ponte levatoio e disposti secondo i punti cardinali. Struttura Interna. L'interno del castello ha perso la sua architettura originale in quanto è stato completamente ristrutturato per ottenere delle residenze civili, in particolare vi si trova la sede comunale».
http://www.ettoremajorana.gov.it/progetti/castelli/cologn00.htm
COSTA DI MEZZATE (castello Camozzi Vertova)
«Il castello di Costa di Mezzate, edificato intorno all’anno 1000, si trova nell’omonimo comune, piccolo centro a circa 10 chilometri dal capoluogo Bergamo (coordinate 45° 40′ 0′′ N, 9° 48′ 0′′ E). I primi documenti che attestano l'esistenza del castello risalgono al 1160. Il castello, fatto edificare dall’imperatore Ottone I, fu acquistato in seguito dal ghibellino Alberto degli Albertoni dei Capitani di Vertova, rappresentante della lega lombarda a Lodi, firmatario della pace di Costanza e console di Bergamo nel 1190. Nei secoli seguenti il castello fu al centro delle mire espansionistiche di Bernabò Visconti, duca di Milano, che però non riuscì a violare la fortificazione. Nel 1433, fu emanato un decreto della Repubblica di Venezia, che esentava per cinque anni da ogni carico reale, personale "et misto quei di Bagnatica et Mezzate in riconoscimento della loro fedeltà et in riconoscenza delle sciagure sofferte". Nei secoli successivi, il castello venne adibito a residenza della famiglia Camozzi-Vertova, attuali proprietari.
Il castello attualmente non è visitabile. Esternamente il castello si presenta con un grande giardino composto da alberi secolari. La cinta muraria possiede torri angolari che garantivano un’ottima visuale durante i combattimenti. Pare che esistano tunnel sotterranei che collegano il Castello con altre dimore nei paesi limitrofi. In epoca rinascimentale il castello ha subito alcune modifiche. Lungo la cinta muraria si può trovare un secondo ingresso, su cui sono scolpite nella pietra le insegne araldiche della famiglia proprietaria, i Vertova. Un leopardo ed un’aquila, accompagnano il motto di tale casato: "Honor et gloria". All'interno si possono trovare numerosi dipinti ed affreschi di valore, tra i quali spicca un ciclo pittorico di Luigi Deleidi. Una epigrafe scolpita nella pietra reca le seguenti parole a ricordo del capostipite della famiglia Alberto degli Albertoni dei Capitani di Vertova: ALBERTUS ALBERTONUS DE CAPITANEIS DE VERTULA AD PACEM COSTANTIAE ORATOR ANNO MCLXXXIII ANTIQUIOR FAMILIAE D.D. COMITUM ET EQUITUM VERTUAE AUCTOR REPERTUS ET PROPAGATOR BERGOMI».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Costa_di_Mezzate
CREDARO (castello di Montecchio)
«In vetta al colle di Montecchio, in prossimità del nucleo abitato sorge l’omonimo; l’edificio, oggi ubicato all’interno di un’area residenziale privata, fu trasformato alla fine del XVIII secolo dall’architetto austriaco Pollak, il quale, da preesistenti costruzioni civili e religiose, ricavò una sontuosa villa patrizia. Sono ancora visibili le poderose mura di sostegno di un’antica fortificazione che qui dominava sulla valle Calepio e sull’Oglio, trasformata poi nel 1460 in monastero dei Padri Serviti (ordine poi soppresso nel 1767). L’elegante chiostro quattrocentesco del monastero fu rinvenuto solo nel 1926 durante alcuni lavori di restauro dell’edificio. La torre che attualmente sovrasta il fu edificata nel 1862».
http://www.castellomontecchio.it/storia.html
«La prima notizia scritta di Guzzanica risale all'anno 970. Esiste infatti un documento dell'epoca che testimonia della vendita di un terreno, sito appunto in "Vico lusanica", da parte di un certo Elmerico da Mariano, per il valore di 40 soldi d'argento. In un altro documento del 1224 si trova la dizione "S. Viti de Gusanica" ed infine si legge "Comune di Gosanica" in un documento del 1263. Il Mazzi scrive che Guzzanica (così come Mariano) era una delle 15 terre bergamasche, fortificate con un castello, che formavano la zona del cosiddetto "Fosso Bergamasco" prima dell'anno 1000. L'innalzamento di mura o lo scavo di un fossato anche di modeste proporzioni accrescevano infatti il valore commerciale del territorio e garantivano una certa sicurezza e capacità di resistenza ad eventuali attacchi di uomini armati. Come Comune, Guzzanica era raggruppata con Sabbio, Grumello al Piano e Stezzano dove avvenivano le riunioni (Statuti di Bergamo del 1263). Nel tempo, Guzzanica ha seguito le sorti di Stezzano da cui si è staccata, per volontà della popolazione, nel 1962» - «Torre medioevale. è consolidata la notizia che a Guzzanica intorno all'anno Mille vi fosse un castello, non è dato sapere però (non ci sono documenti in merito) se il nostro torrione facesse parte del ''castrum de Jusanica''. è probabile invece che il nostro torrione fosse parte integrante di difesa di una cascina fortificata. La torre oggi è abitata da una famiglia che vi risiede sin dal 1900, ed è di loro proprietà dal 1983. Negli anni '60 la parte alta era adibita a ''colombaia'' per il ricovero e l'allevamento di colombi. La peculiarità della torre, alta 9 metri per tre piani abitabili, è la disposizione delle scale interne, tutte appoggiate al lato nord, mentre le stanze danno sul lato sud con le pareti che seguono l'andamento circolare della torre stessa. ...».
http://dalmine-fonti-documenti.it/files/2008/08/libro-dalmine.pdf - http://www.facoetti.com/index.php/dalmine...
«Il "Codex diplomaticus Bergomensis" riporta le denominazioni di "Vicus Sportiadica" (879), "Sporciadica" (886) e di "Spoteradica" (979). Si parla inoltre di un "Vicus Aulenus" (909) composto da diciassette famiglie di contadini, contro le tredici in "Fundo Sporciadica". ... I due villaggi di Sforzatica e di Oleno, separati da una roggia, erano probabilmente indipendenti amministrativamente. L'unione dei due "vici" avviene verso la fine del XII secolo quando, per difendersi dalle prepotenze dei signorotti, i villaggi si raggruppano in Comuni rurali di maggiore consistenza. Negli Statuti di Bergamo del 1263, infatti, compare solo il nome di Sforzatica» - «Torre medioevale di Sforzatica S. Andrea: bella e massiccia, testimone del ruolo svolto in passato dalla comunità».
http://dalmine-fonti-documenti.it/files/2008/08/libro-dalmine.pdf - http://www.facoetti.com/index.php/dalmine...
«La medioevale “Torre Suardi”, erroneamente conosciuta fino al 2010 come “Torre Camozzi”. Ricordiamo che “Bernarda Visconti (nata nel 1353 e morta a soli 23 anni) era la prima moglie del Cavalier Giovanni Suardi (morto nel 1402), capo dei Ghibellini in Bergamo e grande proprietario terriero a Dalmine (compresa la torre). Giovanni Suardi e Bernarda Visconti si sposarono in Città Alta il 16 gennaio 1367. Nel 1498 la torre passò di proprietà ai Canonici Lateranensi, grandi proprietari e affittuari in Dalmine. Nel 1787 ne diviene proprietario Ambrogio Camozzi, appartenente a una famiglia di nobili bergamaschi. Nel 1933 la famiglia Camozzi-Danieli vende alla Dalmine tutte le loro proprietà tra cui la torre. Dal 2007 ne è proprietario il comune di Dalmine. La torre ospitò il pianoforte, ora in Rocca, dove si suonò per la prima volta l’inno di Garibaldi e, si dice, anche il cavallo imbalsamato del gen. Camozzi. A breve (sett. 2014) partiranno i lavori di ristrutturazione della vecchia torre» - «L'edificio si innalza dal suolo per cinque piani e presenta una muratura in blocchi squadrati di arenaria fino a circa un terzo della sua altezza, quindi i corsi di pietra si alternano a filari di ciottoli del Brembo disposti a spina di pesce, questi poi costituiscono il paramento murario della parte terminale, mentre i cantonali proseguono in pietra. Questa torre è l'unica testimonianza rimasta di un complesso fortificato a corte demolito nel 1908 per la costruzione degli stabilimenti industriali "Dalmine". Epoca di costruzione: sec. XIV. ... Condizione giuridica: proprietà privata».
http://www.facoetti.com/index.php/dalmine-dalle-immagini/422-la-vecchia-dalmine - http://www.lombardiabeniculturali.it...
«L’intero borgo storico del paese di Gorlago costituisce motivo di attrazione, grazie alla sua struttura, tipicamente medievale, con strade strette e costruzioni in pietra. Sono inoltre presenti numerose ville, che testimoniano quanto questo paese fosse importante nei secoli passati: Villa Gozzini, Villa Siotto-Pintor entrambe risalenti al XVI secolo, Villa Bolis, Villa della Torre (inferno) e la Casa Quadra che era dotata di affreschi talmente belli che vennero portati nello stabile che ospita la Prefettura di Bergamo. Interessante anche la Chiesa di sant’Andrea, edificata nel XIV secolo ma più volte rimaneggiata, che conserva al suo interno preziose opere di maestri lombardi».
http://www.prolocotrescore.it/?portfolio=itinerari-artistico-culturali
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«La terra bergamasca è davvero ricca di testimonianze ed elementi storici di epoca medievale. In molti paesi, non è raro imbattersi in maestose torri fortificate o in suggestivi castelli con il fossato ancora oggi pieni d’acqua. Non fa eccezione Gorle. Esistente già nel 1200, il Castello di Gorle era in realtà un edificio fortificato e nella sua lunga storia fu anche residenza temporanea dei Vescovi di Bergamo. La terra bergamasca è davvero ricca di testimonianze ed elementi storici di epoca medievale. In molti paesi, non è raro imbattersi in maestose torri fortificate o in suggestivi castelli con il fossato ancora oggi pieni d’acqua. Non fa eccezione Gorle. Esistente già nel 1200, il Castello di Gorle era in realtà un edificio fortificato e nella sua lunga storia fu anche residenza temporanea dei Vescovi di Bergamo» - «Come per molti altri comuni della Bergamasca, anche in Gorle furono innalzate, nei punti strategici, alcune torri in difesa da assalti al territorio. Torre Grumelli. Nota anche come “ol cantù”, questa rappresentava la torre principale posta a difesa dell’accesso al paese ai tempi dei Guelfi e dei Ghibellini. Riscoperta durante la demolizione di alcune vecchie case nel 1978, oggi è sede del Gruppo Comunale Volontari Protezione Civile. Torre del Castello. Presente in una delle residenze dei vescovi in Gorle, originariamente di stile guelfo, fu ricostruita intorno al 1800, da un architetto della famiglia Marchesi Terzi in stile ghibellino, in quanto ghibellina era quella famiglia. Gli ultimi merli a coda di rondine posti alla sommità della torre, caratteristici di questo stile, scomparirono nel 1912, anno in cui fu rifatto il tetto. Torre del Borghetto. Eretta nell'attuale via Piave, di questa torre non ci rimane più alcun segno, in quanto i pochi resti vennero distrutti in un incendio».
http://www.provincia.bergamo.it... - http://www.comune.gorle.bg.it/include...
