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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 42 |
Prenderemo
spunto giusto da questo libro (fondamentale per chi vuol conoscere
meglio le nostre radici) per affrontare un altro argomento,
anch’esso messo da parte con la stessa protervia: la
storia delle origini “russe”. Si
sentono vaganti nell’aria alcune idee preconcette quando si conversa
con coloro che si interessano di Medioevo. A parte la definizione
assolutamente artificiale di questo periodo storico che però può far
comodo per attirare il lettore “colto” più ignaro, queste idee, a
nostro avviso, limitano l’orizzonte di quella lontana epoca perché
escludono perentoriamente alcune realtà che sono invece importanti e
fondamentali per tutto il continente. In questa nostra conversazione
vorremmo tentare di mettere a fuoco alcuni di questi preconcetti per
vedere di smontarli o per lo meno di rimetterli nella giusta
carreggiata, se così possiamo dire. Innanzi
tutto il Medioevo, magica perifrasi che significa Età di Mezzo
apparsa durante l’Illuminismo francese, che cos’è? è
un periodo quanto mai glorioso per le conquiste del pensiero e per
quelle materiali che hanno portato l’Europa d’oggi a diventare il
punto focale della civiltà in tutto il pianeta, sebbene questa stessa
Europa abbia accumulato tantissimi errori politici e sociali e
continui ad accumularne quando usa metodi imperialistici ereditati
proprio dal suo Medioevo per mascherarsi da società innovatrice.
Tuttavia, siccome non è questo il nostro argomento, lo lasciamo qui
espresso così, in modo semplicistico e politicamente non schierato. L’inizio
del Medioevo è fissato per autorità dal saccheggio della città
di Roma in Italia da parte dei Visigoti di Alarico nel 410 d.C. e con
l’abdicazione dell’ultimo Imperatore Romano, sempre in Italia,
Romolo Augustolo nel 476 e lo si chiude di solito con la caduta di
Costantinopoli nel 1453 in mano ai Turchi di Maometto II il
Conquistatore o addirittura con la scoperta dell’America da parte di
Colombo nel 1492 o chissà con quale altro evento. Questi
sono in generale i limiti temporali fissati in Occidente. è
chiaro che essi sono fittizi e ideologici e dunque da superare, ma,
come abbiamo già detto, talvolta fanno comodo. Ciò non toglie che
alla radice degli eventi che lo storico indaga e racconta, da una
parte ci siano storie locali pregresse che non vanno assolutamente
trascurate e dall’altra eventi che in qualche modo hanno influito su
quelle storie e che neppure vanno semplicemente gettate via, ma
cernite indagate e apprezzate. D’altronde nella storia non esistono
interruzioni improvvise in cui si possa passare da un periodo
all’altro chiudendo una porta e aprendone una nuova e facendo del
Medioevo un periodo da attraversare velocemente sotto una “guida
tutta francese” o “tutta italiana”. Dobbiamo anche dire che la
parte di storia che chiamiamo Medioevo appartiene a tutti i popoli
europei senza escluderne neppure uno, specialmente se si tratta di
quelli che si trovano al di là del Reno e dell’Elba, benché con
malcelato disprezzo gli storici “nostrani” marchino ancor oggi
quei popoli col nome di barbari. Il
Medioevo dunque deve tornare ad appartenere a tutti gli europei che
oggi parlano diverse lingue ed abitano in regioni diverse del
continente perché in qualsiasi caso sono essi, con noi, che si
riconoscono a pieno titolo eredi di quel passato, senza alcuna
discriminazione di superiorità o inferiorità e senza cesure
temporali artificiose. Per ragioni geografiche fino alla scoperta
dell’America al di là dell’invalicabile oceano e per ragioni
ideologiche, come la presenza del Cristianesimo nelle sue varie
confessioni insieme con l’Islam, questi europei oggi hanno come
traguardo ideale e futuro un “tutto supernazionale” che serva
all’umanità come esempio da imitare, proprio perché è costruito
sui propri errori compiuti in un passato dal quale tutti provengono e
devono conoscere. Questa
è l’“europeità” da contrapporre alle “non europeità” del
resto della civiltà universale! è
inutile e dannoso tuttavia, a nostro avviso, proporre l’europeità
agli altri popoli “extraeuropei” come la migliore possibile e
senza la necessaria umiltà che ognuno deve avere davanti alle
catastrofi che ha provocato fino a questo momento. Una posizione
diversa sarebbe anti-storica e verrebbe vissuta (già lo è in molte
parti del mondo) con dolore. Anche qui però ci arrestiamo perché
entriamo in un campo politico molto paludoso non consono con la nostra
conversazione. è
già giusto dire che non staremo qui a fare la “metastoria” del
Medioevo e, sebbene delle tre religioni monoteistiche di questa epoca
se ne attribuisca la maternità esclusiva il Cristianesimo (intendiamo
naturalmente non solo quello cattolico dominante in Occidente), in
realtà il maggior “peso storico” di questa ideologia sarebbe
minima senza l’apporto concreto delle altre due, Islam e Ebraismo.