GROMO (castello Avogadri, castello Ginami)
«Le origini della valle Seriana e dei suoi abitanti sono difficilmente verificabili, ma si pensa che sia stata rifugio di quei pacifici popoli che, terrorizzati dalle continue invasioni, cercarono la libertà nei recessi alpini più nascosti. La zona di Gromo fu concessa in feudo da Federico II, nipote del Barbarossa, alla famiglia Ginami dei Licini , che si era trasferita in quelle terre a causa delle lotte di fazione tipiche di quei tempi; infatti questa famiglia venne a vie di fatto con alcune famiglie guelfe della bergamasca, tra le quali quella dei Colleoni, per cui dovette abbandonare frettolosamente Bergamo. Scelsero Gromo per la sua posizione strategica, infatti il castello sorse nel 1226 sullo sperone di una roccia, in posizione dominante rispetto al Serio, che era il punto di transito obbligato. Il castello sorse, ad opera del primogenito della famiglia, con carattere di residenza famigliare e di rifugio; per questo non fu munito di particolari strutture difensive, al di fuori di un fossato limitato al fronte e ai fianchi e non fu mai sottoposto ad assalti, assedio o minacce di altro genere. Il castello rimase immutato nella sua struttura originale fino al XVI sec., quando la Repubblica Veneta impose la sostituzione del piccolo ponte levatoio con uno più ampio; anche la porticina d'ingresso fu ingrandita al fine di diminuire la potenzialità difensiva dell'insieme. Da allora vi furono altre trasformazioni che mutarono il carattere medioevale anche all'interno dell'edificio, così portando alla costruzione un aspetto sempre più d'abitazione civile.
La parte esterna, che guarda verso la piazzetta del paese, è costruita con grosse pietre a vista, rozzamente squadrate. Nell'angolo di nord-ovest si apre quello che in origine fu l'unico ingresso al castello, caratterizzato da un grande portale ad arco a tutto sesto, che immette nel cortile centrale. Sempre sulla stessa parete spicca con effetto un grande affresco che raffigura San Cristoforo, dipinto intorno agli anni cinquanta. L'imponente torrione duecentesco costituisce il vertice del castello affermando ancora oggi la destinazione della costruzione a rifugio oltre che a residenza. Due corpi di fabbrica realizzati in tempi successivi si innestano nella costruzione originaria; nello spazio rimasto tra le due ali è stato ricavato un elegante cortiletto. Il parco-giardino è stato realizzato su diversi livelli, separati da muretti in pietra e comunicanti tra di loro per mezzo di scalinate. Nel 1492 venne costruita un'ala sopra la roccia ai piedi della quale scorre il fiume: essa crollò nel 1919 a causa dell'esplosione di alcune mine durante i lavoro per la realizzazione dell'attuale strada provinciale. Le decorazioni iniziarono nel 1760 con i dipinti delle sale rivolte alla piazza del paese e continuarono nel 1836 con gli affreschi, di gusto neoclassico, sulle pareti delle sale interne. Nei saloni interni del castello si possono ammirare pregevoli collezioni di armi antiche, costruite nelle famose fucine di Gromo, e di crocifissi, ai quali è dedicata un'intera stanza. Dipinti di splendida fattura e oggetti artistici in peltro arricchiscono gli ambienti, mentre grandiosi lampadari in cristallo di Murano stanno a testimoniare i frequenti contatti con Venezia. ...».
http://www.majorana.org/progetti/castelli/gromo03.htm
«Il più antico documento che fa
cenno del castello risale al 1222 anche se pare che la costruzione
originaria risalga attorno al mille. L'edificio originariamente apparteneva
alla comunità di Grumello del Monte che, essendo in grosse difficoltà
economiche, fu costretta a cedere il possedimento al cardinale Guglielmo
Longo, intorno al 1307. Nel 1380 il castello venne attaccato dai ghibellini
che, dopo averlo sconfitto, incendiarono il paese e distrussero parzialmente
la fortezza. Seguirono molte sanguinose battaglie tra guelfi e ghibellini
che gettarono nel lutto e nel dolore l'intero paese. Nel 1442, dopo che il
controllo del territorio passò alla Repubblica di Venezia, il castello
divenne uno dei tanti possedimenti di Bartolomeo Colleoni, ma nemmeno così
raggiunse la tranquillità: numerosi atti di violenza coinvolsero ancora la
fortezza costringendo persino il cardinale Carlo Borromeo a far visita alla
parrocchia di Grumello per richiamare la popolazione. Alla morte del
Colleoni il castello divenne possedimento dei conti Suardi; nel 1953 la
proprietà passò all'azienda agricola "Tenuta Castello di Grumello del Monte"
che tutt'oggi ne cura i vigneti con i quali si produce, nelle cantine
sottostanti il castello stesso, il pregiato vino "Valcalepio".
I rifacimenti portati al fabbricato nel corso dei secoli ne hanno cambiato
le caratteristiche principali togliendogli il cupo aspetto esteriore e
modificando la semplicità delle sue linee che gli davano le sembianze di
austera dimora signorile. L'ingresso si apre in un tratto della cinta che,
congiungendosi alla torre, delimita la piccola corte interna aggiunta dopo
gli adattamenti rinascimentali. L'accesso alla torre avviene attraverso un
portale ad arco a sesto ribassato aperto nel fabbricato addossato alla
parete occidentale della torre stessa. La torre risulta massiccia e potente,
edificata per resistere ad ogni forma di attacco e per assicurare un valido
rifugio ai difensori. La tessitura muraria è caratterizzata da grossi conci
accuratamente squadrati e grossolanamente bugnati in corrispondenza dei
cantonali che terminano con uno spigolo particolarmente lavorato. Sul lato
nord vi è solo la sporgente canna fumaria che interrompe la continuità della
parete; sul lato est si aprono tre finestrelle, due ad arco a sesto
ribassato e rettangolare protette da robuste inferiate, la monofora posta
più in alto, ad arco antico. Sul lato rivolto a sud vi è una monofora
identica a quella del lato appena descritto. Sul quarto lato è presente una
feritoia usata dagli addetti alla manovra e alla difesa della saracinesca.
Addossato a questo locale vi è un edificio che appare sincrono con il resto
della fortezza. Sulla parte occidentale di esso furono ricavate grandi
aperture utilizzate come scuderia. Il mastio era quindi un locale angusto e
umido in cui la vita quotidiana era caratterizzata da un assoluta
promiscuità per la continua presenza di soldati e servi. Il "signore" era
poi costretto a mangiare e dormire con i suoi, soffocato dalle troppe
persone ammassate in cosi poco spazio. Attorno al mastio vennero allora
costruiti alcuni locali destinati esclusivamente al castellano e ai sui
famigliari, che avevano il dovere di difendere l'intero castello.
Superata la soglia del castello si entra in uno spazioso androne che immette
al primo piano di quello che fu l'antico mastio. Nella costruzione militare
vi erano delle caditoie usate per dar modo ai difensori di colpire chi si
accingesse ad abbattere o a scardinare la saracinesca. Il primo piano della
torre, interamente occupato da una volta a crociera, è identificabile
probabilmente nella sede del corpo di guardia sulla cui parete nord vi è un
caminetto in cotto, riportato alla luce durante i lavori di restauro. Il
punto più alto è rappresentato dal culmine del torrione che era utilizzato
come posto di vedetta e di avvistamento. Sul pavimento del primo piano si
nota una piccola apertura rettangolare, protetta da una grata metallica, che
guarda nel locale sottostante, usato oggi come dispensa. Il locale
sotterraneo, che costituisce la base della torre, in passato era usato come
prigione. ...».
Lurano (castello Secco Suardo)
«Il castello si sviluppa fra le vie Mazzini e Defendi. La struttura si presenta molto articolata e attualmente si possono distinguere due grandi blocchi: il settore est e il settore ovest. Dall’esterno si possono vedere i rustici del castello, che presentano cortine murarie intervallate da semipilastri aggettanti. Il resto del castello è invece caratterizzato dalla presenza di un torrione trecentesco oltre il quali si aprono orti e campi coltivati. Il portone d’accesso alla parte ovest introduce ad un portico oltre il quale si erge un’ altra torre. All’interno del castello è molto interessante, oltre allo scalone in pietra e alla sala archivio, il piccolo giardino racchiuso entro muri con decorazioni cinquecentesche. Tra la corte principale del castello e la via Mazzini è collocata la cappella Gentilizia che contiene diverse lapidi della famiglia Suardo. Il castello include anche un giardino botanico, all’interno del quale sono riconoscibile le tipiche forme romantiche ottocentesche».
Luzzana (castello di Giovannelli)
a c. di Stefano Favero
MALPAGA (castello di Bartolomeo Colleoni)
«Poco lontano dalle rive del Serio si trova il castello di Malpaga, nel territorio di Cavernago, piccolo comune alle porte di Bergamo. Non si trova su un'altura o su una collina, per questo con l'introduzione della polvere da sparo si vennero a creare non pochi problemi difensivi che determinarono la necessità di rinforzarne il sistema di protezione. Il castello, la cui fama è legata alla gloriosa storia del condottiero Bartoloneo Colleoni, nella sua struttura complessiva è di forma quadrata, circondato da due cinte murarie e da due fossati. Entro il primo che non esiste più, c'erano le scuderie e gli alloggiamenti dei soldati mentre il secondo è ancora visibile dall'esterno del castello. I materiali da costruzione sono rappresentati da ciottoli alternati con masselli in cotto. Rimangono esternamente le tracce della merlatura di origine rinascimentale. Esso esibisce sulle mura esterne, oltre la soglia d'ingresso grandi dipinti realizzati dal Romanino risalenti al periodo tra il 1520 e il 1530 in cui il castello si trovava nelle mani dei nipoti del Colleoni, fin dall'entrata si può percepire ancora tutta l’atmosfera eroica e il prestigio del periodo rinascimentale. Internamente al primo piano, accediamo al Salone D’Onore, che celebra la visita di Re Cristiano I di Danimarca risalente al 1474. Al piano superiore, si trova la sala ricca di affreschi settecenteschi: Grazie ai dipinti di cui è ricchissimo il castello, è stata celebrata la grandezza del casato e le glorie militari del Colleoni: sono abbondantemente rappresentate scene della vita del castello con il corteo regale, i banchetti, i tornei, le scene di caccia e il mecenatismo della famiglia Colleoni. In fondo al Salone degli Affreschi attraversando una porticina, si entra nella Stanza del Capitano Colleoni, dove egli morì e dove si conserva un prezioso quadro della Madonna con il Bambino. Lo stile architettonico e decorativo del castello vede affiancarsi stili appartenenti ad epoche diverse soprattutto riguardanti il '300, il '400, il '500, prevalgono però gli affreschi in stile francese, proprio perché il Colleoni amava attorniarsi di pittori provenienti dalla Borgogna ed ha una vasta influenza il gotico internazionale.