Le crociate, il colonialismo, la scienza esatta, la religione
universale, il tempo scandito
ritualmente, la lingua
unica sono tutte utopie nate all’interno di queste tre religioni in
Europa e,
ancora oggi, attraverso le
sue nazioni militarmente più potenti, tentano d’imporsi in tutto il
mondo come verità assolute ed indiscutibili. A quale scopo? Non
vogliamo essere retorici, ma ci sembra che tutto sia fatto dalle élites
al potere per mettere in movimento quei flussi di ricchezza diretti
verso se stesse, senza le quali non sussisterebbero nell’opulenza
attuale! Si
crede ancora da parte del lettore colto medio che il Medioevo sia un
periodo oscuro da dimenticare, eppure, per quanto ci riguarda da
studiosi di storia russa (Medioevo Russo è una definizione che
odiamo), aggiungiamo che neanche la storiografia sovietica, approdata
per prima alla nuova democrazia di concezione marxista-leninista, è
riuscita a superare il Medioevo con il concetto di Feudalesimo dove
quest’ultimo periodo è considerato intermedio proprio perché è il
tempo dello sfruttamento della “classe dominata” prodromo del
passaggio all’era della liberazione comunista. Anche con questo modo
di vedere lo scorrere degli eventi umani ha provocato e giustificato
il grande “scisma” fra storiografia “occidentale” e
“orientale” che si trascina fino ai nostri giorni e che ha portato
questa parte d’Europa, l’Occidente, ad ignorare la storia
dell’altra, che erroneamente in Italia è chiamata Europa Orientale,
sebbene poi si trovi al Nord. è
bene pure ribadire che l’evoluzione culturale umana è un processo
lentissimo e senza fine o soluzioni di continuità. è
bene pure ribadire che nell’esperienza storica esiste quasi sempre
una causalità più o meno rigida e tutto quello che oggi conosciamo
ha le sue radici comunque e dovunque nel passato, immediato o lontano.
Ciò non vuol dire che non ci sia libertà di scelta sui propri eventi
personali o collettivi che siano, ma che, quando ad un certo momento
una scelta è fatta, l’evento che segue è il frutto di quella
scelta e quindi se ne devono subire le conseguenze. Oggi
forse quei lamentati pregiudizi sono diventati in gran parte “più
leggeri” storiograficamente, eppure nessuno storico italiano, per
quanto ci risulta, ha finora cercato di spazzare il campo da questa
paccottiglia ideologica, benché grandi ricerche e nuove messe-a-punto
siano intervenute, in primo luogo per opera dei “medievisti” di
cultura francese e tedesca. Insomma, secondo noi, è diventato urgente
scrollarsi di dosso, oggi!, tutti i carichi inutili altrimenti gran
parte della nostra Europa rimarrà sempre al di fuori del quadro! E
allora diciamo la verità: fa
comodo far sì che l’opinione pubblica nostrana, italiana, non
s’accorga di essere entrata nella fase che l’ha portata alla
subalternità culturale per cui, benché fieri di appartenere
all’Europa, siamo trascinati dalla storia senza parteciparvi
culturalmente e attivamente! E da dove cominciare? Secondo
noi, approfondendo le nostre conoscenze del Medioevo in modo da
abolirlo purché si ammetta che neppure un atto clamoroso di quel
genere basterebbe e alla fine, come qualsiasi mossa intellettuale
innovativa e improvvisa, troverebbe resistenze enormi. Portiamoci
allora al di là delle Alpi e del Mediterraneo, prima. Vediamo che
cosa c’è e si muove fuori dell’Italia e dell’Occidente e
cerchiamo di farlo senza intermediari e pregiudizi. Purtroppo, se
cercate nelle Università, nelle librerie o nelle biblioteche più
fornite qualche elemento che vi faccia valicare il Reno o le Alpi, vi
renderete conto che è una ricerca vana perché materiale di studio
per il mondo slavo-russo che occupa la stragrande maggioranza del
Grande Nord Europeo, non ne esiste o è scarsissimo! Di
chi la colpa? Dell’ideologia finora regnante nell’URSS? Delle
cortine di ferro o di altro genere poste dall’autorità sovietica
sulla propria produzione intellettuale? O perché l’Occidente si è
sentito escluso e abbandonato dall’Oriente dopo l’ultima guerra
mondiale? Le
ragioni sono molteplici e assai antiche. Sono di natura ideologica e
religiosa, fatte di razzismo e di paura politica e non sono
discutibili in questa sede, benché il motivo ultimo sia la scelta di
abbandonare questo mondo a se stesso per aspettarne il collasso
materiale e culturale, plaudendo non tanto alla svolta epocale di M.
S. Gorbaciòv quanto invece allo sfascio che ne è seguito. A
volte ci viene il dubbio se veramente sia esistita una storia russa
prima di Pietro il Grande o di Ivan il Terribile (e perché Ivan e non
Giovanni?) e che invece la storia delle origini degli stati russi non
sia che un’invenzione dei sacrileghi comunisti sovietici che
abitavano il reaganista Regno del Male… A
noi è nato per davvero un tale dubbio benché sperassimo che fosse
solo uno scherzo. Avevamo letto un articolo sul Web (in tedesco) di
Frank Kämpfer dell’Università di Münster che ci aveva spaventato
per le accuse documentate e profonde fatte al mondo accademico europeo
su questo problema, ma poi ci siamo accorti che la ragione più
prosaica, ma vera e sacrosanta, è che il mondo accademico ha escluso
lo studio del russo, come lingua, dal proprio seno “pedagogico”
per ragioni razziali e politiche e oggi si trova a non aver storici
che conoscano questa lingua (o altre lingue dell’est) per accedere
all’opera di validissimi storici pre-sovietici, sovietici e
post-sovietici. Alla fine lasciare che la curiosità del pubblico più
informato e gli studenti più entusiasti ignorassero la storia russa
delle origini perché non importante (anzi dannosa) per gli eventi di
questo Occidente, era più funzionale alla concezione “medievale”
italiana e europea che non… mettersi a studiare il russo! Con questo
strano atteggiamento la storia “medievale” russa corre – ancora
oggi – il rischio di rimanere al di là dei Carpazi o di essere
completamente obliterata persino in patria, sotto l’influenza
“accademica” di retrivi storici russi emigrati in Europa o in USA
e di consiglieri editoriali nostrani! Tuttavia, e lo ripetiamo, rimane
pur sempre l’ignoranza della lingua russa la ragione fondamentale
per “giustificare” questa carenza in gran parte dei “loci
academici”! Addirittura, gli slavisti sono stati costretti a
diventare storici sfruttando l’occasione (peculiare) per cui la
storia russa si può raccontare basandosi quasi interamente sulla
lettura e sull’interpretazione delle sue numerosissime Cronache! Da
questa ambigua situazione sono nati la nostra intenzione e i nostri
sforzi di aprire una porta su questo nuovo mondo per cominciare a
parlarne senza pregiudizi politici e senza trionfalismi di sapore come
“lo sapevo io!”, ma con l’umiltà di gente interessata e curiosa
e assolutamente non gelosa di quanto sa e che cerca di raccontarlo con
un linguaggio semplice, rigoroso e immediato. Certo! Sappiamo bene che
ci sono tante difficoltà in questo nostro agire, ma ormai sono anni
che tentiamo di superarle, talvolta riuscendoci. Per
prima cosa se ci spostiamo qui, nella Terra Russa, la storia
“medievale” non coincide più con l’età di mezzo sopra detta,
ma è giusto l’inizio della storia con la leggendaria fondazione
della Dinastia Rjurikide. Schematizzando in modo “medievale”, si
può poi aggiungere che essa si chiude in pratica verso la fine del
XVI sec. con l’estinzione di questa dinastia (manipolata dalla
Chiesa Russa) quando il figlio di Giovanni IV detto il Terribile,
morendo senza altri figli degni, passa la sua corona (rappresentata da
una berretta preziosa conosciuta come la sciapka di Vladimiro
Monomaco) a Boris Godunov, non rjurikide. Ciò
tenuto presente, vediamo di addentrarci meglio nell’argomento, dal
principio. Con
il trionfo della formula statale costantiniana in cui il vescovo di
Roma Nova (poi Costantinopoli) consacrava e legittimava la figura
dell’Imperatore Romano e questi a sua volta proteggeva il vescovo e
la sua santa organizzazione, l’Europa inizia la nuova storia in cui
l’Impero Romano è dichiarato l’unico possibile nell’universo
creato dal dio cristiano. Siccome il potere sugli altri uomini promana
da quello stesso dio, secondo le sue leggi e i suoi disegni noti solo
a lui e non svelabili agli uomini se non a volte ed anche in modo non
sempre chiaro, ecco che il gerarca della Chiesa Cristiana unico
intermediario fra Dio e il mondo è investito della facoltà di
consacrare il capo del regno universale e cioè l’Imperatore. A
questo sovrano terreno tutti si devono sottomettere e rendergli
omaggio. Si possono ricevere da lui anche incarichi di comando e
dignità diverse purché si accetti l’idea che l’Imperatore è il
padre e le persone che sceglie e alle quali demanda incarichi e
concede poteri sono i suoi figli! Sono
questi i concetti e le situazioni che si riverseranno sull’élite di
Kiev quando si avrà il battesimo più famoso d’Europa voluto da san
Vladimiro nella Terra Russa verso la fine del X secolo!
Quel battesimo non fu molto facile da ottenere da parte di
Costantinopoli e nei documenti ci sono vari tentativi operati sui
“russi” da un paio di Patriarchi, prima del 988 anno in cui il
Cristianesimo fu proclamato religione di stato per tutti i residenti
nelle Terre Russe. Niente di nuovo rispetto a quanto avveniva o era già
avvenuto in Occidente con i Franchi, ad esempio! In altre parole
l’Impero agiva nei casi di nuovi popoli che si affacciavano ai suoi
confini sempre secondo esperienze pregresse, ma ben collaudate e che
avevano dato buoni frutti. Le
ragioni che premevano su Costantinopoli ad avere come alleati Kiev e
le città da essa dipendenti erano però alquanto diverse, rispetto a
quelle che valevano per l’Occidente, e proprio su alcune di queste
ragioni il Medioevo Russo ha un fondamento in più per non essere
messo da parte. Con
l’avvento del Cristianesimo e lo spostamento dell’epicentro
politico da Roma in Italia a Roma Nova sul Bosforo, l’Impero verso
l’VIII secolo
si trova a fronteggiare ad Occidente l’Islam che incalza per
allargare la sua espansione dal Mediterraneo verso il continente
guardando sia alla Sicilia che all’estrema punta occidentale che
oggi è lo Stretto di Gibilterra, e ad Oriente i movimenti dei popoli
slavi nei Balcani oltre alle offensive dei Sasanidi e dei Cazari fra
il Caspio e il Mar Nero. è
logico che le situazioni più urgenti per Roma Nova sono queste ultime
visto che coinvolgono i territori più vicini e dunque è anche logico
che in certo qual modo lasci più spazio in Occidente ai Franchi che
si vanno sempre più consolidando, benché avanzino pretese sempre
maggiori quali eredi, anch’essi, del potere romano decentrato.
Probabilmente per colui che guarda fuori dal tempo, questo fu un
errore che diede la possibilità al Papa di Roma di reclamare il posto
di signore unico e assoluto non solo per l’Occidente, ma in seguito
anche per il resto del mondo, inventando la cosiddetta Donazione di
Costantino. Naturalmente il Patriarca romano-italiano dovette allearsi
con le nuove forze di origine “barbara” e in particolare con i
Franchi. Non
è qui il luogo per rifare tutta la storia del Soglio Pontificio e
delle liti con il Patriarcato costantinopolitano, ma abbiamo riferito
a brevissimi tratti quanto sopra per far capire quale fosse il ruolo
che il Papa di Roma giocò per la creazione di un nuovo impero
universale, affidato tuttavia a Carlomagno e non più all’Imperatore
romano sul Bosforo. Una
società però ha bisogno di economia per vivere e sussistere e
quindi, da una parte, ricerca le fonti di sussistenza fisica e
materiale per avere continuamente cibo e riparo e, dall’altra, di
mantenere la posizione della sua élite che agisce da comando e da
guida con tutti i rituali che ne esaltino la natura legittima. Per far
questo l’élite ha bisogno di merci di lusso esclusive. Se in realtà
il sistema economico c’è già e funziona da tempo, l’unico neo è
la “sacralizzazione” del potere. Occorre
naturalmente che tutti i sudditi di un signore cristiano credano nelle
stesso dio e così l’opera di “santificazione” dell’Europa,
dei suoi abitanti e delle sue élites da parte dei più attivi monaci
irlandesi s’intensifica, giungendo addirittura agli eccessi di
Bonifacio, santo evangelizzatore del popolo germanico lungo il Reno.