Il castello di Malpaga risale la metà del '300, quando fu costruito per iniziativa ghibellina. Il fossato che lo proteggeva, lo rendeva una fortezza inespugnabile fino a quando con l'introduzione della polvere da sparo si scoprì la sua vulnerabilità. Subì un periodo di decadenza e di abbandono dopo la scorribanda fatta da Tognotto da Rota che rubò il denaro custodito nell'edificio,cui seguì la cessione al Comune di Bergamo, per poi essere protagonista di una grande rinascita durante il Rinascimento. Bartolomeo Colleoni (1395-1475) nominato Capitano Generale di tutte le milizie della Repubblica di Venezia, ebbe la concessione dal Senato della Serenissima, il 24 giugno 1455, di scegliere come dimora un castello situato sul confine a difesa della Repubblica dalle invasioni provenienti dal Ducato di Milano. Il 29 aprile 1456 egli decide invece di comperare il Castello di Malpaga dal Comune di Bergamo per 100 ducati d'oro. Successivamente ai cambiamenti apportati dall'invenzione della polvere da sparo alle modalità belliche, il castello non è più una sicura fortezza e il Colleoni si adopera per rinforzarlo attraverso grandi lavori di ristrutturazione come l'innalzamento delle mura, la costruzione di alloggi per le truppe e di un secondo fossato. Nel 1458 il Colleoni ne fa la sua dimora stabile insieme con la moglie Tisbe Martinengo. Qui intrattiene una brillante vita di corte ospitando artisti e ricevendo i Grandi del tempo. Celebrata anche da numerosi dipinti, la memorabile visita di Cristiano I, re di Danimarca in pellegrinaggio a Roma, accompagnato dal Duca di Sassonia e da 200 cavalieri. Il Colleoni per invitarlo al castello gli va incontro con un seguito di 500 cavalieri. Tra i grandi del tempo ospitati nel castello ricordiamo Borso d'Este, i figli di Francesco Sforza, Carlo il Temerario duca di Borgogna, imitato da tutta l'Europa per la magnificenza della sua corte.
Nel castello venivano organizzate cacce, tornei, giochi e pantagruelici banchetti. Bartolomeo Colleoni si dedica al mecenatismo secondo la consuetudine del tempo, circondandosi di valenti artisti del tempo, provenienti la maggior parte dalla Borgogna, altri da territori vicini. Da menzionare il grande Gerolamo Romanino da Brescia cui è attribuito l'affresco della parete del cortile, di fronte all'ingresso, che rappresenta la Battaglia della Riccardina o della Molinella, una delle più valorose imprese del Colleoni. Trovandosi all'aperto ha subito dei deterioramenti ma è ancora ammirabile, per il realismo della scena bellica, e la composizione di figure di combattenti, armature, cavalli che rendono un senso di movimento e dinamicità. Ci sono anche degli episodi scabrosi che si sono verificati nel Castello: nell'estate del 1469 tre sicari inviati di Galeazzo Sforza riuscirono ad entrare nel castello, incendiando le stalle e tentando di rapire il capitano, ma furono catturati. Nel 1472 furono scoperti altri due mercenari dello Sforza, Ambrogio Vismara ed il figlio Francesco che avevano avuto accesso al castello con l'inganno essi furono processati e condannati a morte ad una fine terribile e raccapricciante. Il castello di Malpaga fu frequentato anche da umanisti, bergamaschi come Jacopo Tiraboschi e Giovanni Michele Carrara, ma anche forestieri come il Pagello ed Antonio Cornazzano che scrisse la biografia di Bartolomeo Colleoni, sicuramente su sua stessa commissione. Nonostante il mecenatismo e la mondanità rimane il ricordo di Bartolomeo Colleoni, soprattutto come di un rude guerriero amante principalmente delle imprese eroiche e militari. Il condottiero ebbe solo discendenze femminili: Ursina, Isotta, Caterina, Medea, Dorotina, Riccadonna, Cassandra, Polissena. Dopo la sua morte (2 novembre 1475), il castello di Malpaga fu ereditato dai suoi nipoti».
http://www.icastelli.it/castle-1235235968-castello_di_malpaga-it.php
«Marne è una frazione di Filago e dista 2 km da Madone, sorge alla confluenza del torrente Dordo nel Brembo, ancora oggi in questo punto sono visibili i resti di un ponte probabilmente romano. Il torrente Dordo qui forma un breve, ma pittoresco "canion", nella parente del quale si apre un condotto, da tempo chiuso, che si presume collegasse il castello di Marne con quello di Trezzo. è proprio in questa zona che si innalza il castello di Marne. Le origini del castello risalgono alla prima metà del XIV secolo. Della prima opera fortilizia rimane solo la struttura consistente la parte bassa della torre con la porta d'ingresso. Di proprietà della famiglia guelfa degli Avogadri fu testimone di lotte di fazione. Nel 1398 Giangaleazzo Visconti, signore di Milano, mandò le sue truppe per occupare i castelli di Ghisalba, Redona, Comonte e Marne. Il castellano di Marne, Marco Avogadri, dovette cedere alle prepotenze del duca. Negli anni che seguirono, particolarmente nel 1403 e ancor più nel 1404, si verificarono fatti d'arme nei paesi dell'Isola, fra cui Marne, che furono assaltati e devastati dalle squadre guidate da Pandolfo Malatesta. Nel 1406 subì anche le ribalderie di Giacomo dal Verme.
Il castello, durante tutte queste traversie, fu danneggiato più volte tanto che il Senato Veneto, dopo averlo dato in feudo nuovamente agli Avogadri, con il decreto del 3 giugno 1429, concedeva loro di "ricostruire il ruinato castello con le solite opportune esenzioni". Ancora nel 1705, al tempo della guerra di successione di Spagna, durante le scorribande in Lombardia dei francesi i dei tedeschi, Marne e molti paesi dell'Isola furono devastati e saccheggiati dai tedeschi e si dice che il castello Fermo Avogadri fosse costretto a fuggire a Ponte S. Pietro per cercare aiuto. Negli ultimi decenni dell'Ottocento, dopo essere passato in altre proprietà, fu acquistato dai conti Colleoni che lo possiedono tuttora. Per iniziativa di Marino Colleoni fu restaurato e trasformato in residenza estiva; i suoi discendenti completarono l'opera di ristrutturazione con un arredamento signorile di gusto medioevalizzante e adattando a parco il lungo spalto dominante il Brembo. Oggi la signorile dimora ci appare di notevoli dimensioni per aggiunta di due ali ad angolo fra loro, con portico e sale al pianterreno e locali di abitazione al piano superiore, erette nel secolo scorso. L'interno del castello è visitabile solo in occasione di mostre od esposizioni».
http://www.gruppoarcheologicobergamasco.org/Fortificazioni/Pagine%20Castelli/Marne.htm (a cura di Paolo Moschini)
MARTINENGO (casa del Capitano)
«Realizzato nel 1467, sull’area dell’antica rocca, originariamente come ricovero per ammalati e pellegrini, l’edificio, detto la “Casa del Capitano”, diventa, per volontà dello stesso Bartolomeo Colleoni, residenza abituale della moglie Tisbe e delle figlie. Esso sarà inoltre il luogo dove si conserverà il tesoro di famiglia. L’edificio viene costruito in aderenza alla cinta muraria preesistente, in prossimità della porta ovest del borgo denominata “Porta Tombino”. Sicuramente in un luogo ben difeso e allo stesso tempo strategicamente importante per il controllo territorio extra-moenia. è significativo il fatto che l’edificio, in funzione del controllo delle vie di accesso al borgo, si orienta in direzione di un’antica via, che più a sud di Martinengo, attraverso un guado sul fiume Serio, si dirige a Cologno e quindi prosegue per Milano. L’ingresso dell’edificio avveniva quasi certamente sul lato est, dalla via principale al centro che, in corrispondenza dello stesso edificio, creava un piccolo slargo. Su questo corpo è possibile ipotizzare la presenza di un porticato interno, segnalato ancora oggi da ampie aperture ad arco. All’interno della corte è significativa la presenza di uno scalone coperto che conduce al primo piano. Le tracce di aperture e di “mensoloni” in pietra lasciano supporre l’esistenza di un ballatoio di distribuzione che collegava il lato nord e sud della corte. Sulla facciata del medesimo corpo di fabbrica compaiono tracce di aperture quattrocentesche più ampie, collocate a quote diverse, che lasciano presupporre la presenza di ambienti interni di ben altra dimensione, tipici di un’abitazione “signorile”. La parte meno alterata del complesso è certamente quella addossata alla cinta muraria, posta in corrispondenza della torre. I locali interni mantengono la loro originaria collocazione e dimensione spaziale, mentre, per quanto riguarda le aperture, risalgono al periodo colleonesco solo quelle poste immediatamente al di sotto della copertura. Nella porzione di edificio prospettante il fossato appaiono alcuni elementi architettonici e stilistici: i cornicioni marcapiano, che segnavano probabilmente i camminamenti sulle mura, la bifora in laterizio con archi trilobati posta in corrispondenza di un collegamento ad una quota superiore, i cornicioni e piccole finestre della parte alta della torre. è bene evidente la sequenza stratigrafica della muratura. A partire dalla quota più bassa, si osserva la presenza di un paramento murario realizzato con grosse e tozze pietre in arenaria gialla. Salendo di quota la muratura, costituita da ciottoli di fiume disposti a spina di pesce è racchiusa da regolari rinforzi angolari in laterizio. La parte terminale della torre presenta una trama ancora diversa, costituita dai più recenti tamponamenti delle merlature originarie».