Costui per la sua origine celtica (era nato nel Devon) conoscendo i
precedenti pagani della sua terra fece di tutto affinché la gente
minuta, invece di preferire le feste stagionali alle messe nelle prime
chiese che apparivano qui e là, si trasformasse in “lavoratori
della terra” e si guadagnasse il pane col “sudore della fronte”
secondo i dettami delle Scritture. In queste condizioni poi venissero
a messa per concludere la giornata e non saltassero nessuna delle
celebrazioni delle feste comandate! Le misure prese da questo vescovo
intorno al 752 rimasero famose perché non solo fece abbattere la
quercia sacra del dio Donar presso Geismar in Assia, ma anche perché
avvelenò le fonti d’acqua perenni usate per le libagioni pagane!
Non era il solo in questa crociata contro la foresta di pianura: già
san Martino di Tours (ungherese e protettore dei re franchi) aveva
proceduto nello stesso modo qualche secolo prima e, dopo Bonifacio,
persino Carlomagno si distinse in questo scempio e cioè nella
distruzione sistematica della foresta. Perché
la foresta? Perché distruggere gli alberi e quello che la foresta ha
e dà? Semplice! Il Cristianesimo, non avendo mai cancellato gli dèi
pagani dal mondo, spiegava che essi esistono ancora, perché sono
personificazioni viventi del demonio! Questi dèi non scompaiono e
continuano ad imperversare dal luogo dove sono stati esiliati da Dio
al tempo della loro decadenza! Dante pone il Principe dei Diavoli
negli Inferi addirittura al centro della Terra dopo aver attraversato
una foresta oscura perché qui è il suo dominio, ma dove si
nascondono i suoi diavoli quando vengono in superficie? Dove vivono?
La risposta è ovvia: nei
templi pagani nella foresta! Nei querceti, vista la spiritualità di
questo albero, unica pianta senza morte! è
nel folto degli alberi che si celebrano i riti pagani e perciò la
distruzione degli alberi “europei” viene portata avanti con grande
fervore e gioia per il trionfo di Dio! Tutto
questo viene predicato in lungo e in largo e ogni credente più minuto
viene investito molto intimamente nella propria vita giornaliera poiché
le riforme che vede messe in atto agiscono soprattutto sugli usi e sui
costumi (non soltanto religiose, quindi!) e trasformano i consumi
personali con i relativi flussi mercantili. L’ideale che la Chiesa
assegna alla gente minuta è l’agricoltura e per i lavori agricoli
occorrono campi sterminati che possono essere ottenuti soltanto
sottraendo spazio alle fitte foreste che ancora esistono nel resto
dell’Occidente, a parte quelle che erano state abbattute già nei
secoli anteriori dall’Impero Romano in espansione. Indirettamente e
forse senza volerlo Cristo fa il più grande danno possibile: priva
tutto l’Occidente della sua più importante risorsa di materie prime
e costringe gli alberi, letteralmente, a rifugiarsi sulle montagne! Diamoci
uno sguardo intorno. Città, campagna, costruzioni, strade etc. In
questo universo dove oggi viviamo risaltano le memorie del passato
tanto da farci abitare in uno spazio dedicato solo ai morti e ai loro
ricordi. I monumenti, gli antenati però sono importanti perché ci
danno una misura della nostra civiltà e la ragione di essere come
siamo. Spesso però guardiamo tutto questo nei resti di pietra naturale
o di pietra fatta dall’uomo (i mattoni!) senza pensare
che questi monumenti di solito sono “a giorno” cioè aperti, senza
porte, senza pareti e senza tetto… proprio perché quelle parti di
legno non si sono conservate! Se poi pensiamo a come si costruivano le
cattedrali o le abbazie o le stesse abitazioni signorili, immaginiamo
subito che pietre e mattoni erano collocati sul uno scheletro di legno
che poi si distruggeva. Le gru, le impalcature, i soffitti… E gli
arnesi? Salvo punte e lame di metallo, erano tutti di legno! E le
armi? Ugualmente! Se immaginiamo per un solo momento un esercito di
una decina di migliaia di fantaccini con picche, ecco che possiamo
subito fare un conto di quanto alberi erano stati tirati giù per
farne le aste! E quanto legno occorreva per fondere metalli o cuocere
mattoni? E per riscaldarsi? E per costruire le navi in mare o sui
fiumi? E quando si cominciò a produrre sale come conservante degli
alimenti bollendo l’acqua salata? E per costruire e arredare le
abitazioni dei contadini? E
dove si trova il legno e dove lo si può scegliere per qualità e
consistenza ? Nella foresta… Qualche
numero, che dobbiamo al ricercatore tedesco H. Kühnel, ci dà
un’idea dei consumi immani di legno nel XIII-XIV secolo:
per
fondere 10 kg di vetro ne occorrevano 2 metri cubi mentre per fucinare
del metallo se ne consumava fino a 15 quintali… Tuttavia
la foresta non fornisce solo legno, ma tutta una serie di prodotti che
durante l’epoca di cui ci occupiamo costituivano la base della vita
delle comunità e delle loro élites “sacralizzate” dal
Cristianesimo. Potremmo cominciare elencando i prodotti selvatici come
funghi, bacche o insalate. Potremmo continuare dicendo che la foresta
era il luogo dove il piccolo bestiame andava a pascolare esimendo il
contadino dal dover coltivare il foraggio, insieme ai cereali. è
bene però soffermarsi un po’ più profondamente sugli articoli che
si commerciavano poiché erano quasi tutti prodotti foresticoli e non
sempre quelli che oggi potremmo immaginarci. Vediamo
un po’. Per il consumo della gente semplice si può dire che quanto
essa stessa produceva col suo lavoro era sufficiente a coprire la
domanda e, siccome la parte più importante dei prodotti di consumo
erano il cibo e i panni e tutto questo era prodotto in casa,
direttamente o indirettamente le materie prime provenivano dalla
foresta. Ecco che la deforestazione continuata dovette creare molti
problemi, come sappiamo dalle frequenti rivolte del mondo contadino e
dalle carestie numerose. A
questo punto è bene adottare la classifica in tre ordines o
strati sociali fatta dal vescovo di Laon nell’XI secolo
dei cristiani residenti nell’Impero Franco, per capirci meglio, e
cioè la divisione della società soggetta al re in Coloro che
governano, Coloro che pregano e Coloro che lavorano.
Le
èlites per eccellenza comprendono naturalmente il re, l’imperatore,
gli uomini di corte e la cosiddetta nobiltà che appartengono tutti al
primo ordo. Quelli che pregano, il secondo ordo, sono
tutti i membri della chiesa i quali vertici, guarda caso!, sono nobili
essi stessi perché parenti stretti o lontani di re e di imperatori.
Infine c’è la grande massa che Dio ha destinato al lavoro per
mantenere in vita gli altri due ordines. Per
farla breve fra riti e feste cristiane, fra banchetti e ricevimenti di
ospiti di riguardo, fra necessità di mantenere castelli e arredamenti
lussuosi, fra le spese per la guerra e per la difesa e tantissime
altre cose costosissime che qui sorvoliamo, la Chiesa e le Corti erano
costrette a spendere enormi somme per il decoro della propria
posizione sociale… è
comunque importante nominare qui qualche prodotto foresticolo di
altissimo valore aggiunto, magari indicandone gli usi e perciò
l’indispensabilità, affinché la nostra conversazione risulti più
chiara. 1.
Gli schiavi.
Sebbene la religione cristiana indicasse l’eguaglianza di tutti gli
uomini di fronte a Dio, gli schiavi giovani continuarono ad essere
acquistati in tutte le corti cristiane per i lavori più pesanti o per
il divertimento più ricercato e lo stesso palazzo del Laterano, sede
antica del Papa di Roma, e poi Avignone, contavano schiavi a migliaia.
Anche per la corte sul Bosforo era la stessa cosa come lo era per le
corti franche. E questi schiavi, forse per costume o per necessità
particolari, provenivano dalla foresta russa, figli e figlie i
contadini, i quali quando le bocche da sfamare erano troppe per la
terra che coltivavano preferivano agli stenti di tutti, la vendita dei
ragazzi più belli. Le corti musulmane naturalmente erano quelle che
ne compravano di più. è
stupido però guardare con occhio negativo a questo commercio perché
in realtà i giovani schiavi erano trattati bene proprio perché
costavano tanto e dovevano essere sempre in forze. 2.
Le pellicce pregiate.
Queste servivano soprattutto a distinguere il ricco dal povero, il
potente dal soggetto. Erano pellicce di zibellino, di martora, di vaio
e di tanti altri animaletti della foresta apprezzati ancora oggi che
orlavano abiti e cappelli, guanti e scarpe e costavano davvero un
occhio del testa. Malgrado ciò un re, un signore, un vescovo non
potevano rinunciarvi per nessuna ragione al mondo! 3.
Il miele.
Solo sulle tavole dei signori si servivano dolci fatti con il miele e
in generale questo prodotto delle api era il dolcificante esclusivo
per vari piatti, salvo che però pochissimi potevano procurarsene a
causa dell’altissimo prezzo. E non solo per i dolci! Il miele si
usava anche per farne bevande inebrianti, oggi ormai passate di moda,
come il famoso idromele. 4.
La cera.
Di questo prodotto, che naturalmente prevedeva il sacrificio dei favi
melliferi, se ne consumavano enormi quantità. Anch’essa costava
molto perché doveva essere ben pulita e libera da corpi estranei.
L’uso era per farne candele. Mentre il contadino si accontentava di
lampade dove bruciava sego, l’élite chiedeva e consumava milioni di
candele, specialmente infisse su candelabri quando si doveva
illuminare una chiesa o un salone da festa per le cerimonie d’uso.
Oltre che per le candele, in seguito la cera si consumò sempre di più
per gli oggetti fatti di bronzo in modelli di argilla col metodo detto
“a cera persa”. 5.
La pece.
Questo prodotto era importantissimo per quelle corti che gestivano
flotte e flottiglie e cioè per quasi tutte le corti europee, dato che
si viaggiava anche lungo i fiumi e che le barche richiedevano la
calafatura proprio con la pece. 6.
Il ferro dagli Urali. Lasciamo
naturalmente da parte tutto una serie di erbe medicinali e di prodotti
secchi che la foresta pure forniva oppure il pesce e la selvaggina,
quest’ultima di consumo esclusivo dell’élite. A
questo punto con quel che abbiamo detto finora ci permettiamo di
fissare un’equazione, molto grave per le responsabilità storiche da
attribuire al Cristianesimo di Roma: dove
non arrivò il papa
Romano, si conservò più a lungo la foresta!