http://biblioteca.comune.martinengo.bg.it/arte-a-martinengo/la-casa-del-capitano/
MARTINENGO (castello dei Martinengo, poi Colleoni)
«Viene denominato Castello il nucleo centrale e più antico del paese, un vero e proprio borghetto fortificato, caratterizzato da case medievali disposte attorno alla irregolare piazza Castello e lungo la strada che la raggiunge dopo aver oltrepassato un portale d’ingresso recante nella chiave di volta le insegne di Bartolomeo Colleoni. Nel X secolo i discendenti del conte di Bergamo Giselberto I, i Ghisalbertini, estromessi dalla città per il crescente potere vescovile, vi eressero il castello i cui ruderi sono probabilmente quelli scoperti e studiati nel 1987. Nello stesso luogo fu eretta, tra il XII e il XIII secolo, per opera dei Colleoni di Martinengo, una imponente casaforte che si sviluppa fino a ventotto metri di altezza; dal suo spigolo sudoccidentale si innalza una torre a pianta quadrata, una sopraelevazione quattrocentesca (che la tradizione attribuisce a Bartolomeo Colleoni) che subì nei secoli successivi ulteriori modifiche anche per opera dello stesso Colleoni. Nel XV secolo, comunque, la torre era di proprietà comunale ed era utilizzata come torre di vedetta. Di fronte a questa torre esisteva un oratorio intitolato a S. Giorgio (IX sec.?) sotto le cui fondamenta sono stati trovati resti romani e altomedievali. Il lato sud del castello è completamente visibile dalla piazzetta e mostra un solido basamento in pietra nel quale si apre una porta ad arco, con stemma dei Colleoni di Martinengo, che immette all’interno del castello. Al di sopra del basamento la costruzione presenta ciottoli di fiume scanditi da file orizzontali di pietre. Gli spigoli sono in pietra mentre la torre è prevalentemente costruita in mattoni. L’interno, non aperto al pubblico, diviso da un alto pilastro che da terra si alza fino alla cima della torre, è quasi completamente vuoto fatta eccezione per una struttura a pianta ovoidale parzialmente interrata che si sviluppa in altezza per qualche metro. Si tratta di una ghiacciaia ricavata alla base della torre nel XIX secolo».
http://biblioteca.comune.martinengo.bg.it/arte-a-martinengo/il-castello/
MARTINENGO (palazzo del Comune, torre dell'Orologio)
«Conosciuto anche come Broletto, il Palazzo Comunale è stato modificato nel corso dei secoli. è stato costruito all’inizio del XII secolo, in concomitanza della nascita del Comune Rurale, ed era composto da uno spazio aperto al piano terra, caratterizzato da archi che permettevano il transito. L’aula superiore, unica, era chiusa e voltata. Successivamente si provvide a chiudere gli archi del piano terra, in modo da ricavarne un’aula che poi venne suddivisa in diversi locali. Anche la sala superiore subì la stessa sorte, venendo suddivisa in spazi più piccoli. In facciata sono rimaste visibili tracce di affreschi di epoche diverse: la meglio conservata è quella che rappresenta un’aquila rossa in campo dorato, simbolo dei conti Ghisalbertini prima e dei conti da Martinengo poi. Torre dell’Orologio. La torre, collocata in via Gabriele Tadino, è stata costruita nel XV secolo. è caratterizzata dalla presenza di due quadranti, uno con i numeri romani e l’altro con i numeri arabi, ciascuno con una lancetta sola. A differenza degli orologi odierni, che calcolano l’ora e i minuti esatti, l’orologio di Martinengo serviva a calcolare l’ora secondo l’uso italico, ossia le ore che dividevano l’alba dal tramonto: le ore 24 indicate nel quadrante non indicano dunque la mezzanotte ma l’ora del tramonto, che ovviamente varia a seconda delle stagioni. A causa della variazione dell’ora del crepuscolo il sacrestano, pagato dalla comunità e dalla parrocchia di Sant’Agata, ogni due giorni doveva regolare la lancetta, appoggiandosi all’orario segnalato più esattamente da una delle meridiane del broletto».
http://martinengo.org/punti-di-interesse/palazzo-comunale-e-torre-dellorologio/
MONASTEROLO DEL CASTELLO (castello)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il castello di Monasterolo è un castello situato nell’omonimo comune in Val Cavallina, in provincia di Bergamo. Le origini del castello sono tutt’ora controverse. Pare infatti che l’attuale struttura venne edificata in luogo di un precedente edificio risalente all’alto Medioevo adibito a monastero benedettino ed abbattuto al termine dell’VIII secolo dall’esercito dei Franchi (anche se altre ipotesi indicherebbero Federico Barbarossa). Tale teoria è suffragata dal ritrovamento delle fondamenta di tale costruzione, tipiche dell’architettura benedettina. La nuova struttura invece è di difficile datazione, in quanto mancano documenti che ne attestino l’esistenza: fino a qualche tempo fa si pensava che "castra monasteriolo" riportato in atti del 989 e del 1022, fosse riferito al castello in questione, mentre più probabilmente è da ricollegare al borgo medievale di Monasterolo, sito nel comune di Robecco d'Oglio in provincia di Cremona.
Il primo documento attribuibile in modo certo risale invece al 1130, epoca in cui si pensa che il maniero fosse utilizzato sia per scopi difensivi che residenziali. Si presume inoltre che la fortificazione fosse anche adibita al deposito di animali e scorte alimentari durante il passaggio di eserciti nemici, nonché come rifugio degli abitanti della piccola comunità durante tali situazioni di pericolo. I primi proprietari furono gli appartenenti della famiglia Mozzo, a cui poi subentrò la famiglia Suardi, che ricopriva un ruolo predominante sull’intera vallata quindi i Terzi. Nessun episodio di rilievo si verificò fino all’arrivo della Repubblica di Venezia (prima metà del XV secolo) la quale, al fine di porre fine alle lotte tra guelfi e ghibellini, ordinò la distruzione di tutte le fortificazioni. La famiglia Suardi, al fine di evitare la demolizione del castello, decise di renderlo una dimora signorile a tutti gli effetti. I secoli seguenti videro un progressivo ma inesorabile abbandono della struttura, fino al punto da renderla fatiscente ed a rischio di crolli. Negli anni trenta venne ceduto dalla famiglia Terzi alla contessa britannica Winifred Terni dè Gregori e soltanto nel 1937 vennero iniziati i lavori di restauro che, protratti fino al 1945, videro il recupero sia degli interni che dei giardini. Attualmente il castello, di proprietà privata, viene utilizzato per banchetti e cerimonie. Ha fatto da set cinematografico per il film Tutti gli uomini del deficiente della Gialappa's band, dove rappresentava la sede centrale della Totem Arts. L’edificio, che si trova su una piccola collinetta di origine morenica posta tra l’estremità meridionale del Lago di Endine e la sponda sinistra del fiume Cherio, è circondato su tre dei quattro lati da una cinta muraria, mentre a nord è delimitato dal lago e, nei secoli scorsi, da paludi. La muratura è costituita da conci grossolani e pietre poco lavorate, con dimensioni diverse a seconda dell’altezza a cui sono poste. L’ingresso è posto nel lato a sud, ed è costituito da un portale in stile gotico a forma ogivale: da questo si accede alla cosiddetta Corte bassa, costituita da un cortile a pianta quadrata circondato da cinta muraria dotata di camminamento di ronda e merlature: queste ultime non sono altro che un motivo ornamentale, aggiunte in un secondo momento rispetto al resto della struttura. A sinistra dell’ingresso inoltre si trova un piccolo Oratorio, dedicato a Sant’Anna, risalente al XVII secolo. La struttura prosegue quindi con la Corte alta, a forma trapezoidale: costituita da un corpo ad "L" su due piani che possiede un porticato dotato di archi e colonne nonché numerose stanze, è completata da un altro piccolo cortile a forma irregolare».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Monasterolo
«DESCRIZIONE ARCHITETTONICA: Il palazzo è caratterizzato da una pianta lineare e compatta. La facciata è tripartita con una parte mediana a tre piani e ali laterali a due piani con sottotetto; al centro, sopra il portale sporge un balcone di pietra, sul quale insistono tre aperture ad arco. Un vasto androne passante, con soffitto a travi di legno, conduce ad una piazzetta posteriore, dove prospetta l’altra fronte analoga. Una scala a tre rampe conduce al piano primo, sbarcando in un salone profondo quanto il corpo di fabbrica. DECORAZIONI-PARTICOLARI ARCHITETTONICI: Le decorazioni originarie non sono più visibili, ma si può ipotizzare che fossero state realizzate dagli stessi che lavorarono sulla chiesa di S. Salvatore dei Conti Giovanelli, adiacente alla villa. Da quello che rimane visibile si evince comunque un passato splendore, caratterizzato da ampi spazi e finiture eleganti, come nello scalone d’ingresso e nel salone centrale, dotato di un grande camino in pietra arenaria. Di pregiata fattura sono anche le balconate in ferro battuto con profilo leggermente bombato del XIX sec. UTILIZZI STORICI RILEVANTI: Non si hanno notizie di un uso differente da quello residenziale. INTERVENTI DI RESTAURO-CONSERVAZIONE: Si hanno notizie di un restauro nel 1717, sotto lo stesso cantiere che ristrutturò la chiesa di S. Salvatore dei Conti Giovanelli. Restauro significativo fu quello in cui si trasformò la destinazione dell’edificio, realizzando la nuova sede Comunale. VINCOLI E TUTELE: La villa è tutelata dalla Soprintendenza locale, che è un ufficio periferico del ministero dei Beni Culturali (Milano). Ogni intervento sulla villa deve essere quindi autorizzato anche dalla Soprintendenza competente».
http://cultura.provincia.bergamo.it/ville/schede_it/164.pdf
Mozzanica (torre, mura, fossato)
«Tra le numerose testimonianze storico-artistiche si segnala anche la torre civica, costruita nel 1492 su ordine di Ludovico Sforza, duca di Milano, allo scopo di controllare i territori della Repubblica di Venezia situati al di là del fiume Serio; interamente in mattoni, è alta 42 metri ed è caratterizzata da una sommità merlata. Ha forma quadrangolare con base leggermente scarpata. È dotata di aperture ad arciera e a balestriera, realizzate a scopo difensivo. Sul fianco ovest nel XVII secolo era presente lo stemma della famiglia Secco, feudatari di Mozzanica. La struttura è stata adibita nel XIX secolo a campanile mediante l'aggiunta di campane, dei quattro quadranti dell'orologio e dei meccanismi interni. Attualmente la torre è in uso alla parrocchia. La torre ospita un concerto di otto campane in tonalità di Si grave, fuse dalla ditta Paolo Capanni di Castelnuovo ne' Monti, presso Reggio Emilia, nell'anno 1972. È presente anche una nona campana, fuori concerto, fusa nello stesso anno: rappresenta la settima minore, con cui si può comporre un concerto più piccolo di cinque campane in tonalità Mi. Architetture militari. Mozzanica è sicuramente di uno dei paesi più caratteristici della regione geografica conosciuta come Gera d'Adda; il suo centro storico era anticamente circondato da un sistema di mura risalente al XV secolo, che venne pressoché interamente demolito nell'Ottocento. Oggigiorno rimangono solamente un angolo con mattoni a vista lungo il lato sud, e dotato di una porta ogivale, mentre è ancora presente il fossato che affiancava la cinta muraria, attualmente abitato da alcune colonie di anatre e cigni».
http://it.wikipedia.org/wiki/Mozzanica#Architetture_civili
«Il castello di Pagazzano è un castello situato nell’omonima località in Provincia di Bergamo. L’attuale struttura risale all’inizio del XIV secolo, quando venne edificata in luogo di una precedente costruzione difensiva che avrebbe dovuto sorgere nei pressi della chiesa dedicata ai santi Nazario e Celso. Era infatti consuetudine che le fortificazioni altomedievali della pianura bergamasca venissero costruite a fianco di edifici sacri, allora al centro della vita popolare. E, come gran parte dei castelli di quel periodo, venne abbandonato e riposizionato poco distante tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo nella prima area edificabile libera ai margini del centro abitato. La necessità di un castello difensivo era dovuta alla forte instabilità politica nell’età medievale del borgo di Pagazzano e di tutta la pianura centrale bergamasca: dapprima assegnato ai conti di Bergamo nell’XI secolo, passò a Milano dopo la pace di Costanza, unitamente agli altri castelli della Gera d'Adda. Il dominio nella città milanese venne esercitato prima dai Torriani e, dopo numerose lotte, dai Visconti. Furono proprio questi ultimi ad edificare il nuovo castello durante la reggenza di Giovanni, alla morte del quale (1354) subentrò Bernabò. A quel periodo risale una lapide che, posta all’interno del maniero, ricorda un ricevimento (forse il primo nella nuova struttura) in onore di Filippo Borromeo avvenuto nell’anno 1355. La tradizione vuole inoltre che nelle stanze dell’edificio dimorò per qualche tempo il poeta Francesco Petrarca il quale intercesse presso Bernabò al fine di preservare e migliorare la struttura stessa del castello.