Per
non essere tacciati di partito preso però dobbiamo aggiungere che i
consumi “forestali” non erano diversi o diminuiti nel resto
dell’Impero Romano ad Oriente e cioè sul Bosforo e aree viciniori,
ma la politica della Chiesa Ortodossa fu molto meno arbitraria di
quella della Chiesa Romana lasciando che i popoli nuovi man mano
catechizzati gestissero la propria economia senza inutili interferenze
religiose. In questo modo nella Rus’ di Kiev, una volta
battezzata, la Chiesa lasciò che il principe gestisse il tutto
politico pretendendo però l’annuale decima senza eccezioni. Addirittura,
un esempio per noi incisivo perché riguarda la storia russa delle
origini è quello di Jogaila, principe lituano e cugino del Gran
Principe di Mosca, il quale nel XV sec. dopo aver abbandonato
l’Ortodossia nel cui segno era stato già battezzato ed esser
passato al Cattolicesimo Romano, si adoperò per distruggere i luoghi
pagani che i Lituani conservavano ancora nei querceti della grande
foresta russa, ma stando anche attento che non si devastasse “quella
miniera” rendendosi ben conto dell’importanza economico-strategica
delle aree forestate. Successivamente infatti pose la “sua”
foresta sotto personale protezione per poter andarvi a cacciare a suo
piacere. E Jogaila non è altri che Ladislao Jagellone, re polacco di
Cracovia e Granduca della Lituania, e la foresta di cui si parla è
sempre la foresta polacco-bielorussa del Grande Nord! E
qui non si può non chiedersi: ma
come, le Terre Russe erano le maggiori fornitrici di materie prime e
di articoli di lusso per le corti occidentali e nessuno ne parla?
Perché mai? I documenti ci sono e sono disponibili da sempre… Leggiamo
ad esempio E. Perroy nel suo Il Medioevo.
L’Espansione dell’Oriente e la nascita
della civiltà
occidentale.
L’autore nota benissimo questo traffico del nord Europa intorno al
XII secolo
quando vede i risultati del famoso Drang nach Osten degli
Ottoni a partire da Magonza, ma poi non sottolinea l’importanza
della foresta nell’economia e nei commerci col nord. Insomma si
parla come se non si sapesse bene che cosa si commerciasse in questi
traffici! Al contrario C. Goehrke nel suo studio La vita d’ogni
giorno nella Russia Antica (non pubblicato in Italia!) evidenzia
immediatamente l’importanza di avere a disposizione una foresta da
sfruttare. Altrettanto fa lo storico R. Bechmann nel suo La Foresta
nel Medioevo o l’eccellente F. Hageneder nel suo Geist der Bäume
ossia Lo Spirito degli Alberi (non pubblicato in Italia!) e, last
but not least, Marc Bloch. Non
andremo oltre nel nominare altri autori sull’argomento e diremo che
il famosissimo Le Goff in tutta la sua produzione trascura sic et
simpliciter l’importanza della foresta nordica nello sviluppo
della Civiltà Occidentale e questo, a nostro avviso, concorre a
costruire un modo assolutamente sbagliato di guardare al commercio
medievale mettendo in ombra l’importanza storica e politica del
Grande Nord. Si parla di fiere, di mercati dove si commercia vino,
grano, e soprattutto panni! Non è così! I Veneziani e i Genovesi che
avevano le loro basi nel Mar Nero o l’Hansa che aveva i suoi uffici
a Novgorod, a Polozk, a Smolensk e a Pskov nelle Terre Russe erano là
perché commerciavano ben altro e di molto più gran valore che panni
e alimentari! Purtroppo
non ci sono rimaste moltissime documentazioni dirette su questi flussi
di materie prime e prodotti semifiniti, ma rimane possibile dagli
studi fatti (ne parlano M. Lombard, J. Favier, ma anche B. Lewis e
specialmente B. Schechter che nel secolo scorso ha catalogato con
certosina pazienza tutte le carte della Genizà della Sinagoga del
Cairo) dedurre che il grande commercio, quello cioè che trattava
merci di altissimo valore e che quindi aveva come clienti le corti e i
signori che potevano pagare delle grosse somme, era gestito dagli
ebrei chiamati rahdaniti che disponevano di un’organizzazione
logistica affidabile lungo itinerari molto lunghi per il Mar
Mediterraneo (ma anche via terra attraverso la Turingia). Gli ebrei
rahdaniti arrivavano infatti a Baghdad e in Cina e portarono a
Costantinopoli l’industria della seta (e non i leggendari monaci con
i bachi da seta nascosti nel bastone da viaggio, per carità!) e la
coltivazione del riso sulle rive del Caspio… ma, come era costume,
non svelavano facilmente le loro rotte e i loro contatti e magari li
mascheravano dietro favole e mostri! A causa di ciò è probabile che
costoro diffondessero le grandissime difficoltà di raggiungere le
Terre Russe e di fare affari con gli Slavi lasciandoci poco informati
sulla loro realtà storica durante il periodo medievale. Ignoranza
conservatasi a lungo, se possiamo esagerare nel ricordare che ancora
nel XVI secolo
l’autore svedese della Storia dei Popoli del Nord, Olao
Magno, ignorava l’ubicazione di Novgorod-la-Grande! Comunque
sia, dai “posti di produzione” (le Terre Russe del nord,
specialmente) le merci viaggiavano fino al Mar Nero e di qui fino a
Roma, ad Aquisgrana, a Cordova e in altre città cortesi con gran
soddisfazione dei clienti e grandi ricavi per i mediatori rahdaniti.
Abbiamo ricordato Cordova intenzionalmente perché un altro stereotipo
che conserviamo è che l’Occidente Europeo fosse soltanto cristiano,
mentre questo non è vero visto che la Spagna era quasi tutta
musulmana (fino al Perpignano e a Marsiglia) e Cordova giunse
all’apogeo nel X sec. con Abd ur-Rahman III! Anche la Sicilia era
arabo-musulmana e importatrice di schiavi russi… Pellicce,
miele, cera, schiavi: tutta
roba di provenienza foresticola e tutta fornita dal Grande Nord come
ci ricordano gli autori musulmani che conoscevano meglio le Terre
Russe. A
parte questo, un altro stereotipo da eliminare è che gli Slavi
orientali avessero una cultura arretrata e inferiore al resto
dell’Europa e che, a causa di ciò, è inutile interessarsi
troppo della loro storia. E questo è uno di quegli stereotipi strani
che già qualche esempio basterà a dissipare. Kiev
nel 1037 inaugura la seconda più grande cattedrale cristiana
d’Europa (v. H. Dittmar in La lotta
delle cattedrali.
Politica, potere
e costruzione
di chiese
in lotta
fra Est e Ovest,
oppure Massimiliano Mandel
in Storia dell’arte
bizantina
e russa)!
Novgorod-la-Grande,
oggi capoluogo di provincia e cittadina di secondo ordine rispetto
alla vicina San Pietroburgo, fino al XV sec. era la città più grande
del Nord Europa e la più antica repubblica europea. E inoltre che
fosse la più colta e più alfabetizzata dell’Europa del Nord non è
un’affermazione gratuita, ma documentata. Negli scavi condotti da
Arzihovskii e Janin dal 1951 nella sola Novgorod sono state ritrovate
oltre mille… berjòsty! Queste sono comunicazioni scritte su
scorza di betulla che ormai tutte lette e tradotte dicono chiaramente
come qui tutti sapevano scrivere e leggere, dal nobile ricco fino
all’artigiano di strada! E
possiamo dimenticare che i monaci del Monastero della Trinità (oggi
sede del Patriarcato di tutta la Russia nella cittadina di Sergeev
Posad non lontano da Mosca) andarono ad alfabetizzare i finnici del
nord inventando persino un alfabeto per i Zirieni nel XIV secolo?
Che
ne dite? Non è una bella prova di cultura delle Terre Russe? Ed ancora un’altra notizia. Nel primo Medioevo nell’Anticaucaso esisteva un Impero famoso e potente: l’Impero Cazaro! Aveva la sua capitale a Itil sul Volga (quella città non è stata ancora ritrovata per cause geografiche e naturali, ma un’altra, Sarkel, altrettanto famosa e costruita dai Bizantini, sì!), professava la religione ebraica e dominava il Mar Nero fino sotto Kiev in concorrenza con Costantinopoli. L’Impero Romano cercò ripetutamente non solo di convertire l’élite al potere al Cristianesimo, ma persino di allearla alla casata imperiale. Costantino V detto il Nasotagliato sposò una principessa cazara di nome Cicek (in turco, la lingua dei Cazari, fiore) ed ebbe come figlio e successore Leone IV detto il Cazaro perché usava nelle cerimonie più importanti indossare un mantello che gli aveva confezionato sua madre secondo l’arte cazara chiamato appunto il Mantello di Cicek ossia in greco Tzitzakion (i greci non sapevano pronunciare la ”c” e la sostituivano con il digramma “tz”). Ebbene questo Impero che fa parte della storia russa delle origini in quanto da esso vennero le prime indicazioni a san Vladimiro di Kiev su come costruire uno stato che funzionasse è completamente ignorato! In
un libro scritto da un certo Robert Marshall edito da Neri Pozza
qualche anno fa col titolo Tempesta dall’Est, l’autore
ringrazia tutta una serie di esperti accademici che hanno rivisto il
testo del suo libro diretto al grande pubblico che parla
dell’invasione dei Mongoli in Europa ed ecco che cosa leggiamo nelle
prime pagine: «…dei
Mongoli. … il 24 marzo 1241, la Domenica delle Palme, la città
(Cracovia) venne saccheggiata e incendiata. Per il resto dell’Europa
la notizia del saccheggio di Cracovia apparve come un terribile
presagio»
etc. etc… Ma come? Quasi
una decina di storici e esperti hanno riveduto il testo e nessuno s’è
accorto d’aver dimenticato l’avvenimento che aveva scosso
l’Europa e il Papato tempo prima e che, questo sì!, aveva aperto la
strada oltre i Carpazi per giungere a Cracovia!! Il 6 dicembre 1240
infatti era caduta sotto i colpi dei Mongoli una città molto più
importante di Cracovia e molto più nota: Kiev! Qualche anno dopo di
qui vi passerà persino il legato del papa
Giovanni del Piano Carpini a constatare tristemente i danni lasciati
dal saccheggio! Che dire? Si rimane allibiti da queste “chiusure
mentali” anche perché il ruolo della Rus’ di Kiev nel
contenere l’espansione mongola è assolutamente fondamentale per
capire la storia d’Europa… Un
altro punto sono le crociate
e i cavalieri.
C’è in circolazione un numero sempre maggiore di libri sui cavalieri,
sui Templari, sulle crociate.