Nel corso del XV secolo Gian Galeazzo Visconti diede il castello prima a Bertolino Zamboni di Cremona, poi alla famiglia Suardi. Il successivo insediamento di Filippo Maria Visconti portò nuovamente il castello alla famiglia cremonese degli Zamboni, che ne mantennero il possesso fino al 1428, anno in cui i territori vennero acquisiti dalla Repubblica di Venezia. Cominciò un periodo di fortissima instabilità, con la zona contesa da Milano e Venezia: in quegli anni il maniero venne affidato prima a Sagramoro, appartenente al ramo di Brignano dei Visconti, e poi a Francesco de’ Isacchi di Treviglio. Nel 1447, con l’instaurazione a Milano della Repubblica Ambrosiana, la Gera d’Adda passò nuovamente alla Serenissima, ed il castello di Pagazzano venne nuovamente assegnato al ramo brignanese dei Visconti. Questa famiglia mantenne il controllo dell’edificio anche quando, con la costruzione del fosso bergamasco e la definitiva stabilizzazione dei confini, Pagazzano ritornò sotto l’influenza di Milano. La stabilità, sancita da un atto notarile che, datato 1465, confermava il pieno possesso dello stabile a Sagramoro II Visconti, portò il castello ad una serie di interventi di ammodernamento: venne ampliato sia il fossato che il perimetro di cinta, la cui parte esterna venne rivestita in laterizio, a cui furono aggiunte quattro torri agli angoli. Nel 1551 il castello di Pagazzano passò a Galeazzo Visconti, arciprete del paese, il quale attuò una serie di modifiche che lo avvicinarono ad una dimora signorile: nel lato sud vennero distrutte le due torri e tutta la merlatura, mentre il lato nord (quello rivolto verso il confine con la Repubblica di Venezia) venne lasciato integro nelle sue funzioni difensive. Nel 1657 morì senza eredi l’ultimo dei discendenti del ramo brignanese dei Visconti, dopodiché il castello passò alla famiglia milanese dei Bigli. Questi compirono ulteriori opere di rimodernamento, tra cui la costruzione di un loggiato e di una scalinata a ventaglio, nonché numerose decorazioni. Nel 1828 la marchesa Fulvia Bigli lasciò il castello in eredità al marchese Paolo Crivelli, appartenente al casato del marito, la cui famiglia utilizzò la struttura come azienda agricola, mantenendone la proprietà fino al 1968. Da allora vi subentrarono altri proprietari fino a quando, nel 1999, il castello venne acquistato dal comune di Pagazzano.
Il castello presenta una pianta a sezione quadrata circondata da un fossato difensivo ancora oggi adacquato, unico esempio in tutta la bergamasca. La cinta muraria, perfettamente conservata, presenta una cortina esterna in laterizio e due torri (delle quattro originali), agli angoli del lato rivolto a nord, che possiedono arciere e fori circolari per le armi di allora, quali bombardelle e colubrine. Svetta inoltre il mastio che, dotato di beccatelli lunghi e stretti e di saracinesca ed argano, è posto a protezione dell’ingresso, a cui si accedeva tramite un ponte levatoio principale ed uno pedonale. Se l’esterno ha conservato la fisionomia di costruzione difensiva, l’interno ha subito numerose modifiche nel corso dei secoli, trasformandosi prima in dimora signorile poi in villa padronale. Al riguardo si possono trovare affreschi cinquecenteschi che affiorano sotto riquadrature settecentesche, nonché le numerose aggiunte, tra cui il loggiato e la scalinata».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Pagazzano
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il castello Barbò è l'attuale sede municipale e della biblioteca civica “Aldo Moro”. Il Castello, acquisito negli anni Ottanta dall’amministrazione Comunale, fu fatto edificare nel XIV secolo da Beatrice della Scala, moglie del Duca di Milano Bernabò Visconti, unica guida del regno della Calciana. La fortezza, in seguito passata alla famiglia Barbò, fu oggetto di un feroce assedio all’inizio del XV secolo da parte di Cabrino Fondulo, signore di Cremona. Dopo quattro mesi di strenua resistenza, la popolazione si arrese e il feudo venne annesso a Cremona, ma successivamente tornò ai Barbò, che gli conferirono l’attuale denominazione. L’edificio, con il suo ampio cortile interno, fu riadattato a casa colonica, perdendo molte delle sue caratteristiche di fortezza, ma nel tempo ha continuato a conservare l’aspetto compatto e severo delle origini. è proprio in questa storica e prestigiosa costruzione che, dopo anni di lavoro di restauro, oggi ha sede il municipio».
http://www.comune.pumenengo.bg.it/media/File/Pumenengo%201.pdf
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il castello si presenta maestoso nella sua forma quadrilatera, con quattro torri angolari di epoche diverse, due delle quali (di occidente e settentrione) sporgevano originariamente oltre le mura fin dentro al fossato. Il circuito esterno consente di ammirare il formidabile schema difensivo dell'edificio. Era circondato da un profondo ed ampio fossato, colmo d'acqua di risorgiva interna: non poteva in alcun modo essere prosciugato dai nemici. Ora, a seguito dell'abbassamento delle acque sotterranee, il fossato è tenuto a prato perenne dal quale emergono, lungo i lati di settentrione e di occidente, i verdi ed alti terrapieni (terragli) addossati alle murature esterne nel secolo XVI a protezione dei terribili colpi di artiglieria pesante da campagna affermatisi in quegli anni negli eserciti. L'ingresso è sul lato di oriente; all'esterno del ponte levatoio anticamente si sviluppava il complesso sistema difensivo della porta settentrionale del borgo (porta Bergamo) con la sua pusterla, il rivellino, la torre del ponte levatoio. Guardando l'ingresso, alla sinistra si ammira la torre più antica, edificata nel secolo XIII in epoca comunale, ed alla destra l'alta torre trecentesca, edificata dai Visconti e modificata dal condottiero Bartolomeo Colleoni con l'aggiunta alla sommità di beccatelli e piombatoi. Una terza torre si eleva nell'angolo sud-ovest, anch'essa viscontea di epoca trecentesca, modificata nel secolo successivo con l'aggiunta dei piombatoi e nei beccatelli; accanto aggetta un interessante cubicolo igienico aereo d'emergenza per i mercenari impegnati lungo il cammino di ronda. Le merlature sono del cosiddetto tipo ghibellino, ossia a coda di rondine. Oltre la torre verso il fossato esterno, sono visibili le merlature del primitivo castello inglobate nel soprastante loggiato quattrocentesco. Da questa antica struttura si potevano contrattaccare a sorpresa gli assedianti attraverso una stretta porta alta sopra il fossato; era la pontesella del soccorso protetta da ponte levatoio. La quarta torre, architettonicamente più modesta, fu edificata nel secolo XVII sopra un precedente torrione.
Appena all'interno dell'ingresso, a sinistra, è visibile l'antica porta della prigione di emergenza. Indi si entra nella quadrata Corte Grande, pavimentata in acciottolato. Un ballatoio cinquecentesco in pietra avvolge su tre lati la corte; sopra ad esso si aprono alcune finestre quattrocentesche trilobate di epoca colleonesca, ed un grande affresco con il leone alato di San Marco. Alla destra una vasca d'acqua sostituisce l'antico pozzo d'acqua sorgiva. Dietro il pozzo, ora mascherata da muratura, è la piccola Corte della Cancelleria Veneta o della Prigione. Il profondo fossato che occupava tutta la superficie della Corte, impediva ai prigionieri la fuga. Le celle erano nella torre, ove il Colleoni rinchiudeva le spie ed i sicari infedeli; nell'anno 1473 Ambrogio Vismara, sicario sforzesco, fu trucidato ed i brani del corpo furono appesi ai merli della torre. Al piano terreno i locali erano adibiti a deposito d'armi, cantine, stalle. I locali d'abitazione erano al primo piano; nell'ala est, (sopra l'ingresso) il corpo di guardia e i dormitori dei soldati; la loro cucina e la sala da pranzo erano al piano sottostante. Nell'ala sud i locali di rappresentanza con la sala grande o sala de rocca, con soffitto ligneo quattrocentesco e fregi decorativi ad affresco. Nell'angolo sud-est, all'interno della torre antica ( molto interessante nella sua architettura tardo-gotica a slanciate costolonature) è l'antica cappella del castello, la cui pala d'altare è attualmente conservata nella chiesa parrocchiale. Sala grande e cappella ospitano le sale espositive del Museo Memoria della Comunità di Romano di Lombardia che raccoglie i documenti relativi alle vicissitudini belliche dei Caduti, dei Combattimenti e Reduci romanesi. L'ala occidentale del castello era riservata ad alloggio per il Castellano. Nei primi due secoli questi ambienti erano estremamente sobri; fu Bartolomeo Colleoni che, alla metà del quattrocento, diede mano ad abbellimenti al fine di rendere la residenza degna di accogliere provvisoriamente la sua famiglia. La bellissima loggia esterna in lato sud-ovest fu ornata con decorazioni floreali dal Podestà Veneto Andrea Malipiero tra il 1484 ed il 1487».
http://www.comune.romano.bg.it/index.php?pagina=pagine&id=106
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«II castello, costruito in Solza, paese posto all'estremità occidentale della provincia di Bergamo, a 9 km da Medolago, e sul ciglione delimitante ad est la valle dell'Adda, lungo il confine tra l'antico ducato di Milano e lo stato di Bergamo, è stato possesso per secoli della famiglia Colleoni,una delle maggiori famiglie di Bergamo che ebbe cariche ed uffici nella vita cittadina dal XII al XV secolo. Paolo Colleoni,genitore del grande condottiero Bartolomeo, abitando a Solza, nel 1405, conquistò il fortissimo baluardo di Trezzo, appartenente ai ghibellini,e vi si stabili. Ma, nell'ottobre dello stesso anno, Facino Cane e, nel 1406, Giacomo del Verme, unitisi ai cugini di Paolo Colleoni, assalirono il castello uccidendo il proprietario. Nel 1395, nel castello di Solza, era nato, da Paolo Colleoni e da Riccadonna dei Valvassori di Medolago, Bartolomeo. Alla morte del conte Riccadonna dei Valvassori, rilasciata dopo un anno di prigionia e spogliata di beni del marito, fu costretta a vivere con il piccolo Bartolomeo nel castello di Solza. All'età di diciassette anni Bartolomeo si recò a Piacenza al servizio di Filippo Arcelli, signore della città. Poco dopo, poco più che ventenne si accinse a compiere a piedi il viaggio da Piacenza a Napoli, dove si arruolò nelle schiere del capitano Braccio. Al fianco di Braccio partecipò alla battaglia dell'Aguila in difesa della regina di Napoli, Giovanna II d'Angiò che lo insigni, per il coraggio e l'audacia dimostrati, dello stemma dalle due bande con le teste di leon Nel 1425 offri il suo braccio e i suoi servigi al Carmagnola che gli affidò le sue truppe. Dopo la pace di Maclodio firmata a Ferrara il 19 aprile 1428 tra il ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, la Serenissima estese il suo dominio sui territori di Bergamo e Brescia. Era giunto il momento perché si potesse realizzare il sogno di Bartolomeo. Le sue prodi imprese gli permisero di iniziare la carriera di capitano di ventura che lo avrebbe portato al comando delle truppe della Serenissima. Il castello, oggi, presenta i suoi lati sud ed ovest, l'inverno, da secoli, è abitazione rurale ed è stato recentemente risstrutturato ed è sede di mostre ed eventi. Pietre squadrate ai cantonali e nel portale, pietrame misto a ciottoli di fiume del vicino Adda e del Torrente Grandone ne costituiscono il corpo di fabbrica. All'angolo fra le due strade doveva elevarsi una torre, mozzata con il passare in altre proprietà. Una lapide ricorda che fra queste mura nacque Bartolomeo Colleoni, che la storia riconosce tra i più grandi condottieri del suo tempo».
www.gruppoarcheologicobergamasco.org/Bergamo/Castelli_Solza.htm (a cura di Paolo Moschini)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Il castello dei Foresti a Sovere era molto importante perché era posizionato in un punto nodale dei traffici commerciali in epoca medioevale. Sovere era infatti un passaggio obbligatorio che congiungeva la val Seriana con val Cavallina e il Sebino, attraverso la strada che passava sulla sponda destra del Borlezza. A Sovere, questa strada, si divideva in tre parti: una costeggiava i paesi di Rovetta, Fino del Monte e Castione fino ad arrivare alla valle di Scalve, importante per le sue miniere di ferro; un'altra parte, arrivava a Lovere dopo aver attraversato il torrente Borlezza con un ponte in pietra, di cui non sono restate tracce e che poi, nell'ottocento, fu sostituito da un altro ponte che univa le due rocciose rive opposte del fiume; la terza via andava ad allacciarsi con la val Cavallina fino a giungere alla strada che costeggiava il lato sud del lago, passando per Castro e per gli altri paesi rivieraschi. La strada per la val Borlezza era una facile via commerciale che collegava l'alta valle Seriana alla valle di Scalve fino a giungere in territorio di Brescia; per questo i traffici lungo di essa furono sempre ostacolati da Bergamo che nel XIII secolo costruì la strada che collegava la città alla val Seriana, riattivando gran parte dell'antico tracciato romano. In seguito Bergamo proibì che le merci prodotte nei paesi della valle Seriana venissero mandate nel territori bresciano, concedendo solo che le merci bresciane venissero vendute nel mercato di Castro. Per rafforzare il potere commerciale di Bergamo, Ludovico Maionom nel 1571 progettò la costruzione di un canale navigabile da Sovere fino a Bergamo attraversando tutta la valle Cavallina, appoggiandosi al lago di Gaiano, quello di Endine e al fiume Cherio. L'intenzione era quella di contrapporsi alla via di comunicazione che da Lovere portava a Brescia stabilendo a Sovere un porto che evitasse quello più antico di Lovere.
Il castello nacque per ragioni militari imposte dalle continue lotte tra Guelfi e Ghibellini. La torre sorse nel XIII secolo sulla sponda destra del torrente Borlezza verso la chiesa di san Martino lungo la strada per la valle Borlezza. Il castello venne costruito in un posizione favorevole da cui si poteva controllare tutta la zona. Le mura sono caratterizzate da grossi conci quadrati, disposti simmetricamente, le cui dimensioni diminuiscono gradualmente nella parte superiore. Sui vari lati vi sono varie aperture rettangolari: quelle al piano terra sono protette da inferriate. Il castello fu ampliato nel 1550 affiancando alla torre un palazzetto rinascimentale caratterizzato da un porticato formato da quattro grandi archi a tutto sesto, poggianti su eleganti colonne in pietra. Tutto l'edificio è stato costruito i tempi diversi pertanto lo stile non è armonico. Gli interni del castello e della torre sono stati adattati più volte a residenza in varie epoche, anche recenti, e di fatto è stata modificata l'originaria disposizione degli spazi. Oggi il castello di Sovere appare in un preoccupante stato di degrado e solo un serio intervento di restauro conservativo potrebbe assicurarne la sopravvivenza e restituirlo alle esigenze quotidiane dell'intera comunità senza alterare la storia della costruzione. L'ultimo ma il più chiaro tentativo, per altro incompiuto, di risolvere quella contraddizione che si era sviluppata nel corso della storia per cui gran parte della valle Seriana e della val Cavallina, la valle Borlezza stessa e i paesi delle montagne circostanti, che di fatto appartenevano al territorio di Bergamo, si trovavano invece per le loro condizioni geografiche più unite direttamente al territorio o alla città di Brescia, è rappresentato dal progetto eseguito da Ludovico Moianoni nel 1571 per la costruzione di un canale navigabile da Sovere a Bergamo».
http://www.majorana.org/progetti/castelli/sovere00.htm
Spirano (resti del castello Suardo, torre)
«Il castello. La Casa, situata al centro del nucleo più antico del paese, costituisce forse, con la torre posta sulla spigolo, uno dei lati rimasti relativamente integro di un antico fortilizio, di epoca medioevale. Si innalza per quattro piani e presenta una struttura muraria in ciottoli di fiume disposti a spina di pesce alternati a corsi di mattoni, mentre gli spigoli sono in pietra arenaria squadrata. Il medesimo materiale è usato anche per i contorni di una finestra. Al piano terra della torre esiste un ambiente coperto con un'interessante volta a crociera imposta su mensole angolari. Epoca di costruzione: sec. XII. Uso attuale: abitazione. ... Torre via Misericordia. La torre era parte della cinta esterna di difesa del comune di Spirano. Si innalza per quattro piani e, probabilmente cimata, evidenzia rifacimenti alla sommità. La struttura muraria è in conci di pietra squadrata nella parte basamentale, mentre nella restante parte è in ciottoli di fiume alternati a corsi orizzontali di mattoni; gli spigoli sono in pietra squadrata. Epoca di costruzione: sec. XII».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/RL560-00092/?view=luoghi&offset=1&hid... - ...4&hid=565.1007&sort=sort_int
TAVERNOLA (torre dei Fenaroli)
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«...Del borgo fortificato medievale di Tavernola sono rimasti la trecentesca torre in pietre squadrate dei Fenaroli (gli antichi feudatari) che, restaurata nella parte alta, serve da campanile per la parrocchiale; accanto ad essa, un tratto di muro coronato da merlature e, in via Torre, la porta e frammenti del castello che comprendeva quasi tutto l'abitato. Scomparsa alla vista è invece una seconda torre, che era orientata verso il porto ed è incorporata nella casa parrocchiale. Apparteneva alla stessa famiglia Fenaroli anche la villa, circondata da un grande parco botanico, posta sul lungolago all'ingresso del paese: ampliata a fine '700 sulla precedente dimora cinquecentesca, presenta una loggia a piano terra che riprende quella del corpo sporgente al piano superiore; sul portale in pietra locale è incuneato lo stemma dell'antica famiglia. A fianco della villa Fenaroli un complesso di antiche case, con resti di decorazioni sulla facciata e ampi poggioli in ferro battuto, è ciò che resta delle abitazioni litoranee esistenti prima dell'avvallamento di inizio secolo; alcune di esse erano di notevole prestigio, in particolare palazzo Caprioli, con loggia del Donegani e galleria affacciate al lago. La forma urbana del centro storico si è invece mantenuta, con la via principale (via Pero - via Chiesa) da cui si dipartono le strade di risalita al monte e i vicoli di raccordo con il lago: uno schema comune a molti paesi sebini. I caseggiati tra le vie Bisacola, Torre e Pero sono forse i resti della "Ca' de la Conta", il palazzo in cui aveva sede il feudatario locale: prima di proprietà dei conti Suardi o dei Martinengo, passò in seguito ai Fenaroli. La sua costruzione è antecedente il 1490, come documentavano la data e l'iscrizione in caratteri gotici con il nome della casata Fenaroli visibili prima della recente ristrutturazione dell' edificio. ...».
http://www.globalnet.it/romanino/tavernola1.htm
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
«Non si conosce l'esatto periodo dell'edificazione di questa torre, ma si sa che verso la metà del 400 venne riadattata a fortezza, con finalità puramente militari, da Tristano Sforza; infatti in quel periodo la costruzione era nota come Torre di Tristano. Nel 1484 passò in mano alla dinastia dei Pallavicino, da cui prese l'attuale nome, in seguito al matrimonio tra Galeazzo Pallavicino ed Elisabetta, figlia di Tristano Sforza e di Beatrice d'Este. Il loro nome, pare, derivi da Pelavicini (deruba i vicini). Si dice infatti che i Pelavicini, poi Pallavicini, si chiamassero con quel soprannome perché erano facili ad impadronirsi dei beni altrui. Galeazzo Pallavicino dei marchesi di Busseto fu un abilissimo guerriero: venne nominato cavaliere nel 1478 ed eletto consigliere ducale nel 1483 da Gian Galeazzo Maria Sforza per essersi distinto in molte battaglie. Combatté con gli Sforza contro i francesi e poi con i francesi contro gli Sforza. Morì nel 1520 senza vedere il ritorno degli Sforza a Milano. I discendenti fecero costruire anche due oratori: uno fu fondato dal figlio Adalberto nel 1568 e fu dedicato a S. Lucia, l'altro, ultimato nel 1638, dal nipote Alessandro Galeazzo che lo dedicò alla Vergine di Loreto e lo dotò di un legato per i bisogni del culto. La linea maschile della dinastia terminò verso il 1850 con Giuseppe, il quale non ebbe discendenti: l'intero patrimonio passò così alla sorella che aveva sposato Gerolamo Barbò. Dai Pallavicino ebbero origine anche le famiglie degli Estensi, degli Obizzo, dei Massa e dei Malaspina.