In questi libri di divulgazione, ma scritti anche da storici peraltro
sedicenti informati, le crociate si fanno soltanto in Medio Oriente e
giunte alla Nona con la perdita di San Giovanni d’Acri nel 1291…
terminano! Purtroppo, così facendo, si cancella dalla memoria storica
europea la crociata
più importante: quella
dei Cavalieri Teutonici iniziata intorno al 1226 con l’appoggio di
Federico II e finita praticamente con la Battaglia di Tannenberg
Grunwald del 1410! Contro chi? Contro Prussiani e Lituani considerati
gli ultimi pagani d’Europa e soprattutto contro i principi
“eretici” delle Terre Russe! Eppure i Teutonici furono e rimasero
un fattore importantissimo per il Baltico. Introdussero la
“pianificazione industriale” del territorio, diffusero la segale
al posto del frumento difficile da coltivare in certi climi,
introdussero i tribunali popolari, il primo diritto cittadino rispetto
alla campagna, un nuovo concetto di sovrano assoluto etc.! Ma chi ne
parla? Cercate pure… E
chi ha sentito parlare di Alessandro Nevskii? Eppure il Papa Innocenzo
IV da Lione gli scrive una lunghissima lettera nel 1248 affinché
abbandoni la sua fede ortodossa e riconosca la soggezione della Chiesa
Russa al papa
di Roma: risolverà
molti problemi coi Cavalieri Teutonici e Livonici, facendo ciò! Il
ruolo della donna nel Medioevo è poi un altro grosso neo di
ignoranza. Chi ha mai sentito parlare di Olga di Kiev o di Eufrosina
di Polozk o di Marta Borezkaja? Forse nessuno dei nostri lettori!
Eppure sono figure di donne russe che furono importanti per la storia.
Forse si dirà che sono cose note solo a chi studia questo argomento
specifico. Se però accettiamo questa osservazione (peraltro fatta da
editori italiani abbastanza qualificati in campo storico) allora come
mai nessuno ricorda che la casata dei Capetingi ha come capostipite la
bellissima Anna di Kiev? è
la madre di Filippo I (da buona ortodossa, introduce per prima fra i
nomi germanici dei re di Francia un nome biblico e greco: Filippo). è
lei che educa il figlio secondo la magia medica slava e diffonde la
fama guaritrice dell’imposizione delle mani da parte del re. Da
questa educazione scaturirà la cerimonia rimasta famosa in cui nei
giorni prescritti Filippo I aspetta la fila dei sofferenti sui quali
impone le mani per guarirli dalla… scrofola! E,
a proposito di donne, parliamo di streghe e affermiamo che in tutta
l’Europa sono state condannate e perseguitate. Non è così! Qui
nelle Terre Russe le streghe non furono mai trattate in malo modo.
Anzi, erano apprezzate come ”le donne che sanno” ed erano le
uniche medichesse a disposizione nei villaggi russi! Perseguitarle
avrebbe causato una rivolta massiccia contro la Chiesa Russa.
D’altronde sono esse le fondatrici (ignorate) dell’omeopatia e
della farmacognosia… Quando
poi si sente parlare di Vichinghi, di Vichinghi dell’Est, di
Variaghi e di Rus’ è una confusione unica, ma non perché ognuno la
racconti a modo proprio, ma perché si evidenzia subito che
l’argomento in sé è sconosciuto e si confondono popoli con bande,
atteggiamenti moderni con quelli di mille anni fa, tecniche con
condizioni geografiche e climatiche per giungere a conclusioni
inaudite: i
Vichinghi hanno scoperto le Terre Russe! Su questo argomento però
rimandiamo al nostro articolo Dedicato
ai Variaghi pubblicato
in parte in www.mondimedievali.net
o su altri siti. In
questi ultimi tempi è uscito il nostro ultimo libro, Vita di
Smierd, nel quale siamo riusciti a ricostruire tantissimo del
mondo slavo-orientale che oggi si conserva ancora nelle usanze e nei
costumi, non solo culinari, dei contadini russi, lituani, estoni e
delle genti delle steppe ucraine. Qual era il fine di pubblicare un
simile lavoro? Semplicemente perché il patrimonio folcloristico russo
è il più ricco d’Europa! Chiediamo
a chi ci legge: sapete
niente sul pantheon slavo e slavo-orientale in particolare? E infine
su San Nicola? Chi sa che questo santo notissimo ormai in tutta
l’America del Nord e in tutto il mondo anglosassone per opera, a
quanto sembra, della pubblicità della Coca Cola è il santo più
popolare russo? Le icone più famose e più sacre sono dedicate a lui.
Chi può immaginare che Babbo Natale non è altro che lui? E Santy
Claus (da Saint Nicolaus) non è altro che il nomignolo che gli danno
i newyorchesi nel loro dialetto forse non sapendo che l’uso di dare
dolci ai bimbi buoni e cenere a quelli cattivi è nato proprio a
Novgorod-la-Grande quando si celebravano le due feste del santo,
quella di Nicola il Caldo e quella di Nicola il Freddo! Nella
repubblica del nord c’era una chiesa proprio nella Piazza del
Mercato. Sicuramente sanno di questo legame continuo e mai reciso fra san
Nicola e la Russia i baresi quando vedono la scritta in russo sulla
statua del santo che si trova sul sagrato della Basilica a lui
dedicata… In
questi ultimi tempi ci siamo anche occupati di un'altra figura
medievale per vedere se c’è il corrispondente nella storia delle
origini russe: il Cavaliere! La ricerca è stata dura, ma il
risultato è che tale figura non esiste come in Occidente, ma sotto
forme diverse e molto originali. E
qui chiudiamo con un grosso dubbio: ci
siamo sempre domandati come mai si possa arrivare una situazione del
genere! Una risposta soddisfacente non si riesce a trovarla, se non in
quella molto degradante per l’Italia e per il suo mondo accademico
in cui, per ragioni politiche e di incertezza linguistica di accedere
alle fonti storiche originali, è meglio che la gente ignori una
parte di storia europea! All’impossibilità personale degli
storici nostrani di accedere alle fonti si aggrega tranquillamente
l’editoria italiana di grido (quella potente diretta ad un ampio
pubblico curioso e pseudocolto, per intenderci), a partire da
Mondadori e per finire con Laterza, la quale finora non ha pubblicato
alcunché sul cosiddetto Medioevo russo!
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©2007 Aldo C. Marturano