La torre, realizzata interamente in mattoni, è munita sui quattro lati di beccatelli sporgenti e piombatoi che ne garantivano la difesa dall'alto. La merlatura è stata inglobata dal sopralzo realizzato in epoca rinascimentale. Una passerella, originale nella sua struttura, mette in comunicazione l'antica torre di difesa con lo splendido palazzo residenziale fatto costruire nel 1550 da Adalberto Pallavicino. Il fronte principale della costruzione è caratterizzato da un portico sorretto da archi sopra i quali spiccano, scolpiti nella pietra, stemmi nobiliari, mentre sotto i portici sono affrescati quelli delle famiglie che si succedettero nel possesso della costruzione. Tutte le finestre e le porte d'accesso portano la scritta "AD.MA.PA" (Adalberto Marchese Pallavicino) a ricordo perenne del nome dell'edificatore. I locali situati nella parte originaria della roccaforte non vantano decorazioni di alcun genere mentre nelle sale del sopralzo i soffitti sono intagliati. All'interno del palazzo, al piano terreno, c'è un grande salone con la volta tutta affrescata con motivi mitologici. Al primo piano vi è invece una sala con un camino adornato con sculture di pregevole fattura. Le altre sale sono completamente affrescate e i soffitti in legno intarsiato sono di grande effetto. Alcune opere risalgono all'inizio del 1500, altre alla fine del 1700. Si tramanda che truci vicende siano avvenute tra queste mura e anche se la fantasia popolare, con il passare del tempo, ha aggiunto molto, certamente non ha costruito dal nulla. Al termine della scala che porta ai sotterranei si apriva un profondo pozzo sul fondo e sulle pareti del quale erano infisse delle lame taglienti rivolte verso l'alto. Lì dentro si poteva facilmente cadere semplicemente ponendo i piedi al di fuori di un tracciato prestabilito; un passo incauto poteva infatti rompere l'equilibrio del coperchio della botola che ruotava sopra un perno centrale. L'apertura di questo pozzo è stata chiusa soltanto durante l'ultimo conflitto mondiale. ...».
http://www.majorana.org/progetti/castelli/pallav00.htm
«Situato su uno sperone roccioso compreso tra il torrente Uria ed il fiume Oglio, il castello sovrasta una piana alluvionale in posizione discosta dal centro di Credaro. La sua struttura, rimasta sostanzialmente inalterata nel corso dei secoli, è un esempio di come poteva essere una piccola cittadella medievale: presenta una forma a triangolo isoscele con la base, in cui è posto l'ingresso, rivolta verso est. Il lato nord-ovest è delimitato dal corso del torrente Uria, che in quel tratto presenta un profondo alveo che ha sempre garantito inaccessibilità. L'unico ingresso è costituito da una torre fortificata a base quadrata posta al centro del lato rivolto ad est. Dotata di un’altezza non troppo elevata, presenta una merlatura risalente ad epoche successive alla costruzione originale, ed un portone a forma di arco costruito in pietra di Credaro. Il resto della fortificazione esterna, della quale alcuni tratti e caratteristiche sono andati perduti nel corso dei secoli, è costituita da grossi ciottoli e presenta un’altezza piuttosto limitata, di poco superiore ad un paio di metri. All'interno si sviluppa un vero e proprio piccolo borgo: subito dopo l'ingresso vi sono numerose piccole corti disposte in modo irregolare, separate tra loro da una piccola strada che taglia in due in modo longitudinale l’intera struttura. Probabilmente la costruzione del castello al risalirebbe al X secolo, anche se il primo documento che ne attesta l'esistenza è datato 4 settembre 1032. Si tratta di una disposizione testamentaria nella quale tale Lanfranco da Martinengo riceve in eredità dal padre Lanfranco i possedimenti "infra castro Durbego". La famiglia Martinengo o conti di Calepio ebbe infatti il possesso del castello già in quel periodo. Divenuto centro di una curtis medievale, Trebecco assunse notevole importanza anche grazie alla notevole importanza strategica che ricopriva. A fianco di esso infatti passava un'importante via di comunicazione che da Calepio raggiungeva Credaro, per poi diramasi nelle direzioni di Adrara, Villongo e Sarnico.
Questa strada, che collega il borgo al paese di Credaro, è tutt'ora esistente, anche se relegata ad un ruolo secondario nella viabilità attuale. Inoltre poco distante era presente un ponte sul fiume Oglio, corso d'acqua che ha sempre diviso il territorio bergamasco da quello bresciano, facilmente controllabile dal castello. La zona quindi si trovò al centro di numerosi scontri tra le due fazioni, soprattutto in epoca medievale: gli episodi di maggior importanza si verificarono il 12 settembre 1392, quando guelfi bresciani della Val Trompia dopo una battaglia con i ghibellini bergamaschi dovettero fuggire tramite il ponte di Trebecco. In quei secoli all'interno del castello risiedevano i feudatari con i loro massari, con i primi posti negli appartamenti signorili ed i secondi nelle piccole corti. Sempre all'interno della cinta muraria si trovava una piccola chiesa, ora non più esistente, dedicata a Sant'Andrea. All'interno di questa fu anche collocato il corpo di San Celestino Martire, da poco scoperto nelle catacombe romane, in attesa di trasferirlo nel vicino castello di Calepio. Questo luogo di culto venne poi trasformato in un oratorio privato nel corso del XVII secolo, per poi risentire del decadimento dell'intero edificio a partire dall’inizio del XVIII secolo. All'inizio del XIX secolo venne stilata, per opera del regime napoleonico, la prima mappa catastale del castello che risulta essere pressoché identica all’attuale. I proprietari del castello rimasero i conti Calepio fino al 1811, quando cedettero la struttura alla famiglia Zanchi, pur mantenendo il possesso sui campi limitrofi e sul palazzo attiguo. Successivi cambi di proprietà hanno portato ad un frazionamento delle proprietà, che hanno contribuito in modo rilevante al decadimento del borgo stesso, peraltro già in atto dalla prima metà del XVIII secolo. Un importante intervento di recupero attuato all'inizio del XXI secolo dalle autorità locali, ha permesso al borgo di riacquisire parte del suo antico splendore senza che venisse snaturata l'antica natura medievale dell'edificio».
http://www.flickr.com/photos/ballcla/5123983251/ - http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Trebecco
TRESCORE BALNEARIO (castello Alle Stanze o dei Lanzi)
«All'esterno della contrada detta Strada, dominava l'antica rocca dei Lanzi, della quale rimangono dati storici incerti. Dell'antico castello sono giunti a noi numerosi resti, ma delle torri nemmeno la traccia, solo muri del Xlll e XlV secolo che delimitano un vasto cortile. Nel castello, secondo quanto riferisce il Rinaldi, i Lanzi ospitarono nel 1327 Ludovico il Bavaro e nel 1355 l'imperatore Carlo lV. L'attribuzione al castello "Alle stanze" è dovuta alla presenza di pregevoli affreschi trecenteschi di soggetto cavalleresco che decorano alcuni locali nei quali probabilmente alloggiarono gli imperatori».
http://www.gruppoarcheologicobergamasco.org/Bergamo/Castelli_Trescore.htm (a cura di Paolo Moschini)
TRESCORE BALNEARIO (castello del Niardo)
«Il colle del Niardo si innalza tra paese di Trescore e la valle del Cherio. Certamente doveva essere un punto importante di difesa perché controllava dall'alto l'imbocco nord-est della Val Cavallina. Sul colle fu costruito non solo il castello, che si fa risalire XIII secolo, ma anche una rocca posta verso nord-ovest e distante dal castello duecento metri. I due edifici erano collegati probabilmente da un cunicolo sotterraneo. Del castello e della rocca rimangono solo alcuni avanzi: la torre, l'antico mastio, che si eleva all' interno del cortile, costruita con blocchi di pietra dalle dimensioni e dal peso inconsueti; si accede ad essa mediante una porticina alta da terra sette metri; alcuni locali adattati a residenza intorno ai quali si sono aggiunte nuove costruzioni in epoche posteriori» - «Se è vero che il toponimo avrebbe il significato di guardia controllo, il colle Niardo si presenta come una sentinella che controlla l’imbocco della valle Cavallina e lo sbocco nella pianura. Esso si innalza tra paese di Trescore e la valle del Cherio. Una prima fortificazione, di cui sono conservate le fondamenta, fu edificata sullo sperone settentrionale; successivamente, nel periodo compreso fra i secoli XIII e XIV, venne costruito l’attuale maniero, di cui spicca il massiccio mastio. I due edifici erano collegati probabilmente da un cunicolo sotterraneo. La torre è a pianta quadrata con ogni lato lungo sette metri, costruita con blocchi di pietra dalle dimensioni e dal peso inconsueti. I muri sono spessi oltre due metri e trenta. Il mastio è inserito obliquamente all’interno della corte e certamente era alto il doppio, prima del decreto veneto del 1455. La porticina di accesso alla torre si trova all’altezza di sette metri ed è coperta da un architrave monolitico a forma triangolare, che si ripete anche nelle altre torri superstiti di Trescore. Una bella porta ogivale, con scanalatura per la saracinesca, tre locali coperti da volta a botte, resti di antiche muraglie sono inseriti in un complesso trasformato in residenza di uno dei rami della nobile famiglia Suardi. La torre è monumento nazionale».
http://www.gruppoarcheologicobergamasco.org/Bergamo/Castelli_Trescore.htm (a cura di Paolo Moschini) - http://castelliere.blogspot.it...
TRESCORE BALNEARIO (castello della Mnella o della Minella)
«Il castello restò fuori del paese Trescore sul colle della Mnela (vecchio nome di Molendinella derivato forse dalla presenza di mulini sul sottostante torrente Tadone) verso occidente. Apparteneva anticamente alla famiglia Lanzi che lo eresse nei primi anni del' 200 e lo possedette fino al 1428. Da quell'anno la costruzione prese la funzione di baluardo difensivo e fu lasciata andare in rovina, le torri abbattute, la cinta muraria abbassata e il mastio smantellato. Nel 1467 venne in potere, anche se per poco, dei Suardi. In epoche posteriori passò in altre proprietà. Il castello per la sua posizione e per le opere difensive (aveva una doppia cinta murata, una periferica ed una intorno al nucleo di abitazione) era considerato inespugnabile. Infatti, secondo quanto riferisce il Calvi, Pandolfo Malatesta in dieci mesi d'assedio non riuscì ad ottenerne la resa. Oggi si riconoscono le vestigia dell'antica cinta perimetrale entro la quale sono state costruite nel 1700 e nel 1800 edifici d'abitazione e una chiesetta dedicata a S. Michele».
http://www.gruppoarcheologicobergamasco.org/Bergamo/Castelli_Trescore.htm (a cura di Paolo Moschini)
Trescore Balneario (torre dei Suardi)
a c. di Stefano Favero
Dall'Archivio fotografico di Stefano Favaro:
TRESCORE BALNEARIO (villa Suardi)
«A Trescore Balneario [...] la costruzione più importante è villa Suardi; all’ interno si trova una chiesa, dedicata a Santa Barbara e Santa Brigida, del XV secolo. Costruita tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo per conto di GiovanBattista e Maffeo Suardi, affrescata da Lorenzo Lotto nel 1524 (tranne l'abside opera di un anonimo nel 1502) nella quale è ritratta l’intera famiglia dei commissionanti. Notevoli sono gli affreschi riguardanti passi del Vangelo e la vita delle due sante a cui la chiesa è dedicata. All’esterno di essa vi sono tombe di importanti esponenti della famiglia: una è di Lanfranco di Baldino Suardi, potestà di Genova nel XIV secolo. Ulteriori ristrutturazioni sono state eseguite dal conte Gianforte Suardi. Sempre in val Cavallina si possono ammirare costruzioni che possono far comprendere l’importanza di questa famiglia: a Gaverina Terme (nella frazione Piano) è ancora presente una torre, mentre poco lontano, a Bianzano, un castello da loro fatto erigere tra il XIII ed il XIV secolo, domina imponente il paesaggio sul lago sottostante».
http://it.wikipedia.org/wiki/Famiglia_Suardi (a cura di Paolo Moschini)
Treviglio (palazzo Galliari, palazzo Silva)
«Palazzo Galliari. Posto di fronte al Santuario della Beata Vergine delle Lacrime, ospitò i fratelli Galliari e diede in seguito il nome a tutta la via che ad essi risultò intitolata. Il palazzo, recentemente ristrutturato, anche in seguito al crollo di un edificio adiacente, presenta un portale in pietra e un ampio androne dipinto. Il cortile interno è dotato di una fontana, e le sale del palazzo, che è posto su due piani, sono affrescate. Palazzo Silva. È il più pregevole tra i palazzi di via Galliari, sia per l'architettura che per gli affreschi presenti nelle sale interne. Realizzato nel corso del XIV secolo e originariamente appartenuto alla famiglia dei Donati, è oggi sede della Proloco Treviglio e dell'ufficio per le informazioni turistiche della Gera d'Adda. All'ingresso è posto un portone in stile barocco che conduce ad un ampio cortile circondato da un portico al piano terra e da una loggia di colonne al primo piano. Le sale interne presentano grandi camini con decorazioni in stucco, soffitti a cassettoni lignei, i quali presentano tracce di dipinti policromi risalenti al XVII secolo. Tra le sale interne degno di nota è sicuramente il salone centrale, posto al piano terra, che presenta decorazioni ed affreschi a carattere mitologico ed allegorico sul soffitto. Tra le altre sale ne abbiamo in particolare due, poste al primo piano nell'ala ovest del palazzo che presentano pareti interamente affrescate. I temi dei dipinti sono però in questo caso a carattere sacro (con storie dell'antico e Nuovo Testamento) e simboli allegorici (alludenti alla Virtù e alle Arti liberali). Questi ultimi sono posti sul soffitto ligneo di pregiata fattura. In passato dotata di una chiesa posta sul retro (in via Sant'Agostino) e intitolata a San Cristoforo, risulta ora prevalentemente barocco secondo le volontà della famiglia Donati che lo fece restaurare ed abbellire nel XVII secolo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Treviglio#Case_e_Palazzi_storici_di_via_Galliari
Treviglio (resti del castello)
«Il centro storico di Treviglio si sviluppa attorno a quattro strade principali che confluiscono dove, fino alla fine del XVIII secolo, erano ubicate le quattro porte di accesso alla città. Le quattro vie si incontrano in Piazza Manara, dove sono ubicate le testimonianze più antiche della storia di Treviglio, fra le quali il castrum vetus, cioè il castello vecchio. Resti dell’antico castello sono visibili in vicolo teatro, unico accesso al recinto fortificato; nel vano ubicato in Piazza Garibaldi, oggi ingresso di un negozio, dove era collocata la cosiddetta Torre Colombera; e in vano quadrangolare collocato all’interno di una banca in Via Galiari, dove si nota la parate in ciottoli di fiume» - «... Proseguiamo lungo la via Roma, che alla sua fine si apre sulla stretta ma suggestiva piazza Luciano Manara. Subito a destra possiamo osservare il Palazzo Comunale. L'attuale casa comunale é citata per la prima volta nel 1269 con la denominazione di Pallatium Novum Communitatis. Fu terminata la costruzione nell'anno 1300. Del precedente Pallatium Vetus si sa solo che esisteva ancora alla fine del sec. XIV ma si ignora dove fosse collocato. Il palazzo odierno in origine comprendeva solo metà edifício e precisamente la metà a destra del portone d'ingresso per chi ne guarda la facciata. Non si alzava oltre il primo piano ed aveva un balcone, detto "parlerà", sul quale i consoli prestavano giuramento di fedeltà in presenza dell'arengo convocato nella piazza. In una sala del primo piano si teneva il Consiglio; al piano terreno era il Bancum iustitiae, il tribunale presieduto dai consoli e poi dal Podestà».
http://www.prolocotreviglio.it/index.php?option=com_content&view=article... - http://www.comune.treviglio.bg.it/?q=content/citta_da_visitare
«La scelta dell'ubicazione del Castello di Urgnano sfrutta sicuramente il vantaggio della posizione strategica all'incrocio di due importanti vie di comunicazione la strada "Francesca" che giungeva da Milano e proseguiva verso Ghisalba, portando a Brescia e la strada 'Cremasca' che univa Bergamo a Crema. Il castello ha una struttura a pianta quadrata, con quattro torri agli angoli, con altre due sopra le porte d'ingresso. è circondato dal fossato, efficace difesa contro i nemici. è realizzato interamente in cotto, secondo una tradizione che risale all'età viscontea. Ha due entrate, una nel lato nord e si apre nel corpo del massiccio torrione posto a guardia del ponte levatoio; il secondo ingresso si apre nel lato opposto nel corpo dell'altro torrione. Delle due torri angolari rimane solo quella a nord-est mentre quella a sud-est crollò completamente nel 1968. L'area complessiva interna è divisa a metà: sul lato ovest il cortile, sul lato est il giardino pensile, dove vi sono nove statue nane caricaturali, tipiche espressioni del grottesco Settecento.
Il castello di Urgnano venne costruito nel febbraio del 1354, dopo che il governo del Ducato di Milano, morto Luchino Visconti, era passato nelle mani del fratello Giovanni, arcivescovo della città stessa. Il castello fra il '300 ed il '400 fu teatro di lotte fra le fazioni che si combatterono in questo territorio. Alcuni decenni più tardi i veneziani occuparono la rocca di Urgnano che poi venne cinta d'assedio dalle truppe del duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti e nel 1391 fu costretta alla resa. Divenne di proprietà di Venezia nel 1428, quando Bergamo passò spontaneamente sotto il dominio della Repubblica della Serenissima. Nel 1454 la val Camonica ed il bergamasco divennero in potere di Bartolomeo Colleoni che in disaccordo con Venezia era passato temporaneamente sotto la bandiera di Francesco Sforza. Alla morte di Bartolomeo Colleoni, il castello passò alla famiglia degli Albani, in particolare quello che lasciò maggiormente il segno nella storia del castello fu G. Gerolamo Albani (1509-1591) che divenne cardinale in seguito, dopo la morte della moglie con cui aveva avuto sette figli. Educato alle lettere greche e latine,e aveva studiato a Padova con i migliori maestri dell'epoca, dimostrò sempre una propensione per il diritto Canonico e civile in cui si laureò a pieni voti. Nel 1529 fu insignito del titolo di "Cavaliere Aurato" dal doge di Venezia Andrea Gritti e ricevette molti privilegi dall'imperatore Carlo V.
Un episodio molto importante della
vita del castello fu quando la città di Bergamo in periodo d'inquisizione fu
protagonista del sorgere di un moto ereticale. Papa Giulio III inviò allora a
Bergamo un suo emissario, Fra Michele Ghisleri (che diventerà Papa egli stesso
con il nome di Pio V), con il compito di verificare tali sospetti, in
quest'occasione Frà Ghisleri rischiò di essere assassinato nella notte del 5
dicembre 1550. Riuscito a fuggire, trovò riparo nel Castello di Urgano, presso
G. Gerolamo Albani, che lo ospitò in gran segreto. A testimonianza di tale 'soggiorno',
oggi rimane una lapide posta sopra la porta della scala di accesso al torrione
nord questa circostanza, al frate Ghisleri sarà determinante negli eventi che
andiamo a raccontare per la sorte del Conte bergamasco. Frà Ghisleri venne
eletto papa con il nome di Pio V e fu il papa della Battaglia di Lepanto,in cui
i cristiani vinsero sui Turchi. Venne santificato nel 1710 da papa Clemente XI.
Intanto un avvenimento drammatico aveva turbato la vita della famiglia Albani. I
figli di G. Gerolamo, G. Francesco e G. Domenico, furono coinvolti in un
omicidio, nel 1563, aiutati forse anche dall'altro fratello Gian Domenico,
maggiore responsabile, che fuggì a Ferrara dalla sorella Lucia e poi in Francia,
mentre gli altri due fratelli, che avevano preso parte all'agguato mortale, Gian
Francesco e Gian Battista Albani, furono arrestati nella loro casa. G. Gerolamo,
il padre, si fece arrestare a Venezia.
Seguì un processo lungo, in cui alla fine vennero emesse varie condanne,che
prevedevano il bando perpetuo per G. Domenico e la morte qualora si fosse
ripresentato nei territori veneziani; G. Francesco venne confinato a Retimo in
perpetuo e G. Battista per cinque anni a Cherso, dopodiché sarebbe stato bandito
in perpetuo dalle terre veneziane. Il Conte padre fu confinato in Dalmazia, a
Lesina, per cinque anni.
Quando nel 1566 fu eletto papa Pio V, il conte Albani, terminato il periodo di
confino, andò a Roma dal suo vecchio amico cui aveva dato ospitalità nel 1550.
Il papa Pio V non si dimostrò ingrato e,anzi, lo nominò governatore della marca
di Ancona. Nel 1570 il papa lo elevò alla sacra porpora cardinalizia con il
titolo presbiteriale di S. Giovanni ante portam latinam. A questo punto,
Venezia, nel 1571, tolse infatti il bando; la stessa cosa fu fatta nei confronti
dei suoi figli. Il cardinale Albani godette di tale considerazione in ambito
Vaticano da essere proposto ben due volte nel Conclave come papa,ma non venne
eletto. Morì nel 1591 e fu deposto nella Basilica di S. Maria del Popolo a Roma,
lasciando ai posteri molti scritti. La rocca di Urgnano rimase ai conti Albani
fino al secolo scorso quando passò alla famiglia Fuzier. Fu poi dei Sala, dei
Gelmini e infine del Comune».
http://www.icastelli.it/castle-1238161504-castello_albani_di_urgnano-it.php
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